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PAOLO TANDA

Risarcibilità della lesione di interessi legittimi (*)

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(*) Il presente saggio è tratto dal più ampio lavoro dello stesso A. intitolato "Attività amministrativa e sindacato del Giudice civile e penale", edito da G. Giappichelli.

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1. La vasta e complessa problematica direttamente collegata alla risarcibilità della lesione di interessi legittimi ha ricevuto un forte impulso dalla ben nota sentenza n. 500/99 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 

Un notevole contributo in tal senso già era stato dato dalle fondamentali disposizioni normative di cui agli artt. 13 l. 142/92 e 33, 34 e 35 d.lg. n. 80/1998. Ma può dirsi davvero arrivata a compimento l'opera di lento ma costante sgretolamento del vetusto principio dell'irrisarcibilità della lesione di interessi legittimi? 

Una compiuta risposta a tale quesito presuppone un'analisi che prenda le mosse dai molteplici orientamenti dottrinali e giurisdizionali anteriori alla succitata sentenza n. 500/99.

2. La previsione legislativa di cui all'abrogato art. 13 cit., sebbene limitata ‑ in attuazione dei principi della direttiva comunitaria 21 dicembre 1989 n. 89/665/CEE (c.d. direttiva ricorsi) [1] - unicamente all'ipotesi di appalti pubblici di lavori e forniture, ha rappresentato una innovazione dirompente nel nostro sistema normativo in quanto per la prima volta è stata prevista la possibilità che la pubblica amministrazione venga condannata al risarcimento dei danni causati da un provvedimento illegittimo anche se non si tratti di lesione di diritti soggettivi. 

La disposizione normativa de qua ha avuto la funzione «di scardinare la vetusta condizione secondo la quale il titolare dell'interesse legittimo non può lamentare pregiudizi di ordine patrimoniale. Infatti l'art. 13 ha definitivamente chiarito che la lesione di un interesse legittimo può dar luogo a una lesione risarcibile attesa la natura di situazione sostanziale di tale interesse» [2].

Tale orientamento riceve nuova linfa dagli artt. 33, 34 e 35 cit. che, come detto, hanno devoluto alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi e in materia urbanistica ed edilizia, con l'espressa possibilità di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto: «la regola della non risarcibilità cade, dunque, salvo ormai improbabili ripensamenti del legislatore, in settori centrali del diritto amministrativo come l'edilizia, l'urbanistica ed i pubblici servizi, che si aggiungono a quello degli appalti pubblici. 

La creazione di nuove aree di giurisdizione esclusiva, fa d'altra parte venire meno le ragioni storiche (...) che, in coerenza ad un dato assetto del sistema della giustizia amministrativa e del riparto delle giurisdizioni, pregiudicavano la questione della responsabilità» [3]

Anche se in relazione a questo particolare aspetto della problematica in esame sembra determinarsi una certa convergenza di opinioni, non v'è chi non veda come allo stato la materia si presenta ancora come una realtà magmatica che attende un opportuno assestamento.

3. In tal senso può dirsi senz'altro determinante il recente intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che con sentenza n. 500 del 22 luglio 1999 [4] ha aperto ampi orizzonti sul fronte della risarcibilità dell'interesse legittimo. 

Prima di tale «illuminata» pronuncia il Supremo Collegio era rimasto arroccato su posizioni di totale chiusura: «all'alba della prima repubblica, le Sezioni Unite deducono, come spesso è accaduto nella storia della nostra giustizia amministrativa, una regola sostanziale da una regola processuale: la non risarcibilità delle lesioni a semplici interessi legittimi... 

Con la complicità della teoria dell'affievolimento, tutto essendo interesse legittimo, l'esito a cui pervengono dottrina e giurisprudenza è quella di una sostanziale irresponsabilità della pubblica amministrazione, almeno per quanto riguarda il campo dell'attività giuridica» [5]. Infatti in passato la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione era nel senso di escludere il risarcimento nell'ipotesi di illegittimo diniego di concessione edilizia [6]

E' solo alla fine degli anni settanta che si comincia ad ammettere la possibilità del risarcimento del danno nell'ipotesi di illegittima incidenza sull'originario provvedimento costitutivo di un diritto soggettivo. Tale diritto, affievolitosi ad interesse legittimo, verrebbe a «riespandersi» a seguito dell'annullamento del provvedimento illegittimo di secondo grado che aveva determinato l'affievolimento, con conseguente possibilità di procedere al risarcimento del danno ingiusto [7].

4. Tali timide aperture erano imposte, tra l'altro, dalla necessità di limitare, per ovvie ragioni equitative, la situazione di irresponsabilità della p.a. che di fatto si stava venendo a determinare per effetto dei corollari della teoria dell'affievolimento. Ma al di là di tali limitate e necessitate aperture la Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, prima della summenzionata sentenza n. 500/1999, aveva ribadito il principio della irrisarcibilità dell'interesse legittimo, affermando che le eventuali eccezioni a tale principio non assumevano una consistenza tale da minarne le fondamenta [8].

Ben presto, però, sono emersi in tutta la loro evidenza i punti critici di tale orientamento contrario alla risarcibilità dell'interesse legittimo. In primo luogo si è evidenziato che «nel nostro ordinamento non sussiste l'istituto del previo apprezzamento della legittimità dell'atto da parte del Giudice amministrativo» [9]

Non è rinvenibile, quindi, nel nostro sistema giuridico una regola generale che contempli un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio amministrativo e il giudizio ordinario di risarcimento. Diversamente opinando - si è opportunamente sostenuto - si accederebbe ad un interpretatio abrogans dell'art. 5 1. ab. cont. amm. che, per definizione, postula il potere di cognizione del Giudice ordinario sull'atto amministrativo [10]: ritenere sussistente il succitato rapporto di pregiudizialità significa aderire «alla teoria dell'affievolimento del diritto quando l'Amministrazione è investita del potere di incidere sulle posizioni giuridiche dei soggetti: se, infatti, il risarcimento del danno è ammesso soltanto nei confronti del diritto soggettivo, questo di fronte al potere dell'Amministrazione riemerge soltanto dopo l'annullamento dell'atto, che ripristina la situazione soggettiva antecedente, a fronte della cui lesione soltanto è concessa l'azione risarcitoria. Non altro significato può avere l'esigenza del previo annullamento dell'atto perché questo è il solo significato che tale regola riveste» [11].

In secondo luogo si è evidenziato l'irragionevole violazione del principio di uguaglianza in un sistema di regole che ammette il risarcimento del danno in relazione al fenomeno dei cc.dd. diritti affievoliti e che, invece, lo esclude in relazione ai cc.dd. diritti fievoli ab origine. 

Tra le due ipotesi non è ravvisabile alcuna differenza «poiché in entrambi i casi non sussiste - sempre secondo le regole elaborate dalla Cassazione - alcun diritto di fronte all'azione dell'Amministrazione. L'unica differenza, quella che ha determinato regole diverse pur di fronte alla sostanziale identità di situazioni, è che nell'ipotesi dell'affievolimento l'attività dell'Amministrazione non è richiesta dal destinatario, per cui il fenomeno dell'assenza del diritto si palesa quando l'Amministrazione agisce, e cioè emette il provvedimento con cui esercita il suo potere, mentre nell'ipotesi di diritti fievoli ab origine l'esercizio dell'attività deve essere richiesto dal destinatario e, quindi, già prima dell'emissione del provvedimento appare evidente, sulla base delle regole giurisprudenziali, l'assenza del diritto proprietario nei confronti dell'Amministrazione» [12].

5. Ed è proprio in relazione a tale ultimo profilo che, in riferimento agli artt. 3, 24 e 103 Cost. è stata sollevata, con ordinanza del Tribunale di Isernia del 28 giugno 1996, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2043 c.c., nella parte in cui non prevede la risarcibilità dei danni derivanti a terzi dall'emanazione di atti illegittimi, lesivi di interessi legittimi. Tuttavia la Corte Costituzionale, a quasi venti anni dall'ultima pronuncia[13], con ordinanza dell'8 maggio 1998 n. 165, ha dichiarato manifestamente inammissibile la succitata questione di legittimità costituzionale[14].

La Corte Costituzionale parte da un'imprescindibile presa d'atto: la problematica in esame si presenta caratterizzata da connotazioni di indubbia gravità e di particolare attualità, tanto da imporsi all'attenzione non solo del legislatore, ma anche della giurisdizione ordinaria di legittimità che ha evidenziato l'inadeguatezza dell'indirizzo interpretativo sulla nozione di danno ingiusto. 

Tale tematica, pertanto, richiede soluzioni normative particolarmente ponderate «non solo nella disciplina sostanziale, ma anche nel regolamento delle competenze giurisdizionali (...) e nelle scelte tra misure risarcitorie indennitarie, reintegrative in forma specifica e ripristinatorie ed infine nella delimitazione delle utilità economiche suscettibili di ristoro patrimoniale nei confronti della pubblica amministrazione». E proprio per la notevole complessità dei molteplici profili che la problematica in oggetto pone, da più parti si attendeva un intervento chiarificatore.

 Attesa vana in quanto la Corte Costituzionale ha ritenuto, allo stato, di non prendere posizione: infatti, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità sollevata ritenendo mancante il presupposto dell'accertamento dell'illegittimità dell'atto o del comportamento dell'Amministrazione, atteso il rapporto di pregiudizialità tra giudizio amministrativo e giudizio ordinario. Nonostante la natura «interlocutoria» della pronuncia della Corte Costituzionale, non è mancato chi ha evidenziato come in essa sembra prevalere un orientamento favorevole alla risarcibilità degli interessi legittimi sub specie dei cc.dd. diritti fievoli ab origine: «quale che sia l'interpretazione dell'ordinanza della Corte Costituzionale è, comunque, difficile negare che sia pure ambiguamente questa abbia assunto come implicita la risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi collegati con diritti»[15].

6. Certo, sarebbe stato preferibile un intervento definitivo della Corte Costituzionale che avesse consentito - già prima della citata sentenza n. 500/1999 delle Sezioni Unite della S.C. - il superamento di quella giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo la quale, al di fuori delle succitate ipotesi, non è ammissibile l'azione risarcitoria in quanto il danno ingiusto (risarcibile) ai sensi dell'art. 2043 c.c. è solo quello relativo a situazioni giuridiche soggettive qualificabili come diritti soggettivi, con espressa esclusione per le ipotesi di interessi legittimi: «la Cassazione confonde il problema dell'azione risarcitoria con quello del riparto di giurisdizione. Ciò che in realtà allo stato criptico ma in modo inequivocabile richiede la giurisprudenza della Corte è l'inesistenza di un atto amministrativo (in quanto annullato) in guisa da poter applicare lo schema: inesistenza di atto = risarcibilità del danno» [16].

Un autorevole orientamento dottrinale [17] opera un netto distinguo secondo che la situazione in concreto lesa sia qualificabile come interesse legittimo rimasto tale oppure come interesse legittimo divenuto diritto soggettivo, ammettendo solo in questo ultimo caso la possibilità del risarcimento.

7. Ulteriore autorevole dottrina[18] sottolinea la necessità di distinguere fra tre ipotesi. 

La prima è quella relativa all'annullamento di un atto amministrativo illegittimo che comprima un diritto consolidato: in questo caso l'annullamento, eliminando l'illegittima compressione del diritto, rende possibile il risarcimento del danno che deriva dalla lesione non già dell'interesse legittimo, bensì del diritto. 

La seconda ipotesi è quella relativa alla lesione dei cc.dd. diritti in attesa di espansione: anche in questo caso non vi sarebbero ostacoli particolari ad ammettere il risarcimento del danno che, anche in questa ipotesi, deriverebbe dalla violazione di un diritto, anche se in attesa di espansione, e non già dalla lesione di un interesse legittimo, che di per sé non sarebbe sufficiente ai fini del risarcimento. 

Il terzo caso riguarda l'ipotesi di risarcimento conseguente alla mera violazione di norme che regolano il comportamento amministrativo, a prescindere dal fatto che l'utilità finale venga (o possa essere senza ostacoli) ottenuta. In questo caso la tutela dell'interesse legittimo, collegato alla soddisfazione dell'interesse pubblico in funzione del quale è regolata l'azione amministrativa, si limiterebbe al solo annullamento e non potrebbe spingersi fino al risarcimento. Prova ne sia il fatto che l'art. 17, comma 1, lett. f, 1. n. 59/1997, in relazione ad ipotesi di mancato rispetto del termine del provvedimento, di mancata o ritardata adozione del procedimento, di ritardato o incompleto assolvimento di obblighi e delle prestazioni da parte della p.a., prevede unicamente forme di indennizzo automatico e forfettario per i soggetti richiedenti il provvedimento. Ciò porterebbe ad escludere che la violazione delle norme di azione possa dar luogo al risarcimento (al più potrebbe esservi un indennizzo). 

Tuttavia, anche se l'azione di risarcimento è prevista secondo lo schema dell'art. 2043 c.c., ciò non esclude che altri interessi «meritevoli di tutela» correlati a beni della vita particolarmente importanti, operino sul piano dell'ordinamento generale indipendentemente dall'azione amministrativa e protetti da norme diverse da quelle che regolano l'attività della p.a. Tali interessi, pur se non si identificano con il diritto soggettivo, parteciperebbero, ad avviso della teoria in esame, di alcuni suoi caratteri: si tratta della lesione di chance e di probabilità di vittoria, come nel caso del risarcimento previsto dalla normativa di ispirazione comunitaria in cui non è necessario dimostrare l'aggiudicazione certa dell'appalto.

Anche in questa ipotesi il risarcimento opererebbe secondo lo schema dell'art. 2043 c.c., con la conseguenza che il riferimento all'interesse legittimo sarebbe non solo scorretto, ma addirittura limitativo in quanto potrebbe costituire un ostacolo al fatto che siano risarcibili altre situazioni giuridiche meritevoli di tutela:«bene ha dunque fatto l'art. 35, d. legisl. 80/1998 a non introdurre norme peculiari e derogatorie con riferimento ai servizi pubblici (medesimo discorso può essere condotto relativamente ad urbanistica ed edilizia), di cui non si avverte alcuna necessità in presenza del quadro normativo ora richiamato: soprattutto, dalla scelta dell'estensione della giurisdizione non può dedursi il riconoscimento della risarcibilità dell'interesse legittimo» [19].

Pertanto, non può dirsi che con l'art. 35 cit. vi sia stato un riconoscimento della risarcibilità dell'interesse legittimo, ma la mera attribuzione al Giudice amministrativo della competenza a conoscere delle controversie afferenti il risarcimento del danno in relazione al cattivo esercizio di pubbliche funzioni: si ritiene, infatti, che gli artt. 33-35 cit. abbiano una «portata esclusivamente processuale. Nel senso che individuano il Giudice competente a conoscere della lesione, stabilendo, innovativamente, che il Giudice amministrativo conosce anche della domanda volta a conseguire il risarcimento del danno subito, ma non hanno alcuna portata innovativa sul piano sostanziale. In altri termini, il decreto delegato non si occupa, né poteva occuparsi, della diversa questione di quali siano le situazioni soggettive risarcibili» [20].

Tuttavia, in senso contrario è stato opportunamente evidenziato come proprio dall'art. 35 cit. possano desumersi elementi a sostegno di un'interpretazione favorevole alla risarcibilità degli interessi legittimi: infatti, il comma 5 dell'art. cit. «abroga, evidentemente perché ritenuto inglobabile nella previsione del comma 1 dell'art. 35, l'art. 13, l. 19 febbraio 1992, n. 142, che riguarda per opinione generale (se si eccettua la posizione di A. Romano) ipotesi afferenti la tutela risarcitoria anche degli interessi legittimi ivi compresi quelli pretensivi: sicché tale abrogazione finisce col costituire conferma del trasferimento di detta tutela al Giudice amministrativo» [21].

Del resto, come sottolinea l'autorevole orientamento dottrinale in oggetto, non può non rilevarsi l'esistenza - su un piano più generale ‑ di una tendenza legislativa diretta «ad ampliare costantemente le ipotesi di risarcibilità di situazioni indubbiamente afferenti l'interesse pretensivo, tendenza ben nota ed efficacemente descritta dall'ordinanza della Corte Costituzionale n. 165 dell'aprile 1998» [22].

Inoltre, gli interessi legittimi pretensivi che si relazionano con un'attività vincolata della p.a. (si pensi, ad esempio, da un lato ad un avanzamento di carriera per anzianità o al rilascio della concessione edilizia in presenza dei presupposti previsti dalla normativa urbanistica e dall'altro ad una gara o, comunque, ad una comparazione tra aspiranti ove sia assolutamente certa la priorità di un concorrente rispetto all'altro) si configurano come interessi la cui tutela non si limita alla sola presa in considerazione, ma impone la loro piena soddisfazione da parte della p.a., in mancanza della quale il risarcimento non può essere escluso. In questi casi la risarcibilità non è condizionata dalla situazione soggettiva e nemmeno dalla assenza di discrezionalità, ma dal «concreto e mutevole configurarsi della relazione tra l'interesse legittimo ed il potere... si dovrebbe nei casi appena prospettati, o quanto meno allorquando l'obbligo di soddisfazione sia garantito normativamente, assumere che l'interesse legittimo si sostanzi in realtà in un diritto soggettivo, senza ricorrere ad artificiose opere di camuffamento. Ma fino a quando la giurisprudenza sosterrà l'opposta tesi, la risarcibilità di questi "interessi" non potrà non costituire una breccia nella ricostruzione pretoria» [23].

Molto complessa - ad avviso dell'orientamento dottrinale in esame - diventa la problematica in oggetto qualora l'interesse pretensivo od oppositivo di terzo si atteggi e venga tutelato come mero interesse alla presa in considerazione, anche se proiettato pur sempre all'acquisizione od alla conservazione di un bene: «il passaggio da questa proiezione alla necessaria soddisfazione risulta evidentemente incerto, anche se sia intervenuta la sentenza di annullamento del diniego o del rilascio nel caso di terzo opponente, a causa della persistente discrezionalità della p.a.» [24].

Ma ancora più complessa si presenta la problematica in esame quando la discrezionalità della p.a. ha connotazioni così ampie e la fattispecie è così inidonea a delimitarla che finisce per essere estremamente difficile accertare il pregiudizio dell'interesse e, quindi, l'ingiustizia del danno. In questi casi, il passaggio dalla presa in considerazione alla soddisfazione dell'interesse è solo eventuale ed è, comunque, subordinato ad un giudizio posto in essere dalla stessa p.a. in modo discrezionale, e cioè senza preventivi vincoli fissati dal Giudice amministrativo: «occorre valutare se un soggetto cui non sia garantita né normativamente né per l'atteggiarsi della fattispecie l'acquisizione ad opera della p.a. di un bene, possa ciò nonostante pretendere un ristoro, allorquando la difettosa presa in considerazione del suo interesse costituisca fattore causale determinante della irreversibile (o comunque prolungata) perdita della possibilità di attingere il bene stesso»[25].

In tali ipotesi, la problematica in oggetto si ricollega alla c.d. perdita di chance che, a ben vedere, «costituisce la proiezione economica di situazioni soggettive che presentano tutti i caratteri strutturali dell'interesse legittimo. 

Si tratta, invero, di situazioni giuridicamente rilevanti cui corrisponde un obbligo di presa in considerazione, ma non anche un obbligo di soddisfazione (nel senso di attribuzione del bene della vita), essendo l'effettivo attingimento del risultato positivo subordinato all'esito favorevole di una valutazione discrezionale operata da un soggetto (quasi sempre un datore di lavoro privato o un ente pubblico economico) titolare del relativo potere: potere il cui esercizio è regolato, appunto, da norme che impongono la specifica valutazione della posizione del soggetto cui appartiene la chance... non si scorgono valide ragioni per escludere la risarcibilità di chances allorquando esse derivino dalla titolarità di interessi legittimi (pretensivi) correlati all'esercizio di potestà amministrativa»[26].

8. Del resto, sta di fatto che la Costituzione garantisce, senza alcun tipo di eccezione, il diritto di agire in giudizio per la tutela sia dei diritti soggettivi che degli interessi legittimi[27]: anzi, come affermato dalla Corte Costituzionale, attraverso gli interessi legittimi sotto alcuni aspetti si ottiene addirittura una tutela maggiore sia per effetto dell'eccesso di potere, che consente un sindacato più penetrante sull'azione amministrativa, sia per effetto della tutela cautelare in fase di espansione:«sarebbe oltremodo paradossale che ‑ al momento di stabilire le conseguenze che derivano dalla lesione di posizioni giuridiche soggettive ‑ si debba fare di fronte allo stesso Giudice amministrativo un distinguo tra diritti soggettivi (per i quali la tutela sarebbe assicurata in maniera piena attraverso il risarcimento del danno) ed interessi legittimi (nei cui confronti la tutela sarebbe dimidiata)» [28]

Evidente, inoltre, sarebbe il contrasto con la giurisprudenza comunitaria che, come è noto, non conoscendo la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi, attribuisce tutela risarcitoria anche a quelle situazioni giuridiche soggettive qualificate dal nostro ordinamento giuridico come interessi legittimi [29].

9. Del resto l'art. 113 Cost. «si preoccupa di stabilire la formale parificazione tra diritto e interesse e di indicare quest'ultimo come una specie del medesimo genere a cui appartiene il diritto soggettivo; cioè concepisce l'interesse legittimo come un diritto attenuato, avente ‑ al pari del diritto soggettivo ‑ una rilevanza giuridica materiale, prima che formale, ma non stabilisce che il Giudice amministrativo debba necessariamente essere un Giudice con poteri dimezzati» [30].

Inoltre, la tutela degli interessi legittimi [31] non è affatto relegabile nel solo ambito dell'annullamento dei provvedimenti amministrativi, annullamento che è espressione di un potere attribuibile con legge - attesa la relativa riserva - a qualsiasi Giudice, anche a quello ordinario (art. 113 Cost.). 

E non è certo dal riconoscimento - da parte del sistema positivo - al Giudice amministrativo del potere di annullamento che se ne può far scaturire la non risarcibilità della lesione di interesse legittimo. Da più parti si è affermata l'esigenza di superare lo schema impugnatorio del processo amministrativo per approdare alle più feconde sponde di un processo di interessi legittimi che sia in grado di assicurare la piena e completa soddisfazione delle pretese oppositive e pretensive del ricorrente. 

Né possono avere qualche consistenza le obiezioni secondo cui nel processo amministrativo manca una fase istruttoria simile a quella prevista per il procedimento innanzi al Giudice ordinario: non sembra, infatti, né vietato, né illogico «determinare il raggiungimento della prova in maniera del tutto diversa rispetto al Giudice civile... il Giudice amministrativo rispetto al Giudice ordinario conosce meglio il potere pubblico e oltretutto continua a disporre del potere costitutivo di annullamento che con l'accertamento giurisdizionale armonicamente si correla. 

Il Giudice amministrativo così delineato viene finalmente a connotarsi come Giudice vero e pieno che aggiunge al suo ruolo tradizionale di censore degli atti dell'amministrazione, anche i poteri di cognizione e decisione caratteristici del Giudice nel senso pieno del termine, e garantisce al cittadino quella tutela sostanziale che la Carta costituzionale non solo non ha inteso negargli, ma sicuramente accordargli» [32].

10. Inoltre, il riferimento all'art. 2043 c.c. deve essere correttamente operato: infatti, sebbene l'orientamento tradizionale della dottrina è nel senso di ritenere, come già accennato, danno ingiusto unicamente quello scaturente dalla lesione di un diritto soggettivo, lo schema normativamente previsto ed i concetti utilizzati dalla citata dottrina sono quelli relativi ad una concezione ‑ oramai superata - dei rapporti tra Stato e cittadino ancora configurati secondo formule di sovraordinazione. 

Non vi è dubbio che a seguito di molteplici interventi legislativi - l. 19 febbraio 1992, n. 142; l. 7 agosto 1990 n. 241; d.lg. febbraio 1993, n. 29; l. 15 marzo 1997 n. 59; l. 13 maggio 1997 n. 127; d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 - si è profondamente incrinato il modello tradizionale fondato sull'autoritatività dell'azione amministrativa: si è venuto, così, a consolidare un innovativo assetto organizzativo della p.a. fondato su modelli partecipativi e paritetici e non più su una posizione di soggezione degli amministrati[33]

E', comunque, enucleabile dall'art. 2043 c.c. un generale principio di intangibilità dei patrimoni che non possono subire ridimensionamenti per un fatto doloso o colposo [34]. Del resto è sufficiente verificare la cura che presta l'ordinamento amministrativo ad evitare il danno attraverso le clausole di stile di salvezza dei diritti dei terzi che accompagnano i provvedimenti concessori ed autorizzatori: non si capisce perché vi debba essere un diverso orientamento quando si riflette immediatamente sulla sfera patrimoniale del destinatario il danno scaturente dall'atto o dal comportamento dell'amministrazione.

11. Tuttavia, l'orientamento giurisprudenziale - almeno fino alla succitata sentenza n. 500/1999 ‑ si è mostrato particolarmente restio a recepire tale processo evolutivo: la suprema Corte di Cassazione ‑come detto - in passato ha sempre escluso la possibilità di configurare una responsabilità per i danni causati dall'illegittimo diniego di concessione edilizia[35]

E' stata, invece, riconosciuta la risarcibilità del danno derivante da atto illegittimo della p.a. nei casi di rilascio di certificazioni erronee [36], di illegittima pronuncia di decadenza o revoca della concessione o dell'autorizzazione a edificare, di annullamento illegittimo della medesima [37], di illegittima sospensione della stessa, di illegittima applicazione di sanzioni repressive [38].

Ma se dal provvedimento illegittimo derivi un concreto danno alla sfera patrimoniale del cittadino, non si comprende perché debba essere negato il risarcimento solo per il fatto che la qualificazione della situazione giuridica facente capo al cittadino stesso sia esprimibile in termini di interesse legittimo e non di diritto soggettivo[39]: si pensi, ad esempio, al trasferimento illegittimo che abbia causato ad un impiegato gravi danni o ad un provvedimento illegittimo di polizia che abbia avuto conseguenze dannose sull'attività commerciale di un privato. 

Si tratta pur sempre di un bene riferibile alla sfera patrimoniale del soggetto e non si comprende perché debba ritenersi esclusa una concreta tutela «sol perché occasionalmente incisi da un atto illegittimo la cui valenza autoritaria era orientata in tutt'altre direzioni»[40].

12. Del resto la relazione governativa al d.lg. 80/1998 afferma inequivocabilmente che «la delega legislativa ha inteso anche innovare la disciplina sostanziale della responsabilità civile della pubblica amministrazione: il riferimento alle controversie "relative al risarcimento del danno" evidenzia che in tali materie si è prevista la devoluzione al Giudice amministrativo di una giurisdizione volta a dare un'effettiva e piena tutela (nel caso di adozione di provvedimenti illegittimi della pubblica amministrazione, oltre che nel caso in cui vi sia una condotta illecita), sicché all'annullamento dell'atto illegittimo può seguire la condanna al risarcimento dei danni subiti dal suo destinatario, anche quando non sia ravvisabile una posizione di diritto soggettivo»[41]

Dalla relazione si evince inequivocabilmente che, sebbene la norma delegata faccia riferimento ad un concetto di «danno ingiusto», essa invita a superare l'orientamento della Suprema Corte di Cassazione - anteriore alla citata sentenza n. 500/1999 - che individua, nel corrispondente concetto contenuto nell'art. 2043 c.c., un ostacolo all'ammissibilità del risarcimento da lesione di interesse legittimo: un'interpretazione differente «porrebbe il testo delegato in contrasto con la legge delega la quale, come si è detto, depone chiaramente nel senso di un'estensione dell'area della responsabilità»[42].

13. Inoltre la regola dell'irrisarcibilità del danno per lesione di interessi legittimi è di origine giurisprudenziale e la sua elaborazione è la «conseguenza di un sistema di riparto della giurisdizione anch'esso di derivazione giurisprudenziale»[43]. E proprio per tale motivo non è possibile ignorare le conseguenze che necessariamente derivano dall'introduzione nel nostro sistema normativo degli artt. 33, 34 e 35 del d. lg. n. 80/1998. 

Ebbene, dalla disamina di tali norme non può non evincersi che talune delle controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo riguardano vere e proprie ipotesi di interessi legittimi: si consideri, ad esempio, la lett. e del secondo comma dell'art. 33 che fa riferimento alle controversie afferenti «le procedure di affidamento di appalti pubblici e di lavori, servizi e forniture, svolti da soggetti comunque tenuti all'applicazione della norma comunitaria o della normativa nazionale o regionale», ovvero si consideri l'art. 34 che fa riferimento alle controversie «aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materie urbanistiche ed edilizie». In tutte queste ipotesi, per costante orientamento giurisprudenziale, la situazione giuridica soggettiva lesa consiste (art. 33 lett. e) o può consistere (art. 34) in interessi legittimi: «appare, pertanto, inequivoco che il dato testuale ha ampliato non soltanto le ipotesi in cui il Giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva, ma anche le situazioni soggettive suscettibili di tutela risarcitoria, ricomprendendo tra di esse non soltanto i diritti, ma anche gli interessi legittimi»[44]

Pertanto, in settori fondamentali del diritto amministrativo, come l'edilizia, l'urbanistica ed i pubblici servizi (oltre a quello degli appalti pubblici), viene meno la regola dell'irrisarcibilità della lesione ad interessi legittimi [45]

Non può, quindi, ritenersi più giustificata «quella giurisprudenza della Corte, per cui, comunque, l'art. 2043 c.c. si riferisce ai diritti soggettivi, giurisprudenza che maschera la risarcibilità di interessi legittimi oppositivi quali i diritti affievoliti con il meccanismo della riespansione dei diritti in seguito all'annullamento dell'atto. 

Ma una volta che è caduto il principio dell'irrisarcibilità dell'interesse legittimo, non si vede come possa essere mantenuta la regola che, si ripete, manca di un riferimento normativo esplicito, quando lo stesso legislatore ammette, sia pure per singoli settori, che l'interesse legittimo è risarcibile»[46]

In ultima analisi si può affermare che l'ampliamento dell'ambito della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ad opera del d.lg. n. 80/1998 consente di superare le vecchie ed insussistenti preoccupazioni del riparto delle giurisdizioni ed al tempo stesso consente al Giudice di pronunciare sentenze concretamente satisfattive degli interessi dedotti in giudizio, trasformando finalmente il Giudice amministrativo in Giudice naturale delle controversie con la pubblica amministrazione: «l'oggetto del giudizio, invero, non può essere ristretto all'atto o al provvedimento, atteso che non appare revocabile in dubbio che l'attività dell'amministrazione giuridicamente rilevante per il cittadino, si determina anche per comportamenti; di guisa che il Giudice deve essere messo in condizione di poter sindacare ogni situazione sottesa oltre che agli atti anche ai comportamenti. 

Da qui la ormai improcastinabile necessità di pervenire ad una tutela effettiva dell'interesse legittimo, attraverso la via di un più incisivo sindacato sull'esercizio della funzione amministrativa che abbia la forza di investire con determinazione il rapporto potestà amministrativa‑interesse legittimo»[47].

14. Nuove e più feconde prospettive si aprono per la summenzionata teoria favorevole alla risarcibilità dell'interesse legittimo: infatti, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 500/1999, sottoponendo ad attenta revisione critica il proprio precedente orientamento, hanno affermato per la prima volta l'esistenza di un principio generale secondo cui la lesione dell'interesse legittimo normalmente può dar luogo al risarcimento del danno ingiusto. 

A questo punto la problematica si sposta su di un piano completamente differente: non si tratta più discettare sulla risarcibilità o meno della situazione giuridica soggettiva qualificabile come interesse legittimo, ma piuttosto «di verificare i limiti entro i quali il principio della risarcibilità del danno ingiusto deve operare nel caso in cui il danno stesso sia derivato da lesioni di interessi legittimi. Alcune linee essenziali, in questo senso, sono state tratteggiate dalla sentenza in questione, la quale ha fatto a tal fine riferimento alla distinzione tradizionale tra interessi legittimi oppositivi e pretensivi. 

La rotta tracciata sembra quella giusta. Come è stato più volte di recente notato, non esiste un unico interesse legittimo, ma una serie distinta (o comunque distinguibile) dì interessi legittimi, accomunati dalla stessa etichetta; ed è quindi all'interno delle varie categorie che occorre verificare in concreto i limiti della risarcibilità degli interessi legittimi» [48].

Le Sezioni Unite del Supremo Collegio nella citata sentenza n. 500/1999 non possono non rilevare che dal precedente orientamento giurisprudenziale in materia de qua deriva una stigmatizzabile delimitazione della responsabilità della p.a. nell'ipotesi di illegittimo esercizio della funzione pubblica da cui siano derivate diminuzioni o pregiudizi alla sfera giuridico-patrimonale del soggetto: «una siffatta isola di immunità e di privilegio, va ancora rilevato, mal si concilia con le più elementari esigenze di giustizia». 

Conseguentemente partendo dalla progressiva evoluzione giurisprudenziale diretta ad estendere l'ambito del danno ingiusto ex art. 2043 c.c., si arriva ad affermare opportunamente che il principio dell'irrisarcibilità degli interessi legittimi «risulta oramai vacillante... sono maturi i tempi per una sua radicale revisione ... ». A tali conclusioni ‑ secondo il S.C ‑ si perviene anche dalla disamina di una recente tendenza legislativa di segno contrario al citato principio dell'irrisarcibilità dell'interesse legittimo. In particolare secondo la Suprema Corte di Cassazione con gli artt. 29, 33 e 34 del d l.vo n. 80/1998 è stata effettuata dal legislatore una chiara scelta nel senso del superamento del tradizionale criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo, a favore della previsione di un riparto basato sul criterio della materia. 

Non vi è dubbio, ad avviso delle Sezioni Unite, che con il citato d. l.vo vi sia stato un incisivo intervento sul tema della risarcibilità degli interessi legittimi non solo sotto il profilo strettamente processuale, afferente il riparto delle competenze giurisdizionali, ma anche sotto il profilo sostanziale, poiché coinvolge il generale tema dell'ambito della risarcibilità del danno ex art. 2043 c.c.: «la lesione di un interesse legittimo, al pari di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto. 

Ciò non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale. Potrà, infatti, pervenirsi al risarcimento soltanto se l'attività illegittima della p.a. abbia determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento. 

In altri termini, la lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex at. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima (e colpevole) della p.a., l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo». 

Conseguentemente, secondo le Sezioni Unite, in ordine agli interessi legittimi oppositivi sussisterà danno ingiusto nell'ipotesi di lesione dell'interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio derivante dall'illegittimo esercizio del potere. Invece, per quanto riguarda gli interessi pretensivi bisognerà valutare la consistenza della protezione che l'ordinamento riserva alle richieste di ampliamento della sfera giuridica del soggetto instante. 

Tale valutazione presuppone un giudizio prognostico e deve essere effettuato - ad avviso della S.C. - sulla base della normativa di settore al fine di stabilire se l'instante fosse titolare non già «di una mera aspettiva, come tale non tutelabile, bensì di una situazione suscettiva di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva, e cioè di una situazione che, secondo la disciplina applicabile, era destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole, che risultava, quindi, giuridicamente protetta». 

Indubbiamente la citata sentenza n. 500/1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha dato un rilevante contributo in materia de qua: si tratta comunque di un primo passo e non di una soluzione definitiva. Sarebbe ingenuo, infatti, credere che con la succitata pronuncia vengano come di incanto a risolversi tutti i problemi che sempre agitano le tormentate acque della problematica in esame. Certo il cammino è ancora lungo - e non è difficile prevedere forti resistenze a tale recente orientamento -, ma non vi è dubbio che la via indicata nella summenzionata sentenza sia quella giusta.

 

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[1] Sul punto cfr. MORBIDELLI, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Riv. it. dir. pubbl. comm., 1991, 825 ss.

[2] Così testualmente DELFINO, La risarcibilità degli interessi legittimi: ubi remedium ibi ius, in Gazzetta giuridica Giuffrè Italia Oggi, 1998, n. 25, 14.

[3] In tal senso espressamente R. CARANTA, Danni da lesione di interessi legittimi: la Corte costituzionale prende ancora tempo, in Foro it., 1998, 3486. Inoltre in merito cfr. P.G. MONATERI, Irrisarcibilità delle lesioni di interessi legittimi e incostituzionalítà dell'art. 2043: la fine di una regola?, in Danno e resp., 1997, 548 ss., ed in La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile diretto da R. SACCO, Torino, 1998, 806 ss.; R. CARANTA, La responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione. Sistemi e tecniche, Milano, 1993, 81 SS.; M. CAFAGNO, La tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Milano, 1996; E. FOLLIERI, Lo stato dell'arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Possibili profili ricostruttivi, in Dir. proc. amm., 1998, 253; A. ROMANO TASSONE, I problemi di un problema. Spunti in tema di risarcibilità degli interessi legittimi, in Dir. amm., 1997, 35, e R. GAROFOLI, Danno da lesione di interesse legittimo e diritto comunitario, in Urbanistica e appalti, 1997, 253.

[4] La sentenza indicata nel testo è reperibile in questa Rivista con nota di G. VIRGA, Il Giudice dormiente e la risarcibilità del danno derivante da lesione di interessi legittimi. Nello stesso sito sono reperibili le interessanti sentenze n. 22 emessa in data 7 febbraio 2000 dal TAR Molise, n. 38 emessa in data 18 gennaio 2000 dal TAR Sicilia-Catania, sez. 1°. Sul punto cfr. anche G. DUNI, Interessi legittimi, risarcimento del danno e doppia tutela. La Cassazione ha compiuto la rivoluzione, in questa Rivista; inoltre, sempre nello stesso sito cfr. P. PUGLIATTI, Regole autonome di risarcibilità degli interessi legittimi?; F. CARINGELLA, R. GAROFOLI, Riparto di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, cit., 6 ss.; R. ECCETTUATO, Sulla risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi; R. MOREA, Riflessioni sulla nuova frontiera della risarcibilità degli interessi legittimi; S. GIACCHETTI, La risarcibilità degli interessi legittimi è "in coltivazione". Invece nel sito Cittadino. Lex cfr. G. CORSO, Pubblica amministrazione in ritirata?; P. BALDUCCI, Una sentenza rivoluzionaria; P. SANDULLI, Una nuova frontiera per i diritti del cittadino. Infine, si rinvia a T. MIELE, Con la risarcibilità dell'interesse legittimo rapporti più trasparenti tra cittadino e «PA», in Guida al diritto, 1999, n. 37, 152; A. ROMANO, Sono risarcibili; ma perché devono essere interessi legittimi?, in Foro it., 1999, I, 3222 ss.; R. CARANTA, La pubblica amministrazione nell'età della responsabilità, ivi, 1999, I, 3201 ss.; S.  FRACCHIA, Dalla negazione della risarcibilità degli interessi legittimi all'affermazione di quelli giuridicamente rilevanti: la svolta della Suprema corte lascia aperti alcuni interrogativi, ivi, 1999, 3212 ss.

[5] Così testualmente R. CARANTA, Danni da lesioni di interessi legittimi: la Corte costituzionale prende ancora tempo, cit., 3487.

[6] In base ai principi affermati nella citata sentenza n. 500/1999 del S.C. a Sezioni Unite, secondo G. VIRGA, Il giudice dormiente e la risarcibilità del danno derivante da lesione di interessi legittimi, cit., non sussisterà diritto al risarcimento del danno nell'ipotesi di annullamento di un diniego di concessione edilizia per incompetenza dell'organo che l'ha adottato o per la mancata acquisizione del parere della c.e.c. qualora risulti che, in base al P.R.G. vigente all'epoca di adozione del provvedimento di diniego, il progetto presentato era incompatibile con le previsioni di piano: «in tale caso, infatti, è stato fatto valere un interesse legittimo meramente formale, del tutto sganciato dall'utilitas concreta e finale che il titolare dell'interesse legittimo stesso intendeva conseguire e addirittura in contrasto con la situazione sostanziale disciplinata dallo strumento urbanistico». Invece, sussisterà il diritto al risarcimento nel caso in cui vi sia stato annullamento del diniego di concessione edilizia perché, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, il progetto presentato era conforme allo strumento urbanistico: in tale seconda ipotesi, infatti, è stato fatto valere un interesse legittimo sostanziale direttamente connesso al bene di vita che è dall'ordinamento giuridico riconosciuto e tutelato. 

Per il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia de qua cfr. Cass. Sez. Un., 9 febbraio 1963, I, 945, in Foro amm., 1963, II, 225, con nota di E. CANNADA BARTOLI, In tema di tutela successiva al giudicato amministrativo; 12 giugno 1982, n. 3541, in Foro it., 1982, I, 1860, con nota di C.M. BARONE; 5 dicembre 1987, n. 9095, id., Rep. 1988, voce Edilizia e urbanistica, n. 457, e Cons. Stato, 1989, II, 1347, con nota di F. LONGO, Alcune considerazioni in tema di annullamento dell'illegittimo diniego di concessione edilizia e «ius superveniens»; 29 novembre 1988, n. 6485, in Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 459, ed in Giust. civ., 1989, 1, 1150, con nota di P. STELLA RICHTER, Sulla irrisarcibilità del danno causato con l'illegittimo diniego della concessione di costruzione malgrado il carattere non discrezionale della stessa. Cfr. in tema di licenze di commercio Cass. Sez. Un., 31 luglio 1962, n. 2294, in Foro it., 1963, I, 1016, ed in Foro amm., 1963, II, 476, con nota di C. DAL PIAZ, Illegittimo rifiuto di autorizzare la riapertura di un esercizio commerciale e risarcibilità del danno subito dall'interessato. Inoltre si rinvia ad A. BOTTO, Risarcibilità dei danni da lesione di interessi legittimi in rapporto all'attività urbanistica ed edilizia, in Cons. Stato, 1997, II, 1489, ed a E. SCODITTI, Un'apertura giurisprudenziale su violazione di interessi legittimi e responsabilità civile, in Foro it., 1994, I, 1855.

[7] Cfr. Cass. Sez. Un., 1 ottobre 1982, n. 5027, in Foro it., 1982, I, 2433, che ha riconosciuto la responsabilità della p.a. nell'ipotesi dell'illegittima decadenza della licenza per l'esercizio dell'attività di autista di piazza. Inoltre, in materia urbanistica cfr. Cass. 30 marzo 1963, n. 800, in Foro it., 1963, I, 1822, secondo cui sussiste un diritto risarcibile nell'ipotesi di licenza (oggi concessione) edilizia illegittimamente revocata o annullata. 

Si legge espressamente in tale pronuncia che è ammissibile l'azione risarcitoria «nel caso di affievolimento, poscia dichiarato illegittimo nella sede competente, di un diritto soggettivo, poiché l'annullamento dell'atto illegittimo, che aveva ingiustificatamente degradato il diritto in interesse, provoca il ripristino della pienezza del diritto... tale ipotesi si verifica quando l'esercizio del diritto del proprietario... a disporre del proprio suolo, edificandovi un fabbricato, sia stato impedito dal diniego della licenza edilizia, dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato». Inoltre, secondo Cass. Sez. Un., 5 gennaio 1994, n. 60, in Foro it., 1994, I, 1380, nel caso di illegittima revoca della intervenuta nomina a funzionario onorario, il diritto del funzionario stesso può riacquistare la sua conformazione originaria a seguito della pronuncia di annullamento ‑ ad opera del Giudice amministrativo ‑ della revoca, con conseguente possibilità di rivolgersi al Giudice ordinario per il risarcimento del danno causato dall'illegittimità dell'atto.

[8] Cfr. Cass. Sez. Un., 5 marzo 1993, n. 2667, in Foro it., 1993, I, 3062, con nota di L. BONECHI, e Cass. Sez. Un., l° ottobre 1996, n. 8587, id. Rep. 1997, voce Farmacia, n. 65. In dottrina cfr. P.G. MONATERI, Irrisarcibilità delle lesioni di interessi legittimi, cit, 556, e S. PALMIERI, Lesioni degli interessi legittimi: la Cassazione alla soglia di una svolta epocale?, in Danno e resp., 1997, 59. Merita di essere segnalata la sentenza di Cass. sez. I, 3 maggio 1996, n. 4083, in Foro it., Rep. 1996, voce responsabilità civile, n. 160, che, ponendosi in avviso contrario con l'orientamento allora prevalente del Supremo Collegio, ha sostenuto l'inadeguatezza dell'indirizzo interpretativo che «individua il danno "ingiusto" risarcibile ex art. 2043 c.c., inteso come danno contra ius, in relazione alla violazione della situazione formale incisa ‑ con conseguente ammissione dei diritti soggettivi ed esclusione invece degli interessi legittimi dall'area della tutela risarcitoria ‑ e non già (come l'ormai prevalente dottrina ritiene postulato dalla clausola generale di responsabilità e dal principio costituzionale di solidarietà) in ragione delle conseguenze sfavorevoli che comunque si realizzano nel patrimonio del soggetto leso, in conseguenza di un comportamento non iure (di una condotta, cioè, dell'adozione di un atto, in contrasto con una norma giuridica, anche "di azione", oltreché "di relazione"). Ma il principio di irrisarcibilità degli interessi legittimi non può formare oggetto di rimeditazione in questo giudizio di legittimità, non trovandosi raggiunto da alcuna, neppure implicita, censura del ricorrente, né essendo stato, del resto, neppure mai introdotto nel thema decidendum».

[9] In tal senso espressamente A. ANGELETTI, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Costituzionale: un'ammissibilità rinviata a migliore occasione, in Giur. it., 1998, 1929 ed in questa rivista.In ordine alla necessità del previo accertamento, da parte del Giudice amministrativo, dell'illegittimità del provvedimento lesivo (nei casi in cui, vertendosi in materia di interessi c.d. oppositivi, è stato ammesso il risarcimento), cfr. Cass. l° ottobre 1982, n. 5027, in Foro it., 1982, I, 2433; 6 aprile 1983, n. 2443, id., 1983, I, 2498; 3 febbraio 1986, n. 652, id., 1986, I, 1909; 5 dicembre 1987, n. 9096, id., Rep. 1988, voce Edilizia e urbanistica, n. 418; l° marzo 1989, n. 1137, id., Rep. 1989, voce cit., n. 537; 2 aprile 1998, n. 3384, id., Mass., 356.

[10] Cfr. in tal senso anche R. CARANTA, Danni da lesione di interessi legittimi, cit., 3496.

[11] In tal senso espressamente A. ANGELETTI, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Costituzionale: un'ammissibilità rinviata a migliore occasione, cit., 1933. Afferma, inoltre, R. CARANTA, Danni da lesioni di interessi legittimi: la Corte costituzionale prende ancora tempo, cit., 3496, che la succitata pregiudizialità «si giustifica nella logica... della regola della irrisarcibilità nella sua variante "limitata", che ammette la responsabilità per lesioni di diritti affievoliti, purché l'atto che abbia determinato l'affievolimento sia stato rimosso dal Giudice amministrativo. Tale schema di ragionamento sicuramente non è invocabile nel momento in cui si revoca in dubbio la legittimità stessa della regola di irrisarcibilità e dunque si postula la possibilità di risarcire i danni derivanti da lesioni di semplici interessi legittimi, perché viene meno la necessità di ricostruire, più o meno artificiosamente, un diritto soggettivo». In particolare si è affermato che il Giudice ordinario, disponendo del più ampio potere di disapplicazione ex art. 5 1. ab. cont. amm., «non deve sospendere il giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c.; se, in ogni caso, il Giudice dovesse sospendere il giudizio si determinerebbe un contenzioso amministrativo sulla validità degli atti amministrativi, come accade in Francia. Senonché è proprio questo che si è voluto escludere con il suddetto art. 5 1. contenzioso. Tale norma esclude che la questione sulla legittimità di un atto amministrativo possa dare luogo ad una sospensione necessaria del giudizio ordinario, ossia, a quella situazione prevista nell'art. 295»: così E. CANNADA BARTOLI, In tema di pregiudiziale amministrativo nel processo civile, in Foro amm., 1956, I, 29. Inoltre secondo tale A. «l'art. 295 parla di "controversia amministrativa" dalla cui definizione dipende la decisione della causa; a nostro avviso, la norma si riferisce ai casi in cui il Giudice amministrativo decide vere e proprie controversie, ossia tutela direttamente rapporti giuridici laddove i ricorsi per illegittimità degli atti amministrativi non danno luogo a controversie, poiché non mirano alla tutela immediata dei rapporti giuridici in quanto tali ( ... ). Ciò vuol dire che l'art. 295 riguarda soltanto le ipotesi nelle quali la decisione della causa dipenda dalla definizione di un rapporto giuridico controverso, attribuito alla giurisdizione del Giudice amministrativo». In riferimento alla citata ordinanza n. 165/98 afferma A. ANGELETTI, Il risarcimento, cit., 1933, che «a ben guardare, la Corte Costituzionale in fondo contraddice il sistema. Infatti, sostenere che la questione pregiudiziale costituisce un antecedente logico‑giuridico dal quale dipende la decisione della causa significa che l'azione di risarcimento del danno per la lesione dell'interesse legittimo è ammissibile».

[12] In questi termini espressamente A. ANGELETTI, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Costituzionale: un'ammissibilità rinviata a migliore occasione, cit., 1932. In tal senso si colloca pure R. CARANTA, Danni da lesioni di interessi legittimi: la Corte Costituzionale prende ancora tempo, cit., 3489, secondo cui determina disparità di trattamento negare il risarcimento nel caso di diritto in attesa di espansione ed ammetterlo nel caso di diritto affievolito «e ciò attraverso la finzione che un diritto soggettivo sia leso da un provvedimento che lo ha affievolito, e di poi è stato annullato; secondo le ricostruzioni correnti, infatti, entrambi i casi appartengono al genere degli interessi legittimi, e dunque ben potrebbero meritare lo stesso trattamento». In merito cfr. anche C. SALVI, Aspettativa edificatoria e risarcimento del danno, in Foro it., 1983, V, 221; E. FOLLIERI, Lo stato dell'arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi, cit., 265 ss.; E. CASETTA, Responsabilità della pubblica amministrazione, voce del Digesto pubbl., Torino, 1997, XIII, 218; così anche Trib. Isernia 28 giugno 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Responsabilità civile, n. 168.

[13] Cfr. Corte Costituzionale 25 marzo 1980, n. 35, in Foro it., 1980, 1, 1989; in Giust. Civ., 1980, 1, 1993, con nota di M.R. MORELLI, Responsabilità civile di pubbliche amministrazioni per risarcimento del danno patrimoniale da lesione di interesse legittimo dei privati: rilancio di una problematica, ed in Giur. costit., 1980, I, 262, con nota di M.A. SANDULLI.

[14] L'ordinanza indicata nel testo è riportata in Foro it., 1998, 1, 3485 ss., con nota di R. CARANTA ed anche in Danno e resp., 1998, 547, con nota di G. GIOIA, Il risarcimento da interesse legittimo entro le «mobili frontiere» della giurisdizione esclusiva per settori determinati. Cfr., inoltre, CARBONE, Risarcimento di interessi legittimi: la Corte costituzionale «si astiene», il legislatore apre nuovi orizzonti, in Corriere giur., 1998, 652; GATTAMELATA, Interesse da tutelare: problema di giurisdizione o di merito?, in Dir. proc. amm., 1996, 48; BENINI, L'irrisarcibilità della lesione di interessi legittimi tra giurisdizione e merito, in Danno e resp., 1997, 276; CARANTA, Il Giudice per il risarcimento delle lesioni ad interessi legittimi, in Resp. civ., 1998, 399; A. ROMANO, nota a Cons. St., Ad. Gen., 12 marzo 1998, n. 30/98, in Foro it., 1998 111, 350; M. LIPARI, La nuova giurisdizione amministrativa in materia edilizia, urbanistica e dei pubblici servizi, in Urbanistica e appalti, 1998, 592; DE FRANCISCO, Il Giudice amministrativo... dispone... il risarcimento del danno ingiusto, ivi, 605; RESTA, In margine alla risarcibilità degli interessi legittimi, in Cons. Stato, 1998, II, 297.

[15] In tal senso espressamente A. ANGELETTI, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Costituzionale: un'ammissibilità rinviata a migliore occasione, cit. 1935. Tale A. sottolinea come sarebbe stato certamente preferibile che la Corte Costituzionale avesse assunto una posizione precisa in quanto la soluzione della vexata quaestio «si pone per una pluralità di motivi: innanzi tutto il problema principale non è quello relativo ai così detti diritti condizionati, ma quello relativo alla risarcibilità tout court degli interessi legittimi vuoi per il processo di costruzione in atto del così detto diritto europeo della responsabilità, vuoi in considerazione del fatto che il sistema interno della responsabilità dell'Amministrazione è pervenuto ormai ad una crisi senza ritorno anche per fattori interni. Si consideri ancora che è caduto, nella prassi effettuale, il principio per cui l'art. 2043 C.C. non concerne soltanto la tutela risarcitoria dei diritti: come emerge dalla giurisprudenza relativa alla perdita di chances ed alle aspettative».

[16] Così testualmente A. ANGELETTI, Il risarcimento, cit., 1935. Tale A., inoltre, afferma che «tuttavia, tale equivalenza, alla stregua della stessa elaborazione della Corte di Cassazione, è sicuramente infondata, poiché soltanto una funzione semantica può oscurare il fatto che l'atto, in quanto annullabile, era stato emanato in presenza di un potere riconosciuto dall'ordinamento alla P.A.: l'annullamento ha come fine di ripristinare l'ordinamento violato a tutela del preteso del soggetto alla correttezza dell'azione amministrativa mentre la lesione della situazione soggettiva si ha al momento dell'emanazione del provvedimento lesivo. Come si è già osservato, la tesi della Cassazione conduce alla conseguenza che di fronte alla P.A., nell'ipotesi in cui si verifica l'affievolimento o si afferma che il diritto è fievole ab origine, non esiste la situazione "diritto soggettivo"».

Prima della sentenza n. 500 del 22 luglio 1999 - su cui v. infra nel testo - le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (3 febbraio 1998, n. 1096, Pres. Amirante, Est. Vittoria, in Gazzetta giuridica Giuffrè Italia Oggi, 1998, n. 10, 45 ss.) hanno affermato che non poteva determinare danno ingiusto risarcibile ex art. 2043 c.c. il provvedimento amministrativo viziato e lesivo di un interesse legittimo. In particolare, si è esclusa la possibilità di risarcire la lesione d'interesse legittimo di cui all'art. 13 della l.n. 142 del 1992, con efficacia retroattiva «perché solo con la direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 89/655/CEE è stato per la prima volta preveduto che gli Stati membri avrebbero dovuto tra l'altro provvedere ad accordare un risarcimento del danno alle persone lese dalla violazione del diritto comunitario o delle norme nazionali di recepimento (art. 1 e 21 lett. e della direttiva)». La succitata pronuncia, pertanto, conclude richiamandosi all'orientamento (Cass. 25 marzo 1988, n. 2579; Cass. 3 luglio 1989, n. 3183; Cass. 5 maggio 1993, n. 2667; Cass. 22 agosto 1993, n. 8181; Cass. 20 aprile 1994, n. 3732; Cass. 26 aprile 1994, n. 3963; Cass. 23 novembre 1995, n. 12106; Cass. 2 aprile 1996, n. 3030; Cass. 17 giugno 1996, n. 5520) secondo cui qualora il soggetto sia titolare di una situazione giuridica soggettiva qualificabile in termini di interesse legittimo il pregiudizio che egli verrebbe a risentire per il fatto che il provvedimento illegittimo della p.a. ne abbia impedito o ritardato la realizzazione, non si verrebbe ad atteggiare come «danno ingiusto» e non può, quindi, dirsi sussistente alcun diritto al risarcimento ex art. 2043 c.c. Per le implicazioni in merito della citata sentenza n. 500/1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione v. infra nel testo.

Secondo Cass. Sez. Un., 2 dicembre 1998, n. 12201, in linea di principio, spetta al Giudice ordinario la competenza giurisdizionale a conoscere di una domanda di risarcimento del danno, in quanto facendo valere l'interessato un diritto soggettivo, rientra nell'ambito della sfera di competenza di quel Giudice verificare da un lato non solo se tale diritto esista in concreto, ma anche se la situazione giuridica soggettiva (dalla cui lesione si sostiene sarebbe derivato un danno) sia tale da far sorgere, a carico dell'autore del comportamento illegittimo, una obbligazione risarcitoria. Ne deriva che la questione della natura della situazione soggettiva concretamente lesa, e della sua idoneità a determinare un danno risarcibile, deve essere considerata sotto l'aspetto della giurisdizione solo quando conosca di quella situazione soggettiva un Giudice speciale dotato di giurisdizione esclusiva, mentre la questione della natura della situazione giuridica soggettiva lesa (sollevata per dedurne che l'ordinamento non attribuisce diritto al risarcimento del pregiudizio risentito dalla parte) è vicenda che riguarda il merito e non la giurisdizione, e ciò sia nel caso di controversie tra privati sia di controversie che vedano contrapposta, al privato, la pubblica amministrazione, e si discuta dell'esercizio, da parte di questa, di poteri autoritativi. Anche su questo punto si rinvia a quanto detto nel testo per le implicazioni della citata sentenza n. 500/1999 della S.C.

[17] 17 Cfr. A. ROMANO, Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti soggettivi, in Riv. dir. amm., 1998, 1.

[18] E. CASETTA, Le trasformazioni del processo amministrativo, Relazione introdutiva al Convegno su «Le trasformazioni del processo amministrativo in Europa. Fattori nazionali e comunitari», Torino, 27 novembre 1998, in questa Rivista.

[19] In tal senso espressamente E. CASETTA, Le trasformazioni del processo amministrativo, cit., 4.

[20] Così F. PATRONI GRIFFI, Non cambia il diritto sostanziale, in Italia Oggi, 1998. Tale orientamento ad avviso di G. VIRGA, Le riforme a metà, cit., 287, non sembra essere supportato dal testo del decreto legislativo che deve essere interpretato alla luce del fondamentale canone secondo cui ubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus: dal tenore del decreto legislativo non può - ad avviso dell'Autore in esame - evincersi la volontà legislativa di restringere la portata del primo comma dell'art. 35 il quale in modo generico ed indistinto parla del risarcimento del danno ingiusto nelle materie rientranti nella giurisdizione esclusiva (che ovviamente abbraccia sia ipotesi di diritto soggettivo che di interesse legittimo). Né può dirsi che accedendo a tale interpretazione ci si ponga in contrasto con i limiti della delega conferita, in quanto ‑ ad avviso dell'Autore in oggetto ‑ dalla stessa legge delega non scaturisce in modo chiaro alcun divieto di accordare tutela risarcitoria alla lesione derivante da interesse legittimo.

[21] In questi termini testualmente R. MARRAMA, Risarcimento tra danno ingiusto e situazione giuridica soggettiva, Relazione al convegno sulla risarcibilità degli interessi legittimi, Napoli, 30 novembre 1998, 10. Lo stesso Autore (op, cit., 3 ss.) evidenzia che il comma 4 dell'art. 35 cit. amplia «il disposto dell'art. 11, lett. g, 1. 15 marzo 1997, n. 59, denunciando in tal modo profili di incostituzionalità sotto l'aspetto dell'eccesso di delega, pur escluso dall'adunanza generale del Consiglio di Stato nell'esprimere parere sullo schema di decreto legislativo. Peraltro, anche - e direi prioritariamente - l'art. 11, lett. g, l. n. 59/1997 presenta intuitivi aspetti di incostituzionalità, se interpretato come introduttivo di una sperequazione nell'ambito della giurisdizione esclusiva che risulta inequivocabilmente contraria al principio di ragionevolezza, non riuscendo ad individuare alcun motivo idoneo a giustificare una soluzione differenziata, nell'ambito delle materie rientranti nella giurisdizione anzidetta, sotto il profilo risarcitorio e non soltanto in questo. Questi ultimi rilievi sembrano, invero, idonei a far ritenere preferibile l'interpretazione ampia della delega».

[22] In tal senso R. MARRAMA, Risarcimento tra danno ingiusto e situazione giuridica soggettiva, cit., 10.

[23] Così R. MARRAMA, Op. cit., 12.

[24] R. MARRAMA, Op. cit., 17, secondo cui, inoltre, il trasferimento della giurisdizione in tema di risarcimento dal Giudice ordinario a quello amministrativo e l'attribuzione a quest'ultimo dei maggiori poteri istruttori di cui all'art. 35, comma 3, rende più concreta l'ipotesi di un accertamento del comportamento che la p.a. avrebbe dovuto tenere e, quindi, dell'eventuale vantaggio che essa avrebbe dovuto e deve ancora assicurare al titolare dell'interesse. Conseguentemente è da ammettere l'eventualità «della condanna al risarcimento per equivalente nel caso di sopravvenuta impossibilità di soddisfazione o del risarcimento del ritardo nell'ipotesi in cui la soddisfazione possa intervenire ancora attraverso la reintegrazione in forma specifica da parte della p.a. Ciò a prescindere dalle modalità del risarcimento che potrà essere disposto direttamente con sentenza di condanna ovvero seguendo la procedura (meramente ottativa e, comunque, correlata all'atteggiarsi della fattispecie sotto il profilo che qui interessa) della c.d. sentenza sui criteri di cui al comma 2 dell'art. 35»: così R. MARRAMA, Op. cit., 18.

[25] In questi termini espressamente R. MARRAMA, Op. cit., 22.

[26] Così testualmente R. MARRAMA, Op. cit., 28, secondo cui, inoltre, in aderenza alle conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza civile, deve considerarsi la chance come un'utilità economicamente acquisita al patrimonio del soggetto titolare della corrispondente situazione giuridica soggettiva. Del resto, il fatto che «si stia trattando della risarcibilità della perdita di chance in sede di giudizio amministrativo rende in qualche misura ancora più praticabile tale soluzione, dal momento che il Giudice amministrativo è più attrezzato a sindacare l'esercizio del potere discrezionale e, quindi, a operare in sede risarcitoria quantificazioni più verosimili: anche valutando il grado di probabilità della realizzazione del danno correlato alla perdita della chance a seguito di una previsione più attendibile di come si sarebbe potuto esercitare (legittimamente) il suddetto potere»: R. MARRAMA, Op. cit., 28‑29.

[27] Afferma testualmente DELFINO, La risarcibilità degli interessi legittimi, cit., 14 ss., che «è problematico oggi ‑ non esistendo sostanzialmente conflitto fra le figure del diritto soggettivo e dell'interesse legittimo ‑ rinvenire importanti differenze fra le due situazioni giuridiche. t sotto gli occhi di tutti che in molte fattispecie, diritto ed interesse si sorreggono: l'annullamento di un atto amministrativo che rende l'occupazione come effettuata sine titulo, consente al beneficiario dell'esito di annullamento di esercitare l'azione di risarcimento danni... addirittura l'interesse legittimo appare attributario di una capacità di tutela superiore rispetto al diritto soggettivo... E lo stesso Giudice delle leggi, infatti, a delineare per l'interesse legittimo una capacità di tutela preminente rispetto a quella propria del diritto soggettivo, attraverso l'attribuzione al Giudice amministrativo del potere di misurare la discrezionalità amministrativa, onde procedere alla valutazione dell'opportunità di giungere all'annullamento degli atti illegittimi e in fase cautelare anche di disporre la sospensione della loro efficacia». Afferma A. ROMANO nella nota a commento del parere del 12 marzo 1998 Cons. St., Ad. Gen., cit., 354, che tale «parere ritiene ancora non maturo il problema della risarcibilità della lesione degli interessi legittimi. O, meglio, non vede che sia (ancora?) praticabile una sua soluzione in termini generali e totalizzanti. Perché ritiene che solo dall'analisi delle singole concrete situazioni per la cui lesione si invoca il risarcimento, possa concludersi se questo sia dovuto, oppure no».

[28] In tal senso espressamente G. VIRGA, Le riforme a metà (Prime osservazioni sugli artt. 33-35 del D.L. vo 31 marzo 1998 n. 80 ed in particolare sulla possibilità per il Giudice amministrativo di condannare la P.A. al risarcimento del danno ingiusto nelle nuove materie rientranti nella sua competenza esclusiva), in Giust. amm. sic., 1998, n. 1, 286 ss. Tale Autore ritiene non particolarmente rilevanti i risultati della riforma in quanto in gran parte già rientravano nell'ambito della giurisdizione ‑ sia pure di legittimità ‑ del Giudice amministrativo non solo le controversie in materia di pubblici servizi, ma anche quelle in materia urbanistica. Anzi, alcune di tali ipotesi (ad esempio, la materia delle concessioni edilizie) già erano ricomprese nell'ambito della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. Pertanto, anche per lo scarso coordinamento con la pregressa normativa, si ritiene sia assolutamente improcastinabile un riordino della giurisdizione esclusiva.

[29] In tal senso cfr. G. VIRGA, Le riforme a metà, cit., 289 ss., secondo cui, inoltre, limitare la risarcibilità prevista dall'art. 35 cit. alle sole ipotesi di diritto soggettivo, renderebbe ancor più problematica di prima la complessa operazione di differenziazione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi all'interno della giurisdizione esclusiva: del resto, l'esperienza passata dovrebbe aver insegnato - ad avviso dell'Autore - che talune materie vengono ricondotte nell'ambito della giurisdizione esclusiva proprio per l'estrema difficoltà di districare il diritto soggettivo dall'interesse legittimo. Argomentare diversamente significherebbe - come evidenziato da F. Benvenuti - porsi in contrasto con l'avvenuta abrogazione delle disposizioni che hanno devoluto al Giudice ordinario le controversie in ordine al risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti amministrativi nella materia de qua. Infatti, utilizzandosi l'espressione di «annullamento» e non quella di «dichiarazione di nullità» di atti amministrativi, si lascerebbe agevolmente intendere che le controversie in tema di risarcimento del danno (ed anche quelle relativa alla reintegrazione in forma specifica per il richiamo alle materie di cui al primo comma) sono di competenza del Giudice amministrativo.

[30] Così espressamente DELFINO, La risarcibilità degli interessi legittimi, cit., 16, il quale ancora più incisivamente afferma che «l'esigenza primaria della giustizia amministrativa è... consentire all'apparato giurisdizionale di dare una risposta satisfattiva alle domande di giustizia. Per il raggiungimento dello scopo, non è sufficiente soltanto una previsione estesa della giurisdizione amministrativa esclusiva come noi la conosciamo, ma occorre invocare per il Giudice amministrativo ‑ e in questa direzione il d.lg. n. 80, cit., si è ben collocato ed espresso ‑ l'attribuzione di poteri di accertamento e di condanna al risarcimento del danno in caso di inadempimento, del tutto simili a quelli propri del Giudice ordinario, atteso che non sta scritto da nessuna parte che tale pienezza decisoria debba essere peculiare soltanto di questo o di quel Giudice».

[31] In ordine alla limitazione del risarcimento da lesione di interesse legittimo unicamente in casi particolari, v. in senso critico VERBARI, I principi del diritto processuale amministrativo, cit., 124 ss., a cui si rinvia anche per i problemi che poneva l'art. 13 della l. n. 142/1992 relativamente sia alla mancata indicazione dei criteri per determinare il risarcimento dei danni sia alla necessità di ricorrere a due distinti Giudici, quello amministrativo prima e quello ordinario poi, per vedersi riconosciuto il risarcimento dei danni: in merito, comunque, cfr. le modifiche introdotte dal d. lg. n. 80 del 31 marzo 1998. Inoltre, sulla problematica in esame cfr. TASSONE, Ancora sul risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, in Giur. it., 1992, I, 1, c. 303 ss.; CARANTA, La responsabilità oggettiva dei pubblici poteri per violazioni del diritto comunitario, in Giur. it., 1992, I, 1, c. 1169 ss., in particolare par. 6; ID., Responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, 1013; DOMENICHELLI, La giurisdizione ordinaria: il Giudice ordinario e la pubblica amministrazione, cit., 1823.

[32] In tal senso testualmente DELFINO, La risarcibilità degli interessi legittimi, cit., 16.

[33] Ed è proprio a tale concezione di soggezione degli amministrati che si rifà il sistema impugnatorio tipico del processo di annullamento, assolutamente inadeguato per tutelare gli interessi partecipativi e pretensivi. Del resto afferma DELFINO, La risarcibilità degli interessi legittimi, cit. 14, che «il tono dell'autorità si è sempre più sfumato a causa della tecnicizzazione, della frammentazione in più centri e della pluralizzazione della amministrazione che talvolta, addirittura, assume la veste di impresa avvicinandosi così inconfutabilmente al cittadino, sicché la individuazione di una responsabilità della pubblica amministrazione anche al di fuori dell'angusta e perciò costretta sfera della responsabilità contrattuale, non solo non crea più allarme sociale, ma addirittura è ormai entrata nel comune sentire come patrimonio acquisito».

[34] Si afferma espressamente da parte di ABBAMONTE e LASCHENA, Giustizia amministrativa, Padova, 1997, 101-102: «ma c'è di più perché, a proposito della responsabilità dei padroni e dei committenti ‑ che è l'ipotesi più vicina alla responsabilità che può derivare dall'esercizio delle funzioni pubbliche ‑ ne è sancita la responsabilità per il fatto illecito dei dipendenti nell'esercizio delle incombenze cui sono addetti (art. 2049). Vero è che l'art. 28 Cost. sancisce la responsabilità dei funzionari, estensibile agli enti pubblici, per gli atti compiuti in violazione dei diritti, senza menzionare espressamente gli interessi legittimi; ma tale responsabilità è sancita con espresso rinvio alle leggi civili, penali ed amministrative, che formano il sistema nel quale può essere agevolmente ricostruibile il principio dell'intangibilità dei patrimoni, bastando pensare alla ricca articolazione dei reati intesi a difendere il singolo dagli abusi dei funzionari e dagli attacchi al patrimonio, oltre che agli artt. 2043 ss. cc.».

[35] Cass. Sez. Un., 20 aprile 1994, n. 3732, in Dir. proc. amm., 1996, 503 con nota critica di DELFINO. Va comunque evidenziato che i d.l. 26 luglio 1994 n. 468, 27 settembre 1994 n. 551 e 25 novembre 1994 n. 649, non convertiti in legge anche se gli effetti dei quali sono stati fatti salvi dalla L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 2 comma 61, hanno sancito la responsabilità civile per illegittimo diniego a carico del soggetto competente al rilascio della concessione e del responsabile del procedimento, con conseguente responsabilità solidale con il comune ex art. 28 Cost. Come già chiarito in precedenza, col d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 si è estesa la giurisdizione del Giudice amministrativo alle controversie in ordine ai diritti patrimoniali consequenziali, comprese anche quelle relative al risarcimento del danno in materia edilizia ed urbanistica e di servizi pubblici.

[36] Cass. Sez. Un., 6 febbraio 1996 n. 1030, in Foro it., 1996, I, 847.

[37] In ordine al diritto del concessionario al risarcimento del danno per l'illegittimo annullamento della concessione edilizia, cfr. ANNUNZIATA, Il titolare di licenza (ora concessione) edilizia come portatore di diritti soggettivi verso il comune, ai fini del risarcimento del danno, in Riv. giur. ed, 1982, I, 1064; BONACCORSI-D'ANGELO, Illegittima rimozione di una concessione edilizia e diritto al risarcimento del danno, ivi, 1983, II, 24; NICOLINI, Annullamento di licenza edilizia e risarcimento del danno, in Giust. civ., 1983, I, 2461; DE ANGELIS, Revoca o annullamento della licenza edilizia e risarcimento del danno, in Riv. amm., 1986, 725.

[38] In tal caso, nonostante l'annullamento dell'atto amministrativo illegittimo, la giurisprudenza subordinava il risarcimento alla proposizione di una susseguente azione davanti al Giudice civile: si è opportunamente evidenziato (DELFINO, op. cit., 13) che «l'esperimento di tale duplice azione ha sempre suscitato non poche perplessità perché oltre che risultare estremamente oneroso, ha indiscutibilmente gravato in modo eccessivo sulle possibilità di tutela effettiva del cittadino e non ha mai trovato una giustificazione oggettivamente convincente».

[39] In tal senso anche VERBARI, I principi del diritto processuale amministrativo, cit., 124. In merito cfr. anche TASSONE, Ancora sul risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, cit., 303 ss.; CARANTA, La responsabilità oggettiva dei pubblici poteri per violazione del diritto comunitario, cit., 1169 ss.; ID., Responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi e diritto comunitario, cit., 1013.

[40] Si afferma inoltre: «Per converso il danno si è prodotto per effetto dell'illegittimità e non del tipo di disposizione adottata; sicché, tanto per usare espressioni care alla prassi giudiziaria, si sarebbe al di fuori della sfera del legittimo esercizio del potere che, se legittimamente esercitato, avrebbe determinato nel destinatario solo il dovere di adempiere l'ordine ricevuto con i relativi sacrifici; venendo meno, invece, la legittimità dell'ordine resta solo la diminuzione patrimoniale, che non ha alcuna causa di giustificazione e determina il danno ingiusto (art. 2043 c.c.). Ove si desiderasse una descrizione, in positivo ed in negativo, di questo fenomeno non ci sarebbe che rifarsi al modello dell'art. 51 cod. pen. che discrimina il fatto previsto dalla legge come reato, se compiuto nell'esercizio di una facoltà legittima o nell'adempimento di un dovere imposto dalla norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità»: così testualmente ABBAMONTE e LASCHENA, Giustizia amministrativa, cit., 103.

[41] In merito cfr. la citata relazione governativa reperibile in Guida al diritto, 1998, fasc.16, 78.

[42] In tal senso espressamente R. CARANTA, Danni da lesione di interessi legittimi: la Corte Costituzionale prende ancora tempo, cit., 3494.

[44] In tal senso espressamente A. ANGELETTI, Il risarcimento degli interessi legittimi, cit., 1936.

[45] Così R. CARANTA, Danni da lesione di interessi legittimi: la Corte costituzionale prende ancora tempo, cit., 3494. Si è inoltre affermato da parte di E.A. APICELLA, Il d. lg. n. 80 del 1998 (c.d. Bassanini Ter), in Giust. civ., 1998, 246, che, avendo l'art. 35 cit. modificato l'art. 7 1. n. 1034/1971 con l'eliminazione della competenza del Giudice ordinario in materia di diritti patrimoniali consequenziali, il riconoscimento della giurisdizione del Giudice amministrativo in materia di responsabilità si estenderebbe a tutta l'area della giurisdizione esclusiva. In merito cfr. anche M. LiPARI, La nuova giurisdizione amministrativa in materia edilizia, urbanistica e dei pubblici servizi, in Urbanistica e appalti, 1998, 596.

[46] In questi temini A. ANGELETTI, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Costituzionale: un'ammissibilità rinviata a migliore occasione, cit., 1936, secondo cui, essendo il principio dell'irrisarcibilità degli interessi legittimi applicazione del canone di cui all'art. 4, comma 2, 1. ab. cont. amm., questo verrebbe a porsi in contrasto con l'art. 2043 c.c., sicché tale norma dovrebbe prevalere rispetto al principio del divieto di annullamento dell'atto amministrativo in quanto lex specialis rispetto ad un principio di carattere generale. Inoltre, secondo l'A. in esame (op. cit., 1936), non esiste «una regola generale desumibile dall'art. 2043 c.c, dal momento che, come si è visto, la regola non è più applicabile nelle controversie tra privati. Il principio da cui la Cassazione desume la risarcibilità degli interessi legittimi era, dunque, come si è già osservato, quello derivante dal divieto di annullamento degli atti amministrativi ma, dal momento che tale principio è stato intaccato, non sul piano dell'annullamento ma sul piano dell'ammissibilità del risarcimento degli interessi legittimi, appare evidente che il principio di per sé non è più valido a negare la tutela risarcitoria per questi ultimi».

[47] In questi termini espressamente DELFINO, La risarcibilità degli interessi legittimi, cit., 17.

[48] Così G. VIRGA, Il Giudice dormiente e la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di interessi legittimi, cit. Tale Autore ritiene di distinguere, oltre che tra interessi legittimi oppositivi e pretensivi ‑ come fa la Suprema Corte nella sentenza in esame ‑tra interessi legittimi formali e sostanziali: ciò che caratterizza i primi «non è tanto la loro strumentalità od il fatto che sorgono in relazione ad un procedimento, quanto la loro connessione con le modalità di formazione dell'atto amministrativo e più in generale, inpiegando un termine alla moda, di "esternazione" della volontà dell'amministrazione. Di contro, quel che sembra caratterizzare gli interessi legittimi sostanziali è l'essere diretti a conseguire il bene di vita o comunque la posizione di vantaggio riconosciuta e garantita con l'ordinamento. Tale posizione di vantaggio viene infatti riconosciuta in funzione del conseguimento o comunque del perseguimento dell'utilitas concreta e finale che deriva al titolare dell'interesse legittimo... Mentre alla stregua dei principi affermati dalla Suprema Corte, sono senz'altro da ritenere risarcibili gli interessi legittimi sostanziali, la risarcibilità degli interessi legittimi formali è da riconoscere solo nel caso in cui l'inosservanza delle regole procedimentali ed in genere formali previste abbia finito in ultima analisi per impedire o comunque ritardare il conseguimento del bene di vita al quale il titolare dell'interesse legittimo leso aspirava»: op. cit., 6 ss.

Secondo M. PROTTO, E' crollato il muro della irrisarcibilità delle lesioni di interessi legittimi: una svolta epocale?, in questa Rivista, è «azzardato se non scorretto parlare di un revirement nel senso della risarcibilità degli interessi legittimi allorché la situazione soggettiva è ritenuta insuscettibile di autonoma rilevanza aquiliana, quando invece una vera svolta nel senso auspicato avrebbe richiesto una rimeditazione della struttura della situazione soggettiva dell'interesse legittimo». Inoltre M.R. SAN GIORGIO, «Gutta cavat lapidem». A proposito del riconoscimento della risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo, in Gazzetta giuridica Giuffré Italia Oggi, 1999, n. 39, 6, evidenzia «le difficoltà insite nell'approccio a una tematica, quale quella del controllo sull'esercizio del potere pubblico, che, ove non correttamente affrontata, rischia di condurre a una indiscriminata tutela delle vere o presunte ragioni del privato, con conseguente paralisi dell'attività dei pubblici funzionari, ed eccessiva interferenza nelle valutazioni discrezionali della pubblica amministrazione, quali effetti patologici dell'ampliamento dell'area di responsabilità della stessa, in contrasto con lo stesso interesse generale il cui perseguimento, al pari dell'individuazione dei relativi mezzi, non può che restare appannaggio degli organi amministrativi».


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