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Articoli e note

 

GIORGIO GIALLOMBARDO
(Presidente del
T.A.R. Sicilia)

Inaugurazione dell'anno giudiziario 2003 del T.A.R. Sicilia

(Palermo, 15 gennaio 2003)

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Autorità, Signore, Signori,

1.- Adempio oggi al gradito dovere di introdurre, presso la Sede di Palermo del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, la prima formale cerimonia di apertura dell’anno giudiziario degli Organi della giustizia amministrativa, presentando la relazione sull’attività svolta e sull’andamento della giustizia amministrativa in questa circoscrizione giudiziaria nel decorso anno 2002.

Opportunatamente il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, Organo di autogoverno del settore, nella nuova composizione prevista dalla l. 21 luglio 2000, n. 205 – caratterizzata dalla autorevole presenza di quattro personalità espresse dal Parlamento, esterne alla componente togata proveniente dalla Magistratura amministrativa – Consiglio di Stato e TT.AA.RR. – ha fortemente voluto che , sia al centro (presso il Consiglio di Stato) che in periferia (presso i TT.AA.RR. e le rispettive Sezioni staccate), si desse luogo a cerimonie inaugurali dell’anno giudiziario, analogamente a quanto già da tempo praticato presso altre Magistrature, al condivisibile fine di fornire, oltre che agli addetti ai lavori anche all’opinione pubblica, la più ampia informazione sull’andamento e sulle prospettive di questo settore della giustizia, divenuto sempre più fenomeno di massa, così nel Paese come nella nostra realtà territoriale.

Desidero innanzi tutto rivolgere un deferente saluto al Signor Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che impersona l’unità nazionale ed assolve con grande equilibrio ed autorevolezza all’altissimo ruolo di garante della Costituzione e degli assetti ordinamentali in questa consacrati.

Un particolare saluto a S.Em. Rev.ma il Sig. Cardinale Salvatore De Giorgi, Arcivescovo Metropolita di Palermo, che ci gratifica con la Sua presenza ed al quale rivolgo sentiti voti augurali nella ricorrenza del cinquantenario della Sua ordinazione sacerdotale e del trentennale del Suo Magistero episcopale.

Un caloroso saluto e un sentito ringraziamento, anche a nome dell’Ufficio, a tutti gli intervenuti – rappresentanti dei vari settori delle Istituzioni, delle Magistrature, del Foro, dell’Università, della Dottrina giuridica e dell’Informazione che, con la loro presenza, dimostrano l’attenzione e l’interesse con cui le componenti della Società – e non soltanto gli (strettamente) addetti ai lavori – seguono l’attività della giustizia amministrativa.

Un particolare saluto al Presidente del Consiglio di Stato, Alberto de Roberto, cui sono legato da antichi sentimenti di stima ed amicizia, che con grande prestigio e competenza onora la carica di vertice della Giustizia Amministrativa italiana.

Un saluto anche al nostro Organo di autogoverno, il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, presente alla odierna cerimonia con una autorevole rappresentanza.

Un particolare saluto al Foro di Palermo e della Sicilia occidentale tutta – in questa espressione ricomprendo anche l’Avvocatura dello Stato e le Avvocature degli enti pubblici – qui largamente presente, che vanta una lunga brillante tradizione anche nel settore amministrativo e che ha sempre contribuito in modo determinante all’evoluzione giurisprudenziale.

Un cordiale saluto ai Colleghi tutti, del Consiglio di Stato, del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e dei Tribunali amministrativi regionali, ed alle rispettive Associazioni; un particolare saluto e ringraziamento al Personale di segreteria ed amministrativo della Giustizia amministrativa, che condivide con encomiabile spirito di servizio il nostro quotidiano impegno, ed ai rappresentanti sindacali che sempre hanno dimostrato grande equilibrio e collaborazione.

Un pensiero affettuoso e riconoscente verso i Presidenti che mi hanno preceduto: in particolare, fra i più antichi, il Presidente emerito del Consiglio di Stato Giorgio Crisci e l’attuale Presidente della Corte Costituzionale Riccardo Chieppa, che ho avuto la fortuna di avere come maestri nei primi anni della mia attività; fra i più recenti, i Presidenti Guglielmo Serio e Giovanni Castiglione.

Un commosso ricordo per quanti, al servizio della Repubblica nelle sue varie articolazioni, hanno sacrificato la vita nell’adempimento del dovere per la difesa della legge e delle istituzioni, della civile convivenza e della sicurezza dei cittadini.

2.- L’anno che si è di recente concluso è stato caratterizzato dalla pressocchè completa entrata a regime delle innovazioni introdotte nel settore della Giustizia Amministrativa con la legge 21 luglio 2000, n. 205, integrata successivamente per taluni settori di intervento (in particolare, il contenzioso concernente la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici e di interesse nazionale: cfr. D.Lvo 20 agosto 2002, n. 190, art. 14).

La legge 205/2000 ha ampiamente modificato il campo d’azione assegnato alla giurisdizione amministrativa: che già una precedente radicale riforma – quella del 1971 (che non esiterei a definire epocale) – aveva diffuso su tutto il territorio, sottraendola definitivamente a quell’aura di vago sapore elitario, retaggio di assetti statuali tardo ottocenteschi definitivamente superati, ma ponendola a confronto con una imponente domanda di giustizia, di gran lunga superiore a quella sopportabile da strutture per nulla adeguate alle nuove esigenze della collettività.

La legge 205 è caratterizzata da un ampliamento dei campi di intervento della giurisdizione amministrativa che, già privata di taluni settori di contenzioso concernente il c.d. pubblico impiego (precisamente quello riguardante le categorie di personale contrattualizzate, epperò non più dipendenti pubblici nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto dipendenti della pubblica amministrazione con rapporto disciplinato da istituti di diritto privato del lavoro), si è vista attribuire nuovi e più rilevanti ed impegnativi spazi di intervento, al di là della secolare dicotomia "diritti soggettivi" – "interessi legittimi" sostituita, nella più recente normativa, dall’attribuzione di competenza per materie o per "blocchi di materie".

Si considerino, ad esempio, tutti quegli ambiti in cui la Pubblica Amministrazione, per la cura degli interessi che le sono affidati, non agisce in via autoritativa: o, addirittura, a quegli spazi, invero sempre più ampi, in cui la cura di interessi collettivi viene affidata a soggetti di natura formalmente privatistica, non riconducibili – secondo nuovi modelli spesso di ispirazione europea – alle tradizionali strutture dell’amministrazione pubblica, con la conseguenza della possibilità che si radichino innanzi al Giudice amministrativo controversie insorte (almeno apparentemente) tra soggetti non formalmente pubblici.

Si ponga mente, fra tante possibili esemplificazioni, alle liti con cui si denuncia l’inosservanza di norme e/o procedure ad evidenza pubblica in tema di scelta del contraente da parte di soggetti, ancorché privati, tenuti ad osservarle; a quelle in tema di servizi pubblici ( settore di intervento in progressiva espansione), laddove sussiste l’interesse pubblico all’organizzazione ed alla gestione del servizio ma gli strumenti adoperati non sono, di regola, autoritativi, e le strutture deputate ad apprestarli sono sempre più spesso riconducibili a figure giuridiche private piuttosto che pubbliche (società miste, varie tipologie di società a partecipazione pubblica, etc.).

Altra significativa recente attribuzione alla giurisdizione amministrativa è costituita dal complesso delle controversie in tema di risarcimento del danno riconducibile ad atto o comportamento illegittimo.

La "ratio" di siffatta attribuzione si rinviene nell’esigenza, perseguita dal legislatore, di concentrare nell’unica sede della giurisdizione amministrativa sia il giudizio sulla legittimità dell’atto (o comportamento) che quello sul risarcimento dei danni conseguenti: prima devoluto, quest’ultimo, al Giudice ordinario, con evidente duplicazione di attività processuale e dilatazione dei tempi – già di per se non brevi – per la dovuta risposta alla domanda del cittadino che si ritenga danneggiato.

Altro elemento caratterizzante di tale contenzioso è quello del perseguimento delle lesioni prodotte oltre che ai diritti soggettivi anche agli interessi legittimi, laddove questi ultimi non riescano ad ottenere una tutela, per così dire, "fisiologica", insieme all’interesse pubblico (non può non ricordarsi, a questo riguardo, la fondamentale svolta segnata, rispetto alla tradizionale giurisprudenza precedente, dalla sent. 500/1999 delle SS.UU. della Corte di Cassazione).

Non può certamente sottacersi, con specifico riferimento alla materia risarcitoria cui ho accennato, come il dischiudersi alla giurisdizione amministrativa di un campo di intervento affatto nuovo rispetto a quelli tradizionalmente affidatile abbia determinato, e continui a determinare, non poche incertezze ed oscillazioni giurisprudenziali che, verosimilmente, sono ancora destinate a permanere nel tempo, fintantochè non si giunga a delineare taluni punti di riferimento interpretativi fondamentali e comuni, largamente accettati, sulla cui base possa svilupparsi l’ulteriore elaborazione della giurisprudenza.

Faccio riferimento, a mo’ d’esempio (non essendo ovviamente questa la sede per addentrarsi in disamine più dettagliate) al tema, attualmente dibattuto in giurisprudenza, della necessità – o meno – di una previa declaratoria di illegittimità di un atto o comportamento della Pubblica amministrazione (che consegua ad una azione di annullamento di tipo tradizionale) perché possa introdursi un’azione risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione medesima: tema che finora registra una certa prevalenza di soluzioni del primo tipo (ricordo che in questo senso si è indirizzata anche la giurisprudenza di questo Tribunale amministrativo), pur in presenza di qualche orientamento di segno difforme altrettanto validamente argomentato.

Va segnalata, anche, una recente sentenza della Corte di Cassazione – Sez. 1^ - Civ., del 10 gennaio 2003, n. 157, che, sulla scia della nota sent. 500/99 delle SS.UU., ha ritenuto che la facoltà della Pubblica Amministrazione di riesercitare il proprio potere a seguito dell’intervenuto annullamento di un atto, emendandolo dal vizio formale che ne ha determinato l’annullamento, non esclude di per sé la praticabilità del risarcimento, coerentemente con i nuovi orientamenti in materia di risarcibilità degli interessi legittimi formali.

Su questa tematica è stata sollecitata anche una pronuncia chiarificatrice dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che tuttavia ancora, prudentemente, ha preferito non affrontare il problema "funditus", adottando soluzioni di specie, forse per una (condivisibile) esigenza di ulteriore maturazione del problema.

Un ruolo fondamentale, comunque, nella ricerca e nella elaborazione di taluni principi comuni in materia, va svolto dalla dottrina – peraltro molto vivace ed attenta alle nuove problematiche poste dalle recenti riforme – , dal confronto di opinioni in assise di studio – convegni, seminari ( desidero ricordare, fra i più recenti, quello promosso proprio su questi specifici temi dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa a Roma nello scorso ottobre 2002 per tutti i magistrati amministrativi, che ha annoverato illustri relatori, magistrati – amministrativi ed ordinari – docenti universitari, avvocati ) e, soprattutto, dal momento unificante della giurisprudenza amministrativa che l’ordinamento affida, appunto, all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

3.- Va altresì segnalata una recente innovazione legislativa che si colloca nel filone delle nuove norme processuali, introdotte dalla l. 205/2000 (art. 4), destinate a preordinare corsie c.d. "preferenziali" per accelerare l’iter di determinate tipologie di controversie coinvolgenti interessi ritenuti preminenti. Mi riferisco al D.L.vo 20 agosto 2002, n. 190, contenente norme di attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.

L’art. 14 di tale testo legislativo detta "norme in materia processuale" che in parte innovano la vigente disciplina nei giudizi innanzi agli organi di giustizia amministrativa comunque riguardanti le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione ed asservimento.

Premesso che, per l’individuazione di dette tipologie di contenzioso, deve aversi riguardo alle definizioni contenute negli artt. 1 e segg del D.L.vo citato, in relazione anche a quanto previsto dalle altre fonti normative ivi richiamate, la principale innovazione introdotta (art 14, cit., c. 1., lett. a) concerne la fissazione d’ufficio dell’udienza di merito del ricorso ( indipendentemente dalla presentazione, quindi, della c.d. "domanda di fissazione") che deve avvenire entro il 45° giorno dalla data di deposito del ricorso stesso presso la Segreteria del Giudice competente.

Ulteriori, più rigide, prescrizioni, sono contenute nella lett. b) dello stesso primo comma, per quel che attiene le valutazioni cui il Giudice è tenuto ai fini dell’eventuale tutela cautelare richiesta e delle relative motivazioni.

La lett. c) del ripetuto primo comma, infine, rinvia, "per quanto non espressamente previsto" nello stesso articolo, alle disposizioni dell’art. 23 – bis della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo risultante dalle modificazioni introdotte dalla l. 21 luglio 2000, n. 205.

Dal combinato disposto delle norme ricordate emerge l’introduzione, per i giudizi concernenti le procedure di che trattasi, della procedibilità d’ufficio dei ricorsi indipendentemente dalla proposizione di una formale "domanda di fissazione di udienza", necessaria, in via generale, per attivare il potere del giudice nel processo amministrativo: e ciò sia nel caso venga avanzata richiesta di misure cautelari che nel caso in cui tale richiesta non sia stata formulata.

Il secondo comma dello stesso art. 14, in dichiarata applicazione di normative europee, introduce poi una innovazione di non poco momento, stabilendo che "la sospensione o l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori: in tal caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica".

Correlativamente, il terzo (ed ultimo) comma pone a carico del soggetto aggiudicatore l’obbligo di comunicare il provvedimento di aggiudicazione ai controinteressati " almeno trenta giorni prima della firma del contratto", nel verosimile intendimento di limitare, in quanto possibile, le negative conseguenze di ordine finanziario che potrebbero scaturire da una generalizzata applicazione della previsione risarcitoria già ricordata. La quale, in buona sostanza, è suscettibile di determinare in concreto una duplicazione della spesa connessa alla prestazione oggetto di controversia laddove la prestazione medesima venga eseguita, in forza di contratto già stipulato, da un soggetto che, in esito al giudizio, non avrebbe dovuto essere l’aggiudicatario e, conseguentemente, debba risarcirsi il danno per equivalente ad altro soggetto illegittimamente pretermesso.

Trattasi, all’evidenza, di una normativa che, pur ispirata dalla non trascurabile esigenza di ridurre il più possibile le remore alla rapida realizzazione di opere ritenute di rilevante interesse generale, postula la massima attenzione, sia sul versante dell’amministrazione attiva che sul versante giurisdizionale, per evitare il nascere e proliferare di fenomeni distorsivi, forieri di imprevedibili ricadute negative sulla finanza pubblica.

4.- Passando agli aspetti concreti dell’attuale stato complessivo della giustizia amministrativa non può non ricordarsi, innanzi tutto, come questo sia caratterizzato, a tutt’oggi, da un imponente arretrato.

Risultano infatti pendenti più di 900.000 ricorsi presso i vari TT.AA.RR. e più di 27.000 ricorsi presso il Consiglio di Stato (compreso in questo dato anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana).

Le cause del fenomeno – che si proietta ovviamente, anche sulla nostra sede, come accennerò fra poco – sono molteplici.

La prima, ed originaria causa, ritengo possa rinvenirsi nella mancata considerazione, da parte di chi avviò la riforma del 1971, attuata peraltro solo nel 1974, dell’effetto espansivo che, sull’andamento generale del contenzioso, avrebbe determinato il più agevole accesso alla tutela giurisdizionale, in conseguenza della diffusione sul territorio del giudice amministrativo di primo grado.

Altra causa può individuarsi nella progressivamente più ampia sfera di intervento dei poteri pubblici nella vita sociale, che ha comportato sempre più numerose occasioni di incontro (o, peggio, di "scontro") fra cittadini ed organi amministrativi, incrementando la conflittualità.

Purtroppo a ciò ha contribuito – e continua a contribuire – il proliferare di normative ( primarie e secondarie, nazionali, regionali e locali) sempre più frammentarie, imprecise quanto a formulazione tecnica, oscure sotto il profilo linguistico, spesso farraginose e contraddittorie nei contenuti: con buona pace degli intenti semplificatori e chiarificatori ripetutamente enunciati nelle più autorevoli sedi, rimasti puntualmente senza riscontro nella realtà.

Va aggiunto che non sempre le amministrazioni pubbliche, specialmente quelle di minori dimensioni, informano la loro attività all’esigenza di prevenire, in quanto possibile, la conflittualità con gli amministrati, ad esempio con una adeguata utilizzazione degli strumenti partecipativi che pure l’ordinamento oggi appresta a tal fine, preferendo di fatto – forse per malintese esigenze di cautela (" a scanso di responsabilità", come suol dirsi) – l’instaurazione di contenziosi giurisdizionali ( nei quali spesso trascurano anche di essere presenti, non costituendosi in giudizio e venendo meno sovente all’obbligo di collaborazione istruttoria con il giudice amministrativo, costretto non infrequentemente ad applicare, ai fini probatori, l’art. 116, 2° c. , C.P.C.), onde conseguire una pronuncia giurisdizionale purchessia dietro la quale "trincerarsi".

Il fenomeno è particolarmente vistoso – in questa Regione – per taluni settori dell’attività pubblica, quali l’urbanistica, l’edilizia, la tutela ambientale, la spesa sanitaria.

La causa principale della ricordata generale situazione di arretrato risiede, comunque, a mio avviso, nella carenza di strutture che ha costantemente caratterizzato il settore della Giustizia amministrativa, segnato da croniche e tutt’ora presenti vistose carenze di organico di personale, sia di magistratura che di segreteria e collaborazione, nonché di attrezzature di supporto.

A quest’ultimo riguardo è doveroso segnalare una certa inversione di tendenza verificatasi nei tempi più recenti, attraverso la progressiva attivazione ed utilizzazione di strumenti informatici sia collettivi che individuali e la realizzazione di un sistema informativo nazionale collegato ad INTERNET (nel sito accessibile www.giustizia-amministrativa.it ), che consente di avere notizia, in tempo reale contestualmente alla pubblicazione, delle pronuncie del Giudice amministrativo, nonché dei dati pubblici concernenti i singoli ricorsi, dei calendari delle adunanze, dei collegi etc.

La linea di tendenza è quella di realizzare progressivamente un sistema integrato che consentirà di trasmettere e ricevere documenti "on line", approntando veri e propri fascicoli "virtuali", nella prospettiva di un futuro processo telematico.

Ma questo è, in larga misura, auspicio per un futuro che si delinea non prossimo, specie ove si consideri che il presente è caratterizzato da una situazione finanziaria tutt’altro che rosea per il settore della giustizia in generale e di quella amministrativa in particolare. Ed invero, rispetto alla spesa globale dello Stato, quella per la giustizia amministrativa (Consiglio di Stato e TT.AA.RR.) si attestava, nel decorso esercizio finanziario, intorno allo 0,025% (circa 160 milioni di euro): un’entità insignificante nel contesto del bilancio dello Stato, peraltro ampiamente compensata dalle entrate tributarie riferibili al settore (gettito del contributo unificato di iscrizione a ruolo delle cause; imposte pagate dal personale in servizio ed in quiescenza, dai professionisti e loro collaboratori e dagli operatori dell’indotto).

Nel corrente esercizio finanziario la situazione risulta notevolmente peggiorata, avendo lo già esiguo stanziamento precedente subito un drastico taglio di circa il 14% in meno, giustificato ( si fa per dire…) dalle conclamate esigenze di contenimento della spesa pubblica.

Siffatta abnorme riduzione di disponibilità finanziarie porrà ancora più in crisi l’intero sistema della giustizia amministrativa che, lungi dal potere perseguire programmi di potenziamento strutturale ed operativo, rischia , al momento, di non essere in grado di assicurare nemmeno il pagamento degli emolumenti al personale per l’intero anno 2003!

5.- Passando ad esporre brevemente la situazione esistente presso questo Tribunale amministrativo, devo innanzitutto segnalare che il complessivo carico di lavoro del T.A.R. – Sicilia (sede di Palermo e sezione staccata di Catania), risultante di n. 9.583 nuovi ricorsi depositati nell’anno 2002 (pari al 12,91% dell’intero carico di lavoro di tutti i TT.AA.RR. della Repubblica: vedi tabella allegata A/1-2-3-) pone il T.A.R. – Sicilia al 3° posto della graduatoria nazionale, dopo il T.A.R. – Campania e il T.A.R. – Lazio, con un tasso di decremento medio di circa – 4.90% stimato rispetto all’anno precedente.

Rinviando, per quel che attiene alla Sezione staccata di Catania, a quanto esposto dal Presidente della stessa nella relazione di apertura dell’anno giudiziario presso quella Sezione, sintetizzo la specifica situazione esistente al 31 dicembre 2002 presso questa Sede di Palermo, in atto ordinata su due Sezioni interne.

Mi limiterò a segnalare gli aspetti più significativi, lasciando a chi desideri farlo un più approfondito esame della esposizione analitica di dati contenuti nelle tabelle allegate alla relazione.

Risultano iscritti a ruolo, nel 2002, n. 5111 procedimenti, che, rispetto ai 5115 iscritti a ruolo nell’anno precedente, registrano una flessione delle sopravvenienze di appena lo 0,0782% (cfr. tab. B.-1). Tuttavia, in relazione al numero di procedimenti esauriti nel corso dell’anno 2002, che ha superato ampiamente il numero di quelli sopravvenuti (6676 esauriti contro 5111 sopravvenuti – cfr.tab. D: ben il 30,62 % in più di definizioni rispetto agli introiti!), si registra, alla fine del periodo considerato, un decremento netto, rispetto all’anno precedente, del numero complessivo dei ricorsi pendenti di 1565 unità (quantificabile in termini percentuali nel dato complessivo – 3,84 % rispetto all’anno precedente).

Va anche segnalato che dei 5111 procedimenti iscritti a ruolo nell’anno 2002, ben 2228 concernono procedimenti per ingiunzione.

Il totale dei procedimenti pendenti, al 01.01.2003, risulta essere di 39.027 unità.

Nello specifico si rileva un incremento di ricorsi in materia di "Agricoltura, foreste, caccia e pesca" (+ 20,01%), di "Igiene, sanità ed ecologia"(+ 16,27%), "Attività della pubblica amministrazione" (+19,07%), "Elezioni" (+138,09%), " Trasporti" (+120%).

Decremento, invece per i ricorsi in materie varie (P.S., leva, tributaria, etc.: -14,52%), "Edilizia e urbanistica" (-16,46%), "Lavori pubblici" (-1,03%),

" Industria, commercio ed artigianato" (-28,26%),

" Pubblico Impiego" (-27,38%), "Istruzione, antichità, etc." (-9,62%), "Ottemperanza al giudicato" (-21,78%). Nelle materie rimanenti il numero di ricorsi non si discosta significativamente da quello dell’anno precedente.

Sono state tenute nel corso dell’anno 2002 56 udienze pubbliche e 160 adunanze camerali, per un totale di 1995 procedimenti trattati in udienza pubblica e 2682 in adunanze camerali (di cui 2460 concernenti misure cautelari).

Sono stati conclusi con sentenza definitiva 2497 procedimenti, con 2340 sentenze, delle quali 393 emesse, nella forma di sentenze c.d. "brevi", in sede di esame, in camera di consiglio, di istanze di misure cautelari.

Giova evidenziare che l’utilizzo di tale nuovo strumento processuale introdotto dalla L.205/2000 ha consentito, presso questa Sede, di portare a rapida definizione (mediamente, dal deposito del ricorso alla pubblicazione della sentenza, non più di 60 – 90 giorni) circa il 20% del contenzioso di nuovo impianto.

Va segnalato che, nel corso dell’anno di riferimento (2002), sono state gravate di appello 219 sentenze (pari a circa il 9,36% del totale).

Sono stati trattati ( ed esitati con pronuncia in forma di decreto monocratico) complessivamente 4667 procedimenti riconducibili alle tipologie previste dagli artt. 3, 8, 9, della L. 205/2000 (cfr. tabella B, quadri 11- 12 - 13), fra cui 2002 decreti ingiuntivi, dei quali opposti soltanto 81, pari a circa il 4% del totale.

Continua a presentare una particolare imponenza, presso questa Sede, il fenomeno dei decreti ingiuntivi, che ha registrato un elevato numero di richieste, in progressivo aumento specie nel settore della sanità (caratterizzato, in questa Regione, da cronici ritardi nella liquidazione, da parte delle competenti A.U.S.L., dei crediti per spese farmaceutiche, centri clinici convenzionati con il S.S.N. e quant’altro).

L’andamento del fenomeno e la rilevante consistenza finanziaria dello stesso sono esposti analiticamente nelle tabelle C-1 e C-2.

In particolare, deve evidenziarsi che nel decorso anno 2002 si è registrato, rispetto al precedente anno 2001, un sostanziale raddoppio della complessiva somma liquidata come sorte capitale (anno 2001 oltre lire 345 miliardi, anno 2002 oltre 350 milioni di euro, pari a circa 680 miliardi di " vecchie" lire).

Un dato che ritengo vada, anche relativamente all’anno decorso, particolarmente evidenziato è quello dell’incidenza delle spese legali che, per le fasce di importo " sorte – capitale" meno elevate, spesso si avvicina al 50% della sorte medesima, determinando a carico della finanza pubblica (e cioè del cittadino contribuente) un onere aggiuntivo che potrebbe forse eliminarsi o, comunque, contenersi sensibilmente, ove, ad esempio, pur in presenza di disponibilità finanziarie limitate in termini di cassa, si provvedesse, da parte delle Amministrazioni cui fa carico la spesa, a liquidare con precedenza i crediti di minore ammontare, evitando, con ciò, gli oneri aggiuntivi conseguenti all’esperimento del procedimento ingiuntivo.

E’ questo un tema che mi permetto ancora una volta di sottoporre, nello spirito di collaborazione che deve sempre caratterizzare l’operato delle Istituzioni, all’attenzione delle Autorità amministrative responsabili del settore della spesa sanitaria.

In proposito mi corre l’obbligo di ricordare che questo Ufficio ha doverosamente trasmesso, lo scorso 5 dicembre 2002, al Sig. Presidente della Regione, al Sig. Assessore regionale per la Sanità ed ai Sigg. Procuratore Regionale presso le Sezioni della Corte dei Conti per la Regione Siciliana e Procuratore Generale presso la Sezione di Appello della stessa Corte, per quanto di rispettiva competenza, una dettagliata relazione di servizio del Magistrato delegato alla emissione dei decreti ingiuntivi concernente l’andamento del fenomeno.

Devo anche segnalare che il Sig. Presidente della Regione, con propria nota del 17 dicembre successivo, ha preso atto della situazione rappresentata ed ha investito delle problematiche relative gli Assessori regionali della Sanità e del Bilancio e Finanze, incaricandoli di " articolare, con l’urgenza che il caso richiede, il quadro delle iniziative da sottoporre alla Giunta di Governo".

L’Assessore regionale della Sanità, per parte sua, con nota del 29 gennaio scorso, ha comunicato di avere ancora una volta richiamato l’attenzione delle Aziende sanitarie sull’argomento.

Particolare attenzione è stata dedicata anche alla individuazione dei ricorsi ultradecennali, agli effetti di cui al comma 2 dell’art. 9 della L. 205/2000.

Utilizzando lo strumento della contrattazione decentrata, progetti finalizzati di interesse locale, già portati a definizione, hanno consentito l’emissione di 2147 decreti decisori ( dei quali ad oggi opposti soltanto 7).

Sono stati adottati 278 provvedimenti istruttori collegiali (nella forma di sentenze od ordinanze) e 544 ordinanze istruttorie presidenziali, oltre ad ulteriori 185 decreti presidenziali di vario contenuto processuale.

Va evidenziato come, nell’anno decorso, si sia ampliata anche l’utilizzazione del mezzo istruttorio della consulenza tecnica d’ufficio (la cui ammissibilità nel processo amministrativo è stata generalizzata dalla legge 205/2000), con conseguente aggravio di adempimenti sia a carico dei magistrati delegati ( giuramenti dei C.T.U. , liquidazione dei relativi compensi e quant’altro) che delle Segreterie giurisdizionali.

I dati concernenti il numero degli affari assegnati complessivamente a ciascun magistrato ed il numero dei provvedimenti dagli stessi depositati sono analiticamente descritti nei quadri 18 e 19 dell’allegata tabella B.

Va evidenziato, al riguardo, come tutti i magistrati abbiano manifestato la più ampia disponibilità a superare i limiti di carico di lavoro previsti, dando prova di elevato spirito di servizio e di grande senso dello Stato.

Analogo riconoscimento è dovuto a tutto il personale di segreteria e collaborazione che, pur in numero assai sparuto, ha sempre fronteggiato le esigenze dell’Ufficio con grande dedizione ed efficienza.

6.- La situazione degli organici presso questa Sede è particolarmente deficitaria.

Per quanto concerne il personale di Magistratura, a fronte di un organico "virtuale" di 15 unità ( D.P.C.M. 29.1.1999), mai peraltro coperto interamente – tant’è che non è stato finora possibile attivare la 3^ Sez. interna, pur prevista " sulla carta", dovendosi disporre a tal fine di almeno 5 magistrati – erano in servizio, al 31.12.2002, 12 unità ( compreso chi vi parla), - 4 delle quali, referendari di prima nomina, assunte in servizio il 16 settembre 2002 -, ordinate su due Sezioni interne .

Va segnalato che il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con deliberazione del 18 luglio 2002, nel ripartire fra i vari Tribunali amministrativi i 60 posti di magistrato istituiti con la L. 21 luglio 2000, n. 205 (art.14), ne ha assegnato tre a questa Sede, sicchè la nuova pianta organica del personale di magistratura, in corso di formalizzazione, potrà contare, a Palermo, su complessive 18 unità, oltre il Presidente titolare.

L’effettiva copertura dell’organico si profila tuttavia di non rapida realizzazione, attesi i tempi medi delle procedure concorsuali e l’esito delle medesime, che finora ha purtroppo registrato un numero di vincitori inferiore ai posti messi a concorso.

La perdurante carenza del numero dei magistrati qui in servizio porrà, come è ovvio, seri problemi di mantenimento dello "standard" di rendimento dell’Ufficio: che, al momento, ha raggiunto, a prezzo di uno sforzo non comune di tutti gli operatori (magistrati e personale di segreteria) risultati elevatissimi, non a lungo ulteriormente perseguibili con le risorse attuali.

Né più "felice" si presenta la situazione per quanto concerne il personale di Segreteria e collaborazione, ove si consideri che, su scala nazionale, il rapporto attuale tra tale categoria di personale e quello di magistratura è di appena 1,5/1,9 addetti per magistrato: ben al di sotto di quello esistente presso le altre magistrature e, comunque, lontano dal rapporto minimo di cinque unità di collaborazione per ogni unità di magistratura, ritenuto accettabile dalle più recenti analisi di efficienza del settore.

Questa Sede non fa eccezione alla regola generale, dal momento che la pianta organica attualmente in vigore prevede appena 33 unità suddivise fra le varie aree professionali (la situazione del personale addetto ai Servizi giurisdizionali risulta dal quadro 17 dell’allegata tabella B).

Siffatta dotazione organica, già di per se inadeguata alle attuali necessità siccome determinata in epoca non recente, è stata nel tempo incisa negativamente dalla mancata sostituzione di varie unità di personale collocate a riposo o cessate dal servizio negli ultimi anni, nonché da ulteriori recenti depauperamenti conseguenti al trasferimento ad altre sedi di elementi che hanno conseguito passaggi di qualifica in esito al superamento di corsi-concorsi interni di progressione in carriera.

Inadeguata si appalesa anche l’ipotesi di revisione recentemente formulata dal Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa – peraltro ancora in itinere – che appare viziata da notevole sottostima delle effettive esigenze.

Più volte chi vi parla ha posto con forza il problema all’attenzione degli Organi di vertice della Giustizia Amministrativa, purtroppo fino ad oggi senza successo. Anzi, è da segnalare che, in occasione della ripartizione delle 40 unità di personale amministrativo previste dalla legge 205/2000, effettuata recentemente ( il 20 dicembre 2002 ) dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, questa Sede è stata – ancora una volta – "dimenticata", a fronte di altre, centrali e periferiche, più "fortunate".

Non resta quindi che sollecitare ulteriormente un rapido adeguamento della dotazione organica di questa Sede di Palermo che, rispetto alla previsione in atto, andrebbe incrementata, a giudizio di chi vi parla, di non meno del 50%, da ripartire proporzionalmente nelle varie posizioni funzionali.

7.- In conclusione, il carico di lavoro cui bisogna far fronte presso questa Sede rimane imponente a fronte di un inadeguato organico di personale in servizio, sia di Magistratura che di Segreteria. In tale situazione, è tutt’altro che agevole cercare di contemperare l’esigenza di venire in qualche modo incontro alle pressanti richieste delle parti volte ad una sollecita trattazione degli affari per i quali esistono obiettive ragioni di urgenza, con quella di osservare i criteri sui carichi di lavoro dei Magistrati fissati nelle deliberazioni adottate al riguardo dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e con quella, non meno pressante, di osservare i ristretti termini temporali introdotti per una serie di ipotesi contenziose previste dalla l. 205/2000 e successive integrazioni.

Il protrarsi di queste condizioni non agevolerà certamente la riduzione del carico dei ricorsi pendenti in attesa di giudizio, con grave nocumento per l’ordinato esercizio della giurisdizione amministrativa ed ulteriori esposizioni a censure e sanzioni presso le competenti sedi, sia europee che nazionali, a causa dell’ eccessiva durata dei processi.

Non può sottacersi peraltro come l’area territoriale nella quale opera questo Tribunale, caratterizzata, come è ben noto, da elevati indici di criminalità mafiosa, che tende ad estendere i propri "interessi" verso settori dell’attività amministrativa di notevole rilevanza economica (quali le opere pubbliche, le pubbliche forniture, gli interventi sul territorio, segnatamente quelli in materia ecologica ed ambientale, etc.), comporta la necessità di "standars" di efficienza aggiuntiva rispetto a quelli normalmente ritenuti sufficienti in aree territoriali meno esposte al rischio del crimine organizzato.

Si vuol dire, in buona sostanza, che la risposta dello Stato in questo territorio, anche attraverso i propri organi di giurisdizione amministrativa nei settori di competenza, deve essere rapida e qualitativamente e quantitativamente adeguata, onde contribuire ad alimentare la fiducia dei cittadini e degli operatori economici nella efficienza della giustizia ( non soltanto quella repressiva penale ma anche quella, in qualche misura preventiva, amministrativa) epperò a contenere ed auspicabilmente eliminare spazi alternativi che una poco efficace risposta giudiziaria può oggettivamente dischiudere a poteri illegali.

Non può che formularsi ancora una volta l’auspicio, che è anche una pressante richiesta, affinché gli Organi Legislativi e di Governo rivolgano una maggiore attenzione ai problemi di questo settore della giustizia, onde far si che possa concretamente realizzarsi anche nel processo amministrativo il principio, ora espressamente enunciato in Costituzione (art. 111), della "ragionevole durata", nella consapevolezza che ritardare giustizia equivale, sovente, a denegarla.

Vi ringrazio.

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