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Rassegna stampa
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Sulla vita dei processi si abbatte il peso di un vecchio balzello
di Enrico De Mita
(Il Sole 24 Ore, 6 novembre 1999 - Norme e tributi)
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Mentre si celebra la riduzione in Italia del
carico fiscale e si promettono a dritta e a manca detrazioni di ogni genere,
mentre si inneggia a una semplificazione del sistema tributario, peraltro mai
avviato, ecco bell’e pronta una novità costituita dalla riscoperta di uno dei
più vecchi arnesi del nostro armamentario tributario: il contributo unificato.
Che, giuridicamente, è una forma ibrida di tassazione.
Il nuovo balzello colpisce nientemeno che la vita dei processi. E non ce n’era
proprio bisogno. Oggi si pagano le tasse di bollo e il contributo di
cancelleria: si tratta di cifre fisse che giuridicamente si muovono nella logica
della tassa, perché sono a fronte di un servizio dello Stato.
Al loro posto subentra una
vera e propria imposta detta contributo unificato che è ragguagliata al
valore della causa, anche a quello indeterminato. Con, inoltre, aggravamento
delle spese di chi soccombe nel processo e gonfiamento cartaceo dei processi. E
non vale negare la natura tributaria del contributo come tenta di fare la
relazione di accompagnamento del Governo perché la riscossione coattiva
prevista è quella disciplinata dal decreto 602/73 come modificato dal decreto
legislativo 46/99. Il contributo va pagato dalla parte che prima si costituisce
in giudizio e da chi avvia l’azione esecutiva. Il valore deve risultare da
apposita dichiarazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo. Cosa non
sempre facile, che varia in funzione del tipo di processo e del tipo di azione.
I rilievi che si possono fare sono di ordine diverso:
a) non ha senso una riduzione delle imposte se poi si va a pescare l’angolo
più delicato della vita sociale, la vita dei processi, per introdurre
tassazioni surrettizie, prive di logica sia teorica che pratica. Non è corretto
caricare lo svolgimento del processo di imposizioni camuffate sotto l’ambigua
etichetta di contributo. È una voce di derivazione squisitamente burocratica e
di mentalità ottocentesca, fuori di una logica moderna dove, a fronte
dell’organizzazione della giustizia, stanno le imposte sui redditi e, a fronte
della specifica attività, sta la tassa. Qui le somme andranno nel calderone
dello Stato per far quadrare i conti in un’impostazione di strategia fiscale
del tutto confusa. L’illusione di essersi liberati per sempre da categorie
vecchie come quella del contributo unificato è vanificata per sempre. Il
contributo unificato per i processi sta a dimostrare che certo fiscalismo ottuso
in Italia è proprio duro a morire;
b) vi è poi una complicazione di carattere pratico. Non sempre è agevole
determinare il valore della causa, anche facendo riferimento al Codice di
procedura civile. Ma se il contributo si applica anche ai processi penali, la
questione presenta maggiori interrogativi per la particolarità della procedura.
La stessa legge prevede la categoria dei valori indeterminabili per applicare,
tuttavia in questo caso, la cifra di due milioni;
c) c’è da chiedersi se la novità semplifichi la vita degli avvocati e dei
processi. La restituzione del contributo a carico della parte soccombente sarà
comunque un nuovo problema;
d) i costi dei processi aumenteranno, almeno di quelli con valore superiore a 50
milioni di lire. E questo profilo accentua il carattere d’imposta del
cosiddetto contributo, con violazione anche della parità di trattamento
rispetto al servizio della giustizia. L’onere tributario processuale,
sfruttare cioè l’occasione del processo per incassar quattrini, sembrava un
giochetto che il pensiero giuridico aveva superato.
I termini di una questione di costituzionalità esistono perché non mi pare che
il valore di una controversia sia una manifestazione di capacità contributiva
da parte di chi perde la causa. Ma è prematuro parlarne.
Questo vecchio arnese lo deve eliminare proprio il Parlamento.
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(Il
Sole 24 Ore, 6 novembre 1999 - Norme e tributi)
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ROMA — La riforma degli obblighi tributari legati
all’attività giudiziaria ottiene il via libera del Senato. Mentre l’aula di
Palazzo Madama dà il disco verde, crescono le incognite sull’esito del cambio
di regime. Che, per il Governo, non vuole determinare una crescita del carico
fiscale sugli utenti del servizio giustizia.
La norma proposta dal Governo, che ha recepito gran parte delle indicazioni
maturate alla commissione Finanze della Camera, sopprime le imposte di bollo, la
tassa di iscrizione a ruolo e i diritti di cancelleria, per atti e provvedimenti
relativi a procedimenti civili, penali e amministrativi per sostituirle con un
contributo unificato di iscrizione a ruolo determinato proporzionalmente in base
al valore della controversia che viene esaminata dal giudice (si veda la tabella
a fianco).
Resta da capire quale possa essere l’effetto di un cambiamento che inciderà
profondamente sulla "prassi" giudiziaria. Il Governo, nella relazione
che ha accompagnato la presentazione dell’emendamento, ha sottolineato come
l’intervento «mira non tanto ad alterare il saldo complessivo del gettito,
tributario e non, derivante dal settore giurisdizionale, ma piuttosto a mutarne
radicalmente le modalità di prelievo, in chiave sostanzialmente di
semplificazione».
«La filosofia dell’intervento — sottolinea il relatore Paolo Giaretta (Ppi)
— è che l’utente ha un’idea chiara dei costi». E il provvedimento punta
alla neutralità fiscale anche se sembra difficile prevederne gli effetti,
soprattutto nella prima fase di assestamento. Ora la parola passa alla Camera:
probabilmente con in primo piano, come sottolinea Gabriella Pistone (Comunisti
italiani), che alla commissione Finanze è stata la relatrice del provvedimento,
il nodo dell’estensione del prelievo anche alla domanda riconvenzionale.
In ogni caso, la scelta del Governo potrebbe favorire la vita quotidiana degli
studi minori, dove le incombenze fiscali pesano di più sull’attività
dell’avvocato. Resta il problema della quantificazione del valore della lite e
il rischio che una diminuzione del prelievo sulla "produzione" di
fogli porti a una crescita esponenziale del carico cartaceo. Mentre la spesa
fiscale anticipata all’inizio della causa potrebbe essere
"recuperato" con maggiore facilità quanto più dura il procedimento.
J.M.D.
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V. anche Emendamento presentato dal Governo il 22 ottobre 1999 per la esenzione dall'imposta di bollo, soppressione dei diritti di cancelleria e delle tasse di iscrizione a ruolo e riduzione delle imposte per gli atti giudiziari