LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

Articoli e note

 

SANTO GNONI
(Avvocato)

Risarcimento del danno in materia di edilizia (*)

horizontal rule

SOMMARIO: 1. - L’evoluzione normativa e giurisprudenziale – 2. - Le pronunce dei giudici amministrativi e civili – 3. - I riflessi sulla tutela del cittadino – 4. - La responsabilità dirigenziale.

1. L’evoluzione normativa e giurisprudenziale.

Edilizia ed urbanistica sono il banco di prova per i principi affermati dalla sentenza n. 500/99 e per gli artt. 33-35 D.lgs. 80/98, di modifica al criterio di riparto della giurisdizione con estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Tale giurisdizione ha accresciuti i poteri, comprensivi del risarcimento del danno ingiusto, attuabile attraverso meccanismi forfetari e di reintegrazione in forma specifica. Il tutto genera nuovi equilibri nei rapporti tra privato e PA, improntati – dopo la condanna - a spirito di collaborazione ed all’accordo degli interessati.    

Sul danno da ritardo, l’esigenza di contenere entro tempi certi e predefiniti la conclusione del procedimento deriva dalle riforme del 1990, in particolare, dalla L. 241/90, che ha stabilito in via generale il termine di 30 giorni per ottenere una pronuncia a conclusione del procedimento amministrativo. Già all’indomani dell’agosto 1990 vi sono stati tentativi di introdurre casi limitati di risarcimento del danno da ritardo nel rilascio della concessione edilizia, assoggettando il responsabile del procedimento ed il soggetto competente per l’adozione del provvedimento finale alla responsabilità per i danni derivanti dall’inadempimento (art. 4 D.L. 493/93; D.L. 25/94, non convertito, ma con effetti fatti salvi dall’art. 2 L. 662/96).

Un ulteriore passo nella direzione della tutela risarcitoria è stato compiuto con la L. 59/97, che ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi diretti a riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalla PA. Nell’attuazione di tale delega il Governo deve prevedere, per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento, di ritardo o di mancata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della PA, forme di indennizzo automatico e forfetario a favore dei richiedenti. L’inerzia dell’amministrazione genera l’obbligo di corrispondere l’indennizzo.

La delega è attuata nell’art. 11 comma 2 D.lgs. 286/99 che, in materia di qualità dei servizi pubblici, prevede i casi e le modalità  di indennizzo automatico e forfetario dell’utenza per mancato rispetto degli standard di qualità stabiliti con direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ciò consente di evitare emorragie delle finanze pubbliche. Si noti comunque che tale meccanismo indennitario è svincolato dall’accertamento della colpa nel soggetto pubblico, in quanto opera in via automatica, sulla base dei presupposti indicati dalla norma.

L’ampliamento della tutela, estesa alla risarcibilità degli interessi legittimi, impone dunque all’amministrazione di attrezzarsi in modo da dare risposte conformi alla legge e tempestive, altrimenti vi e’ spazio per le richieste risarcitorie dei cittadini, con pesanti ripercussioni sulle finanze pubbliche e sulla responsabilità dei dirigenti.               

Il disegno ricostruttivo delineato costituisce la trama essenziale di passaggi preordinati alla fissazione di un nuovo punto di equilibrio nei rapporti tra cittadino e PA. 

Chi chiede un provvedimento amministrativo, in particolare nell’edilizia, conta su cadenze cronologiche predefinite nel rilascio e può quindi fare affidamento su una risposta in tempi certi. Le norme precedenti scandivano i  tempi dell’adozione  dei provvedimenti  conducendo, in caso di inerzia,  ad un silenzio – rifiuto,  avverso il quale il cittadino poteva opporsi in via giudiziaria con poche speranze. Basti pensare che un’eventuale sentenza di annullamento del silenzio non consentiva alcuna retrodatazione degli effetti, ne’ vi era risarcimento dei danni.

Con il progredire delle ipotesi di silenzio-assenso, il quadro e’ cambiato sia perchè l’amministrazione rilascia provvedimenti col semplice decorso del termine assegnatole, sia perchè  in caso di ritardo eccessivo si genera un risarcimento danni.

I tempi dei provvedimenti furono calcolati dalla L. 241/1990 in funzione di un’attività amministrativa efficiente ma non ancora soggetta al  risarcimento danni.

Ora, invece, alla luce della nuova normativa e dell’orientamento favorevole della Cassazione, la scadenza dei termini posti per l’adozione dei provvedimenti edilizi acquista un preciso significato che è valutato dal giudice, cui viene sottoposta la relativa questione da parte del cittadino che chiede il risarcimento del danno da ritardo.

Quando si cadenzò l’attività dell’amministrazione sulla base di periodi di 30 giorni (L. 241/1990), non si pensava che questo sistema potesse, a sua volta, costituire il fondamento di una  responsabilità risarcitoria.

Infatti, già all’indomani della L. 241/1990 fu emanata una  circolare del Ministero della Funzione Pubblica (4.12.1990 n. 58245/7464), che diminuiva il rilievo dell’importanza della violazione dell’obbligo di provvedere entro 30 giorni, introducendo elementi di elasticità nella valutazione quali il carico di lavoro,  l’esistenza di particolari difficoltà nell’esame della pratica, l’esigenza di acquisire pareri  amministrativi o tecnici, la necessità di accertamenti. Tutto ciò poteva condurre ad una diluizione dei termini per provvedere, ben oltre i trenta giorni previsti in generale.

Oggi, che si discute di risarcimento danni, questi temperamenti sono stati trascurati, specialmente dai giudici civili, i quali fanno decorrere il risarcimento danni già dal primo momento successivo alla scadenza del termine per provvedere.

Tutto ciò favorisce i cittadini, in particolare, coloro che richiedono provvedimenti edilizi per esercitare un’attività economica (imprese edili, commercianti ecc.); contemporaneamente tutto ciò minaccia fortemente l’attività dei funzionari cui incombe l’onere di provvedere entro termini certi e comunque assai ridotti.

Va aggiunto che all’indomani della quantificazione dei danni subiti dal cittadino e che l’amministrazione deve risarcire, si affaccia un’ulteriore presenza giudiziaria cioè quella della Corte dei conti, cui spetta la quantificazione del danno da addossare al singolo dipendente dopo che il giudice (oggi amministrativo) ha determinato l’entità del risarcimento. Accade infatti che il giudice condanna genericamente l’amministrazione a risarcire il danno, senza individuare alcun funzionario responsabile. In un secondo momento è l’Amministrazione, all’esito di un accertamento ispettivo interno, ad individuare il soggetto su cui far ricadere la responsabilità, esigendo gli importi che l’Amministrazione e’ stata condannata a pagare al cittadino. La soccombenza nel  giudizio di risarcimento dei danni comporta quindi l’avvio di procedure per l’accertamento della responsabilità erariale avanti la Corte dei conti, che viene riconosciuta in capo al soggetto agente solo in caso di dolo o colpa grave.

A tal proposito, sul piano dei reciproci rapporti, il giudizio civile ed il giudizio contabile presentano due peculiarità.   

Innanzitutto, l’accertamento della responsabilità amministrativa davanti al giudice contabile e’ fortemente condizionato dagli elementi acquisiti nel corso del giudizio civile (cui  il funzionario non partecipa), costringendo in tal modo il funzionario a difendersi da addebiti contestati sulla base di documentazione acquisita in un procedimento nei confronti della propria amministrazione cui egli era rimasto estraneo, a meno che non fosse intervenuto volontariamente nella lite iniziata dal privato.

In secondo luogo, il dirigente risponderà solo a titolo di dolo e colpa grave, con esenzione da responsabilità in caso di colpa lieve e, in ogni caso, resta fermo il potere di riduzione, nonchè la necessità di tenere conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dai cittadini, in relazione al comportamento dei dipendenti sottoposti a giudizio di responsabilità.

Possono poi darsi casi in cui alla condanna dell’amministrazione a risarcire il terzo non corrisponda una situazione effettivamente dannosa suscettibile di dar luogo ad azione di responsabilità da parte della locale procura presso la Corte dei conti, qualora sia derivato un vantaggio alla collettività o all’ente. 

L’attuale sistema di responsabilità solo in caso di dolo o colpa grave innanzi al giudice contabile determina una sorta di esenzione da responsabilità di coloro che agiscono per l’amministrazione, lasciando a carico di quest’ultima la parte di provvedimenti dannosi dovuti a colpa semplice.

 

2. Le pronunce.

Prima della sent. 500/99, erano risarcibili i danni derivanti da illegittimo annullamento di concessione edilizia e da illegittimo ordine di demolizione di opere ritenute abusive.

Il TAR Reggio Calabria (10.3.1999 n. 307) ha ammesso il risarcimento del danno sulla base di sentenza del medesimo TAR che aveva annullato un ordine di demolizione di opere edilizie, ritenute parzialmente difformi rispetto alla concessione. Nel caso esaminato dai giudici calabresi, tuttavia, si verteva in materia di diritto soggettivo, e la sentenza di annullamento aveva in pratica riconosciuto il diritto del ricorrente di edificare, posto nel nulla dal provvedimento del Comune e, come tale, fonte di responsabilità risarcitoria diretta ex art. 2043 c.c.. La sentenza si segnala per un’interessante affermazione in materia di decadenza dalla prova, in quanto per la quantificazione del danno è stato ritenuto sufficiente che l’onere probatorio sia assolto entro la fine del processo, e non necessariamente nel momento iniziale dell’instaurazione del giudizio.

Lo stesso Tar Calabria (12.5.1999 n. 617), chiamato a risarcire il danno a seguito di annullamento giurisdizionale di ordine sindacale di demolizione e per la precedente sospensione dei lavori, ha affermato la risarcibilità del danno conseguente al fatto dell’inedificabilità per il tempo relativo all’illegittimo ordine di sospensione dei lavori. Il ritardo nell’esercizio del diritto di edificare e nel conseguente godimento del bene casa è stato ritenuto danno in re ipsa, la cui esistenza non dovrebbe essere oggetto di  prova specifica. In mancanza di mezzi istruttori sull’entità del danno forniti dalla parte, il Tar ha utilizzato lo strumento dell’art. 35 comma 2 D.lgs. 80/98, ed ha ordinato all’amministrazione di proporre il pagamento di una somma commisurata al valore locativo medio del bene per il periodo intercorrente tra la notifica del provvedimento (sospensione lavori) ed il deposito della sentenza.             

Il Tar Bari (sez. II, 17.1.2000 n. 169) ha negato il risarcimento del danno derivante dal diniego di approvazione di un piano urbanistico esecutivo. In particolare, è stato affermato che in materia di interessi legittimi pretensivi, l’effettività e l’entità del danno patrimoniale deve essere commisurato all’entità di potere amministrativo residuo dopo l’annullamento dell’atto illegittimo. Solo in caso di atto dovuto e vincolato vi e’ spazio per il risarcimento del danno dell’interesse pretensivo, nei termini espressi dal contenuto conformativo della statuizione giurisdizionale di annullamento. Al contrario, quando l’emanazione del provvedimento ampliativo sia meramente eventuale, non vi sarebbe spazio per il riconoscimento del diritto al risarcimento. Il tutto sulla base della constatazione che la permanenza in capo all’amministrazione del potere discrezionale all’emanazione dell’atto ampliativo collegherebbe il risarcimento alla mera lesione formale dell’interesse legittimo e non anche all’accertata lesione dell’interesse finale, che potrebbe anche non concretizzarsi in caso di adozione, da parte della PA, di un nuovo provvedimento legittimo sotto il profilo formale e sostanziale, anche se non satisfattivo della pretesa del ricorrente.

La vicenda esaminata dal Tar Catania (sez. I, 18.1.2000 n. 38) prendeva in esame i danni a seguito dell’annullamento, da parte del giudice amministrativo, del diniego di approvazione di un piano di lottizzazione, nel frattempo divenuto inattuabile per la modifica dello strumento urbanistico. In tal caso, l’amministrazione è stata condannata a versare una somma pari alla differenza del valore del suolo secondo l’originaria destinazione ed il valore del terreno secondo la destinazione sopravvenuta. La differenza tra i predetti valori deve essere calcolata tenendo presenti gli indici di edificabilità ed i vincoli presenti nel vecchio e nel nuovo piano. L’entità del risarcimento e’ stata poi ridotta, tenendo conto della possibilità che il nuovo piano non superi il vaglio della Regione e della indennizzabilità dei vincoli alla luce della sentenza Corte cost. n. 179/99.       

Il Tar Lecce (sez. I, 16.11.1999 n. 1179) ha ammesso il risarcimento per l’illegittimo ritardo nel rilascio di una concessione edilizia per la costruzione di un albergo. La colpa dell’amministrazione è stata ravvisata nella violazione di norme che impongono la conclusione del procedimento nei termini prefissati ed inoltre è stato ritenuto comportamento colpevole l’aver trascurato i numerosi solleciti del privato e l’iniziativa giudiziaria del medesimo. Il danno è stato quantificato tenendo presenti i maggiori costi dell’investimento e l’aumento delle spese di progettazione. L’art. 35 comma 2 D.lgs. 80/98 consentirebbe, in ogni caso, di supplire alla genericità della domanda. Il termine per l’offerta, da parte dell’amministrazione, e’ stato fatto decorrere dalla comunicazione o dalla notificazione della sentenza che dispone il risarcimento, e non dal suo passaggio in giudicato.

Il Tar Friuli Venezia Giulia (28.3.2000 n. 314) ha invece dichiarato inammissibile la richiesta di risarcimento formulata dai proprietari confinanti con edificio oggetto di rinnovo e convalida di concessione edilizia precedentemente dichiarata illegittima dallo stesso Tar. La richiesta è stata ritenuta generica, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto dare piena prova del danno e del suo ammontare, chiedendo l’ammissione degli strumenti previsti dall’art. 35 comma 3 D.lgs. 80/98. A seguito dell’entrata in vigore di tale norma, il ricorrente non potrebbe più confidare nell’applicazione dell’onere del  principio di prova, che trova il suo ambito naturale nella giurisdizione generale di legittimità, in considerazione della limitatezza dei  mezzi istruttori a disposizione della parte e del giudice.

Sul punto le affermazioni dei giudici triestini sembrano confliggere con quanto ritenuto dal Tar Reggio Calabria (12.5.1999 n. 617, cit. supra), il quale, pur avendo negato ingresso alla CTU per la quantificazione del danno, ha ammesso che tale operazione possa essere effettuata dal giudice in via equitativa in applicazione del procedimento previsto dall’art. 35 comma 2 D.lgs. 80/98. Lo stesso Tar, in una precedente occasione, ha invece ritenuto che il principio dispositivo, nelle controversie in cui e’ parte la PA, subisca un’attenuazione e, comunque, il giudice possa, qualora rilevi l’incompletezza del quadro istruttorio fornito dal ricorrente, invitare la parte ad articolare mezzi istruttori assegnandole un termine e rifissando l’udienza di merito. Il tutto sul presupposto che, analogamente a quanto previsto nel processo civile, l’introduzione del giudizio non rappresenti il termine di decadenza dalla proposizione di mezzi istruttori.           

Occorre infine esaminare tre pronunce del giudice civile, che si sono occupate di richieste risarcitorie collegate al ritardo nel rilascio di provvedimenti edilizi.

Il Tribunale di Crema (16.2.2000 n. 28) ha condannato un’amministrazione a risarcire il danno derivante da rilascio oltre i termini di legge di concessione per la realizzazione di un pubblico esercizio (bar birreria). La sentenza si segnala per la severità con cui è stata giudicata la colpevolezza nel ritardo del comune, in quanto e’ stato ritenuto irrilevante il ritardo nel rilascio del nulla osta Usl  e quello dovuto alla richiesta di un documento. Ciò in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto convocare una conferenza dei servizi, avente lo scopo di farle acquisire “intese, concerti, nulla osta o assensi” (art. 14 comma 2 l. 241/90) e, in genere, per un “esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti”. Un temperamento e’ stato riconosciuto in sede di valutazione della colpa, avendo il giudice riconosciuto il concorso del danneggiato nella causazione del danno, sotto il profilo dell’omessa attivazione per ottenere il provvedimento da un commissario ad acta.

Il Tribunale di Busto Arsizio (28.12.1999 n. 1609), la quale ha condannato un Comune a risarcire il danno derivante dall’impedimento illegittimo a concedere in locazione un immobile ad una banca. Alcuni anni prima, l’amministrazione aveva infatti negato ad una socueta’ immobiliare l’autorizzazione preventiva per l’apertura di uno sportello bancario, sulla base delle norme di attuazione del PRG. Il diniego era stato sottoposto al giudice amministrativo, che aveva accolto il ricorso, con decisione confermata in sede di appello. La successiva stipula di un nuovo contratto di locazione con altra banca avveniva però ad un canone inferiore. Il risarcimento, quantificato in una somma superiore al miliardo, e’ stata calcolata tenendo conto del mancato godimento dell’immobile fino alla conclusione dell’ultimo contratto di locazione e del minor guadagno derivante dal corrispettivo inferiore previsto in tale contratto.                          

Da ultimo, si segnala la pronuncia del Tribunale di Ragusa (27.4.1999 n. 302), che ha quantificato in oltre 4 miliardi il danno derivante dalla sospensione dei lavori e dall’annullamento di una concessione edilizia per la realizzazione di un complesso alberghiero.  

 

3. I riflessi sulla tutela del cittadino.

Nell’ottica del cittadino, i dinieghi o ritardi di provvedimenti edilizi  sono compensabili con  richieste di danni che, dal luglio 1998 (ed anche per danni nel quinquennio antecedente), sono di competenza del giudice amministrativo.

Occorrerà dimostrare il ritardo della pubblica amministrazione nel provvedere, la  perdita economica conseguente al ritardo, la diretta derivazione del danno dal comportamento dell’amministrazione, con diminuzione in caso di colpa concorrente del creditore (art. 1227 cod. civ.). Quest’ultima  circostanza  può comprimere considerevolmente  l’importo del risarcimento danni:  ad esempio nel caso deciso dal Tribunale di Crema, il ritardo da parte dell’imprenditore nel chiedere (com’era suo diritto) la nomina di un commissario che sostituisse l’amministrazione inadempiente, ha ridotto i giorni di ritardo risarcibili.

Le prime sentenze in tema di danni  quantificano somme ingenti, desumendo da valori  di mercato le utilità che i privati  non hanno conseguito:  oltre al caso giudicato dai giudici di Crema (42 milioni per un mese di ritardo nell’apertura di un bar), v’e’ il caso deciso dal Tar Catania (sent. n. 38/2000, in Guida al diritto, 5.2.2000, pg. 109), che impone all’amministrazione di valutare una diminuzione di valore tra area edificabile ed area destinata  servizi;  quello del Tribunale di Ragusa del 27.4.1999 (4 miliardi per annullamento illegittimo di concessione edilizia alberghiera) e quello del Tribunale di Busto Arsizio  (28.12.99 n. 1609), che riconosce un danno di un miliardo per il ritardo nel rilascio di un cambio destinazione da attività commerciale a banca.

Il ritardo nel rilascio del provvedimento edilizio, pur non riverberandosi necessariamente sulla legittimità del provvedimento medesimo, genera comunque inconvenienti, legati agli oneri sopportati nel tempo decorso oltre il limite ed il rischio del mutamento del panorama regolamentare o pianificatorio, che può rendere non più attuabile il progetto iniziale.

D’altro lato, il cittadino può chiedere il risarcimento non solo per il danno connesso all’illegittimità di un provvedimento da lui richiesto, ma altresiì quelli derivanti dall’illegittimità della concessione rilasciata al vicino.

 

4. La responsabilità dirigenziale.

Nell’ottica dei funzionari  delle pubbliche amministrazioni, il rischio di dover corrispondere risarcimenti di importo elevato comporta la velocizzazione non tanto dei provvedimenti favorevoli, bensi’ di quelli interlocutori (richiesta di documenti, di pareri, di integrazioni), al fine di non incorrere in una mera omissione di provvedimento. E’ possibile chiedere un’integrazione di documenti (non meramente dilatoria) per prorogare il termine stesso. I giudici considerano causa di giustificazione idonea ad esimere da responsabilità l’amministrazione e, di riflesso, il funzionario, l’esigenza straordinaria e motivata di integrare l’istruttoria (Trib. Busto Arsizio, cit.). Beninteso, la richiesta di documenti deve essere pertinente alla pratica da definire, così come risulta da modulari o elenchi-tipo di allegati, che ogni Comune predispone per chi chiede un provvedimento edilizio.

D’altra parte, per ritenere ingiustificato il ritardo nel rilascio della concessione, devono essere presenti le seguenti condizioni:

-  l’istanza del privato deve essere completa, cioe’ corredata da tutti gli elementi utili al rilascio del provvedimento;

-  al momento della presentazione, l’istanza deve essere conforme agli strumenti urbanistici vigenti ed ai regolamenti.

In ogni caso, deve ritenersi operante il principio di collaborazione, nell’ambito di una rinnovata configurazione dei rapporti  tra privato e PA, fondati sull’accordo degli interessati e sull’obbligo dell’amministrazione di cooperare al fine del soddisfacimento degli interessi dei cittadini.

Per far fronte all’aumento del rischio, per i dirigenti e’ possibile prevedere contrattualmente una copertura assicurativa, comprensiva della responsabilità amministrativa (che viene azionata dalla Corte dei conti). Si potrà quindi assistere, da un lato, ad una rincorsa di rivendicazioni contrattuali e, dall’altro, ad una maggiore attenzione  verso le tabelle di marcia nel rilascio dei  provvedimenti amministrativi. Tuttavia, vi e’ anche il pericolo che il ricorso massiccio al meccanismo assicurativo sottragga risorse che potrebbero invece essere destinate al miglior funzionamento dei servizi.

L’aumento della responsabilizzazione dei dirigenti innanzi alla Corte dei  conti comporta una maggiore ponderazione nell’adozione dei provvedimenti, nell’ottica di evitare la responsabilità individuale, con conseguente rallentamento nell’adozione dei provvedimenti. In sintesi, la PA e per essa i propri dirigenti,  saranno ora chiamati a rispondere più frequentemente per i propri errori e per i propri fatti illeciti e la maggiore attenzione alla legalità può comportare una maggiore lentezza. 

L’art. 26 L. 265/99 non ha incluso, fra i soggetti destinatari del contratto di assicurazione, i dirigenti ed i responsabili degli uffici, circoscrivendo l’ambito dell’istituto agli amministratori, per i quali tuttavia si tratta di adempimento facoltativo, sulla base della disponibilità del bilancio di ciascun ente.

Per arginare l’ondata di richieste risarcitorie, e quindi in un’ottica “deflattiva”, quello che finora e’ stato considerato come un coefficiente di produttività -  cioè la fissazione di un termine massimo di 30 giorni - in futuro potrebbe essere oggetto di  un ripensamento, con possibilita’ di un prolungamento del termine generale previsto dalla L. 241/1990.  Si tenga presente, infatti, che la norma risale ad un’epoca in cui non era pensabile il risarcimento danni ed, al più, si  discuteva  di omissione di atti di ufficio da parte del  pubblico funzionario (con successiva lunga ed onerosa lite civile per ottenere il risarcimento danni). L’aumento attuale delle liti in tema di danni e la concreta possibilità di ottenere un congruo risarcimento dimostrano, quindi, che non sempre la sanzione penale e’ lo strumento più opportuno nei  rapporti che coinvolgono la pubblica amministrazione.

La difesa dell’amministrazione di fronte alla richiesta risarcitoria del cittadino può basarsi sulle seguenti eccezioni:

a) assenza di colpa o dolo;

b) insussistenza di una posizione di interesse legittimo in capo al cittadino, titolare di una mera aspettativa o di un interesse di fatto;

c) la mera illegittimità dell’atto non basta a far dichiarare la responsabilità, in quanto la colpa della PA apparato si concretizza nella violazione di regole di imparzialità, correttezza e buon andamento  (sent. n. 500/99);

d) sotto il profilo quantitativo, l’entità del risarcimento può essere ridotta  invocando l’art. 1227 c.c., con esclusione dei danni evitabili con l’ordinaria diligenza e di quelli provocati dal concorso colposo del privato.   

In generale, il risarcimento trova spazio solo dove manca un potere discrezionale di apprezzamento della corrispondenza dell’interesse privato a quello pubblico e qualora il danno consegua ad un affidamento illegittimamente deluso. Es.: si pensi al mancato inserimento nel p.r.g. della precedente convenzione di lottizzazione.

Per la quantificazione del danno da ritardo nel rilascio della concessione, occorre tener conto, oltre che del tempo, anche del tipo di edificio, delle dimensioni, della sua destinazione, della zona in cui deve sorgere. Inoltre, sono rilevanti i maggiori oneri per la costruzione rispetto a quelli che si sarebbero affrontati all’epoca della domanda, il mancato godimento di vantaggi che il proprietario avrebbe nel frattempo potuto trarre dalla costruzione, decurtato dell’utile ricavato dall’impiego delle somme in altre operazioni lucrative. 

____________________________

 (*) Relazione al Convegno di Reggio Emilia del 7 dicembre 2001 su “Il Testo Unico sull’Edilizia - novità per privati ed amministrazioni”.


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico