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GUALTIERO PITTALIS
(Avvocato
Studio Roversi
Monaco, Morello, Pittalis)
Il
global service
nel
quadro degli appalti di servizi (*)
![]()
1. L’istituto del global service, considerato nel quadro degli appalti di servizi, sta ad indicare il contratto avente ad oggetto una molteplicità di servizi eterogenei fra loro, a proposito dei quali la giurisprudenza sottolinea che l’unicità del contratto consente all’Amministrazione di avere un unico interlocutore responsabile delle varie prestazioni, con conseguente razionalizzazione e riduzione dei costi, e quindi con un miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico (Tar Lazio, II bis, 13.2.2001 n.1086, in questa Rivista).
Il
global service – il cui fondamento normativo viene essenzialmente
rintracciato negli artt. 11 e 1322 cod. civ., nel 16° considerando della
direttiva comunitaria n. 92/50 e nell'art. 3 del D. Lgs. 157/95 di recepimento
– viene così ricondotto nel quadro degli strumenti di gestione delle risorse,
da valutarsi in funzione del risultato e dei parametri di efficacia, efficienza
ed economicità dell'azione amministrativa (art. 1 legge n. 241 del 1990).
La
causa giuridica ed economica del contratto è unica e le varie prestazioni
vengono dedotte in contratto nella loro inscindibile globalità ed in vista del
raggiungimento di uno scopo negoziale oggettivamente unitario (per indicare tale
fenomeno è stato usato non soltanto il concetto di contratto misto ma anche
quello di contratto complesso: Cass. Civ.,
II, 21.12.1999 n. 14372).
I
servizi che compaiono negli allegati al D. Lgs. 157/95 (che ha recepito la
direttiva comunitaria n. 92/50 sugli appalti di servizi e che è stato poi
modificato dal D. Lgs. 65/2000) sono, oltrechè i servizi di manutenzione (con i
connessi problemi di demarcazione fra lavori, servizi e forniture ed i relativi
criteri dell’accessorietà e della prevalenza: Corte
giust. C.E., VI, 19.4.1994 in causa C-331/92, Gestìon Hotelera Internacional),
la pulizia degli edifici e la gestione delle proprietà immobiliari,
l’eliminazione dei rifiuti e la disinfestazione, i servizi alberghieri e di
ristorazione, i servizi di biancheria, i servizi sanitari e sociali.
L’esperienza ha evidenziato casi di global service nei servizi di progettazione (Tar Calabria-Catanzaro, 17.1.2001 n. 39, in questa Rivista n. 1/2001, con commento di F. BRUNETTI), così come in quelli di pulizia e sanificazione (Tar Campania-Napoli, Sez. I, 6.4.2001 n. 1584, in questa Rivista n. 4/2001), ovvero di ristorazione collettiva, ivi compresa la fornitura di alimenti (Tar Lombardia-Brescia, 22.8.2001 n. 722, in questa Rivista).
Vale la pena aggiungere che il global service, quand’anche trattato nel quadro degli appalti di servizi, è suscettibile – proprio perché costituente formula contrattuale atipica che racchiude prestazioni molteplici – di porre problemi di demarcazione rispetto ad altri istituti (quali gli appalti di lavori e di forniture, o i servizi pubblici), con una linea di confine per di più in evoluzione.
2. Ciò premesso, molto sommariamente, sul piano dell’inquadramento giuridico generale, vale la pena di considerare alcuni aspetti problematici che il global service presenta.
Un primo aspetto di grande importanza è quello che riguarda le imprese operanti nel settore dei servizi interessati dal global service, i loro requisiti, e la conformazione del relativo mercato.
E’ del tutto evidente, infatti, che la concentrazione in un unico contratto di servizi diversi, appartenenti a settori economici differenti, influenza la qualità e la quantità delle referenze richieste all’appaltatore, con conseguenze sul piano della concorrenza e dell’attività di impresa.
Sul
punto, a dimostrazione della sua importanza, esistono (i) da un lato richiami
alla cautela da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(Antitrust), e (ii) dall’altro una posizione della giurisprudenza che si sta
orientando ad ammettere il global service in combinazione con il più
largo ricorso all’istituto dell’associazione temporanea di imprese vista
quale mezzo normale di partecipazione alle relative gare e di dimostrazione del
possesso dei requisiti di volta in volta richiesti.
Un
primo punto fermo è che la corretta individuazione dell’oggetto del contratto
e quindi dell'oggetto della gara costituisce elemento essenziale ai fini (a) del
principio costituzionale di buon andamento dell’attività amministrativa (art.
97 Cost.) - dal punto di vista della migliore calibratura del contratto rispetto
alle esigenze dell’ente pubblico - e del criterio di efficienza ed economicità
dell’attività amministrativa (art. 1 legge n. 241/90), aspetto tantopiù
rilevante nel global service il quale per sua natura valorizza gli
aspetti della gestione e del risultato; (b) della libertà di iniziativa
economica (art. 41 Cost.), per l’ampliamento o la limitazione delle possibilità
di accesso al contratto che la definizione dell’oggetto di questo determina;
(c) della effettività del principio, comunitario e nazionale, della tutela
della concorrenza (artt.81, ex 85, e seguenti del Trattato dell’Unione
Europea), del libero accesso alle gare (criterio al quale si ispirano tutte le
direttive comunitarie in materia di appalti, fino dalle prime del 1971, e tutte
le corrispondenti norme interne di recepimento), della libera prestazione di
servizi (art. 49, ex 59, del Trattato), e della libertà di stabilimento (artt.
43, ex 52, e seguenti del Trattato).
Ed infatti, l’accorpamento di prestazioni giuridicamente e tecnicamente diverse ed autonome, così come – al contrario – la frammentazione di prestazioni unitarie, incidendo sui requisiti di partecipazione alle gare e quindi sulla possibilità di accesso agli appalti, sono suscettibili di interferire con i principi appena richiamati.
L’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato ha dedicato a tali profili uno specifico
documento in data 17.12.1999 “Bandi di gara in materia di appalti pubblici
(AS187)”, sottolineando che: “La
definizione dell’oggetto della gara rappresenta l’aspetto principale del
contesto entro cui le imprese possono competere……. Tuttavia in alcuni casi
le amministrazioni aggiudicatrici ingiustificatamente allargano o restringono
l’oggetto della gara al fine di strumentalmente escludere alcune imprese a
vantaggio di altre.
Per esempio l’oggetto della gara può essere ampliato, includendo più attività che esplicano, se prese singolarmente, una funzione specifica e autonoma. Pertanto ciascuna potrebbe costituire un appalto a sé stante. Attraverso l’artificiale allargamento dell’oggetto della gara le amministrazioni effettivamente precludono l’accesso a determinate categorie di operatori, in particolare a quelle che potrebbero profittevolmente realizzare solo una singola prestazione, ma sono impedite, anche eventualmente dalla regolamentazione vigente, a svolgere l’intero insieme delle prestazioni richieste”.
La
Commissione Europea, nella Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel
diritto comunitario in data 12.4.2000 (pubblicata in G.U.C.E. 121/5 del
29.4.2000), dopo avere ricordato che la Corte di Giustizia delle Comunità
Europee "considera il principio di
proporzionalità come facente parte dei principi generali del diritto
comunitario" (richiamando in tal senso la sentenza della Corte
dell'11.7.1989, causa 265/87, Schräder), ha precisato che: "Il
principio di proporzionalità esige che ogni provvedimento adottato sia al tempo
stesso necessario ed adeguato rispetto agli scopi perseguiti. Uno Stato membro,
infatti, nella scelta dei provvedimenti da adottare, deve ricorrere a quelli che
comportino le minori turbative per l'esercizio di un'attività economica.
Ad
esempio, uno Stato membro non può esigere, ai fini della selezione dei
candidati, capacità tecniche, professionali o finanziarie sproporzionate o
eccessive rispetto all'oggetto della concessione".
E' evidente che gli stessi principi valgono in materia di appalti, dove anzi l'esigenza del loro rispetto è più forte in ragione del fatto che l'appalto si colloca, più e meglio della concessione, nel quadro delle attività economiche puramente di mercato, senza alcuna interferenza di componenti o prerogative pubblicistiche o di poteri speciali.
Può segnalarsi a conferma, che proprio in un caso di global service è stato di recente raccomandato il rispetto del “generalissimo principio di proporzionalità” (Tar Lombardia-Brescia, 22.8.2001 n. 722, in questa Rivista), “che fa obbligo all’Amministrazione di prescegliere ogni necessaria ed idonea misura in sede di gara strettamente proporzionata alle singole ed effettive esigenze riscontrate”.
E’ evidente il rilievo di tali principi sul versante (i) della predisposizione dello schema di contratto e del relativo oggetto (uno o più servizi; quali servizi; fino a quale grado di eterogeneità), e (ii) della richiesta dei requisiti di qualificazione delle imprese.
3. A fronte di tali autorevoli accenti di cautela, tuttavia, che sembrano suggerire una certa prudenza, soprattutto nei casi di accorpamento di attività particolarmente eterogenee fra loro, si va affermando un indirizzo giurisprudenziale che da una lato tende ad ammettere la figura del global service in tutte le sue possibili configurazioni, e dall’altro – rafforzando anche per questa via l’estensione del global service – nel contempo individua nell’associazione temporanea di imprese lo strumento normale di partecipazione alle gare (a tutte le gare), in funzione antimonopolistica e concorrenziale (e quindi comunitariamente compatibile) in ragione proprio della possibilità che essa offre di sommare sia quantitativamente che qualitativamente competenze e requisiti di qualificazione delle imprese (Cons. Stato, VI, 8.4.2000 n. 2056; Tar Veneto, I, 16.3.2002 n. 1097), e dunque anche – anzi soprattutto - di imprese operanti in settori diversi e di consentire, per tale via, l’accesso al mercato ad operatori che singolarmente non potrebbero conseguire tale risultato.
Lo stesso discorso viene fatto con riferimento ai consorzi, assimilati alle associazioni temporanee di imprese quale strumento normale ed antimonopolistico di accesso agli appalti di servizi e di partecipazione alle relative gare (Cons. Stato, V, 14.5.2001 n. 2641).
Tale indirizzo, se risulterà confermato, comporterà la necessità per le imprese di calibrare la loro strategia commerciale al fine di adeguarsi ai requisiti richiesti dai bandi di gara concernenti gli appalti complessi; bandi che, richiedendo (in ragione di detto ampliamento dell’oggetto dell’appalto) requisiti tecnici ed economici molto elevati e per di più qualitativamente diversificati, obbligano le imprese a costituirsi in associazione temporanea per la partecipazione alla gara.
Tali esiti, inoltre, si accentuerebbero ulteriormente se il global service dovesse estendersi nel senso dell’accorpamento non soltanto di più servizi ma anche di servizi e lavori, il che potrebbe anche dar luogo a vere e proprie posizioni dominanti, con possibili conseguenze, cioè, opposte a quelle (antimonopolistiche e concorrenziali) conclamate.
E’ stato in tal senso osservato (M. GRECO, Gli approvvigionamenti di beni e servizi nelle P.A. mediante sistemi elettronici e telematici, in questa Rivista) che un troppo accentuato ruolo interventista della mano pubblica rispetto alle dinamiche di mercato può non solo interferire con la libertà di iniziativa economica protetta dall’art. 41 Cost., ma anche presentare profili di possibile alterazione della concorrenza, perché il mercato dei prestatori di servizi delle pubbliche amministrazioni potrebbe finire per ridursi a pochi (grossissimi) operatori, con forme di oligopolio e con le connesse distorsioni.
4. Sul punto dei requisiti, è bene anche ricordare – perché di nuovo ciò si riflette sulle possibilità di accesso delle imprese al mercato di cui stiamo parlando - alcuni importanti principi fissati di recente dalla giurisprudenza in tema di associazioni temporanee di imprese, ossia a proposito proprio di quello strumento che viene associato al global service e che rappresenta – allo stato attuale – il mezzo normale di raggiungimento dei requisiti richiesti dagli appalti complessi:
(i) nelle associazioni temporanee di imprese possono cumularsi i requisiti tecnici, economici e finanziari delle varie imprese associate (c.d. requisiti oggettivi), ma non anche quelli generali e di idoneità morale, che debbono essere posseduti da ciascuna impresa associata, a pena di esclusione dalla gara (Cons. Stato, V, n. 5517/01);
(ii) lo stesso vale per i consorzi di cooperative, nonostante la loro autonoma soggettività giuridica (Cons. Stato, V, 30 gennaio 2002 n. 507, in questa Rivista), ed anche per i consorzi con attività esterna, che –come detto- possono liberamente concorrere all’affidamento degli appalti di servizi (Cons. Stato, V, 18 ottobre 2001 n. 5517, in questa Rivista);
(iii) fra i requisiti da possedersi da ciascuna delle imprese associate è stata ricompresa anche la certificazione di qualità ISO 9000, nonostante la sua apparente riconducibilità fra i requisiti di carattere tecnico-oggettivo (Cons. Stato, V, n. 5517/01, cit.);
(iv) una holding può avvalersi in sede di gara dei requisiti della società controllata dei cui mezzi possa effettivamente disporre (Cons. Stato, V, n. 1695/02; C.G.C.E. , V, 2.12.1999, in causa C-176/98, Holst Italia S.p.A.).
5. Un’altra considerazione.
Il global service ha tradizionalmente ad oggetto servizi diversi da quelli costituenti il servizio pubblico; nel settore ospedaliero, per esempio, il problema del global service si presenta per lo più con riferimento ai servizi di mensa, pasti, pulizia, lavanderia con noleggio lavaggio e sterilizzazione, sicurezza, rifiuti. Il che, con riferimento all’ordinamento giuridico italiano, è del tutto comprensibile, in quanto le attività direttamente assistenziali e di tutela della salute costituiscono servizio pubblico e quindi fuoriescono dall’ambito di possibile applicazione del global service inteso quale appalto di servizi.
Il servizio pubblico è costituito da prestazioni a favore della collettività e dell’utenza del servizio, con poteri speciali propri del soggetto pubblico e trasferibili a privati gestori sulla base non di appalti ma di concessioni (tralasciamo in questa sede la valutazione del diverso concetto di servizio pubblico proprio del diritto comunitario).
Mentre
l’appalto di servizi è un contratto di scambio che ha ad oggetto prestazioni
imprenditoriali rese dal privato appaltatore a favore dell’ente pubblico
appaltante, tenuto a riconoscere all’impresa il corrispettivo del servizio.
La
differenza fra le due situazioni è ben scolpita (cfr. Cons.
Stato, V, 30.4.2002 n. 2294; Circolare Pres. Cons. Ministri 1.3.2002 n. 3944).
Ed il distinguo appare chiaro anche a livello comunitario, e pur in presenza di
un concetto comunitario di servizio pubblico parzialmente diverso da quello
italiano, nella citata Comunicazione interpretativa della Commissione Europea
del 2000, oltrechè nella giurisprudenza della Corte di Giustizia (C.G.C.E.,
26.4.1994, in causa C-272/91, Commissione c. Repubblica Italiana; C.G.C.E.,
Corte Plenaria, 5.12.1989, in causa
3/88, Commissione c. Repubblica Italiana).
Tuttavia,
occorre considerare taluni fenomeni evolutivi:
(i)
l’esperienza europea (penso all’Inghilterra, alla Germania, alla
Francia) conosce fenomeni di trasferimento molto esteso di compiti al privato,
ed anche sulla base di istituti contrattuali; per esempio, in Inghilterra
esistono il Private Finance Initiative (PFI) e la Public-Private Partnerschip
(PPP), che sono contratti rispettivamente di fornitura e di joint-venture; in
Germania si utilizzano contratti che prevedono il management di strutture
pubbliche da parte del privato; in Francia, seppure attraverso strumenti più
vicini alla concessione che al contratto (come avviene con il groupement de
cooperation sanitaire-GCS), viene trasferito il rischio di gestione al
delegatario privato scelto dal soggetto pubblico;
(ii) nell’ordinamento italiano si sono affacciati e si stanno perfezionando
istituti (quali il project financing o la concessione di costruzione e gestione,
soprattutto nella versione che risulterebbe dalle disposizioni, attuative della
legge obiettivo n. 443 del 2001, di modifica della legge Merloni) che prevedendo
il trasferimento ai privati della gestione complessiva di strutture pubbliche
potrebbe favorire una concezione più estesa dell’”outsourcing”, e quindi
ridefinire i confini fra concessione e global service .
6. Un’ultima considerazione.
Si è recentemente manifestato un orientamento ampliativo del concetto di servizio pubblico proprio in relazione a fattispecie molto contigue all’appalto di servizi.
Il Consiglio di Stato, in vicende riguardanti società comunali multiservizi affidatarie o aspiranti affidatarie del c.d. “servizio calore” (casi A.G.A.C. di Reggio Emilia e A.M.G.A. di Udine: Sez. V, 9.5.2001 n. 2605; Sez. V, ord. 11.7.2001 n. 3847), ha affermato che “<il servizio calore> allorchè è reso per gli edifici scolastici, i musei, gli uffici giudiziari, gli impianti sportivi ed altri, in funzione servente al soddisfacimento di altri fini pubblici inerenti allo sviluppo e alla promozione sociale della comunità, è servizio pubblico. Anche in questo caso, infatti, non verrebbe meno la sua caratteristica di “offerta indifferenziata al pubblico” …, in quanto, seppure in via indiretta e per il tramite del Comune, il servizio è pur sempre reso “indistintamente al pubblico””.
Trattasi di un orientamento suscettibile, con la nozione di servizio pubblico indiretto, di incidere sulla distinzione (giuridicamente e concettualmente molto precisa) fra servizio pubblico ed appalto di servizi (distinzione che nel caso dell’A.G.A.C. di Reggio Emilia era stata molto ben difesa dal giudice di primo grado: Tar Emilia-Romagna, Parma, 18.9.1995 n. 317), con delicate conseguenze non solo di ordine teorico (differenza fra servizio pubblico e relativa concessione da un lato, ed appalto di servizi dall’altro), ma anche di carattere pratico (in relazione alle modalità di affidamento del servizio pubblico, che sono diverse da quelle dell’appalto di servizi, e che prevedono anche la presenza di società partecipate dall’ente pubblico: art. 35 della legge 28.11.2001 n. 448 – legge finanziaria 2002, sostitutivo dell’art. 113 D.Lgs. n. 267/2000 sugli enti locali).
Si affermerebbe, in altre parole, ed in modo molto ampio, un fenomeno di gestione omnicomprensiva di strutture, una sorta cioè di “full-service” nel suo complesso affidabile ad operatori esterni, che – in disparte qui ogni giudizio di opportunità – è suscettibile di influire sui connotati del global service e su quella linea di confine, rispetto ad altri istituti, cui accennavo in esordio.
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(*) Rielaborazione
dell’intervento svolto al Corso di aggiornamento “Il
global service dei servizi assistenziali e di supporto negli ospedali”
organizzato da A.N.M.D.O. – Associazione Nazionale Medici Direzioni
Ospedaliere ad Abano Terme il 6-7 giugno 2002.
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Sul global service v. in questa Rivista:
F. BRUNETTI, Cenni sul c.d. "global service" nei servizi di progettazione* (nota a TAR CALABRIA-CATANZARO - Sentenza 17 gennaio 2001 n. 39, secondo cui nei servizi di progettazione disciplinati dall’art. 17 l. 109/1994 non è ammissibile il “global service”).
TAR LAZIO, SEZ. II BIS – Sentenza 13 febbraio 2001 n. 1086* (secondo cui è ammissibile nell’ordinamento italiano la previsione dell’affidamento in lotto unico di una molteplicità di servizi, ancorché eterogenei).