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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 23 febbraio 2000 n. 948 (annulla TAR Campania-Napoli, sez. V, 4 febbraio 1994 n. 53)
La
partecipazione del privato ai procedimenti amministrativi, prevista dal Capo III
della L. 241/1990, è necessaria anche in caso di accertamenti che precedono
accertamenti vincolati (nella specie si trattava di un procedimento tendente
all’adozione di un provvedimento sanzionatorio per una lottizzazione che si
assumeva abusiva), dato che in tale ipotesi gli interessati possono far rilevare
circostanze ed elementi tali da indurre l’Amministrazione a recedere
dall’emanazione di provvedimenti restrittivi.
Il
procedimento di verifica degli elementi che caratterizzano la lottizzazione
abusiva richiede un accertamento complesso, al quale i soggetti interessati
debbono essere posti in grado, con le loro osservazioni critiche e deduzioni in
fatto, di utilmente cooperare; è pertanto da ritenere illegittimo un
procedimento tendente all’adozione di un provvedimento sanzionatorio per una
lottizzazione che si assumeva abusiva, nel quale gli interessati non sono stati
posti in grado di partecipare; il non aver posto gli interessati, con apposito
avviso ex art. 7 L. n. 241/90, in grado di intervenire nel procedimento
sanzionatorio e presentare le proprie deduzioni ha infatti illegittimamente
privato l’istruttoria di un apporto collaborativo, che avrebbe potuto
orientare in senso diverso l’Autorità Comunale (1).
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(1)
V. la nota di commento di M. Alesio, riportata
dopo il testo della sentenza.
Per il testo integrale della sentenza (con breve nota), clicca
qui.
V. in
precedenza dello stesso A.
Il giusto procedimento espropriativo secondo gli orientamenti
dell'Adunanza Plenaria (nota a C.d.S.,
Ad. Plen., n. 14/1999 e n. 2/2000).
DIRITTO –(omissis)
La sentenza gravata ha ritenuto non applicabile alla fattispecie l’art.
7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, data la natura vincolata del provvedimento
impugnato, che presuppone un mero accertamento tecnico, il T.A.R. ha, in altri
termini, ritenuto superfluo il contraddittorio, che nella fattispecie non
risulterebbe proficuo né al privato né al pubblico interesse.
La ragione di ciò
sarebbe la seguente : il principio di partecipazione del privato interessato
all’attività della Amministrazione subisce una legittima compressione laddove
questo sia inutile ai fini di un’azione amministrativa più opportuna ed
imparziale. Nei casi in cui i margini di apprezzamento per l’Amministrazione
siano esigui, si reputa inutile l’arricchimento che la partecipazione del
privato comporta, in quanto si è comunque di fronte a provvedimenti
necessitati.
Il Collegio, però,
non condivide tale orientamento : la partecipazione del privato anche agli
accertamenti che precedono provvedimenti vincolati può rilevare circostanze ed
elementi tali da indurre l’Amministrazione a recedere dall’emanazione di
provvedimenti restrittivi.
Come si vede, gli
elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva sono molteplici e devono
essere, per costante giurisprudenza, univoci e gravi. La loro verifica,
pertanto, richiede un accertamento complesso, al quale i soggetti interessati
possono, con le loro osservazioni critiche e deduzioni in fatto, utilmente
cooperare.
Orbene, il non
aver posto le ricorrenti in grado di intervenire nel procedimento sanzionatorio
e presentare le proprie deduzioni ha illegittimamente privato l’istruttoria di
un apporto collaborativo, che avrebbe potuto orientare in senso diverso
l’Autorità Comunale.
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MASSIMILIANO
ALESIO
La
comunicazione di avvio del procedimento negli atti vincolati.
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La
sentenza che si commenta costituisce un ulteriore intervento in una
problematica, quella della discussa obbligatorietà della comunicazione di avvio
procedimentale nei riguardi degli atti vincolati, travagliata e controversa,
oltre che oggetto di continuo ed incessante attenzione da parte della
giurisprudenza. Infatti, a partire dall’entrata in vigore della L. 241/1990
(“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi”), gli artt. 7 e ss. [1], disciplinanti la partecipazione e la comunicazione di avvio, sono stati
attentamente analizzati dalla giurisprudenza amministrativa, di primo e secondo
grado, sotto diversi profili. Il profilo che qui interessa è quello afferente
le categorie dei procedimenti ed atti, che non rientrano nel novero di
applicazione della comunicazione di avvio [2].
Sin
dal 1990, la giurisprudenza ha espresso variegate posizioni circa l’assoggettabilità
degli atti vincolati all’obbligo di comunicazione. Dall’analisi delle
diverse pronunce, particolarmente quelle degli ultimi 5 – 6 anni, è possibile
rinvenire tre distinte posizioni.
Secondo
un primo orientamento, per gli atti vincolati non trova applicazione l’obbligo
di comunicazione. Secondo un diverso ed opposto orientamento, la comunicazione va
effettuata sempre, prescindendo dalla natura discrezionale o non discrezionale
dell’atto. Secondo infine un terzo orientamento, definibile come intermedio e
diffusosi negli ultimi anni, la comunicazione va effettuata solo se si presenta
opportuna ai fini di una migliore analisi ed esame dei presupposti di fatto, su
cui dovrà fondarsi il provvedimento vincolato.
Il
primo orientamento, risalente nel tempo e tuttora diffuso,
ha avuto modo di esprimersi particolarmente in riferimento a talune
fattispecie di atti vincolati in materia edilizio-urbanistica.
In
T.A.R. Lazio, sez. II, n. 489 del 11/03/1997, l’orientamento è chiaramente
espresso : La comunicazione di avvio del
procedimento va concepita non come mero strumento di instaurazione del
contradditorio, ma come mezzo idoneo a consentire una forma di partecipazione
collaborativa dell’amministrato interessato, indirizzata alla determinazione
concorsuale del contenuto del provvedimento , di cui, con intrinseco riferimento
all’attività discrezionale dell’Amministrazione, viene esaltato il momento
compositivo di interessi contrapposti ; pertanto, un tale onere non sussiste ove
l’attività amministrativa si esaurisca nella mera adozione di un atto
vincolato, quando cioè il processo valutativo sia privo di contenuti
discrezionali e manchi una comparazione di interesse.
La
sentenza è importante, non solo per la sua linearità, ma soprattutto perché
collega la non doverosità della comunicazione ad una data concezione di
“partecipazione procedimentale”, strumentale e coerente alla soluzione data.
Su tale questione, quella cioè relativa all’imprescindibile nesso fra
comunicazione di avvio e nozione di partecipazione, ci intratterremo fra breve,
in quanto si tratta di una problematica della massima importanza. Per ora,
è sufficiente evidenziare che la comunicazione viene vista soprattutto come
strumento di partecipazione collaborativa del privato, diretta ad arricchire
l’istruttoria procedimentale. Dunque, se la struttura procedimentale non può
essere arricchita, la comunicazione e la partecipazione non hanno, secondo tale
orientamento, ragion d’essere. Come prima anticipavamo, tale orientamento
trova spazio, in particolare, in riferimento a tipici atti di materia edilizia.
L’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento
amministrativo non è invocabile nell'ipotesi di attività vincolata della
Pubblica Amministrazione (nella specie, è stato escluso tale obbligo in
relazione all’adozione del provvedimento di decadenza di una concessione di
costruzione per scadenza dei termini di ultimazione dei lavori) (TAR
Campania, sez. Salerno, n. 422 del 10/07/1997).
L’ordine di demolizione di opere edilizie abusive rappresenta un atto
vincolato per l’Amministrazione, da adottare all’esito di meri accertamenti
tecnici circa la consistenza delle opere ed il loro non assentimento; pertanto,
in tali casi, non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, di
cui agli artt. 7 e 8 L. 241/1990 (TAR Piemonte, sez. I, n. 738 del
06/11/1997).
Le misure repressive per abusi edilizi, ai sensi degli artt. 4 e segg.
L. 28 febbraio 1985 n. 47 sono atti dovuti, per i quali non s’impone il
contradditorio; pertanto, non occorre la comunicazione di avvio del procedimento
al soggetto che abbia realizzato una costruzione senza il relativo titolo (TAR
Toscana, sez. III, n. 396 del 21/11/1998).
Il provvedimento repressivo di un abuso edilizio non deve essere
preceduto dall’avviso dell’inizio del procedimento, non rinvenendosi, in
capo all’Amministrazione, margini di discrezionalità. (TAR Campania –
Napoli, sez. IV, n. 2996 del 23/11/1999).
In
altre sentenze, ascrivibili al primo orientamento, si mette in evidenza, con
rilevante enfasi, l’importanza del necessario apporto di utilità della
comunicazione, la quale deve
favorire la formazione di un provvedimento completo ed esaustivo, cioè che
tiene conto di tutte le molteplici sfaccettature ed interessi della fattispecie
concreta.
All’interno
del primo orientamento, dunque, si è sviluppato un filone di pensiero, il
quale, portando ad estremo sviluppo le tesi sostenute, afferma, sostanzialmente,
che la comunicazione è obbligatoria solo se è in grado di fornire utilità al
procedimento e, più in generale, all’azione amministrativa.
L’obbligo della comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi
degli artt. 7 e 8 L. 241/1990, è configurabile solo quando la comunicazione
stessa possa apportare una qualche utilità all’azione amministrativa perché
questa riceva arricchimento dalla partecipazione del destinatario del
provvedimento, sicchè in mancanza di tale utilità viene meno l’obbligo della
comunicazione stessa. (TAR Sicilia - Palermo, sez. II n. 1719 del
07/11/1997).
L’obbligo della Pubblica Amministrazione di dare all’interessato
l’avviso dell’inizio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 L. 241/1990,
sussiste solo quando, avuto riguardo alle ragioni che giustificano l’adozione
del provvedimento conclusivo ed a qualunque altro profilo, la detta
comunicazione apporti una qualche utilità all’azione amministrativa
procedimentalizzata, nella misura in cui quest’ultima riceva arricchimento,
sui piani della legittimità e del merito, dalla partecipazione del privato (TAR
Campania – Napoli, sez. V, n. 921 del 01/04/1999).
In
stretto collegamento a tale posizione, si è sviluppato un altro filone, il
quale pone enfasi sul raggiungimento dello scopo di consentire la
partecipazione, per cui, una volta che questa si sia in qualunque modo
realizzata, non vi è necessità di
dare comunicazione.
La regola di cui all’art. 7, L. 7 agosto 1990 n. 241, che prescrive
l’invio della comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati
e specificamente indicati dalla norma, non può essere applicata meccanicamente
e formalisticamente, ancorchè lo scopo di rendere possibile la partecipazione
procedimentale sia stato comunque raggiunto nella specie, per la partecipazione
dell’interessato, perché altrimenti si determinerebbe l’inutile ripetizione
del procedimento, con aggravio sia per l’Amministrazione che per
l’interessato (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3 del 02/01/1996).
La mancata comunicazione dell’avvio del
procedimento non vizia l’azione amministrativa quando il contenuto del
provvedimento è meramente
vincolato anche con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte
in cui la conoscenza è comunque intervenuta, si da ritenere raggiunto lo scopo
cui tende detta comunicazione (TAR Lazio
– Latina, n. 1 del 15/01/1999).
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[1]
Art. 7 : Ove non sussistano ragioni di
impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento,
l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste
dall’art. 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale
è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono
intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento
predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a
soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti
destinatari, l’Amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse
modalità, notizia dell’inizio del procedimento.
Nelle ipotesi di cui al comma 1, resta salva la facoltà
dell’Amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle
comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.
[2] La dottrina e la giurisprudenza sostengono la non necessarietà della comunicazione in riferimento ai seguenti procedimenti: - procedimenti segreti, cioè aventi ad oggetto atti o documenti coperti dal segreto di Stato, ex art. 12 Legge 801/1977; - procedimenti riservati, cioè quelli caratterizzati da prevalenti esigenze di riservatezza; - provvedimenti che si consumano in un solo atto (acti qui unico actu perficiuntur), cioè quelli che non necessitano del dispiegarsi di un procedimento per la loro adozione; - procedimenti ad istanza di parte. Gli atti di autotutela e quelli di sospensione esigono, per unanime orientamento, la comunicazione di avvio.
[3] La discrezionalità amministrativa consiste in una valutazione, ponderazione dell’interesse primario (pubblico) con gli interessi secondari (pubblici e privati), e nel potere di scegliere la condotta da adottare (atto amministrativo), nell’osservanza delle norme giuridiche e non applicabili al caso concreto. Cosa diversa è la discrezionalità tecnica, la quale consiste nella valutazione dei fatti, posti dalla legge a presupposto dell’agire amministrativo, sulla base di conoscenze tecnico – scientifiche. Bisogna, poi, distinguere gli atti di accertamento tecnico, i quali sono accertamenti di fatti verificabili in modo indubbio, in base a conoscenze e strumenti tecnici di sicura acquisizione. La distinzione fra discrezionalità tecnica e gli atti di mero accertamento tecnico è ben rimarcata dalla giurisprudenza: L’accertamento tecnico si esaurisce nella mera ricognizione degli elementi ai quali una determinata norma attribuisce rilevanza a certi fini; la discrezionalità tecnica, invece, postula che alla fase dell’accertamento segua quella del giudizio, rispetto alla quale la posizione del soggetto destinatario dello stesso è quella di titolare dell’interesse legittimo, un interesse cioè qualificato e tutelato a che gli elementi da lui posseduti siano correttamente valutati, secondo le regole dettate dalla scienza e dalla tecnica (Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 1.212 del 20/10/1997).
[4]
L’obbligo di comunicazione
dell’avvio del procedimento ai soggetti interessati si fonda
sull’esigenza di porre i destinatari dell’azione amministrativa in grado
di far conoscere il proprio punto di vista all’Amministrazione, al fine di
permettere a quest’ultima, nei procedimenti inerenti all’attività
discrezionale, di meglio effettuare una ponderata comparazione degli
interessi coinvolti, per consentire alla P.A. una più efficace valutazione
circa la migliore soddisfazione
dell’interesse pubblico principale a fronte degli interessi pubblici e
privati, al fine di permettere all’autorità emanante di chiarire
preventivamente, in contraddittorio con l’interessato, i fatti rilevanti
da porre a fondamento del futuro provvedimento, evitando in tal modo di
incorrere, all’atto dell’adozione del provvedimento finale, in
travisamenti.
[5] Il TAR Molise, con sentenza n. 456 del 18/10/1996, esprime con esemplare inequivocità e sinteticità l’orientamento: Gli artt. 7 e 8 Legge n. 241/1990, relativi alla comunicazione dell’avvio del procedimento, non prevedono eccezioni.
[6] Atre sentenze dell'orientamento intermedio: - Consiglio di Stato, sez. V, n. 1223, 11.10.1996; - TAR Liguria, sez. II, n. 14, 28.01.1997; - TAR Sicilia, Catania, sez. III, n. 196, 13.02.1997; - TAR Lazio, sez. III, n. 1093 del 14.05.1998; - TAR Abruzzo, sez. l'Aquila, n. 86, 12.03.1999; - TAR Campania, sez. Salerno, n. 423, 21.10.1999.
[7] Su tali problematiche: K. E. Forsthoff, Concetto e natura dello Stato sociale di diritto, in Stato di diritto in trasformazione, Milano 1983.
[8] Giovanni Virga, La partecipazione al procedimento amministrativo, Milano 1998, pp. 56 (nota 28) e seguenti.
[9]
Molto eloquente è l'intervento di Silvestro Russo, A che serve la comunicazione di avvio di procedimento amministrativo,
a commento della sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 1131 del
09.10.1997, in Foro Amministrativo, 10/1997, pp. 2724 e seguenti: Forse
un giorno il dott. Perrotta e la sua PA datrice di lavoro si incontreranno e
dialogheranno, grazie alla formalità dell'art. 7 L. 241/1990. Il Consiglio
di Stato ha ritenuto imprescindibile la comunicazione dell'avvio del
procedimento, anche nel caso di atto vincolato e, addirittura - come nella
specie -, in quello di atto sostanzialmente conforme al suo modello legale
ed in quello di atto dovuto per la tutela del pubblico interesse. Ma se un
giorno avverrà questo incontro, mi chiedo (e perdonatemi l'innocente
curiosità), che cosa mai si diranno, al di là dei convenevoli, il dott.
Perrotta (e, più in generale, la parte privata in un contesto simile a
quello esaminato nella decisione in commento) e la P.A. procedente?
[10] Roberto Caranta e Laura Ferraris, La partecipazione al procedimento amministrativo, Milano 2000, pp. 61 e seguenti.
[11] R. Caranta, L. Ferraris, op. cit., p. 58
[12] In tal senso: Terracciano, Sull'obbligo di comunicazione dell'avvio nel procedimento, in Foro Amministrativo, 1994, pag. 2177.
[13]
L'attività amministrativa persegue i
fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di
efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalla presente
legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli provvedimenti.
[14] L'efficacia indica l'idoneità di uno strumento a raggiungere un fine; l'efficienza indica, invece, un rapporto ottimale fra strumenti utilizzati e fine da perseguire.