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Articoli e note

n. 2/2004 

ALBERTO DE ROBERTO
(Presidente del Consiglio di Stato)

Relazione sulla Giustizia amministrativa

(Roma, Palazzo Spada, 26 febbraio 2004)

 

1. Signor Presidente La preghiamo di voler accogliere i sensi della profonda devozione mia e di tutta la Magistratura amministrativa per aver voluto, anche quest’anno, presenziare a questa cerimonia.

Un saluto devoto a Sua Eminenza il Cardinale Mario Francesco Pompedda, Prefetto del Supremo Tribunale della Signatura apostolica. Un grazie fervidissimo al Presidente del Senato della Repubblica, al Rappresentante della Camera dei Deputati, On. Deodato, al Ministro Pisanu intervenuto in rappresentanza del Governo, al rappresentante della Corte Costituzionale prof. Capotosti e agli altri Ministri, ai Giudici costituzionali e ai Sottosegretari presenti. Un cordiale saluto al Sottosegretario dottor Gianni Letta, così sensibile, nella Sua veste di delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai nostri problemi istituzionali.

Un vivissimo ringraziamento ai Senatori e Deputati presenti, al delegato del Presidente della Regione al Vice Sindaco di Roma On. Garavaglia, ai vertici e ai colleghi delle Magistrature consorelle e a tutte le Autorità civili e militari che mi rammarico di non poter menzionare nominativamente.

Un cordiale e grato saluto al nostro Organo di Autogoverno, ai tre Presidenti emeriti del Consiglio di Stato Gabriele Pescatore, Giorgio Crisci e Renato Laschena, ai cari Colleghi del Consiglio di Stato e dei TAR e al Personale tutto della Giustizia Amministrativa in pensione ed in servizio.

Un cordiale saluto al Foro privato e pubblico, dal cui contributo tanto dipende l’esercizio del nostro magistero.

2. Anche quest’anno - proseguendo un’iniziativa alla quale si è dato avvio, per la prima volta, l’anno scorso - mi accingo a svolgere una relazione rivolta a dar conto delle vicende che hanno interessato la Giustizia amministrativa nel 2003. Ritengo, invero, doveroso, anche da parte della Giustizia amministrativa, di rappresentare al Paese - in una apposita cerimonia pubblica, celebrata alla presenza del Capo dello Stato e delle più alte Autorità della Repubblica - gli accadimenti più significativi (nelle loro luci e nelle loro ombre) che si sono verificati in sede giurisdizionale e consultiva l’anno passato [1].

3. Come è noto, mentre i Tribunali Amministrativi sono coinvolti solo in compiti giurisdizionali, il Consiglio di Stato – al pari di quanto avviene in altri Paesi europei: Francia, Belgio, Paesi Bassi, Grecia – è investito anche di funzioni consultive [2].

In questa situazione – seguendo il filo espositivo al quale mi sono conformato in occasione della relazione dell’anno passato – mi soffermerò, in primo luogo, sulla funzione consultiva del Consiglio di Stato (che è la funzione primigenia della Giustizia amministrativa). Parlerò, poi, della funzione giurisdizionale che è quella che più impegna, oggi, le energie del plesso unitario T.A.R. - Consiglio di Stato.

Farò, infine, cenno a talune vicende di carattere ordinamentale e organizzativo sia dei TAR che del Consiglio di Stato, offrendo, in questa terza parte dell’esposizione, anche qualche informazione in ordine alla produttività della Giustizia amministrativa e alle linee di tendenza che si manifestano a questo riguardo.

4. La funzione consultiva del Consiglio di Stato (dalla quale prendo le mosse) si risolve in un contributo peculiarissimo a favore delle Istituzioni, forse, non contrassegnato, nel lessico normativo, da una espressione del tutto aderente ai suoi reali contenuti.

Alludo al fatto del manifestarsi tale funzione come attività espletata dal Consiglio di Stato con lo stesso “stile” che contrassegna lo svolgimento, da parte del medesimo Organo, delle funzioni giurisdizionali di cui è pure investito [3].

La consulenza del Consiglio di Stato non si concreta, infatti, in un “responso” rivolto ad assecondare l’Amministrazione richiedente nella ricerca di itinerari per il raggiungimento di obiettivi da quest’ultima avuti di mira ma in una valutazione distaccata e neutrale, alla stregua di parametri oggettivi, della legittimità della iniziativa amministrativa progettata. (Sempre meno ricorrente - si noti - la consulenza del Consiglio di Stato su questioni di merito amministrativo) [4].

5. Come è noto, i pareri del Consiglio di Stato sono di due tipi: obbligatori e facoltativi.

Due, fondamentalmente, le ipotesi di pareri obbligatori restate in campo dopo l’emanazione della legge n. 127 del 1997: il parere sui regolamenti statali e il parere sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica [5] [6].

6. L’area dei pareri obbligatori resi in materia regolamentare (pareri con i quali il Consiglio verifica, da un lato, la conformità dei regolamenti alla normativa sovraordinata e si preoccupa, dall’altro, di contribuire ad una corretta formulazione tecnica delle norme) è venuta, peraltro, contraendosi in misura sensibile per effetto delle modifiche apportate dal Titolo V della Costituzione al sistema delle fonti. Ed invero il nuovo Titolo V, sottraendo competenze legislative allo Stato e conferendo le stesse o in via esclusiva o in via concorrente alle Regioni, esclude, in entrambi i casi, qualunque intervento della normativa secondaria statale (nel primo caso perché la materia è tutta regionale; nel secondo perché lo Stato può intervenire solo a livello legislativo dettando i principi fondamentali) [7] [8].

Il confronto tra il numero di pareri espressi dalla Sezione per gli atti normativi negli anni 2002 e 2003 (quelli a partire dai quali ha trovato applicazione il nuovo Titolo V della Costituzione) e quelli del quinquennio anteriore rivela una flessione superiore al terzo.

Il numero dei regolamenti statali sui quali è stato richiesto il parere nel 2002 è stato di 149; di 131 nel 2003. In precedenza i pareri richiesti sui regolamenti erano stati: nel 1997 n. 190; nel 1998 n. 250; nel 1999 n. 276; nel 2000 n. 221; nel 2001 n. 230 [9].

7. Altra competenza obbligatoria del Consiglio di Stato è - come è noto - quella avente ad oggetto l’espressione del parere nell’ambito della procedura sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, strumento di tutela, di remota origine, in condizione di svolgere ancora un utile ruolo, almeno nelle aree rimesse alla giurisdizione del giudice amministrativo nelle quali il rimedio opera in con ruolo alternativo alla tutela giurisdizionale [10].

La perdurante fortuna dell’istituto è da ricondurre alla fiducia che lo circonda, fondata, in primo luogo, sulla definizione della controversia con decreto del Presidente della Repubblica in conformità della soluzione prospettata dal Consiglio di Stato [11] ed alla rapidità [12] ed economicità che lo contrassegna.

Sono da registrare, in questi ultimi tempi, sforzi rivolti a realizzare un regime di più marcata equivalenza tra tutela straordinaria e tutela giurisdizionale.

In questa logica si è riconosciuta, dalla legge n. 205 del 2000 – dissolvendo antiche incertezze giurisprudenziali – la possibilità di far luogo, anche in sede straordinaria, all’adozione di misure cautelari.

Resta affidata, invece, solo ad una lettura giurisprudenziale della Seconda Sezione del Consiglio di Stato (in attesa della valutazione che sarà fatta, a giorni, dalla Corte costituzionale), la remissione a quest’ultima di questioni di costituzionalità insorte in sede straordinaria (una devoluzione alla Corte giustificata – nell’ordinanza di remissione della II Sezione – con riferimento alla neutralità e terzietà del rimedio e al carattere giurisdizionale riconosciuto allo stesso in sede comunitaria [13]  [14]  [15].

8. Anche l’area della consulenza facoltativa è stata interessata in questi ultimi tempi da tratti innovativi.Va rilevato, in primo luogo, l’ampliamento, a livello centrale, delle Istituzioni pubbliche che hanno preso a richiedere il parere del Consiglio di Stato. Oltre al Governo (del quale il Consiglio di Stato è, per espressa volontà costituzionale, organo di consulenza giuridico amministrativa: art. 100 Cost.) hanno ritenuto di rivolgersi al Consiglio di Stato su questioni di carattere amministrativo i Presidenti delle Camere, le Autorità indipendenti, la Banca d’Italia etc. Anche le Regioni e gli Enti di autonomia locale, (questi ultimi, talora, sollecitando l’intervento regionale per la richiesta del parere) mostrano l’esigenza di avvalersi - almeno in relazione a certi affari – di una consulenza, distaccata e neutrale, quale è quella offerta dal Consiglio di Stato.

Ferma la piena disponibilità del Consiglio di Stato di offrire il suo contributo resta fuori discussione che il problema della consulenza a livello regionale e delle autonomie locali richiede attente riflessioni anche in sede legislativa in vista dell’attuazione del Titolo V [16].

9. Passo ora alla considerazione degli aspetti concernenti la tutela giurisdizionale [17].

Posso essere, a questo riguardo, meno analitico perché i Presidenti dei Tribunali amministrativi - nelle relazioni inviatemi - hanno offerto un ampio panorama del sistema di tutela giurisdizionale amministrativa, sia con riferimento al nuovo perimetro nel quale il giudice amministrativo è chiamato ad operare, sia con riguardo ai nuovi strumenti processuali che l’ordinamento ha posto a sua disposizione.

Vi è solo un punto, ricorrente in molte relazioni, che vorrei riprendere in questa sede.Si tratta dei profili della nuova disciplina concernente le c.d. azioni risarcitorie nei riguardi della Pubblica Amministrazione: un assetto che è valso ad assicurare - come appresso sarà chiarito - un vero e proprio salto di qualità al sistema di giustizia amministrativa per quanto attiene alle garanzie del cittadino. Sotto la ora menzionata denominazione, si collocano due importanti innovazioni volute dal legislatore: la prima implicante la costituzione di una nuova area di giurisdizione esclusiva (e perciò solo effetti modificativi del precedente perimetro giurisdizionale), l’altra – di carattere sostanziale - rivolta a dar vita, ad una nuova, più vigorosa, figura di interesse legittimo capace di collocare il nostro Paese tra gli ordinamenti dell’Europa comunitaria più sensibili alle esigenze di garanzia del cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione.

10. La nuova giurisdizione esclusiva alla quale dà vita la disciplina concerne gli atti amministrativi incidenti (illegittimamente) su diritti soggettivi preesistenti (espropri, occupazioni, demolizioni ecc.).

La nuova normativa si allontana dal precedente assetto fondato sulla regola generale di riparto – diritto soggettivo-interesse – che rendeva un autentico “martirio” per il ricorrente il conseguimento della tutela.

Non si contempla, infatti, più un separato giudizio rivolto a sindacare il potere pubblico da parte del giudice amministrativo (il giudice dell’interesse legittimo) e, poi, lo svolgimento dell’ulteriore contenzioso, relativo alla riparazione del diritto, innanzi al giudice ordinario, dopo l’annullamento dell’atto amministrativo.

La nuova disciplina – facendo leva sulla autorizzazione costituzionale dell’art. 103 che consente al legislatore ordinario di conferire al giudice amministrativo in “particolari materie” anche la cognizione di diritti soggettivi – ha, invece, affidato al giudice amministrativo il compito di garantire la riparazione del diritto soggettivo leso. Con l’ulteriore vantaggio, per l’interessato, del passaggio ad un sistema nel quale, in sostituzione della riparazione per equivalente, può trovar applicazione anche la reintegrazione in forma specifica del diritto leso non soggiacendo il giudice amministrativo a quei limiti che si impongono, invece, al giudice ordinario quando pronunci nei riguardi dell’Amministrazione. Non escluderei anzi che possa affermarsi che la costituzione della nuova area di giurisdizione esclusiva di cui alla legge n. 205 cit. ha rappresentato, per il legislatore statale, quasi una soluzione obbligata. Ed invero la clausola costituzionale generale di riparto (derogabile - per volontà costituzionale - dal legislatore ordinario) che conferisce al giudice amministrativo gli interessi legittimi e al giudice ordinario i diritti soggettivi va letta congiuntamente all’art. 111 Cost. sul giusto processo che reclama un contenzioso tempestivo ed efficiente che solo la concentrazione delle due procedure giudiziarie in un'unica sede può offrire (si pensi ai tempi ed alle spese di due separati contenziosi) [18].

11. Ben diverso rilievo riveste l’altra innovazione pure ricondotta sotto la generale intitolazione di “azione risarcitoria”.Si tratta in questo caso non già di una vicenda formal-processuale di spostamento di attribuzioni da una giurisdizione all’altra ma di innesto nell’ordinamento, sotto la pressione della storica sentenza n. 500 del 1999, di una più incisiva figura di interesse legittimo (pretensivo) percorsa da nuova linfa vitale. Viene ripudiata infatti l’antica configurazione dell’interesse legittimo (pretensivo) come posizione subalterna capace di venir soddisfatta solo in simbiosi con l’interesse pubblico e di conseguire, perciò, appagamento solo attraverso l’emanazione dell’atto attributivo di effetti vantaggiosi. Con l’inevitabile perdita perciò di ogni tutela quando non sia più possibile far luogo all’emanazione del provvedimento amministrativo al quale si ricollega la situazione di vantaggio. Si pensi all’impossibilità di adozione dell’atto amministrativo vantaggioso in luogo di un precedente diniego quando al nuovo provvedimento non sia possibile attribuire effetto retroattivo.

La nuova disciplina riconosce, per la prima volta, all’interesse sostanziale individuale la capacità di conseguire egualmente protezione se venga a spezzarsi l’anello che lega insieme l’interesse privato e l’interesse pubblico conferendosi all’interesse individuale di venir soddisfatto non più in forma specifica ma per equivalente.

E’ appena il caso di rilevare che l’interesse legittimo non perde per questa ragione la sua primigenia natura. Meno che mai può immaginarsi che esso si trasfiguri – come talora è stato adombrato – in diritto soggettivo in virtù di un fenomeno eguale e contrario a quello della degradazione: non più il diritto che decolora ad interesse legittimo ma interesse legittimo che assurge a diritto soggettivo. Il che consente anche di rilevare che la vicenda che si svolge in questa sede è destinata a manifestarsi ed esaurirsi all’interno della nostra giurisdizione, alla quale compete di tutelare il cittadino  nei confronti della pubblica amministrazione per quanto attiene agli interessi legittimi (art. 103, comma 1, della Costituzione). L’interesse legittimo, infatti, resta tale anche se alla modalità di tutela principale (la riparazione insieme all’interesse pubblico) si associa quella subordinata della riparazione per equivalente.

12. Nelle relazioni dei presidenti dei Tribunali amministrativi insieme al comprensibile orgoglio di gestire un “servizio giustizia” assurto, ormai, a più elevati livelli per quanto attiene alla tutela del cittadino si associa pure la preoccupazione per qualche nube che si è addensata sul nuovo assetto.

Si tratta della presenza di alcune ordinanze, provenienti da organi della giurisdizione ordinaria, con le quali si è posto, sostanzialmente, in contestazione la legittimità costituzionale dell’assetto fin qui ricordato rilevandosi che, in entrambe le ipotesi, la giurisdizione del giudice amministrativo è chiamata a muoversi su campi non contrassegnati da precisi confini e, perciò, al di fuori delle “particolari materie” di cui all’art. 103 Cost. [19].

Non è questa la sede per lo svolgimento di tesi a difesa della costituzionalità dell’assetto: il giudice amministrativo si rimette alla saggezza ed alla serenità della Corte costituzionale e si adeguerà a qualunque statuizione il giudice delle leggi riterrà di adottare.

Mi limito solo ad offrire qualche sommaria notazione alla quale dovranno essere dedicati ulteriori approfondimenti:

a) Resto sorpreso, anzitutto, della singolare qualificazione come controversie ricadenti nella giurisdizione esclusiva attribuita dalle ordinanze di remissione, alle pretese rivolte ad ottenere la riparazione per equivalente dell’interesse legittimo pretensivo.

Come ho già detto, il risarcimento costituisce, invero, meccanismo di tutela dell’interesse legittimo che resta immodificato nella sua sottile sostanza sia che alla sua tutela si provveda seguendosi il percorso tradizionale della riparazione in forma specifica (adozione dell’atto vantaggioso) sia quella alternativa della riparazione per equivalente.

Si tratta, dunque, di controversie che si collocano non nell’area della giurisdizione esclusiva ma nel campo degli interessi legittimi costituzionalmente garantiti al giudice amministrativo dalla Costituzione.Non si comprende, quindi, come, in questo caso, possano invocarsi le regole della giurisdizione esclusiva e richiamarsi la norma costituzionale (art. 103) nella parte in cui parla di “singole materie” [20].

b) La questione di costituzionalità di cui si è detto non sembra nemmeno prospettata in maniera convincente con riguardo alla parallela ipotesi di controversie aventi ad oggetto la riparazione dei diritti soggettivi sui quali abbia inciso l’atto amministrativo di cui si è disposto l’annullamento (controversie, queste ultime, sicuramente rientranti nella giurisdizione e esclusiva).

Va in proposito, anzitutto, rilevato che resta in campo, nella trama normativa in vigore - anche dopo l’art. 35, quarto comma, del decreto leg.vo n. 80 del 1998 (nella nuova versione di cui all’art. 7 della legge n. 205 del 2000) - la nuova attribuzione al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, della materia “dell’urbanistica”, già presente nella originaria versione del citato art. 35, proprio al fine di attrarre, nell’area della giurisdizione esclusiva, la più parte degli atti ablatori incidenti su diritti soggettivi (proprietà, possesso, altri diritti reali).

E’, infatti, “l’urbanistica” (id est: “l’assetto del territorio”) l’ambito nel quale si manifestano, nel più ampio numero, gli atti incidenti sui diritti soggettivi (espropriazioni, occupazioni, demolizioni etc.).

In questi limiti è fuori di discussione, quindi, la presenza di una “particolare materia” nella quale la giurisdizione esclusiva, in relazione alla più parte degli atti ablatori, è chiamata ad operare,Anche la più estensiva (e, forse, assorbente) formula di cui all’art. 35, quarto comma (nuova versione), rivolta a far confluire nel giudice amministrativo la riparazione di qualunque diritto soggettivo leso dalla esplicazione del potere (ogni diritto “patrimoniale consequenziale”) pare identificare un ben definito “settore” dell’azione amministrativa (e, quindi, una particolare materia).

Ed invero le ipotesi nelle quali il potere amministrativo incide ablatoriamente sui diritti soggettivi (si tenga conto - o meno - ai fini del loro censimento, di quelli ricadenti nell’area dell’urbanistica) sono tutte fattispecie contemplate dalla legge sulla base di autorizzazioni riconducibili a previsioni costituzionali.

Una interpretazione il più possibile estensiva a questo riguardo è suggerita, inoltre, dall’esigenza di assicurare la realizzazione – come avanti si accennava - dei valori del “giusto processo” e della Carta dei diritti dell’Uomo (la durata ragionevole del contenzioso risulterebbe gravemente compromessa nell’ipotesi di frazionamento della lite innanzi a due diverse giurisdizioni) [21].

13. Qualche notazione, infine (e passo, così, alla terza parte della mia esposizione), per le questioni di carattere ordinamentale e organizzativo della Giustizia amministrativa.

Richiamo, anzitutto, un’importante modifica legislativa che concerne il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana (un organismo chiamato ad operare, come propaggine del Consiglio di Stato in terra di Sicilia: art. 23 Statuto siciliano, con due sezioni, rispettivamente chiamate ad espletare funzioni di giudice di appello avverso le pronunce del T.A.R. della Sicilia e attività di consulenza giuridico amministrativa a favore della Regione.

La nuova disciplina - introdotta con la congiunta manovra di due testi legislativi (il decreto legislativo di attuazione dello Statuto del 24/12/2003 n. 373 e il decreto legge n. 354 dello stesso giorno, convertito in legge il 18 febbraio 2004, in corso di pubblicazione) - mira a garantire ai membri laici di entrambe le sezioni del Consiglio di Giustizia (la Sezione giurisdizionale e la Sezione consultiva) oltre ad elevati requisiti professionali (art. 106, 2° comma, Cost. e art. 1 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 579) la stessa indipendenza assicurata ai magistrati del Consiglio di Stato (divieto di svolgimento di qualunque attività professionale e di impresa, soggezione ai poteri disciplinari dell’organo di autogoverno etc.) [22].

Si persegue, inoltre, l’obiettivo di organizzare, come strutture, composte da membri diversi, la sezione giurisdizionale e quella consultiva.

Si vuole, ancora, una più larga presenza di componenti di espressione regionale nella sezione consultiva in considerazione del fatto che quest’ultima viene a porsi, in Sicilia, quale organo di consulenza giuridico-amministrativa della Regione (e delle istituzioni infraregionali).Si stabilisce, infine, il potenziamento numerico della sezione giurisdizionale siciliana in considerazione del fatto che in questi ultimi anni (al pari di ogni altro organo di giurisdizione amministrativa), il contenzioso, è venuto via via montando.

14. Passo ora a svolgere qualche considerazione sulla produzione della attività giurisdizionale sia in primo grado che in appello (per quel che riguarda l’attività consultiva ho già offerto, in precedenza le notizie occorrenti).Per quel che concerne i Tribunali Amministrativi occorre dar atto del dato positivo che il contenzioso in uscita continua ad essere più elevato di quello in entrata (un effetto da ricondurre, oltre che al più forte impegno dei magistrati amministrativi e alle decisioni in forma semplificata largamente diffuse in primo grado, alla riduzione del contenzioso in entrata conseguente al nuovo riparto di competenze giurisdizionali postulate dalla legge n. 205 del 2000). Basti rilevare, per quel che riguarda il 2003, che i ricorsi esitati sono stati 112.505, mentre in entrata sono stati, nello stesso anno, ricevuti 80.098 ricorsi. Per il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale il fenomeno della prevalenza delle entrate sulle uscite è meno marcato: conseguenza quest’ultima del fatto che le entrate dei ricorsi in appello sono venute crescendo e non diminuendo in conseguenza della più elevata produzione delle decisioni di primo grado. Le entrate che ascendevano nel 1998 a 6.710 ricorsi (con definizione di 6.901 ricorsi) sono, nel 2003, salite a n. 8.904 in entrata (i ricorsi in uscita sono stati nello stesso anno n. 9.856).

15. E’ evidente che il fenomeno ora descritto è ben lontano dal far presagire che l’attuale arretrato (di primo e secondo grado) possa venire eliminato - o ridotto in maniera significativa - solo per effetto dell’aumento della produttività dei giudici.

Se si prescinde da iniziative legislative, credo che possa solo confidarsi su taluni tentativi che vedono impegnati da qualche mese a questa parte, in un operazione pilota taluni Tribunali e la IV Sezione del Consiglio di Stato: la ricerca, attraverso l’esame dei singoli fascicoli, della presenza di ricorsi eguali, suscettibili di essere definiti con un’unica decisione o con separate decisioni brevi destinate a far seguito ad una sentenza capostipite sorretta da più ampia motivazione. Ancora la identificazione dei ricorsi divenuti veri e propri fossili perché non più sostenuti dalla presenza di qualunque attuale interesse (ad esempio i ricorsi per i quali non risulti presentata entro il termine biennale di perenzione l’istanza di fissazione del ricorso).

Lasciano, naturalmente, grande speranza, sempre ai fini di un miglior funzionamento del “servizio giustizia” (compresa la riduzione dell’arretrato), le nuove forze che sono venute o verranno ad aggiungersi alla schiera dei Magistrati di primo grado: i 35 referendari assunti alla fine dello scorso anno e i 35 di cui si prevede l’immissione nei ruoli alla fine dell’estate o, al più tardi, agli inizi dell’autunno.

16. Non posso chiudere questa relazione senza esprimere la mia sincera gratitudine ai Magistrati ed al Personale della Giustizia amministrativa, sempre pronti ad offrire impegno, ingegno ed energie, a favore dell’Istituzione della quale fanno parte.

Un particolare e grato apprezzamento anche a tutti i componenti del Consiglio di presidenza ed in particolare alle quattro personalità laiche espresse dal Parlamento, che di esso fanno parte. Il Consiglio di presidenza, specie in questi ultimi tempi, va manifestandosi come utile strumento sia di raffreddamento di talune antiche tensioni che di ricerca di nuovi e definitivi equilibri all’interno della magistratura amministrativa, caratterizzata da ruoli separati ma contigui.

Signor Presidente ho rassegnato alla Sua attenzione le vicende più significative della Giustizia amministrativa dell’anno 2003.

Le porgo i sentimenti della devozione mia personale, della Magistratura e del Personale del Consiglio di Stato e dei TT.AA.RR.


 

[1]  La data dell’incontro (fine febbraio-metà marzo), non è casuale: si tratta di una scelta imposta dall’esigenza di ottenere che i Presidenti dei T.A.R. e delle Sezioni staccate abbiano già esposto, nelle loro relazioni, i dati relativi agli Organismi giurisdizionali ai quali sono preposti. Solo dopo l’acquisizione di tali elementi, infatti, è possibile rappresentare, in un quadro riassuntivo, la totalità (o quasi) delle vicende che hanno riguardato la Giustizia amministrativa.

[2]  Funzioni consultive e giurisdizionali fanno capo anche alla Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

[3]  E’ stata d’altra parte, proprio la terzietà con la quale è stata gestita sin dalle origini anche nel Regno sabaudo la funzione consultiva da parte del Consiglio di Stato la ragione che condusse il legislatore nel 1889 a conferire allo stesso Organo (la IV Sezione del Consiglio di Stato) la funzione contenziosa (poi qualificata giurisdizionale) e la Costituzione del 1948 a conservare al Consiglio di Stato funzioni consultive e giurisdizionali insieme.

[4] Né vi è il rischio che la funzione giurisdizionale resti condizionata da precedenti valutazioni espresse in sede consultiva. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, non ha mai rinunciato a ripercorrere con occhio vigile è critico l’itinerario seguito dal parere per stabilire se lo stesso vada condiviso o disatteso. E, invero, nella tradizione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale valutare i pareri espressi in sede consultiva con assoluto distacco nella radicata convinzione dell’esigenza – connaturata alla giurisdizione – di definire in sede giurisdizionale in posizione di totale estraneità la controversia sulla quale si è intervenuti in sede consultiva.

Nè si realizzano interferenze nella gestione delle due funzioni: le sezioni giurisdizionali e consultive sono costituite da componenti diversi. Sussiste, inoltre, l’obbligo per chi ha conosciuto dell’affare in una sede di astenersi nella sede parallela nella quale l’affare venga, in ipotesi, pure conosciuto. Anche la presenza, nell’organizzazione del Consiglio di Stato, dell’Adunanza generale (un organo al quale sono chiamati a partecipare tutti i componenti del Consesso), costituisce un dato ben lontano dal dimostrare interferenze tra le due funzioni: e ciò anche in considerazione del carattere delle questioni che – almeno da qualche tempo a questa parte – sono devolute alla cognizione dell’Adunanza generale, questioni, di regola, insuscettibili di dar luogo a sviluppi di carattere contenzioso. Così, ad esempio, l’Adunanza generale – riunitasi due volte nel 2003 - è stata chiamata a pronunciare una volta su questioni generalissime relative all’interpretazione del nuovo Titolo V della Costituzione; altra volta ad esprimere parere su di uno schema di decreto legislativo (quello di attuazione, con norme primarie, dello statuto siciliano relativo al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sul quale si ritornerà).

[5] E’ prevista anche una terza ipotesi di parere obbligatorio: quello sugli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni predisposti dai Ministri.

Si tratta, in questo caso, di un intervento reso su atti con i quali, in via di autolimitazione, le amministrazioni formulano le clausole fondamentali da inserire negli accordi, contratti ecc. che verranno, via via, stipulati. Si comprende l’importanza di una valutazione attenta, sul piano giuridico, di tali schemi da parte del Consiglio di Stato in un sistema che non contempla più – come in passato - l’intervento obbligatorio del detto Organo nella valutazione dei singoli accordi, contratti etc. in occasione della loro conclusione.

[6]  La drastica riduzione dei pareri di cui era prescritta in passato ex lege l’acquisizione (taluni destinati ad assolvere una vera forma di controllo preventiva) è avvenuta per effetto della legge n. 127 del 1997.

La detta riduzione si è risolta in un fatto alla fine positivo per il Consiglio di Stato perché lo ha liberato, almeno in alcuni casi, da incombenze che gli impedivano di concentrare la sua attenzione su questioni di maggior rilievo.

[7] E’ ben vero che la normativa precedente di origine statale di ogni livello sopravvive nell’ordinamento regionale e continua ad operare in quest’ultimo fino a quando non sopraggiungano norme espresse da fonti regionali (art. 1 legge n.131 del 2003). L’interpretazione che si è affermata è, però, nel senso che la normativa statale in vigore resta in vita ut sic sottraendosi ad ogni ricambio al quale può procedere solo la fonte regionale o in via diretta o devolvendo a fonti secondarie (regionali ed o endoregionali) tale competenze.

[8]  Concorrono a ridurre le competenze secondarie statali anche ulteriori vicende: il conferimento, in primo luogo – specie dopo il nuovo Titolo V - di ampi spazi costituzionalmente garantiti alla normativa regolamentare dalle autonomie locali (art. 118 Cost.). Vanno, inoltre, ricordate le potestà normative (anch’esse costituzionalmente garantite) a favore delle università, istituzioni di alta cultura ed accademie (art. 33 ultimo comma; art. 117 Cost. lettera m, 2° comma). Non riconducibili ad autorità governative e ministeriali (e perciò sottratti al parere del Consiglio di Stato) sono pure i regolamenti di competenza delle Autorità indipendenti e degli enti pubblici.

[9] Ulteriori riduzioni dell’area dei regolamenti statali (e, perciò, del parere del Consiglio di Stato) potrebbero manifestarsi, inoltre, per il fatto che l’art. 117 del nuovo Titolo V della Costituzione consente al legislatore statale di conferire attribuzioni regolamentari alle regioni (ovviamente nel campo delle aree di competenza statale). La normativa regolamentare regionale, pur affondando, in questo caso, le sue radici nell’ordinamento statale ai cui principi è tenuta a conformarsi, non soggiace, infatti, alla regola del previo parere obbligatorio del Consiglio di Stato, (prescritto – come si è detto – per i soli regolamenti statali).

[10]  E’ dubbia l’utilità di dare spazio al ricorso straordinario in relazione a controversie di spettanza del giudice ordinario. Il giudice ordinario – svincolato dal regime di alternatività – può, infatti, disattendere il decreto decisorio disapplicandolo. L’Adunanza Generale del Consiglio di Stato con parere n. 9 del 10/6/1999 sul presupposto che gli atti della p.a. relativi al rapporto di impiego risultano direttamente finalizzati alla cura di uno specifico interesse pubblico, ha ritenuto che gli stessi abbiano natura di atti amministrativi e siano impugnabili in sede straordinaria. Non risultando prevista la alternatività è possibile, in tali casi, se la decisione su ricorso straordinario è antecedente al giudizio ordinario, la disapplicazione. Il ricorso straordinario è invece improcedibile, ove si formi il giudicato in sede civile.

[11] Sebbene la legge preveda la possibilità del Ministro competente di devolvere la decisione al Consiglio dei Ministri qualora ritenga di non seguire il parere non risultano – almeno negli ultimi anni – ipotesi nelle quali il Ministro abbia ritenuto di dissentire dal parere.

[12] In media dalla ricezione della relazione del Ministro competente alla data di espressione del parere non intercorre più di un semestre salvo che esigenze istruttorie non impongano misure interlocutorie.

[13]  Sul presupposto della neutralità e terzietà del rimedio (e perciò del suo carattere giurisdizionale o paragiurisdizionale) la Corte di giustizia ha riconosciuto la proponibilità in sede straordinaria delle pregiudiziali interpretative e contestative di cui all’art. 234 del Trattato.

[14] La nuova giurisdizione del giudice amministrativo, incidente oggi, dopo la legge n. 205 del 2000, assai più che in passato su controversie aventi ad oggetto il rapporto (o anche il rapporto), ha dato luogo a qualche orientamento divergente tra le sezioni consultive del Consiglio di Stato (a quanto consta in via di superamento): se il ricorso straordinario, costruito sin dalle origini dalla legge come procedura impugnatoria (rimedio contro l’atto vero o fittizio), possa venire utilizzato per controversie di carattere non impugnatorio (in particolare per assicurare tutela alle pretese del risarcimento del danno conseguenti all’illegittima esplicazione del potere). Il numero dei ricorsi sui quali il Consiglio di Stato ha espresso il suo definitivo parere nel 2003 si aggira sui 4.500 (un numero che rientra nella media di questi ultimi anni). (In senso favorevole, II Sez. 30/4/2003 n. 1036/92; in senso contrario, III Sez. 5/2/2002 n. 1784/01).

[15] Nel 2001 i ricorsi straordinari pervenuti al Consiglio sono stati 5923; nel 2002, 4240, circa 5000 nel 2003. Alti e bassi contraddistinguono l’intero quinquennio 1998/2002. Si lascia cogliere un “andamento pressoché costante di tipo sinusoidale”.

[16] Va, in particolare, richiamata l’attenzione delle Istituzioni competenti – Parlamento, Governo, Regioni – sul fatto che la normativa secondaria, trasferita da centri di produzione diversi dal Governo o dai Ministri, non risulta più assistita da quel parere obbligatorio che, a garanzia della legittimità e della corretta formulazione delle norme, in passato assisteva la normativa secondaria. La larga diffusione di normative secondarie esposte ad un più alto rischio di illegittimità anche per la carenza del filtro costituito dal parere del Consiglio di Stato induce a interrogarsi sul trattamento da riservare ai regolamenti dei quali in sede giurisdizionale sia riconosciuta la illegittimità: annullamento erga omnes – o come suggerisce il Presidente del T.A.R. Campania nella sua relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario – privazione di efficacia ai soli effetti della caducazione dell’atto applicativo della norma regolamentare così come riconosceva la nostra giurisprudenza prima dell’affermarsi delle nuove linee interpretative ancora oggi seguite?

[17] Si tratta – come già si è ricordato nel testo – del settore di esclusivo impegno istituzionale dei Tribunali amministrativi regionali e quello nel quale profonde le sue maggiori energie il Consiglio di Stato per la complessità ed il numero delle questioni affrontate.

[18] Sospingono a favore di una soluzione di questo tipo anche i principi della Carta dei diritti dell’Uomo e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che reclamano lo svolgimento del processo in tempi ragionevoli.

[19] Una violazione tanto più grave, della disciplina - si afferma - in quanto suscettibile di ostacolare la funzione nomofilattica della Cassazione stante la identità e la simiglianza delle fattispecie che vengono fatte transitare nell’area della giurisdizione amministrativa (in larga parte riconducibili alla figura della responsabilità aquiliana della quale conosce in via generale il giudice ordinario).

[20] Assolutamente non condivisibile l’assunto di cui sembra trovarsi traccia nella decisione n. 500 del 1999 della Cassazione secondo cui attraverso un fenomeno uguale e contrario a quello della degradazione, l’interesse legittimo pretensivo non soddisfatto in forma specifica assurgerebbe al rango di diritto soggettivo (trasformazione dell’interesse legittimo pretensivo in diritto al risarcimento del danno).

[21] Le ordinanze di remissione alla Corte costituzionale sospettano di illegittimità costituzionale - sempre perché non riguardanti particolari materie - pure l’area dei servizi pubblici. Anche con riferimento a questo ambito di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo l’eccezione sembra da disattendere risultando la materia dei servizi pubblici ormai collocata dopo le prime affrettate letture della normativa, in un circoscritto campo di azione.

E’ incontroverso, oggi, in giurisprudenza che il contenzioso in tema di servizi pubblici deve ritenersi riservato solo agli aspetti relativi alla organizzazione del servizio pubblico (un settore pervaso dal pubblico interesse nel quale muovono atti amministrativi e atti negoziali retti, di regola, dal diritto privato speciale proprio per la presenza del pubblico interesse):. E’ evidente che anche in questa ipotesi si assicura un contenzioso più accessibile al cittadino liberando quest’ultimo dalle difficoltà che inevitabilmente incontrerebbe nella individuazione della situazione soggettiva coinvolta (e, perciò, della istituzione giurisdizionale innanzi alla quale radicare la controversia).

Al giudice ordinario spetta, invece, nella materia del servizio pubblico la cognizione dei contratti individuali di utenza, dell’illecito provocato dallo svolgimento del servizio, i contratti di approvvigionamento del gestore ad eccezione, ovviamente, di quelli sottoposti, per la scelta del contraente, a procedure di evidenza pubblica.

[22] Risulta a questo riguardo espressamente disposto la estensione ai membri laici del Consiglio di giustizia delle norme tutte concernenti lo stato giuridico e il regime disciplinare di magistrati del Consiglio di Stato e l’obbligo per questi ultimi di richiedere per l’esercizio di qualunque incarico loro conferito la previa autorizzazione del Consiglio di Presidenza.

Da parte dei membri laici la nuova disciplina vuole pure il possesso i più rigorosi requisiti culturali e di esperienza consentendo alla Regione di designare solo soggetti in possesso degli stessi requisiti voluti dalla legge per la nomina diretta a consigliere di Cassazione o a consigliere di Stato.

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