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Articoli e note

 

ROBERTO ECCETTUATO

Sulla risarcibilità del danno derivante da lesione di interessi legittimi

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In assenza di altri riferimenti, le sentenze e i commenti di seguito citati sono consultabili nella presente rivista.

Vorrei preliminarmente evidenziare un dato che emerge dalla giurisprudenza e dalla dottrina che si occupano della risarcibilità del danno deravante dalla lesione di un interesse legittimo: mi riferisco alla generalizzata tendenza a trascurare il problema della (possibile ed invero frequente) coesistenza, in capo al soggetto destinatario di un provvedimento amministrativo, di un diritto soggettivo e di un interesse legittimo tra loro correlati a fronte dello stesso potere amministrativo [1]: come cercherò di dimostrare nel prosieguo, si tratta di un fenomeno che riveste invece una rilevanza fondamentale e, a mio giudizio, decisiva.

Credo che quello della risarcibilità della lesione di interessi legittimi sia un falso problema o, se si preferisce, un problema mal posto. Ciò in relazione sia agli interessi legittimi oppositivi (o statici o di difesa), per i quali era ammessa la tutela risarcitoria già prima di Cass., s.u., 22 luglio 1999 n. 500, sia a quelli pretensivi (o dinamici o di pretesa [2], rispetto ai quali la citata sentenza presenta gran parte del suo contenuto innovativo.

Alla luce degli artt. 24, 103 e 113 Cost. è assolutamente pacifica la natura sostanziale dell’interesse legittimo [3]; non si può del pari dubitare che l’interesse legittimo abbia la stessa dignità del diritto soggettivo e che quindi sia uno strumento di tutela degli interessi sostanziali giuridicamente rilevanti altrettanto satisfattivo [4]. Ma, a mio sommesso avviso, è altresì certo che tutto ciò non comporta necessariamente la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo, vale a dire, la responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi [5].

In linea con una parte della dottrina, ritengo che la struttura stessa dell’interesse legittimo (id est, la sua tutela procedimentale) e il tipo di tutela giurisdizionale ad esso riconosciuta dall’ordinamento ne precludano inesorabilmente la tutela risarcitoria.

In ordine al primo profilo, sulla scorta della tanto celebre quanto generalmente accettata definizione di M. Nigro [6], si afferma comunemente che l’interesse legittimo consiste di poteri di partecipazione e collaborazione (all’esercizio del potere amministrativo nel corso del procedimento amministrativo) nonchè di poteri di reazione (in via amministrativa o giurisdizionale, al provvedimento finale che il titolare dell’interesse legittimo reputa illegittimamente lesivo della sua sfera giuridica): consiste, cioè, (solo) di poteri strumentali o indiretti, e non (anche) di poteri finali o dispositivi in ordine all’utilità sostanziale o bene della vita che dell’interesse legittimo (sostanziale) costituisce il substrato materiale, atteso che il conseguimento di detta utilità (il soddisfacimento della pretesa o interesse sostanziale)   è interamente rimesso alla p.a., di norma libera di decidere l’an e il quomodo dell’esercizio del potere che le compete [7]; perciò si suole affermare che a fronte dell’interesse legittimo vi è una situazione attiva, la potestà della p.a. [8]. Di conseguenza, il titolare di un interesse legittimo pretensivo che dia vita e partecipi a un procedimento ammininistrativo per ottenere una concessione edilizia, non ha la garanzia che gli venga assentita, così come il titolare di un interesse legittimo oppositivo il quale partecipi al procedimento di esproprio avente ad oggetto un immobile di sua proprietà, non ha la garanzia di non subire poi l’ablazione del proprio diritto dominicale; e in entrambi i casi la mancata soddisfazione dell’interesse legittimo potrebbe essere perfettamente legittima, ossia potrebbe non integrare una lesione in senso giuridico.

Quanto al secondo aspetto, la tutela processuale dell’interesse legittimo (salvi i casi di giurisdizione estesa al merito) si risolve nel mero annullamento del provvedimento illegittimamente lesivo e non garantisce il soddisfacimento dell’interesse sostanziale sottostante all’interesse legittimo: infatti la p.a. potrebbe de plano adottare un nuovo diniego di concessione edilizia e un altro decreto di esproprio, emendati dai vizi (non necessariamente solo formali) accertati dal giudice amministrativo, comunque ancora lesivi (ma solo in linea di fatto) dell’interesse legittimo del privato.

Benchè alquanto diffuse, le precedenti considerazioni non inducono i più a rispondere negativamente al seguente quesito: è dogmaticamente corretto ritenere risarcibile, in linea generale, la lesione di una situazione soggettiva (giuridicamente protetta, ma) di cui l’ordinamento non assicura mai (o quasi [9]) la tutela per così dire finale, vale a dire la realizzazione dell’interesse sostanziale che ne costituisce il substrato? A chi invece, come lo scrivente, dà una risposta negativa, si potrebbe obiettare che la tutela risarcitoria degli interessi legittimi è ammessa non solo dalla prevalente dottrina e ormai dalla Suprema Corte, ma, in alcune materie, anche de iure condito: peraltro, come proverò a dimostrare alla fine di queste brevi riflessioni, si tratta di un’obiezione non insuperabile.

Ritengo che ai fini di una corretta impostazione e soluzione del problema della c.d. risarcibilità della lesione di interessi legittimi non si possa prescindere dai certamente noti, ma forse non sufficientemente approfonditi, «fenomeni interessanti e complicati di “coesistenza” e di “successione” di diritti soggettivi e di interessi legittimi» [10].

L’interesse legittimo, pretensivo od oppositivo, spesso coesiste con un diritto soggettivo in capo allo stesso soggetto a fronte dello stesso potere amministrativo [11]. Talora l’interesse legittimo, oppositivo o pretensivo, è correlato solo ad uno status o ad un’aspettativa o ancora, genericamente, alla capacità giuridica di un soggetto [12].

Penso si possa affermare che il titolare di un diritto soggettivo c.d. sospensivamente condizionato (o,  con altra terminologia, fievole ab origine o in attesa di espansione [13]) sia sempre titolare anche di un interesse legittimo pretensivo, cioè di un interesse sostanziale all’adozione del provvedimento amministrativo ampliativo [14], con la conseguenza che l’illegittimo diniego del provvedimento ampliativo lede sia l’interesse legittimo pretensivo sia il diritto soggettivo sospensivamente condizionato (e cioè gli interessi materiali sottesi ad entrambe le situazioni giuridiche soggettive) [15]. Come negare che l’illegittimo diniego di una concessione edilizia violi non soltanto l’interesse legittimo pretensivo ma anche lo ius aedificandi e quindi il diritto di proprietà cui questo inerisce [16]? Come disconoscere che l’imprenditore al quale venga illegittimamente rifiutata una licenza commerciale subisca non solo la lesione dell’interesse legittimo pretensivo ma anche un tangibile vulnus al diritto di impresa o iniziativa economica privata [17]?

Parimenti, il titolare di un diritto soggettivo risolutivamente condizionato, vale a dire “degradabile” dalla p.a. [18], è sempre titolare anche di un interesse legittimo oppositivo, di un interesse sostanziale, cioè, a che non venga adottato nei suoi confronti un provvedimento amministrativo restrittivo; di conseguenza, l’illegittimo provvedimento restrittivo (ablatorio o di ritiro o sanzionatorio) incide sia sull’interesse legittimo oppositivo sia sul diritto soggettivo risolutivamente condizionato (e cioè sugli interessi sostanziali costituenti il substrato delle due situazioni soggettive). Come negare, ad es., che un illegittimo decreto di esproprio lede non solo l’interesse legittimo oppositivo ma anche il diritto  di proprietà cui quello è correlato a fronte del potere espropriativo della p.a.?

Se le osservazioni precedenti (non prive di autorevoli ispiratori [19]) sono esatte, possono costituire la premessa per ammettere una tutela aquiliana nei confronti della p.a. più estesa (rispetto alla giurisprudenza anteriore a Cass., s.u., 500/1999, cioè in relazione agli interessi legittimi pretensivi) anche prescindendo dal riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi.

Suppongo che sia già risultato da quanto detto finora, ma mi preme precisare che, a mio giudizio, l’irrisarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo discende dalla struttura di questa posizione soggettiva e dalle forme di tutela procedimentale e processuale che l’ordinamento prevede per essa; non può invece essere fondata sulla mancanza del requisito dell’ingiustizia del danno, ossia sul presupposto, invero indimostrato, che il danno ingiusto (rectius, la condotta che lo cagiona), rilevante ai sensi dell’art. 2043 c.c., debba essere non solo non iure ma anche contra ius (cioè lesivo di un diritto soggettivo), come finalmente ha ammesso la Suprema Corte.

Sviluppando le considerazioni precedenti, si può dire che ogni qual volta in capo al soggetto parte di un procedimento amministrativo coesistono un diritto soggettivo e un interesse legittimo (pretensivo od oppositivo), fra loro correlati e contrapposti al potere che in quel procedimento si esplica, il provvedimento che illegittimamente incide sull’interesse legittimo determina anche la lesione del diritto soggettivo, cioè causa due danni; di essi risulta però risarcibile soltanto quello derivante dalla lesione del diritto soggettivo, l’unica delle due situazioni di vantaggio cui l’ordinamento garantisce la piena tutela, id est la realizzazione dell’interesse sostanziale sottostante [20].

Mi sembra che una conferma dell’assunto per cui solamente la lesione del diritto soggettivo è in effetti risarcibile si possa inferire dalla giurisprudenza anteriore a Cass., s.u., 500/1999, che accordava la tutela risarcitoria ai soli interessi legittimi oppositivi ([21]). In caso di lesione di un interesse legittimo oppositivo e di contestuale “degradazione” (rectius, estinzione totale o parziale) del diritto soggettivo ad esso correlato, la giurisprudenza ordinaria, sia di merito che di legittimità, era fermissima nel subordinare la tutela risarcitoria al preventivo annullamento del provvedimento sfavorevole da parte del giudice amministrativo ([22]) (salvo che il privato contestasse alla p.a. di aver emesso un atto in carenza di potere – in astratto o in concreto – o comunque inesistente/nullo in quanto privo di un elemento essenziale). Ciò sul presupposto dell’efficacia imperativa (e quindi “degradatoria”, salvi i casi di nullità/inesistenza) del provvedimento amministrativo e dell’effetto rispristinatorio dell’annullamento dell’atto sfavorevole, con conseguente “rinascita” o “riespansione” del diritto soggettivo e accesso alla tutela aquiliana per il danno medio tempore patito dal privato. Se è certamente vero che la pregiudiziale amministrativa veniva affermata anche a causa dell’equazione danno ingiusto = lesione di un diritto soggettivo (come non ha potuto evitare di riconoscere Cass., s.u., 500/1999), mi sembra altresì di tutta evidenza che, in realtà, ciò che il giudice ordinario risarciva, era (soltanto) il danno derivante dalla lesione del diritto soggettivo correlato all’interesse legittimo oppositivo, e non (anche) il danno (pure sussistente) originato dalla lesione dell’interesse legittimo oppositivo.

L’adesione alla tesi qui sostenuta è incompatibile con l’esistenza del diritto al risarcimento del danno ingiusto, derivante dall’art. 2043 c.c., autonomo e distinto dall’interesse giuridicamente rilevante leso dalla p.a., affermata da Cass., s.u., 500/1999 [punto 10 a) della motivazione] [23].

Si tratta ora di vedere come si possa superare la già accennata, prevedibile, obiezione secondo la quale la responsabilità aquiliana della p.a. per lesione di interessi legittimi è positivamente sancita, anche se non in linea generale ma solo in determinate materie, sia da disposizioni comunitarie che   da disposizioni nazionali, di trasposizione delle stesse e non.

In ordine alle disposizioni nazionali si può rilevare che, invero, né l’art. 13 della l. 19 febbraio 1992 n. 142 [24] (e quindi nemmeno le disposizioni che vi hanno fatto rinvio), né l’art. 35 comma 1 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 [25], hanno (almeno non a chiare lettere) affermato la risarcibilità della lesione di interessi legittimi. La tesi contraria non può trovare conforto nella littera legis, dal momento che entrambe le norme parlano semplicemente di “risarcimento del danno (ingiusto)”, e quindi, a ben vedere, nulla tolgono e nulla aggiungono a quanto previsto dall’art. 2043 c.c. [26]. Neppure la ratio legis può costituire un valido supporto per l’interpretazione che qui si respinge: è anzi difficile sfuggire alla sensazione che il legislatore non avesse alcuna intenzione di risolvere il problema della risarcibilità degli interessi legittimi; quale significato dare alla riproposizione della formula dell’art. 2043 c.c. se non quello di “scaricare la patata bollente” alla giurisprudenza e alla dottrina? Se il legislatore voleva veramente mutare il diritto vivente consacrato da una giurisprudenza forse non più “pietrificata” [27] ma comunque ancora consolidata, perché mai ha utilizzato le stesse parole della norma su cui tale giurisprudenza si è sempre fondata, anziché dichiarare esxpressis verbis che la lesione di un interesse legittimo è fonte di danno risarcibile? Meno ancora si può fare ricorso al criterio sistematico, per sostenere l’opzione esegetica qui censurata, giacchè si tratta di disposizioni settoriali.

Il diffuso, contrario, convincimento poggia sull’esatta affermazione che in materia di appalti pubblici, servizi pubblici, urbanistica ed edilizia, il privato di fronte alla p.a. è titolare di interessi legittimi: ma da una premessa esatta non discende necessariamente una conclusione esatta, soprattutto qualora la premessa non rappresenti tutta la realtà. Infatti, nelle ricordate materie, il privato è altresì titolare di diritti soggettivi, e anche nei confronti delle pubbliche autorità che amministrano appalti, che svolgono Leistungsverwaltung, che pianificano e controllano la gestione del territorio: sono il diritto d’impresa, il diritto alla salute, il diritto alla libertà di movimento, il diritto di proprietà, ecc., tutti di sicuro rilievo costituzionale (artt. 41, 32, 16 e 42 Cost.). Atteso che le disposizioni citate non indicano l’oggetto della tutela risarcitoria che accordano agli amministrati (non diversamente dall’art. 2043 c.c.), quale ostacolo impedisce di ritenere che tale oggetto sia costituito proprio dai richiamati diritti soggettivi?

Quanto alle disposizioni comunitarie, si afferma comunemente che l’ordinamento comunitario, cui è ignota la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi, “spinge” nel senso della risarcibilità degli interessi legittimi, ad esempio con le note direttive in materia di appalti pubblici. Ma, proprio perché in ambito comunitario non sono conosciuti gli interessi legittimi, sembra possibile ritenere che in effetti il diritto comunitario e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (che di quello, oltre che custode, è fonte) impongono agli Stati membri di estendere la tutela (non soltanto) risarcitoria verso i pubblici poteri; e allora il primato del diritto comunitario sul nostro ordinamento, lungi dall’implicare necessariamente la risarcibilità degli interessi legittimi (sostanziali), si potrebbe  garantire affermando la responsabilità aquiliana della p.a. per tutti i danni ingiusti che essa cagiona agli amministrati incidendo illegittimamente su posizioni di diritto soggettivo correlate a situazioni di interesse legittimo, pretensivo ed oppositivo: l’incremento di tutela risarcitoria che ne deriverebbe sarebbe rilevante (ed eviterebbe al nostro Stato ulteriori condanne in sede comunitaria), se si pensa a un sistema che prima di Cass., s.u., 500/1999, salvo poche materie, ammetteva la risarcibilità dei soli danni derivanti dalla illegittima lesione di interessi legittimi oppositivi, rectius, del diritti soggettivi ad essi collegati a fronte dei poteri autoritativi della p.a.

 

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[1] Non mancano naturalmente alcune eccezioni al suddetto trend: p.es., in giurisprudenza, v. Trib. Isernia, ord. 28 giugno 1996, e C. cost., ord. 8 maggio 1998 n. 165; in dottrina, cfr. A. ANGELETTI, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Costituzionale: un’ammissibilità rinviata a miglior occasione, nota alla cit. ordinanza del giudice delle leggi.

[2] Com’è noto, la distinzione più utilizzata in dottrina e in giurisprudenza, cioè quella tra interessi legittimi oppositivi e pretensivi, si deve a M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, II ediz., 1979, 131-132 (113 nella IV ediz. postuma del 1994 a cura di A. Nigro ed E. Cardi, cui si riferiscono tutte le successive citazioni); ad essa corrispondono quella tra interessi legittimi dinamici e statici, proposta da G. GRECO, L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, Milano, 1980, 1 s., e quella tra interessi legittimi di pretesa e di difesa, adottata da F. BRIGNOLA, Profili istituzionali di diritto pubblico, Napoli, 1983, 410 s. Peraltro, come è stato osservato da G. VIRGA, Il giudice dormiente e la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di interessi legittimi, ai fini della responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi appare assai più rilevante la distinzione tra interessi legittimi sostanziali (o diretti) e interessi legittimi formali (o strumentali o indiretti), che risulta essere “trasversale” a quelle testè richiamate (in tal senso, v. S. GIACCHETTI, L’interesse legittimo alle soglie del 2000, § 4 e 5).  

[3] Rectius, degli interessi legittimi (oppositivi o pretensivi) sostanziali, di quegli interessi legittimi, cioè, che sottendono un interesse materiale tutelato dall’ordinamento. Non appare predicabile la natura sostanziale per gli interessi legittimi (anch’essi oppositivi o pretensivi) formali, a cui sono riconducibili i c.d. interessi illegittimi (in tal senso sembra lecito interpretare TAR Sicilia - Catania, sez. III, ord. 15 gennaio 1999 n. 70, e C.G.A., 14 agosto 1995 n. 269, in Cons. Stato, 1995, I, 1145, richiamata da G. VIRGA, Il giudice dormiente, cit., nota 23); e pare potersi escludere la natura sostanziale anche degli interessi legittimi partecipativi. Circa gli interessi legittimi c.d. procedimentali, merita di essere condiviso il prevalente indirizzo dottrinale che nega loro autonomia e li riconduce agli altri tipi di interesse legittimo, argomentando trattarsi di pretese (o di poteri) intrinseci ad essi: cfr., ex multis, M. NIGRO, Giustizia, cit., 114; S. GIACCHETTI, L’interesse legittimo, cit., § 4.5; F. G. SCOCA, Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Milano, 1990, 34; V. CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1994, 175 (nota 11) e 178; ne consegue che la natura (formale o sostanziale) di questi interessi sarebbe variabile.

[4] O financo più satisfattivo, come ha ritenuto C.cost., ord. 21 luglio 1988 n. 867, con nota di G. VIRGA, Interessi legittimi e diritti soggettivi: una distinzione ancora utile per conseguire una maggiore tutela, in considerazione del penetrante controllo sulla discrezionalità amministrativa esercitato dal giudice amministrativo (tramite il sindacato sulle varie figure sintomatiche di eccesso di potere) e della vieppiù crescente tutela cautelare che lo stesso giudice concede agli interessi legittimi (v. la recente T.A.R. Abruzzo, sez. Pescara, ord. 23 settembre 1999 n. 342).

[5] La natura extracontrattuale di siffatta responsabilità è stata revocata in dubbio, fra gli altri, da M. PROTTO, È crollato il muro della irrisarcibilità delle lesioni di interessi legittimi: una svolta epocale?, che ne ipotizza una natura «latu sensu contrattuale, discendente da violazioni poste in essere dalla p.A. nell’ambito di rapporti senza obbligo primario di prestazione»: così, S. VENEZIANO, Il sistema della Giustizia Amministrativa dopo il D.Leg.vo n. 80/98 e la sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 500/99, in www.diritto.it al richiamo della nota 7.

[6] Cfr. M. NIGRO, Giustizia, cit., 96: «la posizione di vantaggio fatta ad un soggetto dell’ordinamento in ordine ad una utilità oggetto di potere amministrativo e consistente nell’attribuzione al medesimo soggetto di poteri atti ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione della pretesa all’utilità» (nell’ultima edizione  dell’opera curata dall’Autore – la III, del 1983 – si parlava di “bene” anziché di “utilità”); tale definizione è stata oggetto di interessanti e persuasive osservazioni da parte di S. GIACCHETTI, L’interesse legittimo, cit., § 2 e 3.

[7] Cfr. F. G. SCOCA, Contributo, cit., 36-37; R. ALESSI, L’illecito e la responsabilità civile degli enti pubblici, Milano, 1972, 74 (e passim), rileva che «l’interesse legittimo garantisce solo l’utilità strumentale della legittimità del provvedimento amministrativo»; E. CAPACCIOLI, Interessi legittimi e risarcimento del danno, in Diritto e processo. Scritti vari di diritto pubblico, Padova, 1978, 100 s., afferma che «la garanzia di risultato vantaggioso in concreto esorbita dalla sfera dell’interesse legittimo».

[8] Anche se si tratta di un potere - dovere, ossia di un potere ex lege funzionalizzato al perseguimento di uno specifico interesse pubblico; ma si tratta di un dovere (verso l’ordinamento) e non di un obbligo (a tutela specifica dell’interesse individuale, predicabile nel caso del diritto soggettivo); in ragione di ciò, l’interesse legittimo viene anche definito come  situazione inattiva: cfr. F. G. SCOCA, Contributo, cit., 30; V. CERULLI IRELLI, Corso di diritto amministrativo, To, 1994, 360.

[9] Non mi sfugge la circostanza che si sostenga che, in alcuni casi, il legittimo esercizio del potere amministrativo porta necessariamente alla soddisfazione dell’interesse materiale sotteso all’interese legittimo (sostanziale), o, altrimenti detto,  che in certi casi l’interesse legittimo consente al suo titolare non solo di ottenere che l’azione amministrativa si svolga legittimamente, ma anche di conseguire l’utilità finale avuta di mira; in tali ipotesi l’accertata illegittimità del provvedimento sfavorevole darebbe senz’altro accesso alla tutela risarcitoria: cfr. M. NIGRO, Giustizia, cit., 94; G. GRECO, La responsabilità civile dell’amministrazione e dei suoi agenti, in AA.VV., Diritto amministrativo, Bologna, 1993, II, 1414. Tali asserzioni, benchè autorevoli, non sembrano condivisibili: salvo errore, nei casi richiamati il potere della p.a. può ben dirsi vincolato a tutela precipua od esclusiva del privato, sicchè in capo al medesimo è ravvisabile un diritto soggettivo, non un interesse legittimo pretensivo teso all’ottenimento del provvedimento ampliativo; quanto agli interessi legittimi oppositivi, riesce difficile immaginare che il legittimo esercizio di un potere amministrativo di tipo ablatorio possa mai importare la soddisfazione dell’interesse legittimo oppositivo del privato.

[10] Così M. NIGRO, Giustizia, cit., 131. Tali “fenomeni” esplicano effetti, tanto dirompenti quanto raramente evidenziati, anche su quello che è (sempre più solo nella Costituzione, stante l’inarrestabile espansione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) il generale criterio di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo: inespresso ma sicuro presupposto del criterio della causa petendi o del petitum sostanziale è che la p.a. abbia violato una sola situazione soggettiva del privato, sicchè la contitolarità di diritto soggettivo e di interesse legittimo, e quindi la possibile lesione di entrambi, “mette in crisi” il criterio stesso; M. NIGRO, Introduzione alla tavola rotonda sulla responsabilità per lesione di interessi legittimi (Roma, 24 aprile 1982), in Foro amm., 1982, 1672, e in Mario Nigro. Scritti giuridici, Milano, 1995, III, 1489, ha detto: «Si badi: l’argomento della coesistenza delle situazioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo è un pozzo, a voler guardare in fondo del quale vengono le vertigini. A premere troppo questo pedale, salta addirittura l’intero sistema di discriminazione delle giurisdizioni»; v. anche F.G. SCOCA, Riflessioni sui criteri di riparto delle giurisdizioni (ordinaria e amministrativa), in Dir. proc. amm, 1989, 596 (in nota): «se si parte dall’idea (che sembra diffusamente condivisa) che ogni volta che l’amministrazione esercita un potere autoritativo il privato è titolare di un interesse legittimo … Allorché la vicenda sostanziale consiste nella estinzione (o riduzione), per effetto di un provvedimento, di un diritto soggettivo, sussistono contemporaneamente i presupposti per affermare entrambe le giurisdizioni».

[11] Tanto si è acquisito nella critica del fenomeno di c.d. degradazione o affievolimento del diritto soggettivo inciso da un provvedimento restrittivo, inteso dalla giurisprudenza come trasformazione del diritto soggettivo in interesse legittimo; oltre a Scoca, cit. nella nota precedente, v. G. TRAVAGLINO, Il commento, nota a Cass., s.u., 12106 e 11173 del 1995, in Corr. giur., 1996, IX, 1052: «ogni diritto soggettivo, quando entri in rapporti con la P.A., è accompagnato a (e dunque non si trasforma in) un interesse legittimo, secondo modalità di innegabile coesistenza delle due situazioni» (corsivo dell’Autore), con l’esatta precisazione (1053, nota 14) che ciò non significa «che ad ogni situazione di interesse legittimo corrisponda una collegata posizione di diritto soggettivo, esistendo chiaramente vicende in cui l’unica forma di riconoscimento dell’ interesse materiale privato è proprio la prima». L’esistenza, accanto al diritto soggettivo inciso dalla p.a. nell’esercizio del potere discrezionale (c.d. diritto affievolito), di un interesse legittimo, inciso dall’illegittimo esercizio di quello stesso potere, era già stata affermata dalla dottrina più risalente: cfr. A. AMORTH, Figura giuridica e contenuto del diritto subiettivo affievolito, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, II, Padova, 1940, 213-214; P. GASPARRI, Lezioni di diritto amministrativo, I, Bologna, 1948, 187 s.; G. GUARINO, Potere giuridico e diritto soggettivo, in Rass. dir. pubb., 1949, 295 s.; v. inoltre R. ALESSI, L’illecito e la responsabilità civile degli enti pubblici, Milano, 1972, 75 s.

[12] Per gli interessi legittimi pretensivi v. A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, I, 135. In ordine a quelli oppositivi M. NIGRO, Giustizia, cit., 89-90 osserva: «non è vero che “a monte” dell’interesse legittimo vi sia sempre un diritto soggettivo: ciò è vero solo per una categoria di interessi legittimi – quelli collegati ad un’attività espropriativa di beni o diritti del privato, o in generale, gli interessi di tipo oppositivo», precisando peraltro che «non c’è dubbio che sussistano interessi oppositivi non accompagnati da diritti soggettivi» (113). Nelle stesso senso, v. anche V. CAIANIELLO, Manuale, cit., 180: «per gli interessi di tipo oppositivo che insorgono per effetto di una attività ablatoria, la posizione legittimante, sia nel procedimento amministrativo che nel processo giudiziale, si identifica con la titolarità del preesistente diritto soggettivo estinto o ridotto in conseguenza dell’esercizio del potere ablatorio. Per gli interessi di tipo oppositivo nei confronti di una attività amministrativa dal cui esercizio derivi un sacrificio alla sfera individuale di un soggetto come riflesso dell’attribuzione di determinate utilità ad altri soggetti (esempio: situazione di chi si assuma leso per effetto di una autorizzazione rilasciata ad altri soggetti), la posizione legittimante può innestarsi o nella titolarità di un diritto soggettivo o di uno status o genericamente nella capacità del soggetto; la titolarità di tali situazioni non è però sufficiente a radicare la sussistenza di un interesse legittimo, occorrendo altresì un elemento di collegamento con la fattispecie cui si riferisce l’attività amministrativa presa in considerazione».

[13] O di un diritto soggettivo risolutivamente condizionato ma con una facoltà “in attesa di espansione”: è il caso del diritto di proprietà e dello ius aedificandi (anche se la giurisprudenza – ritengo impropriamente – reputa lo ius aedificandi un interesse legittimo pretensivo fin da Cass., s.u., 20 febbraio 1965 n. 283, in Foro amm., 1965, I, 158 s., come ricorda M. PROTTO, È crollato il muro della irrisarcibilità, cit., nota 40, cui rinvio per altri riferimenti). Com’è noto, le fortunate formule “in attesa di espansione” e “fievole ab origine” si devono a A. M. SANDULLI, di cui v. il Manuale, cit., I, 116 s.

[14] Così, per esempio, al proprietario di un terreno edificabile il quale intenda esercitare lo ius aedificandi, fanno capo un interesse sostanziale avente ad oggetto il fondo, protetto come diritto soggettivo, e un interesse sostanziale ad ottenere la concessione edilizia, protetto come interesse legittimo pretensivo.

[15] Purché al rilascio del provvedimento favorevole non ostassero altri motivi, diversi da quelli indicati nel provvedimento di diniego (scilicet, legittimi): cfr. A. M. SANDULLI, Manuale, cit., II, 1177-1178; ID., Relazione alla tavola rotonda cit. in nota 10, in Foro amm., 1982, 1693; R. ALESSI, L’illecito, cit., 80; R. GALLI, Corso di diritto amministrativo, Torino, 1994, 82.

[16] Giacchè la concessione edilizia introdotta dalla l. 28 gennaio 1977 n. 10 (c.d. legge Bucalossi), nonostante il nomen iuris, è un provvedimento autorizzatorio in senso stretto, esattamente come la “vecchia” licenza edilizia prevista dalla   l. 1150/1942: C.cost. 30 gennaio 1980, n. 5, in Giur. cost., 1980, I, 40.

[17] Così V. CERULLI IRELLI, Corso, cit., 681.

[18] In quanto ex lege esposto al potere ablatorio della p.a., che può estinguerlo, ridurne il contenuto, impedirne o limitarne l’esercizio; o al suo potere di autotutela, che può tradursi nella revoca di un precedente provvedimento ampliativo; o ancora al suo potere sanzionatorio, che si può manifestare nella pronuncia di decadenza da una concessione (che non è atto di ritiro, bensì provvedimento sanzionatorio: v. A. M. SANDULLI, Manuale, cit., I, 718, e II, 789-790). Quanto precede non vale, va da sé, per quei diritti fondamentali che la giurisprudenza ritiene non “degradabili” dalla p.a., come il diritto alla salute e/o ad un ambiente salubre (v. Cass., s.u., 9 marzo 1979, n. 1463, in Giur. it., 1979, I, 1, 721; Cass., s.u., 6 ottobre 1979, n. 5172, in Giur. it., 1980, I, 1, 464 e 859).

[19] Ispirazione e conferme ho trovato in E. CAPACCIOLI, Interessi legittimi e risarcimento dei danni, cit., 100 s., E. CANNADA BARTOLI, Il diritto soggettivo come presupposto dell’interesse legittimo, in Riv. trim. dir. pubb., 1953, 348 s., e P. VIRGA, Diritto amministrativo, Milano, 1995, II - Atti e ricorsi, 184 s., ma anche in Nigro, Giannini, Scoca, Sandulli e Alessi.

[20] In questi termini, R. ALESSI, L’illecito, cit. 70 s.

[21] Com’è noto, la giurisprudenza ha sempre concesso la tutela risarcitoria a fronte di provvedimenti illegittimamente incidenti su posizioni di interesse legittimo oppositivo correlate a diritti soggettivi derivanti direttamente dalla legge o da contratto, laddove il riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi oppositivi correlati a diritti soggettivi costituiti o “espansi” da provvedimenti amministrativi ampliativi, qualora illegittimamente eliminati da successivi atti di ritiro, risale a due decenni fa (e precisamente a Cass., s.u., 5 ottobre 1979 n. 5145 e 5146, in Giur. it., 1980, I, 1, 1215 s., entrambe relative all’illegittimo annullamento, in sede di autotutela, di una licenza di commercio; altri riferimenti in M. PROTTO, È crollato il muro della irrisarcibilità, cit., note 34-38).

[22] La pregiudizialità amministrativa, ancora recentemente affermata da C.cost., ord. 165/1998, cit., è stata invece negata da Cass., s.u., 500/1999 (che anche sotto questo aspetto manifesta tutta la sua innovatività rispetto alla consolidata giurisprudenza anteriore), con tutti gli inconvenienti che ne derivano, subito segnalati dai primi commentatori: cfr. S. VENEZIANO, Il sistema della Giustizia Amministrativa, cit.; G. DUNI, Interessi legittimi, risarcimento del danno e doppia tutela. La Cassazione ha compiuto la rivoluzione, § 3, sub b); L. PASSANISI, Sul risarcimento del danno in caso di lesione di interesse legittimo dopo la sentenza n. 500/99 della Corte di Cassazione, in www.diritto.it ; B. MOREA, Riflessioni sulla nuova frontiera della risarcibilità defli interessi legittimi, § 2; F. CARINGELLA - R. GAROFALO, Riparto di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, sez. 1, § 2.1.

[23] Diritto che mi sembra un doppione del c.d. diritto all’integrità del patrimonio (v. Cass., 4 maggio 1982, n. 2765, in Giust. civ., 1982, I, 1745; Cass., s.u., 21 ottobre 1983, n. 6177, ivi, 1984, I, 99; Cass., 25 luglio 1986, n. 4755, in Nuova giur. civ. comm., 1987, I, 386, con nota di Libertini; Cass., s.u., 22 luglio 1993, n. 8181, in Foro it., 1994, I, 1855, con nota di Scoditti), che non era altro che una creazione pretoria per risarcire interessi legittimi senza sconfessare il principio della irrisarcibilità della loro lesione, come ha ammesso Cass., s.u., 500/1999 (punto 4 della motivazione), dando così ragione a quanti in dottrina l’avevano da tempo affermato a chiare lettere: cfr. C. SALVI, Responsabilità extracontrattuale (dir. vig.), in EdD, vol. XXXIX, 1988, 121, nota 120, che sostiene trattarsi di un «Escamotage cui talvolta ricorre la giurisprudenza ... per ammettere l’ingiustizia del danno, pur in assenza della lesione di un diritto soggettivo, e nel tentativo tuttavia di salvaguardare la tradizionale identificazione»; A. BARONE e R. PARDOLESI, Il fatto illecito del legislatore, nota a C.G.C.E., 19 novembre 1991, Francovich, in Foro it., 1992, IV, 150, che definiscono il «danno all’integrità del patrimonio, un “mostro” che dispiace a molti ma sembra destinato a prosperare»; M. CAFAGNO, La tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Milano, 1996, 75, 92; G. TRAVAGLINO, Il commento, cit., 1055. L’affermazione della Cassazione circa l’autonomo diritto al risarcimento del danno è stata criticata, per es., da F. CARINGELLA - R. GAROFALO, Riparto di giurisdizione, cit., sez. 1, § 2.1; ulteriori riferimenti in M. PROTTO, È crollato il muro della irrisarcbilità, cit., nota 25.

[24] L’art. 13 della l. 142/1992 è stato peraltro abrogato dall’art. 35 comma 5 del d.lgs. 80/1998 (ma non in toto, secondo parte della dottrina: cfr. F. CARINGELLA - R. GAROFALO, Riparto di giurisdizione, cit., sez. 1, § 1.3).

[25] Circa quest’ultima disposizione, giova ricordare quanto dichiarato dal Cons. F. Patroni Griffi all’indomani della sua entrata in vigore (riportato nella Sua nota Il giudice dormiente, cit., e in M. PROTTO, È crollato il muro della irrisarcibilità, cit., nota 65); senz’altro fondata è l’opportunità, sostenuta già dai primi commentatori e dalle prime pronunce giudiziali, di estenderne l’ambito applicativo, (ben) al di là della littera legis, a tutte le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, onde evitare censure di incostituzionalità tanto sicure (al punto che sono già state rimesse alla Corte costituzionale) quanto evidenti (tranne che per il nostro improvvido legislatore).

[26] Così B. MOREA, Riflessioni, cit., § 1, ult. cpv.; anche l’art. 20 comma 5 lett. h) della l. 15 marzo 1997 n. 59, che prevede un “indennizzo automatico e forfettario” nei casi di «mancato rispetto del termine del procedimento, di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione», può dirsi inconferente ai fini della risarcibilità della lesione di interessi legittimi.

[27] L’icastica definizione si deve, com’è noto, a M. Nigro, che nella cit. Introduzione disse che la giurisprudenza «sembra non tanto consolidata, quanto pietrificata» (in Foro amm., 1982, 1671; in Mario Nigro. Scritti giuridici, cit., III, 1487); in modo altrettanto efficace si sono espressi: F. Bile, il quale nella sua relazione alla tavola rotonda cit. in nota 10 parlò di una giurisprudenza «assolutamente monolitica nel senso della tesi negativa» (in Foro amm., 1982, 1683); e G. BACOSI, Attività c.d. “provvedimentale” della p.a., principio del neminem laedere e tutela risarcitoria, nota a Cass., s.u., 612/1996, in Foro amm., 1997, IV, 1054, che ha rilevato il «“granitico” orientamento della giurisprudenza nel senso della irrisarcibilità».


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