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MARIANO PROTTO
(Ricercatore di diritto amministrativo nell'Università
di Torino)
È crollato il muro della irrisarcibilità delle lesioni di interessi legittimi: una svolta epocale ? (*)
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La svolta parrebbe di quelle epocali: dopo decenni di serrate critiche da parte della dottrina, due sentenze "interlocutorie" della Corte Costituzionale [1] e un promettente obiter dictum [2] , le Sezioni Unite della Corte di Cassazione riconoscono la responsabilità dell'amministrazione per i danni cagionati con la lesione di interessi legittimi.
Il condivisibile entusiasmo per l'attesa e tanto auspicata svolta delle Sezioni Unite non deve peraltro trarre in inganno nell'analisi dei principi affermati nella sentenza in commento [3] . Consapevole delle conseguenze - autorevolmente segnalate [4] - derivanti dal crollo del "muro di sbarramento" alla risarcibilità degli interessi legittimi in assenza di solida "rete di contenimento" in grado di scongiurare il pericolo di una proliferazione incontrollata delle azioni di danni, il giudice del riparto si mette al riparo dai rischi connessi alla indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi, precisando a chiare lettere che «la lesione dell'interesse legittimo non esaurisce il giudizio sull'ingiustizia del danno di cui all'art. 2043 c.c. ponendosi come altresì necessaria una valutazione della meritevolezza dell'interesse materiale che sta alla base della situazione giuridica soggettiva dell'interesse legittimo».
Si tratta con tutta evidenza di una precisazione di rilevanza fondamentale, che rende finora azzardato se non scorretto parlare di un revirement nel senso della risarcibilità degli interessi legittimi, allorché la situazione soggettiva è ritenuta insuscettibile di autonoma rilevanza aquiliana, quando invece una vera svolta nel senso auspicato avrebbe richiesto una rimeditazione della struttura della situazione soggettiva dell'interesse legittimo.
Ciò premesso, ai fini della miglior comprensione della decisione in esame, pare opportuna una sintetica considerazione delle teorie che hanno ravvisato il principale ostacolo all'irrisarcibilità nella struttura della situazione soggettiva dell'interesse legittimo.
Ancora in una sentenza dei primi anni novanta le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ribadiscono l’improponibilità per difetto assoluto di giurisdizione, in relazione alla domanda dell’impresa Bordoni, diretta ad ottenere il risarcimento del danno subito per essere stata illegittimamente esclusa da una gara d’appalto, rilevando che «le norme volte alla disciplina di appalti di opere pubbliche - tipicamente di azione - scaturiscono dal diritto-dovere della pubblica amministrazione di assicurare il regolare e corretto svolgimento delle relative operazioni, a tutela dell’interesse pubblico che l’appalto sia concesso al soggetto più affidabile ed alle migliori condizioni possibili; mentre l'interesse dei privati, aspiranti o partecipanti alla gara, trova in quelle norme una protezione occasionale, o soltanto indiretta, che determina in loro una posizione di mero interesse legittimo» [5] . Non rileva che nell’escludere l’offerta di un imprenditore l’amministrazione non disponga di alcun margine di discrezionalità, poiché il fine di tutela dell’interesse pubblico delle norme esclude che al difetto di discrezionalità sia ricollegabile necessariamente una situazione soggettiva di diritto soggettivo [6] .
Rispetto al generale orientamento della giurisprudenza che esclude la responsabilità dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi sulla premessa della risarcibilità dei soli diritti soggettivi, la citata pronuncia ha l’indubbio pregio di motivare il diniego del risarcimento della situazione soggettiva del partecipante alla gara pubblica non soltanto rilevando la natura pubblica degli interessi, protetti dalla disciplina sugli appalti, violata dall’atto illegittimo [7] , ma precisando i caratteri della tutela che l’interesse del singolo riceve dalle norme di azione volte alla tutela dell’interesse pubblico. Molte sono le critiche che possono essere rivolte alla concezione accolta dalla Corte in merito alla situazione soggettiva di colui che partecipa ad una gara d’appalto come interesse occasionalmente e indirettamente protetto [8] , peraltro l’argomentazione seguita dimostra l’insufficienza, ad escludere la responsabilità dell’amministrazione per i danni cagionati al singolo, del solo richiamo al fine precipuo di tutela dell’interesse pubblico della norma violata. Come risulta chiaro anche all’esame di altri ordinamenti, nei quali il fine di tutela della norma è impiegato in funzione limitativa della responsabilità dell’amministrazione, il criterio si rivela spesso un artifizio verbale che giustifica una soluzione raggiunta altrimenti, spesso in seguito ad un giudizio di valore della norma o del principio violato.
Nell’ordinamento italiano la limitazione della responsabilità dell’amministrazione è invece il risultato della combinazione tra l’indagine sullo scopo di tutela della norma e la ricostruzione della situazione giuridica soggettiva correlata alla norma, nell’ambito della quale l’interesse effettivamente avvertito dal privato subisce un sensibile depotenziamento di fronte alla potestà amministrativa. Sotto questo profilo è pienamente condivisibile la tesi che, sulla scorta di una ricostruzione diacronica degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, ha messo in evidenza l’influenza esercitata sugli istituti della responsabilità dell’amministrazione dalle soluzioni accolte in materia di riparto delle giurisdizioni [9] , individuando in particolare l’emersione della regola dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi nel passaggio dal criterio fondato sulla distinzione tra attività vincolata e attività discrezionale a quello basato sulla distinzione tra norme d’azione e norme di relazione [10] , nel momento cioè in cui l’intero sistema di tutela del cittadino verso l’amministrazione si cristallizza nella rigida correlazione tra il tipo di situazione giuridica e il tipo di rimedio, inteso come provvedimento giurisdizionale favorevole conseguibile con l’esperimento dell’azione consentita [11] .
In questo momento si manifesta definitivamente la tendenza a sostanziare sul versante strutturale della situazione soggettiva dell’interesse legittimo i caratteri della tutela costitutiva. L’incertezza in ordine alla soddisfazione dell’interesse materiale soggetto al potere dell’amministrazione di disciplinare concretamente il quadro di interessi preso in considerazione dalla norma e l’idoneità della tutela offerta dal giudice amministrativo ad assicurare l’effettiva realizzazione di tale interesse, conduce inevitabilmente il discorso a chiudersi nel giudizio sull’illecito e sull’ingiustizia del danno, affermandosi che il sacrificio dell’interesse materiale per essere “ingiusto” e, quindi, risarcibile avrebbe dovuto ricevere soddisfazione, mentre se non è dato sapere se l’interesse materiale doveva ottenere soddisfazione, la lesione non è contra ius (rectius: non vi è lesione) e non ne può scaturire un’azione diretta a ristabilire l’equilibrio patrimoniale.
Quanto osservato trova conferma nella dottrina che ha escluso la responsabilità dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi muovendo dalla rilevazione dell’elemento ostativo alla risarcibilità nella struttura della situazione soggettiva di interesse legittimo. In questa prospettiva possono essere accomunate innanzitutto le teorie che ravvisano nell’interesse legittimo una situazione di rilevo meramente processuale [12] , ovvero che assegnano all’interesse legittimo un oggetto immediatamente generale e astratto (interesse alla legittimità degli atti dell’amministrazione) [13] , per le quali risulta inammissibile la tutela risarcitoria di una situazione soggettiva non suscettibile di subire alcun concreto pregiudizio patrimoniale [14] .
Peraltro anche i sostenitori delle più moderne teorie che, sulla scorta del dato costituzionale, riconoscono natura sostanziale all’interesse legittimo, ne hanno escluso la tutela risarcitoria individuando l’impedimento nell’elemento strutturale della situazione soggettiva che, per il modo in cui si atteggia nel rapporto con la potestà amministrativa, nonché per i rimedi apprestati dall’ordinamento per la sua tutela, non assicura al titolare la soddisfazione dell’utilità sostanziale che ne costituisce il substrato, soprattutto nel caso di interessi legittimi pretensivi o dinamici, per i quali l’annullamento dell’atto lesivo «non significa che il conferimento del vantaggio venga dietro ineluttabilmente» [15] . In altri termini, non può concepirsi la tutela risarcitoria di una situazione soggettiva, quando il mezzo di tutela in forma specifica dell’annullamento dell’atto lesivo non è in grado di garantire al titolare l’acquisizione dell’utilità finale, mentre l’amministrazione conserverebbe intatto il potere di provvedere diversamente e in modo altrettanto sfavorevole per il ricorrente. Con identico argomento la dottrina favorevole ad un ampliamento della responsabilità dell’amministrazione alla lesione di interessi legittimi condiziona il risarcimento del danno alla violazione di norme sostanziali escludendola invece nel caso di violazione di norme formali o strumentali. Quando non si esclude addirittura che la norma tuteli esclusivamente l’interesse pubblico e che l’interesse legittimo correlato a tali norme assuma la consistenza di situazione giuridica soggettiva, l’argomentazione seguita poggia sulla natura della norma che, quando dispone in ordine all’organizzazione, alla forma o al procedimento e non al contenuto dell’atto, non è suscettibile di assicurare che l’interesse materiale non dovesse essere sacrificato [16] . Anche in questa prospettiva il discorso sulla responsabilità dell’amministrazione si esaurisce sul piano dell’ingiustizia del danno, poiché si assume che le norme formali non recano una disciplina della regolamentazione dell’interesse pubblico e di quello privato e conseguentemente nulla dispongono circa l’assetto degli interessi e sul sacrificio o meno dell’interesse materiale.
Sebbene le teorie in discorso debbano essere in parte riviste alla luce delle recenti acquisizioni giurisprudenziali e dottrinali sull’interesse legittimo e sulle potenzialità del sistema giurisdizionale amministrativo nel suo complesso di assicurare l’effettiva realizzazione dell’interesse materiale del ricorrente leso dal provvedimento illegittimo [17] , esse colgono un tratto di verità nel porre in rilievo il rapporto tra l’irrisarcibilità dell’interesse legittimo e gli ostacoli ordinamentali che si frappongono alla realizzazione effettiva dell’interesse materiale che costituisce il substrato delle situazione soggettiva del privato nel rapporto con l’amministrazione. Si tratta di ostacoli che intervengono prima di tutto nella tutela costitutiva della situazione soggettiva e che trovano riscontro in una lettura coordinata della giurisprudenza che ancora esclude la risarcibilità degli interessi legittimi, in quanto correlati alla potestà amministrativa, e che possono essere lesi da provvedimenti illegittimi di diniego o da comportamenti omissivi dell’amministrazione. Così in giurisprudenza si esclude la risarcibilità del danno subito dal singolo quando l’amministrazione abbia omesso di provvedere sull’istanza di concessione edilizia, osservando che «resta in proposito irrilevante che il giudice amministrativo, annullando quel silenzio-rifiuto, abbia affermato l'obbligo del sindaco di provvedere, dato che siffatto obbligo non investe il contenuto del provvedimento, che resta adottabile in senso sia favorevole che sfavorevole all'istante» [18] . Nonostante infatti l’orientamento favorevole a che il giudice amministrativo, in sede di impugnazione del silenzio, si pronunci sulla fondatezza o infondatezza dell’istanza proposta dal cittadino, rispettivamente al fine di dichiarare l’obbligo dell’amministrazione all’emanazione di un provvedimento di un dato contenuto ovvero ritenere insussistente lo stesso obbligo di pronunciarsi su un’istanza palesemente infondata, la possibilità di una pronuncia positiva sulla pretesa sostanziale del ricorrente è subordinata alla natura vincolata del provvedimento da emanare e alla palese fondatezza dell’istanza, ricavabile ictu oculi dagli atti di causa, intesa come certa sussistenza di tutti i presupposti e i requisiti richiesti dalla normativa per il rilascio del provvedimento, mentre nel caso di attività discrezionale o valutativa dell’amministrazione o di contestazione in ordine ai fatti ovvero alla sussistenza di tutti i presupposti richiesti, i poteri decisori del giudice amministrativo sono limitati alla dichiarazione di illegittimità del silenzio [19] .
Ma come puntualmente osservato dalla dottrina il sistema nel suo complesso finisce per assicurare una iperprotezione agli interessi oppositivi, una volta che la giurisprudenza ne ha affermato la risarcibilità. La struttura impugnatoria del giudizio amministrativo, unita alla ritrosia del giudice ordinario ad estendere il proprio sindacato sull’attività amministrativa, comporta la responsabilità dell’amministrazione per qualsiasi illegittimità, indipendentemente dalla verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento illegittimo e il sacrificio dell’interesse materiale del privato [20] .
Passando ad analizzare nel suo complesso l'apparato motivazionale della decisione in commento, risultano numerose le premesse argomentantive poste dalla S.C. a base del revirement.
Si tratta di premesse di rilievo generale, legate ai mutamenti nella concezione dell'ingiustizia del danno e della fattispecie dell'art. 2043, e di carattere speciale, circoscritte alla connotazione dell'interesse legittimo e alle innovazioni normative nazionali e comunitarie corcernenti la responsabilità extracontrattuale della Pubblica Amministrazione.
Ben consapevole dell'incongruenza, più volte segnalata dalla dottrina, tra la regola dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi e l’ormai incontrovertibile orientamento della giurisprudenza e della dottrina volto ad estendere l’area dell’illecito aquiliano a fattispecie, in cui non si discute della responsabilità della pubblica amministrazione e in cui è certo che non si possa parlare di lesioni di diritti soggettivi, la S.C. richiama nelle premesse argomentative i principali passaggi del processo di ampliamento dell'area della responsabilità civile.
Secondo la Corte è ormai pacifico il superamento dell’approccio patrimonial-proprietario alla responsabilità civile, come definitivamente accreditata è la lettura dell’art. 2043 come fattispecie strutturalmente aperta, nella quale non pare più concepibile una stretta correlazione tra responsabilità e violazione di diritti soggettivi [21] . In questa prospettiva sono accomunate le decisioni nelle quali si è ritenuta risarcibile la lesione dell’aspettativa economica [22] , la perdita di chance [23] e la lesione di un interesse legittimo privato consistente nella progressione di carriera [24] , fino alla più recente e discutibile "invenzione" del diritto all'integrità del patrimonio, con cui si sono risarcite perdite patrimoniali a prescindere dalla consistenza della protezione somministrata dall'ordinamento ai singoli beni/interessi dell'individuo [25] .
Se oggi i tempi sono maturi per riconoscere che l'ampliamento dell'area della responsabilità civile nella direzione descritta depone senza dubbio a favore della risarcibilità degli interessi legittimi, giova rammentare che in una non remota decisione gli stessi giudici avevano escluso qualsiasi valenza argomentativa del fenomeno in relazione al problema in esame, ravvisando nelle nuove figure di danno la lesione di un diritto soggettivo a conferma della coerenza del sistema che nega rilevanza aquiliana degli interessi legittimi [26] .
A prescindere dal processo di ampliamento del novero delle situazioni soggettive considerate meritevoli di tutela risarcitoria, ulteriore conferma della «tipicità progressiva» cui è ispirato il sistema della responsabilità civile [27] , giova sottolineare il passaggio della motivazione in cui ribadisce un dato ormai pacifico: la natura di clausola generale primaria dell'ingiustizia del danno. Come si avrà modo di osservare attraverso tale ricostruzione della fattispecie dell'art. 2043 c.c., la Corte giungerà logicamente ad affermare la rilevanza aquiliana dell'interesse legittimo sulla base della pretermissione della qualificazione formale della situazione soggettiva. Meno prevedibile e sicuramente più innovativa rispetto alle attuali ricostruzioni dottrinarie sarà invece la conseguenza che i giudici trarranno dall'autonoma portata precettiva della norma codicistica nella soluzione dei problemi connessi all'individuazione del giudice del risarcimento.
Incoming tide che tracima gli argini, secondo la suggestiva immagine di Lord Denning, il diritto comunitario è intervenuto a mettere in crisi il sistema nazionale della responsabilità dei pubblici poteri. A prescindere dal dato culturale rappresentato dall'ordinamento comunitario, dato giuridico autonomo ma anche koinè dei diritti nazionali, uno specifico e settoriale dato positivo, come ricorda la S.C., ha innescato l'attuale processo di revisione della regola della irrisarcibilità degli interessi legittimi: la disciplina di tutela degli operatori economici nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti. (dir. 665/89 e 13/92). In attuazione della dir. 665/89, l'art. 13 della legge n. 1542 del 1992 ha previsto che «i soggetti che hanno subito una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture o delle relative norme interne di recepimento possono chiedere all'Amministrazione aggiudicatrice il risarcimento del danno». Il secondo comma precisa che «l’azione di risarcimento è proponibile dinanzi al giudice ordinario da parte di colui che ha ottenuto l'annullamento dell'atto lesivo con sentenza del giudice amministrativo».
La previsione risarcitoria della dir. 13/92 ha trovato analoga attuazione con l’art. 11 della l. 19 dicembre 1992 n. 489, il quale dichiara applicabile l’art. 13 della l. n. 142 del 1992 alle violazioni commesse dalle amministrazioni nel corso delle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti nei cd. settori esclusi [28] . La tutela risarcitoria è stata da ultimo estesa alla disciplina sulle procedure di aggiudicazione degli appalti di servizi, così come previsto dall’art. 41 della dir. 50/92 del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi [29] , con l’ennesimo richiamo all’art. 13 della l. n. 142 del 1992 effettuato dall’art. 30 del d. leg. 17 marzo 1995 n. 157 che provvede all’attuazione della direttiva citata [30] . A completamento del quadro normativo, viene infine in considerazione il rinvio all’art. 13 della l. n.142 del 1992 operato dal terzo comma dell’art. 31 dalla legge quadro in materia di lavori pubblici dell’11 febbraio 1994 n. 109 (legge Merloni), poi modificata dalla legge 2 giugno 1995 n. 216 (legge Merloni bis) [31] .
Secondo opinione largamente condivisa, le norme comunitarie introducono nell’ordinamento interno un’ipotesi di responsabilità per lesione di interessi legittimi [32] , assestando un ulteriore colpo al sistema fondato sul principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza, che l’azione risarcitoria del privato, nei confronti dell’amministrazione, postula atti o comportamenti di quest’ultima non soltanto illegittimi, ma anche illeciti, ovvero lesivi di posizioni di diritto soggettivo [33] . In particolare, l’impatto della previsione sull’ordinamento interno è accresciuto dal comune riconoscimento che per effetto di essa trovano oggi tutela risarcitoria situazioni soggettive di mero interesse legittimo o, secondo l’espressione comunemente impiegata, di interesse legittimo pretensivo, rispetto alle quali non è concepibile il fenomeno di riespansione di una situazione originaria di diritto soggettivo per effetto dell’annullamento dell’atto lesivo elaborato dalla giurisprudenza per estendere la tutela risarcitoria alla categoria degli interessi legittimi oppositivi i quali si contrappongono a provvedimenti ablatori o a provvedimenti di annullamento o caducazione di precedenti provvedimenti generatori di diritti soggettivi [34] . Se la giurisprudenza ammette per questa via la risarcibilità delle situazioni soggettive lese dall’amministrazione con provvedimenti illegittimi di espropriazione [35] , con provvedimenti illegittimi di annullamento o revoca di licenza edilizia [36] o di dichiarazione di decadenza dal regime concessorio [37] , con provvedimenti illegittimi di annullamento, revoca o di dichiarazione di decadenza di licenza di commercio o di sospensione di attività economica già autorizzata [38] o, infine, con provvedimenti illegittimi nell’esercizio della funzione di vigilanza e di controllo di attività economiche [39] , la normativa comunitaria sugli appalti estende la tutela risarcitoria a situazioni soggettive strutturalmente assimilabili a quelle di cui la giurisprudenza esclude ancora la risarcibilità e di cui possono titolari i singoli a fronte, ad esempio, di un provvedimento illegittimo di diniego di concessione edilizia [40] o di licenza di commercio [41] , di autorizzazione all’esportazione [42] , di rifiuto di un finanziamento [43] , di un provvedimento illegittimo di determinazione dei prezzi [44] o di annullamento degli atti di un concorso per pubblico impiego [45] .
L’innovazione introdotta nell’ordinamento dal legislatore con l’art. 13 della l. 142 del 1992 in attuazione delle direttive ricorsi ha convinto infine la stessa giurisprudenza, la quale ha recentemente ammesso che «[c]ome risulta evidente dal testo della norma [...] e dal suo collegamento con la direttiva comunitaria cui essa ha dato attuazione, la disposizione di cui al primo comma ha natura sostanziale, attribuendo ai soggetti ai quali l'ente pubblico ha cagionato un danno, nelle circostanze ed alle condizioni indicate, il diritto al risarcimento. Viene così riconosciuta per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano la risarcibilità - sia pur nei limiti precisati dalla norma- del danno derivante da atti della P.A. lesivi di interessi legittimi (quali sono di regola le posizioni soggettive di cui sono titolari i partecipanti ad una gara di appalto pubblico nel corso della relativa procedura, fino all'aggiudicazione dei lavori)» [46] .
L'orientamento subito formatosi in ordine alla vis restrictiva dell'art. 13, considerato l'eccezione che conferma la regola generale dell'irrisarcbilità degli interessi legittimi [47] , nella sentenza in commento è riconosciuto come un «indirizzo formatosi in riferimento al contingente assetto del diritto positivo, suscettivo quindi di riconsiderazione a fronte di successive modifiche dell'ordinamento».
Per tornare al problema della idoneità strutturale dell'interesse legittimo ad assumere autonoma rilevanza aquiliana, anche in relazione alla citata disciplina comunitaria si è tentato di ricondurre la responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici allo schema della responsabilità precontrattuale [48] . In questa prospettiva la previsione risarcitoria introdotta dal diritto comunitario imporrebbe certamente il superamento del criticato orientamento giurisprudenziale che esclude che durante il procedimento di scelta del contraente sussistano i presupposti strutturali richiesti dal diritto comune per il sorgere della responsabilità precontrattuale dell’amministrazione [49] . Fatta salva l’ipotesi della trattativa privata, nella quale si ritiene che l’amministrazione agisca fin dall’inizio in posizione del tutto paritetica al privato svincolata da qualsiasi schema procedimentale, ancora recentemente la giurisprudenza ha negato che nel corso del procedimento amministrativo di scelta possano configurarsi delle «trattative» secondo l’art. 1337 c.c., da cui possa farsi discendere un obbligo di buona fede dell’amministrazione, escludendo inoltre che nella fase procedimentale e fino all’aggiudicazione possa riconoscersi la qualità di «parti contraenti» agli interessati, i quali sono invece titolari unicamente di un interesse legittimo al corretto esercizio, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, del potere di scelta del imprenditore che, alle condizioni più convenienti, dia le garanzie migliori [50] . Sebbene il problema della responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nella fase ad evidenza pubblica si intrecci a doppio filo con quello della risarcibilità degli interessi legittimi [51] , con l’inquadramento della responsabilità dell’amministrazione per violazione del diritto comunitario nell’illecito precontrattuale si rifiuta sostanzialmente l’interpretazione della disposizione della direttiva ricorsi come ipotesi di responsabilità per lesioni di interessi legittimi. Con la riconduzione dell’illecito alla culpa in contrahendo si «doppia» la situazione soggettiva, ravvisando l’oggetto di tutela risarcitoria nell’interesse dell’imprenditore al comportamento dell’amministrazione aggiudicatrice secondo correttezza e buona fede, ossia individuando la fonte di protezione dell’interesse sostanziale nell’ordinamento giuridico generale, in norme o principi diversi dalle norme che disciplinano specificamente il potere amministrativo [52] . Inoltre, limitando il risarcimento al danno emergente costituito dalle spese effettuate per la partecipazione alla gara ed, eventualmente, delle occasioni perdute (interesse negativo), si esclude che oggetto della tutela risarcitoria possa essere direttamente l’interesse all’esecuzione dell’appalto (interesse positivo) che nell’ordinamento interno costituisce il «risultato incerto e non garantito» dell’interesse legittimo di cui è titolare colui che partecipa alla gara pubblica [53] . Del resto era stato autorevolmente suggerito di assimilare il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, quando questi si presentano come interessi che anelano all’ottenimento di un bene della vita, alla responsabilità precontrattuale, sostituendo così l’incertezza che nella struttura dell’interesse legittimo circonda l'utilità sostanziale del singolo a fronte della potestà amministrativa con l’interesse al comportamento corretto dell’amministrazione [54] . Peraltro l’inquadramento della responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici nello schema della responsabilità precontrattuale pone seri problemi di compatibilità con il diritto comunitario. A prescindere dall’estensione del risarcimento [55] , perché sorga la responsabilità precontrattuale è necessario un fondato affidamento dell’imprenditore al comportamento secondo buona fede da parte dell’amministrazione, il quale sussiste quando le trattative siano giunte ad un sufficiente stato di avanzamento [56] . Tale presupposto sostanziale della responsabilità precontrattuale implica che l’imprenditore abbia presentato la propria offerta e che tale offerta sia stata presa in considerazione dall’amministrazione, con la conseguenza di escludere la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice prima di tale momento [57] , in contrasto con il dato normativo comunitario che non prevede alcuna limitazione [58] . In altri termini non tutti i soggetti ammessi dalla disciplina comunitaria alla tutela in forma specifica dell’annullamento possono dimostrare la sussistenza di un loro concreto affidamento sulla conclusione del contratto [59] . Tornando recentemente sulle proprie affermazioni la stessa dottrina ha riconosciuto che se il risarcimento deve estendersi a comprendere il mancato profitto derivante dall’esecuzione dell’appalto, la responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici si configura indubitabilmente come responsabilità per lesione di interessi legittimi [60] .
Passando dal piano comunitario a quello nazionale, la S.C. delinea il processo evolutivo attualmente in atto dal punto di vista legislativo, dal quale emerge con tutta evidenza la tendenza ad estendere l'area della responsabilità extracontrattuale dell'amministrazione a situazioni soggettive che sicuramente assumono la consistenza di interessi legittimi.
In ordine cronologico, i giudici rammentano la complicata vicenda di decreti legge reiterati e più volte modificati recanti la previsione della la responsabilità (del soggetto competente all'adozione del provvedimento e del responsabile del procedimento) per i danni arrecati al singolo con l'illegittimo diniego di concessione edilizia [61] In tale fattispecie la dottrina aveva intravisto una specifica ipotesi di responsabilità per danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi [62] , ma nella “isterica e contraddittoria” reiterazione della disciplina decretale in materia [63] , la disposizione ha lasciato posto ad un meccanismo di silenzio devolutivo [64] . L’innovazione è rimasta quindi cristallizzata al periodo di vigenza dei decreti, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662.
L'altro importante intervento legislativo considerato dalla S.C. è la disciplina introdotta dal D. Lgs n. 80 del 1998, il quale nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi (art. 33) nonché quelle aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia (art. 34), all'art. 35, comma 1, stabilisce che il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli artt. 33 e 34, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del "danno ingiusto" (secondo modalità disciplinate dal comma 2).
La Corte è ben consapevole della duplice lettura cui si presta il richiamo alla clausola "danno ingiusto": a) nel senso che il legislatore abbia avuto presente il "danno ingiusto" come inteso dalla giurisprudenza "pietrificata" della S.C., e quindi come lesione dei soli diritti soggettivi; b) nel senso che la formula "danno ingiusto" sia stata consapevolmente impiegata nell'accezione più ampia, che pur vive nelle opinioni della generalità della dottrina e che il legislatore aveva già in precedenza mostrato di voler fare propria, con tentativi di scarsa efficacia.
Se entrambe le interpretazioni sono state sostenute in dottrina [65] , la S.C. non cade nella tentazione di agganciare il proprio revirement ad un intervento nella disciplina positiva, scegliendo la più tortuosa e difficile strada della rimeditazione della clausola dell'ingiustizia del danno e ravvisando nella nuova disciplina l'esigenza urgente della soluzione di un problema più generale.
Un'altra premessa argomentativa degna di rilievo è la decisa adesione alla concezione sostanziale dell'interesse legittimo. Sotto questo profilo la S.C. fa proprie le acquisizioni della più recente ed evoluta ricostruzione della situazione soggettiva ad opera della dottrina amministrativistica, per la quale l'interesse legittimo non va inteso come posizione meramente processuale, ma nella sua connotazione sostanziale di «posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo» [66] .
Precisato quindi che ciò che caratterizza l'interesse legittimo e lo distingue dal diritto soggettivo è soltanto il modo o la misura con cui l'interesse sostanziale ottiene protezione, i giudici si spingono a considerare il contenuto della situazione soggettiva, osservando che la tutela assicurata al singolo attraverso la tecnica dell'interesse legittimo si esplica «nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell'interesse al bene». È evidente il richiamo testuale alla nozione attualmente prevalente dell'interesse legittimo come «la posizione di vantaggio fatta ad un soggetto dell'ordinamento in ordine ad una utilità oggetto di potere amministrativo e consistente nell'attribuzione al medesimo soggetto di poteri atti ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione della pretesa all'utilità» [67] .
Come subito si vedrà, l'accoglimento della visione sostanziale-dinamica dell'interesse legittimo, il quale - come sottolinea la citata dottrina - esaurisce la sua spinta vitale nella partecipazione all'esercizio del potere e come tale non può attingere all'interesse materiale se per il tramite dell'esercizio di quest'ultimo, costituisce per la S.C. la premessa per l'affermazione della risarcibilità della lesione, ma nello stesso tempo rappresenta un limite al riconoscimento dell'automa rilevanza aquiliana della situazione soggettiva.
Raggiunta la fondamentale conclusione che «la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra infatti nella fattispecie della responsabilità aquiliana», la S.C. compie gli ulteriori passaggi della motivazione rimanendo nell'ambito delle due operazioni che tradizionalmente si richiedono all'interprete nel giudizio sull'ingiustizia del danno: il cd. bilanciamento degli interessi e l'analisi strutturale della situazione soggettiva lesa [68] .
La prima delle citate operazioni si fonda sull'ormai acquisita natura «bilaterale» del giudizio di ingiustizia del danno, in virtù della quale la considerazione dell'interesse leso dalla condotta dell'agente non può andare disgiunta dalla valutazione dell'interesse sottostante all'attività lesiva, il quale potrebbe all'esito della comparazione tra d essi risultare, rispetto al primo, maggiormente meritevole di essere protetto [69] . Altrettanto diffusa è l'opinione - condivisa dalla S.C. - che la valutazione comparativa non sia rimessa alla discrezionalità del giudice, ma sia il frutto dell'indicazione delle rationes legis sottese alle singole soluzioni normative, le quali rendono giuridicamente rilevanti determinati tipi i pregiudizio ovvero, al contrario, scriminano condotte di per sé fonte di pregiudizio all'interno della sfera giuridica altrui.
Con specifico riferimento all'illecito per lesione di interessi legittimi, la S.C. afferma che «nel caso di conflitto tra interesse individuale perseguito dal privato ed interesse ultraindividuale perseguito dalla P.A., la soluzione non è senz'altro determinata dalla diversa qualità dei contrapposti interessi, poiché la prevalenza dell'interesse ultraindividuale, con correlativo sacrificio di quello individuale, può verificarsi soltanto se l'azione amministrativa è conforme ai principi di legalità e di buona amministrazione, e non anche quando è contraria a tali principi».
Prescindendo per ora dalla rilevanza attribuita all'elemento soggettivo nel giudizio sull'ingiustizia del danno, l'affermazione si presta ad essere letta come il definitivo superamento di quelle teorie che nella dicotomia tra illegittimità e illiceità hanno individuato i confini della responsabilità della Pubblica amministrazione, escludendola per la prima forma di antigiuridicità, allorché sono violate norme che tutelano in via prioritaria l'interesse pubblico (norme di azione), e riconoscendola nella seconda forma di antigiuridicità, allorché sono violate norma il cui fine di tutela è l'interesse del singolo (norme di relazione). Nella sua assolutezza, l'affermazione porta a concludere che nel caso di attività provvedimentale l'antigiuridicità del comportamento si sostanzia nella violazione delle norme e dei principi che disciplinano l'attività medesima, senza necessità di ulteriori profili di antigiuridicità.
Tale conclusione pare peraltro contraddetta dal successivo passaggio della motivazione in cui la S.C. precisa che «potrà infatti pervenirsi al risarcimento soltanto se l'attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento. In altri termini, la lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima (e colpevole) della P.A., l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo».
Si tratta di una affermazione che presuppone un valutazione della struttura della situazione soggettiva e della sua inidoneità a conferire effettivamente al suo titolare l'utilità sostanziale: così da consentire l'attivazione del procedimento di traslazione della perdita, derivante dal venir meno di quell'utilità.
Pare evidente l'influenza esercitata dalla citata dottrina che in tale connotato strutturale ha ravvisato l'ostacolo alla risarcibilità dell'interesse legittimo, ma anche di quegli Autori che pur favorevoli alla risarcibilità dell'interesse legittimo osservano che ove si consideri che la struttura dell'interesse legittimo si risolve in poteri di intervento e di partecipazione al procedimento amministrativo ovvero nel potere di richiedere l'annullamento del provvedimento in ipotesi illegittimo, si impone la conclusione che «la categoria dell'interesse legittimo nulla è in grado di dire, né in senso positivo, né in senso negativo» in ordine la problema della delimitazione dell'area del danno risarcibile a fronte dei danni cagionati dall'amministrazione nell'esercizio della sua potestà [70] .
Il riconoscimento della natura sostanziale dell'interesse legittimo non è parsa sufficiente a considerare la situazione soggettiva degna di autonoma rilevanza aquiliana, e nonostante la concezione accolta in punto di premessa, la S.C. finisce per aderire alla posizione della recente dottrina amministrativistica che, pur accedendo alla concezione sostanziale dell'interesse legittimo, ha precisato che il risarcimento degli interessi legittimi è un falso problema, poiché «la tutela dell'interesse legittimo, inscindibilmente collegato alla soddisfazione dell'interesse pubblico in vista del quale è disciplinata l'azione amministrativa, si esaurisce con il giudizio amministrativo», ravvisando invece la fonte della responsabilità nella violazione di quell'interesse materiale del singolo che collocandosi su un piano differente da quello della pretesa alla legittimità dell'azione amministrativa risulta protetto da norme diverse da quelle che disciplinano l'attività amministrativa (id est norme di relazione) [71] .
Rinviando alla conclusioni qualche riflessione sulla possibilità di ttribuire autonoma rilevanza aquiliana all'interesse legittimo, si può fin d'ora osservare che se pare condivisibile il fine di costruire un muro di contenimento alle pretese risarcitorie dei singoli dei confronti dell'amministrazione, non del tutto assentibile è l'operazione teorica adottata per raggiungerlo.
A fronte della generosità con cui si riconosce ai singoli la titolarità di un interesse legittimo risulta necessario individuare un criterio selettivo dei danni risarcibili alla luce del quale valutare, per esempio, la fondatezza dell'azione risarcitoria proposta da un "imprenditore del settore" che si assuma leso dalla scelta del sistema di aggiudicazione di un pubblico appalto e al quale la recente giurisprudenza amministrativa riconosce la legittimazione ad agire in giudizio.
Altrettanto evidente è la diversa consistenza che può assumere la situazione del singolo dinanzi al potere amministrativo dall'esercizio quale dipende la soddisfazione del proprio interesse materiale, giacché diversa è la condizione di colui che chiede il rilascio di un provvedimento cui l'amministrazione è vincolata dalla condizione di colui che propone istanza di un provvedimento rimesso al potere discrezionale dell'amministrazione [72] .
Non pare invece convincente la scelta di affidare la funzione selettiva al giudizio di ingiustizia del danno attraverso una duplicazione del giudizio di meritevolezza dell'interesse al bene della vita, già considerabile tale alla luce della tutela offerta dall'interesse legittimo. In questa prospettiva si finisce per sottovalutare la dimensione sostanziale dell'interesse legittimo, pur accolta nelle premesse, per raggiungere un fine agevolmente raggiungibile, come si vedrà, spostando il criterio selettivo a valle nella verifica del rapporto di causalità.
Ciò premesso, la S.C. passa a considerare partitamente le conseguenze delle proprie statuizioni sulle due subcategorie dell'interesse legittimo ormai invalse nella prassi e nelle ricostruzioni dottrinarie: gli interessi oppositivi, intesi come interessi alla conservazione di un bene della vita e gli interessi pretensivi, intesi come interessi all’acquisizione di un bene della vita [73] .
Con riferimento alla lesione di interessi oppositivi, la Suprema Corte, dopo aver richiamato l'orientamento ormai costante che ne afferma la risarcibilità attraverso la finctio della riespansione dell'originario diritto soggettivo in seguito all'annullamento dell'atto illegittimo, sottolinea il carattere innovativo del riconoscimento della rilevanza aquiliana dell'interesse legittimo, osservando che la precedente soluzione risulta ampliata all'«ipotesi in cui siffatta forma di tutela piena non sia ravvisabile e tuttavia l'interesse risulti giuridicamente rilevante nei sensi suindicati».
Pare di capire che la soluzione elaborata dal precedente orientamento sia concepito come circoscritto alle azioni risarcitorie proposte dai destinatari dei provvedimenti illegittimi (sia i titolari di diritti oggettivi stinti da atti amministrativi e, quindi, soggetti direttamente interessati, sia i diretti destinatari dei provvedimenti che hanno eliminato o limitato i precedenti atti amministrativi, attributi di un vantaggio), mentre nella prospettiva derivante dal riconoscimento della rilevanza aquiliana dell'interesse legittimo trovano tutela quegli interessi oppositivi di coloro non compresi dall'atto sui quali finora la giurisprudenza non si è ancora pronunciata: ad esempio quello del soggetto che si oppone al rilascio della concessione edilizia al vicino, ai titolari di licenze di commercio che contrastano l'apertura di un supermercato, agli albergatori di una località turistica che si schierino contro la realizzazione nella zona di un inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti [74] .
Più rilevante è invece l'applicazione dei principi enunciati alla
categoria degli interessi pretensivi, per la cui risarcibilità dovrà invece
vagliarsi la consistenza della protezione che l'ordinamento riserva alle
istanze di ampliamento della sfera giuridica del pretendente. Secondo la Corte, siffatta valutazione «implica un giudizio prognostico, da condurre in riferimento alla
normativa di settore, sulla fondatezza o meno della istanza, onde stabilire se
il pretendente fosse titolare non già di una mera aspettativa, come tale non
tutelabile, bensì di una situazione suscettiva di determinare un oggettivo
affidamento circa la sua conclusione positiva, e cioè di una situazione che,
secondo la disciplina applicabile, era destinata, secondo un criterio di
normalità, ad un esito favorevole, e risultava quindi giuridicamente
protetta».
Secondo la S.C. non è sufficiente, almeno di pare di capire, ai fini del riconoscimento della tutela risarcitoria, che la situazione del titolare dell'interesse legittimo si configuri come la perdita di una chance, intesa come la perdita della possibilità di conseguire un risultato favorevole [75] . Si richiede infatti che la situazione del privato assuma la consistenza di affidamento circa il conseguimento dell'utilità sperata oggettivamente valutabile in ragione della disciplina applicabile e secondo il criterio dell'id quod plerunque accidit.
Sotto questo profilo, la Corte aderisce all'autorevole dottrina che, coerente nel ritenere la chance un mero interesse di fatto, come tale non meritevole di tutela risarcitoria e decisa sostenitrice della necessita della costruzione di una figura generale di responsabilità fondata sull'affidamento, ha recentemente proposto una ricostruzione in questi termini della responsabilità dell'amministrazione per lesione di interesse legittimi [76] .
La soluzione adottata pare del resto quella più conforme alla disciplina comunitaria sulla responsabilità delle autorità nazionali per violazione del diritto comunitario, poiché, come osservato in altra sede, il riferimento diretto alla realizzazione dell'interesse materiale, anche se mediata da un giudizio pronostico, risulta sicuramente più aderente ai principi di effettività del diritto comunitario e di effettività delle tutela giurisdizionale che, come noto, si esplicano attraverso la tutela del singolo, anziché attraverso la tecnica della chance, nella quale l'effettiva realizzazione dell'interesse rimane marginale [77] . Per la stessa ragione, l'accertamento cui è chiamato il giudice del risarcimento risulta più invasivo delle prerogative riconosciute in via esclusiva all'amministrazione, poiché richiede il completo riesame di ogni elemento della fattispecie ancorché attraverso un criterio astratto di normalità, rendendo ancor più impellente l'eliminazione dei limiti di ordine sostanziale e processuale al sindaco giurisdizionale sull'attività amministrativa [78] .
Superati gli ostacoli di ordine sostanziale alla risarcibilità degli interessi legittimi, il giudice del riparto affronta l'annosa questione del giudice competente a conoscere dell'azione risarcitoria, giungendo a soluzione altrettanto innovative.
Esclusa ratione temporis l'applicabilità ai giudizi pendenti dell'art. 35 del D. Lgs n. 80 del 1998, le Sezioni Unite affermano che in tutte le materie non attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, l'azione risarcitoria è proponibile dinanzi al giudice ordinario, quale giudice al quale spetta, in linea di principio (secondo il previgente ordinamento), la competenza giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto soggettivo, poiché tale natura esibisce il diritto al risarcimento del danno, che è diritto distinto dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto (che può avere, indifferentemente, natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo, nelle sue varie configurazioni correlate alle diverse forme della protezione, o di interesse comunque rilevante per l'ordinamento).
Al proposito torna utile riesaminare il precedente passaggio della motivazione in cui si afferma che «la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra infatti nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto». In altri termini, accolta la qualificazione dell'art. 2043 come norma «primaria», fonte autonoma dell'obbligo di risarcimento, secondo la S.C. tale obbligo è soltanto indirettamente collegato alla lesione della situazione soggettiva di vantaggio, cosicché l'azione risarcitoria non trova il suo fondamento diretto ed immediato nella tutela di tale situazione soggettiva, ma nella sussistenza dell'obbligo di risarcimento, e nel contrapposto diritto soggettivo al risarcimento.
Sebbene siffatta soluzione trovi sostegno da parte di autorevole dottrina [79] , essa richiede logicamente di tenere separata la tutela specifica (dell'interesse legittimo) dalla tutela risarcitoria (del danno ingiusto), svelando così la contraddizione in cui sembrano cadere i giudici, che sul piano sostanziale ravvisano, come si è visto, nella tutela in forma specifica dell'interesse legittimo gli ostacoli al riconoscimento di una autonoma rilevanza e tutela aquiliana per poi prescinderne ai fini dell'individuazione della giurisdizione. Non solo, se dal piano delle situazioni soggettive ci si sposta al piano dell'antigiuridicità, ci si avvede che a fronte di un atto o di un comportamento illegittimo è consentito alla vittima di rivolgersi al giudice amministrativo per la tutela di annullamento e al giudice ordinario per la tutela risarcitoria sulla base del mero petitum. Consapevole delle gravi conseguenze generate da una simile soluzione sul sistema di riparto rigidamente ancorato al criterio del petitum sostanziale, la dottrina che, prima della S.C., ha proposto di considerare risarcibile non l'interesse legittimo, ma l'interesse materiale in quanto meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, ha insistito nel precisare che tale ulteriore tutela è da rinvenirsi in norme di relazione, in relazione alle quali sono configurabili diritti soggettivi della cui lesione può conoscere il giudice ordinario [80] .
Altrettanto innovativa è l'esclusione della pregiudizialità del giudizio di annullamento. Secondo la S.C., tale pregiudizialità è stata in passato costantemente affermata per l'evidente ragione che solo in tal modo si perveniva all'emersione del diritto soggettivo, e quindi all'accesso alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., riservata ai soli diritti soggettivi, e non può quindi trovare conferma alla stregua del nuovo orientamento, che svincola la responsabilità aquiliana dal necessario riferimento alla lesione di un diritto soggettivo.
Tale conclusione, perfettamente coerente con le premesse, contribuisce indubbiamente ad allineare il nostro sistema agli altri sistemi di responsabilità della pubblica amministrazione, compreso quello comunitario [81] , e risolve i problemi connessi alla non perfetta coincidenza tra illiceità della condotta e illegittimità del comportamento (laddove sussista un comportamento illegittimo e manchi una provvedimento) [82] . Peraltro siffatta soluzione va valutata alla luce di tradizionali limiti posti alla cognizione del giudice ordinario in sede di disapplicazione dell'atto, giacché superato, come si è creduto, il nodo della giurisdizione attraverso la figura del diritto soggettivo al risarcimento, non può sfuggire che il sindacato cui è chiamato il giudice del diritto coincide qualitativamente con quello esercitato dal giudice amministrativo, configurandosi quantitativamente più ampio - come riconosce la stessa S.C. nel passaggio successivo della motivazione - sotto il profilo dell'indagine sulla colpa. Ciò risulta particolarmente rilevante nell'ipotesi di lesione di interessi legittimi pretensivi, in cui è richiesto al giudice di accertare, attraverso un approfondito esame della fattispecie, la fondatezza della pretesa del titolare dell'interesse legittimo ad ottenere il vantaggio [83] .
Infine rimane irrisolto, anzi risulta aggravato, il problema del proponibilità del giudizio risarcitorio in pendenza del giudizio di annullamento, la pregiudizialità del primo rispetto al secondo, sotto il profilo logico-giuridico, è stata recentemente riconosciuta dalla Corte Costituzionale per dichiarare irrilevante la questione sollevata dal Tribunale remittente [84] .
In ordine alla rilevanza dell'elemento soggettivo nella responsabilità dell'amministrazione per attività provvedimentale, la S.C. aderisce alla tesi più evoluta rispetto all'indirizzo giurisprudenziale minoritario, secondo cui «anche in ipotesi di lesione di un diritto soggettivo derivante da un atto amministrativo dichiarato illegittimo, per potersi affermare la responsabilità della Pubblica Amministrazione a norma dell'art. 2043 c.c. e, quindi, il diritto del danneggiato al risarcimento del danno non è sufficiente la volontaria emanazione dell'atto, ma è necessario che il danneggiato fornisca la prova che l'atto è stato posto in essere con dolo o con colpa» [85] e l'indirizzo assolutamente prevalente che considera la colpa, intesa come componente soggettiva del comportamento, insita nella emanazione volontaria del provvedimento lesivo [86] .
Riprendendo quasi testualmente quanto affermato in una sentenza dei primi anni novanta [87] la Corte osserva che nell’ipotesi di attività provvedimentale della pubblica amministrazione perché sussista la responsabilità civile della stessa è richiesta non solo la lesione di un interesse del privato attraverso un atto o un provvedimento amministrativo ed il nesso di causalità tra l’atto stesso e il danno subito dal privato, ma anche l’elemento soggettivo del dolo e della colpa previsto e richiesto come elemento indefettibile della clausola generale di responsabilità contenuta nell’art. 2043 c.c., ciononostante in tali casi il privato non dovrà provare anche la colpa dei singoli funzionari, potendo limitarsi a fornire la prova della colpa della pubblica amministrazione, la quale può consistere sia nella violazione delle regole di comune prudenza, dando luogo ad attività provvedimentale negligente o imprudente, sia nella violazione di leggi e regolamenti alla cui osservanza la stessa pubblica amministrazione è vincolata, dovendo osservare i principi di legalità, imparzialità e buon andamento prescritti dall'art. 97 Cost..
Nel ribadire il proprio orientamento i giudici di legittimità accolgono quindi l’argomento costituito dall'impossibilità di riferire all’amministrazione una nozione elaborata per l’imputabilità dell’illecito alle persone fisiche e dell’ammissibilità di una colpa oggettiva dell’ente autonoma da quella della persona fisica che agisce per esso [88] , contribuendo così ad adeguare anche sotto il profilo delle proposizioni teoretiche, oltreché delle regole operazionali, il sistema italiano della responsabilità dell’amministrazione alle ricostruzioni prevalenti in altri ordinamenti nazionali e sovrannazionali [89] .
Come si è avuto modo di osservare, il problema della risarcibilità degli interessi legittimi è stato superato attraverso la "doppiatura" della situazione giuridica soggettiva, richiedendo oltre alla tutela dell'interesse materiale assicurata dall'interesse legittimo un'ulteriore tutela dello stesso interesse da parte dell'ordinamento.
Viene però da chiedersi se tale operazione sia effettivamente necessaria e se invece non sia possibile riconoscere un'autonoma rilevanza aquiliana dell'interesse legittimo attraverso la valorizzazione della struttura della situazione soggettiva e dei poteri in cui essa si sostanzia.
Qualche nuovo e utile spunto ricostruttivo può derivare dai recenti tentativi di fornire una configurazione giuridica comune a quella zona di confine tra responsabilità extracontrattuale e responsabilità contrattuale costituita da quelle ipotesi di danno che appaiono più pregnanti del semplice rapporto obbligatorio di risarcimento del danno epperò meno articolate del rapporto incentrato sulla prestazione [90] .
Le difficoltà di sistemazione teorica di tali fattispecie di responsabilità è data dalla ricostruzione della responsabilità civile secondo la rigida contrapposizione tra fatto illecito e inadempimento dell’obbligazione, la quale connette al primo tutto il danno che consegua da ogni lesione di situazioni soggettive che non si configuri come conseguenza diretta e immediata di un obbligo e al secondo il risarcimento di tutto il danno che si configuri come conseguenza diretta e immediata della violazione del vinculum iuris, unita ad una concezione del rapporto giuridico incentrata sulla figura tradizionale dell’obbligazione, intesa come contrapposizione tra posizioni giuridiche semplici di obbligo e di diritto.
Le moderne ricostruzioni sottolineano invece che, sul piano strutturale, la violazione di tali obblighi si radica anche quando l’obbligo di prestazione non sussiste e che, sul piano della fonte, l’obbligo nasce dalla legge anche quando fonte dell’obbligazione è il contratto, per dedurne che tale forma di responsabilità si genera ugualmente da un rapporto tra i soggetti di contenuto però più ridotto rispetto a quello dell’obbligazione ordinaria, a metà strada tra l’assenza di rapporto previo che caratterizza la responsabilità extracontrattuale e il rapporto obbligatorio che in genere precede la responsabilità contrattuale.
L’autonomia strutturale e funzionale di tali obblighi conduce alla configurazione di una autonoma responsabilità per violazione di obblighi o con espressione mutuata dalla dottrina civilistica tedesca come responsabilità per inadempimento di rapporti senza obbligo primario di prestazione, concepibili nel nostro ordinamento alla luce del principio dell’atipicità delle fonti dell’obbligazione di cui all’art. 1173 c.c [91] .
L'estensione della responsabilità per violazione di obblighi alla responsabilità dell'amministrazione per lesione di interessi legittimi deve partire dalla premessa che l’amministrazione non risponda nei confronti del privato secondo la responsabilità del “passante” o del “chiunque”, in cui si identifica la forma giuridica della responsabilità extracontrattuale: in altre parole si deve ammettere che prima del danno vi sia comunque un “rapporto” tra amministrazione e privato. Tale premessa pare del resto scontata se si considera che l’atto lesivo è adottato dall’amministrazione all’esito di un procedimento amministrativo che, dopo l’introduzione di una disciplina generale sul procedimento amministrativo con la legge n. 241 del 1990, annovera immancabilmente numerose occasioni di “contatto” tra il privato e l’amministrazione: si pensi alla comunicazione di avvio del procedimento (art. 7), agli istituti della partecipazione (artt. 9 ss.).
Rimane ancora incerta l’estensione a tali relazioni tra amministrazione e privato che precedono l’evento lesivo della categoria del rapporto giuridico.
La nozione di “rapporto amministrativo” è stata attentamente analizzata e discussa dalla dottrina amministrativista tedesca, la quale pur riconoscendo l’affinità con la categoria delle obbligazioni di diritto civile e con la contrapposizione tra diritti e obblighi esclude ancora la possibilità di costruire una nozione unitaria e generale di Verwaltungsverhältnis e ne limita ancora la portata a quei settori in cui l’amministrazione non agisce autoritativamente ma su un piano paritario con il privato (cd. Leistungsverwaltung in contrapposizione alla Eingriffsverwaltung) [92] .
Anche la dottrina italiana ha evidenziato gli ostacoli che si incontrano nella ricostruzione dell’interesse legittimo secondo lo schema tradizionale dell’obbligazione, rilevando che «la differenza fondamentale tra interesse legittimo e diritto di credito sta [...] nelle situazioni soggettive che all’uno e all’altro si contrappongono: nel primo caso vi è un potere (o potestà), nel secondo un obbligo» [93] .
Ciò non preclude però, come sostenuto da autorevole dottrina, che sia possibile parlare di rapporto amministrativo a proposito dell’interesse legittimo, a patto che il rapporto giudico non sia inteso semplicemente «come contrapposizione di due posizioni giuridiche semplici, e nemmeno come somma o, al più, complesso di possibilità e di doverosità, ma [...] come un quid anteriore e superiore a tali specifiche espressioni, che riassume ma anche supera» [94] . Lo stessa dottrina riconosce che «se il rapporto amministrativo non è che la sintesi delle possibilità e doverosità che intercorrono fra amministrazione e cittadino, la tentazione è forte di domandarsi se non sia possibile e giustificato addivenire all’unificazione dei concetti di interesse legittimo e di rapporto amministrativo, arrivandosi addirittura ad affermare che l’interesse legittimo non è che questo rapporto amministrativo» [95] .
La ricostruzione dell’interesse legittimo come rapporto giuridico, al di là delle difficoltà che ancora si incontrano nel perfezionare la tutela in forma specifica come tutela sul rapporto anziché solo sull’atto [96] , offre le basi per una considerazione della responsabilità dell’amministrazione non come responsabilità per lesione di una situazione soggettiva, ma come responsabilità per inadempimento o violazione di obblighi la cui fonte è costituita si dalla legge ma anche dal rapporto che in relazione a al rispetto della norma si genera tra il privato e l’amministrazione.
Se infatti si ragiona con riferimento al grado di protezione dell’utilità sostanziale cui il privato aspira, non si può sfuggire alla già ricordata conclusione che, diversamente dal diritto soggettivo, l’utilità sostanziale che costituisce il substrato dell’interesse legittimo rimane “a soddisfazione non garantita”, ossia che la violazione della norma da parte dell’amministrazione non consente di stabilire con certezza se tale utilità non doveva essere sacrificata, potendo la stessa amministrazione rinnovare l’atto senza il vizio denunciato [97] .
Siffatta incertezza non sussiste se il danno non è ricondotto alla perdita dell’utilità sostanziale cui il privato aspira, ma all’inadempimento del rapporto che si genera in relazione all’obbligo imposto dalla norma. Si pensi alla figura dell’interesse legittimo procedimentale che identifica quelle facoltà e quei poteri di cui il privato dispone nel procedimento amministrativo, ma rispetto alle quali è difficile ravvisare una diretta ed immediata preordinazione alla soddisfazione dell’utilità sostanziale. Alla luce di quanto fin qui osservato, sembra potersi sostenere che la relazione che si instaura tra il privato e l’amministrazione nel corso del procedimento sono idonei a fondare un rapporto generatore di obblighi, il cui inadempimento da parte dell’amministrazione configura un autonomo titolo dell’obbligazione risarcitoria.
La tesi pare confermata da quella dottrina che, con riferimento all’obbligo di provvedere sancito dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990, ha sostenuto che la responsabilità dell’amministrazione che non provveda, o provveda in ritardo, su istanza del privato sorge per l’inadempimento dell’obbligo di natura formale di provvedere entro il termine, a essa rimanendo estraneo il «dovere di natura sostanziale di emanare il provvedimento richiesto» [98] . Secondo la stessa dottrina il danno risarcibile deriverebbe «dal perdurare della situazione di incertezza circa il rilascio o meno del provvedimento di tipo autorizzatorio e non anche il mancato o ritardato godimento del bene della vita o dell’utilità finale» [99] .
Perché si generi la responsabilità per inadempimento di un rapporto di quelli del genere in questione è necessario individuarne la fonte altrimenti rispetto all’obbligazione primaria, ossia, nel campo della responsabilità dell’amministrazione per attività provvedimentale, in una fonte diversa dalla relazione giuridica che lega l’amministrazione e il privato ed avente ad oggetto l’utilità sostanziale cui il secondo aspira. Questa fonte è stata indicata dalla dottrina civilistica nell’affidamento obiettivo ingenerato in una parte dal comportamento dell’altra e che fa si che l’obbligo imposto dalla legge ad un soggetto si precisi in relazione al soggetto che a seguito dell’inadempimento subisce la perdita economica [100] .
La tutela dell’affidamento non è certo ignorato dalla dottrina amministrativistica [101] , la quale è giunta a configurare la responsabilità dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi come responsabilità per violazione dell’affidamento, secondo lo schema della culpa in contrahendo [102] .
Ancora più recentemente nell’affidamento del privato è stato individuato il “muro di contenimento” alla proliferazione delle azioni risarcitorie che conseguirebbe alla risarcibilità delle lesioni di interessi legittimi, osservando che diversa è la posizione del privato che chiede un provvedimento alla cui emanazione l’amministrazione è integralmente vincolata rispetto alla posizione del privato che non può far affidamento ex ante sull’emanazione dell’atto richiesto e concludendo che «entrambe le posizioni sono riconducibili nella sottocategoria degli interessi legittimi pretensivi [...] ma l’interesse sostanziale del privato si connota diversamente nelle due ipotesi. Nella prima di esse l’interesse sostanziale esprime una situazione di affidamento oggettivamente valutabile; nella seconda ipotesi, esso degrada a mera chance» [103] .
Tale impostazione pare però eccessivamente restrittiva perché ricostruisce l’affidamento con riferimento comunque all’utilità sostanziale, in un’ottica che rimane vincolata alla contrapposizione tra situazione soggettive il cui contenuto è rispettivamente predeterminato dall’ordinamento, ipotesi che invece non ricorre nella responsabilità dell’amministrazione per attività provvedimentale. Così opinando riesce difficile sostenere che il privato possa maturare un affidamento in relazione non solo all’attività discrezionale ma anche con riferimento a molti degli atti di contenuto vincolato, se è vero che «l’atto dell’Amministrazione, anche se la disciplina degli interessi è interamente contenuta nella legge (come nel caso di attività vincolata) può rimanere (e, secondo il nostro sistema positivo, resta) atto indispensabile per la costruzione dell’effetto, ossia indispensabile acciocché la disciplina degli interessi diventi giuridicamente vincolante. Anche quando manchi qualsiasi discrezionalità, può restare (e positivamente resta) attribuito all’Amministrazione il potere costitutivo, senza il cui esercizio l’effetto, benché interamente disciplinato (o raffigurato) dalla legge (o anche da altro precedente atto amministrativo), non si produce» [104].
Un problema per certi versi analogo è stato studiato dalla dottrina civilistica con riferimento a quelle ipotesi di danno meramente patrimoniale, nelle quali manca la lesione di una situazione soggettiva e non esiste un rapporto contrattuale tra i due soggetti ed è stato risolto individuando nello status del soggetto la fonte dell’affidamento che genera obblighi [105] . Tradotto nella responsabilità dell’amministrazione, non sembra inconcepibile ritenere che l’interesse legittimo, anche nelle sua concezione più formale di “interesse alla legittimità dell’azione amministrativa”, contenga insito l’affidamento del privato ad un “comportamento legittimo” dell’amministrazione sufficiente a costituire fonte di obblighi generatori di responsabilità indipendentemente dalla natura discrezionale o vincolata dell’attività.
Ovviamente l’affidamento è un “fatto” che risente delle peculiarità della fattispecie concreta, ma sembra potersi sostenere in linea generale che esso esclude sicuramente la responsabilità dell’amministrazione per le perdite economiche subite dal privato quando questi non può che vantare un generale interesse alla legittimità dell’attività amministrativa ove manchi qualsiasi fatto idoneo a precisare l’obbligo che grava sull’amministrazione con riferimento alla sfera del privato: in questo senso si può estendere la nozione si “situazione legittimante” utilizzata dalla giurisprudenza amministrativa per individuare le situazione di interesse legittimo.
La ricostruzione qui proposta permette di ritenere che la violazione dell’obbligo imposto dall’amministrazione sia fonte di responsabilità per i danni derivati al privato indipendentemente, o meglio autonomamente, rispetto al grado di protezione che l’interesse legittimo assicura all’utilità sostanziale, poiché essa è generata dall’inadempimento di un rapporto autonomo anche se connesso alla realizzazione del bene della vita.
La situazione di affidamento, lungi dal costituire di per sé una situazione giuridica soggettiva, permette poi di graduare il danno risarcibile alla consistenza dell’affidamento che, in relazione alla fattispecie concreta, il privato poteva maturare con riferimento al legittimo esercizio del potere amministrativo. In altri termini gli aspetti relativi all’incertezza della soddisfazione dell’utilità sostanziale si trasferiscono dal giudizio sull’illecito alla verifica del rapporto di causalità. Del resto anche in sistemi in cui la responsabilità dell’amministrazione sembra estendersi ad ogni perdita patrimoniale conseguente all’illegittimo esercizio dei pubblici poteri, il danno risarcibile si soggettivizza in relazione alla diversa consistenza dell’affidamento [106] .
Ancora risulterebbe giustificabile la pretermissione dell’elemento
soggettivo dai presupposti della responsabilità dell’amministrazione per
attività provvedimentale, attribuendo all’affermazione della giurisprudenza
secondo cui «allorché vi sia un
atto amministrativo dichiarato definitivamente illecito o illegittimo, la
colpa della Pubblica Amministrazione è in
re ipsa e non ha bisogno di ulteriore prova»
[107]
non il significato di coincidenza tra illegittimità ed
imputabilità all’amministrazione del fatto, secondo lo schema della
responsabilità extracontrattuale, ma semplicemente l’applicazione della
regola generale di cui all’art. 1218 c.c., in forza della quale l’inadempimento
è fondamento unico e unitario
della responsabilità. In altre parole, la sussistenza di un rapporto tra
privato e amministrazione rende superfluo qualsiasi criterio di imputazione.
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(*) Il presente saggiò sarà pubblicato nella rivista "Urbanistica ed appalti", diretta da Francesco Caringella, IPSOA Editore.
[1] Corte cost., 25 marzo 1980 n.35, in Giust. Civ., 1980, I, 993, con nota di Morelli M.R., Responsabilità civile di pubbliche amministrazioni per risarcimento del danno patrimoniale da lesione di interessi legittimi dei privati: rilancio di una problematica; Corte cost., 8 maggio 1998, n. 165, in Giur. it., 1998, 1929, con nota di Angeletti, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Cpostituzionale: un'ammissibilità rinviata a miglior occasione; in Resp. civ. prev., 1998, 969 ss., con nota di Protto, La responsabilità dell’amministrazione per lesione di (meri) interessi legittimi: aspettando la Consulta.
[2] Cass., Sez. I., 3 maggio 1996, n. 4083, in Danno e Responsabilità, 1997, 59 ss., con nota di Palmieri, Lesione degli interessi legittimi: la Cassazione alle soglie di una svolta epocale.
[3] Cfr. i primi commenti di Del Bo, Secondo le sezioni unite della Cassazione possibile riconoscere le «perdite» per lesione di interessi legittimi Risarcimenti, vince il cittadino - Spazio all’indennizzo nel caso di danno ingiusto provocato da un atto della pubblica amministrazione, Il Sole 24 Ore, venerdì 23 luglio 1999 - Norme e tributi) e di Italia, Sconfitti immunità e privilegi , Il Sole 24 Ore, Venerdì 23 Luglio 1999 Norme e tributi)
[4] Busnelli F.D., Lesione di interessi legittimi dal “muro di sbarramento” alla “rete di contenimento”, in Danno e responsabilità, 1997, 269 ss.
[5] Cass., sez. un., 9 luglio 1991 n. 7550, in Giust. civ. Mass., 1991, e in Cons. Stato, 1991, II, 2081. Il difetto assoluto di giurisdizione sulla domanda di risarcimento danno per lesioni di interessi legittimi è stato recentemente riaffermato in Cass., sez. un., 2 giugno 1997, n. 4903, in Giust. civ. Mass., 1997, 896, v. anche Cass., sez. un., 15 novembre 1994 n. 9593, cit.; Cass., sez. un., 26 aprile 1994 n. 3963, cit.; in precedenza, Cass., sez. un., 21 gennaio 1988 n. 436, cit.; Cass., sez. un., 4 maggio 1991 n. 4944, in Mass. Foro it., 1991. In dottrina sul tema, cfr. recentemente Benini S., L’irrisarcibilità della lesione i interessi legittimi tra giurisdizione e merito, in Danno e responsabilità, 1997, 276 ss., ove ult. riff. a dottrina e giurisprudenza..
[6] Come immediatamente precisato dalla Sezioni Unite in Cass., sez. un., 10 novembre 1993 n. 11077, in Corr. giur., 1994, 620 ss., con nota di SAPORITO G., Sulla risarcibilità di interessi legittimi in materia di appalti pubblici; in Resp. civ. prev., 1994, 699 ss., con nota di CARANTA R., Illegittima esclusione di un concorrente da gara di appalto e responsabilità della stazione appaltante: le Sezioni Unite riconoscono la giurisdizione del giudice ordinario.
[7] Anche la dottrina favorevole alla risarcibilità dei diritti in attesa di espansione, rileva la diversa struttura della situazione soggettiva del partecipante ad un concorso o ad una gara, escludendo che si tratti di interessi posti al servizio di un diritto soggettivo e, come, tali, suscettibili di dar luogo a risarcimento dei danni, SANDULLI A.M., Lesioni di interessi legittimi e obbligazione risarcitoria della pubblica amministrazione, in Scritti giuridici, Napoli, 1990, III, 593 ss. (609).
[8] Sulla nozione di interesse occasionalmente o indirettamente protetto, supra I.2.1.
[9] in particolare Angeletti A., La responsabilità della pubblica amministrazione in diritto comparato, in Dig. Disc. Pubbl., XIII, Torino, 1997.
[10] Caranta R., La responsabilità extracontrattuale della Pubblica amministrazione, Milano, 1993, 83 ss.
[11] È stato puntualmente osservato, nella corretta prospettiva storica di evoluzione del sistema di tutela, che «[...]il riparto di giurisdizione, così come è stato articolato, trae origine da un principio metagiuridico, fondato sulla preminenza del pubblico potere. Questo principio da un lato ha portato ad affermare una concezione riduttiva della portata dell’art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, sì che la soggezione dell’autorità al controllo del giudice di diritto comune è stata ridotta a ben poca cosa rispetto a quanto avrebbe potuto significare in base alla legge abolitiva del contenzioso amministrativo, dall’altro ha condotto, con l’istituzione della IV Sezione, ad un sistema il cui mezzo tipico di tutela accordata alle situazioni che non costituiscono diritti è l’annullamento (o quell’altra specificamente prevista da singole norme). La saldatura tra i due profili su accennati può essere rinvenuta nel fatto che grazie all’elaborazione giurisprudenziale del diritto interno molti diritti sono diventati interessi e, come tali, irrisarcibili», Angeletti A., Ordinamento comunitario e diritto interno nel progetto di riforma del processo amministrativo: la tutele dei diritti e degli interessi, in Giur. it., 1992, IV, 370
[12] Così ad esempio per la dottrina che concepisce l’interesse legittimo come «un interesse meramente processuale, in cui il ricorrente trova non già titolo da far valere col ricorso, ma semplicemente la legittimazione per proporlo», Guicciardi E., Concetti tradizionali e principi ricostruttivi nella giustizia amministrativa, in Arch. dir. pubbl., 1937, 61, «il problema della risarcibilità per lesione di interessi legittimi ad opera si un atto amministrativo non può porsi nel nostro sistema positivo», bensì «è in realtà il problema della risarcibilità delle conseguenze dannose derivante dall’esecuzione di atti annullati per illegittimità», Guicciardi E., Risarcibilità degli interessi legittimi? Tentativo di impostazione del problema ...da parte di un suo negatore, in Atti del convegno nazionale sull’ammissibilità del risarcimento del danno patrimoniale derivante da lesione di interessi legittimi, Roma, 1965, 215 ss. (219 e 221-222) v. anche Id., Risarcibilità di interessi legittimi, in Giur. it., 1963, II, 1, 1103 ss.
[13] Casetta E., L'illecito degli enti pubblici, Torino, 1953, 26 ss. La citata dottrina non nega affatto che l’interesse legittimo sia una situazione giuridica riferibile ad un soggetto e quindi ad un interesse di questi, ma nella ricostruzione strutturale dell’interesse legittimo l’interesse materiale compare unicamente come presupposto per la fissazione in capo al soggetto di una situazione giuridica a contenuto generale, cfr. Casetta E., Diritto soggettivo e interesse legittimo: problemi della loro tutela giurisdizionale, in Riv. trim. dir. pub., 1952, 615 ss.
[14] Sulla consequenzialità della negazione della tutela risarcitoria alla definizione accolta dell’interesse legittimo, cfr. Follieri E., Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, Chieti, 1984, 15; Scoca F.G., Interessi protetti, in Enc. giur. Treccani, ad vocem, 16.
[15] Miele G., Introduzione al tema, in Atti del Convegno, cit. 22; Alessi R., Alcune riflessioni, in Atti del Convegno, 43 ss.
[16] Fragola U., Studio introduttivo sulla risarcibilità degli interessi legittimi, Firenze, 1960, 53 ss. Sulla irrisarcibilità degli interessi legittimi per danno derivante da violazione di norme formali, v. Follieri E., Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, cit., 76 ss.
[17] La specificazione dell’oggetto del giudizio amministrativo di legittimità con riferimento al bene della vita per la cui conservazione o acquisizione agisce il ricorrente, il progressivo riconoscimento di più ampi effetti conformativi della decisione di annullamento e il potenziamento del giudizio di ottemperanza hanno sviluppato le capacità del sistema giurisdizionale amministrativo di assicurare una più effettiva tutela degli interessi del ricorrente lesi dall’azione amministrativa, Follieri E., Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, cit., 17.
[18] Cass., sez. un., 21 gennaio 1988 n. 436, in Finanza locale, 1989, 63 ss.
[19] V. recentemente Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 1997 n. 169, in Foro amm., 1997, 469, ove con riferimento alla richiesta del ricorrente di una pronuncia positiva sul concreto obbligo del Comune a rilasciare la concessione edilizia si osserva che «[l]a particolare complessità della questione dedotta in giudizio, e prima ancora oggetto della vicenda amministrativa, la contestazione in ordine ai fatti ovvero alla sussistenza di tutti i presupposti richiesti, la semplice non conoscenza da parte del giudice di tutti gli elementi che danno titolo al rilascio del provvedimento, costituiscono tutte le circostanze che impediscono al giudice, in sede di ordinario giudizio di legittimità sul silenzio, di pronunciarsi positivamente sulla pretesa sostanziale del ricorrente». Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 1996 n. 251, in Gior. dir. amm., 1997, 327 ss., con nota di Colucci D., Giudice amministrativo ed inerzia dell’amministrazione.
[20] Follieri E., Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, cit., 50 ss.. La giurisprudenza solitamente non distingue tra violazioni di tipo sostanziale e violazioni di tipo formale, cfr. Cass. Sez. Un., 17 febbraio 1969 n. 543, in Giur. It., 1969, I, 1, 619; Cass., Sez. Un., 18 ottobre 1979 n. 5428, ivi, 1980, I, 1, 586. Cfr. recentemente Cass., 9 giugno 1995 n. 6542, cit., ove, precisato che «in realtà (nella relazione tra giudizio amministrativo che è un giudizio sulla legittimità dell'atto e che non comporta un accertamento sul rapporto tra soggetto pubblico e privato, con effetto pregiudiziale in ordine alla controversia civile, e la causa dinanzi al giudice ordinario per il risarcimento del danno) il previo annullamento dell'atto amministrativo si pone con efficacia diversa, non come effetto del giudicato, ma quale presupposto necessario dell'azione di risarcimento», la Corte attribuisce alla sentenza di annullamento l’efficacia di giudicato «in relazione alla esistenza di una danno ingiusto risarcibile e di un nesso di causalità tra danno ingiusto e atto illegittimo della P.A.». Nella fattispecie l’amministrazione era stata ritenuta sussistente la responsabilità dell’amministrazione per i danni cagionati con un provvedimento di revoca viziato di eccesso di potere per difetto di motivazione.
[21] Ex pluris Sacco R., L'ingiustizia di cui all'art. 2043 c.c., in Foro pad., 1960, I, 1420 ss.; Trimarchi P., Illecito, in Enc. dir., Milano, 1970, XX, 93 ss.; Schlesinger P., La ingiustizia del danno nell’illecito civile, Jus, 1960, 338 ss.; Alpa G. - Bessone M., Atipicità dell’illecito, Milano, 1981, 430 ss.; Id., I fatti illeciti, Bologna, 1985, 74 ss.; Alpa G., Responsabilità civile e danno, Bologna 1991, 115 ss
[22] Cass. 16 dicembre 1966 n. 2951, in Giur. civ., 1967, I, 1115 ss.; nello stesso senso Cass. 4 febbraio 1993 n. 1384, in Resp. civ. prev., 1994, 481 ss.
[23] In relazione alle irregolarità commesse in concorsi privati per l’assunzione o la promozione a mansioni superiori, cfr. Cass., 19 novembre 1983 n. 6906, in Giust. civ., 1984, I, 1843 ss., con nota di Cappagli E., Perdita di una "chance" e risarcibilità del danno per ritardo nella procedura di assunzione, nella quale la Corte ha cassato la pronuncia del tribunale di Roma (Trib. Roma 24 novembre 1978, in Temi romana, 1979, 434 ss.) che aveva aprioristicamente negato le possibilità di risarcimento, in una fattispecie in cui un’azienda, non sottoponendo gli autisti, avviati dall’ufficio di collocamento in base a richiesta numerica, alle rimanenti prove di cultura elementare e di guida, aveva sottratto loro la possibilità di conseguire il risultato utile consistente nell'assunzione; Cass., 1 aprile 1987 n. 3139, in Foro it., 1987, I, 2073 ss., con riferimento all’immotivata attribuzione di punteggi discrezionale in un procedimento di selezione dei dipendenti per l’accesso a qualifiche superiori; Cass., 10 agosto 1987 n. 6858 e Cass., 10 agosto 1987 n. 6864, ivi, 1987, I, 2987 ss., con nota di Mazzotta O., La Cassazione e i concorsi privati: cosa c'è dietro l'angolo; Cass., 12 ottobre 1988 n. 5494, ivi, 1989, I, 1330 ss., con oss. di Barone C.M.; Cass., 24 gennaio 1992 n. 781, in Giust. civ. Mass., 1992; Cass., 19 febbraio 1992 n. 2074, in Giust. civ. Mass., 1992; Cass., 7 marzo 1991 n. 2368, in Foro it., 1991, I, 1793 ss., con oss. di De Marzo G; Cass., 28 maggio 1992 n. 6392, in Foro it. 1993, I, 488 ss.; Cass., 11 giugno 1992 n. 7210, in Giur. it., 1993, I, 1, 1302 ss.; Cass., 3 febbraio 1993 n. 1336, in Giust. civ., 1993, I, 2439 ss., con nota di Franco M., Tutela della professionalità e perdita di una “chance”; Cass., 22 aprile 1993 n. 4725, in Giust. civ. Mass., 1993, 720; Cass., 29 aprile 1993 n. 5026, in Giur. it., 1994, I, 1, 235 ss., con nota di Musy A. M., Sicilcasse ed il danno da perdita di una “chance”; Cass., 8 luglio 1993 n. 7487, in Giust. civ. Mass., 1993, 1134; Cass., 3 giugno 1995 n. 6265, in Riv. it. dir. lav., 1996, II, 363 ss., con nota di Vallebona A., Spunti critici sulla questione del diritto del lavoratore allo svolgimento della prestazione. Per la giurisprudenza di merito, cfr., Pret. Palermo, 28 novembre 1991, in Foro it. Rep., 1992, voce «Lavoro (rapporto)». n. 819; Pret. Roma, 16 marzo 1993, in Dir. lav., 1994, II, 36 ss., con nota di Laudo C., Promozione a scelta: esternazione dei motivi e risarcimento del danno per perdita di “chance”; Pret. Ascoli Piceno, 23 marzo 1993, in Foro it., 1990, I, 1826 ss.; Pret. Napoli 27 ottobre 1993, in Dir. lav., 1994, II, 312 ss., con nota di Nocella M., Concorsi privati, perdita di "chance" e risarcibilità del danno. Dopo la nota sentenza Cass., sez. un., 2 novembre 1979 n. 5688, cit., che ha attribuito al giudice ordinario le controversie concernenti il corretto esercizio del potere di promozione degli enti pubblici economici, l’orientamento favorevole al risarcimento della perdita di chances è stato esteso ai concorsi per l’assunzione o la promozione del personale degli enti pubblici e delle aziende municipalizzate da Cass., 19 dicembre 1985 n. 6506, in Giur. it., I, 1, 1986, 669 ss., ed ivi, 1181 ss., con nota di De Cupis A., Il risarcimento della perdita di una “chance”, il quale qualifica la chance come «aspettativa legittima» (v. anche De Cupis A., Aspettativa legittima e risarcimento del danno, in Giust. civ., 1983, II,104 ss.) e come tale risarcibile; in Foro it., 1986, I,383 ss., con nota di Prinigalli A., Quand’è più si che no: perdita di «chance» come danno risarcibile; in Riv. dir. comm., 1985, II, 207 ss., con nota di Zeno Zencovich V., Il danno per la perdita della possibilità di una utilità futura. Nella fattispecie la Corte di Cassazione ha considerato risarcibile il danno subito da un dipendente cui era stato illegittimamente impedito di partecipare all’esame orale di un concorso del quale aveva superato la prova scritta, danno rappresentato appunto la perdita della possibilità di ottenere il posto più remunerativo.
[24] Cass., sez. un., 2 novembre 1979 n. 5688, in Giur. it., 1980, I, 1, 440, con nota di Di Majo A., Le forme di tutela contro i cosiddetti «poteri privati».
[25] Critici della categoria della categoria del diritto all’integrità del patrimonio, tra gli altri, Di Majo A., Ingiustizia del danno e diritti non nominati, in Giust. civ., 1982, I, 1750; Galgano F., Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr. impr., 1985, 9. É peraltro ravvisabile un orientamento giurisprudenziale sempre più generoso ad ampliare la responsabilità dell’amministrazione attraverso la lesione all’integrità del patrimonio, cfr. Cass., sez. un., 27 ottobre 1994 n. 8836, in Mass. Foro it., 1994; Cass., sez. un., 15 novembre 1994 n. 9593, in Cons. Stato, 1995, II, 490; ove si afferma, in motivazione, che l’attività della pubblica amministrazione ancorché costituisca esercizio di poteri largamente discrezionali, incontra il limite del principio del neminem ledere, dovendo svolgersi non solo nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, ma anche con la diligenza e la cautela richieste in concreto da quel precetto, la cui violazione legittima, quindi, il privato all’azione di risarcimento del danno ingiusto eventualmente subito. Pertanto è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato, da parte della p.a., un comportamento colposo che abbia determinato la lesione di un diritto soggettivo, quale il diritto all’integrità del patrimonio; Cass., sez. un., 18 maggio 1995 n. 5477, in Foro it., 1996, I, 1008 ss., con nota di Palmieri A., che arriva alle stesse conclusioni, nella vicenda relativa al noto caso «Sgarlata»; da ultimo Cass., sez. un., 6 febbraio 1996 n.1030, in Corr. giur., 1996, 171, con nota di Giuffrè V., La camera di commercio risponde per false attestazioni; e in Foro it., 1996, I, 847, con nota di Palmieri e Scoditti E. In senso contrario cfr. Cass., sez. un., 27 ottobre 1994 n. 8836, in Giust. civ. Mass., 1994, 1293.
[26] Cass., sez. un., 10 novembre 1993 n. 11077, cit.
[27] V. Scognamiglio C., L'ingiustizia del danno, in Enc. giur. Treccani, ad vocem.
[28] Alla direttive sostanziali in materia 531/90 del 17 settembre 1990, in GUCE, 1990, L 297, 1 e alla direttiva 38/93 del 14 giugno 1993, in GUCE, 1993, L 199, 84, è stata data attuazione con il d.leg 17 marzo 1995 n. 158, nel quale peraltro non compare alcun rinvio all’art. 13 della legge n. 142 del 1992.
[29] in GUCE, 1992, L 209, 1, che, adottando un criterio residuale, estende l'applicazione della disciplina in tema di procedure di aggiudicazione anche a prestazioni professionali diverse sia dai contratti pubblici di forniture che da quelli di lavoro. L'art. 41 dispone che l'art. 1 della direttiva 89/665/CEE sia modificato in modo da riferire la propria disciplina, oltre che alle procedure di alle direttive lavori e forniture anche alla direttiva servizi.
[30] In attuazione dell'art. 11 lett. i) della l. 22 febbraio 1994 n. 146 (legge comunitaria per il 1993).
[31] Sul significato dell’omissione, v. Steccanella M. - Robaldo E., La legge quadro in materia di lavori pubblici, 2 ed., Milano, 1995
[32] Già con riferimento alla disposizione della direttiva ricorsi si era puntualmente osservato come «la statuizione [...] determini la tutela risarcitoria indipendentemente dal fatto che l’ordinamento interno dei paesi membri ammetta o meno per le situazioni lese nelle fattispecie considerate il risarcimento dei danni. Tale efficacia è da ritenersi particolarmente incisiva nel nostro diritto interno, in cui la partecipazione ad una gara, mezzo solitamente utilizzato per la scelta del contraente con l’ente pubblico, appare emblematica dell’esistenza di interessi legittimi che non hanno quale posizione qualificante un diritto soggettivo» Angeletti A., Ordinamento comunitario e diritto interno nel processo di riforma del diritto amministrativo: la tutela dei diritti e degli interessi, cit., 333.
[33] V. la giurisprudenza citata nelle note seguenti. In dottrina, tra gli autori che condividono l’orientamento seguito dalla giurisprudenza cfr. Casetta E., L’illecito degli Enti pubblici, cit., 26 ss.; Id., Responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, cit., Foligno D., La pretesa responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi, in Rass. Avv. Stato, 1963, I. Per la giurisprudenza l’amministrazione è responsabile direttamente, stante il rapporto organico che lega il funzionario all’ente (Cass., 3 dicembre 1991 n. 12960, in Rass. avv. Stato, 1991, 525 ss.; Cass., 22 ottobre 1984 n. 5333, in Rass. giur. ener. elettric., 1985, 427 ss.), a condizione che l’agente abbia agito nell’ambito della mansioni affidategli per il soddisfacimento dell’interesse pubblico (Cass., 7 febbraio 1972 n. 330, in Rass. Avv. Stato, 1974, I, 934; Cass. 2 settembre 1982, in Cass. pen. Mass., 1984, 912 ss.; App. Brescia, 19 luglio 1975, in Resp. civ. pen., 1976, 280 ss.) e che l’atto sia illecito oltreché illegittimo. Secondo invece una parte della dottrina la disposizione costituzionale «in sostanza disciplinerebbe la sola ipotesi di responsabilità dell'ente, quando si concreti in un illecito del funzionario», coinvolgendo l’amministrazione indirettamente, Casetta E., Responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione, cit., 2.
[34] Cass., sez. un., 9 luglio 1991 n. 7550, cit., ove con riferimento alla situazione soggettiva del partecipante ad una gara d’appalto si afferma che «[...] ai fini della proponibilità di azioni di risarcimento dei danni nei confronti della pubblica amministrazione, derivanti da atti amministrativi illegittimi - tali riconosciuti nella naturale sede, con conseguente pronuncia d’annullamento - non è sufficiente che tale pronuncia sia avvenuta ma è necessario, altresì, che l’atto illegittimo abbia inciso su posizioni originarie di diritto soggettivo, occorre, cioè, che la funzione dell’annullamento sia stata, tra l’altro, quella di restituire ad una posizione di diritto soggettivo, degradata ad interesse ed affievolita dall’azione dell’amministrazione, la sua primitiva natura di diritto soggettivo. Se, invece, si tratta della tutela di un iniziale interesse legittimo - tale rimasto anche dopo l’annullamento dell’atto amministrativo che l’ha leso - il soggetto passivo dell’atto annullato non può ottenere un incremento od ampliamento di tutela giurisdizionale, consistente nella concessione, successiva alla pronuncia del giudice amministrativo, dell’azione diretta al risarcimento dei danni».
[35] ex multis Cass., 13 gennaio 1994 n. 301, in Foro it., 1994, I, 302 ss.; Cass., 29 gennaio 1993 n. 1155, in Mass. Giur. it., 1993, 403; Cass., sez. un., 26 febbraio 1992 n. 2383, in Riv. giur. edil., 1992, I, 906 ss.; Corte cost., 27 dicembre 1991, in Foro it., 1992, I, 1073 ss.; Cass., 1 luglio 1991 n. 7231, in Riv. giur. edil., 1992, I, 77 ss.; Cass., 20 giugno 1990 n. 6209, in Giur. it., 1991, I, 1, 1227 ss.; Cass., 10 giugno 1988 n. 3940, in Foro it., 1988, I, 2262 ss.
[36] Inizialmente la giurisprudenza era orientata ad escludere la tutela risarcitoria attraverso l’equiparazione delle ipotesi di annullamento illegittimo con quelle di diniego illegittimo della concessione, cfr. infra nt. 40. Con la sentenza n.1812 del 1969, Cass., sez. un., 23 maggio 1969 n. 1812, in Giur. it., 1970, I, 1, 2124 ss., nella quale le Sezioni Unite, nell’affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, rilevano che «se di fronte alla concessione edilizia, la posizione del singolo è di interesse legittimo, tale posizione permane quale che sia il comportamento della Pubblica Amministrazione, di rifiuto o di ritardo nel rilascio: anche il ritardo rientra nel comportamento discrezionale della Pubblica Amministrazione, onde se esso è illegittimo, perché contrastante con le norme che limitano e circoscrivono l'uso del potere discrezionale o perché ne integra le ipotesi di un cattivo uso od abuso si rimane sempre nell'ambito della violazione dell'interesse legittimo che deve essere fatto valere davanti al giudice amministrativo» (ivi, 2127), con la conclusione che la violazione di un interesse legittimo non può portare ad una richiesta di risarcimento del danno. Alla base del repentino revirement delle Sezioni unite in materia c’è il noto intervento della Corte costituzionale occasionato dall’ordinanza con cui il giudice a quo interrogava la Corte sulla legittimità costituzionale della dell'art. 31 della l. urb. 17 agosto 1942 n.1150, in riferimento agli artt. 42, 24 e 113 della Costituzione, «[i]n quanto, secondo l'interpretazione dominante, esso non consente l'esercizio dell'azione di risarcimento nei confronti della pubblica amministrazione che abbia illegittimamente negato, sospeso o revocato una licenza edilizia, quando attraverso atti positivi o negativi si sia con ciò attuata una compressione del diritto di proprietà sul terreno da edificare, tale da produrre uno svuotamento di rilevante entità ed incisività del suo contenuto». La Corte Costituzionale, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità per difetto di rilevanza, in quanto la norma denunciata non risultava correlata al problema della risarcibilità del danno cagionato, eventualmente, da un illegittimo provvedimento di diniego di concessione edilizia, osserva che: «[s]ono ben comprensibili le considerazioni che hanno condotto la corte di merito, [...], a sollevare l'arduo problema, tanto discusso in dottrina come nella giurisprudenza, della responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni per il risarcimento dei danni derivati ai soggetti privati dalla emanazione di atti o provvedimenti amministrativi illegittimi, lesivi di situazioni di interesse legittimo», definendolo un problema di «indubbia gravità» che «si impone all'attenzione del legislatore», Corte cost., 25 marzo 1980 n.35, in Giust. Civ., 1980, I, 993, con nota di MORELLI M.R., Responsabilità civile di pubbliche amministrazioni per risarcimento del danno patrimoniale da lesione di interessi legittimi dei privati: rilancio di una problematica. Con la decisione Cass., sez. un., 1 marzo 1989 n. 1137, in Giust. civ., 1989, I, 832, i giudici ammettono che «[i]l diritto soggettivo del proprietario di un fondo, discendente dal rilascio di licenza edilizia, e poi affievolito con provvedimento di annullamento della licenza stessa reso dal sindaco nell'esercizio del potere di autotutela, riacquista ex nunc la sua originaria consistenza, a seguito di annullamento di tale provvedimento da parte del giudice amministrativo e, quindi, è tutelabile davanti al giudice ordinario con azione risarcitoria, per la lesione subita in conseguenza dell'atto illegittimo», (833); più recentemente v. Cass., sez. un., 1 marzo 1990 n. 1589, in Riv. giur. edil., 1990, I, 489 ss.; Cass., sez. un.., 11 marzo 1992 n. 2957, ivi., 1993, I, 789 ss. Per il caso di illegittima revoca di una licenza di abitabilità, cfr. Cass., 9 giugno 1995 n. 6542, in Resp. civ. e prev., 1995, 710 ss.
[37] Nella decisione Cass., sez. un., 16 giugno 1975 n.2411, in Mass. Foro it., 1975, la Corte aveva affermato che «[l]’eventuale illegittimità nell'esplicazione sia del potere di concedere la licenza edilizia, come di quello di pronunciarne la revoca o la decadenza posteriormente al suo rilascio, non può, per il privato autorizzato, costituire se non violazione del suo interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri medesimi e giammai può assurgere a lesione di un diritto soggettivo perfetto sindacabile dal giudice ordinario». Nello stesso senso Cass., sez. un., 15 luglio 1974 n. 2122, in Foro it., 1975, I, 117 ss.; Cass., sez. un., 10 febbraio 1972 n. 427, in Giur. it., 1972, I, 1, 1182 ss.; Cass., sez. un., 8 febbraio 1972 n. 313, in Foro it., 1972, I, 1, 926 ss.; Cass., sez. un., 8 giugno 1971 n. 1695, in Giur. it., 1972, I, 1, 129 ss.; Cass., sez. un., 31 luglio 1969 n. 2906, in Riv. giur. edil., 1970, I, 1, 510 ss. A partire dalla decisione Cass., sez. un., 1 ottobre 1982 n. 5027, in Giur. it., 1982, I, 1, 1663 ss., alla luce della citata sentenza della Corte costituzionale n. 35 del 1980 e dell’art. 4 comma 6 della l. 28 gennaio 1977 n. 10, che attribuisce al provvedimento concessorio il predicato della non revocabilità, la Corte di Cassazione ammette che la posizione soggettiva del privato che abbia ottenuto una licenza edilizia, ha natura di diritto soggettivo, con la conseguenza che, annullato dal giudice amministrativo il provvedimento comunale dichiarativo di decadenza della licenza stessa, il privato può agire in giudizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni. Nello stesso senso Cass., sez. un., 12 giugno 1982 n. 3541, in Foro it., 1982, I, 1860 ss., Cass., sez. un., 25 luglio 1980 n.4833, in Foro it., 1982, I, 527 ss.; Cass., sez. un., 20 maggio 1992 n. 6083, in Foro it. Mass., 1992, ove la Corte estende l’orientamento ai privati beneficiari di convenzioni di lottizzazione.
[38] Cass., sez. un., 5 ottobre 1979 n. 5145, in Giur. it., 1980, I, 1, 1215 ss.; Cass., sez. un., 5 ottobre 1979 n.5146, ivi, 1216 ss.; Cass., sez. un., 19 luglio 1982 n. 4214, in Mass. Foro it., 1982; Cass., sez. un., 1 ottobre 1982 n. 5028, ivi, 1982, I, 1, 1663 ss.; Cass., sez. un., 6 aprile 1983 n. 2443, in Foro it., 1984, I, 2498 ss.; Cass., sez. un., 3 febbraio 1986 n. 652, ivi, 1986, I, 1909 ss.; Cass. 25 marzo 1988 n. 2579, ivi, 1988, I, 3328 ss.; Cass., sez. un., 18 novembre 1992 n. 12316, in Giust. civ. Mass., 1992; Trib. Roma 26 marzo 1982, in Giust. civ., 1982, I, 2457 ss., con oss. MORELLI M.R.; Trib. Roma, 26 febbraio 1994, in Foro it., 1994, I, 3050 ss. Valorizzando la tutela dell’affidamento generato nel privato dall’attività dell’amministrazione, la giurisprudenza ha ammesso il risarcimento dei danni subiti dal titolare di un’autorizzazione non già per l’illegittimo ritiro del provvedimento, ma per l’intervento di determinazioni amministrative di altra autorità, dirette ad eliminare di fatto i presupposti per l’esecuzione dell’atto di assenso, Trib. Voghera, 11 gennaio 1996, in Corr. giur., 1996, 1148 ss., con nota di CARINGELLA F., Risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo: buona fede amministrativa e affidamento del privato.
[39] Cass., sez. un., 22 luglio 1993 n. 8181, in Foro It., 1994, I, 1853, con nota di SCODITTI E., Un'apertura giurisprudenziale su violazione di interessi legittimi e responsabilità civile, significativa delle contraddizioni in cui sempre più frequentemente cade la giurisprudenza. Nel caso di specie il Ministero del Tesoro, su proposta della Banca d'Italia, aveva revocato alla Banca popolare di Fabrizia l'autorizzazione all'esercizio del credito e posto le premesse per la messa in liquidazione coatta amministrativa. Sebbene al termine delle operazioni di liquidazione fosse risultato un bilancio in attivo, era stata decisa ed eseguita l’incorporazione nella Banca popolare di Crotone, grazie all’artificio di far risultare gravi irregolarità al solo fine di rendere possibile la suddetta incorporazione. Gli azionisti, i fratelli Costa, che avevano subito un forte pregiudizio economico da questa operazione, chiesero il risarcimento del danno. Dopo che in entrambe i giudizi di merito, le richieste degli attori vennero respinte, la vicenda giunse davanti alla Suprema Corte. In questa sede le tesi argomentative dei fratelli si differenziarono. Il primo, revocando in dubbio la legittimità del decreto, ne chiedeva la disapplicazione da parte del giudice ordinario, al fine di veder riconosciuto il diritto al risarcimento del danno; a questo proposito la Corte, però, sostenne che si trattava di un classico caso di sviamento di potere, da proporsi, di conseguenza, davanti al giudice amministrativo: «in altri termini sotto le spoglie di una domanda risarcitoria, l’appellante aveva in realtà direttamente censurato l’atto amministrativo, che non aveva a suo tempo impugnato nella sede propria della giurisdizione amministrativa». Trattandosi, quindi di attività eventualmente illegittima dell’amministrazione, lesiva di interessi legittimi, non di diritti soggettivi, la Corte rigetta il ricorso. Ponendo invece l’accento unicamente sull’illecito comportamento della Banca d’Italia, dei suoi funzionari e del rappresentante della banca incorporante e lamentando, così la lesione del diritto all’integrità del patrimonio, l’altro fratello, conseguì diverso risultato: «quella proposta da Giacomo Costa era una tipica domanda risarcitoria, - sostenne la Corte -, fondata sulla deduzione di fatti illeciti compiuti all’ombra di un’attività amministrativa svolta secondo schemi formali di cui non si contestava in sé la legittimità», andava, di conseguenza, cassata la sentenza declaratoria della carenza di giurisdizione relativamente ad azione risarcitoria instaurata nei confronti della Banca d'Italia e dei suoi funzionari e dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario «in quanto la domanda si basa non sulla denuncia di mere illegittimità di atti amministrativi, ma sull’allegazione di fatti illeciti retrostanti l’attività provvedimentale, direttamente lesivi del diritto all’integrità del patrimonio». Come rilevano puntualmente CENDON P. - GAUDINO L. - ZIVIZ P., Responsabilità civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, 673 «il campo della responsabilità extracontrattuale presente, in effetti, più di un esempio in grado di testimoniare circa la marcata predilezione giudiziaria verso le rotte di tipo «colombiano» (Buscar el levante para el ponente). Non si interviene esplicitamente sul testo dell'art. 2059 c.c., ma viene messa a punto la nuova categoria del danno biologico; non si ammette interamente la cittadinanza delle regole della responsabilità oggettiva, ma si discorre (lo si è fatto a lungo) di colpa presunta iuris et de iure. Oggi ci si inchina al trattamento differenziato dell'interesse legittimo, pronti, però a riconoscere e a suggellare -nelle pieghe della singola vicenda -, l’esistenza della lesione di un diritto (all’integrità del patrimonio)» (675).
[40] L’orientamento nel senso della irrisarcibilità della situazione soggettiva del privato lesa da un provvedimento illegittimo di diniego di concessione edilizia si consolida definitivamente a partire dalla decisione Cass., sez. un., 20 febbraio 1965 n.283, in Foro amm., 1965, I, 158 ss. (160 s.), nella quale lo jus aedificandi è ricondotto alla categoria degli interessi legittimi, più precisamente degli interessi pretensivi o dinamici, qualificato come «un diritto affievolito (id. diritto fievole ab origine), che può essere esercitato legittimamente solo a seguito e nei limiti di una valida autorizzazione amministrativa», vale a dire che la facoltà di edificare viene intesa come non liberamente esercitabile, bensì vincolata a limitazioni e condizioni e soggiacente all'osservanza di prescrizioni la cui valutazione è attribuita, dalla legge, al controllo della Pubblica amministrazione. Con la conseguenza che: «quando l'atto amministrativo violi soltanto una norma di azione non v'è lesione di un diritto soggettivo e, pertanto, il privato che abbia ottenuto dal giudice amministrativo la pronunzia di annullamento dello stesso, non è legittimato all'azione di risarcimento del danno, perché nessuna violazione della sua situazione giuridica ha patito». Nello stesso senso Cass., sez. un., 17 febbraio 1969 n. 543, in Giur. it., 1970, I, 1, 619 ss., ove si afferma che «[d]opo l'annullamento giurisdizionale del rifiuto di una licenza edilizia, non si ricostituisce né si configura una posizione di diritto soggettivo perfetto, che renda proponibile l'azione di risarcimento dei danni»; Cass. sez. un., 8 febbraio 1972 n. 313, in Giur. it., 1973, I, 1, 253 ss., che nega il risarcimento del danno per illegittimo diniego di concessione edilizia considerandolo un rimedio esercitabile soltanto a tutela di diritti soggettivi. La regola dell’irrisarcibilità è stata ribadita in Cass., sez. un., 29 novembre 1988 n. 6485, in Giust. civ., 1988, I, 2810 ss., ed ivi, 1989, I, 1150 ss. con nota di STELLA RICHTER P., Sulla irrisarcibilità del danno causato con l’illegittimo diniego della concessione di costruzione malgrado il carattere non discrezionale della stessa, in Cass., sez. un., 21 gennaio 1988 n. 436, in Finanza locale, 1989, 63 ss., con riferimento al diniego di concessione della licenza di abitabilità; in Cass., sez. un., 5 marzo 1993 n. 2667, in Foro it., 1993, I, 3062 ss., con oss. di BONECHI L.; in Giur. it., 1993, I, 1, 798 ss., con nota MUSY A.M., «Aspettative minori»; in Rass. giur. en. elett., 1994, 694 ss., con nota di ZUCCO A., Diniego di concessione edilizia e posizione soggettiva del privato: è risarcibile oggi il danno da lesione di interesse legittimo; in Vita not., 1994, I, 1, 1155 ss., con nota di Conio E., La posizione giuridica del privato nei confronti della pubblica amministrazione a fronte del mancato rilascio della concessione edilizia, ove si rammenta che anche in presenza di strumenti urbanistici che predeterminano il contenuto dello jus aedificandi, l’amministrazione conserva poteri discrezionali in ordine alle modalità concrete di esercizio di questo «preteso diritto»; trattandosi quindi di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, per la Corte «il privato non ha diritto al risarcimento del danno, [...], dal momento che la norma di cui all’art. 2043 c.c. prevede la risarcibilità del danno derivante esclusivamente dalla lesione di un diritto soggettivo perfetto», e in Cass., sez. un., 20 aprile 1994 n. 3732, Giur. it., 1995, I, 1, 249 ss, con nota Lascialfari M., La Cassazione riafferma la irrisarcibilità degli interessi legittimi; in Vita not., 1995, 633 ss., con nota di Catanoso D., Ancora in tema di (non) risarcibilità degli interessi legittimi; in Dir proc. amm., 1996, 502 ss., con nota di DELFINO B., Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi: verso una soluzione «sistematica», nella quale si ribadisce che «l’esperibilità dell’azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario, contro la pubblica amministrazione, postulando atti di questa non soltanto illegittimi, ma anche illeciti, cioè lesivi di un diritto soggettivo, mentre deve riconoscersi nell’ipotesi in cui il giudice amministrativo annulli per vizi di legittimità il provvedimento di revoca della licenza in precedenza concessa, va esclusa nel diverso caso in cui il detto annullamento riguardi il provvedimento di diniego della licenza, poiché la rimozione del diniego stesso lascia la posizione del privato nella originaria consistenza di interesse legittimo»; Cass., sez. un., 26 aprile 1994 n. 3963, in Foro it., 1994, I, 2712 ss.; Cass., sez. un., 16 dicembre 1994 n. 10800, in Corr. giur., 1995, 483 ss..
Dal punto di vista normativo merita accenno il comportamento «isterico e contraddittorio» del legislatore volto a porre rimedio ai ritardi e ai pretestuosi dinieghi da parte dell’amministrazione in materia, cfr. SCOCA F.G. - D'ORSOGNA M., Silenzio, clamori di novità, in Dir. amm., 1995, 393 ss. (405). Con il d.l. dell'8 aprile 1993 n. 101, (Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia) si era introdotta un’ipotesi di silenzio-assenso decorsi novanta giorni dalla presentazione della domanda di concessione edilizia senza aver ottenuto alcuna risposta dall'autorità competente, prevedendo, inoltre, la responsabilità (del soggetto competente all'adozione del provvedimento e del responsabile del procedimento) per i danni arrecati al singolo con l'illegittimo diniego di concessione edilizia (art.5, comma 8). In questa disposizione è stata intravista una specifica ipotesi di responsabilità per danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi, CLARICH M., Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995, 166. Il comma citato scomparve nelle successive reiterazioni, fino al d.l. 5 ottobre 1993 n. 398 convertito dalla l. 4 dicembre 1993 n. 493 nel quale l’istituto del silenzio-assenso è sostituito da un’articolata procedura volta a consentire al privato di ottenere l’emanazione del provvedimento da parte di un commissario ad acta nominato dal Presidente della Giunta regionale, prevedendo la responsabilità per danni del sindaco e del funzionario responsabile in caso di inadempimento dell'obbligo di provvedere entro i termini fissati (art.4 n.8, l. 493 del 1993). Anche in questa novità è stata vista, da taluno, una possibilità di risarcimento dell'interesse legittimo (CLARICH M., Termine del procedimento, cit., 167), in particolare per violazione dell'obbligo, di natura formale, verbalizzato nell'art.2 della legge 7 agosto 1990 n.241. Come subito precisato dalla giurisprudenza la previsione risarcitoria non copre le ipotesi di illegittimo diniego, ma solamente di comportamento inadempiente dell’amministrazione, Cass., sez. un., 26 aprile 1994 n. 3963, cit. Una serie di successivi decreti legge portarono all'introduzione e poi all'eliminazione di altre disposizioni. Con d.l. 26 luglio 1994 n. 486, reiterato con d.l. 27 settembre 1994 n. 551, e quindi con d.l. 25 novembre 1994 n.649 e con d.l. 26 gennaio 1995 n. 24 disponeva la reintroduzione della responsabilità per illegittimo diniego di concessione edilizia, prevedendo altresì la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ma le successive reiterazioni del citato decreto eliminarono ancora una volta questa ipotesi di responsabilità con l’introduzione di potere sostitutivo analogo a quello introdotto con la l. 4 dicembre 1993 n. 493. Detta formulazione rimane nei termini fino all'ultima reiterazione di cui si è a conoscenza, attuata con d.l. 25 maggio 1996 n. 285 (Le precedenti reiterazioni sono costituite dai d.l. 26 maggio 1995 n. 193, d.l. 26 luglio 1995 n. 310, d.l. 20 settembre 1995 n. 400, d.l. 25 novembre 1995 n. 498, d.l. 24 gennaio 1996 n. 30 e d.l. 25 marzo 1996 n. 154). Infine la questione di illegittimità costituzionale dell’esclusione della responsabilità dell’amministrazione per i danni cagionati ai singoli con illegittimo diniego di concessione edilizia è stata nuovamente rimessa alla Corte costituzionale dal Tribunale di Isernia, 28 giugno 1996 ord. n. 371, in Danno e responsabilità, 1997, 371, nella quale, rilevata la disparità di trattamento risultante dall’orientamento giurisprudenziale secondo cui non sono risarcibili i pregiudizi conseguenti all’illegittimo diniego di una concessione edilizia, mentre lo sono quelli derivanti dall’annullamento o dalla revoca di una concessione edilizia già rilasciata, si dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2043 c.c. «nella parte in cui non prevede la risarcibilità dei danni» conseguenti a tale fattispecie, cfr in dottrina sulla disparità di trattamento tra le due fattispecie, SALVI C., Aspettativa edificatoria e risarcimento del danno, in Foro it., 1983, V, 221 ss. Peraltro la questione di legittimità costituzionale rimane all’interno della concezione dell’ingiustizia del danno come lesione di un diritto soggettivo, poiché la discriminazione concerne fattispecie in cui si ha «coesistenza di un interesse legittimo e di un diritto soggettivo», cfr. BUSNELLI F.D., Lesione di interessi legittimi dal “muro di sbarramento” alla “rete di contenimento”, cit., (270), secondo il quale la strategia dei giudici remittenti è quella di «far entrare nel “muro” mediante l’introduzione più o meno controllata di diritti soggettivi, che fungano da autentici “cavalli di Troia”, nel cui ventre si nascondono interessi legittimi o, anche interessi di fatto».
[41] Trib. Firenze, 9 luglio 1957, in Foro it., 1958, I, 1378 ss.; Cass., sez. un., 31 luglio 1962 n. 2294, in Foro amm., 1963, II, 475, con nota di DAL PIAZ C., Illegittimo rifiuto di autorizzare la riapertura di un esercizio commerciale, e risarcibilità del danno subito dall'interessato, ivi, 476, nel caso di specie era stata concessa dal Sindaco la cessazione temporanea di un esercizio commerciale. Un mese dopo lo scadere del termine prefissato veniva proposta, dal titolare dell'esercizio, domanda per la riapertura dello stesso, che venne respinta con un provvedimento definito dalla Commissione Comunale come di revoca, ma che la Corte ritenne doversi qualificare di decadenza. Di conseguenza, posto che il privato si trovava nella situazione di dover chiedere nuovamente la licenza commerciale egli venne considerato titolare di un interesse legittimo cui non è riconosciuta tutela risarcitoria. v. inoltre Cass., sez. un., 16 ottobre 1962 n. 2998, in Foro amm., 1963, II, 291 ss.; Cass. sez. un., 25 maggio 1976 n. 1878, in Giur. it., 1977, I, 1, 2238 ss., relativa ad una autorizzazione allo spostamento in un luogo diverso dall'originario dell'esercizio commerciale, in seguito alla quale la licenza veniva concessa ad un terzo a causa dell'avvenuta decadenza del primitivo titolare. Deve peraltro segnalarsi la decisione Cass., 3 maggio 1996 n. 4083, in Danno e responsabilità, 1997, 59 ss., con nota di PALMIERI S., Lesione degli interessi legittimi: la Cassazione alle soglie di una svolta epocale?, nella quale la Corte, qualificato come interesse pretensivo la situazione soggettivo del privato a fronte del provvedimento dell’amministrazione che nega il trasferimento della licenza commerciale, rigetta il ricorso proposto dal commerciante volto ad ottenere il risarcimento del lucro cessante per il periodo in cui l’esercizio era rimasto chiuso. Dalla motivazione della decisione emerge che il rigetto è determinato dalla qualificazione come diritto soggettivo perfetto attribuita dal ricorrente alla propria posizione
[42] Trib. Roma 10 ottobre 1991, in Giust. civ., 1992, I, 2205 ss., ed ivi, I, 2213, con nota di Donzella A., Le imprese e la crisi del Golfo; Trib. Roma 10 ottobre 1991, in Nuova giur. civ. commentata, 1992, I, 577 ss., ed ivi, I, 587 ss., con nota di Santoro G., Nozione di “atto politico” e limiti del sindacato dell’autorità giudiziaria sugli atti della p.a.; Cass., sez. un., 4 agosto 1977 n. 3458, in Giust. civ., 1978, I, 135 ss., ove invece si concede il risarcimento del danno poiché in assenza di una norma legislativa che esplicitamente subordini al rilascio di una preventiva licenza l'importazione di merce, l'imprenditore ha un diritto soggettivo alla libera importazione di essa e l'atto amministrativo, annullato anche in sede giurisdizionale dal Consiglio di Stato, che impropriamente assoggetti l'importazione a licenza non è soltanto illegittimo, ma anche illecito.
[43] Cass., sez. un., 3 luglio 1989 n. 3183, in Rep. Giur. it., 1989, voce Responsabilità civile n. 149.
[44] Cass., sez. un., 1 ottobre 1982 n.5030, in Giust. civ., 1982, I, 2916 ss., nella quale la Corte qualifica i provvedimenti prezzi come «provvedimenti ispirati a discrezionalità politico-amministrativa, emanati dalla p.a., sulla base di leggi che attuano in materia i principi costituzionali della inerenza del limite della utilità sociale al diritto di impresa. [...] Il potere di determinazione dei prezzi che la legge ha conferito al c.i.p. costituisce una particolare enucleazione di quello stesso limite attinente alla utilità sociale che è immanente al diritto di impresa sin dal suo sorgere, onde il diritto stesso deve considerarsi costituito con quella limitazione di utilità individuale, privato cioè della facoltà dell'imprenditore di fissare liberamente i prezzi dei prodotti amministrativi. E nell'area di esercizio di quel potere non sussiste che l'interesse legittimo dell'imprenditore al rispetto da parte della p.a. delle norme (di azione) che ne disciplinano il procedimento». Conseguentemente, e riprendendo il principio in base al quale l'ingiustizia del danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., è da intendersi nella duplice accezione di danno prodotto non iure, cioè in assenza di cause giustificative del fatto dannoso, e contra ius, vale a dire che il fatto dannoso incida su una posizione soggettiva qualificata come diritto soggettivo, ove il provvedimento di determinazione prezzi venga annullato dal giudice amministrativo, gli operatori economici non hanno diritto ad una tutela risarcitoria, in quanto titolari di interessi legittimi, cfr. nello stesso senso Cass., sez. un., 13 ottobre 1980 n.5456, in Giust. civ., 1981, I, 543 ss.; Cass., sez. un., 13 luglio 1981 n. 4557, ivi, 1981, I, 2903 ss.; Cass., sez. un., 1 ottobre 1982 n. 5030, in Giur. it., 1983, I, 1, 1915 ss., mentre il giudice di merito aveva configurato una riespansione dell’originaria posizione di diritto dell’imprenditore suscettibile di tutela risarcitoria in seguito all’annullamento, da parte del giudice amministrativo, del provvedimento del CIP, Corte appello Roma 16 febbraio 1981, in Foro amm., 1981, I, 1263 ss.. Al contrario in Cass., sez. un., 16 luglio 1985 n. 4151, ivi, 1985, I, 2159; in Giur. cost. 1986, II, 47 ss., con nota di Manetti M., Prezzi amministrati e tutela del "nucleo essenziale” del diritto di impresa, la Corte, qualificato il provvedimento ministeriale di approvazione delle tariffe aeroportuali come atto di controllo correlato alla tutela di interessi generali, ma espressione unicamente di discrezionalità tecnica limitata al riscontro della congruità dei prezzi delle tariffe medesime rispetto ai costi effettivi ed al giusto profitto dell’impresa concessionaria, ammette che a fronte di atti dell'amministrazione che rifiutino o ritardino richiesti adeguamenti tariffari, e che vengano annullati per illegittimità dal giudice amministrativo, la società concessionaria possa adire il giudice ordinario con azione risarcitoria. La regola dell’irrisarcibilità è riconfermata in Cass., sez. un., 24 febbraio 1986 n.1108, ivi, 1986, I, 1297 ss.; Cass., sez. un., 8 marzo 1986 n. 1560, ivi, 1296 ss.; Cass., sez. un., 14 gennaio 1992, 364, ivi, 1993, I, 775 ss., con nota di CHIRULLI P., Ancora un no della Cassazione alla risarcibilità degli interessi legittimi; in Nuova giur. civ. commentata, 1992, I, 619 ss., con nota di Papa Malatesta A., Determinazione autoritativa dei prezzi e libertà d'impresa, ove si precisa che «tale principio non trova deroga nelle norme dell'ordinamento della CEE, le quali non privano gli Stati membri dei loro poteri d'intervento in campo economico (incluso il settore dei prezzi), ma introducono soltanto limitazioni al riguardo, a difesa della libertà di iniziativa economica e della libertà di circolazione delle merci, ferma però restando l’operatività delle norme interne, per l’individuazione degli strumenti di tutela in caso di illegittimo esercizio di detti poteri».
[45] Cass., sez. un., 6 dicembre 1991 n. 13171, in Giust. civ. Mass., 1991, ove si afferma che «Le norme che disciplinano l’attività amministrativa relativa ai concorsi necessari per l’accesso ad uffici pubblici tutelano, nel loro contenuto fondamentale, l’interesse pubblico attinente alla organizzazione di tali uffici, senza prendere, quindi, direttamente in considerazione gli interessi individuali dei privati concorrenti, i quali sono ab origine titolari di un semplice interesse legittimo all’osservanza di dette norme, tutelabile esclusivamente davanti al giudice amministrativo, il cui eventuale giudicato di annullamento della graduatoria non può comportare alcun risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., ricollegabile esclusivamente alla lesione di situazioni giuridiche aventi la consistenza del diritto soggettivo». Cass., sez. un., 28 aprile 1964 n. 1019, in Foro it., 1964, I, 1287 ss., ove la Corte esclude la giurisdizione del giudice ordinario a decidere sulla domanda dell’attore volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dall’illegittima esclusione dalla nomina all'ufficio di primario ospedaliero sulla premessa che le norme che disciplinano l'attività amministrativa relativa ai pubblici concorsi, tutelano l'interesse pubblico attinente alla organizzazione dei pubblici uffici e non prendono direttamente in considerazione gli interessi individuali dei privati concorrenti, escludendo, in tal modo, la possibilità di far sorgere in capo a questi ultimi dei diritti soggettivi tutelabili in via risarcitoria. Sempre nell’ambito della fase precedente l’instaurazione del rapporto di lavoro, si è escluso la risarcibilità dei danni subiti dal singolo a causa del ritardo nell’assunzione, Cass., sez. un., 14 marzo 1991 n.2723, in Foro it., 1992, I, 174 ss. Sempre nell’ambito dell’attività provvedimentale, si è esclusa tutela risarcitoria del pregiudizio economico subito per il mancato trasferimento in seguito ad un provvedimento di annullamento del provvedimento di assegnazione Cass., sez. un., 30 maggio 1966 n. 1419, in Foro amm., 1966, I, 507 ss.; Cass., sez. un., 8 aprile 1983 n. 2491, in Giust. civ., 1983, I, 1683 ss.; in Cass. , 3 ottobre 1968 n. 3068, in Giust. civ., 1969, I, 1127 ss., la Corte nega la possibilità di proporre domanda di risarcimento del danno, che l'attore assumeva aver subito per effetto di una deliberazione, annullata dal Consiglio di Stato, con la quale era stata suddivisa la condotta medica cui aveva concorso in quanto egli non aveva un diritto soggettivo alla conservazione della condotta nella consistenza territoriale nella quale era stata posta a concorso, posto che le norme dettate per l'organizzazione del servizio sanitario sono norme d'azione, emanate cioè esclusivamente in funzione dei fini pubblici perseguiti dall'ente; in Cass., sez. un., 19 novembre 1974 n. 3699, in Foro amm., 1976, 336 ss., in cui la Corte esclude la risarcibilità del danno del subito dal personale ospedaliero che, assunto provvisoriamente, venne illegittimamente pretermesso in occasione di assunzioni definitive, affermando che «[l]'art.10 d.l. 3 maggio 1948 n. 949, convertito nella l. 4 novembre 1951 n. 1188, ha conferito alle amministrazioni ospedaliere la facoltà discrezionale e non l'obbligo di confermare, nel posto in via definitiva, il personale medico assunto provvisoriamente, e, pertanto, deve ritenersi che i singoli sanitari interessati non siano titolari di un diritto soggettivo alla nomina in ruolo, ma, al più, di un mero interesse legittimo, la cui lesione non dà luogo a risarcimento dei danni».
[46] Cass., sez. un., 10 novembre 1993 n. 11077, cit. La decisione delle Sezioni Unite rappresenta l’ennesimo episodio dell’epopea giudiziaria dell’impresa F.lli Costanzo, iniziata nel 1980 dinanzi al Tribunale amministrativo Lombardo il quale aveva interrogato la Corte di giustizia sulla conformità al diritto comunitario della disciplina nazionale sull’esclusione delle offerte anomala. In seguito alla già richiamate decisione del giudice comunitario il giudizio dinanzi al giudice a quo si era concluso con l’annullamento della decisione di esclusione. Nella decisione riportata nel testo la Corte di Cassazione è chiamata a decidere sul regolamento preventivo di giurisdizione promosso dall’amministrazione convenuta nel successivo giudizio di responsabilità avanti al giudice ordinario.
[47] Le Sezioni Unite hanno immediatamente precisato la portata settoriale dell’art. 13 della l. n. 142 del 1992, traendo anzi da essa conferma a contrariis della regola generale dell’inammissibilità della tutela risarcitoria degli interessi legittimi, v., con riguardo segnatamente alla responsabilità dell’amministrazione per illegittimo diniego di concessione edilizia, Cass., sez. un., 5 marzo 1993 n. 2667, cit.; Cass., sez. un., 20 aprile 1994 n. 3732, cit., Cass., sez. un., 16 dicembre 1994 n. 10800, cit., ove si afferma che «il principio generale della irrisarcibilità della lesione dell’interesse legittimo non può ritenersi superato a seguito dell’entrata in vigore dell'art. 13 della l. 19 febbraio 1992 n. 142, che, in attuazione della direttiva del consiglio Cee n. 665/89 del 21 dicembre 1989, ha attribuito il risarcimento del danno ai soggetti lesi da atti compiuti dalla pubblica amministrazione, in violazione del diritto comunitario, in materia di aggiudicazione di appalti, trattandosi di innovazione espressamente limitata al settore della aggiudicazione degli appalti»; e recentemente Cass., sez. un., 1 ottobre 1996 n. 8587, in Giust. civ. Mass., 1996, 1348. Peraltro nelle sentenze n. 2667 del 1993 e 3732 del 1994 i giudici avvertono esplicitamente la tendenza in atto nell’ordinamento al riconoscimento generalizzato della tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Per la dottrina favorevole alla vis espansiva della norma comunitaria, v. CARANTA R., Responsabilità extracontrattuale della P.A. per lesione di interessi legittimi e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 1991, 1018 ss. (1024); Id., Giustizia amministrativa e diritto comunitario, cit., 475 ss.; Id., Responsabilità extracontrattuale della Pubblica amministrazione, cit., 100 ss.; ABBAMONTE G., Sulla risarcibilità dei danni da azione di interessi legittimi: diritto interno e fonti comunitarie, in Studi in memoria di F. Piga, Milano, 1992, I, 1 ss. (4 ss.); VACCARO C., Artt. 12 e 13 della L. 19 febbraio 1992 n. 142: risarcimento danni per violazione del diritto comunitario delle norme di recepimento del diritto comunitario in materia di appalti, in Riv. amm., 1993, 948 ss.; FRAGOLA M., Le innovazioni introdotte dalla legge 19 febbraio 1992 n. 142 (legge comunitaria 1991) in materia di risarcibilità delle lesioni di interessi legittimi, cit., 761; ACONE M., Diritto e processo nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva Cee 665/89 alla legge «comunitaria» per il 1991, in Foro it., 1992, V, 322 ss. (325 ss.); distinguendo tra vis espansiva interna (tra interessi legittimi in materia di appalti di rilievo comunitario e non) ed esterna (tra interessi legittimi in ambiti diversi dell’attività amministrativa) FRANCO I., Il contenzioso in materia di gare per gli appalti pubblici di lavori e forniture alla luce della normativa comunitaria, in Foro Amm., 1993, II, 1427 ss. (1442); e recentemente PIRAINO S., La tutela risarcitoria degli interessi legittimi, cit., 500 e 504 s. Sostengono la tesi opposta CARBONE V., L'art.13 della legge n. 142/92 non costituisce un principio di ordine generale, in Corr. giur., 1994, 579; FERRI P.G., La tutela risarcitoria del diritto comunitario degli appalti pubblici, cit., 1265; CASETTA E., Profili della evoluzione dei rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione, cit., 18-19. Puntualmente osserva SORACE D., La responsabilità extracontrattuale pubblica: spunti comparatistci nella prospettiva della europeizzazione, cit., 21 che «[s]e si tiene presente che le norme sulla scelta del contraente in materia di appalti sono pacificamente considerate in Italia all’origine di interessi legittimi, con la conseguenza che la loro violazione non è considerata dalla giurisprudenza sufficiente a garantire il risarcimento dei danni, anche la novità così introdotta risulta di evidente rilievo teorico (oltre che pratico, soprattutto se il principio finirà per essere applicato al di là del circoscritto ambito dei fenomeni disciplinati dal diritto comunitario). [...] però, il significato del nuovo principio non è quello (come taluno potrebbe credere) che in ogni caso di violazione di interessi legittimi debba necessariamente esserci anche una condanna al risarcimento dei danni (col totale ribaltamento, dunque, del principio opposto affermatosi nel nostro Paese), ma piuttosto che, nel caso che dalla violazione delle norme sia derivato realmente un danno, il risarcimento di quest’ultimo non può essere evitato per il solo fatto che si è in presenza di interessi legittimi e non di diritti soggettivi».
[48] GRECO G., L’adeguamento dell’ordinamento italiano alle direttive comunitarie in materia di appalti di lavori pubblici, cit.; Id., La responsabilità civile dell’amministrazione e dei suoi agenti, in AA.VV., Diritto amministrativo, Bologna, 1993, II, 1393 ss. (1400). v. inoltre GIORGIANNI M., L’incidenza dei principi comunitari sul contratto di appalto, in Rass. giur. en. elettr., 1993, 71 ss. Ancora recentemente si è osservato che la disciplina comunitaria, per la sua equivocità, non consente di escludere la possibilità di un inquadramento della responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici nello schema dell’illecito precontrattuale, CAFAGNO M., La tutela risarcitoria degli interessi legittimi, cit., 28. Riconduce la responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici alla culpa in contrahendo anche FRANZONI M., Risarcimento per lesione di interessi legittimi, in Contr. impr., 1993, 274 ss.
[49] Come noto a partire dagli anni 60 la giurisprudenza ha definitivamente affermato la generale soggezione dell’amministrazione ai principi di correttezza e buona fede nel corso dell’attività contrattuale, cfr. per una quadro completo dell’evoluzione dell’orientamento giurisprudenziale e dottrinale in materia Liuzzo E., La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, Milano, 1995. In precedenza giurisprudenza e dottrina escludevano la configurabilità di una culpa in contrahendo dell’amministrazione per lesione dell’affidamento del contraente privato sulla premessa che il relativo accertamento avrebbe implicato un sindacato del giudice ordinario nella sfera della discrezionalità amministrativa, in spregio alle norme in punto di riparto di giurisdizione, ALESSI R., La responsabilità della Pubblica amministrazione, Milano, 1955, 146. L’obiezione è stata superata dalla giurisprudenza (v. in particolare Cass. 8 maggio 1963 n. 1142, in Foro it., 1963, I, 1699) sull’insegnamento della dottrina che aveva rilevato che, ai fini della verifica della responsabilità precontrattuale, «ciò che si chiede al giudice non è di valutare se il soggetto amministrativo si sia condotto da corretto amministratore, ma se si sia condotto da corretto contraente», NIGRO M., L’amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato: a proposito di condizioni legali, in Foro it., 1961, I, 457 ss. (462). In generale sulla responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione: BENATTI F., Brevi note sulla responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, in Foro pad., 1962, I, 1357 ss. GIANNINI M.S., La responsabilità precontrattuale dell’amministrazione pubblica, in Raccolta di scritti in onore di A.C. Jemolo, Milano, 1963, III, 263 ss. STOLFI G., Sulla colpa «in contrahendo» dell’amministrazione pubblica, in Riv. dir. comm., 1975, II, 22 ss.; LEONE G., Osservazioni sulla responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione con particolare riguardo alle trattative svolte senza autorizzazione, in Giur. it., 1977. IV, 123 ss.; Nocco V., La responsabilità precontrattuale in particolare quella della P.A., in Nuova rass., 1991, 1494 ss.; Palmieri G., Nota minima in tema di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, in Rass. avv. St., 1983, I, 864 ss.; Santoro P., Le responsabilità nell’attività contrattuale pubblica, in Riv. amm., I, 1, 370 ss.; Sicchiero G., Conclusione di contratti con la p.a., in Foro pad., 1992, I, 50 ss.; Viale M., In tema di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, in Riv. dir. comm., 1983, II, 240 ss.; VACCARELLA L., Atti prodromici alla conclusione del contratto e profili di responsabilità della pubblica amministrazione , in Riv. trim. app., 1990, 790 ss.
[50] Cass., 29 luglio 1987 n. 6545, in Nuova giur. civ. commentata, 1988, I, 167 ss., con nota di Anelli F., Il fondamento e i limiti della responsabilità precontrattuale della p.a, in Riv. trim. app., 1991, 234 ss., con nota di Petrone M., La responsabilità precontrattuale della p.a., ove si afferma che «La responsabilità precontrattuale per violazione del principio di buona fede ex art. 1337 c.c. postula anche nei confronti della p.a. l’esistenza dello schema privatistico di formazione del contratto e non è pertanto configurabile sotto il profilo di un comportamento lesivo con riguardo al procedimento amministrativo di scelta del futuro contraente in relazione all’aspettativa di aggiudicazione da parte del privato, come nell’ipotesi in cui la p.a. abbia fatto ricorso, ai fini della scelta di un futuro contraente, al procedimento di licitazione privata, non sussistendo in tale procedimento le parti contraenti cui fa riferimento l’art. 1337 c.c., né essendo ravvisabile tra la p.a. ed i partecipanti alla gara un rapporto personalizzato da cui possa farsi discendere un obbligo di buona fede dell’autorità amministrativa atteso che i singoli concorrenti conoscono la propria offerta, ma non quella degli altri, e quindi non possono esprimere una valutazione preventiva circa l’esito favorevole del provvedimento né invocare un legittimo affidamento per la conclusione del contratto. In tal caso la responsabilità precontrattuale della p.a. non può configurarsi neppure a seguito dell'annullamento giurisdizionale degli atti relativi alla soppressione della gara e alla stipula di un contratto a trattativa privata con altre imprese perché il giudicato amministrativo di annullamento non modifica la consistenza della situazione soggettiva dedotta in giudizio, che rimane immutata come interesse legittimo»; Cass., sez. un., 6 ottobre 1993 n. 9892, in Giur. it. 1995, I, 1, 95 ss., con nota di CARUSI D., Problemi della responsabilità precontrattuale alla luce della giurisprudenza sulla «culpa in contrahendo» della pubblica amministrazione; in Corr. Giur., 1994, 208 ss., BATÁ A., Responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione e identificazione del contraente; e recentemente Cass., sez. un., 26 marzo 1997 n. 4673, inedita. Il principio è stato ritenuto applicabile anche quando la soppressione illegittima degli atti della gara intervenga dopo la ricezione delle offerte e prima dell’apertura delle buste, quando cioè non vi sia ancora l’individuazione del concorrente aggiudicatario, cfr. oltre a Cass., 29 luglio 1987 n. 6545, cit.; Cass., Cassazione civile, sez. un., 26 giugno 1986 n. 4251, in Giust. civ. Rep., 1986, voce Opere pubbliche n. 15. Ancora si è affermato che in tema di appalto concorso. Diversamente la dottrina ritiene che anche nei procedimenti di evidenza pubblica «il privato partecipante, la cui offerta non abbia ricevuto l’approvazione dell’apposita commissione prevista dall’art. 3 della l. 1 luglio 1977 n. 404, è titolare di una posizione di interesse legittimo che non assume consistenza di diritto soggettivo neanche a seguito dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento negativo della commissione, App. Roma, 17 aprile 1990, in Foro it., 1990, I, 2953 ss. Favorevole all’estensione della responsabilità precontrattuale alla fase dell’evidenza pubblica è unanimemente la dottrina, secondo cui «non pare corretto inquadrare gli atti di evidenza pubblica soltanto nell’ambito del procedimento amministrativo ed escludere ogni loro valenza privatistica. Viceversa, proprio perché da tali atti sortisce un contratto di diritto privato, pare necessario riconoscere nell’invito alla gara, nell’offerta del concorrente privato e nell’aggiudicazione dell’amministrazione, altrettanti precisi momenti di “trattativa” e di “formazione del contratto”, rilevanti ai sensi dell’art. 1337 c.c.: si tratta rispettivamente, dal punto di vista civilistico, di un invito ad offrire, di una proposta contrattuale e di una accettazione», GRECO G., La responsabilità civile dell’amministrazione e dei suoi agenti cit., 1399; Id., I contratti dell'Amministrazione tra diritto pubblico e privato, cit., 115 ss. La giurisprudenza ammette invece che dopo l’aggiudicazione dell’appalto e fino all’emanazione dell’atto terminativo dell’iter contrattuale (approvazione), l’attività dell’amministrazione possa dar luogo a responsabilità precontrattuale, cfr. Cass., sez. un., 5 agosti 1975 n. 2980, in Giur. it., 1977, I, 1 , 168 ss., nella quale si è ritenuta sussistente la responsabilità per culpa in contrahendo dell’amministrazione che aveva dapprima negato l’approvazione dell’aggiudicazione, ed in un secondo tempo esperito una nuova gara; Cass., 11 maggio 1990 n. 4051, in Rass. avv. St., 1990, I, 235 ss. Tale tesi è criticata dalla dottrina che, stante la regola in forza della quale il verbale di aggiudicazione costituisce il momento perfezionativo del contratto (salvo il caso della trattativa privata e dell’appalto-concorso) e che la successiva approvazione si atteggia a condicio iuris della sua efficacia, rileva le anomalie con l’iter perfezionativo dei contratti tra privati osservando che «la responsabilità precontrattuale viene ad operare in una fase successiva alla stipulazione del contratto, superando quella che potrebbe definirsi il naturale limite logico - temporale dell’operatività dell’art. 1337, rappresentato, appunto, dall’avvenuta conclusione del contratto, che pone termine alle trattative per aprire una nuova fase del rapporto tra le parti», Anelli F., Il fondamento e i limiti della responsabilità precontrattuale della p.a., cit., 171. Sulla configurabilità della responsabilità per culpa in contrahendo dell’amministrazione aggiudicatrice, anche prima dell’aggiudicazione, qualora venga scelto il sistema della trattativa privata, Cass., sez. un., 5 dicembre 1995 n. 12523, in Foro it., 1996, I, 378 ss.; in Corr. giur., 1996, 294 ss., con nota di CARINGELLA F., Responsabilità precontrattuale della P.A. a cavallo tra schemi privatistici e moduli procedimentali, che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario a decidere sull’azione proposta da una impresa contro l’amministrazione che aveva manifestato la volontà di non dar seguito all’affidamento dell’appalto per il quale aveva iniziato una trattativa con la stessa impresa. Nello stesso senso già Cass., sez. un., 23 settembre 1994 n. 7842, in Gius., 1994, 18, con nota di CARBONE V.
[51] Come osserva la dottrina «si profila un gigantesco vuoto di tutela del privato a fronte di arbitri e di abusi anche macroscopici posti in essere dalla P.A. in sede di procedura di evidenza pubblica, quale ad esempio l’immotivata interruzione del procedimento persino dopo l’informale scelta del vincitore, non consacrata in un’aggiudicazione formale. É infatti di tutta evidenza che il dogma pretorio dell’irrisarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo finisce col trasformare l’esito vittorioso del relativo giudizio amministrativo in una vittoria di Pirro, priva di utilità nell’ottica del ristoro precontrattuale, oltre che il più delle volte tardiva ove il contratto sia stato medio tempore stipulato con il terzo e da quest’ultimo portato ad esecuzione», CARINGELLA F., Responsabilità precontrattuale della P.A. a cavallo tra schemi privatistici e moduli procedimentali, cit., 300.
[52] Secondo l’insegnamento della dottrina che considera risarcibile non l’interesse legittimo, ma l’interesse sostanziale del ricorrente in quanto altrimenti meritevole di tutela, CASETTA E., Relazione introduttiva, cit., supra nt. 13. La sanzione del diritto del singolo al comportamento in buona fede dell’amministrazione viene in rilievo come situazione giuridica soggettiva autonoma, tutelabile in via risarcitoria per la protezione che essa riceve dall’art. 1337 c.c., a nulla rilevando l’incidenza dell’atto autoritativo. La responsabilità dell’amministrazione discende infatti dalla violazione della regola comportamentale, pur se l’origine del danno è individuata in un atto discrezionale a fronte di un mero interesse legittimo non collegato a diritto soggettivo perfetto. L’esigenza di rintracciare in altre norme o principi, quali quelli sulla buona fede e correttezza nelle trattative, è avvertita anche nell’ordinamento tedesco, ove - come si vedrà - la disciplina sulle procedure di aggiudicazione che - in quanto diritto interno all’ordinamento amministrativo - non ha rilevanza esterna è la sua violazione non determina la responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione (Amtshaftung) ai sensi del § 839 BGB, cfr. infra Errore. Il segnalibro non è definito..
[53] Ossia l’interesse all’esecuzione del contratto d’appalto rappresentato dal depauperamento che il soggetto avrebbe evitato (danno emergente) e dal vantaggio economico che avrebbe conseguito (lucro cessante) se il contratto fosse stato eseguito.
[54] GIANNINI M. S., Intervento, in Atti del Convegno, cit., 511 ss. (519) secondo il quale «se noi riteniamo che qui vi è un rapporto giuridico in cui uno dei soggetti è titolare di una situazione che non è di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo patrimonialmente rilevante, non è questa la vicenda che troviamo proprio nel caso della responsabilità precontrattuale? Anche nella responsabilità precontrattuale infatti non esistono ancora diritti soggettivi dei contraenti, né si può dire, secondo quella meno recente dottrina privatistica, che il diritto leso esiste sempre, ed è un diritto assoluto della personalità od altro; [...] Si potrebbe pensare che quando l’interesse legittimo si presenta come interesse ordinato all’ottenimento di un bene della vita sia identica la posizione del titolare dell’interesse legittimo e del titolare del potere, cioè l’Amministrazione, onde ambedue abbiano il dovere di comportarsi secondo buona fede». Sulla rilevanza che assume in questa prospettiva il comportamento dell’amministrazione in funzione strumentale alla realizzazione dell’utilità sostanziale oggetto dell’interesse legittimo, v. FOLLIERI E., Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, cit., 13. Le conseguenze invece sull’entità del risarcimento, che verrebbe limitato all’interesse negativo, sono evidenziata da GRECO G., Responsabilità civile della pubblica amministrazione nell’urbanistica, cit., 569.
[55] infra nel testo.
[56] Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, ex multis Cass., 28 gennaio 1972 n. 199, in Giur. it., 1972, I, 1, 1315 ss. con nota di RASI S.A., In tema di responsabilità extracontrattuale; Cass., 11 settembre 1989 n. 3922, in Giust. civ. Mass., 1989; Cass., 12 marzo 1993 n. 2973, in Giust. civ. Mass., 1993. in particolare si richiede che le parti, sia pure a livello di semplici trattative, abbiano preso in considerazione gli elementi essenziali del contratto da concludere; Cass., 30 marzo 1990 n. 2623, in Giust. civ. Mass., 1990; Cass., 25 febbraio 1992 n. 2335, in Foro pad., 1993, I, 149 ss., con nota di Verdicchio V., Sul recesso ingiustificato dalle trattative; Cass., 13 marzo 1996 n. 2057, in Giust. civ. Mass., 1996, 348. Sulla premessa che l’affidamento idoneo a far sorgere la responsabilità precontrattuale non ha per oggetto la pretesa conclusione del contratto, ma il comportamento dell’altra parte secondo correttezza e buona fede, la dottrina ritiene invece che l’affidamento possa sorgere anche nelle fasi iniziali del rapporto prenegoziale, v. TURCO G., Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990, 247 ss.
[57] cfr. Pret. Roma 2 luglio 1990, in Riv. giur. lav., 1991, II, 425 ss., con nota di Scotti D.F. , Ancora sui limiti ai poteri privati nell'esercizio dell'impresa., ove si afferma che «tra l'ente pubblico economico che abbia stabilito e pubblicizzato un programma di assunzioni regolamentato da norme interne all’ente stesso e l’aspirante all’assunzione che abbia presentato domanda conformemente alle disposizioni previste, viene in essere un rapporto giuridico precontrattuale da qualificarsi come prima embrionale trattativa ai fini della stipulazione del contratto di lavoro. Nell’ambito di tale rapporto le parti hanno l'obbligo di comportarsi secondo il fondamentale principio della buona fede ex art. 1337 c.c. che integra, nella fattispecie, un obbligo a carico dell’ente di informativa della controparte in ordine ai criteri di selezione adottati ed alla possibilità di conclusione del contratto, suscettibile di tutela in forma specifica».
[58] Il problema è stato affrontato dalla dottrina nell’ordinamento tedesco ove la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice è ancora ricondotta alla responsabilità per culpa in contrahendo, cfr. infra Errore. Il segnalibro non è definito. ss.
[59] In tale situazione non può dire di trovarsi l’imprenditore concorrente ammesso ad impugnare la scelta dell’amministrazione di procedere all’affidamento dell’appalto a trattativa privata. Ma anche ove l’imprenditore si trovi in una di quelle situazioni che la giurisprudenza amministrativa considera sufficienti a legittimare l’imprenditore ad impugnare la scelta del sistema della trattativa privata (precedenti rapporti, ecc.) può ritenersi sussistente un fondato affidamento in ordine all’ottenimento dell’appalto. Emerge dalla casistica giurisprudenziale che perché sussista la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione è necessario che sia già iniziata l’attività propriamente negoziale: Cass., sez. un., 5 dicembre 1995 n. 12523, cit., ove si afferma che il privato può vantare posizioni di diritto soggettivo, riconducibili, come propria fonte, appunto all'attività negoziale svoltasi tra la p.a. ed il privato imprenditore e correlati «alle vicende ed al grado di sviluppo in concreto assunto dalla detta attività». Nel caso di specie il contraente era già stato individuato ed era già iniziata l’attività propriamente negoziale con domanda dell’impresa diretta ad ottenere l’appalto a trattativa privata dei lavori e con la comunicazione dell’amministrazione di accoglimento della domanda, attività poi interrotta dalla stessa amministrazione che aveva dichiarato la volontà di non dar seguito all’affidamento con la predetta impresa.
[60] Greco G., Gli appalti pubblici di servizi, cit., 1301; GRECO G., L’effettività della giustizia amministrativa italiana nel quadro del diritto europeo, cit. 802-803.
[61] (art.5, comma 8, del d.l. 8 aprile 1993 n. 101: Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia)
[62] CLARICH M., Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995, 166.
[63] L’espressione è impiegata da SCOCA F.G. - D'ORSOGNA M., Silenzio, clamori di novità, in Dir. amm., 1995, 393 ss. (405).
[64] Il comma citato scomparve nelle successive reiterazioni, fino al d.l. 5 ottobre 1993 n. 398 convertito dalla l. 4 dicembre 1993 n. 493 nel quale l’istituto del silenzio-assenso è sostituito da un’articolata procedura volta a consentire al privato di ottenere l’emanazione del provvedimento da parte di un commissario ad acta nominato dal Presidente della Giunta regionale, prevedendo la responsabilità per danni del sindaco e del funzionario responsabile in caso di inadempimento dell'obbligo di provvedere entro i termini fissati (art.4 n.8, l. 493 del 1993). Anche in questa novità è stata vista, da taluno, una possibilità di risarcimento dell'interesse legittimo (CLARICH M., Termine del procedimento, cit., 167), in particolare per violazione dell'obbligo, di natura formale, verbalizzato nell'art.2 della legge 7 agosto 1990 n.241. Come subito precisato dalla giurisprudenza la previsione risarcitoria non copre le ipotesi di illegittimo diniego, ma solamente di comportamento inadempiente dell’amministrazione, Cass., sez. un., 26 aprile 1994 n. 3963, cit. Una serie di successivi decreti legge portarono all'introduzione e poi all'eliminazione di altre disposizioni. Con d.l. 26 luglio 1994 n. 486, reiterato con d.l. 27 settembre 1994 n. 551, e quindi con d.l. 25 novembre 1994 n.649 e con d.l. 26 gennaio 1995 n. 24 disponeva la reintroduzione della responsabilità per illegittimo diniego di concessione edilizia, prevedendo altresì la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ma le successive reiterazioni del citato decreto eliminarono ancora una volta questa ipotesi di responsabilità con l’introduzione di potere sostitutivo analogo a quello introdotto con la l. 4 dicembre 1993 n. 493. Detta formulazione rimane nei termini fino all'ultima reiterazione di cui si è a conoscenza, attuata con d.l. 25 maggio 1996 n. 285 (Le precedenti reiterazioni sono costituite dai d.l. 26 maggio 1995 n. 193, d.l. 26 luglio 1995 n. 310, d.l. 20 settembre 1995 n. 400, d.l. 25 novembre 1995 n. 498, d.l. 24 gennaio 1996 n. 30 e d.l. 25 marzo 1996 n. 154).
[65] Secondo i primi commentatori la norma lascia del tutto impregiudicata la questione della risarcibilità degli interessi legittimi, disponendo esclusivamente, in ossequio alla legge delega, il trasferimento delle competenze dal giudice ordinario al giudice amministrativo nelle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva di quest’ultimo (servizi pubblici e urbanistica). Come osserva il Cons. Filippo Patroni Griffi, Capo dell'Ufficio legale del Ministro per la Funzione Pubblica, nell’articolo “Non cambia il diritto sostanziale” pubblicato su Italia Oggi, le norme contenute negli artt. 33-35 del recente D. Lvo n. 80/1998 «hanno portata esclusivamente processuale. Nel senso che individuano il giudice competente a conoscere della lesione, stabilendo, innovativamente, che il giudice amministrativo conosce anche della domanda volta a conseguire il risarcimento del danno subito, ma non hanno alcuna portata innovativa sul piano sostanziale. In altri termini, il decreto delegato non si occupa, né poteva occuparsi, della diversa questione di quali siano le situazioni soggettive risarcibili. In forza dell'art. 35, dunque, non vi è riconoscimento della risarcibilità dell'interesse legittimo, ma la mera attribuzione al giudice amministrativo della competenza a conoscere delle questioni attinenti al risarcimento del danno in relazione al cattivo esercizio di pubbliche funzioni». Nel senso invece della portata innovativa della disciplina del problema di ordine sostanziale della risarcibilità degli interessi legittimi. V. Angeletti, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Cpostituzionale: un'ammissibilità rinviata a miglior occasione.
[66] Sulla connotazione sostanziale dell'interesse legittimo cfr. BACHELET V., La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Milano, 1966, 16 ss.; PIRAS A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962, II, 462 ss.; SCOCA F.G., Il silenzio della pubblica amministrazione, Milano, 1971, 114 ss.; Id., Sulle implicazioni del carattere sostanziale dell'interesse legittimo, in Scritti in onore di M.S. Giannini, cit., III, 669 ss.; ANGELETTI A., Aspetti problematici della discriminazione delle giurisdizioni e Stato amministrativo, Milano, 1980, 213 ss.; GRECO G., L'accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, 158 ss.; STELLA RICHTER P., L’aspettativa di provvedimento, in Riv. trim. dir. pubbl., 1981, 24 ss.; CHITI M.P., L’influenza dei valori costituzionali sul processo amministrativo, in PIZZORUSSO A. - VARANO V., L’influenza dei valori costituzionali sui sistemi giuridici contemporanei, cit., ; GIACCHETTI S., L’interesse legittimo alle soglie del 2000, in Scritti per M. Nigro, Milano, 1991, III, 273 ss.; TRIMARCHI F., Aspetti «sostanziali» della tutela giurisdizionale amministrativa, ivi, III, 755 ss.
[67] NIGRO M., Giustizia amministrativa, Bologna, 1994, 97.
[68] Scognamiglio C., Ingiustizia del danno, in Enc. Giur. Treccani, Roma,
[69] Cfr. Salvi C., Il danno extracontrattuale. Modelli e funzioni, Napoli, 1985, 153 ss.
[70] Salvi C., Aspettativa edificatoria e risarcimento del danno, in Foro it., 1983, V, 221 ss. (226).
[71] Casetta, Responsabilità della Pubblica Amministrazione, in Digesto, Disc. Pubbl., XIII, Torino, 1997, 210 ss. (219).
[72] Cfr. BUSNELLI F.D., Lesione di interessi legittimi dal “muro di sbarramento” alla “rete di contenimento” , cit.
[73] Cfr. per la prima affermazione della distinzione NIGRO M., La giustizia amministrativa, Bologna, 1979, 131 ss. (nell’edizione del 1994, cit., 113)
[74] Cfr. Follieri, Lo stato dell'arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Possibili profili ricostruttivi, in La risarcibilità dei danni da lesione di interessi legittimi, Atti del XLII Convegno di Studi di Scienza dell'amministrazione, Milano, 1998, 55 ss. (81)
[75] v supra nota 23
[76] BUSNELLI F.D., Lesione di interessi legittimi dal “muro di sbarramento” alla “rete di contenimento” , cit., 272
[77] cfr. Protto, L'effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, Milano, 1997, 537 ss.
[78] Sia nuovamente consentito il rinvio a Protto, L'effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, 397 ss.
[79] SCOCA F.G., Interessi protetti, in Enc. giur. Treccani, ad vocem, 19.
[80] Casetta, Responsabilità della Pubblica Amministrazione, cit., 220
[81] Cfr. CARANTA R., La responsabilità extracontrattuale della Pubblica amministrazione, cit.,
[82] SCOCA F.G., Interessi protetti, cit., 19
[83] Follieri, Lo stato dell'arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Possibili profili ricostruttivi, cit., 84.
[84] Corte cost., 8 maggio 1998, n. 165, cit.
[85] Cass. 29 giugno 1981 n. 4204, in Giust. civ., 1981, 1893.
[86] Cass., sez. un., 18 novembre 1992 n. 12316, cit; nello stesso senso Cass., sez. un.., 22 ottobre 1984 n. 5361, in Resp. civ. prev., 1985, 652 ss., ove si afferma che «il diritto del privato al risarcimento del danno patrimoniale consequenziale ad un atto amministrativo illegittimo, previo annullamento di esso da parte del giudice amministrativo, non postula la prova della colpa della Pubblica Amministrazione, di per sé ravvisabile nella violazione della legge con l'emissione ed esecuzione dell'atto medesimo»; Cass. 12 ottobre 1964 n. 2575, in Giust. civ., 1965, I, 34 ss.; Cass., 4 gennaio 1964 n. 3, in Giur. it., 1964, I, 1, 1186 ss.; Cass. 12 luglio 1957 n. 2820, in Giust. civ., 1958, I, 890 ss.; Cass. 23 febbraio 1956 n. 507, in Giur. it., 1956, I, 1, 129 ss.
[87] Cass. 24 maggio 1991 n. 5883, in Resp. civ. prev., 1992, 247 ss., con nota di CARANTA R., Colpa e responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione per attività provvedimentale: la «faute de service» conquista la Cassazione; in Corr. giur., 1991, 1081 ss., con nota di MARONE R., Un ulteriore passo avanti nell’identificazione della responsabilità della Pubblica amministrazione. L’orientamento pare ormai consolidato dopo le recenti decisioni Cass., 7 aprile 1994 n. 3293, in Foro it., 1995, I, 1943 ss., che esclude la rilevanza dell’errore scusabile del funzionario; Cass., 20 gennaio 1995 n. 623, in Giust. civ., 1995, I, 2460 ss., che limitata l’accertamento della colpa all’attività materiale dell’amministrazione, ribadendo l’irrilevanza nella attività provvedimentale, e da ultimo Cass., 9 giugno 1995 n. 6542, cit., ove si afferma che «sebbene l’affermazione della responsabilità della P.A. per danni ingiusti nei confronti di un privato richieda la esistenza dell’elemento soggettivo della imputabilità per colpa o dolo, per quanto riguarda gli atti illegittimi la colpa è di per sé ravvisabile nell’accertata illegittimità dell’atto, cioè nella sua conformità alle norme alle quali doveva rapportarsi l’attività amministrativa, realizzata in violazione di esse con la emissione del provvedimento (necessariamente volontaria) e con la sua esecuzione».
[88] ABBAMONTE G., Tutela degli interessi legittimi e risarcimento del danno, in Atti del convegno, cit., 29 ss. (36) «il problema delle conseguenze patrimoniali della illegittimità degli atti amministrativi verrà studiato, seguendo l'indirizzo della dottrina dominante, indipendentemente dagli elementi del dolo e della colpa: questi sono propri della responsabilità degli individui e non delle organizzazioni e quindi possono venire in rilievo per la responsabilità personale dei funzionari o per graduare le conseguenze patrimoniali dei fatti di costoro che siano riferibili alla p.a.»; SATTA F., I soggetti dell’ordinamento. Per una teoria della responsabilità civile dell’amministrazione, in Riv. dir. civ., 1977, I, 28 ss. (32) secondo il quale «non vi è un fatto del funzionario, che causi responsabilità dell’amministrazione, ma una responsabilità dell’amministrazione, legata all’emanazione di atti amministrativi, scissa dalla qualificazione, in termini di colpevolezza in concreto o per via di presunzioni, del fatto del funzionario». In senso decisamente contrario a siffatta ricostruzione dell’elemento soggettivo nella responsabilità dell’amministrazione, CASETTA E., Responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, cit., 2;
[89] V. il commento di CARANTA R., Colpa e responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione per attività provvedimentale: la «faute de service» conquista la Cassazione, cit.; id., La responsabilità extracontrattuale della Pubblica Amministrazione, cit., 120 e 434 ss.
[90] cfr. CASTRONOVO C., L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, in Scritti in onore di L. Mengoni, Milano, 1995, I, 148 ss., ora in Id., La nuova responsabilità civile, 2 ed., Milano, 1997, 177 ss. Oltre alla vexata quaestio della responsabilità per culpa in contrahendo, sono discusse in questa prospettiva le fattispecie di responsabilità da prospetto, la responsabilità professionale per violazione di obblighi di stato o nel caso di terzi danneggiati da prestazioni professionali, la responsabilità del produttore per prodotti difettosi e la responsabilità del prestatore di servizi.
[91] CASTRONOVO C., La nuova responsabilità civile, cit., 197
[92] v da ultimo MAURER H., Allgemeines Verwaltungsrecht, 11 ed., München, 160 ss., ove ult. riff. alle posizioni della dottrina.
[93] SCOCA F.G., Interessi protetti (dir. amm.), in Enc. giur., Roma,
[94] NIGRO M., Ma che cos’è questo interesse legittimo? Interrogativi vecchi e nuovi spunti di riflessione, in Scritti giuridici, Milano, 1996, III, 1881 ss. (1897).
[95] NIGRO M., Ma che cos’è questo interesse legittimo? Interrogativi vecchi e nuovi spunti di riflessione, cit., 1898.
[96] Sulla configurazione del giudizio amministrativo come giudizio sul “rapporto” v. GRECO G., L'accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, Milano, 1980; Id., Per un giudizio di accertamento compatibile con la mentalità del giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 1992, 461 ss.; PIGA F., Giurisdizione di legittimità e giudizio di ottemperanza, in Foro amm., 1982, 2034 ss.; FERRARI E., La decisione giurisdizionale amministrativa: sentenza di accertamento o sentenza costitutiva?, in Dir. proc. amm., 1988, 597 ss.; LEDDA F., Efficacia del processo e ipoteca degli schemi, in Per una giustizia più celere ed efficace (Atti del Convegno di Messina, 15-16 aprile 1988), Milano, 1993, 132 ss.; STELLA RICHTER P., Per l’introduzione dell’azione di mero accertamento nel giudizio amministrativo, in Scritti in onore di M.S. Giannini, cit., III, 989; ABBAMONTE G., Sentenze di accertamento ed oggetto del giudizio amministrativo di legittimità, cit., 1 ss.; e recentemente in senso dubitativo MURGIA S., Crisi del processo amministrativo e azione di accertamento, in Dir. proc. amm., 1996, 244 ss.
[97] supra
[98] CLARICH M., Termine del procedimento e potere amministrativo, cit., 148 ss.
[99] CLARICH M., op. loc. ult. cit.
[100] CASTRONOVO C., L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, cit., passim.
[101] v. la fondamentale opera di MERUSI F., L’affidamento del cittadino, Milano, 1970.
[102] GIANNINI M. S., Intervento, in Atti del Convegno, in Atti del convegno nazionale sull’ammissibilità del risarcimento del danno patrimoniale derivante da lesione di interessi legittimi, Roma, 1965, 511 ss. (519) secondo il quale «se noi riteniamo che qui vi è un rapporto giuridico in cui uno dei soggetti è titolare di una situazione che non è di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo patrimonialmente rilevante, non è questa la vicenda che troviamo proprio nel caso della responsabilità precontrattuale? Anche nella responsabilità precontrattuale infatti non esistono ancora diritti soggettivi dei contraenti, né si può dire, secondo quella meno recente dottrina privatistica, che il diritto leso esiste sempre, ed è un diritto assoluto della personalità od altro; [...] Si potrebbe pensare che quando l’interesse legittimo si presenta come interesse ordinato all’ottenimento di un bene della vita sia identica la posizione del titolare dell’interesse legittimo e del titolare del potere, cioè l’Amministrazione, onde ambedue abbiano il dovere di comportarsi secondo buona fede». Sulla rilevanza che assume in questa prospettiva il comportamento dell’amministrazione in funzione strumentale alla realizzazione dell’utilità sostanziale oggetto dell’interesse legittimo, v. FOLLIERI E., Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, cit., 13. Le conseguenze invece sull’entità del risarcimento, che verrebbe limitato all’interesse negativo, sono evidenziate da GRECO G., Responsabilità civile della pubblica amministrazione nell’urbanistica, cit., 569.
[103] BUSNELLI F.D., Lesione di interessi legittimi dal “muro di sbarramento” alla “rete di contenimento” , cit., 272.
[104] SCOCA F.G., La teoria del provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm., 1995, 1 ss. (32)
[105] CASTRONOVO C., L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, cit.
[106] Per il sistema francese v. la ricostruzione di POIROT-MAZÈRES I., La notion de préjudice en droit administratif français, in Rev. dr. publ., 1997, 519 ss.
[107] Cass., sez. un., 18 novembre 1992 n. 12316, cit; nello stesso senso Cass., sez. un.., 22 ottobre 1984 n. 5361, in Resp. civ. prev., 1985, 652 ss., ove si afferma che «il diritto del privato al risarcimento del danno patrimoniale consequenziale ad un atto amministrativo illegittimo, previo annullamento di esso da parte del giudice amministrativo, non postula la prova della colpa della Pubblica Amministrazione, di per sé ravvisabile nella violazione della legge con l'emissione ed esecuzione dell'atto medesimo»; Cass. 12 ottobre 1964 n. 2575, in Giust. civ., 1965, I, 34 ss.; Cass., 4 gennaio 1964 n. 3, in Giur. it., 1964, I, 1, 1186 ss.; Cass. 12 luglio 1957 n. 2820, in Giust. civ., 1958, I, 890 ss.; Cass. 23 febbraio 1956 n. 507, in Giur. it., 1956, I, 1, 129 ss.