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Articoli e note

 

LORENZO IEVA
(Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia)

Riflessioni sul principio costituzionale del “giusto processo”
applicato al giudizio amministrativo.

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Sommario: 1. La giustizia amministrativa e la legge cost. n. 2 del 1999 sul principio del “giusto processo”. 2. Il processo (amministrativo) deve essere “giusto” e deve essere “regolato dalla legge”. 3. Il processo è fondato sul “contraddittorio” e sulla “parità delle armi”. 4. Il processo deve svolgersi davanti ad un giudice “imparziale” e “terzo”. 5. Il processo deve avere una “ragionevole durata”. 6. Conclusioni:  i problemi strutturali dell’attuale processo amministrativo e le prospettive de iure condendo.

 

1. La giustizia amministrativa e la legge cost. n. 2 del 1999 sul principio del “giusto processo”.

La pubblica Amministrazione [1], secondo l’insegnamento tradizionale, costituisce quell’insieme complesso di organizzazioni proteiformi, che sono deputate, in virtù di specifiche disposizioni normative, alla cura di predeterminati interessi pubblici [2].   La tutela avverso gli atti dell’Amministrazione ritenuti illegittimi e lesivi di interessi legittimi degli amministrati e degli utenti della stessa P. A. viene assicurata attraverso il sistema della giustizia amministrativa, salva restando la competenza del giudice ordinario per taluni casi particolari.[3]   Peraltro, va detto che la eterogeneità degli interessi presenti all’interno dell’amministrazione della cosa pubblica, nello Stato sociale di diritto dell’età contemporanea, alimenta numerose difficoltà nella esatta individuazione dello stesso interesse pubblico [4];  sicché, più di recente, si è inteso procedere – anche nel contesto dell’integrazione europea [5] – a riformare il quadro generale della P. A. nazionale[6], onde ricercare e consolidare una maggiore “qualità” dell’azione amministrativa [7], la quale deve essere effettivamente rispondente ai bisogni pubblici della comunità statuale [8].

Dunque, i disegni generali di riforma non possono non contemplare anche il sistema giurisdizionale amministrativo, il quale – sulla scorta dell’insegnamento comunitario (cfr. art. 6 tratt. U. E.) [9] – deve essere in grado di realizzare la “effettiva tutela” delle situazioni giuridiche soggettive [10] e non esteriori simulacri non satisfattivi della “domanda di giustizia” proveniente dal ricorrente.

     In primis, va ricordato che la definizione di “giustizia amministrativa” comprende quella serie di procedimenti e strumenti giuridici, svolti in forma contenziosa e in contraddittorio, atti a conferire al soggetto amministrato o utente della P. A. la tutela dei propri interessi legittimi (e dei diritti in taluni casi eccezionali) in applicazione dei fondamentali precetti costituzionali di cui agli articoli 24, 97, 103, 108, 111 e 113 Cost. [11].

     Oltre ai c. d. mezzi giustiziali (attualmente in fase recessiva, data la loro rivelata scarsa utilità pratica), fondati sul ricorso amministrativo alla stessa autorità amministrativa (ricorsi gerarchici, in opposizione, ricorso straordinario al Capo dello Stato, ricorsi atipici) [12], contro gli atti della P. A. è garantita costituzionalmente la possibilità di ricorrere al giudice amministrativo (artt. 24 e 113 Cost.), instaurando così una verifica giurisdizionale imparziale sugli atti amministrativi [13].

     Il processo amministrativo è al centro di riforme epocali, che ne stanno ridefinendo i caratteri e la stessa struttura, allo scopo di realizzare una autentica tutela degli interessi pubblici e di quelli legittimi [14].

     La legge cost. 23 novembre 1999 n. 2 ha novellato l’art. 111 Cost. ampliandone le disposizioni ed introducendo il c. d. principio del “giusto processo”, al fine di assicurare maggiori garanzie in favore dei soggetti processuali in contesa [15].   Mentre, il d.lgs n. 80 del 1998[16] e, soprattutto, la legge n. 205 del 2000 [17] hanno mutato profondamente il volto del sistema della giustizia amministrativa italiana, nella direzione della “effettività” della tutela giurisdizionale.   Da non dimenticare è, poi, la “storica” sentenza delle sezioni unite della Cassazione n. 500 del 1999 [18], che ha “sancito” la risarcibilità degli interessi legittimi (pretensivi), con ciò scardinando, una volta per tutte, le ataviche impostazioni della dottrina e della giurisprudenza amministrativa, che finivano per riservare un’area di privilegio e di irresponsabilità per gli atti illegittimi (e civilmente illeciti), lesivi della altrui sfera giuridica patrimoniale, commessi dagli agenti della pubblica amministrazione.

     La legge cost. n. 2 del 1999 ha determinato una riforma della Carta costituzionale alquanto controversa, che ha visto scontrarsi diverse posizioni e che è stata pensata soprattutto per i processi penali, ove la esigenza di garanzie a tutela del cittadino è apparsa più marcata.

    Tuttavia, i primi tre commi del nuovo art. 111 Cost. hanno un respiro generale e sono applicabili a tutti i “processi” davanti alle diverse Autorità giurisdizionali che il nostro ordinamento conosce.

     Segnatamente, il principio de quo è valido per i processi davanti al giudice ordinario penale, a quello militare, al giudice civile e del lavoro ed anche davanti al giudice amministrativo ed a quelli contabile e tributario.

     Dunque, ogni procedura giurisdizionale davanti all’autorità giudiziaria, qualunque essa sia (ordinaria o amministrativa), deve essere necessariamente “giusta”, vale a dire – senza inutili riferimenti giusnaturalistici o metagiuridici e scartando l’interpretazione tautologica – deve “garantire” la difesa dei personali diritti ed interessi legittimi tutelati dall’ordinamento giuridico in pieno e in modo effettivo e cioè assicurando, per tempo ed in toto, la salvaguardia dello specifico interesse al “bene della vita” invocato in giudizio e non un suo surrogato.

     Il principio del giusto processo è fondato sulla asserzione di un principio fondamentale generale (la giurisdizione deve essere attuata attraverso un processo giusto regolato dalla legge) e su alcuni principi corollari speciali (il processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice imparziale e terzo e deve avere una durata ragionevole), i quali informano in modo completo la portata precettiva del nuovo canone, orientando così il legislatore ordinario nella predisposizione di un apparato normativo in grado di far conseguire effettivamente l’utilità giuridica (o bene della vita) richiesta dal ricorrente e, consequenzialmente, di tutelare appieno gli interessi legittimi di costui.

     Si tratta di principi direttamente rapportabili alla civiltà giuridica di uno Stato democratico moderno di diritto, che voglia tutelare in concreto le posizioni giuridiche soggettive in astratto riconosciute ai propri cittadini.

 

2. Il processo (amministrativo) deve essere “giusto” e deve essere “regolato dalla legge”.

     La giurisdizione, anche quella del G. A., si realizza attraverso “il giusto processo regolato dalla legge”, ovverosia tramite una procedura giurisdizionale disciplinata dalla legge, in grado di assicurare l’effettività della tutela del “bene della vita” invocato in giudizio, seppure in forma mediata attraverso l’impugnazione dell’atto amministrativo illegittimo lesivo della sfera giuridica.

     Il principio del giusto processo, ora sancito nella nostra Costituzione, fa da pendant al “diritto ad un processo equo” stabilito dalla convenzione internazionale per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo del 1950, ratificata in Italia con la legge n. 848 del 1955.   Difatti, l’art. 6 della predetta convenzione stabilisce, solennemente, che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata imparzialmente e in un tempo ragionevole, da parte di un tribunale indipendente ed imparziale, costituito dalla legge e in forma pubblica.

     In pratica, deve essere la legge a definire compiutamente la procedura da seguire per il corretto svolgimento del processo e ad assicurare l’autonoma “difesa” della complessa posizione giuridica davanti al giudice.

     E’ giusto, quindi, il processo che trova nella legge di procedura una esaustiva regolamentazione di tutti gli aspetti essenziali per permettere la corretta rappresentazione al giudice degli interessi vantati dalle parti in contraddittorio, nonché l’effettiva realizzazione (ottemperanza) della statuizione giudiziale, anche in caso di comportamenti elusivi o contrastanti da parte del soggetto soccombente.

     Sul punto, vale la pena osservare che, in larga parte, la procedura da seguire avanti al G. A. è disciplinata, ancora oggi, dal R. D. 17 agosto 1907 n. 642: “Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato”, che ha natura, per l’appunto, regolamentare, sicché si pone una prima questione riguardante la capacità dello stesso di poter “reggere” la procedura amministrativa, dopo la legge cost. n. 2 del 1999, atteso che le norme ivi contenute non hanno affatto carattere secondario o limitato ai profili dell’organizzazione pratica della procedura giurisdizionale, bensì delineano alcuni dei più importanti atti e fasi processuali.

     Per altro verso, la necessità della fonte legislativa, quale regolatrice della materia processuale, si coniuga perfettamente con il principio della effettività della tutela.

     Infatti, un aspetto fondamentale del principio del giusto processo è quello che attiene alla necessità ineludibile a che la legge preveda ogni strumento utile per rendere “effettiva” la tutela giurisdizionale e, quindi, meccanismi processuali idonei ad assicurare interinalmente, durante lo svolgimento del processo, gli effetti utili che potranno derivare dalla pronuncia giurisdizionale finale.   Il riferimento essenziale è alle ordinanze cautelari ed alla esecuzione (forzata) delle stesse, come anche alla esecuzione delle sentenze di primo grado, nonostante ogni resistenza della P. A.

     In tale direzione, va osservato che la nuova legge n. 205 del 2000 ha previsto, all’art. 3, una più incisiva tutela cautelare degli interessi, nelle more della definizione della trattazione vera e propria della causa, ammettendo la possibilità per il giudice amministrativo di disporre provvedimenti cautelari atipici, che vanno ben oltre alla più tradizionale “sospensiva” [19].

     Inoltre, l’esecuzione delle sentenze cautelari e finali, anche di primo grado non sospese, deve trovare comunque esatta “ottemperanza” da parte della P. A., in base all’art. 3 (che novella l’art. 21, co. 7, della l. 1034/’71) ed all’art. 10 (che novella l’art. 33 della l. 1034/’71) della l. 205 cit..   Infatti, il G. A., per l’esecuzione delle ordinanze cautelari e delle sentenze di prime cure, esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato, indicando le misure interinali da adottare, in attesa della formazione del giudicato, con ciò assicurando la necessaria effettività alle statuizioni del giudice [20].

     In siffatta dimensione, il processo amministrativo si avvia a divenire un processo in grado di assicurare tutela piena agli interessi legittimi (o ai diritti, nei casi previsti), in ogni grado o fase processuale e anche sotto il profilo risarcitorio, senza alcuna duplicazione o spreco di attività giurisdizionale.   Tuttavia, il quadro normativo complessivo risulta carente del necessario coordinamento sistematico.

     Si pone, quindi, un problema direttamente rapportato alla idoneità della procedura prevista per lo svolgimento del processo amministrativo rispetto ai nuovi canoni costituzionali, soprattutto attesa la pluralità di fonti normative lacunose e stratificatesi nel tempo senza un disegno coerente, che peraltro la stessa giurisprudenza amministrativa, pur in mancanza di un riferimento normativo espresso, ritiene integrabili dalle comuni norme del codice di procedura civile.

     Pertanto, la mancanza di un codice di procedura amministrativa o, comunque, di una legge generale unica in materia contribuisce a vulnerare il principio costituzionale, in quanto risultano talora nebulose e prive di certezza sistematica taluni strumenti e regole processuali a disposizione, che lette nella logica democratica moderna, appaiono datate e non soddisfare le esigenze attuali.

     In sostanza, si pone con forza la questione della definizione di “regole unitarie di procedura amministrativa” e di un adeguato coordinamento con quelle del codice di procedura civile.

     Soltanto, in questo modo, il processo amministrativo, in quanto compiutamente regolato dalla legge, può dirsi “giusto”, ovverosia idoneo ad assicurare piena ed adeguata tutela agli interessi pubblici ed agli interessi legittimi sottoposti al suo sindacato.

 

3. Il processo è fondato sul “contraddittorio” e sulla “parità delle armi”.

     Un corollario del principio del giusto processo indica che ogni procedura processuale deve svolgersi “nel contraddittorio tra le parti” e, conseguentemente, vanno assicurati idonei meccanismi per la instaurazione di un equilibrato rapporto dialogico tra le parti, consentendo la deduzione delle personali posizioni sull’atto o sul fatto contestato, innanzitutto mediante l’analitica e completa elencazione delle censure mosse all’atto amministrativo o al rapporto giuridico, a seconda dei casi, e poi attraverso la produzione di memorie secondo uno schema prefissato.

     E’ essenziale che ciascuna parte possa utilizzare idonei mezzi di prova e, in questo, la legge n. 205 del 2000 ha colto nel segno, ammettendo, nella giurisdizione esclusiva, l’utilizzo di tutti i mezzi probatori previsti dal codice di procedura civile [21] compresa la consulenza tecnica [22] e con esclusione delle c. d. prove legali dell’interrogatorio e del giuramento (art. 7 l. 205 del 2000).   La consulenza tecnica viene pure ammessa nella giurisdizione generale del G. A. di sola legittimità (art. 16 l. 205 del 2000), onde consentire sempre un’adeguata conoscenza dei fatti, anche di quelli a connotazione tecnico-scientifica [23] e, quindi, permettere il necessario sindacato intrinseco sulla c. d. discrezionalità tecnica come peraltro ormai risulta essere stato recepito dalla giurisprudenza amministrativa [24].

     Segnatamente, la possibilità di richiedere una “consulenza tecnica” nel processo amministrativo rappresenta una novità in grado di cambiare ed innovare i comportamenti processuali dei soggetti che operano nell’alveo di siffatta giurisdizione.

     Si tratta di una riforma destinata ad incidere profondamente sullo stesso humus culturale degli operatori della giustizia amministrativa, in quanto entra nel processo amministrativo un (relativamente) nuovo soggetto processuale:  il consulente tecnico.   Costui, in veste di organo ausiliario, viene chiamato a rendere un “parere” tecnicamente qualificato e, quindi, svolge la fondamentale funzione di guidare il giudice nella cognizione e decisione delle questioni tecniche, che peraltro sempre più frequentemente sono oggetto di trattazione nelle controversie portate innanzi al G. A.

     Inoltre, il processo amministrativo deve consentire la tutela degli interessi legittimi, di qualsiasi forma, sia individuali che metaindividuali [25].

     Le associazioni esponenziali degli interessi collettivi [26] – in particolare, le organizzazioni ambientalistiche [27] e  consumeristiche [28] – devono poter trovare piena legittimazione processuale.   In questa direzione, peraltro, l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, prima, e le riforme del legislatore, poi, hanno riconosciuto la legittimazione ad agire alle associazioni di categoria, in quanto portatrici di un interesse qualificato e differenziato, seppure di carattere ultraindividuale.   In questa sede è possibile ricordare, la legge n. 349 del 1996 in materia di tutela ambientale (art. 18) [29], nonché la legge n. 281 del 1998 in tema di tutela dei consumatori e degli utenti (art. 3) [30], le quali hanno riconosciuto la generale legittimazione ad agire alle associazioni iscritte in appositi “elenchi” tenuti dalla pubblica amministrazione competente.

     Pertanto, alla luce del principio del contraddittorio, i soggetti processuali titolari di interessi (individuali o metaindividuali) legittimi posti in posizione antagonista – di norma, nel giudizio amministrativo:  P. A. e ricorrente privato e/o associazione esponenziale – devono essere posti “in condizioni di parità” ovverosia nella posizione di poter dedurre ed agire processualmente, senza che alcuna di essa sia arroccata su una posizione di privilegio strutturale.

 

4. Il processo deve svolgersi davanti ad un giudice “imparziale” e “terzo”.

      Inoltre, il giudice, ai sensi del nuovo art. 111 Cost., deve essere “terzo e imparziale” ovverosia deve assumere una posizione di neutralità rispetto ai soggetti processuali ed agli interessi dedotti, non essendo ammissibile che alcuna delle parti processuali venga a trovarsi in una situazione de jure o de facto di privilegio.

    L’osservazione è precipuamente riferita alla posizione in cui versa la pubblica amministrazione, la quale ha ampie possibilità di intervenire sul fatto o sull’atto oggetto di ricorso.   Appare, alla luce del nuovo disposto costituzionale, che la posizione della P. A., nel processo amministrativo, debba essere speculare rispetto a quella del ricorrente e, in nessun modo, “in vantaggio”, potendo questa soltanto porre in essere provvedimenti amministrativi correttivi di natura satisfattiva delle pretese vantate, facendo così cessare la materia del contendere.

     Peraltro, il profilo della imparzialità e della terzietà va riesaminato anche sul piano della organizzazione e dell’ordinamento giudiziario dei giudici amministrativi, che non trova un testo unico fondamentale di disciplina, né appare attualmente affatto assimilabile a quello dell’ordine giudiziario ordinario.   Segnatamente – alla luce del nuovo art. 111 Cost. in combinato disposto con l’art. 108, co. 2°, Cost. – anche per il giudice amministrativo devono essere previste più solide e necessarie “guarentigie”, sull’esempio del giudice ordinario e, inoltre, appare opportuno ricondurne l’amministrazione sotto il Ministero della Giustizia, salve restando le competenze riservate all’organo di autogoverno del Consiglio Superiore della Giustizia amministrativa.

     Per quanto riguarda specificamente il carattere della “terzietà” c’è da chiedersi se esso vada inteso come sostanziale “indifferenza” rispetto agli interessi (specificamente: pubblico per la P. A., privato per il ricorrente e collettivo per l’associazione esponenziale) di cui sono portatori i soggetti processuali.   Sembrerebbe che, in tal modo, la P. A. quale parte processuale venga a trovarsi sullo stesso piano delle altre parti, nonostante sia depositaria della cura dell’interesse pubblico e ciò senz’altro sconvolge parecchie ricostruzioni teoriche consolidate nel diritto amministrativo.

     La questione può essere risolta solo cogliendo a fondo lo spirito della definizione di interesse legittimo data dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 500 del 1999.   Invero, la tensione dell’individuo verso un certo bene determina la manifestazione di un interesse che se tutelato in modo diretto e pieno viene riconosciuto come diritto soggettivo, mentre ove vi sia l’inferenza dell’interesse pubblico viene qualificato come interesse legittimo.

     Dunque, la P. A. può agire, per perseguire l’interesse pubblico, solo legittimamente e tale è anche l’interesse del soggetto passivo, il quale null’altro pretende che vedere la propria posizione sacrificata (se del caso) in relazione ad un superiore interesse;  ergo costui vanta un interesse differenziato e qualificato a che l’interesse pubblico venga perseguito legittimamente.   Rispetto all’esercizio di una certa potestà pubblica, la P. A. intende realizzare l’interesse pubblico, ma anche il soggetto inciso non può che volere altro che detto interesse pubblico venga realizzato legittimamente.   Pertanto, l’interesse pubblico e quello legittimo finiscono, in realtà, per combaciare nella loro essenza ontologica, rappresentando due lati di una stessa medaglia.   Per il soggetto attivo (la P. A. agente) la potestà pubblica implica la cura di un interesse pubblico;  mentre, per il soggetto passivo (il privato ricorrente) la potestà pubblica implica l’interesse legittimo all’esercizio conforme alla legge della stessa potestà pubblica.   Ciò che viene escluso è l’esercizio illegittimo del potere, mai ammissibile in uno Stato di diritto [31].

    In ultima analisi, il giudice amministrativo deve poter essere imparziale e “terzo” anche nel processo amministrativo e pure nei confronti dell’autorità amministrativa che abbia esorbitato nella cura dell’interesse pubblico, emanando atti illegittimi e per ciò stesso ledendo interessi legittimi oppositivi o pretensivi del soggetto passivo inciso.   Non sembra, a ratione, che il G. A. si ingerisca nell’attività amministrativa discrezionale della P. A. [32], quando, a seguito di ricorso di parte, riconosca un atto amministrativo illegittimo e quindi lo annulli, essendo i parametri generali, che definiscono l’esercizio legittimo e corretto della potestà decisionale, in ogni caso, noti e rispondenti ai paradigmi della logica-giuridica (interesse pubblico, causa del potere attributivo, logicità e ragionevolezza e imparzialità [33]).   Mentre, in caso di potere tecnico-discrezionale, va consentito al G. A. il sindacato intrinseco, poiché la regola scientifica richiamata entra a far parte del tessuto della disposizione normativa e non attiene propriamente al merito, bensì alla legittimità dell’atto, sussistendo solo giudizi di accertamento e non scelte di interessi pubblici [34].

 

5. Il processo deve avere una “ragionevole durata”.

     Il processo amministrativo deve essere regolato in modo tale da avere una “ragionevole durata”, ovverosia l’attività processuale deve dispiegarsi attraverso una pluralità di fasi dirette a illustrare le “pretese”, a provarle e a dedurre in merito, senza inutili rinvii o aggravamenti della procedura non richiesti per la tutela giurisdizionale effettiva.

     Si tratta di un importante principio corollario al “giusto processo”, poiché ciò che più conta per colui che adisce le “vie giudiziarie” è ottenere una rapida definizione della procedura giurisdizionale.   Di contro, la P. A. deve poter contare sulla certezza giuridica dei propri atti.

    Peraltro, la scienza processualcivilistica ben conosce il principio che stabilisce che il tempo per far valere un diritto (o un interesse legittimo) non deve andare a detrimento della parte vittoriosa.   Ne sono manifestazione, il principio della soccombenza nella ripartizione delle spese processuali e l’anticipazione degli effetti delle sentenze al momento della proposizione della domanda giurisdizionale se non anche al momento della maturazione del diritto.

     Per la struttura del processo amministrativo, a fortiori, esiste innanzitutto l’esigenza di definire in tempi rapidi qualsivoglia ricorso, in funzione della certezza ed efficacia dell’azione amministrativa, che non può rimanere “paralizzata” dalla proposizione di un ricorso.

    Anzi, è possibile affermare con sicurezza che, nel processo amministrativo, l’esigenza di certezza dell’azione amministrativa “impone” tempi certi e brevi per la proposizione del ricorso e per la definizione del processo.   In tal senso, la legge n. 205 cit. ha previsto la possibilità di un rito abbreviato alternativo per determinate materie (art. 4), nonché la possibilità di decisioni in forma semplificata (art. 9) e l’introduzione dei procedimenti sommari di condanna al pagamento di somme pecuniarie (art. 8).

      L’attuazione del principio della “ragionevole durata del processo” è divenuta una realtà dell’ordinamento giuridico italiano con la legge 24 marzo 2001 n. 89 (c. d. legge Pinto[35]), la quale  ha previsto il diritto all’equa riparazione in favore di chi subisca un danno patrimoniale o non patrimoniale in caso di processo, sotto il particolare profilo, appunto, del mancato rispetto del termine ragionevole di durata, ai sensi di quanto stabilito dalla convenzione internazionale ratificata con la legge n. 848/’55.[36]

     Si tratta, invero, di un principio innovativo destinato ad avere un forte impatto sull’assetto processuale amministrativo, alquanto datato ed ancora arroccato su (inutili) formalismi, nonostante la recente legge n. 205 del 2000.

     Pertanto, il processo amministrativo deve svolgersi senza inutili rinvii dilatori e senza rimanere nel limbo della pendenza, in attesa della domanda di parte di fissazione d’udienza, al fine di poter assicurare il principio della ragionevole durata e, stante la peculiarità degli atti amministrativi che vengono contestati in giudizio, deve procedere in forma semplificata e deve garantire in breve termine la necessaria certezza giuridica, a vantaggio e tutela sia del cittadino ricorrente che della stessa pubblica amministrazione.

 

6. Conclusioni:  i problemi strutturali dell’attuale processo amministrativo e le prospettive de iure condendo.

     L’analisi del principio generale del giusto processo e dei suoi corollari mostra i diversi punti deboli del processo amministrativo attuale, il quale ha una impostazione ancora troppo legata alla tradizione e poco vicina all’innovazione, mentre premono le esigenze della certezza del diritto e della tutela delle posizioni giuridiche individuali e collettive.

     Ancora, il giudice amministrativo è chiamato a pronunciarsi su questioni che hanno un notevole impatto sull’economia [37] e, quindi, deve poter operare decisioni rapide e satisfattive degli interessi, senza inutili appendici.

     In particolare, si pensi ai settori dell’urbanistica e dell’edilizia [38], a quello degli appalti pubblici [39], all’ambito dei servizi pubblici (imprenditoriali e sociali) [40], alla tutela della libertà della concorrenza [41] e della tutela dei consumatori e degli utenti [42], ai ricorsi avverso gli atti delle Autorità indipendenti (istituzionalmente create a presidio dei c. d. settori sensibili) [43], etc.

     A fronte della complessità delle decisioni assunte dal G. A., l’apparato normativo che regola i diversi tipi di processo amministrativo (di legittimità, di merito, di giurisdizione esclusiva) resta frammentario, disperso in una pluralità di fonti normative, talora oscuro e dal difficile coordinamento sistematico.

     Per altro verso, le dotazioni strumentali e di personale sono del tutto sottodimensionate rispetto alle reali esigenze;  mentre, la domanda di giustizia resta senza risposta e l’intervento pubblico regolatore nell’economia non può svolgersi con la necessaria duttilità ed efficacia.

     Inoltre, sotto il peculiare profilo dell’analisi economica del diritto [44], il processo amministrativo appare alquanto “inefficiente” rispetto agli obiettivi che deve perseguire istituzionalmente e ancora poco funzionale alle esigenze dell’Impresa e del funzionamento di quei settori del mercato ove – per la presenza di rilevanti interessi pubblici, nonché dell’intervento regolatore statuale – è il G. A. a dover jus dicere e non l’Autorità giudiziaria ordinaria [45].

     Rebus sic stantibus, appare indifferibile un vasto intervento riformatore che, prendendo le mosse dalla pregevole (ma incompleta) legge n. 205 del 2000, vada oltre colmando le lacune e sistemando in un corpus organico le disposizioni sul processo amministrativo [46].

     In particolare, appare necessario:  1) adeguare le dotazioni strutturali e strumentali a disposizione del G. A.; 2) riformulare all’interno di un unico codice l’apparato normativo processuale; 3) riformare l’ordinamento giudiziario amministrativo ed i criteri di selezione degli stessi magistrati [47].

     Il discorso, poi, può essere allargato alle giurisdizioni amministrative speciali, le quali non sembrano affatto godere di una maggiore organicità della disciplina con riferimento al principio del giusto processo.

     Il riferimento è fatto alla giurisdizione tributaria [48] e a quella della Corte dei conti (giudizi di responsabilità e di conto e giudizio pensionistico) [49], anch’esse attualmente disciplinate in modo insoddisfacente dal punto di vista sistematico.   Basti accennare alla struttura soltanto “onoraria” della magistratura tributaria ed alle procedure giurisdizionali e di controllo della magistratura contabile, che rivelano inopinatamente i segni del tempo, solo marginalmente riviste da recenti interventi normativi, ma senza un autentico coordinamento sistematico [50].

     Inoltre, appaiono problematici i punti concernenti la concreta capacità di rendere “giustizia”, in modo celere, efficace ed efficiente, di siffatte giurisdizioni amministrative speciali, proprio in settori ove la finanza pubblica [51] deve trovare “certezze” e non “aleatorietà” per poter raggiungere gli obiettivi prefissati, onde evitare di “oberare” i cittadini contribuenti e conferire “concretezza” alla programmazione economica e finanziaria statuale e delle autonomie regionali [52].

     In tutti i casi dedotti, l’impostazione delle procedure giurisdizionali è senz’altro obsoleta e non rispondente agli imperativi teorici della razionalità, dell’economicità e dell’efficacia, che sembrano investire, dopo il procedimento amministrativo (ex legge n. 241/1990 [53]), anche il processo amministrativo in tutte le sue manifestazioni e fasi (cognizione, cautela ed ottemperanza).

    In ultima analisi, risulta ineludibile, ai nostri giorni, creare una giurisdizione amministrativa che sappia “rendere giustizia” – secondo un “processo giusto” regolato dalla legge, a mente del nuovo art. 111 Cost. – agli interessi (legittimi) dei ricorrenti e, unitamente, agli interessi (pubblici) della pubblica amministrazione, i quali possiedono, recte, un medesimo substrato ontologico e che vengono “apprezzati e ponderati” dai soggetti contraddittori soltanto da angoli di visuale distinti e speculari, in funzione della massima realizzazione dell’interesse superiore della collettività con il minor sacrificio possibile per l’interesse privato del singolo [54].

 

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[1] Cfr. E. CASETTA – S. FOA’, (voce) Pubblica amministrazione, in Dig. disc. pubbl., vol. I agg., 2000, p. 436 ss.

[2] Sulla nozione generale di interesse pubblico, cfr.: E. CANNADA BARTOLI, (voce) Interesse (diritto amministrativo), in Enc. dir., vol. XXII, 1972, p. 1 ss, il quale analizza in correlazione le due nozioni di “interesse pubblico” e di “interesse legittimo”; M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. I, Milano, 1993, p. 113 ss, sulla distinzione tra “interesse pubblico”, “interesse legittimo” e “interesse diffuso”; nonché specificamente M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, (V ed. a cura di E. CARDI – A. NIGRO), 2000, p. 98, secondo cui l’interesse pubblico ovverosia l’interesse collettivo istituzionalmente tutelato dalla pubblica Amministrazione: “non è un interesse che incorpora o nega gli interessi privati, ma che convive con essi, di volta in volta sacrificandoli o soddisfacendoli”; nello stesso senso è V. CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, II ed., 1994, p. 189.

[3] Tale è il caso della tutela davanti al G. O. per gli illeciti e le sanzioni amministrative, ai sensi della legge n. 689 del 1981.   Sul punto, amplius, cfr.: C. E. PALIERO – A. TRAVI, (voce) Sanzioni amministrative, in Enc. dir., vol. XVI, 1989, p. 345 ss; M. SINISCALCO, (voce) Depenalizzazione, in Enc. giur., vol. X, 1989; E. CASETTA, (voce) Illecito amministrativo, in Dig. disc. pubbl., vol. VIII, 1993, p. 89 ss.

[4] In argomento, cfr.: S. CASSESE, Amministrazione pubblica e interessi in Italia, in Dir. e soc., 1992, p. 223 ss; nonché R. PINI, Il nuovo cittadino e la sua posizione nei confronti della pubblica amministrazione, in Dir. econ., 1995, p. 95 ss.

[5] Sull’influenza del diritto comunitario sul diritto amministrativo, cfr.: M. P. CHITI, Il Trattato sull’Unione Europea e la sua influenza sulla costituzione italiana, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, p. 343 ss; S. CASSESE, L’influenza del diritto amministrativo comunitario sui diritti amministrativi nazionali, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, p. 329 ss; S. BATTINI, L’influenza dell’integrazione europea, in S. CASSESE – C. FRANCHINI (a cura di), L’Amministrazione pubblica italiana. Un profilo, Bologna, II ed., 1994, p. 169 ss; E. PICOZZA, Il diritto pubblico dell’economia nel processo di integrazione comunitaria, in AA. VV., Studi in onore di F. Benvenuti, vol. III, Modena, 1996, p. 1305 ss; E. PICOZZA, L’incidenza del diritto comunitario (e del diritto internazionale) sui concetti fondamentali del diritto pubblico dell’economia, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, p. 239 ss.

[6] Per un quadro d’assieme, cfr.: S. CASSESE, L’età delle riforma amministrative, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 1, 2001, p. 79 ss.   Inoltre, vedi: E. CASETTA, Profili della evoluzione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, in Dir. amm., 1993, p. 3 ss; G. DELLA CANANEA, Il cittadino e la pubblica amministrazione, in S. CASSESE – C. FRANCHINI (a cura di), L’Amministrazione pubblica italiana. Un profilo, cit., p. 185 ss; R. FERRARA, La pubblica amministrazione fra autorità e consenso: dalla “specialità” amministrativa a un diritto amministrativo di garanzia ?, in Dir. amm., n. 2, 1997, p. 225 ss; S. CASSESE, Quattro paradossi sui rapporti tra poteri pubblici e autonomie private, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2, 2000, p. 389 ss.

[7] Sul punto, vedi le efficaci osservazioni di M. CLARICH, Qualità dell’Amministrazione e giustizia amministrativa, in Dir. pubbl., n. 1, 2001, p. 271 ss.   L’Autore stigmatizza gli anni novanta del secolo scorso come anni nei quali si è cercato di “migliorare la qualità delle prestazioni e dei servizi resi ai cittadini”, in connessione all’emergere dei “nuovi diritti del cittadino, utente dei servizi pubblici e destinatario dell’attività amministrativa”.   In tale direzione, costituiscono “fattori di qualità” dell’amministrazione: a) l’assunzione di personale professionalizzato; b) la oculata gestione delle risorse finanziaria; c) l’introduzione delle nuove tecnologie.   Segnatamente, l’illustre autore evidenzia la carenza endemica di un’efficiente reclutamento e formazione dei dipendenti, troppo spesso clientelare.   La qualità dell’Amministrazione va misurata con riferimento: 1) al procedimento amministrativo di acquisizione e valutazione dei fatti e degli interessi; 2) alla tutela assicurata dal giudice amministrativo (per quanto possibile in cooperazione con la stessa P. A.); 3) all’autotutela della P. A., quale espressione della auto-correzione dei propri errori.

[8] Sulla visione moderna dell’interesse pubblico quale interesse della comunità amministrata e dei singoli interlocutori (utenti) della P. A., vedi: V. OTTAVIANO, Appunti in tema di amministrazione e cittadino nello Stato democratico, in AA. VV., Scritti in on. di M. S. Giannini, vol. II, Milano, 1988, p. 367 ss, per il quale: “Nello Stato democratico […] la cura dell’interesse pubblico […] si risolve essenzialmente nel soddisfare […] interessi dei soggetti individualmente considerati e quindi nel sorgere in essi di corrispondenti pretese”.   Mentre per C. E. GALLO, (voce) Soggetti e posizioni soggettive nei confronti della P. A., in Dig. disc. pubbl., vol. XIV, 1999, p. 284 ss e, in part., p. 290, l’interesse pubblico: “non è l’interesse di una amministrazione, non è un interesse della collettività personalizzato in una organizzazione, ma è l’interesse del pubblico, e cioè della collettività e delle individualità dei singoli cittadini che si trovano di fronte al potere amministrativo”.

[9] Sul punto, cfr. E. PICOZZA, (voce) Giustizia amministrativa e diritto comunitario, in Enc. giur., vol. XV, 1997, il quale – dopo aver segnalato l’influenza che il diritto comunitario esercita anche in ordine alle questioni processuali – già rimarcava le vistose lacune del processo amministrativo italiano, ponendo in risalto i: “problemi di ordine sostanziale (attinenti allo stesso sistema probatorio […] assai lacunoso, non essendo previsto […] né l’assunzione di consulente tecnico d’ufficio […], né la citazione a comparire del responsabile del procedimento amministrativo contestato)”.   Va ricordato che l’art. 6 (già art. F), co. 1 e 2, del tratt. U. E. adottato a Maastricht il 7 febbraio 1992 e modificato dal trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 così recita: “1. L’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli stati membri.   2. L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”.

[10] Per una ricognizione delle situazioni giuridiche soggettive, alla luce del diritto comunitario, cfr. E. PICOZZA, Le situazioni giuridiche soggettive, in M. P. CHITI – G. GRECO (diretto da), Trattato di diritto amministrativo europeo, parte gen., Milano, 1997, p. 499 ss.   Inoltre, cfr. lo studio di G. SANTANIELLO, Le situazioni soggettive del diritto amministrativo, in Cons. St., n. 7 – 8, 1999, II, p. 1207 ss, il quale ripercorre l’evoluzione che le situazioni giuridiche soggettive, nel campo amministrativo, hanno subito, a causa dell’emergere degli interessi diffusi e dell’affermarsi del diritto comunitario; nonché P. RIDOLA, Diritti di libertà e mercato nella “Costituzione europea”, in Quad. cost., n. 1, 2000, p. 15 ss.

[11] Sulla giustizia amministrativa in generale, vedi: F. BENVENUTI, (voce) Giustizia amministrativa, in Enc. dir., vol. XIX, 1970, p. 589 ss; M. S. GIANNINI – A. PIRAS, (voce) Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., vol. XIX, 1970, p. 229 ss; S. CASSARINO, (voce) Giustizia amministrativa, in Enc. giur., vol. XV, 1990; E. CANNADA BARTOLI, (voce) Giustizia amministrativa, in Dig. disc. pubbl., vol. VII, 1991, p. 508 ss.

[12] Sui “ricorsi amministrativi”, per tutti, vedi: A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, vol. II, Napoli, XV ed., 1989, in part. p. 1201 ss; L. ARCIDIACONO, (voce) Ricorsi amministrativi, in Enc. giur., vol. XXVII, 1991; V. CAPUTI JAMBRENGHI, La funzione giustiziale nell’ordinamento amministrativo, Milano, 1991; F. CARINGELLA, Giustizia amministrativa, Napoli, 2001, in part. p. 111 ss.   Va detto che i mezzi di impugnazione giustiziali che danno luogo ai procedimenti amministrativi di secondo grado – espressione della c. d. autodichia dell’autorità amministrativa – restano gli unici strumenti giuridici utili per “contraddire” sul merito ed opportunità del provvedimento con la pubblica amministrazione e forse andrebbero riformati e “rilanciati”, anche in chiave deflattiva dei procedimenti giurisdizionali.

[13] Sulla struttura e sui caratteri tradizionali del “processo amministrativo”, vedi: C. E. GALLO, (voce) Processo amministrativo, in Dig. disc. pubbl., vol. XI, 1996, p. 617 ss.   Inoltre, cfr.: S. CASSARINO, Il processo amministrativo nella legislazione e nella giurisprudenza, vol. I e II, Milano, 1984-’87; V. CAIANIELLO, Diritto processuale amministrativo, cit.; M. NIGRO, Giustizia amministrativa, cit.; F. CARINGELLA, Giustizia amministrativa, cit.

[14] Cfr. S. P. PANUNZIO, Il ruolo della giustizia amministrativa in uno Stato democratico. Osservazioni sul caso italiano, in Pol. dir., n. 1, 2000, p. 3 ss, il quale analizza i diversi limiti e le novità del processo amministrativo e ricorda (a p. 9) che: “La pienezza del diritto di azione e di tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della P. A., sancita dalla Costituzione (artt. 24 e 113), esige che il cittadino ottenga dal giudice cui si è rivolto […] il bene della vita, l’utilità che l’Amministrazione è tenuta a fornirgli […] la tutela giurisdizionale nei confronti della P.A. non può essere limitata “a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti””.

[15] Sul principio del “giusto processo”, vedi: A. GIARDA, Il “giusto processo” parte con un decreto-legge, in Corr. giur., 2000, p. 145 ss; C. DE ROSE, Il giusto processo secondo la convenzione europea dei diritti dell’uomo: effetti sull’esercizio della giurisdizione in Italia, in Cons. St., 1999, II, p. 1925 ss; A. SONAGLIONI, Giusto processo, pubblico impiego e diritto europeo: fine delle incertezze ?, in Corr. giur., 2000, p. 304 ss; M. CHIAVARIO, Un “giusto processo” dal futuro ancora incerto, in Corr. giur., 2000, p. 5 ss; F. LAZZARO – M. GURRIERI, La ragionevole durata del processo civile e la terzietà del giudice nella riforma dell’art. 111 della Costituzione, in Giust. civ., 2000, II, p. 293 ss; F. SANDIVO, Il giusto processo entra nella Costituzione, in Lav. giur., 1999, p. 1109 ss; G. LEONE, Brevi note a margine della legge n. 205 del 2000. Un passo avanti verso il “giusto processo amministrativo”?, in Dir. proc. amm., n. 3, 2001, p. 645 ss.

[16] Sul d.lgs. n. 80 del 1998, ex plurimis, cfr.: G. BARBAGALLO, Il nuovo riparto di giurisdizione: una scelta coerente, in Corr. giur., 1998, p. 1471 ss; F. BILE, Qualche dubbio sul nuovo riparto di giurisdizione in Corr. giur. 1998, p. 1475 ss; S. CASSARINO, Novità legislative in tema di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (prime impressioni sugli artt. 33-35 del d.l.vo 31.3.1998 n. 80) in T.A.R., 1998, p. 173 ss; V. CAIANIELLO, Il giudice amministrativo ed i nuovi criteri di riparto delle giurisdizioni, in Foro amm., 1998, p. 1943 ss; M. LIPARI, Nuova giurisdizione amministrativa, in Urb. e app., 1998, p. 592 ss; N. DI MODUGNO, La nuova giurisdizione esclusiva e la prova nel processo amministrativo: prime riflessioni sulla recente riforma, in Dir. proc. amm., n. 1, 2000, p. 13 ss.

[17] Sulla nuova legge n. 205 del 2000, ex multis, cfr.: AA. VV., La riforma del processo amministrativo, in Giorn. dir. amm., n. 11, 2000, p. 1069 ss; V. CERULLI IRELLI (a cura di), Verso il nuovo processo amministrativo, Torino, 2000; L. COSSU, Osservazioni a prima lettura sulla l. 21 luglio 2000 n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), in Cons. St., n. 7 – 8, 2000, II, p. 1507 ss; F. CARINGELLA – M. PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000 n. 205, Milano, 2001; A. PAJNO, La nuova giurisdizione del giudice amministrativo, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Dir. amm. spec., Appendice al tomo IV, Milano, 2001, p. 1 ss; B. SASSANI – R. VILLATA (a cura di) Il processo davanti al giudice amministrativo. Commento sistematico alla legge n. 205/2000, Torino, 2001.   Inoltre, cfr.: A. TRAVI, Giustizia amministrativa e giurisdizione esclusiva nelle recenti riforme, in Foro it., n. 3, 2001, V, p. 68 ss.

[18] La sent. Cass., sez. un., n. 500 del 1999, pubblicata in questa rivista alla seguente pagina:  http://www.lexitalia.it/corte/casssu_1999-500.htm , è altresì riportata in: Foro it., n. 9, 1999, I, p. 2487 ss, con nota di A. PALMIERI – R. PARDOLESI; Foro it., n. 11, 1999, I, p. 3201 ss, con commento di R. CARANTA, La pubblica amministrazione nell’età della responsabilità, F. FRACCHIA, Dalla negazione della risarcibilità degli interessi legittimi alla affermazione della risarcibilità di quelli giuridicamente rilevanti: la svolta della Suprema corte lascia aperti alcuni interrogativi, A. ROMANO, Sono risarcibili; ma perché devono essere interessi legittimi?, E. SCODITTI, L’interesse legittimo e il costituzionalismo. Conseguenze della svolta giurisprudenziale in materia risarcitoria;  Giust. civ., 1999, I, p. 2261 ss, con nota di M. R. MORELLI, Le fortune di un obiter: crolla il muro virtuale della irrisarcibilità degli interessi legittimi; Giorn. dir. amm., n. 9, 1999, p. 832 ss, con commento di L. TORCHIA, La risarcibilità degli interessi legittimi: dalla foresta pietrificata al bosco di BirnamDanno e resp., n. 10, 1999, p. 965 ss, con commenti di: V. CARBONE, P. G. MONATERI, A. PALMIERI e R. PARDOLESI, G. PONZANELLI, V. ROPPO;  Corr. giur., n. 11, 1999, p. 1376 ss, con commenti di: A. DI MAJO, Il risarcimento degli interessi “non più solo legittimi” e V. MARICONDA, “Si fa questione d’un diritto civile …”;  Foro amm., n. 6, 2000, p. 2062 ss, con commento di A. A. SALEMME – C. CARPINELLI, Interesse legittimo e risarcimento del danno: questioni di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo;  Urb. e app.,1999, p. 1067 ss con commento di M. PROTTO, E’ crollato il muro della irrisarcibilità degli interessi legittimi: una svolta epocale?.    Sulla questione del risarcimento degli interessi legittimi, ex plurimis, vedi: E. CANNADA BARTOLI, (voce) Interesse (diritto amministrativo), cit., p. 9 ss; E. FOLLIERI, Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, Chieti, 1984; A. ROMANO TASSONE, I problemi di un problema – Spunti in tema di risarcibilità degli interessi legittimi, in Dir. amm., 1997, p. 35 ss; F. CARINGELLA, Risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo: buona fede amministrativa e affidamento del privato, in Corr. giur., 1996, p. 1148 ss; G. ABBAMONTE, Sulla risarcibilità del danno per lesione di interessi legittimi, in Danno e resp., 1998, p. 5 ss; F. CARINGELLA – R. GAROFOLI, Il rito degli appalti e la tutela degli interessi legittimi dopo il d.lgs n. 80 del 1998, in Urb. e app., 1998, p. 301 ss; E. FOLLIERI, Lo stato dell’arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in Dir. proc. amm., 1998, p. 253 ss; L. M. MOSCARINI, Risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi e nuovo riparto di giurisdizione, in Dir. proc. amm., n. 4, 1998, p. 803 ss; D. RESTA, In margine alla risarcibilità degli interessi legittimi, in Cons. St., 1998, II, p. 297 ss; A. ROMANO, Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti soggettivi, in Dir. amm., 1998, p. 1 ss; F. CARINGELLA – R. GAROFOLI, Riparto di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in www.lexitalia.it; G. P. CIRILLO, Le situazioni giuridiche soggettive e le tutele risarcitorie, in Cons. St., n. 7-8, 1999, II, p. 1217 ss; G. VIRGA, Il giudice dormiente e la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di interessi legittimi, in www.lexitalia.it; G. BARONE, Il risarcimento per lesione degli interessi legittimi dopo la sentenza Cass., ss. uu., n. 500/99. Rapporti tra la giustizia amministrativa e quella ordinaria, in Riv. giur. quadr. pubbl. serv., n. 1, 2000, p. 55 ss; G. BERTI, La giustizia amministrativa dopo il D.Lgs n. 80 del 1998 e la sentenza n. 500/1999 della Cassazione, in Dir. pubbl., 2000, p. 1 ss; R. LANDINETTI, La colpa nel risarcimento per lesione di interessi legittimi, in Urb. e app., n. 5, 2001, p. 46 ss; A. ROMANO TASSONE, Giudice amministrativo e risarcimento del danno, in www.lexitalia.it; S. LARICCIA, Diritto amministrativo, Padova, 2000, in part. p. 343 ss; F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, cit., in part. p. 365 ss; E. M. BARBIERI, L’effettività della giustizia amministrativa fra giudizio di ottemperanza e risarcimento del danno, in Giust. civ., n. 5, 2001, II, p. 255 ss; G. VACIRCA, Appunti sul risarcimento del danno nella giurisdizione amministrativa di legittimità, in Giust. civ., n. 7 – 8, 2001, II, p. 345 ss; G. P. CIRILLO, Il danno da illegittimità dell’azione amministrativa e il giudizio risarcitorio. Profili sostanziali e processuali, Padova, 2001.   Per una ricostruzione dell’interesse legittimo e dei profili di risarcibilità, amplius, si rimanda a: L. IEVA, Interesse legittimo e risarcimento del danno ingiusto, in Giust. civ., n. 12, 2001 (in corso di pubblicazione).

[19] Sull’argomento, amplius, cfr.: M. CLARICH, Si apre la strada delle supersospensive: uno strumento in più anche per gli avvocati, in Guida al dir., n. 30, 2000, p. 29; G. CARUSO, Misure cautelari atipiche cancellano la sospensiva, in Guida al dir., n. 30, 2000, p. 51 ss; D. DE CAROLIS, Il nuovo assetto della tutela cautelare, in F. CARINGELLA – M. PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, cit., p. 181 ss; M. SANINO, Il processo cautelare, in V. CERULLI IRELLI (a cura di), Verso il nuovo processo amministrativo, cit., p. 249 ss.   Sulle c. d. “sospensive”, cfr.: E. CANNADA BARTOLI, (voce) Sospensione dell’efficacia dell’atto amministrativo, in Nss Dig. it., vol. XVII, 1970, p. 934 ss; nonché G. PALEOLOGO, (voce) Sospensione dell’esecuzione. II) Sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo e altre misure cautelari, in Enc. giur., vol. XXIX, 1993; A. TRAVI (voce), Sospensione del provvedimento impugnato (ricorso giurisdizionale amministrativo e ricorso amministrativo), in Dig. disc. pubbl., vol. XIV, 1999, p ss.   In giurisprudenza, cfr. T.A.R Lombardia, sez. III, ord. pres., 15.2.2001 n. 1, in Urb. e. app., n. 7, 2001, p. 770 ss, con commento di F. F. TUCCARI, Tutela cautelare preventiva e processo amministrativo riformato: una quérélle ancora irrisolta; nonché in Giust. civ., n. 7 – 8, 2001, I, p. 1995 ss, con commento di M. D’AMICO, Un’importante questione di costituzionalità sulla tutela ante causam davanti al giudice amministrativo fra le strettoie del giudizio costituzionale incidentale.

[20] Sul tema, amplius, cfr.: O. FORLENZA, Sulle controversie non sospese ottemperanza al TAR, in Guida al dir., n. 30, 2000, p. 84 ss; G. DE GIORGI CEZZI, Esecuzione di sentenze non sospese dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, in F. CARINGELLA – M. PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, cit., p. 863 ss; A. LAMBERTI, L’esecuzione delle sentenze di primo grado, in V. CERULLI IRELLI (a cura di), Verso il nuovo processo amministrativo, cit., p. 349 ss.   In giurisprudenza, cfr.: T.A.R Lazio, sez. II bis, sent. 8.2.2001 n. 1015, in www.lexitalia.it per il quale: “L’immediata esecutività delle sentenze di primo grado del giudice amministrativo […] comporta il dovere dell’amministrazione di adeguarsi, seppure in via temporanea e precaria, in relazione all’esito della sentenza d’appello ed al suo passaggio in giudicato, anche se con il rischio della caducazione degli atti medio tempore adottati. Più precisamente, poiché il Giudice amministrativo di primo grado dispone, attualmente, degli stessi poteri già riconosciutigli in sede di giudizio di giudizio di ottemperanza, per assicurare l’effettiva esecuzione delle proprie sentenze non sospese dal Giudice d’appello, pare ovvio ed implicito corollario l’ineludibile obbligo, per la P. A. soccombente in prime cure, di dare adempimento alle sentenze dei TT.AA.RR. non sospese dal Consiglio di Stato, conformandosi alle statuizioni in esse contenute onde assicurare ai ricorrenti vittoriosi quello stesso bene della vita cui avrebbero avuto diritto per effetto del passaggio in giudicato delle sentenze medesime”.

[21] Sulla utilizzabilità della testimonianza, cfr.: T.A.R Lazio, sez. II bis, sent. interlocutoria 28.2.2001 n. 1540, in Urb. e app., n. 8, 2001, p. 902 ss, con commento di M. SICA, Prova testimoniale e processo amministrativo.

[22] Sulla consulenza tecnica, essenzialmente, cfr.: C. M. BARONE, (voce) Consulente tecnico. I) diritto processuale civile, in Enc. giur., vol. VIII, 1988; C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, vol. II, Torino, 1995, p. 165 ss; G. MONTELEONE, Diritto processuale civile, Padova, II ed., 2000, p. 416 ss.   Con riguardo alla giurisdizione del G. A., cfr.: M. O. CAPUTO, La consulenza tecnica nel processo amministrativo, in Foro amm., 1996, II, p. 2982 ss; I. COLZI, Discrezionalità tecnica e consulenza tecnica d’ufficio nel giudizio di legittimità: nuovi poteri del giudice amministrativo ?, in Foro amm., 1997, II, p. 2804 ss; L. SANDULLI, L’indagine istruttoria può avvalersi della consulenza tecnica dei periti, in Guida al dir., n. 45, 1998, p. 105 ss; A. ROTA, Valutazioni tecniche e consulenza tecnica nel giudizio amministrativo di legittimità, in Studium iuris, n. 6, 1999, p. 676 ss; F. CINTIOLI, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della discrezionalità tecnica, in Cons. St., n. 11, 2000, II, p. 2371 ss; S. MIRATE, La consulenza tecnica nel giudizio di legittimità: verso nuovi confini del sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione, in Giur. it., n. 12, 2000, p. 2402 ss; G. SAPORITO, Il ruolo della consulenza tecnica nel nuovo processo amministrativo, in F. CARINGELLA – M. PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, cit., p. 941 ss; L. IEVA, La consulenza tecnica nel nuovo processo amministrativo, in T. A. R., n. 3, 2001, II, p. 241 ss; M. E. SCHINAIA, Cenni sulla fase istruttoria nel processo amministrativo tra esigenze di celerità e ambiguità del risultato nella legge n. 205, con particolare riferimento alla consulenza tecnica, in Cons. St., n. 5 – 6, 2001, II, p. 1029 ss; A. MADDALENA, La consulenza tecnica nel nuovo processo amministrativo, in Giust.it, n. 12/2001 [www. giust.it].

[23] Sull’impostazione che reputa il G. A. anche “giudice del fatto” che deve essere in grado di penetrare a fondo, vedi: C. d. S., sez. V, 6.7.1999 n. 817, in Foro amm., n. 7 – 8, 1999, I, p. 1453 ss, secondo cui: “Il giudice amministrativo è tenuto ancor prima di applicare alla fattispecie dedotta in giudizio i principi di legge e quelli desunti dalla giurisprudenza, a ricostruire i fatti in relazione ai quali questi ultimi furono enunciati, valutando quindi se il fatto controverso sottoposto al suo giudizio, presenti o no elementi d’analogia con i primi, da giustificare l’uso dei medesimi principi e delle stesse regole”.

[24] In particolare, cfr. la decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, del 9 aprile 1999 n. 601, per la quale: “Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi […] in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo”; pertanto il G. A. statuisce che: “Non è […] l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo”.   La decisione de qua è riportata: in Cons. St., n. 4, 1999, I, p. 584 ss; in Corr. giur., n. 6, 1999, p. 694 ss; in Giorn. dir. amm., n. 12, 1999, p. 1179 ss con commento di D. DE PRETIS, Discrezionalità tecnica e incisività del controllo giurisdizionale; in Dir. proc. amm., n. 1, 2000, p. 182 ss con commenti di M. DELSIGNORE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche: nuovi orientamenti del Consiglio di Stato, ivi, p. 185 ss e di P. LAZZARA, “Discrezionalità tecnica” e situazioni giuridiche soggettive, ivi, p. 212 ss; in Foro amm., n. 2, 2000, p. 422 ss, con commento di L. PERFETTI, Ancora sul sindacato giudiziale sulla discrezionalità tecnica, ivi, p. 424 ss; in Foro it., n. 1, 2001, III, p. 9 ss, con nota di A. TRAVI.   Inoltre, vedi: C. d. S., sez. IV, 17 aprile 2000 n. 2292/o in Foro amm., n. 4, 2000, p. 1240 ss.   Sul punto cfr. R. CARANTA, I sassi e lo stagno (il difficile accesso al fatto del giudice amministrativo), in Urb. e app., n. 12, 2000, p. 1334 ss.   Infine, cfr. il recente arresto del G. A.: C. d. S., sez. V, 5 marzo 2001 n. 1247, in Urb. e app., n. 8, 2001, p. 866 ss, con commento di M. PROTTO, La discrezionalità tecnica sotto la lente del G. A..

[25] Sugli “interessi metaindividuali”, essenzialmente, vedi:  AA. VV., Le azioni a tutela degli interessi collettivi (Atti del Convegno di studio, Pavia, 11-12.6.1974), Padova, 1976, con particolare riguardo ai contributi di: M. S. GIANNINI, La tutela degli interessi collettivi nei procedimenti amministrativi, ivi, p. 23 ss e F. G. SCOCA, La tutela degli interessi collettivi nel processo amministrativo, ivi, p. 43 ss; AA. VV., La tutela degli interessi diffusi nel diritto comparato (Atti del Convegno di Salerno, 22-25.5.1975), Milano, 1976; AA. VV., Rilevanza e tutela degli interessi diffusi: modi e forme di individuazione e protezione degli interessi della collettività (Atti del XXIII Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, Varenna, 22-24.9.1977), Milano, 1978; G. BERTI, Interessi senza struttura (i c. d. interessi diffusi), in Studi in on. di A. AMORTH, I, Milano, 1982, p. 65 ss; A. ANGIULI, La tutela degli interessi superindividuali nella giurisprudenza amministrativa, in Dir. e soc., 1983, p. 337 ss; M. NIGRO, Le due facce dell’interesse diffuso: ambiguità di una formula e mediazione della giurisprudenza, in Foro it., V, 1987, p. 7 ss (nonché in Scritti giuridici, tomo III, Milano 1996, p. 1857 ss).   Inoltre, si vedano le seguenti voci enciclopediche: V. DENTI, (voce) Interessi diffusi, in Nss Dig. it., app. IV, 1982, p. 305 ss; F. G. SCOCA, (voce) Interessi protetti (dir. amm.), in Enc. giur., vol. XVII, 1989, in part. p. 13 ss; N. TROCKER, (voce) Interessi collettivi e diffusi, in Enc. giur., vol. XVII, 1989; G. ALPA, (voce) Interessi diffusi, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. IX, 1993, p. 609 ss; R. FERRARA, (voce) Interessi collettivi e diffusi (ricorso giurisdizionale amministrativo), in Dig. disc. pubbl., vol. VIII, 1993, p. 481 ss.

[26] Sulle associazioni quali fondamentali formazioni sociali nelle quali la persona umana realizza la propria personalità, cfr.: P. RIDOLA, (voce) Associazione I) libertà di associazione, in Enc. giur., vol. III, 1988; U. DE SIERVO, (voce) Associazione (libertà di), in Dig. disc. pubbl., vol. I, 1987, p. 484 ss; nonché P. RESCIGNO, Le formazioni sociali intermedie, in AA. VV., Scritti in onore di L. Elia, Milano, tomo II, 1999, p. 1383 ss.   Sul “rilievo pubblicistico” di talune associazioni, vedi: G. NAPOLITANO, Le associazioni private “a rilievo pubblicistico”, in Riv. crit. dir. priv., 1994, p. 583 ss; R. ROTA, Gli interessi diffusi nell’azione della pubblica amministrazione, Milano, 1998.

[27] Sulla tutela collettiva ambientale, cfr.: A. CERRI, Interessi diffusi, interessi comuni – azione e difesa, in Dir. e soc., 1979, p. 83 ss; F. DELFINO, Ambiente, interessi “diffusi” e tutela giurisdizionale, in Dir. e soc., 1980, p. 629 ss; M. MEDUGNO, Le associazioni ambientaliste e il processo, in Ambiente, 1994, n. 10, p. 57 ss; T. MONTECCHIARI, L’interpretazione dell’art. 13 l. n. 349/1996, negli orientamenti della giurisprudenza in tema di legittimazione delle associazioni ambientaliste a costituirsi parte civile nei processi per reati ambientali, in Riv. giur. amb., 1996, p. 153 ss; E. BOSCOLO, Associazioni ambientalistiche e ambiente come equilibrio sistemico, in Urb. e app., 1998, p. 817 ss.   Più in generale, sui temi della tutela ambientale, vedi: M. S. GIANNINI, “Ambiente”: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, p. 15 ss; A. POSTIGLIONE, Ambiente: suo significato giuridico unitario, in Riv. trim. dir. pubbl., 1985, p. 32 ss; G. PERICU, (voce) Ambiente (tutela dell’) nel diritto amministrativo, in Dig. disc. pubbl., vol. I, 1987, p. 189 ss; A. ANGIULI, La tutela dell’ambiente tra Stato, regioni ed associazioni naturalistiche. Profili processuali, in Dir. proc. amm., 1988, p. 55 ss; P. D’AMELIO, (voce) Ambiente (tutela dell’). I) diritto amm., in Enc. giur., vol. I, 1988; V. CAPUTI JAMBRENGHI, Tutela dell’ambiente e beni pubblici, in AA. VV., Scritti in onore di A. Predieri, tomo I, Milano, 1996, p. 311 ss; V. DOMENICHELLI – N. OLIVETTI RASON – C. POLI (a cura di), Diritto pubblico dell’ambiente, Padova, 1996; P. DELL’ANNO, Manuale di diritto ambientale, Padova, 2000; F. FONDERICO, La tutela dell’ambiente, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Dir. amm. spec., tomo II, Milano, 2000, p. 1521 ss.

[28] Sulle associazioni dei consumatori, vedi: G. VIGNOCCHI, la tutela degli interessi diffusi nei settori della economia e della tutela dei consumatori, in Jus, 1978, p. 32 ss; R. FERRARA, Contributo allo studio della tutela del consumatore. Profili pubblicistici, Milano, 1983, in part. p. 391 ss; U. RUFFOLO, Interessi collettivi o diffusi e tutela del consumatore, Milano, 1985; E. M. MARENGHI, Tutela del consumatore e diritto alla rappresentanza, in Cons. St., 1991, II, p. 1401 ss; B. CAPPONI, Diritto comunitario e azioni di interese collettivo dei consumatori, in Foro it., IV, 1994, p. 440 ss; B. CAPPONI – M. GASPARINETTI – C. M. VERARDI, La tutela collettiva dei consumatori, Napoli, 1995; A. POLICE, La tutela dei consumatori nel processo amministrativo, in Riv. giur. quadr. pubbl. serv., n. 2, 1999, p. 27 ss; C. POLIDORI, La tutela collettiva dei consumatori nei confronti dei gestori di servizi pubblici, in Giustizia civ., 2000, II, p. 377 ss; L. IEVA, Associazioni dei consumatori, interessi collettivi e servizi pubblici, in Corr. giur., n. 2, 2002 (in corso di pubblicazione).   Più in generale sui temi della tutela del consumatore, amplius, vedi: G. ALPA, Il diritto dei consumatori, Bari, 1999.

[29] Sulla legge n. 349 del 1986, in materia di danno ambientale, cfr.: A. MOLLE, Il danno ambientale nella legge 349 del 1986, in Riv. dir. comm., 1989, I, p. 191 ss; P. CENDON – P. ZIVIZ, L’art. 18 legge 349/86 nel sistema di responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 521 ss; S. MAZZAMUTO, Osservazioni sulla tutela reintegratoria di cui all’art. 18 legge 349/86, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 699 ss; U. NATOLI, Osservazioni sull’art. 18 legge 349/86, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 703 ss; P. TANTUCCI, L’azione del Ministero dell’Ambiente dopo la legge 349/86, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 705 ss.    In base all’art. 18 della legge 349 del 1986, le associazioni ambientali (riconosciute con d. m.) possono: a) intervenire nei giudizi per danno ambientale di competenza del G. O. e denunciare i fatti lesivi di cui siano a conoscenza; b) ricorrere davanti al G. A. per l’annullamento degli atti amministrativi illegittimi.   Inoltre, va ricordato che l’art. 17, co. 46, della legge n. 127 del 1997 (c. d. Bassanini 2) ha stabilito che: “Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale, individuate dal decreto del Ministro dell’ambiente […] possano, nei casi previsti dall’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti di competenza delle regioni, delle province e dei comuni”.   Mentre, l’art. 4, co. 3, della legge n. 265 del 1999 (confluito ora nel T.U.A.L. d.lgs n. 267 del 2000, art. 9, co. 3) stabilisce che: “Le associazioni di protezione ambientale di cui all’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale.   L’eventuale risarcimento è liquidato in favore dell’ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell’associazione”.   Ulteriori disposizioni di tutela ambientale sono contenute nella legge fin. 2001, l. n. 338 del 2000, art. 109 ss e nel c. d. collegato ambientale alla fin. 2000, l. n. 93 del 2001.

[30] Sulla legge n. 281 del 1998, in tema di diritti dei consumatori, cfr.: G. ALPA, La legge sui diritti dei consumatori, in Corr. giur., n. 9, 1998, p. 997 ss; R. COLAGRANDE, Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, in Nuove leggi civ. comm., 1998, p. 700 ss, R. CAMERO – S. DELLA VALLE, La nuova disciplina dei diritti del consumatore, Milano, 1999; O. CARLI - A. SAMENGO - G. GIULIANO - G. MELE, La legge 281/’98. Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti. La tutela in sede di giurisdizione amministrativa, in  www.lexitalia.it; E. MELE, Lo statuto dei consumatori e degli utenti, in Foro amm., n. 6, 1999, p. 1377 ss; E. MINERVINI, I contratti dei consumatori e la legge 30 luglio 1998 n. 281, in I contratti, n. 10, 1999, p. 938 ss; G. ALPA – V. LEVI (a cura di), I diritti dei consumatori e degli utenti, Milano, 2001.

[31] Sul punto, cfr. amplius L. IEVA, Interesse legittimo e risarcimento del danno ingiusto, cit., in part. ove si osserva che: “La P. A. può presentarsi nei confronti della collettività ed agire, in veste amministrativa, in posizione di supremazia sempreché operi conformemente alla legge che disciplina i contenuti ed i limiti del pubblico potere e non anche quando essa agisca (indipendentemente dalla motivazione) contrariamente a detti postulati.    D’altro canto, l’interesse legittimo ha un senso solo se riferito, evidentemente, all’osservanza (stretta) della legge.   E’ interesse alla legittimità dell’azione amministrativa ovverosia dell’azione di enti ed organi pubblici in favore della comunità statuale per l’armonioso componimento della pluralità degli interessi antagonisti (pubblici primari e secondari, collettivi, diffusi, privati).   Inoltre, costituisce il riflesso di un elementare principio culturale e di logica-giuridica, il quale vuole che l’interesse dei più prevalga sull’interesse di pochi o del singolo per il bene collettivo, in piena legalità e secondo il principio democratico della maggioranza.   Allora, l’interesse legittimo assume il significato di posizione giuridica soggettiva sostanziale finalizzata a rendere realizzabile l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico, in modo imparziale e, quindi, va analizzato congiuntamente a questo”.

[32] Sulla “discrezionalità amministrativa”, cfr.: M. S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939; G. BARONE, (voce) Discrezionalità. I) Diritto amministrativo, in Enc. giur., vol. IX, 1989, in part. p. 8 ss; G. DI GASPARE, Il potere nel diritto pubblico, Padova, 1992; A. PUBUSA, (voce) Merito e discrezionalità amministrativa, in Dig. disc. pubbl., vol. IX, 1994, p. 401 ss e, in part., p. 411 ss; F. LEDDA, Determinazione discrezionale e domanda di diritto, in Studi in on. di F. BENVENUTI, Modena, 1996, p. 955 ss; A. PREDIERI, Le norme tecniche come fattore di erosione e di trasferimento di sovranità, in Studi in on. di F. BENVENUTI, Modena, 1996, p. 1413 ss; M. E. SCHINAIA, Il controllo del giudice amministrativo sull’esercizio della discrezionalità della pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., n. 4, 1999, p. 1101 ss; F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, tomo II, Milano, 2001, p. 1085 ss.   Sulla “discrezionalità tecnica” in particolare, cfr.: P. VIRGA, Appunti sulla cosiddetta discrezionalità tecnica, in Jus, 1957, p. 95 ss; F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. proc. amm., 1983, p. 371 ss; F. SALVIA, Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Dir. proc. amm., 1992, p. 685 ss; M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, p. 54 ss; D. DE PRETIS, Valutazioni amministrative e discrezionalità tecnica, Padova, 1995; A. CARIOLA, Discrezionalità tecnica ed imparzialità, in Dir. amm., 1997, p. 469 ss; D. DE PRETIS, I vari usi della nozione di discrezionalità tecnica, in Giorn. dir. amm., n. 4, 1998, p. 331 ss; L. GALATERIA – M. STIPO, Manuale di diritto amministrativo. Principi generali, Torino, III ed., 1998, p. 345 ss; L. IEVA, Valutazioni tecniche e decisioni amministrative, in www.lexitalia.it; L. IEVA, La discrezionalità tecnica nella più recente giurisprudenza amministrativa, in T. A. R., n. 1, 2001, II, p. 29 ss; S. BACCARINI, Giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, in Dir. proc. amm., n. 1, 2001, p. 80 ss; F. D’AGOSTINO, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2000, p. 106 ss; F. CINTIOLI, Consulenza tecnica e sindacato giurisdizionale della discrezionalità tecnica, in F. CARINGELLA – M. PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, cit., p. 913 ss; F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, tomo II, cit., in part. p. 1105 ss.

[33] Sul punto, cfr. P. VIRGA, Diritto amministrativo. Atti e ricorsi, vol. II, Milano, V ed., 1999, p. 8 – 9.

[34] In tal senso è M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, in part. p. 55-56 e p. 484.

[35] Pubblicata in G. U. 3.4.2001 n. 78.

[36] Sul punto, cfr. la sentenza della Corte di Appello di Torino, sez. II civ., decr. 5.9.2001 n. 1157, in Giust.it, n. 10, 2001 [www. giust. it]; Corte di App. di Torino, sez. I civ., decr. 25.6.2001 n. 48 e Corte di App., sez. II civ., decr. 5.9.2001 n. 56, in Guida al dir., n. 41, 2001, p. 19 ss; Corte di App. di Ancona, decr. 11.7.2001 e Corte di App. di Brescia, sez. fer., decr. 17.8.2001, in Guida al dir., n. 46, 2001, p. 23 ss; Corte di Appello di Genova, sez. III civ., 28.8.2001 n. 90, in Guida al dir., n. 47, 2001, p. 64 ss.   In argomento, cfr. E. A. APICELLA, Il danno da irragionevole durata del processo. Primi problemi applicativi, in www.lexitalia.it.

[37] In particolare, per le analisi del diritto pubblico dell’economia, vedi: G. QUADRI, Diritto pubblico dell’economia, Napoli, 1977; F. ZUELLI, (voce) Economia (interventi pubblici nell’), in Enc. giur., vol. XII, 1989; M. LUCIANI, (voce) Economia nel diritto costituzionale, in Dig. disc. pubbl., vol. V, 1990, p. 373 ss; M. S. GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1995; M. GIUSTI (a cura di), Diritto pubblico dell’economia, Padova, II ed., 1997; G. DI PLINIO, Manuale di diritto pubblico dell’economia, Milano, 1998; A. CARULLO, Lezioni di diritto pubblico dell’economia, Padova, II ed., 1999; R. CARANTA, (voce) Intervento pubblico nell’economia, in Dig. disc. pubbl., vol. I agg., 2000, p. 371 ss; S. CASSESE, La nuova costituzione economica, Bari, 2000.   Inoltre, cfr.: G. AMATO, Il mercato nella Costituzione, in Quad. cost., n. 1, 1992, p. 7 ss e F. SALVIA, Il mercato e l’attività amministrativa, in Dir. amm., n. 4, 1994, p. 523 ss.

[38] Sull’Urbanistica, vedi: V. CERULLI IRELLI, Urbanistica, in G. GUARINO (a cura di), Dizionario amministrativo, Milano, II ed., 1983, p. 1973 ss; V. CAPUTI JAMBRENGHI, (voce) Proprietà privata (disciplina amministrativa), in Dig. disc. pubbl., vol. XII, 1987, p. 111 ss; G. MORBIDELLI, Le proprietà. Il governo del territorio, in G. AMATO – A. BARBERA (a cura di), Manuale di diritto pubblico, vol. III, Bologna, II ed., 1997, p. 69 ss; N. ASSINI, Pianificazione urbanistica e governo del territorio, Padova, 2000.   Tra i manuali di urbanistica, cfr.: G. MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, IV ed. 1997; N. ASSINI – P. MANTINI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, II ed., 1997; F. SALVIA – F. TERESI, Diritto urbanistico, Padova, VI ed., 1998; P. URBANI – S. CIVITARESE, Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, Torino, 2000; G. D’ANGELO, Legislazione urbanistica. Compendio teorico-pratico, Padova, 2000; A. FIALE, Diritto urbanistico, Napoli, IX ed., 2000.

[39] Sulla materia dei lavori pubblici, vedi: F. CARINGELLA (commentario a cura di), La nuova legge quadro sui lavori pubblici, Milano, 1999; A. CIANFALONE – G. GIOVANNINI, L’appalto di opere pubbliche, Milano, X ed., 1999; L. GIAMPAOLINO – M. A. SANDULLI – G. STANCANELLI (a cura di), Commento alla legge quadro sui lavori pubblici sino alla “Merloni-ter”, Milano, 1999; M. STECCANELLA – E. ROBALDO, La legge quadro in materia di lavori pubblici, Milano, III ed., 1999; A. ANGELETTI (commentario a cura di), La riforma dei lavori pubblici, Torino, 2000; A. CARULLO – A. CLARIZIA (a cura di), La legge quadro in materia di lavori pubblici, Padova, 2000; A. BARGONE – P. STELLA RICHTER (a cura di), Manuale del diritto dei lavori pubblici, Milano, 2001.

[40] Sul dibattito concernente il significato e la portata della nozione di servizio pubblico, vedi ex multis: A. DE VALLES, I servizi pubblici, in V. E. ORLANDO (a cura di), Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano, vol. VI, parte I, Milano, 1930, p. 377 ss; R. ALESSI, Le prestazioni amministrative rese ai privati, Milano, 1956; M. NIGRO, L’edilizia popolare come servizio pubblico, in Riv. trim. dir. pubbl., 1957, p. 118 ss; G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, vol. V, Milano, III ed., 1959, p. 345 ss; U. POTOTSCHNIG, I servizi pubblici, Padova, 1964; G. GUARINO, Pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico servizio, in Scritti di diritto pubblico dell’economia, Milano, 1970, p. 207 ss; F. MERUSI, (voce) Servizio pubblico, in Nss. Dig. it., vol. XVII, 1970, p. 215 ss; F. ZUELLI, Servizi pubblici ed attività imprenditoriale, Milano, 1973; C. FRESA, (voce) Servizio pubblico, in G. GUARINO (a cura di), Dizionario amministrativo, vol. II, 1983, p. 1343 ss; S. CATTANEO, (voce) Servizi pubblici, in Enc. dir., vol. XLII, 1990, p. 355 ss; P. CIRIELLO, (voce) Servizi pubblici, in Enc. giur., vol. XXVIII, 1992; A. PAJNO, Servizi pubblici e tutela giurisdizionale, in Dir. amm., 1995, p. 551 ss; P. VIRGA, Servizio pubblico, in Diritto amministrativo. Attività e prestazioni, vol IV, Milano, 1996, p. 287 ss; S. MONTESI, Lo Stato monopolista: servizi pubblici e attività “sociale”, in M. GIUSTI (a cura di), Diritto pubblico dell’economia, Padova, 1997, p. 275 ss; G. CAIA, Funzione pubblica e servizio pubblico La disciplina dei servizi pubblici – L’organizzazione dei servizi pubblici in L. MAZZAROLLI e altri (a cura di), Diritto amministrativo, tomo I, Bologna, II ed., 1998, p. 893 ss; F. GIGLIONI, Osservazioni sulla evoluzione della nozione di “servizio pubblico”, in Foro amm., 1998, II, p. 2265 ss; B. MAMELI, Servizio pubblico e concessione, Milano, 1998; V. PARISIO, Servizi pubblici e monopoli, in E. PICOZZA (a cura di), Dizionario di diritto pubblico dell’economia, Rimini, 1998, p. 687 ss; N. RANGONE, I servizi pubblici, Bologna, 1999; D. SORACE, Servizi pubblici e servizi (economici) di pubblica utilità, in Dir. pubbl., n. 2, 1999, p. 371 ss; R. VILLATA, Pubblici servizi. Discussioni e problemi, Milano, 1999; L. IEVA, La teoria del “Servizio pubblico” nell’evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale, in T.A.R., n. 9, 2001, II, p. 529 ss.

[41] Sul punto, cfr.: A. ZITO, Attività amministrativa e rilevanza dell’interesse del consumatore nella disciplina antitrust, Torino, 1998; nonché P. CASSINIS – P. FATTORI, Disciplina antitrust, funzionamento del mercato e interessi dei consumatori, in I contratti, n. 4, 2001, p. 416 ss.

[42] In argomento di tutela dei consumatori e degli utenti, ex plurimis, vedi: G. ALPA, (voce) Consumatore (tutela del), in Nss. Dig. it., app. II, 1981, p. 516 ss; G. ALPA, Diritto privato dei consumi, Bologna, 1986; V. ZENO ZENCOVICH, (voce) Consumatore (tutela del), I) diritto civile, in Enc. giur. , vol. VIII, 1988; G. ALPA – G. CHINE’, (voce) Consumatore (protezione del), in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. XV, agg. 1997, p. 541 ss; G. F. CARTEI, Consumatore (tutela del), in M. P. CHITI – G. GRECO (diretto da), Trattato di diritto amministrativo europeo, parte spec, tomo I, Milano, 1997, p. 631 ss; G. CHINE’, Il consumatore in N. LIPARI (a cura di), Diritto privato europeo, vol. I, Padova, 1997, p. 164 ss; C. F. GIORDANO, Consumatore, in E. PICOZZA (a cura di), Dizionario di diritto pubblico dell’economia, Rimini, 1998, p. 281 ss; G. ALPA, Il diritto dei consumatori, Bari, IV ed., 1999; S. FARO, La tutela del consumatore, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, parte spec., tomo III, Milano, 2000, p. 3099 ss.   Invece, con riguardo specifico alla tutela degli utenti dei servizi pubblici, cfr.: R. FERRARA, Contributo allo studio della tutela del consumatore. Profili pubblicistici, Milano, 1983; M. E. SCHINAIA, Situazioni soggettive di diritto pubblico dell’utente nei servizi pubblici, in Rass. lav. pubbl., 1988, p. 449/1 ss; R. FERRARA, (voce) Consumatore (protezione del) nel diritto amministrativo, in Dig. disc. pubbl., vol. III, 1989, p. 515 ss; M. A. STEFANELLI, La tutela dell’utente di pubblici servizi, Padova, 1994; A. DE FRANCESCHI, Introduzione alla tutela pubblica del consumatore e dell’utente, in M. GIUSTI (a cura di), Diritto pubblico dell’economia, Padova, 1997, p. 417 ss; M. RAMAJOLI, La tutela degli utenti nei servizi pubblici a carattere imprenditoriale, in Dir. amm., n. 3 – 4, 2000, p. 383 ss; L. IEVA, Il principio delle qualità del servizio pubblico e la “Carta dei servizi”, in Foro amm., n. 1, 2001, II, p. 227 ss.

[43] Sul tema delle Autorità indipendenti, essenzialmente, vedi: F. BASSI – F. MERUSI (a cura di), Mercati ed amministrazioni indipendenti, Milano, 1993; nonché S. CASSESE – C. FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole, Bologna, 1996.   Inoltre, cfr.: A. MASSERA, “Autonomia” e “Indipendenza” nell’amministrazione dello Stato italiano, in Scritti in on. di M. S. Giannini, Milano, 1988, p. 450 ss; M. D’ALBERTI (voce), Autorità indipendenti (dir amm.) in Enc. giur., vol. IV, 1995; R. PEREZ, Autorità indipendenti e tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. pubbl., 1996, p. 115 ss; G. AMATO, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, p. 645 ss; V. CAIANIELLO, Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, in Foro amm., 1997, II, p. 341 ss; M. MANETTI (voce), Autorità indipendenti (dir. cost.) in Enc. giur., vol. IV, 1997; V. CAIANIELLO, Il difficile equilibrio delle autorità indipendenti, in Dir. econ., 1998, p. 239 ss; F. CARINGELLA, Le Autorità indipendenti tra neutralità e paragiurisdizionalità, in Cons. St., 2000, II, p. 541 ss; F. CARINGELLA, La tutela giurisdizionale amministrativa nei confronti delle Autorità indipendenti ieri, oggi e domani, in Cons. St., 2000, II, p. 1535 ss; F. CARINGELLA – R. GAROFOLI, Le Autorità indipendenti, Napoli, 2000; F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, tomo, I, Milano, 2001, p. 617 ss; L. IEVA, Autorità indipendenti, tecnica e neutralità del pubblico potere, in Foro amm., 2001 (in corso di pubblicazione).

[44] Sulla disciplina dell’analisi economica del diritto che studia l’efficienza della normativa ed il suo impatto sui fenomeni economici, cfr.: R. PARDOLESI, (voce) Analisi economica del diritto, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. I, 1987, p. 309 ss; F. MENGARONI, (voce) Analisi economica del diritto, in Enc. giur., vol. I, 1988; A. CHIANCONE – D. PORRINI, Lezioni di analisi economica del diritto, Torino, III ed., 1998; R. COOTER – U. MATTEI – P. G. MONTANERI – R. PARDOLESI – T. ULEN, Il mercato delle regole. Analisi economica del diritto civile, Bologna, 1999; A. FRISINA, Analisi economica del diritto e provvedimenti di incentivazione finanziaria, in Cons. St., n. 2, 2001, II, p. 272 ss.

[45] Si pensi ai settori:  libertà della concorrenza e legislazione antitrust, ai sensi dell’art. 33, co. 1, della legge n. 287 del 1990; telecomunicazioni, ai sensi dell’art. 26 del d.lgs n. 249 del 1997; lavori pubblici, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 109 del 1994 e succ. mod.; etc.   Sui profili strettamente giurisdizionali, vedi ora l’art. 23 bis (co. 1, lett. d)) della legge n. 1034 del 1971, introdotto dall’art. 4 della legge n. 205 del 2000.

[46] In tale direzione si muove il recente “schema D.D.L. governativo” di riforma della giustizia amministrativa consultabile in www.lexitalia.it.

[47] L’elencazione delle categorie di soggetti che possono partecipare al concorso pubblico, per titoli ed esami, delineato dalla legge istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali è datata storicamente.   Trattandosi di concorso di secondo grado, appare più opportuno limitare l’accesso ai soli soggetti che hanno già superato un concorso pubblico e, quindi (con esclusione di ogni altra categoria), ai magistrati (ordinari, militari e contabili) e avvocati e procuratori dello Stato ed ai dirigenti pubblici, nonché ai funzionari appartenenti ai profili corrispondenti alle ex VIII e IX qualifica funzionale (con tre anni di anzianità nella carriera) della pubblica amministrazione ed ai docenti universitari confermati;  inoltre, sembra consigliabile richiedere quale titolo di studio necessario per l’ammissione, oltre alla laurea in giurisprudenza, il possesso di titoli post lauream, quali dottorati di ricerca o diplomi di specializzazione in materie pubblicistiche e/o amministrative.   La selezione deve, poi, appurare a ratione la fondamentale conoscenza teorica del diritto amministrativo, del diritto civile e commerciale e del diritto pubblico dell’economia.   In tal modo, le nuove leve della magistratura amministrativa – nel contesto odierno – possono ben risultare in possesso della necessaria solida formazione teorica, nonché della opportuna esperienza pratica al servizio della pubblica amministrazione.

[48] Sul punto, vedi: C. MAGNANI, (voce) Commissioni tributarie, in Enc. giur., vol. VII, 1988; P. RUSSO, (voce) Contenzioso tributario, in Dig. disc. civ., sez comm., vol. XV, 1998, p. 525 ss; F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, vol. I – parte gen., Torino, VI ed., 1999, p. 303 ss.   Inoltre, cfr:: G. BELLAGAMBA, Il nuovo contenzioso tributario, Torino, 1996; R. DELL’ANNO, Il processo tributario, Torino, 1997; E. PROTETTI, La riforma del contenzioso tributario, Milano, 1999; F. TESAURO, Il processo dinanzi alle commissioni tributarie, in Finanza loc., 1999, p. 1435 ss.

[49] In materia, cfr.: V. GUCCIONE, (voce) Corte dei Conti, in Enc. giur., vol. IX, 1988; G. G. CARREALE, (voce) Corte dei Conti, in Dig. disc. pubbl., vol. IV, 1989, p. 215 ss; M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, II ed., 1999; G. CARBONE, (voce) Corte dei Conti, in Enc. dir., vol. IV agg., 2000, p. 479 ss; S. PIASCO, (voce) Corte dei Conti, in Dig. disc. pubbl., vol. agg. 2000, p. 136 ss.

[50] In particolare, tra le altre, vedi:  le leggi n. 19 e n. 20 del 1994; la legge n. 639 del 1996; il d.lgs n. 286 del 1999; gli artt.. 5 e 10 della legge n. 205 del 2000.

[51] In argomento, per un confronto sui problemi teorici dell’economia pubblica, cfr., per tutti: F. FORTE, Principi di economia pubblica, Milano, IV ed., 2000 e G. SOBBRIO, Economia del settore pubblico, Milano, IV ed., 1999.

[52] Sulla programmazione economica e finanziaria, per tutti, vedi: M. STIPO, (voce) Programmazione statale e programmazione regionale, in Enc. giur., vol. XXIV, 1991; nonché D. SORACE ed altri, Il governo dell’economia, in G. AMATO – A. BARBERA (a cura di), Manuale di diritto pubblico dell’economia, vol. III, Bologna, 1997, p. 111 ss.

[53] Per i riferimenti essenziali sul procedimento amministrativo, cfr.: R. VILLATA – G. SALA, (voce) Procedimento amministrativo, in Dig. disc. pubbl., vol. XI, 1996, p. 574 ss; G. MORBIDELLI, Il principio di ragionevolezza nel procedimento amministrativo, in AA. VV., Scritti in onore di G. Guarino, vol. III, Padova, 1998, p. 89 ss; A. SANDULLI, Il procedimento, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Dir. amm. gen., tomo II, Milano, 2000, p. 927 ss; F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, tomo II, cit., p. 1221 ss.

[54] Sui canoni della ragionevolezza, della proporzionalità e della adeguatezza dell’uso del potere discrezionale, cfr. le efficaci analisi di D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche. Un profilo, Bologna, 2000, in part. p. 245 ss.


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