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ALESSANDRA MADDALENA
La consulenza tecnica nel nuovo processo amministrativo
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L’ordinanza in commento, di seguito riportata, si segnala poiché costituisce applicazione della nuova disciplina del sistema istruttorio nel processo amministrativo, ed offre lo spunto per una breve ricostruzione del percorso giurisprudenziale e legislativo che ha condotto, infine, alla previsione della esperibilità della c.t.u. non solo nell’ambito della giurisdizione esclusiva, ma anche, per effetto della legge 205/2000, nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità.
Va preliminarmente ricordato che nelle controversie davanti al G.O., per la cui definizione è stata prevista dal c.p.c. la figura del consulente tecnico, lo stesso può essere nominato dal giudice quando, per la risoluzione della controversia o per il compimento di singoli atti, egli ritenga opportuno e/o necessario acquisire nozioni della scienza, della tecnica o dell’arte delle quali è sfornito o insufficientemente munito. Dunque, la figura del consulente tecnico è quella dell’ausiliario, del collaboratore del giudice, chiamato a consigliarlo in virtù della propria esperienza tecnica, in quelle materie che il giudice stesso non è tenuto a conoscere: il suo compito è di accertare i fatti di causa e di dare gli opportuni chiarimenti tecnici.
Nel processo amministrativo la consulenza tecnica era già prevista dall’art. 27 del regolamento di procedura davanti al Consiglio di Stato, poi richiamato dall’art. 19 l. TAR, ma solo per i giudizi di merito che per loro natura richiedono che il giudice accerti, senza limiti , i fatti di causa, non fermandosi all’esame indiretto ed esterno dell’atto ma riesaminando pienamente l’uso del potere.
Nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità non erano, invece, ammissibili consulenze tecniche ed il fondamento di tale esclusione era rinvenuto nel fatto che in tali casi il giudice doveva occuparsi dell’atto, non potendo attingere direttamente la realtà senza la mediazione, il filtro, del provvedimento impugnato. In pratica, al G.A. non era consentito sovrapporre il proprio accertamento a quello dell’autorità che aveva emanato l’atto, ma solo sindacare l’attività dell’amministrazione sotto il profilo della logicità e coerenza.
In particolare, la mancata previsione della c.t.u. nel processo amministrativo di legittimità è stata tra le cause del consolidarsi dell’ orientamento giurisprudenziale nel senso dell’insindacabilità, se non per illogicità manifesta, errore nei presupposti di fatto e motivazione incongrua, degli apprezzamenti tecnici e, cioè, delle valutazioni svolte dalla P.A. alla stregua di regole attinte da discipline specialistiche e settoriali suscettibili di diversa interpretazione ed applicazione. La stessa area della discrezionalità tecnica è stata dilatata dalla giurisprudenza che ha spesso fatto ricadere nel suo ambito, escludendone perciò la verificabilità in sede giurisdizionale, qualsiasi applicazione di regole tecniche. Ciò desumendo, tra l’altro, proprio dalla limitazione dei mezzi di prova a sua disposizione.
La mancata previsione della c.t.u. nel giudizio amministrativo di legittimità, in definitiva, non ha consentito al giudice di creare un modello di controllo sugli apprezzamenti tecnici della P.A. stringente ed efficace: se il giudice non dispone di mezzi istruttori che gli consentano di integrare nel processo le proprie conoscenze tecniche, finisce col ridursi ad un mero enunciato di principi l’eventuale affermazione della sindacabilità delle valutazioni tecniche rilevanti ai fini del giudizio.
Ciò spiega perché, prima delle innovazioni introdotte dalla l. 205/2000, non si sia potuto valorizzare in pieno quella giurisprudenza del C.d.S. che, recependo le sollecitazioni della dottrina, ha di recente aperto la strada ad un più sostanziale sindacato sulla discrezionalità tecnica della P.A. .
Il riferimento è, in particolare, a C.d.S. 601/99 secondo cui la questione di fatto, che attiene ad un presupposto di legittimità, non si trasforma, solo perché opinabile, in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva ad una scelta di merito e, pertanto, il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici deve svolgersi "non in base al mero controllo formale dell’iter logico seguito dalla P.A., ma in base alla verifica dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo".
In definitiva, nella logica della sentenza, l’apprezzamento tecnico è finalizzato all’individuazione dei presupposti di fatto che devono sussistere perché la P.A. possa legittimamente provvedere sulla fattispecie concreta, per quanto la valutazione dei fatti possa presentarsi come una delle diverse possibili, in conseguenza dell’idoneità dei criteri tecnici utilizzati a prestarsi ad applicazioni differenziate.
Ma l’aver proposto, come ha fatto il C.d.S. nella citata sentenza, un sindacato intrinseco e cioè un controllo in cui il giudice si vale di cognizioni specialistiche, ha finito col riproporre il problema delle effettive possibilità che ha il giudice, nel processo, di venire in possesso di quelle nozioni scientifiche che non appartengono all’esperienza dell’uomo medio o al suo personale patrimonio culturale. Oltre questi limiti, infatti, solo la consulenza tecnica consente al giudice di accertare se si siano realizzati i presupposti di fatto che giustificano l’esercizio del potere, quando tali presupposti siano delineati dalle norme attraverso l’utilizzo di criteri tecnici complessi.
Perciò, al di là dei limiti del sindacato ritenuto ammissibile, prima della l. 205/2000 il problema è rimasto quello degli strumenti processuali utilizzabili per tale verifica, data l’impossibilità nel giudizio di legittimità di disporre consulenze tecniche.
Né erano sufficienti le verificazioni che il giudice può richiedere alla
P.A. secondo quanto previsto dall’art. 44 T.U. C.d.S.. Queste, infatti, per giurisprudenza costante ( tra le altre C.d.S. sez VI 422/85 ), si distinguono dalla consulenza tecnica non solo per il soggetto demandato all’effettuazione dell’indagine tecnica, rispettivamente soggetto appartenente ad una P.A., eventualmente anche diversa da quella interessata nella controversia, e soggetto terzo rispetto alle parti in causa, ma per il diverso contenuto proprio di ciascuno dei due mezzi istruttori.
Mentre, infatti, la verificazione serve ad accertare dati di fatto assolutamente obiettivi, risolvendosi in una disamina basata sull’applicazione di criteri rigidi e cristallizzati in norme giuridiche, la c.t. , invece, si sostanzia non tanto in un accertamento, quanto in una valutazione tecnica di determinate situazioni da utilizzare ai fini della decisione della controversia, ed introduce un apprezzamento da effettuare con l’impiego di regole specialistiche al fine di acclarare eventuali errori tecnici compiuti dalla P.A..
Il sistema istruttorio sopra delineato aveva subito una prima rilevante modifica con la sent. della Corte Cost.146/87 con cui era stata dichiarata l’illegittimità dello stesso, nella parte in cui non consentiva l’esperimento dei mezzi istruttori previsti dal c.p.c. , in particolare della consulenza tecnica, nelle controversie di pubblico impiego riservate alla giurisdizione esclusiva. Ma, come chiarito incidentalmente dalla stessa Corte Costituzionale nella sent. 251/89, i maggiori poteri istruttori riconosciuti nei giudizi in materia di pubblico impiego erano esercitabili dal G.A. solo se si controvertesse in materia di diritti soggettivi, essendo la tutela degli interessi legittimi sufficientemente garantita da un sistema probatorio che consentisse di controllare ab externo le modalità di esercizio del potere pubblico. La Corte chiariva che, in ogni caso, rientrava nella discrezionalità del legislatore ampliare l’ambito dei mezzi istruttori esperibili nel processo amministrativo.
Si è giunti, quindi, ad una prima riforma con il D.Lgs 80/98 che, all’art. 35, 3°comma, ha previsto l’esperibilità della C.T.U. nelle materie assegnate dal decreto stesso alla giurisdizione esclusiva del G.A..
Tuttavia, secondo l’opinione prevalente, anche l’art 35 consentiva di esercitare i nuovi poteri istruttori solo nelle controversie riguardanti diritti soggettivi e non anche allorchè la pretesa azionata avesse consistenza di interesse legittimo. Si osservava, infatti, che solo nei giudizi amministrativi che avessero ad oggetto rapporti giuridici e diritti soggettivi, il principio di non discriminazione, imponeva l’adozione di un sistema probatorio che si atteggiasse in maniera non diversa da quello contemplato dal codice di procedura civile per i giudizi davanti al G.O.. Nessuna particolarità, invece, poteva contraddistinguere i poteri del giudice che si occupava di interessi legittimi in materia di giurisdizione esclusiva rispetto alla giurisdizione di legittimità.
Anzi, da alcuni si era giunti a sostenere un’interpretazione ancora più restrittiva dell’art. 35. Così, il T.A.R. Emilia Romagna, con decisione n° 86 del 2000, aveva affermato che per effetto del rinvio operato dal terzo comma dell’art. 35 ai giudizi di cui al primo comma dello stesso articolo, le controversie in cui potevano essere ammessi i mezzi di prova processualcivilistici e la C.T.U. risultavano "inequivocabilmente circoscritte, dal punto di vista letterale, ai giudizi risarcitori nell’ambito della c.d. "nuova" giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex artt. 33 e 34 (pubblici servizi, edilizia ed urbanistica)".
Con la più volte citata legge 205/2000, la consulenza tecnica è stata, infine, introdotta in via generale e per ogni tipo di controversia devoluta alla cognizione del giudice amministrativo. Si è così consentito il ricorso alla c.t.u. in tutte le controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva del G.A. senza distinzione delle situazioni soggettive fatte valere e del tipo di giudizio instaurato, ma, soprattutto, si è consentito l’accertamento diretto dei fatti di causa, mediante il ricorso alla consulenza tecnica, nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità. Il legislatore ha così anticipato la decisione della Corte Costituzionale auspicata dalla quarta sez del Consiglio di Stato. Con l’ordinanza 2292/2000, infatti, il C.d.S., facendo propri i principi sulla sindacabilità giurisdizionale dei giudizi tecnici della P.A. espressi dalla medesima IV sez nella menzionata sent. 601/99, e sul rilievo che "il giudizio di legittimità sull’atto amministrativo si va trasformando in giudizio di piena giurisdizione, atto cioè a tutelare diritti ed interessi in relazione alla situazione fatta valere… e che il giudice amministrativo, per poter assolvere le sue funzioni, deve conoscere al meglio le fattispecie", aveva sollevato questione di legittimità, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 Cost., delle norme che non consentivano al G.A., nella giurisdizione generale di legittimità, di avvalersi di consulenze tecniche per l’accesso al fatto, anche quando questo fosse altamente qualificato e complesso sul piano tecnico.
Dunque, aderendo alle istanze della più recente giurisprudenza, il legislatore ha esteso la c.t.u. anche alla comune giurisdizione di legittimità. Ciò comporta, sul piano del diritto sostanziale, a conferma dell’intima connessione tra dottrina della discrezionalità tecnica e mezzi istruttori esperibili nel processo amministrativo, l’impossibilità di continuare ad invocare il concetto di discrezionalità tecnica per escludere o limitare in ogni caso il sindacato giurisdizionale sulle operazioni tecniche della P.A.: dal nuovo mezzo istruttorio si deduce, ormai, implicitamente la sindacabilità anche degli apprezzamenti tecnici della P.A..
Né è proponibile una lettura dell’attuale normativa che, collegando l’innovazione istruttoria all’estensione della giurisdizione di legittimità del g.a. alla conoscenza di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, limiti l’esperibilità della consulenza tecnica alle sole controversie in cui venga in rilievo un diritto soggettivo: né la lettera della norma né le risultanze dei lavori preparatori consentono una tale interpretazione.
D’ora in poi, dunque, la presenza di un apprezzamento tecnico della P.A. non consentirà più al giudice di astenersi in ogni caso dalla verifica processuale. Infatti, la previsione normativa della possibilità di ricorrere all’ausilio di un terzo imparziale per l’acquisizione di nozioni specialistiche, non avrebbe alcun significato pratico se il giudice potesse ricondurre ogni valutazione tecnica al merito insindacabile.
Pertanto, a seguito delle innovazioni introdotte dalla l. 205/2000, il problema da risolvere non sta più nella sindacabilità delle valutazioni tecniche, come tali, ma, piuttosto, nell’individuazione dei limiti del sindacato giurisdizionale sull’applicazione da parte della P.A. di norme che impongono apprezzamenti tecnici opinabili.
Infatti, in primo luogo la c.t.u. può essere ammessa, ricorrendone i presupposti, solo per verificare la corretta applicazione di regole e discipline tecniche richieste dalla legge o dalla fattispecie concreta, in quanto attinente all’accertamento dei fatti da sussumere dalla P.A. ai fini del provvedimento da adottare, mentre l’apprezzamento ulteriore, attinente al valore del fatto descritto dalla norma, da individuare e considerare nel contemperamento degli interessi coinvolti nella vicenda deliberativa, attiene al merito e necessariamente sfugge al diretto controllo del giudice.
In secondo luogo, è stato osservato che l’opinabilità dell’apprezzamento tecnico necessariamente incide sulla tecnica di controllo giurisdizionale: il giudice non può sostituire il proprio opinabile apprezzamento, eventualmente forgiato dall’attività del suo consulente tecnico , a quello della P.A., ma può solo controllare la valutazione tecnica dell’amministrazione, non però sotto il profilo estrinseco dell’iter logico seguito ma sotto quello, intrinseco, della verifica dell’attendibilità delle operazioni.
La consulenza tecnica, inoltre, come osservato dal C.d.S. nell’ordinanza 2292/2000 cit., non avrà molto spazio nelle ipotesi in cui la valutazione tecnica dell’organo amministrativo impinge nelle scelte di merito allo stesso demandate. Ciò accade, ad esempio, quando la scelta amministrativa si fonda "sulle risultanze di discipline insuscettibili di un apprezzamento neutrale ( caratterizzato, cioè, dall’indifferenza del risultato valutativo rispetto all’osservatore), come quando devono utilizzarsi criteri di ordine sociale, storico, artistico, estetico, in cui nel giudizio sul valore culturale è già insita la ponderazione dell’interesse pubblico…". Invece, il sindacato giurisdizionale non può non investire anche gli apprezzamenti tecnici della P.A., "quando si pongano problemi relativi a fatti o situazioni che siano suscettibili di controllo tecnico sulla base di una disciplina che, sia pure entro l’ampio ambito di relativismo connaturato ad ogni branca del sapere scientifico, possa accostarsi alle c.d. scienze esatte (ad es. la fisica , la chimica, l’ingegneria…)".
Va, infine, ricordato che quella di avvalersi di c.t.u. è una scelta riservata alla discrezionalità del giudice, che deve determinare caso per caso se e perché ritenga necessaria e rilevante ai fini della decisione la collaborazione di un consulente di particolare competenza tecnica, circoscrivendone anche il campo d’azione attraverso la formulazione di quesiti. Come precisato da C.d.S. 5287/2001, poi, la c.t.u. non può supplire l’onere della parte di allegare i fatti e di introdurli nel processo, ed inoltre il compito della fissazione e qualificazione del fatto non può essere delegato al consulente tecnico, ma deve essere espletato direttamente dal giudice: questi può solo ampliare le sue cognizioni tramite l’ausilio di una conoscenza specialistica. Perciò il giudice "…proprio perché dominus della qualificazione del fatto, non può limitarsi a recepire acriticamente le risultanze della c.t.u. ma è sempre tenuto ad un’autonoma rielaborazione del fatto anche "alla luce" dei dati tecnico scientifici offerti dal c.t.u.".
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TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I – Ordinanza 31 ottobre 2001 n. 4799 - Pres. Coraggio, Est. Pagano - A. F. (Avv. G. Violante) c. Autostrade Meridionali s.p.a. (Avv.. G. Abbamonte), Ente nazionale per le strade (E.N.A.S.) ed altri (Avv.ra Stato).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania - Sezione Prima -
composto dai Magistrati:
dr. Giancarlo Coraggio - Presidente
dr. Luigi Nappi - Consigliere
dr. Arcangelo Monaciliuni - 1° Referendario, relatore
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
dispositiva di consulenza tecnica
sul ricorso n. 5985/2000 Reg. gen., proposto da d’A. F., rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dall'avv. Giancarlo Violante, con domicilio eletto in Napoli, via Tino di Camaino, n. 6
contro
- le Autostrade Meridionali s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso, giusta mandato in calce al ricorso notificato, dall'avv. Giuseppe Abbamonte, presso il cui studio, in Napoli, viale Gramsci, n. 16;
- l’Ente nazionale per le strade (E.N.A.S.), la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dei Lavori pubblici, il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Ministero dell’Ambiente, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, n. 11;
- la Regione Campania, in persona del suo Presidente p.t., non costituitosi in giudizio;
per l’annullamento (previa sospensiva)
quatenus opus ed in parte qua
- della disposizione prot. n. 370, emessa in data 26 febbraio 1996 dall’amministratore dell’Ente nazionale per le strade, recante l’approvazione del progetto per l’ampliamento a tre corsie dell’Autostrada Napoli - Pompei - Salerno;
- della disposizione prot. n. 2288, emessa dal medesimo amministratore in data 3 ottobre 1996, recante l’approvazione del progetto aggiornato per l’ampliamento delle cennate corsie autostradali, nonché dell’annessa relazione n.2288 del 1^ ottobre 1996 predisposta dalla direzione generale dello stesso Ente;
- degli atti tutti in detti provvedimenti richiamati, di cui si ignora l’esatto contenuto, così di seguito riportati: d.P.C.M. 26.7.1995; D.I. 21.12.1972, n. 3952; delibera Cipe del 7.12.1994; D.I. 31.12.1994; lettere della direzione centrale amministrativa gestione lavori ed autostrade 30.12.1994, n. 2618 e 17.1.1995, n. 85; progetto presentato dalla società concessionaria; relazione n. 3981 del 20.2.1996 della direzione centrale tecnica autostrade e trafori in concessione; relazione n. 374 del febbraio 1996 della direzione centrale amministrativa gestione lavori ed autostrade; lettera del 15.12.1994, n. 1143 del Ministro dei Lavori pubblici; nota del Ministero dell’Ambiente n. 8319/VIA dell’8.11.1994; delibera n. 4540 dell’8.9.1996 della Giunta regionale della Campania; d.P.G.R.C. n.1371 del 4.2.1992; delibera n. 6793 del 30.11.1991 della Giunta regionale della Campania; decreto assessorile regionale n.1669 – 3218 e delibera di Giunta regionale n. 01049 del 30.9.1994; nota della società Autostrade Meridionali n. 9027 del 14.12.1994; circolare DI.CO.TER n. 1121 del 29.1.1994; note del Ministero dei beni culturali ed ambientali 7.8.1992, n. 1715 e 1.9.1992, n. 1878 (Sovrintendenza di Napoli e Salerno), 21.8.1991, n. 13685 (Sovrintendenza di Pompei), 27.8.1991, n. 22214 (Sovrintendenza di Napoli), 7.11.1991, n. 16764 (Sovrintendenza di Salerno); nota della Regione Campania, Servizio Foreste n. 75 del 5.1.1990; nota del Ministero dell’Ambiente n. 8319/VIA/AB 15 dell’8.11.1994; nota del Ministero dei Lavori pubblici n. 1143 del 15.12.1984; delibera del consiglio comunale di Pompei n. 8 del 10.4.1989; nulla osta sindacale del Comune di Pompei n. 681 del 13.3.1989 e preordinato parere espresso dalla C.E.I. il 22.3.1989, verbale n. 98;
- di ogni altro atto agli stessi preordinato, presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresa l’intesa Stato-Regione ex art. 81 d.P.R. 616/1977, atti tutti mai notificati al ricorrente e di cui questi ha avuto indiretta conoscenza e nei cui confronti si fa riserva di proposizione di motivi aggiunti, all’atto della loro integrale conoscenza
nonché, ed in ogni caso, per la declaratoria
del diritto del ricorrente e del conseguente obbligo delle amministrazioni intimate e dei loro concessionari a veder rispettate le distanze minime previste dalla vigente normativa nell’esecuzione dell’opera pubblica riguardo alla proprietà del d’Apuzzo
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Visto il ricorso per motivi aggiunti, notificato il 25 gennaio 2001 agli stessi soggetti già intimati con l’atto introduttivo del giudizio, nonché all’impresa di Costruzioni Enrico Romagnoli s.p.a. ed al Comune di Pompei;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Autostrade Meridionali s.p.a., dell’Ente nazionale per le strade (E.N.A.S.), della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dei Lavori pubblici, del Ministero per i beni e le attività culturali e del il Ministero dell’Ambiente, come innanzi rappresentati e difesi;
Visto, altresì, l’atto di costituzione in giudizio dell’impresa Romagnoli, rappresentata e difesa, giusta procura versata in atti, dagli avv.ti Giovanni Riccardi e Demetrio Fenucciu, con domicilio eletto in Napoli, Galleria Umberto 1^, presso lo studio legale Continisio;
Dato atto che la Regione Campania ed il Comune di Pompei non si sono costituiti in giudizio;
Vista la documentazione e le memorie prodotte dalle parti, ivi compresa la perizia stragiudiziale giurata depositata dal ricorrente in data 2 maggio 2001;
Vista l’ordinanza collegiale n. 3189 del 5 luglio 2000;
Vista l’ordinanza collegiale n. 2880 del 22 giugno 2001;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore il primo referendario dr. Arcangelo Monaciliuni;
Uditi, alla pubblica udienza del 24 ottobre 2001, i difensori delle parti, come da verbale di udienza;
Considerato che, a mezzo della cennata, ultima, ordinanza n. 2001/2880, il Collegio, dopo aver dato atto dell’impossibilità di proseguire l’esame del merito della res controversa in difetto di certezza sul punto, ha disposto che il responsabile dell’area tecnica del Comune di Pompei depositasse agli atti del giudizio apposita certificazione, corredata dai necessari chiarimenti, se necessari, e dalla relativa documentazione in ordine alla esatta previsione progettuale, con specifico riferimento alla distanza prevista fra l’opera in questione e l’immobile del ricorrente;
Che la certificazione prodotta, in data 10 settembre 2001, attesta che il muro di cemento armato, atto a contenere in sopraelevazione la terza corsia dell’Autostrada Napoli-Salerno, è posto ad una distanza minima dal fabbricato del sig. D’A. F. di ml. 2,00 e, quindi, che "Tale distanza è in contrasto con quella rilevata dai grafici del progetto approvato, da cui risulta essere di circa ml. 4.00";
Che tale approssimazione (circa ml. 4.00) non consente di ritenere per acquisito un dato certo ed indispensabile per il prosieguo, posto anche che le Autostrade Meridionali in memoria conclusionale, sia pur senza contestare apertamente il dato, fanno comunque rilevare che "in realtà, il progetto approvato in sede di conferenza Stato-Regione ex art. 81 d.P.R. 616/77 è un progetto redatto su planimetria a scala 1: a 2000, dove un metro, come è noto, corrisponde a mezzo millimetro sulla pianta";
Ritenuto, pertanto, di dover a questo punto utilizzare gli strumenti processuali posti a disposizione del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (nel cui ambito ricade la controversia in esame) dal combinato disposto degli artt. 35, comma 3, d. l.vo 31.3.1998, n. 80 e 44, comma 3, r.d. 26.6.1924, n. 1054, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla l. 21 luglio 2000, n. 205;
Che occorre cioè disporre una consulenza tecnica d’ufficio, tesa ad accertare inequivocamente la esatta distanza prevista in progetto fra le due costruzioni;
Che detta consulenza può essere affidata all’ing. Mario Mautone, Dirigente generale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, nonché Presidente della V^ Sezione del Consiglio superiore dei Lavori pubblici;
Che la stessa, tenendo conto delle previsioni del titolo II del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, cui rinvia l’art. 35, comma 3, del d. l.vo n. 80/1998 e coordinando le stesse con il titolo I, Capo I, sezione III, del codice di procedura civile, ovvero avuta presente la specificità del processo amministrativo in relazione alle esigenze di celerità e concentrazione del giudizio, andrà effettuata dal consulente designato nei modi di cui in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania- Sezione prima, riservata al definitivo ogni statuizione in rito, sul merito e sulle spese, ivi comprese quelle relative alla consulenza tecnica qui disposta, così provvede:
nomina l’ing. Mario Mautone, Dirigente generale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, nonché Presidente della Vª Sezione del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, consulente tecnico di ufficio nell’ambito del giudizio di che trattasi;
affida allo stesso il compito di accertare la distanza esatta prevista negli elaborati progettuali approvati fra il muro di contenimento della terza corsia dell’Autostrada Napoli-Salerno ed il fabbricato del sig. D’A. F.;
delega il Magistrato relatore, dott. Arcangelo Monaciliuni, a raccoglierne il giuramento di cui all’art. 193 c.p.c. nel corso di una apposita udienza monocratica di comparizione, fissata, innanzi al Magistrato delegato, per il giorno 13 novembre 2001 p.v., alle ore 9,30. L’astensione e la ricusazione del consulente sono regolate dalle previsioni si cui all’art. 192 c.p.c.;
affida al magistrato delegato l’assunzione di ogni determinazione che si rendesse necessaria nella fase istruttoria, ivi compresa la nomina di un nuovo consulente, ove se ne verificasse la necessità. Lo stesso magistrato delegato resta autorizzato ad ordinare i conseguenti adempimenti procedurali;
autorizza il consulente, che riceverà i necessari atti processuali dal giudice delegato, ad accedere agli atti progettuali di che trattasi assumendo, ove necessario, quante informazioni e chiarimenti necessari da ogni amministrazione pubblica coinvolta;
dispone che alle operazioni intervengano, ove ritenuto anche a mezzo di un proprio consulente tecnico, le parti costituite in giudizio: ricorrente ed entrambe quelle resistenti. Le stesse, a cura del consulente, andranno avvertite almeno cinque giorni prima del luogo, del giorno e dell’ora di esecuzione della consulenza (delle sue diverse fasi, nel caso). Le eventuali nomine di consulenti di parte andranno effettuate presso la Segreteria della Sezione entro il termine di giorni 10 (dieci) decorrenti dalla data di comunicazione in via amministrativa o di previa notificazione della presente pronuncia. Delle stesse, la Segreteria darà immediata e diretta comunicazione al consulente d’ufficio, una volta che questi abbia prestato il giuramento;
fissa il termine per la conclusione delle operazioni in giorni 30 (trenta) decorrenti dalla data di prestazione del giuramento;
assegna al consulente l’ulteriore termine di giorni 15 (quindici) per depositare la relazione conclusiva, nella quale andranno inserite le eventuali osservazioni o istanze delle parti;
fissa il prosieguo della trattazione all’udienza pubblica del 20 febbraio 2002;
manda alla stessa Segreteria per i singoli adempimenti di competenza, a partire dalla comunicazione della presente ordinanza al consulente nominato ed a tutte le parti costituite.
Così deciso in Napoli, nella Camera di consiglio del 25 ottobre 2001.
dr. Giancarlo Coraggio, Presidente
dr. Arcangelo Monaciliuni, 1° Referendario, est.
Pubblicata il 31 ottobre 2001