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GIORGIO GIALLOMBARDO
Inaugurazione dell'anno
giudiziario 2007
del T.A.R. Sicilia
(Palermo, 17 febbraio 2007)
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Autorità, Signore, Signori,
1.- Adempio anche quest’anno al gradito dovere, in occasione della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario presso la Sede di Palermo del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, di presentare la relazione sull’attività svolta e sull’andamento della Giustizia amministrativa in questa circoscrizione giudiziaria nel decorso anno 2006.
É questa ormai una consuetudine che, per determinazione del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, si inserisce a pieno titolo nel contesto delle analoghe iniziative da più tempo praticate presso altre Magistrature, al condivisibile fine di fornire, oltre che agli addetti ai lavori anche all’opinione pubblica, la più ampia informazione sull’andamento e sulle prospettive di questo settore della giustizia, divenuto sempre più fenomeno di massa, così nel Paese come nella nostra realtà territoriale.
L’anno che si è appena concluso è stato caratterizzato da una significativa attività dei tribunali amministrativi regionali, ormai da trentatre anni in funzione.
Non è questo un periodo particolarmente lungo nella complessiva storia del Paese, ma è pur sempre significativo e rilevante, essendo stato caratterizzato da una costante più diffusa esigenza di giustizia da parte dei cittadini anche nei rapporti con la pubblica amministrazione, strettamente collegata ad una crescita di coscienza civile e di consapevolezza di diritti e doveri cui l’opera dei "nuovi" giudici amministrativi dislocati sull’intero territorio nazionale ha dato un contributo non indifferente. Contributo che certamente continuerà ad avere un ruolo fondamentale nel nuovo contesto ordinamentale che va delineandosi dopo le recenti riforme costituzionali, caratterizzato da una trasformazione profonda della struttura stessa dello Stato, tendente ad un federalismo che vede sempre più affermarsi i centri decisionali regionali e locali ed affievolirsi, fino talora a venir meno, le tradizionali forme di controllo tipiche della precedente struttura statale tendenzialmente accentratrice.
I nuovi modelli organizzativi che vanno via via precisandosi, ispirati ai principi del federalismo solidale, della sussidiarietà e quant’altro, postulano invero la presenza attiva di una giurisdizione speciale e specializzata, quale è quella amministrativa, che il più rapidamente ed efficacemente possibile sia in grado di assicurare al cittadino, ovunque residente ed operante, una tutela effettiva nei confronti di qualsivoglia eventuale prevaricazione dei pubblici poteri onde perseguire l’obbiettivo di una costante osservanza del principio di legalità anche attraverso la legittimità dell’azione amministrativa ed, al contempo, della realizzazione, quanto meno tendenziale, di condizioni di pari opportunità per tutti.
Pur nella consapevolezza dei consistenti limiti oggettivi che si frappongono in concreto alla nostra opera – cui accennerò tra poco – ritengo che il Giudice amministrativo non si sottrarrà anche per l’avvenire a questo fondamentale impegno civile al servizio del Popolo Italiano, nel cui nome è chiamato a pronunciare.
Desidero innanzi tutto rivolgere un deferente saluto al Signor Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che impersona l’unità nazionale ed assolve, già in questi primi mesi del suo mandato, con grande equilibrio ed autorevolezza all’altissimo ruolo di garante della Costituzione e degli assetti ordinamentali in questa consacrati.
Un saluto di benvenuto ed un sentito augurio di buon lavoro al nuovo Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Palermo, S.E. Mons. Paolo Romeo, recentemente insediatosi, chiamato dal Sommo Pontefice Benedetto XVI all’impegnativa funzione pastorale in questa Città.
Un particolare saluto a S.Em. Rev.ma il Sig. Cardinale Salvatore De Giorgi, Arcivescovo Metropolita Emerito di Palermo, cui va il ringraziamento per la grande attenzione che ha sempre manifestato, nei lunghi anni di permanenza nell’Alto Ministero, per la nostra attività.
Un caloroso saluto e un sentito ringraziamento, anche a nome dell’Ufficio, a tutti gli intervenuti – rappresentanti dei vari settori delle Istituzioni, delle Magistrature, del Foro, dell’Università, della Dottrina giuridica e dell’Informazione – che, con la loro presenza, dimostrano l’attenzione e l’interesse con cui le componenti della Società – e non soltanto gli (strettamente) addetti ai lavori – seguono l’attività della Giustizia amministrativa.
Un particolare saluto al Presidente del Consiglio di Stato, Mario Egidio Schinaia, recentemente insediatosi ed al quale mi legano antichi sentimenti di stima ed amicizia, che con grande prestigio e competenza onora la carica di vertice della Giustizia Amministrativa italiana.
Un affettuoso saluto ed un ringraziamento per l’opera svolta al Presidente Emerito del Consiglio di Stato Alberto de Roberto, che per la ferrea legge del tempo ha lasciato l’ufficio, dopo oltre mezzo secolo al servizio dello Stato.
Un cordiale saluto anche al nostro Organo di autogoverno, il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, presente alla odierna cerimonia con una autorevole rappresentanza.
Un particolare saluto al Foro di Palermo e della Sicilia occidentale tutta – in questa espressione ricomprendo anche l’Avvocatura dello Stato e le Avvocature degli enti pubblici – qui largamente presente, che vanta una lunga brillante tradizione anche nel settore amministrativo e che ha sempre contribuito in modo determinante all’evoluzione giurisprudenziale.
Un cordiale saluto ai Colleghi tutti, del Consiglio di Stato, del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e dei Tribunali amministrativi regionali, ed alle rispettive Associazioni; un particolare saluto e ringraziamento al Personale di segreteria ed amministrativo della Giustizia amministrativa, che condivide con encomiabile spirito di servizio il nostro quotidiano impegno, ed ai rappresentanti sindacali, che sempre hanno dimostrato grande equilibrio e collaborazione.
Un pensiero affettuoso e riconoscente verso i Presidenti che mi hanno preceduto: in particolare, fra i più antichi, il Presidente emerito del Consiglio di Stato Giorgio Crisci ed il Presidente emerito della Corte Costituzionale Riccardo Chieppa, che ho avuto la fortuna di avere come maestri nei primi anni della mia attività; fra i più recenti, i Presidenti Guglielmo Serio e Giovanni Castiglione.
Un commosso ricordo per quanti, al servizio della Repubblica nelle sue varie articolazioni, hanno sacrificato la vita nell’adempimento del dovere per la difesa della legge e delle istituzioni, della civile convivenza e della sicurezza dei cittadini.
Un pensiero riconoscente ai nostri connazionali, militari e civili, impegnati in varie parti del mondo in missioni di pace e di sostegno umanitario in favore delle popolazioni meno fortunate: missioni connotate sovente da rischi elevati, affrontati con coraggio e determinazione, talvolta fino all’estremo sacrificio.
2. – Alcuni eventi significativi hanno riguardato questa Sede nel corso dell’anno 2006, che desidero ricordare brevemente.
2.1. - Il primo è dato dal completo realizzarsi, a pieno regime, dell’entrata in funzione, presso questa Sede, della terza Sezione interna, che, come è noto, ha iniziato ad operare dal 1° aprile 2005.
Le funzioni di Presidente della neo-istituita terza Sezione interna inizialmente erano state conferite dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa al Consigliere Nicolò Monteleone, che nei tre anni precedenti aveva esercitato analoghe funzioni presso il T.A.R. della Campania, Sede di Napoli, ove ha presieduto la quarta Sezione interna, dopo avere operato per parecchi anni come magistrato presso questo Ufficio in entrambe le Sezioni.
Successivamente sempre il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, in applicazione delle direttive di carattere generale dallo stesso formulate circa la permanenza massima dei Magistrati nella stessa Sezione interna, attualmente fissata in cinque anni, ha disposto, con deliberazione del 27 gennaio 2006, l’avvicendamento nelle funzioni di Presidenti delle Sezioni interne 2^ e 3^ presso questa Sede. Conseguentemente, con D.P.R. 5 aprile 2006 il Consigliere con funzioni di Presidente di Sezione interna Calogero Adamo, già in servizio presso la Sezione (int.) 2^, è passato a presiedere la Sezione (int.) 3^, mentre il Consigliere con funzioni di Presidente di Sezione interna Nicolò Monteleone è transitato a presiedere la Sezione (int.) 2^.
L’entrata in funzione della terza Sezione interna ha consentito un incremento del numero di cause trattate ed una più articolata e complessivamente più funzionale ripartizione dei ricorsi per "materia" fra le tre Sezioni qui operanti, pur in presenza delle perduranti difficoltà strutturali ed organizzative, più volte rilevate.
2.2. – Il secondo evento – invero non di segno positivo – è costituito dal venir meno, nella dotazione organica di fatto del Personale di Magistratura presso questa Sede, - che, come già segnalato nella relazione relativa all’anno 2005, era inferiore di ben tre unità rispetto a quella di diritto (16 posti coperti rispetto ai 19 previsti) – di due valorosi magistrati: un giovane Referendario, proveniente dalla Magistratura ordinaria, che ha ritenuto, per scelta personale, di rientrare nel ruolo di provenienza ( con effetto dal 20 aprile 2006), ed il Consigliere di maggiore anzianità fra i magistrati qui in servizio, il collega Filippo Giamportone, già assegnato alla Sezione 1^, che, in esito al relativo concorso, ha avuto – meritatamente - conferite dal Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, con decorrenza dal 18 novembre 2006, le funzioni di Presidente di Sezione interna presso la Sede di Napoli del T.A.R. della Campania.
Nessuno dei due è stato, fino ad oggi, sostituito: circostanza, questa, che, sotto il profilo percentuale, fa diminuire di circa il 13% la dotazione di fatto quì esistente, con la forzata conseguente riduzione di una unità nel numero di magistrati assegnati ad una delle tre Sezioni, che risulta attualmente al di sotto del minimo di cinque previsto dalla normativa vigente.
Ma della situazione deficitaria degli organici del Personale, sia di Magistratura che di Segreteria, amministrativo e di collaborazione e delle conseguenze negative sull’ efficienza del servizio dirò più avanti.
Al momento, pur in presenza degli accennati effetti negativi sull’assetto delle Sezioni qui operanti, desidero formulare ai colleghi passati ad esercitare diverse funzioni presso altri Uffici giudiziari, ed in particolare al Consigliere Filippo Giamportone, per lunghi anni uno dei punti di forza di questo Tribunale, i più cordiali auguri di buon lavoro e di sempre nuove, meritate affermazioni nel prosieguo della carriera.
3. - Nello scorso anno giudiziario 2006 è ulteriormente proseguito il processo di progressiva entrata a regime delle innovazioni introdotte nel settore della Giustizia amministrativa con la legge 21 luglio 2000, n. 205, legge che, com’è noto, ha ampiamente modificato il campo d’azione assegnato alla giurisdizione amministrativa: la quale, già privata di taluni settori di contenzioso concernente il c.d. pubblico impiego (precisamente quello riguardante le categorie di personale contrattualizzate, epperò non più dipendenti pubblici nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto dipendenti della pubblica amministrazione con rapporto disciplinato da istituti di diritto privato del lavoro), si era vista attribuire nuovi e più rilevanti ed impegnativi spazi di intervento, attraverso il superamento del tradizionale riparto di giurisdizione fondato sulla secolare dicotomia "diritti soggettivi" – "interessi legittimi", integrato dall’attribuzione di competenza per materie o per "blocchi di materie" nei rilevanti settori dei servizi pubblici e dell’urbanistica ed edilizia.
Ed invero, dopo l’inversione di tendenza nell’assestamento e consolidamento – sia giurisprudenziale che dottrinario – di tali innovazioni verificatasi nel corso del 2004, in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004, alla quale ha fatto seguito la pronunzia n. 281 del 28 luglio 2004 relativa ai contenziosi instaurati nella vigenza dell’originario art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998, ed ancora dallo stesso disciplinati per quanto attiene ai profili di giurisdizione, si sono in qualche misura consolidati e stabilizzati gli orientamenti da queste pronuncie emersi.
Si ricorderà certamente che la sentenza n. 204/2004 ha dichiarato la parziale incostituzionalità degli artt. 33 e 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come sostituiti dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000, ritenendo costituzionalmente illegittima l’attribuzione al giudice amministrativo, nelle materie dei servizi pubblici e dell’urbanistica ed edilizia, di giurisdizione anche sui diritti soggettivi in ambiti nei quali non venga in rilievo il concreto esercizio di pubbliche potestà; la sentenza n. 281/2004 ha, poi, dichiarato la parziale incostituzionalità dell’originario art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998 per la parte in cui, eccedendo dai limiti della delega, non si è limitato ad estendere la giurisdizione amministrativa ai diritti patrimoniali conseguenziali, ivi compreso quello al risarcimento del danno. L’effetto, combinato, di entrambe le pronunzie costituzionali è stato quello di provocare un rilevante ridimensionamento degli ambiti di giurisdizione esclusiva attribuiti al giudice amministrativo nelle materie dei servizi pubblici e dell’urbanistica ed edilizia, quali sino a quel momento erano venuti a delinearsi.
Nelle relazioni di inaugurazione degli ultimi due anni giudiziari si era posto in evidenza, indipendentemente da qualsiasi valutazione, in particolare, della sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004 – sia per quanto riguarda la tecnica di intervento "ortopedico" sul testo normativo all’esame, sostanzialmente "riscritto" dalla Corte, che per quanto riguarda i presupposti storico-giuridici dai quali essa muove e la individuazione esatta dei suoi stessi effetti – come tale pronuncia potesse introdurre nuovi elementi di incertezza in un ambito – quello dell’accesso dei cittadini alla tutela giurisdizionale – di rilievo costituzionale e di sicuro impatto nei confronti della percezione comune dei rapporti tra le istituzioni ed i cittadini stessi.
É innegabile, infatti, come i dubbi e le incertezze nella individuazione del giudice competente, e le connesse pronunzie declinatorie del giudice erroneamente adito, possano costituire un ulteriore fattore di allungamento dei tempi della giustizia e, quindi, una ulteriore remora alla concreta realizzazione del principio costituzionale della effettività della tutela giurisdizionale, con evidenti riflessi negativi sulla già compromessa immagine del servizio giustizia presso i cittadini direttamente interessati e, più in generale, presso tutta l’opinione pubblica.
La situazione, tuttavia, tende progressivamente a chiarirsi: il panorama giurisprudenziale formatosi successivamente alle ricordate pronuncie costituzionali è stato invero caratterizzato da numerosi momenti di rivisitazione degli approdi ai quali la stessa giurisprudenza era pervenuta successivamente ai citati interventi di riforma.
E ciò anche con riguardo ai giudizi pendenti, per effetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione secondo il quale le pronunzie della Corte Costituzionale producono effetti retroattivi sui giudizi pendenti anche ai fini della determinazione della giurisdizione competente (fra tante, SS.UU. , 6 maggio 2002, n. 6487).
E’ da registrare, peraltro, un ulteriore recente intervento – se si vuole, chiarificatore – della Corte Costituzionale che, con sentenza 11 maggio 2006, n. 191, ha esaminato i profili di legittimità costituzionale dell’art. 53 del D.Lvo 8 giugno 2001, n. 325 (T.U. in materia di espropriazioni), devolutivo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie in materia espropriativa, anche se vengano in rilievo comportamenti della pubblica amministrazione.
La Corte ha ritenuto incostituzionale la norma citata nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai "comportamenti" della pubblica amministrazione e dei soggetti a questa equiparati in materia di espropriazione per pubblica utilità, non esclude da tale ambito i comportamenti non riconducibili, neppure in via mediata, all’esercizio di un pubblico potere.
In sintesi, - afferma la Corte - deve ritenersi conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a "comportamenti" (di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di "comportamenti" posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.
La questione investe il riparto di giurisdizione nelle controversie risarcitorie. E qui la stessa Corte esclude che il risarcimento del danno sia una materia a sé stante affermando che va posta l’attenzione sulla situazione soggettiva concretamente incisa dall’azione autoritativa o comportamentale della pubblica Amministrazione. Si profila, dunque, una interessante interpretazione in materia di controversie risarcitorie: tali controversie sembrano assumere una diversa rilevanza a seconda che ad essere inciso sia un diritto ovvero un interesse.
Questo perché la stessa funzione del risarcimento appare essere diversa nei due rispettivi casi: infatti, si può dire che, mentre nel caso di lesione di un diritto soggettivo il risarcimento del danno abbia una funzione direttamente ristoratoria con una valenza che è principale nell’ambito della domanda giudiziale, quando ad essere inciso sia un interesse legittimo la funzione del risarcimento del danno per equivalente è diversa. Si può dire che in questo caso l’interesse legittimo, soprattutto se oppositivo, assume diretto ristoro in forma specifica dalla semplice caducazione del provvedimento amministrativo e, di conseguenza, il risarcimento del danno ha una funzione accessoria e complementare, nel senso che serve a coprire quanto non ripristinato con l’annullamento dell’atto.
Dalla ricordata recente pronuncia costituzionale si possono trarre delle considerazioni generali in materia di giurisdizione esclusiva che possono tornare utili anche oltre il campo delle controversie di occupazione. Sembra oggi delinearsi una nuova configurazione della giurisdizione esclusiva che radica la sua esistenza non già e non più sulla materia e sui blocchi d materie, ma sull’esercizio, quantomeno iniziale, di un potere pubblico.
Se così è, l’originario avvio di un procedimento amministrativo ha una funzione pregnante e centrale che permette al sindacato del giudice amministrativo di irradiarsi estendendosi anche alla cognizione di comportamenti attuativi e conseguenziali rispetto a quel potere e che, almeno mediatamente, siano ad esso riconducibili.
Forse è questa la possibile lettura della nuova giurisdizione esclusiva inaugurata dalla Corte costituzionale nel 2004, che permette di differenziarla dalla giurisdizione generale di legittimità.
4. - Pur nella consapevolezza della persistente fluidità della materia - ed a mero titolo esemplificativo della molteplicità dei profili di dubbio ed incertezza, con riferimento ad ipotesi ricorrenti - può sin d’ora darsi atto che, per effetto della sostanziale riscrittura dell’art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998, sembra essersi consolidato, già nel corso del 2005, e più ancora nel 2006, l’indirizzo interpretativo secondo cui risultano sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative ai diritti meramente patrimoniali vantati nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale dai soggetti accreditati per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e farmaceutiche ai cittadini, mentre continuano a permanere nell’ambito della giurisdizione amministrativa le controversie relative agli atti con i quali le amministrazioni preposte indirettamente incidano su tali diritti patrimoniali attraverso la determinazione autoritativa della "quantità" di prestazioni sanitarie concretamente erogabili da ciascun soggetto accreditato (mi riferisco ai provvedimenti di determinazione dei c.d. budgets annuali delle strutture accreditate con il S.S.N.: sul punto, nel senso enunciato, cfr. C.St., A.P., n. 8 del 2 maggio 2006).
Questo Tribunale, comunque, sin dall’indomani del manifestarsi dell’orientamento in tema da parte del Giudice delle leggi, si è indirizzato nei sensi sopra delineati, con sentenza n. 1543 del 16 luglio 2004, in tema di controversie relative ai diritti meramente patrimoniali dei soggetti accreditati, e con sentenze nn. 2128 e seguenti del 30 settembre 2004, in tema di determinazione dei budgets annuali: mentre ha declinato la propria giurisdizione in ordine ai ricorsi proposti da soggetti creditori nei confronti del Servizio sanitario nazionale. Su questa linea ha continuato ad orientarsi la giurisprudenza del Tribunale nel corso dei successivi anni (cfr., fra le più recenti, n. 4016 del 12 dicembre 2006).
4.- 1. - Egualmente, può rilevarsi che, per effetto della eliminazione del termine "comportamenti" dal testo dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998, la giurisprudenza ha già dovuto sottoporre a revisione gli approdi ai quali era pervenuta a proposito delle controversie relative ai fenomeni di c.d. "accessione invertita" (genericamente intesi quali ipotesi di realizzazione di un’opera pubblica su area privata non legittimamente acquisita attraverso un regolare procedimento espropriativo), nella duplice caratterizzazione dell’oc-cupazione acquisitiva (connotata dall’ esistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità) e della occupazione usurpativa (connotata, invece, dall’assenza o dall’intervenuto annullamento della dichiarazione di pubblica utilità).
Su questa tematica il giudice amministrativo aveva abbastanza pacificamente, e rapidamente, riconosciuto la sussistenza della propria giurisdizione a conoscere le domande risarcitorie conseguenti ad ipotesi di occupazione acquisitiva, mentre qualche margine di incertezza residuava per le ipotesi di occupazione usurpativa, nelle quali questo Tribunale aveva affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa in consapevole, e motivato, dissenso dagli orientamenti del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione (sentenza n. 829 del 14 maggio 2004, in una fattispecie relativa ad opere di urbanizzazione realizzate in dichiarata assenza di qualsivoglia procedura espropriativa).
Successivamente alla citata pronunzia di incostituzionalità n. 204/2004, mentre appaiono essere venute meno le considerazioni logico-giuridiche che supportavano l’orientamento "dissenziente" a proposito dell’ occupazione "usurpativa" ( cfr. sul punto T.A.R. Emilia Romagna - Parma, n. 330/2004), questo Tribunale ha avuto modo di pronunziarsi nel senso di denegare la giurisdizione in ipotesi di occupazione acquisitiva (sentenza n. 2422 del 29 ottobre 2004 e successive: fra le più recenti si ricordano la n. 1255 del 19 luglio 2005 e la n. 500 del 2 marzo 2006), a fronte di qualche pronunzia di altro Tribunale di segno opposto (T.A.R. Puglia, Bari n. 4181/2004) e di una pronunzia del Consiglio di Stato (Sez. IV, n. 6329/2004) che declina la giurisdizione in una fattispecie che sembra avere tutte le caratteristiche della occupazione acquisitiva, ma che viene invece qualificata come usurpativa: pronuncie, queste ultime, che appaiono comunque superate dall’evoluzione successiva della giurisprudenza.
Ad aiutare l’interprete a trovare un qualche punto fermo a proposito dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998 è, fortunatamente, già intervenuta la Corte di Cassazione, la quale mostra di ritenere nuovamente ricomprese nella giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria le controversie relative ad azioni possessorie proposte nei confronti della Pubblica Amministrazione (SS.UU., ord. n. 21099 del 4 novembre 2004), nonché quelle relative alle ipotesi di c.d. "accessione invertita" (SS.UU., ordd. n. 21944 del 22 novembre 2004 e n. 22892 del 7 dicembre 2004, seguite, nel 2005 e nel 2006, da numerose altre pronuncie essenzialmente confermative dell’orientamento segnalato).
4.2. – Si è sostanzialmente esaurito, a seguito della più volte ricordata sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, il filone dei ricorsi per ingiunzione, ai sensi dell’art. 8 della legge 205/2000, che fino al citato intervento della Corte venivano proposti innanzi a questo T.A.R. in ragione di svariate migliaia l’anno nei confronti delle Aziende USL da parte di soggetti creditori per prestazioni (prevalentemente, di farmaci e presidi sanitari) effettuate in favore di assistiti del Servizio sanitario nazionale.
Tale fenomeno (ripetutamente segnalato, per la sua imponente dimensione finanziaria, all’attenzione degli Organi competenti nelle relazioni per l’inaugurazione degli anni giudiziari 2003,2004,2005), ha lasciato tuttavia un’ "onda lunga", costituita da parecchie centinaia di ricorsi in opposizione a decreti ingiuntivi (circa settecento), proposti dalle Aziende USL, e dai ricorsi contenenti istanze di provvisionale che sono state accolte (oltre un migliaio): ricorsi, tutti, peraltro, ormai pressocchè completamente definiti, siccome iscritti a ruolo in aggiunta all’ordinario carico di lavoro dei Magistrati, grazie alla disponibilità e allo spirito di servizio sempre manifestato dagli stessi e dal personale di segreteria.
Alla stessa "onda lunga" cui ho accennato si connette altresì l’elevato numero di ricorsi per ottemperanza proposti per ottenere il pieno adempimento, da parte di alcune AUSL, di decreti ingiuntivi emessi nei confronti delle stesse, i cui giudizi non di rado si sono conclusi con declaratoria di cessazione della materia del contendere.
5. – Dopo avere evidenziato quelli che possono definirsi profili di ridimensionamento, ma non di soppressione, della nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo discendenti dalle sentenze nn. 204 e 281 del 2004 e 191 del 2006 della Corte Costituzionale, non può tuttavia, sottacersi come tali pronunzie abbiano una sensibile rilevanza in "positivo" per la giurisdizione amministrativa, laddove riconoscono in linea di principio la legittimità costituzionale di nuove attribuzioni di giurisdizione esclusiva, estesa ai diritti soggettivi, con l’unico limite della necessaria sussistenza dell’esercizio di pubbliche potestà nella materia, ed affermano esplicitamente – e quindi sostanzialmente consolidano – la legittimità costituzionale dell’attribuzione al giudice amministrativo di un generale potere risarcitorio, operata dall’art. 35 del D.Lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7 della l. n. 205/2000.
Con riferimento al primo profilo, la sentenza n. 204/2004 ha, infatti, espressamente fatto salva la facoltà del legislatore ordinario di estendere gli ambiti di giurisdizione esclusiva ad eventuali nuove materie, senza alcun limite di ordine "quantitativo", a condizione della sussistenza dell’esercizio di pubbliche potestà incidenti anche su posizioni di diritto soggettivo; con riferimento al secondo profilo, la medesima sentenza n. 204 – così come, sia pur più limitatamente, anche la successiva n. 281 - ha espressamente fatto salvo il potere del giudice amministrativo di disporre il risarcimento del danno conseguente all’annullamento degli atti amministrativi, quale forma di tutela, ulteriore rispetto a quella demolitoria, da utilizzare per rendere pienamente giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.
Nella sent. n. 191 del 2006, per ultimo, la Corte ha espressamente ritenuto "conforme a Costituzione la devoluzione, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, delle controversie relative a comportamenti ( di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere".
E ciò in esplicito riconoscimento della piena dignità di giudice riconosciuta dalla Costituzione al Giudice amministrativo ed in attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, anche amministrativa, affermato dall’art. 24 della Costituzione.
Di tali profili mostra già di avere piena consapevolezza la stessa Corte di Cassazione (SS.UU. ord. 17 novembre 2004, n. 21710, in specifica applicazione dell'art. 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998, nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004), che attribuisce alla competenza del giudice amministrativo un’ azione con la quale si deducevano vizi del procedimento amministrativo, così facendo valere posizioni d'interesse legittimo tutelabili dinanzi al giudice amministrativo, e contestualmente si introducevano pretese di risarcimento in forma specifica, o per equivalente, conseguenziali alla denunciata illegittimità degli atti amministrativi.
Si conferma così la concentrazione nell’unica sede della giurisdizione amministrativa sia del giudizio di legittimità che di quello sul risarcimento dei danni conseguenti, venendo così meno definitivamente la necessità, propria del precedente sistema, di dovere instaurare due diversi giudizi, l’uno giustapposto all’altro, per potere conseguire lo stesso risultato.
Elemento caratterizzante di tale tipo di contenzioso è il riconoscimento della risarcibilità del danno derivante dalla lesione, oltre che dei diritti soggettivi, anche degli interessi legittimi, laddove questi ultimi non riescano ad ottenere una tutela, per così dire, "fisiologica", attraverso l’annullamento dell’atto illegittimo.
Se tale principio risulta ormai acquisito, fin dalla fondamentale svolta segnata, in giurisprudenza, dalla sent. 500/1999 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, era sorta un’ampia e articolata problematica per quanto attiene alla concreta attuazione della tutela risarcitoria demandata alla giurisdizione amministrativa, diretta conseguenza dell’espandersi di quest’ultima ad un campo di intervento del tutto nuovo rispetto a quelli tradizionali.
In questo contesto, segnato nella fase iniziale da non poche incertezze, sembrava essersi sufficientemente consolidato un orientamento che trae le mosse dalla fondamentale decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 26 marzo 2003 (cui la questione era stata rimessa dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, in sede di esame dell’appello avverso una sentenza di questo Tribunale, Sede di Palermo), che, confermando la pronuncia appellata, ha affermato il principio della necessità di una previa declaratoria di illegittimità di un atto della Pubblica Amministrazione – e quindi, dell’impugnazione di tale atto – perché possa introdursi un’azione risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione medesima.
Senonchè un recente intervento delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione (o.ze 13 giugno 2006, nn. 13659 e 13660, seguite dall’analoga n. 13911/2006) ha riproposto clamorosamente il problema della necessità o meno, ai fini del risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, della preventiva impugnazione, con conseguente annullamento, del provvedimento fonte del danno lamentato.
Si riaccende così nella materia considerata il contrasto di interpretazioni fra giudice ordinario e giudice amministrativo, sorto all’indomani della ben nota sentenza delle SS.UU. n. 500 del 1999, che sembrava essere superato o, quanto meno, sopito.
Con le ordinanze sopramenzionate si afferma, sostanzialmente, che in caso di provvedimento amministrativo illegittimo non è necessario, per attivare la tutela risarcitoria, il previo annullamento dell’atto.
Sinteticamente, secondo il più recente orientamento della Corte regolatrice:
- il giudice amministrativo ha giurisdizione sulle domande di risarcimento del danno derivante da lesioni di interessi legittimi, sia nel caso di domande contestuali di annullamento dell’atto amministrativo e di risarcimento, sia nel caso di domande disgiunte;
- la domanda di risarcimento può essere proposta anche in difetto del previo annullamento dell’atto lesivo;
- il giudice amministrativo non può respingere, o dichiarare inammissibile la domanda di risarcimento, argomentando dal mancato previo annullamento dell’atto;
- ove il giudice amministrativo ciò facesse, incorrerebbe in un diniego della propria giurisdizione, sindacabile da parte della Corte di cassazione.
Non è questa, ovviamente, la sede per una disamina approfondita di siffatto nuovo orientamento, che peraltro – la storia lo insegna – potrebbe essere suscettibile di ripensamenti, non essendo all’evidenza un indirizzo interpretativo consolidato.
Non può non rilevarsi, tuttavia, come le riferite recenti pronuncie, ove dovessero determinare la generalizzata possibilità di avviare richieste risarcitorie da lesione di interessi legittimi senza il previo annullamento del provvedimento che tale lesione avrebbe determinato, dischiuderebbero uno scenario abbastanza inquietante per la certezza e l’economicità dell’azione amministrativa, con prevedibili ricadute devastanti per la finanza pubblica. Ed invero, si aprirebbe una stagione di incertezza ed instabilità dell’atto amministrativo e di rischi di superficiali accertamenti incidentali di legittimità sull’atto amministrativo medesimo, con prevedibile proliferazione delle richieste risarcitorie, foriere di effetti dirompenti sull’equilibrio della finanza pubblica.
Un accertamento solo incidentale dell’illegittimità dell’atto, con sua disapplicazione e senza annullamento, porrebbe comunque l’amministrazione nella posizione di dover valutare se non sia il caso di intervenire sull’atto in via di autotutela, anziché mantenere in vita un atto di cui il giudice, pur incidentalmente, ha accertato l’illegittimità.
Inoltre, in caso di atto con pluralità di destinatari, molti altri soggetti potrebbero chiedere il risarcimento del danno invocando l’accertamento incidentale di illegittimità, che pur non facendo per essi stato, costituirebbe comunque un precedente da cui sarebbe difficile discostarsi.
L’assenza di un termine di decadenza per l’azione risarcitoria esporrebbe altresì l’amministrazione ad accertamenti incidentali sulla legittimità dei propri atti a distanza di anni dall’emanazione, quando diventa più difficile documentare la vicenda procedimentale, e quando può costituire una comoda scorciatoia contrattare sulla misura risarcitoria. Il rischio è il moltiplicarsi a dismisura del contenzioso risarcitorio, svincolato da quello impugnatorio.
Né può trascurarsi la posizione di eventuali controinteressati.
Si pone, infatti, il problema se nel giudizio risarcitorio abbiano la posizione di controinteressati in senso tecnico coloro che sarebbero tali in un giudizio impugnatorio. Formalmente, costoro sono estranei alla vicenda risarcitoria. Ma non sono estranei a un accertamento incidentale di illegittimità del provvedimento, che potrebbe indurre l’amministrazione a intervenire sull’atto in via di autotutela. Sicchè costoro potrebbero a posteriori vedere annullare un provvedimento a distanza di anni, senza aver potuto interloquire nel giudizio risarcitorio. Posto che potrebbero impugnare l’atto di autotutela, e proporre opposizione di terzo alla sentenza di accertamento incidentale, sembra che a essi vada riconosciuta la posizione di controinteressati già nel giudizio risarcitorio.
Pur nel breve periodo trascorso dalla esternazione del riferito orientamento delle SS.UU. (giugno 2006), si registrano, già, in dottrina, talune opinioni adesive ed altre, critiche, tuttora favorevoli alla tesi della c.d. "pregiudizialità amministrativa".
La prima giurisprudenza amministrativa successiva alle ordinanze citate sembra discostarsene, in riconferma degli argomenti più volte enunciati a sostegno della pregiudizialità dell’annullamento dell’atto illegittimo che sta alla base del danno lamentato (cfr. ad es. TAR - Campania - Napoli, n. 7797 del 3 agosto 2006; TAR - Campania - Salerno, n. 1754 del 16 ottobre 2006; TAR – Abruzzo, n. 581 dell’11 luglio 2006; TAR – Puglia - Lecce – n. 3710 del 4 luglio 2006).
Non è dato ancora prevedere gli ulteriori sviluppi: tuttavia, se le recenti posizioni assunte della Corte di Cassazione fossero fatte proprie anche dal Consiglio di Stato, quale giudice amministrativo di ultima istanza, gli effetti sulla certezza dell’azione amministrativa e sui relativi costi sarebbero dirompenti.
Uno scostamento dalla tesi delle SS.UU potrebbe, per altro verso, dare adito a una demolizione delle pronunce del giudice amministrativo da parte della Cassazione: quest’ultima ha già "avvertito" che una pronuncia di inammissibilità dell’azione risarcitoria per mancata previa impugnazione dell’atto amministrativo verrà considerata un "diniego di giurisdizione", come tale sindacabile in Cassazione.
Tale affermazione appare invero opinabile, perché la pronuncia di inammissibilità o di rigetto della domanda risarcitoria per mancato rispetto della pregiudizialità non è una pronuncia sulla giurisdizione, in quanto presuppone il riconoscimento della giurisdizione. Non si comprende, pertanto, come siffatta pronuncia possa essere ricondotta concettualmente all’esercizio del sindacato dalla Corte di Cassazione per motivi di giurisdizione.
E’ auspicabile, a questo punto, per scongiurare le inevitabili incertezze interpretative e gli ondeggiamenti giurisprudenziali che ne conseguirebbero, a tutto discapito della certezza del diritto e quindi, in definitiva, della tutela dei cittadini, che il legislatore intervenga al più presto sulla materia, novellando adeguatamente la disciplina vigente si da rimuovere ogni ulteriore motivo di dubbio.
In mancanza di intervento legislativo , il giudice amministrativo potrà o discostarsi dalle SS.UU., attendendo eventuali cassazioni delle proprie pronunce, o seguire la via dell’incidente di costituzionalità dell’art. 7, L. Tar (l. 6 dicembre 1971, n. 1034 e s.m.i.) se interpretato, alla stregua dell’orientamento espresso dalle SS.UU. della Cassazione (orientamento che è di fatto vincolante per i giudici amministrativi, atteso il ruolo delle SS.UU. di organo regolatore della giurisdizione), nel senso di consentire azioni risarcitorie svincolate dalla previa domanda di annullamento dell’atto. I parametri di incostituzionalità sono agevolmente desumibili dagli artt. 3, 81 ultimo co., 97, 103, 111 e 113 Cost., sotto vari profili.
6.- In occasione delle inaugurazioni dei più recenti anni giudiziari era stata segnalata una norma processuale, nel filone di quelle della legge 205/2000 volte a preordinare corsie "preferenziali" per la trattazione e la definizione di determinate tipologie di controversie: precisamente, l’art. 14 del D.Lvo 20 agosto 2002, n. 190, recante norme di attuazione della legge n. 443/2001, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.
Detta norma risulta oggi sostituita dalle previsioni di cui all’art. 246 del D.Lgs 12 aprile 2006, n.163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
Nei confronti della nuova previsione, relativa all’esclusione della reintegrazione in forma specifica, sostituita esclusivamente dal risarcimento per equivalente, permangono le riserve già formulate nei confronti della norma originaria, per l’ipotizzabile sorgere di fenomeni distorsivi, con imprevedibili ricadute ( di segno negativo) sulla finanza pubblica.
Deve tuttavia confermarsi quanto già rilevato negli anni scorsi, e cioè che tale norma, in pochi casi applicata presso questa Sede limitatamente al versante processuale (fissazione d’ufficio dell’udienza, termini abbreviati), non ha finora avuto occasione di concreta applicazione sul versante risarcitorio.
Peraltro, la intera materia degli appalti pubblici è stata oggetto del citato recente intervento da parte del legislatore nazionale, che ha così inteso ricondurre ad unica fonte la disciplina degli appalti di lavori, servizi e forniture.
Con il ricordato D.Lgs 12 aprile 2006, n.163, sono state, peraltro, dettate peculiari norme in tema di contenzioso (parte IV).
In particolare è stata ribadita la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse le connesse controversie risarcitorie, nonché quelle relative ai provvedimenti sanzionatori emessi dall’Autorità; mentre sembra attributiva di nuovi ambiti di giurisdizione esclusiva la previsione concernente le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti, quelle relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi (art.244).
Quanto agli strumenti di tutela cautelare, il successivo art. 245 – recependo orientamenti emersi in sede comunitaria (cfr. Direttiva del Consiglio CEE n. 665 del 21 dicembre 1989, come interpretata dalla Corte di Giustizia CEE, Sez. V, 19 settembre 1996,n. 236 – Comm. CE c/ Governo Grecia; Sez. VI, n. 214 del 15 maggio 2003 – Comm. CE c/ Regno Spagna) ha introdotto l’incisiva novità della "tutela cautelare ante causam" in caso di "eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notifica del ricorso", con contestuale richiesta di misure cautelari provvisorie presidenziali. In siffatta ipotesi, il soggetto legittimato al ricorso potrà proporre istanza per l’adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare nelle forme ordinarie.
7. – Vanno riproposte e vieppiù ribadite le riserve già più volte formulate nei confronti del decreto legge 19 agosto 2003, n. 220, convertito con legge 17 ottobre 2003, n. 280 "Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva" - c.d. decreto "salva calcio" -, che per un verso ha delimitato (in buona sostanza, significativamente ridotto) l’ambito di intervento in tale materia degli organi della giurisdizione statale rispetto a quelli dell’ordinamento sportivo, fondamentalmente con il riconoscimento dell’autonomia di quest’ultimo e con la riserva ad esso delle questioni concernenti l’osservanza e l’applicazione delle proprie norme regolamentari, organizzative e statutarie nonché l’applicazione delle sanzioni disciplinari (art. 2), e con l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (per vero, ormai residuale) delle controversie aventi ad oggetto atti del C.O.N.I. e delle Federazioni sportive esulanti da quelle sopra menzionate (art. 3, primo comma); e per altro verso, incidendo rilevantemente sulla materia processuale, ha concentrato nel solo T.A.R. del Lazio, sede di Roma, "in via esclusiva", la competenza in primo grado a decidere le controversie concernenti la legittimità di atti degli organismi operanti nel contesto dell’ordinamento sportivo nazionale: in certo senso "blindando" tale riserva di competenza mediante la previsione della rilevabilità d’ufficio della carenza di potere decisorio dei T.A.R. periferici (in deroga al principio generale, sancito dalla legge sui T.A.R. e confermato dalla legge 205/2000, per cui la incompetenza territoriale del giudice amministrativo di primo grado non può essere rilevata d’ufficio dal giudice adito ma va proposta con eccezione di parte, nei limiti temporali e con le modalità decisorie nella stessa legge previste).
Di tale normativa, si ritiene di dover ancora una volta rilevare come la stessa comporti un’ulteriore deroga al principio della competenza territoriale dei T.A.R. periferici, in tutti i casi in cui non vengano in questione atti di organi centrali dell’ordinamento sportivo: ciò che potrebbe far sorgere qualche dubbio circa la conformità al dettato dell’art. 125 della Costituzione, che prevede l’istituzione di organi di giustizia amministrativa di primo grado in ambito regionale: col che potrebbe realizzarsi un " vulnus " della scelta del Costituente di decentrare sul piano territoriale la giurisdizione amministrativa di primo grado, per renderne più agevole l’accesso al cittadino. " Vulnus " peraltro già più volte verificatosi, con l’attribuzione di competenze funzionali inderogabili al T.A.R. del Lazio – Sede di Roma – in determinate materie: ricordo i provvedimenti del Consiglio Superiore della Magistratura in tema di "status" dei magistrati ordinari; i provvedimenti delle Autorità indipendenti, ed altre ipotesi di minore rilievo.
Continuare a praticare siffatte scelte normative finirebbe con il concentrare nell’unica sede di Roma il primo ed il secondo grado di giudizio su talune materie ad esclusiva discrezione del legislatore ordinario, probabilmente in violazione, avuto riguardo alla norma costituzionale poc’anzi citata, anche del principio del "giudice naturale". Senza dire che tale tendenza sembra porsi in contrasto con le opzioni federaliste ripetutamente enunciate dalla maggior parte degli schieramenti politici ed ora contenute nelle recenti modifiche in tal senso apportate nell’organizzazione costituzionale dello Stato.
Purtroppo il legislatore, senza tenere in alcun conto i non trascurabili aspetti confliggenti con le garanzie costituzionali che tale tipo di scelte indubbiamente presentano, continua sulla strada tracciata con le opzioni normative sopra ricordate, ed ancora una volta qui criticate.
La legge 27 gennaio 2006, n. 21, concernente la conversione, con modificazioni, del D.L. 30 novembre 2005, n. 245, recante misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania, all’art. 3, commi 2-bis, ter e quater, ha previsto che in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5, c.1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (protezione civile), "la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei conseguenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l’emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma".
Viene introdotta la rilevabilità d’ufficio di tale nuova incompetenza territoriale dei TT.AA.RR. periferici e si dispone altresì, trascurando ben noti e consolidati principi processualistici, l’applicazione della nuova disciplina anche ai processi in corso.
Si prevede, infine, una sorta di moratoria delle misure cautelari eventualmente adottate (s’intende, "medio tempore") da un T.A.R. diverso da quello del Lazio – Roma – dichiarato competente "ex lege", fin quando quest’ultimo Giudice non provveda alla loro modifica o revoca, su ricorso della parte interessata.
Siffatta nuova normativa, palesemente in contrasto con numerosi precetti costituzionali (quali quelli enunciati negli artt. 3, 24, 25, 125 nella Costituzione nonché nell’art. 23 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana, approvato con R. D.Lg. 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella l.cost. 26 febbraio 1948, n. 21 e s.m.i.), non poteva, in sede di prima applicazione, sfuggire all’attenzione dei giudici, che da più parti l’hanno sospettata di incostituzionalità.
Questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate, in relazione alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio – Roma per i provvedimenti emessi dai vari commissari straordinari, introdotta con l’art. 3, c.2 –bis e segg., della ricordata legge n. 21 del 2006:
- dal Tar Sicilia – Palermo – Sez. I - con Ord. N. 90/06 del 6 marzo 2006;
- dal Tar Sicilia, Sez. staccata di Catania, Sez. I – Ord. N. 90/06 del 7 marzo 2006;
- dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in s.g. – Ord. N. 368/06 del 18 maggio 2006;
- dal Tar Veneto - Venezia, Sez. I, Ord.ze n. 1006 del 12 aprile 2006 e n. 1239 del 12 maggio 2006.
Presso questa Sede, con ulteriori ordinanze della Sez. I n. 228/06 e n. 304/06 sono stati sospesi i rispettivi giudizi, considerata la pendenza della questione di legittimità già sollevata dal Tribunale.
Si è in attesa della pronuncia della Corte costituzionale perché sia restituita chiarezza interpretativa sulla delicata questione.
8. – Un cenno merita altresì, per la potenziale incidenza sull’ambito della giurisdizione amministrativa in rapporto a quella del giudice ordinario, l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in tema di concorsi interni nell’ambito della Pubblica amministrazione.
L’art. 63, quarto comma, del D.Lvo 165/2001, recante le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, e che ha recepito le disposizioni contenute nel D.Lvo 29/1993 e successive modificazioni, nel devolvere al giudice ordinario tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro contrattualizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ha fatto salva la cognizione del giudice amministrativo sulle controversie "in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni". La norma era stata dapprima interpretata dalla Corte di Cassazione nel senso che la riserva residuale al giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali concernesse esclusivamente quelle strumentali alla costituzione del rapporto di lavoro e non riguardasse i casi in cui il concorso fosse diretto non già ad assumere, ma a promuovere personale già in servizio, o comunque a modificarne lo " status ". Senonchè, tale orientamento è stato successivamente rivisto dalla Corte di Cassazione, con sentenza delle Sezioni Unite n. 15403 del 15 ottobre 2003, (precisata con altra sentenza delle stesse SS.UU. n.18886 del 10 dicembre 2003), secondo cui la riserva al giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali, prevista dall’art. 63, quarto comma, del D.Lvo 165/2001, deve ritenersi comprensiva anche di talune tipologie di controversie concernenti le prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore: in altre parole, i concorsi interni.
Tale orientamento innovativo della giurisprudenza della Cassazione, ulteriormente confermato dalle medesime SS.UU. con ord. 26 maggio 2004, n.10183 e successive pronuncie dello stesso segno, fra le quali sono da ricordare, fra le più recenti, le o.ze n. 9164 e 9168 del 20 aprile 2006, è stato sostanzialmente recepito anche dal giudice amministrativo (cfr., fra tante, Consiglio di Stato, Sez. IV n.6942/2004, Sez.V n. 6560/2004) ed ha determinato il "ritorno" al giudice amministrativo di un non irrilevante numero di controversie che negli anni precedenti sembrava destinato ad essere deciso dal giudice ordinario: il che ha già comportato e comporterà un ampliamento, sicuramente significativo, dell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali, attesa anche la tendenza delle Amministrazioni, specie quelle degli enti locali, ad un’applicazione estensiva delle norme che consentono il ricorso a procedure di concorso interno per la copertura dei posti vacanti.
9. – Prima di passare all’esame dell’attuale stato complessivo della giustizia amministrativa, sembra opportuno dare brevemente conto di taluni fra i più significativi indirizzi della giurisprudenza di questo Tribunale amministrativo regionale – Sede di Palermo – quali è dato cogliere dalle pronuncie rese nel corso dell’anno 2006.
9.1.- In tema di giurisdizione, vengono in considerazione, in primo luogo, le incertezze connesse alla nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004, delle quali si è già dato conto in precedenza.
In particolare, con riferimento al contrasto di orientamenti creatosi tra il supremo Consesso della giustizia amministrativa in Adunanza Plenaria (Ad. Plen. N.4/2005; n.9/2005 e n.2/2006) e le SS.UU. della Cassazione (sentenze 12 dicembre 2001 n.15710 e 23 gennaio 2006 n.1207), il Tribunale ha aderito alla impostazione delle SS.UU. con la sentenza n. 500 del 2 marzo 2006, declinando la giurisdizione in una ipotesi di "occupazione acquisitiva", mentre con la successiva pronuncia n.1424 del 12 giugno 2006 ha ritenuto invece appartenere alla giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno derivante dalla irreversibile trasformazione del fondo interamente realizzata nel periodo di occupazione legittima, ancorché non seguita – nei termini di legge – dalla tempestiva emanazione del decreto di esproprio.
Detto contrasto troverà, presumibilmente, composizione alla luce dei citati principi derivanti dalla sentenza n. 191/2006 della Corte Costituzionale e dalla conseguente revisione delle proprie posizioni, che la Corte di Cassazione sembra avere successivamente intrapreso.
Sempre con riguardo all’aspetto della giurisdizione, in materia di ammissione ai benefici finanziari per attività economiche e, correlativamente, avverso provvedimenti di revoca di tali benefici, ha trovato ulteriore conferma l’orientamento della giurisprudenza della Cassazione (cfr. SS.UU. 28.12.2001 n. 16221), confermato anche dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2002, n. 1990; vedi anche Sez. V, 27 marzo 2000, n. 1765; più di recente Sez. IV, 21 gennaio 2003, n. 220; Sez. IV, 31 marzo 2005, n. 1442), secondo cui rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie instaurate per contrastare l'amministrazione che, servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento o la sovvenzione sulla scorta di un preteso inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo ovvero quando si discuta su importi dovuti dall’Amministrazione (ma in concreto non erogati); mentre restano riservate al giudice amministrativo quelle in ordine ai provvedimenti in autotutela incidenti sul momento genetico della concessione dei benefici in parola (da ultimo, T.A.R. Palermo, sentt. n.1823 del 4 agosto 2006 e n. 1439 del 12 giugno 2006).
Conseguentemente si è ribadito che le controversie inerenti il recupero dei finanziamenti di provenienza pubblica sono devolute al giudice amministrativo solo se la ripetizione è disposta per rinnovata valutazione dell’interesse pubblico sotteso alla primitiva erogazione o per vizi propri dell’atto che la dispone, mentre spetta all’A.G.O. nel caso in cui il recupero derivi da inadempimento da parte del beneficiario degli obblighi impostigli dalla legge o dallo stesso provvedimento di attribuzione del beneficio, e quindi, in generale, dalla disciplina regolatrice del rapporto (cfr., da ultimo, sent. n. 2049 del 5 ottobre 2006 ).
Si è altresì riconfermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo anche in ipotesi di controversie concernenti l’annullamento e/o la revoca di provvidenze economiche di natura assistenziale. In quanto incidenti su posizioni di diritto soggettivo, le relative controversie sono infatti attribuite alla cognizione del giudice ordinario (cfr. sent. 3033 del 15.11.2006).
Sempre in tema di giurisdizione, si è ritenuto appartenere alla cognizione dell’A.G.O. la domanda autonoma di risarcimento del danno proposta dopo l’annullamento, da parte del giudice amministrativo, del provvedimento di revoca della nomina a pubblico dirigente, essendo stata nelle more devoluta la giurisdizione sul rapporto sottostante, per effetto del D.Lgs.80/98 in combinato disposto con il D.Lgs.165/2001, al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro: sent.1433 del 12 giugno 2006.
9.2.- In materia di pubblici appalti di lavori e servizi, occorre premettere, e ricordare, che trattasi di un peculiare settore che si caratterizza per un nutrito contenzioso, molto complesso e sfaccettato per il sommarsi di problematiche sia processuali sia sostanziali. Queste ultime a loro volta sono connesse ad una normativa assai frammentaria e di tutt’altro che agevole ed univoca interpretazione, anche per la stratificazione ed il sovrapporsi di fonti comunitarie, statali e regionali. Va tenuto presente che le relative controversie rientrano nell’ambito di applicazione delle procedure cosiddette "accelerate" di cui all’art. 4 della legge 205/2000: se da un lato ciò comporta un impegno assai elevato per i collegi giudicanti (specie perché la formazione del ruolo delle udienze pubbliche finisce in buona sostanza per essere sottratto alla disponibilità dell’Ufficio, divenendo pressocché vincolata per quanto attiene alle cause in parola), dall’altro ha l’innegabile pregio di consentire la definizione delle relative controversie in tempi normalmente assai brevi: mediamente, presso questa Sede, fra i due ed i quattro mesi e comunque quasi mai oltre l’anno dalla proposizione del ricorso.
La complessità della materia ha determinato talora, anche presso questo T.A.R., qualche oscillazione in giurisprudenza fra le Sezioni ed i Collegi giudicanti.
Le problematiche connesse alla previsione, in sede di bando di gara, del ricorso al sorteggio in presenza di offerte uguali, che avevano fatto registrare – appunto – degli orientamenti divergenti fra le Sezioni, sono state tenute in conto dal Legislatore regionale che, con la recente legge in materia di appalti n. 16 del 29 novembre 2005, ha previsto che "in presenza di offerte uguali, si procede immediatamente al sorteggio", eliminando così in radice ogni possibilità di contrasto giurisprudenziale. Contestualmente, con la medesima legge, è stata rivisitata la disciplina della cauzioni per gli appalti di lavori, e si è ulteriormente specificato che, per quelli d’importo inferiore alla soglia comunitaria, l’attestazione della regolarità contributiva (c.d. DURC) va prodotta in sede di gara quale condizione di ammissione alla stessa.
Sempre in materia di appalti, si registra la rivisitazione del primo orientamento creatosi in sede cautelare sulla nuova formulazione del concetto di "offerta" di cui all’art.1 l.r. 29 novembre 2005, n.16. Con sent.1766 del 25 luglio 2006 si è precisato che la nuova disposizione in parola va intesa alla luce dell’intero art.21 L.109/94 (come recepita in Sicilia dalla l.r.n.7/2002 e s.m.e i), il quale chiarisce espressamente che nelle pubbliche gare d’appalto l’offerta è espressa in cifra percentuale di ribasso; il che costituisce, in altri termini, una definizione legale e perfettamente compiuta del termine "offerta". Pertanto la norma regionale introdotta nel corpo dello stesso art. 21 comma 1 bis dall’art. 1 comma 6 l.r.16/05 va letta, là dove parla di offerta, nel senso precisato, ossia come percentuale di ribasso sull’importo a base d’asta. Tale orientamento è già stato condiviso dal giudice di appello in sede cautelare (cfr. ordd. del C.G.A. n.735 e n.740 dell’ 8 settembre 2006.
Appare opportuno segnalare, inoltre, che con l’art.1, comma 67, della legge finanziaria per il 2006 (l.266 del 23 dicembre 2005) è stato introdotto l’obbligo per i partecipanti alle relative gare di versare un contributo in favore dell’Autorità di Vigilanza. La disposizione in parola, integrata dalle modalità attuative di cui alla Deliberazione dell’Autorità di Vigilanza medesima del 26 gennaio 2006, configura una vera e propria condizione di ammissibilità dell’offerta. Con sentenza n.3888 del 10 novembre 2006 si è così precisato che la norma in questione definisce tale adempimento come prescritto a pena di esclusione. Né può rilevare la mancata espressa previsione in tal senso nella lettere di invito o nel bando di gara, essendo la norma fonte eterointegrativa della singola lex specialis, attesa altresì la totale assenza di discrezionalità dell’amministrazione in ordine alla sua applicabilità ed efficacia (in senso conforme cfr. T.A.R. Palermo, n.3936 del 14 dicembre 2006 e T.A.R. Trento, n.208/06).
In materia di appalti, si segnala altresì la recente sentenza n. 4018 del 18 dicembre 2006, con cui il Tribunale, pur nella consapevolezza della inesistenza di un parametro certo e vincolante (normativamente e/o economicamente predeterminato) al quale ragguagliare un giudizio di correttezza e/o di sufficienza del margine di utile che l’impresa intende ricavare con la commessa, ha evidenziato che la peculiare funzione del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (verifica della serietà e sostenibilità economica del ribasso) deve indurre ad una particolare prudenza e rigore nelle ipotesi di eventuale riduzione del margine di utile esposto dall’offerente, pervenendo alla conclusione che un utile d’impresa ridotto dovrà essere ritenuto ulteriore sintomo di inattendibilità di un’offerta caratterizzata da una previsione delle voci di spesa erronea ed approssimativa, tale da far temere la successiva sopravvenienza di ulteriori oneri non presi in considerazione.
9.3.- Anche nel corso del 2006 sono risultati frequenti i ricorsi in materia di nulla osta paesaggistici, avverso il diniego del relativo N.O., opposto dalle Soprintendenze ai BB.CC.AA. in ordine a progetti di fabbricati ricadenti in zone sottoposte a vincolo, o in ordine alle domande di concessione in sanatoria per fabbricati costruiti abusivamente.
Le problematiche connesse ai provvedimenti delle Soprintendenze si sono evidenziate particolarmente pregnanti nei casi di diniego del N.O. in ordine a progetti di costruzione di impianti eolici di produzione di energia elettrica, per la rilevanza dei contrapposti interessi in gioco, entrambi pubblici: quello alla salvaguardia del paesaggio (valore costituzionalmente riconosciuto: art. 9 Cost.) e quello alla utilizzazione di energie rinnovabili e "pulite", per i riflessi positivi che possono derivarne alla salvaguardia dell’ambiente, e proprio per questo oggetto di una normativa statale di incentivazione. Su tale specifica tematica vanno segnalate le sentenze n. 156 del 12 gennaio 2006, n. 870 del 20 aprile 2006, n. 1398 del 5 giugno 2006 e n. 4124 del 7 novembre 2006 con le quali si è affermato, in coerenza con il precedente orientamento, che nella valutazione della compatibilità paesaggistica degli interventi sul territorio, in un sistema pluralistico quale quello introdotto dalla Costituzione repubblicana, l’Amministrazione preposta alla tutela dei valori paesaggistici deve valutare la compatibilità dell’attività autorizzanda rispetto al vincolo, ponendo in comparazione detti valori con gli interessi antagonisti, nella ricerca di una soluzione necessariamente comparativa della dialettica fra le esigenze dell’impresa e quelle afferenti valori non economici, tutte rilevanti in sede di esercizio del potere amministrativo di autorizzazione di attività imprenditoriali.
In tale contesto, inoltre, può essere segnalata l’ulteriore sentenza con la quale è stato precisato che il decreto di approvazione delle linee guida del Piano territoriale paesistico regionale, lungi dall'assumere immediato carattere conformativo, costituisce un documento propedeutico alla pianificazione, che fissa solo le linee tendenziali cui improntare la successiva adozione dei piani paesistici, individuandone gli indirizzi. Lo stesso non può, quindi, essere validamente utilizzato dalle Soprintendenze per negare il richiesto N.O. ai fini della istallazione di impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, sent. 1 agosto 2006 , n. 1813).
9.4.- Altra materia su cui soffermarsi è quella della realizzazione di impianti di trasmissione per telefonia in cui vengono a contrapporsi rilevanti interessi pubblici: da un lato quello dello sviluppo delle reti di telecomunicazioni, in particolare per la telefonia cellulare, dall’altro quello alla tutela della salute dei singoli e delle collettività dai pericoli dell’inquinamento elettromagnetico. Di qui i frequenti provvedimenti di Amministrazioni comunali, volti a variamente limitare la realizzazione degli impianti in parola, provvedimenti puntualmente impugnati dalle società concessionarie, le quali invocano l’applicazione della normativa speciale di cui al D.lg. 1 agosto 2003, n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche), ed in particolare dell’art. 86 dello stesso, ai sensi del 3 c. del quale le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione "sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria,… pur restando di proprietà dei rispettivi operatori".
Ha trovato ulteriore riscontro anche per l’anno 2006 l’orientamento già espresso dal Tribunale, in linea con quello prevalente della giurisprudenza amministrativa, secondo cui anche dopo l’entrata in vigore della legge 22 febbraio 2001, n. 36, - che all’art. 8, sesto comma, attribuisce ai comuni il potere di "minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi magnetici" - l’ente locale non è legittimato a prevedere limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli stabiliti dallo Stato né ad introdurre una deroga a tali limiti, in tema di impianti di telefonia mobile (sent.583 dell’8 febbraio 2006).
Occorre per altro precisare che il D.Lgs.259/2003 è stato recepito nell’ambito della Regione Siciliana solo con l.r. 28 dicembre 2004, n. 17. Ci si è quindi posti il problema della disciplina in concreto applicabile in tema di valutazioni urbanistico/edilizie connesse all’installazione degli impianti in parola, siccome disciplinate dagli art.87 e 98 del c.d. "codice delle comunicazioni elettroniche", in una materia su cui la Regione è titolare di una competenza esclusiva ai sensi delle disposizioni statutarie. Pur nelle diverse soluzioni interpretative adottate in passato (relativamente alle controversie antecedenti al recepimento della normativa in esame), sembra ormai consolidato l’orientamento che riconosce l’immediata applicabilità del "codice delle comunicazioni elettroniche" nel territorio della Regione, senza che sia dato distinguere disposizioni in materia di urbanistica e disposizioni in materia di tutela della concorrenza e dell’ambiente (tra le tante cfr. sent. 1015 del 9 maggio 2006).
9.5.- In tema di diritto di accesso ai documenti amministrativi, la giurisprudenza di questo TAR non si discosta da quella prevalente, secondo cui risulta inammissibile il ricorso finalizzato ad un mero "controllo generalizzato" dell’azione amministrativa (cfr., tra le tante, sent.4129 del 7 novembre 2006).
Peraltro è stato affermato che il concorrente ad una gara vanta un interesse qualificato agli atti della procedura, a fronte del quale non può essere opposto il diritto alla riservatezza degli altri partecipanti, atteso che, con l'ammissione alla gara, la documentazione prodotta, e l'offerta tecnico-progettuale presentata, fuoriescono dalla sfera di dominio riservato alla singola impresa per formare oggetto di valutazione comparativa. In tali ipotesi, l'accesso si giustifica con il diritto, di chi alla gara ha chiesto di partecipare, di conoscere le modalità di svolgimento della procedura e le determinazioni adottate in proposito dalla P.A. (T.A.R. Sicilia Palermo, 5 luglio 2006, n. 1576).
Il diritto di accesso è stato altresì riconosciuto esperibile nei confronti degli enti pubblici e società concessionarie di servizi pubblici (in specie le Poste Italiane S.p.A.) non solo nelle ipotesi connesse all’esercizio del pubblico servizio, ma anche nel caso in cui l’ente detenga stabilmente il provvedimento la cui ostensione è richiesta (quantunque predisposto da altra amministrazione che risulti essersene privata: cfr. sent.3029 del 15 novembre 2006)
9.6.- Per quanto riguarda la materia dei ricorsi contro il silenzio della Pubblica Amministrazione, previsti dall’art. 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205, vanno considerate le modifiche apportate all’art. 2, c. 5, della l. 7 agosto 1990 n. 241, già modificato dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15 e come successivamente sostituito dall’art. 3, c. 6- bis, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo risultante dalla legge di conversione 14 maggio 2005, n. 80.
Dispone la norma sopraindicata, nel testo ora vigente, che: "Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti".
La nuova formulazione della norma, ha quindi comportato la necessità di rivisitare l’orientamento, peraltro in linea quello del Consiglio di Stato espresso sin dalla fondamentale (in materia) decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 9 gennaio 2002 - secondo cui nei giudizi sul silenzio serbato dall’amministrazione il giudice amministrativo accerta la sussistenza dell’obbligo di provvedere con atto espresso, senza addentrarsi sulla fondatezza della pretesa sostanziale del ricorrente, nominando – in caso di inerzia e su domanda del ricorrente – un commissario ad acta.
Ed invero il testo normativo sopra riportato prevede adesso che il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza.
Sul punto, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana in s.g., in riforma della sentenza del T.A.R. – Palermo n. 1035 del 2004, con decisione n.726 del 4 novembre 2005 (che non ha avuto ulteriore riscontro nella giurisprudenza amministrativa nei termini di cui d’appresso) ha ritenuto che le riferite ultime modifiche della previsione dell’art. 2, c. 5, della legge n. 241/1990 abbiano introdotto una nuova ipotesi di giurisdizione di merito, sicché il giudice amministrativo ben può accertare la fondatezza sostanziale delle pretese sia nel caso che attengano a un’attività vincolata della P.A., sia quando attengano all’esercizio di una potestà discrezionale.
Di diverso avviso è l’orientamento di questo Tribunale che, con la sent.332 del 7 febbraio 2006, ha precisato che il giudice amministrativo, sempre che il ricorrente lo richieda, è chiamato ad una duplice valutazione: la prima, volta ad indagare sull’esistenza dell’obbligo di provvedere e sul relativo inadempimento; la seconda, processualmente dipendente e collegata alla prima ma concettualmente distinta da essa, volta ad accertare la fondatezza dell’istanza. Ebbene, nel caso di inerzia riguardante attività di tipo vincolato, non sussistono preclusioni per il giudice di soppesare anche la fondatezza sostanziale della pretesa. Di contro, in caso di esercizio di potestà discrezionale, il giudice può affermare solo l’obbligo della amministrazione di provvedere, ma non ha né il potere né gli strumenti per penetrare nella fondatezza della pretesa avanzata dall’istante.
9.7- In tema di rinnovo dei permessi di soggiorno di cittadini extracomunitari, si segnala la sent.1905 del 11 settembre 2006, che ha ritenuto illegittimo l’annullamento del permesso di soggiorno, ed il contestuale rigetto dell’istanza di rinnovo del detto documento (per l’esistenza di un precedente decreto di espulsione), nel caso in cui l’Amministrazione all’uopo preposta non abbia tenuto conto della intervenuta integrazione sociale dello straniero, omettendo quindi di valutare – in relazione all’ampio lasso di tempo trascorso dalla regolarizzazione e al comprovato inserimento nel mondo del lavoro – la sussistenza dell’interesse pubblico concreto ed attuale all’esercizio del potere di autotutela.
9.8- In materia di edilizia, si è riconfermato – alla stregua del costante orientamento sulle norme di cui all’art.23 co.10 e 12 l.r. 37/1985 - che non può rilasciarsi alcuna concessione e/o autorizzazione in sanatoria in presenza di un precedente vincolo di inedificabilità assoluta: in relazione alle relative istanze, quindi, non può trovare applicazione l’istituto del silenzio assenso; vieppiù per le opere realizzate in violazione del vincolo di cui all’art.15 L.R. 12 giugno 1976 n.78 (cfr.sent.1855 del 4 settembre 2006).
9.9- In tema di rappresentanza in giudizio degli enti locali – in senso contrario a quanto pur recentemente affermato dal C.G.A. (n. 471 del 20 luglio 2006) - si è precisato che la deliberazione della giunta municipale autorizzativa della costituzione in giudizio del sindaco è richiesta soltanto in caso di conferimento del mandato difensivo ad un professionista esterno all’ente. Differentemente, nelle ipotesi di affidamento dell’incarico ad un legale interno, disponendo il regolamento del relativo ufficio legale che il sindaco rappresenti il comune in giudizio incaricando il dirigente o il dipendente del predetto ufficio – se iscritti nel relativo albo speciale – ad assumere il relativo patrocinio legale, il sindaco provvede direttamente mediante mandato a margine dell’atto introduttivo (sent.2460 del 31 ottobre 2006).
9.10- Merita in ultimo un riferimento anche la materia del contenzioso elettorale.
In detta materia il Tribunale ha ritenuto di non doversi discostare dal mutato indirizzo giurisprudenziale inaugurato dal Consiglio di Stato in sede plenaria con la decisione n.10 del 24 novembre 2005.
Secondo il consolidato orientamento fino allora seguito, infatti, si riteneva ammissibile (anche se in via facoltativa) l'impugnativa immediata degli atti infraprocedimentali del procedimento elettorale da subito lesivi (come le disposte esclusioni del singolo candidato o delle liste ), in ragione di una interpretazione estensiva del dato normativo di cui all’art.33/11 L.570/60 (siccome modificato dall’art.2 L.1147/66, cui rinvia l’art.19 L108/68 evocato dall’art.6 L.1034/71 in tema di ricorsi elettorali per elezioni regionali). Rimaneva, comunque, ferma la necessità della successiva impugnazione anche dell'atto di proclamazione degli eletti, a pena di improcedibilità del ricorso originario, atteso che l'eventuale riconoscimento della illegittimità degli atti endoprocedimentali (quale quello di ammissione od esclusione di una lista o di un candidato) non comporta di per sé automatici effetti caducatori dei successivi atti del procedimento, ma soltanto la possibilità di annullamento, per illegittimità derivata, degli atti di proclamazione degli eletti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 2005, n. 187; 3 febbraio 1999, n. 116).
Rivisitando "funditus" il precedente orientamento, l’Adunanza Plenaria (n.10/2005) ha evidenziato tuttavia che il procedimento elettorale viene considerato dal Legislatore in una prospettiva unitaria, in vista dell’esigenza primaria di consentire lo svolgimento della consultazione alla data stabilita. Tale unitarietà sì giustifica anche tenendo conto della eventuale lesività di atti intermedi del procedimento, "risultando comunque pienamente tutelata, mediante l’impugnazione dell’atto finale del procedimento, la posizione dei soggetti che da tali atti intermedi si ritengano lesi". È stato quindi ritenuto, contrariamente al passato, che debba essere esclusa la possibilità di impugnazione, anche prima della proclamazione degli eletti, di tutti gli atti endoprocedimentali riguardanti le operazioni elettorali.
In conformità all’indirizzo in parola, con sentenza n. 1208 del 19 maggio 2006 è stato quindi dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un candidato alle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana del 2006 avverso il provvedimento di esclusione dalla lista dei candidati disposta dal competente ufficio circoscrizionale.
Sempre in materia elettorale, è stata ritenuta manifestamente infondata, con riferimento agli artt.3, 48 co.2, 51 co.1 e 56 co.4 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art.2 ter co.5 e ss. l.r. 20 marzo 1951 n.29, come modificata dalla l.r. 3 giugno 2005 n.7, atteso che il legislatore regionale siciliano – relativamente all’attribuzione di seggi in favore delle liste regionali collegate al candidato presidente non eletto – ha realizzato un meccanismo elettorale che è ragionevole, senza che si configuri alcuna iper-rappresentatività del voto espresso dal singolo elettore, in considerazione dell’esigenza di garantire un equilibrio nei rapporti tra maggioranza e opposizione (sent. n.2324 e n.2325 del 19 ottobre 2006).
Con ulteriore sentenza n.2326 del 19 ottobre 2006, è stata altresì ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 ter comma 8°, parte seconda, della l.r. n. 29/1951, (come sopra modificata) per violazione degli articoli 3, 48 , 51 della Costituzione: ha precisato il Decidente che - dovendosi procedere alla individuazione della lista provinciale nell’ambito del medesimo raggruppamento (e non alla ripartizione di seggi tra liste concorrenti), - il criterio adottato dal legislatore regionale del maggior riscontro ottenuto, in termine percentuale, dalla singola lista provinciale su tutti i voti validi conseguiti da tutte le liste concorrenti nella medesima circoscrizione, non risulta irragionevole e non viola, quindi, alcuna delle norme costituzionali richiamate.
10.- Passando agli aspetti concreti dell’attuale stato complessivo della giustizia amministrativa non può non segnalarsi ancora una volta come questo rimanga caratterizzato, a tutt’oggi, da un notevole arretrato, anche se con una leggera tendenza alla riduzione: tendenza, questa, determinata sia da un notevole decremento del complessivo tasso di litigiosità amministrativa (si rinvia, per i dettagli, all’ultima " Analisi della attività della Giustizia amministrativa nel 2005", curata da Carlo e Silvia Talice, in "Giurisdizione Amministrativa", 2006, IV, 185 segg.) che da un complessivo incremento della produttività, in termini decisori, del sistema di Giustizia amministrativa.
Risultano in atto pendenti circa 770.000 ricorsi presso i vari TT.AA.RR. e circa 32.000 ricorsi presso il Consiglio di Stato (compreso in questo dato anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana): il che non rappresenta certo una situazione confortante.
Le cause del fenomeno – che si proietta ovviamente, anche sulla nostra sede, – sono molteplici, e basterà solo accennarvi: la inadeguata considerazione, all’atto della istituzione de TT.AA.RR., nel 1971, dell’effetto espansivo che, sull’andamento generale del contenzioso, avrebbe determinato il più agevole accesso alla tutela giurisdizionale, in conseguenza della diffusione sul territorio del giudice amministrativo di primo grado; la progressivamente più ampia sfera di intervento dei poteri pubblici nella vita sociale, che ha comportato sempre più numerose occasioni di incontro (o, peggio, di "scontro") fra cittadini ed organi amministrativi, incrementando la conflittualità, che oggi vede in primo piano, accanto alla categoria tradizionale degli "interessi oppositivi", quella, sempre crescente, dei c.d. "interessi pretensivi", di chi, cioè, mira a conseguire, anche attraverso una pronuncia giurisdizionale, un qualche ampliamento della propria sfera giuridica.
Purtroppo a ciò ha contribuito – e continua a contribuire – il proliferare di normative ( primarie e secondarie, nazionali, regionali e locali) sempre più frammentarie, imprecise quanto a formulazione tecnica, oscure sotto il profilo linguistico, spesso farraginose e contraddittorie nei contenuti: con buona pace degli intenti semplificatori e chiarificatori ripetutamente enunciati nelle più autorevoli sedi, rimasti puntualmente senza riscontro nella realtà: anzi, se vogliamo, clamorosamente disattesi dagli ultimi esempi di "tecnica legislativa", fra i quali spicca la recente legge finanziaria per il 2007.
Ancora, non può farsi a meno di rilevare, quale concausa dell’accrescimento del contenzioso, il progressivo deterioramento della "qualità" dell’azione amministrativa conseguente al diffondersi di fenomeni non certamente di segno positivo (reclutamento di personale senza adeguata selezione, ampliamento del "precariato" e della correlata insicurezza e demotivazione dei lavoratori della Pubblica Amministrazione, generalizzato decentramento di funzioni verso enti e strutture, spesso di incerta natura giuridica, non adeguatamente attrezzati, anche sul piano culturale, per svolgerle al meglio).
Aggiungasi, altresì, che non sempre le amministrazioni pubbliche, specialmente quelle di minori dimensioni, informano la loro attività all’esigenza di prevenire, in quanto possibile, la conflittualità con gli amministrati, ad esempio con una adeguata utilizzazione degli strumenti partecipativi che pure l’ordinamento oggi appresta a tal fine, preferendo di fatto – forse per malintese esigenze di cautela (" a scanso di responsabilità", come suol dirsi) – l’instaurazione di contenziosi giurisdizionali (nei quali spesso trascurano anche di essere presenti, non costituendosi in giudizio e venendo meno sovente all’obbligo di collaborazione istruttoria con il giudice amministrativo, costretto non infrequentemente ad applicare, ai fini probatori, l’art. 116, 2° c., C.P.C.), onde conseguire una pronuncia giurisdizionale purchessia dietro la quale "trincerarsi".
Come ho avuto occasione di osservare anche in precedenti analoghe occasioni, il fenomeno si presenta particolarmente vistoso – in questa Regione – per taluni settori dell’attività pubblica, quali l’urbanistica, l’edilizia, la tutela ambientale, la spesa sanitaria.
10.1 - A tutto questo si aggiunge, e ne costituisce certo una delle cause principali, l’insufficienza di strutture che ha caratterizzato il settore della Giustizia amministrativa, segnato da croniche e tutt’ora vistose carenze di organico di personale, sia di magistratura che, soprattutto, di segreteria e collaborazione.
Detto tutto questo, bisogna doverosamente evidenziare anche taluni elementi positivi che, già manifestatisi negli ultimi anni, si sono ulteriormente consolidati.
La favorevole inversione di tendenza per quanto attiene alle dotazioni di supporto, già segnalata nelle precedenti relazioni, è infatti proseguita anche in quest’ultimo anno, attraverso la progressiva attivazione ed utilizzazione di strumenti informatici sia collettivi che individuali.
É ormai realizzata ed a regime la rete INTRANET della Giustizia amministrativa, grazie alla quale i magistrati amministrativi sono posti in grado, tra l’altro, di accedere direttamente ad una serie di banche dati costantemente aggiornate, oltre che di interconnettersi fra di loro e con gli uffici della propria giurisdizione nell’intero territorio nazionale.
Funziona a regime anche il sistema informativo nazionale collegato ad INTERNET (nel sito istituzionale accessibile
www.giustizia-amministrativa.it ) che consente di avere notizia, in tempo reale contestualmente alla pubblicazione, delle pronunce del Giudice amministrativo, nonché dei dati pubblici concernenti i singoli ricorsi, dei calendari delle adunanze, dei collegi.É innegabile che l’operatività dei sistemi informativi ricordati comporta una notevole riduzione dei tempi che, in precedenza, sia gli operatori (avvocati, pubbliche amministrazioni) che le segreterie dei vari Uffici giurisdizionali erano costretti a dedicare all’informazione sullo stato e sull’andamento dei ricorsi.
Si è in attesa della realizzazione di quel sistema integrato che, come previsto, consentirà di trasmettere e ricevere documenti "on line", approntando veri e propri fascicoli "virtuali", nella prospettiva di un processo essenzialmente gestito per via telematica.
10.2.- Non può tuttavia sottacersi come l’ulteriore sviluppo del sistema " Giustizia amministrativa " sia stato e sia fortemente condizionato – in negativo – dalla cronica e perdurante penuria di mezzi finanziari a disposizione.
Finora, purtroppo, si è dovuta registrare una situazione finanziaria tutt’altro che positiva per il settore della giustizia amministrativa. Nel contesto della generalizzata riduzione di (talune) spese dello Stato, le risorse finanziarie dedicate alla giustizia amministrativa, modeste da sempre, si sono vieppiù assottigliate.
Lo stanziamento complessivo per il Consiglio di Stato (compreso il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana) ed i Tribunali amministrativi regionali è diminuito, nel decorso esercizio finanziario, di quasi il 10% (9,77%). Ed invero, rispetto alla spesa globale dello Stato, quella per la giustizia amministrativa (Consiglio di Stato e TT.AA.RR.) si attestava, nel decorso esercizio finanziario, intorno allo 0,032% della spesa globale dello Stato (154.185.537 euro), sui 484.340.563.987 di spesa complessiva statale (cfr. C.e S. Talice "Analisi dell’ attività della G.A., cit., 199 segg.) : un’entità insignificante nel contesto del bilancio dello Stato, peraltro ampiamente compensata dalle entrate tributarie riferibili al settore (gettito del contributo unificato di iscrizione a ruolo delle cause, oggetto di ripetuti sensibili aumenti nell’ultimo periodo; imposte pagate dal personale in servizio ed in quiescenza, dai professionisti e loro collaboratori e dagli operatori dell’indotto).
La situazione finanziaria si è vieppiù deteriorata negli ultimi tempi: gli ulteriori "giri di vite" sulla spesa pubblica, effettuati in maniera indiscriminata anche sul già magro bilancio della giustizia amministrativa, hanno avuto ricadute negative sulla spesa per l’ordinario funzionamento dei servizi, con l’effetto di ritardare anche l’espletamento dei concorsi per l’assunzione di nuovi magistrati, essenziali per tamponare i sempre più ampi vuoti di organico.
L’insufficienza di disponibilità finanziarie è suscettibile di porre ancora più in crisi l’intero sistema della Giustizia amministrativa, con evidenti riflessi negativi, quanto meno in termini temporali, sul proseguimento dei programmi di potenziamento strutturale ed operativo.
10.3.- Con riferimento all’aspetto delle risorse finanziarie non può tuttavia non segnalarsi un qualche recente, se pur "timido", segnale di inversione di tendenza, che può cogliersi in talune previsioni contenute nella legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).
Verosimilmente tenendo presente l’appello che il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con un o.d.g. del 19 luglio 2005, aveva rivolto alle competenti Sedi istituzionali per un ampliamento delle risorse finanziarie a disposizione del bilancio autonomo della giustizia amministrativa, il Legislatore, che già aveva previsto, all’art. 1, c. 47 della legge finanziaria 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 296) la devoluzione, allo stesso bilancio della giustizia amministrativa, anche del gettito specifico del contributo unificato dovuto per la proposizione dei ricorsi giurisdizionali, nella legge finanziaria relativa al 2007 (art. 1,
c. 1309) ha specificamente destinato parte delle maggiori entrate derivanti dall’incremento del contributo unificato predetto al finanziamento di un programma straordinario di assunzioni " fino a cinquanta unità di personale appartenente alle figure professionali strettamente necessarie ad assicurare la funzionalità dell’apparato amministrativo di supporto agli uffici giurisdizionali, con corrispondente incremento della dotazione organica".
11. - Passando ad esporre brevemente la situazione esistente presso questo Tribunale amministrativo, devo innanzitutto segnalare che il complessivo carico di lavoro del T.A.R. – Sicilia (sede di Palermo e sezione staccata di Catania), risultante di n. 6.307 nuovi ricorsi depositati nell’anno 2006 (pari al 10,86% dell’intero carico di lavoro di tutti i TT.AA.RR. della Repubblica: vedi tabella allegata A/1-2-3-) pone il T.A.R. – Sicilia al terzo posto della graduatoria nazionale, dopo il T.A.R. – Lazio e il T.A.R.– Campania, con un decremento del 7,36% stimato rispetto all’anno precedente. (ed un decremento del 40,71% nell’arco del periodo 2000/06).
Si sintetizza la specifica situazione esistente al 31 dicembre 2006 presso questa Sede di Palermo, dal 1° aprile 2005 ordinata su tre su tre Sezioni interne.
Mi limiterò a segnalare gli aspetti più significativi, lasciando a chi desideri farlo un più approfondito esame della esposizione analitica dei dati contenuti nelle tabelle allegate alla relazione.
Risultano iscritti a ruolo nel 2006, n. 2640 procedimenti, che, rispetto ai 3214 iscritti a ruolo nell’anno precedente, registrano un decremento delle sopravvenienze pari al 17,86% (cfr. tab. B -1).
Tuttavia, in relazione anche al numero di procedimenti esauriti nel corso dell’anno 2006, (4.262 esauriti contro 2.640 sopravvenuti – cfr. tab. D), si registra, alla fine del periodo considerato, un decremento netto, rispetto all’anno precedente, del numero complessivo dei ricorsi pendenti di 1.622 unità (quantificabile in termini percentuali nel dato complessivo – 4,88 rispetto alla pendenza dell’anno precedente).
Il totale dei procedimenti pendenti, al 1° gennaio 2007, risulta essere di 31.620 unità.
Nello specifico si rileva un incremento di ricorsi in materia: di :
- "Istruzione, antichità etc." (+ 30,38%);
- "Altre Materie" (P.S., leva, tributaria, etc.)
(+ 16,76%);
- "Attività (varie) della Pubblica amministrazione"
(+ 10,53%);
- "Igiene, sanità ed ecologia" (+ 5,68%).
Invarianza per i ricorsi in materia di :
- "Credito e assicurazioni" (==%);
Decremento, invece per i ricorsi in materia di
- "Pubblico Impiego" (- 49,70%);
- "Ottemperanza al giudicato" (– 40,12%);
- "Industria, commercio e artigianato" (- 35,59%);
- "Elezioni" (- 18,18%);
- "Agricoltura, foreste, caccia e pesca" (- 15,22%);
- "Trasporti" (- 12,50%);
- "Lavori pubblici" (- 4,40%);
- "Edilizia e urbanistica" (- 4,19%).
Per una visione complessiva del fenomeno si rinvia all’allegata tab. C.
Da segnalare è un significativo decremento del numero dei ricorsi per ottemperanza al giudicato - passati dai 320 del 2004 ai 162 del 2005 (- 49,38%), e scesi ulteriormente ai 103 del 2006 (-67,81%), che evidenzia una progressiva attenuazione della "tradizionale" tendenza delle Amministrazioni a sottrarsi il più possibile, almeno in termini temporali, al "dictum" giudiziario, con ulteriore aggravio per i cittadini e, in definitiva, per le stesse Amministrazioni esposte a condanne alle spese e commissariamenti: evidentemente l’indirizzo seguito dalla giurisprudenza del TAR Sicilia, di nominare commissari ad acta nei casi di inadempimento, condannare alle spese processuali le strutture amministrative inadempienti, nonché di trasmettere periodicamente alla Procura Regionale della Corte dei Conti, per le eventuali iniziative di competenza sul versante delle responsabilità, le pronuncie di accoglimento di ricorsi per ottemperanza, dà i frutti sperati.
Sono state tenute, nel corso dell’anno 2006, 89 udienze pubbliche e 194 adunanze camerali, per un totale di 3.093 procedimenti trattati in udienza pubblica e 3.180 in adunanze camerali (di cui 2.517 concernenti misure cautelari).
Sono stati conclusi con sentenza definitiva 2.909 procedimenti, con 2824 sentenze, delle quali 360 emesse, nella forma di sentenze c.d. "brevi", in sede di esame, in camera di consiglio, di istanze di misure cautelari.
Giova evidenziare che nel decorso anno 2006 l’utilizzo di tale nuovo strumento processuale introdotto dalla legge 205/2000 ha consentito, presso questa Sede, di portare a rapida definizione (mediamente, dal deposito del ricorso alla pubblicazione della sentenza, non più di 60 – 120 giorni) il 13,64% del contenzioso di nuovo impianto.
Va segnalato che, nel corso dell’anno di riferimento (2006), sono state gravate di appello 156 sentenze (pari al 5,52 % del totale).
Sono stati trattati complessivamente 1472 procedimenti riconducibili alle tipologie previste dagli artt. 3, 8, 9, della L. 205/2000 (cfr. tabella B, quadri 11- 12 - 13), tutti definiti con pronuncia in forma di decreto monocratico.
A seguito dei mutati orientamenti in materia di giurisdizione indotti dalla più volte ricordata sent. 204/2004 della Corte costituzionale, è praticamente cessato, come ho già accennato all’inizio, il fenomeno dei decreti ingiuntivi, concernenti spese a carico del servizio sanitario che, specie nel 2002, nel 2003 e nel 2004, sino alla pubblicazione nel mese di luglio della sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale, già ricordata, era stato caratterizzato da un elevato numero di richieste, in conseguenza dei cronici ritardi nella liquidazione, da parte delle competenti A.U.S.L., dei crediti per spese farmaceutiche, centri clinici convenzionati con il S.S.N. e quant’altro.
A partire dalla già citata sentenza n.1543 del 6 luglio 2004 questo Tribunale ha declinato la giurisdizione in materia e ciò ha determinato la sostanziale cessazione del fenomeno.
In materia sanitaria, comunque, ho già ricordato che questo Tribunale amministrativo, anche successivamente alla nota sentenza costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004, ha ritenuto la propria giurisdizione in tema di determinazione dei "budgets" annuali (sentt. n. 2128 e segg. del 30 settembre 2004 e, fra le più recenti, n.4016 del 12 dicembre 2006) riconoscendo il carattere autoritativo dei provvedimenti di fissazione dei tetti di spesa delle strutture sanitarie, avuto anche riguardo ai particolari vincoli finanziari ed amministrativi che circoscrivono l’astratta fase di negoziazione normativamente prevista.
Particolare attenzione è stata dedicata anche alla individuazione dei ricorsi ultradecennali, agli effetti di cui al comma 2 dell’art. 9 della L. 205/2000.
Utilizzando lo strumento della contrattazione decentrata, progetti finalizzati di interesse locale, già portati a definizione, hanno consentito l’emissione nel 2006 di 1272 decreti di perenzione, nel contesto di un totale di 1347 decreti decisori (dei quali ad oggi opposti soltanto 28).
Sono stati adottati 230 provvedimenti istruttori collegiali (nella forma di sentenze od ordinanze) e 110 ordinanze istruttorie presidenziali, oltre ad ulteriori 483 decreti presidenziali di vario contenuto processuale.
Si è mantenuta sostanzialmente sui livelli dell’anno precedente l’utilizzazione del mezzo istruttorio della consulenza tecnica d’ufficio (la cui ammissibilità nel processo amministrativo è stata generalizzata dalla legge 205/2000), con il relativo aggravio di adempimenti sia a carico dei magistrati delegati che delle Segreterie giurisdizionali.
I dati concernenti il numero degli affari assegnati complessivamente ai magistrati ed il numero dei provvedimenti dagli stessi depositati sono analiticamente descritti nei quadri 19 e 20 dell’allegata tabella "B".
Va evidenziato, al riguardo, come tutti i magistrati abbiano continuato a dimostrare la più ampia disponibilità a superare i limiti di carico di lavoro previsti, dando prova di elevato spirito di servizio e di grande senso dello Stato.
Analogo riconoscimento è dovuto a tutto il personale di segreteria e collaborazione che, pur in numero assai sparuto, ha sempre fronteggiato le esigenze dell’Ufficio con grande dedizione ed efficienza.
12.- La situazione degli organici presso questa sede continua ad essere deficitaria.
Per quanto concerne il personale di Magistratura, come già riferito in precedenza (cfr.§ 2.2.), la situazione è alquanto peggiorata rispetto a quella del passato, tant’è che, malgrado l’attivazione della terza Sezione interna (che ha preso a funzionare il 1° aprile 2005) postulasse il mantenimento del prescritto numero minimo di magistrati (cinque per sezione), la dotazione complessiva dell’Ufficio è scesa, di fatto, a 14 magistrati, incluso il Presidente del T.A.R.
Si è ancora lontani dal realizzare, quindi, il completamento dell’organico di Magistrati previsto per la Sede di Palermo, che dovrebbe contare su complessive 18 unità, oltre il Presidente titolare: e l’effettiva copertura dell’organico si profila di non rapida realizzazione, attesi anche i tempi medi delle procedure concorsuali e l’esito delle medesime, che finora ha frequentemente registrato un numero di vincitori inferiore ai posti messi a concorso.
Comunque, un (timido) segnale di attenzione del Legislatore nei confronti del problema degli organici dei magistrati amministrativi può cogliersi nella legge finanziaria 2007 (l. 27 dicembre 2006, n.296) che, al c. 518 dell’art. 1, consente, in deroga al blocco generale delle assunzioni tuttora vigente (art. 1, c. 95 della l.30 dicembre 2004 n. 311), il reclutamento di magistrati amministrativi, contabili e di avvocati e procuratori dello Stato entro il limite di spesa di 1.370 milioni di euro per l’anno 2007 e di 5.670 milioni di euro a decorrere dal 2008.
Alla ripartizione delle previste assunzioni si provvederà con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Non resta da auspicare, a questo punto, che le procedure relative vengano portate rapidamente a compimento, essendo sempre presente, in questi casi, il rischio che la lodevole iniziativa si impantani in quella che una volta, con felice eufemistica definizione, venne definita "la vischiosità della complessa azione amministrativa".
Quanto alla struttura di segreteria della nuova Sezione, avevo già segnalato, nella relazione concernente l’anno precedente (2005), che la perdurante carenza di personale amministrativo e di collaborazione rende cronici i problemi di organizzazione complessiva degli uffici, essendosi dovuto inevitabilmente sottrarre operatori alle due preesistenti strutture di segreteria giurisdizionale per realizzarne una terza, a supporto, appunto, della nuova Sezione: con inevitabili ricadute negative sulla complessiva efficienza dei servizi, finora assicurati per l’impegno e lo spirito di sacrificio degli operatori.
Non può escludersi tuttavia, perdurando l' attuale situazione di grave carenza di personale, che possano fra non molto porsi seri problemi di mantenimento dello "standard" di rendimento dell’Ufficio: che, al momento, ha raggiunto, a prezzo di uno sforzo non comune di tutti gli operatori (magistrati e personale di segreteria), risultati elevatissimi, non a lungo ulteriorermente perseguibili con le risorse disponibili.
Ed invero la situazione, per quanto concerne il personale di Segreteria e collaborazione, è tutt’altro che confortante, ove si consideri che, su scala nazionale, nel nostro settore, il rapporto attuale tra tale categoria di personale e quello di magistratura è di appena 1,5/1,9 addetti per magistrato: ben al di sotto di quello esistente presso le altre magistrature e, comunque, lontano dal rapporto minimo di cinque unità di collaborazione per ogni unità di magistratura, ritenuto accettabile dalle più recenti analisi di efficienza del settore.
Questa Sede non fa eccezione alla regola generale, dal momento che la pianta organica attualmente in vigore prevede appena 33 unità suddivise fra le varie aree professionali (la situazione del personale addetto ai Servizi giurisdizionali risulta dal quadro 18 dell’allegata tabella B).
Siffatta dotazione organica, già di per se inadeguata alle attuali necessità siccome determinata in epoca non recente, è stata nel tempo incisa negativamente dalla mancata sostituzione di varie unità di personale collocate a riposo o cessate dal servizio negli ultimi anni, nonché da ulteriori recenti depauperamenti conseguenti al trasferimento ad altri uffici per mobilità interna al settore.
In particolare, nella relazione concernente lo scorso anno avevo segnalato che questo Ufficio ha perduto (negli ultimi mesi del 2005) il dirigente amministrativo con funzioni di Segretario generale, (transitato nella Magistratura della Corte dei Conti avendo vinto il concorso relativo), nonché tre funzionari di area direttiva, uno dei quali con qualifica apicale, collocati a riposo, e, nell’aprile 2006, anche un "operatore esperto – area B-2", già addetto all’archivio della Segreteria giurisdizionale - Sez. 2ª - parimenti, collocato a riposo: a tutt’oggi nessuno è stato sostituito. Devo dare atto, per quanto attiene all’esercizio delle funzioni di Segretario Generale, che dallo scorso mese di novembre 2006 queste sono svolte " ad interim", per alcuni giorni al mese, dal dirigente amministrativo dott. Elio Peduto, titolare della Sezione staccata di Latina del T.A.R. – Lazio, il quale ha accettato di sobbarcarsi all’onere di un nuovo impegnativo incarico in aggiunta a quello intrattenuto, e che desidero ringraziare pubblicamente di questa sua disponibilità.
Comunque, la conseguenza – paradossale – della descritta situazione è che la disponibilità complessiva di personale di segreteria e di collaborazione, presso questa Sede, era ben maggiore (superando di più di dieci unità quella attuale) in epoca anteriore all’ampliamento delle competenze ed alla accelerazione delle procedure introdotte con le innovazioni legislative concernenti la giurisdizione amministrativa (basti pensare alla l. 205/2000 ed alle norme sul procedimento amministrativo, recentemente modificate),
che hanno inciso pesantemente anche sul lavoro delle strutture di supporto del settore.
Più volte questa Presidenza ha posto con forza il problema all’attenzione degli Organi di vertice della Giustizia amministrativa, purtroppo fino ad oggi senza successo.
Non resta quindi che sollecitare ulteriormente un rapido adeguamento della dotazione organica della Sede di Palermo che, rispetto alla previsione in atto, andrebbe incrementata, a giudizio di questa Presidenza, di non meno del 50%, da ripartire proporzionalmente nelle varie posizioni funzionali.
Non mi nascondo, tuttavia, con realismo, come, alla stregua delle più recenti teorizzazioni sul blocco del "turn over" e sulla riduzione generalizzata del personale del comparto pubblico, una tale aspettativa sia tutt’altro che realistica.
Non resta, in atto, che confidare nella sollecita attuazione della già ricordata previsione del c. 1309 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007, la quale consente l’adozione di un programma straordinario di assunzioni "fino a 50 unità" di personale amministrativo e di collaborazione, da ripartire, ovviamente, fra i vari Uffici giurisdizionali dislocati sul territorio nazionale.
Sul punto, tuttavia, non può non ricordarsi come sia rimasta a suo tempo inattuata una analoga disposizione contenuta nella la legge finanziaria per il 2004 (l. 24 dicembre 2003, n. 350), che all’art. 3, c. 71, aveva previsto, per sopperire a straordinarie esigenze di supporto amministrativo del Consiglio di Stato, dei Tribunali Amministrativi Regionali, dela Corte dei Conti e dell’Avvocatura dello Stato,la possibilità per detti uffici di avvalersi, su base volontaria, nel limite complessivo di 300 unità, del personale del CONI e di altri enti pubblici interessati da procedure di liquidazione o soppressione, nonché del personale dell’Agenzia del demanio che ha esercitato l’opzione per il passaggio ad altra Amministrazione "anche in soprannumero ed in deroga alle vigenti disposizioni legislative e contrattuali in materia di mobilità", ( in tal modo consentendo, tra l’altro, di superare i limiti discendenti delle piante organiche in atto vigenti, finora opposti come ostacolo insormontabile, da parte dell’Amministrazione centrale, ad ogni richiesta di ampliamento).
Purtroppo, nel settore della Giustizia amministrativa la norma in parola è rimasta inspiegabilmente inattuata, per difficoltà burocratiche diverse, di volta in volta opposte alle ripetute richieste di chiarimenti rivolte alle strutture centrali, cui sono state in più occasioni segnalate le esigenze di questa Sede di una più congrua dotazione di personale di collaborazione.
É stata, viceversa, data pronta attuazione, anche nel settore considerato, alla norma contenuta nella successiva legge finanziaria 2005 (art.1, c. 93 della l. 30 dicembre 2004, n.311) che ha imposto a tutte le Amministrazioni dello Stato – compresa quella della Giustizia amministrativa – una riduzione non inferiore al 5% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico: con il risultato di rendere sempre più evanescente la prospettiva di incrementare le scarse dotazioni esistenti.
E’ auspicabile, quindi, una pronta inversione di tendenza, che porti ad un rapido utilizzo del meccanismo delineato nel citato c. 1309 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007, le cui procedure attuative risultano peraltro già avviate dai competenti Organi centrali.
Deve evidenziarsi anche l’ulteriore aggravio di lavoro che deriverà dalla applicazione della norma contenuta nel c. 1308 del più volte richiamato art. 1 della l.fin. 2007, che istituisce presso gli Organi giurisdizionali amministrativi, centrali e periferici, una commissione per il patrocinio a spese dello Stato, composta di magistrati amministrativi ed avvocati ed assistita, per i compiti di segreteria, da un funzionario amministrativo della giustizia amministrativa: commissione chiamata ad esaminare – a titolo gratuito – le istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con le connesse implicazioni, anche di responsabilità patrimoniale.
Per completezza di informazione, va detto che presso questa Sede la commissione è già stata istituita (D.P. n. 02/07 del 16 gennaio 2007) ed ha iniziato la propria attività.
Per concludere sull’argomento del personale di collaborazione, va ricordato che la Regione siciliana si era data carico del problema delle carenze strutturali degli organi giurisdizionali, ordinari e speciali, operanti in Sicilia, con l’approvazione di un disegno di legge, predisposto dal Governo della Regione, contenente provvedimenti di sostegno dell’attività giurisdizionale realizzantisi con l’assegnazione, senza alcun onere finanziario per le Amministrazioni statali destinatarie, di contingenti di personale di collaborazione nonché di attrezzature strumentali in comodato.
L’iniziativa, bloccata in un primo tempo da una impugnativa del Commissario dello Stato, è stata giudicata costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 207 del 26 maggio 2006.
Soltanto recentemente (per l’esattezza, dal " Giornale di Sicilia" del 24 gennaio 2007) ho appreso che la Regione, con la legge finanziaria del 2006 ( in attuazione delle legge regionale più volte ricordata), ha stanziato in favore degli Uffici giudiziari ordinari due milioni di euro, che sarebbero stati utilizzati per attrezzature informatiche, fisse e mobili, stampanti, abbonamenti a banche dati giuridiche e quant’altro.
La notizia è stata autorevolmente confermata nella sede ufficiale dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2007 presso la Corte d’Appello di Palermo: nella relazione distribuita è riportata anche l’informazione (pag. 13, nota 3) dell’avvenuta consegna al Distretto di Palermo di 52 P.C. portatili e della distribuzione, in corso, di 250 postazioni fisse corredate di stampante.
Ancor più recentemente questo Ufficio è stato informato – con nota del competente Dipartimento della Presidenza della Regione Siciliana in data 2 febbraio 2007 (prot. n. P4/17334), qui pervenuta il 7 febbraio – della disposta assegnazione, in comodato d’uso, di cinque P.C. completi di stampanti laser, che presumibilmente verranno consegnati nei prossimi giorni.
Si tratta, per quanto riguarda la sede di Palermo del T.A.R. – Sicilia, di un modesto segnale di attenzione del quale prendo atto con compiacimento : il che non esaurisce, tuttavia, le aspettative indotte dalla legge regionale citata nei confronti delle più volte rappresentate esigenze di funzionalità del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, che comunque in questa occasione desidero riconfermare, sopratutto sul versante del personale di collaborazione, estremamente deficitario.
Peraltro, iniziative in sede regionale a sostegno dell’amministrazione della giustizia si registrano anche presso altre Regioni d’Italia. Ricordo, a mo’ di esempio, il protocollo d’intesa siglato dal Ministero della Giustizia con la Presidenza della Regione Friuli – Venezia Giulia nel dicembre 2006.
E’ auspicabile che la nostra Regione, che ha avuto il merito di portare fra le prime attenzione all’argomento, continui a manifestare lo stesso impegno nella fase attuativa.
13.- In conclusione malgrado i notevoli risultati conseguiti il carico di lavoro cui bisogna far fronte presso questa Sede rimane ingente: e ciò in presenza di un ancora inadeguato organico di personale in servizio, sia di Magistratura che di Segreteria. In tale situazione continua ad essere tutt’altro che agevole cercare di contemperare l’esigenza di venire in qualche modo incontro alle pressanti richieste delle parti volte ad una sollecita trattazione degli affari per i quali esistono obiettive ragioni di urgenza, con quella di osservare i criteri sui carichi di lavoro dei Magistrati fissati nelle deliberazioni adottate al riguardo dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (da ultimo, in data 18 dicembre 2003), e con quella, non meno pressante, di osservare i ristretti termini temporali introdotti per una serie di ipotesi contenziose previste dalla l. 205/2000 e successive integrazioni.
Il protrarsi di queste condizioni non agevolerà certamente una significativa riduzione del carico dei ricorsi pendenti in attesa di giudizio, con grave nocumento per l’ordinato esercizio della giurisdizione amministrativa ed ulteriori esposizioni a censure e sanzioni presso le competenti sedi, sia europee che nazionali, a causa dell’ eccessiva durata dei processi.
A quest’ultimo riguardo ritengo debba essere ricordato l’ormai consolidato indirizzo interpretativo introdotto dalle SS.UU. della Corte di Cassazione (sent. n.28507 del 23 dicembre 2005) secondo cui, con riferimento al tema del risarcimento del danno, il principio della ragionevole durata del processo, applicato all’attività giurisdizionale amministrativa, fa sì che la lesione del diritto corrispondente va ritenuta sussistente anche per le cause proposte dinanzi al giudice amministrativo, senza che sulla valutazione del periodo di tempo decorso dalla instaurazione del processo possa incidere, quale esimente del ritardo, la mancata o tardiva presentazione della c.d. "istanza di prelievo", nella (condivisibile) considerazione che la presenza – o meno – di attività sollecitatorie delle parti non sospende né differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, né comporta il trasferimento sulle parti medesime della responsabilità connessa al superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio.
Di tal che, continuando a permanere le attuali vistose carenze di strutture e mezzi, si raggiungerà presto il paradossale risultato che le risorse non impiegate per migliorare il servizio giurisdizionale dovranno essere destinate, forse in misura anche maggiore, a risarcire i danni per i ritardi nella definizione dei processi!
Ad una tale conclusione induce anche la considerazione dell’andamento esponenziale dei giudizi risarcitori introdotti in base alla legge n. 89 del 2001 (c.d. "legge Pinto") con riferimento a processi presso questa Sede: si è passati infatti dalle poco numerose richieste dei primi anni di operatività della legge citata (anno 2001, 4 richieste; anno 2002, 8 richieste; anno 2003, nessuna richiesta, anno 2004, 2 richieste; anno 2005, 8 richieste) alle 80 richieste dell’anno 2006; e la curva del fenomeno, a quanto è dato desumere dalle richieste già incardinate nei primi giorni di quest’anno, non sembra attenuarsi
14. - Non mi stancherò di sottolineare ancora una volta – so di essere ripetitivo, ma il tema lo merita - come l’area territoriale nella quale opera questo Tribunale, caratterizzata, come è ben noto, da elevati indici di criminalità mafiosa, che tende ad estendere i propri "interessi" verso settori dell’attività amministrativa di notevole rilevanza economica (quali le opere pubbliche, le pubbliche forniture, gli interventi sul territorio, segnatamente quelli in materia ecologica ed ambientale, etc.), comporta la necessità di "standars" di efficienza aggiuntiva rispetto a quelli normalmente ritenuti sufficienti in aree territoriali meno esposte al rischio del crimine organizzato.
Il che postula che la risposta dello Stato in questo territorio, anche attraverso i propri organi di giurisdizione amministrativa nei settori di competenza, deve essere rapida e qualitativamente e quantitativamente adeguata, onde contribuire ad alimentare la fiducia dei cittadini e degli operatori economici nella efficienza della giustizia (non soltanto quella repressiva penale ma anche quella, in qualche misura preventiva, amministrativa) epperò a contenere ed auspicabilmente eliminare spazi alternativi che una poco efficace risposta giudiziaria può oggettivamente dischiudere a poteri illegali.
Non può quindi che ribadirsi l’auspicio, che è anche una pressante richiesta, affinché gli Organi Legislativi e di Governo rivolgano una maggiore attenzione ai problemi di questo settore della giustizia, onde far si che possa concretamente realizzarsi anche nel processo amministrativo il principio, ora espressamente enunciato in Costituzione (art. 111), della "ragionevole durata", nella consapevolezza che ritardare giustizia equivale, sovente, a denegarla.
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GIALLOMBARDO G., Inaugurazione dell'anno giudiziario 2003 del
T.A.R. Sicilia, in LexItalia.it n. 2/2003, pag.
http://www.lexitalia.it/articoli/giallombardo_ag2003.htm
GIALLOMBARDO G., Inaugurazione dell’anno giudiziario 2004 del T.A.R. Sicilia, in LexItalia.it n.
2/2004, pag.
http://www.lexitalia.it/articoli/giallombardo_inaugurazione2004.htm
GIALLOMBARDO G., Inaugurazione dell’anno giudiziario 2005 del T.A.R. Sicilia, in LexItalia.it n. 2/2005, pag. http://www.lexitalia.it/articoli/giallombardo_2005.htm