LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

Articoli e note

 

SANDRA SCARLATELLI
(Avvocato)

Autorizzazione edilizia e denuncia di inizio attività
in una prospettiva evolutiva (
*).

horizontal rule

Sommario: § 1. Introduzione. - § 2. Principali novità introdotte dal T.U. sull’edilizia. - § 3. Autorizzazione edilizia e denuncia di inizio attività alla luce delle nuove norme. - §  4. Considerazioni finali sul trend legislativo.

 

§ 1 - Introduzione.

All’indomani della pubblicazione del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), credo che delle brevi considerazioni possano essere svolte sia in relazione all’impianto normativo nel suo insieme sia, in particolare, in riferimento alle limitate novità che esso stesso introduce in virtù della delega governativa, soprattutto in merito ai provvedimenti abilitativi all’edificazione.

Il rispetto dei limiti della delega governativa, nonché il lento maturare dei tempi che, in un settore assai delicato quale quello dell’edilizia e dell’urbanistica, impongono una necessaria e meditata ponderazione dei vari interessi in gioco, hanno dunque portato il legislatore del 2001 a confezionare un testo unico sicuramente apprezzabile in termini di armonizzazione espositiva, sistemazione organica della materia, coordinamento normativo ma, d’ altro canto, che si segnala per un contenuto assai limitato in termini di innovatività dello stesso.

Tale considerazione di fondo, seppur comunque diretta ad apprezzare un assetto legislativo che, per il suddetto carattere di limitata innovatività potrà essere più protetto da eventuali declaratorie di illegittimità costituzionale per eccesso di delega, d’altro canto delude forse le attese di coloro che, da operatori del settore o cultori della materia, auspicavano una forza più dirompente dallo stesso, sullo stimolo di una legislazione regionale che, al contrario, ha mostrato segnali di grande rinnovamento in materia.

Ci si riferisce, in particolar modo ai provvedimenti legislativi in materia edilizia ed urbanistica della regioni Toscana, Lombardia, e di recente Campania che, distinguendosi per coraggio propositivo, hanno portato all’introduzione della c.d. super - Dia.

Forse pertanto, per venire incontro alle istanze regionalistiche o per soddisfare le esigenze di snellimento procedimentale recepite dalla più recente legislazione amministrativa tutta che sono state accolte ancor più favorevolmente le significative novità che stanno per essere introdotte in materia ad opera della c.d. legge – obiettivo (L. 21 dicembre 2001, n. 443) che estenderà, significativamente, la denuncia di inizio attività a tutti gli interventi oggi sottoposti a concessione edilizia, purchè essi siano specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal Consiglio Comunale in sede di approvazione degli stessi o di ricognizione di quelli vigenti.

Chiaramente ciò richiederà la necessaria emanazione, da parte del Governo, di un successivo decreto legislativo per introdurre nel testo unico dell’edilizia le modifiche necessarie per adeguarlo alle disposizioni della stessa legge obiettivo, il che, dunque, se giustifica lo slittamento dell’entrata in vigore dello stesso (previsto per il 30 giugno 2002 ad opera della L. 31 dicembre 2001, n. 463), d’altro canto sarà portatore di un reale vento di novità in tutta la materia edilizia.

Ciò, inoltre, avrà le sue ripercussioni sulla legislazione regionale di settore (principaliter quella di carattere più estensivo) che, rebus sic stantibus, si vedrà costretta ad adeguare le proprie determinazioni in merito ai principi dettati dalla legislazione nazionale rappresentata oggi dal testo unico.

Giova, difatti ricordare, all’uopo, che la recente entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, avendo disposto <<Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione>>, disegna una nuova ripartizione di competenze legislative tra Stato e Regioni, introducendo un nuovo art. 117 della Costituzione che, in tema di urbanistica ed edilizia (rectius <<governo del territorio>>), assegna alle Regioni esclusivamente una potestà legislativa concorrente da esplicare all’interno dei princìpi indicati dal legislatore nazionale.

 

§ 2. Principali novità introdotte dal T.U. sull’edilizia.

Le principali novità contenute nel testo unico sull’edilizia (1), nell’ottica della semplificazione procedimentale, concernono, in primo luogo, l’istituzione dello sportello unico dell’edilizia, che ricalca lo schema del modello già ideato per le attività produttive dal D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447.

Tale sportello sarà il filtro nei rapporti tra cittadino e P.A. per le informazioni ed il rilascio di provvedimenti in materia edilizia, costituendo, altresì, un trait d’union tra le varie amministrazioni coinvolte nel procedimento, con notevoli vantaggi in capo all’interessato che potrà interloquire con un’unica struttura di raccordo operativo.

Inoltre, lo snellimento procedimentale è ancor più evidente nella definitiva eliminazione dell’obbligatorietà del parere della Commissione edilizia comunale, la cui eventuale sopravvivenza è affidata a scelte discrezionali dell’ ente comunale.

L’esautoramento delle funzioni e dei poteri della predetta commissione viene, però, compensato da una voluta valorizzazione del ruolo della conferenza di servizi, che diviene ora momento necessario e non più eventuale dell’iter procedimentale edilizio, ai fini dell’acquisizione degli atti e dei pareri ad esso preordinati.

Così, analogamente, sono previste nel Testo unico forme di collaborazione e consultazione tra amministrazioni interessate e cittadino istante, il tutto al fine di evitare pronunciamenti negativi in caso di progetto assentibile mediante accettazione di modifiche di modesta entità.

La semplificazione procedimentale, ancora, si pone alla base della razionalizzazione dei tempi del procedimento stesso, con riguardo all’azione comunale, dell’eliminazione di aggravi procedimentali in caso di immobili sottoposti a tutela, nello snellimento della procedura per il rilascio del certificato di agibilità.

In ogni caso, però, la novità più rilevante introdotta dal suddetto Testo unico, è la riduzione dei provvedimenti abilitativi all’edificazione a due soltanto: il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività.

Tale novità di notevole rilievo, tuttavia, è stata poco dopo tempo contraddetta dalla legge obiettivo (2) che, pur distinguendosi per carica innovativa delle norme, ha evidentemente operato un ritorno al passato, per lo meno sul piano terminologico, nel momento in cui ha fatto nuovamente riferimento ai consueti e tradizionali provvedimenti edilizi di concessione, autorizzazione e denuncia di inizio attività.

 

§ 3. Autorizzazione edilizia e denuncia di inizio attività alla luce delle nuove norme.

Pertanto, alla luce di quanto già anticipato, uno dei pregi che sicuramente va riconosciuto al Testo unico sull’edilizia che in questa sede stiamo commentando, è l’eliminazione dell’autorizzazione edilizia dalla rosa dei provvedimenti abilitativi all’edificazione, tradizionalmente introdotti ad opera della precedente legislazione di settore.

Difatti, già da tempo, gli operatori del diritto tutti si interrogavano sulla necessità di tenere in vita un provvedimento edilizio che creava più problemi di coordinamento legislativo, operando sovrapposizioni circa la tipologia di interventi con esso assentibili con interventi edificatori soggetti ad altro tipo di atto, che soluzioni concretamente apprezzabili in tema di organizzazione e gestione dell’attività edilizia.

In buona sostanza, già si avvertivano le difficoltà di inquadramento concettuale, la scarsa utilità pratica, segnando lo stesso quasi il momento di passaggio da un sistema improntato su un provvedimento, quale quello della concessione edilizia, riferito alla gran parte degli interventi comportanti trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, emesso dalla P.A. al termine di un procedimento rigoroso, ben definito legislativamente e culminante con un atto esplicito, e la denuncia di inizio attività, di più recente introduzione e riservata agli interventi edilizi minori.

La progressiva erosione dell’originario sistema basato esclusivamente, in ambito edilizio, sulla concessione edilizia manifestava, già poco tempo dopo il suo stesso sorgere, i primi segni di inadeguatezza di fronte all’esigenza di dar vita, in riferimento agli interventi edilizi minori, ad un provvedimento amministrativo più leggero in quanto gratuito, privo di sostegno penale e a formazione implicita (3).

Così, l’art. 48 della L. 5 agosto 1978, n. 457 (norme per l’edilizia residenziale) introdotto sostanzialmente al fine di snellire le procedure per l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria, disponeva che per dette opere la concessione edilizia doveva essere sostituita da una autorizzazione ad eseguire i lavori.

Inoltre, il medesimo provvedimento veniva introdotto ad opera del legislatore, mediante il D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in l. 25 marzo 1982, n. 94, il cui art.7 riferisce l’operatività dell’autorizzazione anche agli interventi di risanamento conservativo e di restauro, alle opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di impianti già esistenti; le occupazioni di suolo mediante deposito di materiale o esposizione di merci a cielo libero, le opere di demolizione, i reinterri e gli scavi non riguardanti la coltivazione di cave o torbiere.

A tali interventi si aggiungono, poi, il superamento e l’eliminazione di barriere architettoniche negli edifici privati, consistenti in rampe o ascensori esterni ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell’edificio (art. 7, II co., l. 9 gennaio 1989, n. 13) ed, inoltre, gli interventi rivolti alla realizzazione di parcheggi privati, da effettuare (anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti) nei locali siti al piano terreno ovvero nel sottosuolo dei fabbricati e da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari ai sensi dell’art. 9, II co., L. 112/89 (c.d. legge Tognoli).

A ciò aggiungasi le opere comprese nei programmi di adeguamento degli scarichi degli insediamenti produttivi ai limiti prescritti dalla legge (art. 2, VI co., l. 24 dicembre 1979, n. 650); le opere e gli interventi di natura edilizia ed urbanistica relativi allo smaltimento di liquami e fanghi nelle zone a ciò destinate (art. 2, ult. co., D.L. 30 dicembre 1981, n. 801 convertito nella l. 5 marzo 1982, n. 62); le variazioni ai mutamenti di destinazione d’uso meramente funzionali degli immobili ai sensi dell’ art. 25, ult. co., della L. 47/85 (sostituito dall’art. 2, co. 60 della L. 662/96).

Rispetto a tali interventi, tuttavia, il legislatore operava ulteriori specificazioni di opere edilizie minori introducendo all’uopo, la denuncia di inizio attività e creando inevitabili sovrapposizioni di disciplina con la suddetta normativa riferita agli interventi autorizzativi.

Così, per gli interventi assoggettati anche al regime autorizzatorio la nuova regolamentazione introduceva un regime di alternatività, in quanto coloro che intendevano realizzarli erano liberi di optare in ogni momento (e dunque anche dopo il diniego intervenuto sulla denuncia di inizio attività) per la richiesta di autorizzazione, sottraendosi ad una procedura, quale quella della denuncia di inizio attività, più tempestiva ma anche più responsabilizzante.

Tale alternatività da subito non veniva ben vista da buona parte della dottrina e forse per giustificare scelte legislative discutibili si rilevava (4) che la previsione di detta alternatività, in forza della quale si finiva per rimettere l’onere della relativa scelta alla coscienza del privato, oltre che alla professionalità del progettista, se da un lato poteva esaltare quella che è stata definita l’etica privata della responsabilità, dall’altro però poteva portare a conseguenze inique, in rapporto alla diversa capacità e volontà dell’amministrazione di verificare il rispetto delle condizioni stabilite dalla legge per intraprendere le attività in base alla mera denuncia di inizio attività (5).

Le sovrapposizioni si creavano, quanto a disciplina normativa, in relazione a: opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo; opere di eliminazione delle barriere architettoniche; revisione o installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti; parcheggi di pertinenza nel sottosuolo su cui insiste il fabbricato.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2, co. 60, della l. 23 dicembre 1996, n. 662 - modificato dall’art. 10 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito nella l. 28 febbraio 1997, n. 30 e dall’art. 11 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella l. 23 maggio 1997, n. 135, che ha sostituito l’art. 4 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito nella l. 4 dicembre 1993, n. 493, erano subordinati alla presentazione della denuncia di inizio attività i seguenti interventi costruttivi: recinzioni, muri di cinta e cancellate; destinazione di aree ad attività sportive senza creazione di volumetrie; opere interne di singole unità immobiliari che non comportassero modifiche della sagoma e dei prospetti e non recassero pregiudizio alla statica dell’immobile e, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee di tipo A) di cui al D.M. 1444/68 (centro storico), non modificassero la destinazione d’uso; varianti a concessioni edilizie già rilasciate che non incidessero sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non cambiassero la destinazione d’uso e la categoria edilizia e non alterassero la sagoma né violassero le eventuali prescrizioni contenute nella concessione edilizia.

Attualmente, pertanto, essendo stato completamente superato il precedente sistema basato, sostanzialmente, sulla tripartizione dei provvedimenti abilitativi all’edificazione in concessione edilizia, autorizzazione edilizia e denuncia di inizio attività, viene ad ipotizzarsi una summa divisio tra gli stessi che attualmente sono il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività.

Inoltre, viene ribaltato completamente il precedente sistema che vedeva quale provvedimento cardine la concessione edilizia per tutti gli interventi di trasformazione del territorio, ad eccezione dei casi suddetti, espressamente sottratti alla stessa ed affidati a provvedimenti, per così dire, più snelli.

Oggi, invece, prendendo atto dell’espunzione dell’autorizzazione edilizia, la regola, in tema di provvedimenti abilitativi all’edificazione, diventa la denuncia di inizio attività e l’eccezione il permesso di costruire.

Così, solo nel caso il cui l’intervento edilizio prospettato sia di per sé significativo in termini di trasformazione urbanistica del territorio, esso dovrà essere autorizzato con il permesso di costruire; ove, invece, non sia ipotizzata tale trasformazione, esso potrà essere assentito mediante presentazione di denuncia di inizio attività.

In tale ottica, sono stati individuati quali interventi soggetti a permesso di costruire: gli interventi di nuova costruzione; di totale demolizione con ricostruzione; di ristrutturazione urbanistica; di ristrutturazione edilizia con sostanziale modifica dell’esistente (che comportino, cioè aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici); mutamenti di destinazione d’uso connessi ad interventi di ristrutturazione edilizia nonché, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, i mutamenti di destinazione d’uso realizzati con opere edilizie.

Al contrario, gli interventi che non rientrino nelle suddette categorie né in quelle espressamente sottratte a qualsiasi titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6 del testo unico dell’edilizia (interventi di manutenzione ordinaria, interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio; opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato) sono soggetti a denuncia di inizio attività.

La previsione di un termine più lungo rispetto al passato si spiega in quanto la previsione di un numero maggiore di interventi assentibili mediante tale procedimento, richiede conseguentemente tempi maggiori per consentire il controllo dell’Amministrazione comunale in ordine alla correttezza della qualificazione dell’intervento che viene prospettato dal progettista e quindi, in ordine all’effettivo rispetto della normativa anzidetta e delle vigenti prescrizioni tecnico – edilizie.

Difatti, anche in base alla disciplina ridisegnata dal testo unico dell’edilizia, colui che intenda avvalersene deve presentare tale denuncia al Comune, accompagnata dagli opportuni elaborati progettuali e da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici anche solo adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie, ed inoltre dall’indicazione dell’impresa a cui si intende affidare i lavori.

Inoltre, il progettista abilitato dovrà emettere, anche alla luce delle nuove norme, un certificato di collaudo finale, che attesti la conformità dell’opera al progetto presentato.

Pertanto, non va trascurato il dato che l’ampliamento dell’ambito di operatività della denuncia di inizio attività, pur comportando uno snellimento procedurale, di certo introduce nel sistema un aggravamento di responsabilità per il tecnico progettista che, come è noto, assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità che, ai sensi degli artt. 359 e 481 c.p. e dunque, in caso di dichiarazioni non veritiere, lo rende responsabile sia sotto il profilo penale sia sotto quello disciplinare.

Da ultimo va aggiunto che, anche ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 380/2001, la denuncia di inizio attività è sottoposta al termine massimo di validità di tre anni e l’interessato ha l’obbligo di comunicare al Comune la data di ultimazione dei lavori.

Continua a sussistere, anche oggi l’alternatività del regime suddetto rispetto a quello del permesso di costruire, fatte salve, però le conseguenze penali in ordine alla commissione di abusi edilizi rientranti nell’elenco di opere soggette a denuncia di inizio attività.

In tale quadro, tuttavia, si inserisce la recente pubblicazione della c.d. legge obiettivo (in G.U. n. 299 del 27.12.2001) con la quale sono stati liberalizzati, così come chiarisce la stessa relazione illustrativa, ulteriori interventi edilizi assentibili mediante denuncia di inizio attività.

Attraverso tale legge, pertanto, viene definitivamente introdotta la c.d. super - Dia precedentemente adottata dalle leggi regionali della Toscana (L.R. 52/1999), Lombardia (L.R. 22/1999) e Campania (L.R. 19/2001) e finalmente entrata a far parte della legislazione edilizia nazionale.

Tale procedimento, pertanto, consentirà, non appena le novità normative verranno recepite dal testo unico dell’edilizia, un ampliamento ulteriore della rosa degli interventi assentibili mediante denuncia di inizio attività, che comprenderanno oltre a quelli minori ed alle ristrutturazioni edilizie di edifici con la stessa sagoma e volumetria, anche gli interventi ora sottoposti a concessione edilizia, se specificamente disciplinati da piani attuativi che, come già detto, contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal Consiglio Comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti (art. 6, lett. a), b), c), legge obiettivo).

Relativamente ai piani attuativi approvati in precedenza, poi, l’atto di ricognizione degli stessi dovrà avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; tuttavia, in assenza di essi potrà prescindersi completamente dall’atto di ricognizione, purchè il progetto sia accompagnato da appposita relazione tecnica nella quale venga asseverata l’esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate (art. 6, lett. c), legge obiettivo).

In tal modo, pertanto, nulla potrà impedire l’inizio dei lavori con autocertificazione, che si potranno dunque accompagnare a previsioni di dettaglio contenute anche in strumenti urbanistici diversi dai piani attuativi e che potranno essere riferiti anche a sopralzi, ampliamenti e nuove edificazioni.

Inoltre, tale super - Dia potrà essere applicata anche ai casi di immobili sottoposti a vincolo ambientale o storico - artistico, purchè prima si ottenga, anche mediante conferenza di servizi che il Comune è tenuto a convocare su richiesta del privato, la relativa autorizzazione della Soprintendenza o della Regione.

Giova comunque ricordare che il termine per l’inizio dei lavori viene riportato a venti giorni dalla presentazione dell’istanza, operando in tal modo il legislatore un revirement rispetto al termine di trenta giorni recentemente introdotto dal testo unico.

Inoltre, un altro passo indietro viene compiuto dallo stesso legislatore mediante un ritorno al termine "concessione edilizia" anzichè "permesso di costruire", con evidenti contraddizioni rispetto all’allargamento delle ipotesi sostanzialmente autorizzatorie cui viene subordinata l’attività edilizia tutta.

Vieppiù, altra contraddizione viene posta in essere dalla stessa legge mediante il riferimento all’autorizzazione edilizia (art. 12), da intendersi (si spera!) come lapsus legislativo, da rettificare eventualmente in sede di modifica ed adeguamento del testo unico a quanto contenuto nella legge obiettivo.

In ogni caso, tuttavia, viene rimarcata (art. 12, l. cit.) la potestà legislativa regionale che potrà portare ad una diversa individuazione degli interventi assoggettati a concessione edilizia rispetto a quelli subordinati a denuncia di inizio attività.

Anche tale dato, tuttavia, a parere di chi scrive, dovrà essere necessariamente coordinato con il disposto della legge costituzionale n. 3/2001 che, come già ricordato, novellando l’art. 117 della Costituzione, in tema di "governo del territorio", ha introdotto la potestà legislativa concorrente in materia; pertanto, le Regioni, nel dotarsi di una propria legislazione in materia, dovranno necessariamente essere ossequiose della normativa di principio dettata dalle legge obiettivo, riconoscendone quella primazia che le dovrà portare o ad un adeguamento di quanto già disposto eventualmente in senso ancor meno restrittivo, o a dettare una nuova normativa che si inquadri nei suddetti principi cardine.

 

§ 4. Considerazioni finali sul trend legislativo.

Il sistema normativo che in questa sede si vuole analizzare, tentando, al contempo, di fornire un piccolo contributo di commento, si segnala, a mio avviso, per la voluntas legis di maggiore semplificazione e snellimento procedimentale.

Tale intento, difatti, si evince, come già detto, dal capovolgimento concettuale che porta la denuncia di inizio attività a dar vita al procedimento - cardine in materia edilizia, alla soppressione di provvedimenti superflui quale quello di autorizzazione edilizia, alla definitiva attrazione della concessione edilizia nell’ ambito dei provvedimenti autorizzatori in generale.

In questo senso e con tale finalità, giova apprezzare anche l’innovazione terminologica che concerne tale atto che, attraverso l’adozione di un evidente francesismo (permis de costruir) riporta il provvedimento de quo, a buon diritto e non soltanto implicitamente, nella categoria che meglio gli si attaglia.

Se è vero, come crediamo, che la collocazione, già in precedenza, della concessione edilizia nell’ambito dei procedimenti autorizzatori anzichè di quelli concessori, come il suo precedente nomen juris imponeva, si giustificava nel quadro delle risultanze del famoso pronunciato della Corte Costituzionale n. 5 del 1980 (6), abrogativa degli artt. 16 e 17 della legge n. 865 del 1971, come novellati dalla legge n. 10 del 1977, sicuramente una maggiore chiarezza in tal senso contenuta, per così dire, già nel nome, non può che essere considerata favorevolmente.

E’ evidente infatti che, già nel passato ed oggi ancor più, la concessione edilizia risponde appieno ai requisiti ed alla funzione tipica dei provvedimenti autorizzatori, in quanto deputata a rimuovere discrezionalmente i limiti imposti dalla legge allo svolgimento della facoltà di edificare ricompresa nel diritto di proprietà.

Anzi, prima che la legge ponte del ‘67 imponesse l’adozione da parte di tutti i Comuni di un programma di fabbricazione in alternativa al piano regolatore generale, il rilascio della licenza edilizia per la realizzazione di costruzioni in zone non soggette a pianificazione urbanistica richiedeva valutazioni discrezionali così impegnative e complesse da far ritenere che si trattasse di un’autorizzazione costitutiva, perchè conformativa dello "ius aedificandi".

Tale ampia estensione del potere discrezionale venne via via a regredire man mano che l’an, il quid, il quomodo ed il quando del diritto di edificare furono conformati dai piani urbanistici generali ed attuativi, dagli standards urbanistici, dai vincoli di inedificabilità assoluti e relativi e dai programmi pluriennali d’attuazione, fino a ridursi, al più ad una verifica di conformità comportante, al massimo, una verifica di carattere tecnico.

Di qui la configurazione della licenza edilizia come autorizzazione permissiva, se non addirittura ricognitiva, per il suo carattere essenzialmente vincolato (7).

La natura, dunque, eminentemente autorizzatoria sembra oggi fortemente ribadita anche mediante l’utilizzo di una nuova etichetta che meglio si attaglia ad un tipo di atto rigorosamente vincolato, oltre che rilasciabile a richiesta dei soli titolari di diritti dominicali.

Difatti, il suo inquadramento tra gli atti di assenso e la mancanza di discrezionalità giustificano la progressiva attrazione degli interventi edilizi precedentemente praticabili soltanto a mezzo di rilascio di concessione edilizia, nella sfera del regime di liberalizzazione e di semplificazione ad esito silenzioso, fatti salvi tuttavia, i casi di maggior impatto che assumeranno pur sempre una posizione particolare, meglio tutelata dalla tradizione procedimentale, stante l’interferenza che inevitabilmente viene a crearsi tra attività edilizia e interessi superprimari quali l’ambiente, il paesaggio ecc. e l’inevitabile compromissione degli stessi che deriverebbe dall’incontrollata trasformazione del territorio.

Pertanto, in definitiva, non possiamo che apprezzare lo sforzo ricognitivo che nella circostanza è stato effettuato, attendendo con fiducia gli ulteriori passi che sicuramente il legislatore vorrà compiere nella direzione dello snellimento procedurale, della responsabilizzazione dei soggetti agenti, in un generale processo di ottimizzazione delle risorse e dei meccanismi della P.A. che sia relativo, inoltre, non soltanto all’attività edilizia ma anche all’urbanistica in generale.

Se è vero, come crediamo, che spesso una legislazione pur datata e risalente nel tempo, riveli, all’occorrenza, aspetti di inaspettata attualità, è evidente che, nel caso che ci occupa, l’urbanistica in generale rimane ancor oggi disciplinata per i suoi tratti fondamentali dalla L. 1150/42 (Legge Urbanistica), pur avendo ricevuto scossoni da più parti ad opera della legislazione regionale (8).

Oltre infatti la regolamentazione dell’attività edilizia, è stato oggetto di numerosi interventi significativi ad opera del legislatore regionale e della giurisprudenza amministrativa, l’impianto normativo originariamente introdotto per mezzo della L.U., il che richiede, a parere di chi scrive, necessariamente una revisione o per lo meno un adeguamento dei suddetti principi cardine a quanto espresso da istanze emerse nella prassi.

Tale esigenza, inoltre, sarà improcrastinabile e non più eludile allorquando l’ampliamento della sfera di operatività in ambito edilizio di procedimenti maggiormente responsabilizzanti, affidati alla autocertificazione dei dichiaranti, quali la c.d. super - Dia, dovrà accompagnarsi necessariamente alla precisazione di disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive sicuramente richiedenti un dettaglio maggiore di quello attualmente richiesto dalla vigente legislazione.

Inoltre, novità ed indirizzi relativi, a titolo esemplificativo, alle nozioni di "perequazione", di "pianificazioni separate", necessitano di un recepimento e di una sistemazione organica da parte del legislatore che non può più essere rimandata ad un momento storico molto lontano.

Come è noto, difatti, negli ultimi anni il governo del territorio si è arricchito, in particolar modo in ambiti di area vasta, di nuovi strumenti, sia sotto forma di pianificazioni specialistiche o settoriali sia come semplici procedure che, sovrapponendosi alle pianificazioni ordinarie, entrano spesso in conflitto con strumenti analoghi, ma aventi diverse finalità.

Si è accentuata, in tal modo, la frammentarietà connaturata al sistema decisionale ed alla varietà degli strumenti perseguiti: non solo diversi enti, nel quadro di un progressivo rafforzamento delle autonomie locali, ma anche diverse competenze amministrative e modalità operative.

Ciò determina situazioni di conflitto tra le amministrazioni e incertezza degli operatori, le cui scelte vanno ad incidere comunque sullo stesso territorio.

Così, a titolo esemplificativo, le "pianificazioni separate", nate sia per rispondere ad esigenze emergenti sia per la necessità di ricorrere a conoscenze e professionalità in specifici settori, diversi da quelli dell’urbanistica più tradizionale, sono anche conseguenza della scarsa efficienza ed efficacia delle consolidate procedure di pianificazione.

Pertanto, già solo il tema delle pianificazioni separate richiede un’urgente ed approfondita analisi che si potrà estendere, in generale, ai sistemi decisionali che presiedono alla tutela ed alle trasformazioni del territorio, al fine di pervenire non certo alla riduzione dei diversi strumenti ad uno, con conseguente perdita o appiattimento delle relative finalità e dei patrimoni di conoscenza, ma per esplorare le possibili soluzioni e verificare le effettive modalità di una concertazione istituzionale per un sistema integrato di governo del territorio.

Dunque l’interesse, potrà essere puntato non tanto sulla tipologia degli strumenti o sui contenuti specifici dei piani, quanto sui procedimenti di "costruzione" delle pianificazioni, sulla loro implementazione, sugli effetti che producono e sulla loro efficacia complessiva, il tutto inquadrato, pertanto, nel quadro di una più generale riforma delle modalità di gestione del territorio, che accompagni quella edilizia ormai già "in cantiere".

 

horizontal rule

*Il testo riproduce la relazione al Convegno “Il testo unico in materia edilizia ed urbanistica”, organizzato dal Collegio dei Geometri della Provincia di Campobasso, 23 novembre 2001, Campobasso.

[2] V. amplius, infra, par. successivo.

[3] V., in proposito, BURSESE, La speciale autorizzazione del sindaco in sostituzie della concessione per l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria, in Nuovo dir., 1979, 605; DE SANCTIS MANGELLI, La disciplina delle autorizzazioni edilizie e del silenzio – assenso, contenuta nell’art. 7 D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, in Riv. amm. 1983, 110; PIFFERI, Autorizzazioni gratuite del sindaco in tema di edilizia, in Amm. it., 1983, 1123; ID., Il nuovo regime autorizzatorio per opere e interventi edilizi, in Riv. amm., 1983, 317; FIORENTIN, Le autorizzazioni edilizie nella recente normativa dello Stato, in Nuova rass., 1983, 2235; CACCIN, La disciplina amministrativa e penale degli interventi edilizi sottoposti a mera autorizzazione del sindaco ad eseguirli, in Nuova rass., 1983, 1219; NESTI, Autorizzazione e concessione edilizia: loro ambito nelle LL. n. 457/1978 e 94/1982, in Nuova rass., 1985, 2062; COLUCCI, L’autorizzazione edilizia dopo la l. n. 47 del 1985, in Riv. giur. urb., 1986, 261; LENZETTI, Autorizzazioni edilizie e sanzioni penali, in Nuova rass.,1986, 1034; BENINI, Trasformazione di sottotetto in mansarda, concessione o autorizzazione, in Giur. merito, 1988, 173; BERRA, Brevi osservazioni sul soggetto legittimato a richiedere l’autorizzazione edilizia e sulla natura del frazionamento di unità immobiliari, in Riv. giur. edil., 1988, I, 156.

[4] MARZARO GAMBA, L’individuazione degli interventi edilizi soggetti a denuncia di inizio: aspetti problematici, in Riv. giur. urban., 1997, 255.

[5] Cfr. MANTINI, La semplificazione amministrativa in materia edilizia, in Riv. giur. edil., 1995, III, 791.

[6]V., in proposito, i commenti di SANDULLI, Il regime dei suoli dopo la il nuovo intervento della Corte, in Riv. giur. edil., 1980, II, 89 ss.; LIPARI, Osservazione, in Giust. civ., 1980, I, 23 ss.; MAZZAROLLI, Sul nuovo regime della proprietà immobiliare, in Riv. dir. civ., 1978, I, 1 ss.; DALFINO, La concessione a edificare nella nuova legge sui suoli, in Riv. giur. edil., 1976, II, 196 ss.

[7] In tali termini GALLI, Corso di diritto amministrativo, II, Padova, 2001, 882. L’A. ripercorre, prima di prospettare la Sua tesi della natura permissive e ricognitiva della concessione edilizia, le tappe concettuali che hanno visto esprimersi, tra i tanti, D’ANGELO, Regime dei suoli e disciplina dell’attività costitutiva, in Riv. giur. edil., 1977, II, 113; PALLOTTINO, Le nuove norme sull’edificabilità dei suoli, in I TAR, 1977, II, 123 ss.; AA.VV., Atti del Convegno di studi su Profili giuridici e prospettive della nuova normativa sulla edificabilità dei suoli, Milano, 1978.

[8] In relazione all’urbanistica e principaliter, alla pianificazione v., quali opere più significative in materia, SANDULLI, Appunti per uno studio sui piani regolatori, in Riv. giur. edil., 1958, 132, MIELE, La pianificazione urbanistica, in Atti del VII Conv. sc. amm., La pianificazione urbanistica, Milano, 1962, 29; MAZZAROLLI, I piani regolatori urbanistici nella teoria giuridica della pianificazione, Padova, 1966; BARSOTTI e SPANTIGATI, Potere di piano e proprietà, Torino, 1971; PREDIERI, Profili costituzionali , natura ed effetti dei piani urbanistici nelle opinioni della dottrina e nelle decisioni giurisprudenziali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 231; STELLA RICHTER, Profili funzionali dell’urbanistica, Milano, 1984; CERULLI IRELLI, Urbanistica, in Dizionario amministrativo (a cura di Guarino), Milano, 1983, 1673; ID., Pianificazione urbanistica e interessi differenziati, in Riv. trim. dir. pubbl., 1985, 386 ss.; SCIULLO, Pianificazione amministrativa e partecipazione, Milano, 1984; TORREGROSSA, Introduzione al diritto urbanistico, Milano, 1987, 197 ss.; COGNETTI, La tutela delle situazioni soggettive tra procedimento e processo. Le esperienze di pianificazione urbanistica in Italia e in Germania, Napoli, 1987; FOLLIERI, Contributo allo studio della dinamica della pianificazione urbanistica, Chieti, 1986.


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico