|
|
|
|
Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog |
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 6 marzo 2009 n. 5458 - Pres. Carbone, Rel. Amoroso - Azienda USL di Viareggio (Avv.ti Colacino e Ventura) c. B.M. (Avv. Sassani) - (rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario).
1. Giurisdizione e competenza - Concorso - Concorsi interni - Nell’ambito dei rapporti di pubblico impiego privatizzato - Procedure relative a progressione verso una qualifica superiore appartenente all'ambito della stessa "area" ovvero verso una qualifica superiore "tout court" - Controversie relative - Rientrano nella giurisdizione dell’A.G.O.
2. Giurisdizione e competenza - Pubblico impiego - Rapporti privatizzati - Controversie relative alle procedure di mobilità da una P.A. ad altra - Giurisdizione dell’A.G.O. - Circostanza che l’atto introduttivo chieda l’annullamento dei provvedimenti amministrativi - Irrilevanza.
3. Pubblico impiego - Rapporti privatizzati - Procedure di mobilità da una P.A. ad altra - Momento del loro perfezionamento - Individuazione - Possibilità per la P.A. di revocarle - Limiti - Individuazione - Fattispecie.
4. Lavoro - Processo del lavoro - Divieto di produzione di nuovi documenti in appello - Sussiste.
1. In materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell'ambito del pubblico impiego contrattualizzato, nel caso in cui il concorso interno riguardi la progressione verso una qualifica superiore appartenente all'ambito della stessa "area" ovvero verso una qualifica superiore "tout court", per il fatto che la contrattazione collettiva nazionale non utilizzi affatto il modulo organizzativo dell''area" per accorpare qualifiche ritenute omogenee - non opera l'art. 63, comma 4, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e conseguentemente si riespande la regola del comma 1, della medesima disposizione, che predica in generale la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie aventi ad oggetto il lavoro pubblico privatizzato (1).
2. Le procedure di mobilità dei dipendenti pubblici da un'Amministrazione ad un'altra non sono un concorso nè a questo sono equiparabili, sicchè non ricorre la fattispecie di cui all'art. 63, comma 4, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 che, in deroga alla regola generale, radica (eccezionalmente) la giurisdizione del giudice amministrativo. Per le controversie relative alle procedure di mobilità dei dipendenti pubblici, il cui rapporto di lavoro sia stato privatizzato, sussiste pertanto la giurisdizione del giudice del lavoro (2). Nè rileva che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di atto amministrativo, atteso che l'individuazione della giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda, il quale va identificato, in base al criterio del "petitum" sostanziale, all'esito dell'indagine sulla effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio.
3. In tema di procedure di mobilità dei dipendenti pubblici da un’Amministrazione ad un’altra, il diritto del dipendente in mobilità alla prosecuzione del rapporto di lavoro presso l'Amministrazione ad quem si perfeziona con l’assegnazione, e la relativa comunicazione, all’Amministrazione che ha deliberato di coprire la vacanza in organico, la quale, completatasi la procedura di mobilità con l’assegnazione del dipendente, non può più revocare la precedente determinazione rifiutando l’iscrizione, nel ruolo del proprio personale, del dipendente trasmigrato. Quest’ultima, infatti, può sì esercitare uno jus poenitendi deliberando la revoca del posto che inizialmente intendeva coprire, ma ciò non può più fare una volta che la procedura di mobilità si sia completata con l'assegnazione del dipendente all'Amministrazione richiedente (3).
4. Nel rito del lavoro, in base al combinato disposto dell'art. 416 c.p.c., comma 3, che stabilisce che il convenuto deve indicare a pena di decadenza i mezzi di prova dei quali intende avvalersi, ed in particolar modo i documenti, che deve contestualmente depositare - onere probatorio gravante anche sull'attore per il principio di reciprocità (Corte cost. n. 13 del 1977) - e art. 437 c.p.c., comma 2, che, a sua volta, pone il divieto di ammissione in grado di appello di nuovi mezzi di prova - fra i quali devono annoverarsi anche i documenti -, l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione (come a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata in causa del terzo); e la irreversibilità della estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali, rende il diritto stesso insuscettibile di reviviscenza in grado di appello (4).
---------------------------------------
(1) Cass., Sez. un., 20 aprile 2006, n. 9164, secondo cui, in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell'ambito del pubblico impiego contrattualizzato, solo ove sia identificabile una suddivisione in "aree" delle qualifiche in cui è suddiviso il personale delle pubbliche amministrazioni, perchè prevista dalla legge (per i dirigenti, articolati anche in "fasce", e con la mediazione della contrattazione collettiva di comparto, per i vice - dirigenti) o perchè introdotta anche per altre qualifiche da contratti o accordi collettivi nazionali di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 40, la procedura selettiva di tipo concorsuale (concorsi c.d. "interni") per l'attribuzione a dipendenti di Amministrazioni pubbliche della qualifica superiore che comporti il passaggio da un'area ad un'altra ha una connotazione peculiare e diversa, assimilabile alle "procedure concorsuali per l'assunzione", e vale a radicare - ed ampliare - la fattispecie eccettuata rimessa alla giurisdizione del giudice amministrativo di cui all'art. 63, comma 4, del citato decreto legislativo.
(2) Cfr. Cass., Sez. un., 25 marzo 2005, n. 6421, secondo cui, in tema di lavoro pubblico "privatizzato" ed in ipotesi di procedura di mobilità del personale docente riguardante i passaggi di cattedra e di ruolo della scuola secondaria superiore - adottata ai sensi del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 462 e segg., ("approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado") e successive modificazioni ed integrazioni, e sulla base dell'ordinanza ministeriale n. 23, prot. n. 8315/DM, in data 8 febbraio 2001 - va esclusa la configurabilità di situazioni di interesse legittimo e della giurisdizione amministrativa, mentre va ricondotto al diritto soggettivo l'interesse pregiudicato da decisioni assunte in esito a procedimenti riconducibili all'esercizio dei poteri del privato datore di lavoro le quali, non incidendo direttamente sui rapporti di lavoro dedotti in giudizio, determinano taluni assetti organizzativi del personale.
V. anche Cass., Sez. un., 12 dicembre 2006, n. 26420, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/cassu_2006-12-12.htm, secondo cui la mobilità volontaria prevista dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 33, come modificato da ultimo dalla L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 16, integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte le parti, e quindi una cessione del contratto, per cui è illegittima la pretesa di un nuovo patto di prova nell'amministrazione di destinazione, ove il patto di prova sia stato già superato nell'amministrazione di provenienza.
(3) Alla stregua del principio nella specie è stata confermata la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto illegittimo l’operato dell'Amministrazione di destinazione, la quale aveva deliberato la revoca del concorso per la copertura del posto in questione solo dopo che la procedura di mobilità si era già conclusa e quindi era già sorto il diritto del dipendente alla prosecuzione del rapporto; diritto in ordine al quale l'Amministrazione, esercitando un inesistente jus poenitendi, era venuta a trovarsi in una situazione di inadempienza correttamente accertata dai giudici di merito.
(4) Cass., Sez. un., 20 aprile 2005, n. 8202.
----------------------------------------
Documenti correlati:
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 12-12-2006, n. 26420, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/cassu_2006-12-12.htm (sulla inquadrabilità della mobilità volontaria dei dipendenti pubblici nello schema della cessione del contratto ex art. 1406 cod. civ., sul giudice competente a decidere le relative controversie e sulla necessità o meno della stipula di un nuovo contratto individuale di lavoro e di un patto di prova con l’Ente di destinazione).
CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 14-12-2004, n. 7974, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds4_2004-12-14-4.htm (sul diritto del personale trasferito ad altra amministrazione, per effetto di procedure di mobilità, di conservare l’anzianità raggiunta nella qualifica di provenienza).
TAR LAZIO - ROMA SEZ. II TER, sentenza 15-5-2007, n. 4400, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/tarlazio2_2007-05-15.htm (sul giudice competente a decidere una controversia relativa ad una procedura per l’assunzione di personale attraverso la mobilità esterna).
TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. V, sentenza 18-10-2006, n. 8616, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/tarcampna5_2006-10-18.htm (sulla legittimità o meno dell'indizione di un concorso senza avere previamente attivato le procedure di mobilità).
TAR PUGLIA - BARI SEZ. I, sentenza 22-3-2004, n. 1267, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/tarpugliaba1_2005-03-23-2.htm (sulla sussistenza o meno del diritto di un dipendente pubblico che ha partecipato ad una procedura di mobilità di accedere al curriculum di carriera e professionale di altro concorrente alla stessa procedura).
TAR PUGLIA - BARI SEZ. II, sentenza 28-5-2008, n. 1307, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/tarpugliaba2_2008-05-28.htm (sulla legittimità o meno di una delibera con la quale la G.M., nonostante la vigenza di una graduatoria di un precedente concorso ancora valida ed efficace, ha stabilito di fare ricorso alla mobilità esterna per la copertura di alcuni
TAR SARDEGNA - CAGLIARI SEZ. I, sentenza 22-12-2008, n. 2204, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/tarsardegna1_2008-12.htm (sulla legittimità o meno dell’indizione di un concorso pubblico senza il preventivo avvio delle procedure di trasferimento mediante mobilità da altre amministrazioni ex artt. 6 e 30 del D.L.vo n. 165 del 2001), con nota di commento di L. OLIVERI, Smentita la interpretazione restrittiva dell'ANCI.
TAR SARDEGNA - CAGLIARI, SEZ. II, ordinanza 18-6-2008, n. 253, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/tarsardegna2_2008-06-18.htm con commento di F. M. NURRA, Ancora sull’obbligo di attivare le procedure di mobilità prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico.
TAR SARDEGNA - CAGLIARI, SEZ. II, ordinanza 15-11-2007, n. 459, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/tarsardegna2_2007-11-15o.htm con commento di F. M. NURRA, L’obbligo di attivare le procedure di mobilità prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico.
![]()
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso al tribunale di Lucca la d.ssa B.M. riferiva di aver prestato servizio presso il comune di Lucca con qualifica dirigenziale e che, a seguito di una ristrutturazione aziendale, era stata collocata in disponibilità a decorrere dal 31.12.2004, data dalla quale era stata iscritta nell'elenco del personale delle pubbliche amministrazioni in disponibilità tenuto dalla provincia di (omissis) ai fini del suo ricollocamento obbligatorio presso altri enti pubblici, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 34 bis.
Riferiva, ancora, la ricorrente che, con lettera del 3.10.2005, l'Azienda U.S.L. n. (omissis) di Viareggio aveva comunicato alla Regione Toscana ed alla Provincia di Lucca la propria intenzione di procedere alla indizione di due concorsi pubblici per la copertura delle posizioni di Dirigente Unità Operativa Complessa Affari Generali e Legali e di Dirigente U.O.C. Controllo di gestione, precisando che le assunzioni in oggetto erano necessarie per far fronte ad esigenze di servizio assolutamente indilazionabili.
Con nota del 13.10.2005, la Provincia di Lucca, preso atto della iscrizione nelle proprie liste della ricorrente, avente la medesima professionalità oggetto del concorso, aveva provveduto ad assegnarla in mobilità alla Azienda U.S.L. n. (omissis) di Viareggio per la copertura del posto di dirigente U.O.C. Affari Generali e legali. Ciò nonostante, l'Amministrazione convenuta, inutilmente sollecitata dalla esponente, non aveva proceduto alla sua assunzione in servizio, ma anzi aveva provveduto a bandire un concorso pubblico per la copertura del medesimo posto di dirigente della U.O.C. Affari generali e legali.
2. La B. riferiva di avere allora presentato ricorso ex art. 700 c.p.c., avanti al Tribunale di Lucca, chiedendo la sua immediata immissione in servizio presso l'Azienda assegnataria.
In tale giudizio la convenuta, nel contestare la domanda attrice, aveva sostenuto che la procedura di assunzione per il posto di dirigente della U.O.C..
Affari Generali che aveva dato luogo al provvedimento di assegnazione della Provincia di Lucca era stata formalmente revocata avendo deciso l'azienda di non procedere più ad alcuna assunzione per coprire tale posizione e che tale provvedimento di revoca avrebbe travolto anche gli effetti dell'assegnazione disposta dalla Provincia di Lucca, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 34 bis, facendo venir meno ogni diritto della ricorrente al transito in mobilità presso l'azienda sanitaria. In ogni caso, secondo la resistente, l'atto di assegnazione non avrebbe potuto far nascere in capo alla ricorrente alcun diritto soggettivo di transitare in mobilità. Infine la convenuta faceva rilevare come la B. avesse già beneficiato di una precedente assegnazione disposta dalla Regione Toscana presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria (omissis) e, pertanto, non avrebbe potuto essere assegnata per la seconda volta ad altro ente.
Con ordinanza del 21.1.2006, il giudice del lavoro di Lucca accoglieva il ricorso cautelare.
Il provvedimento cautelare veniva però riformato, in sede di reclamo avanti al Tribunale di Lucca in composizione collegiale, in quanto, a suo giudizio, il precedente provvedimento di assegnazione della B. all'Azienda Ospedaliera Universitaria (omissis), con conseguente venir meno del suo stato di disponibilità, era ostativo ad una successiva assegnazione e, quindi, al sorgere di una posizione giuridica di diritto soggettivo.
3. Seguiva l'introduzione della causa di merito da parte della ricorrente al fine di veder definitivamente accertato il proprio diritto a prendere servizio presso l'amministrazione destinataria del provvedimento di assegnazione.
L'azienda convenuta contestava la domanda attrice, argomentando in ordine alla legittimità della revoca della procedura concorsuale, che aveva reso non più disponibili per la mobilità D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 34 bis, i due posti di dirigente amministrativo presso l'Azienda U.S.L. n. (omissis) di Viareggio.
La causa, senza necessità di svolgimento di attività istruttoria, è stata decisa dal tribunale di Lucca che con sentenza n. 442/06, emessa il 30.11.2006, accertava il diritto della ricorrente B. ad essere assunta presso l'Azienda U.S.L. n. (omissis) Versilia di Viareggio, con conseguente ordine all'azienda convenuta di ammetterla in servizio previa iscrizione nei propri ruoli. L'amministrazione resistente è stata, altresì, condannata al risarcimento del danno patito dalla B., consistente nelle differenze retributive tra lo stipendio base di cui avrebbe goduto se fosse stata tempestivamente immessa in servizio e l'indennità fino ad allora percepita dal comune di Lucca. Con la medesima pronuncia sono state respinte le ulteriori domande formulate dalla ricorrente e l'amministrazione convenuta è stata condannata al pagamento delle spese di lite.
4. Con ricorso depositato in data 16 gennaio 2007 l'Azienda U.S.L. n. (omissis) di Viareggio ha proposto appello principale nei confronti della sentenza n. 442/06, emessa il 30.11.2006 dal giudice del lavoro del Tribunale di Lucca.
In particolare l'appellante deduceva per la prima volta - assumendo di essere venuto a conoscenza dei fatti solo nelle more del giudizio d'appello - la (asserita) nullità del rapporto dirigenziale che legava l'ente di provenienza - il comune di Lucca - e la B..
L'appellata, ritualmente costituitasi, contestava la fondatezza dell'impugnazione avversaria, di cui chiede il rigetto, proponendo altresì appello incidentale per ottenere il risarcimento degli ulteriori danni (quello professionale ed esistenziale).
5. Con sentenza del 29 giugno - 10 settembre 2007 la Corte d'appello di Firenze rigettava l'appello principale e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale, condannava l'Azienda U.S.L. (omissis) di Viareggio al risarcimento dell'ulteriore danno patito dalla B. dopo la sentenza di primo grado e consistente nelle differenze retributive fra il trattamento stipendiale di cui avrebbe goduto in caso di immissione in servizio e quanto percepito fino al 31 dicembre 2006 a titolo di indennità da parte del Comune. Rigettava nel resto l'appello incidentale. Condannava l'Azienda USL al pagamento delle spese del grado.
6. Avverso tale sentenza la Azienda USL ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi. Di questi il primo è relativo al dedotto difetto di giurisdizione del giudice ordinario, talchè la causa è stata assegnata a queste Sezioni Unite.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Entrambe parti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Azienda sanitaria ricorrente ha proposto un complesso ricorso, articolato in sette motivi, con cui censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario essendo invece la controversia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo (primo motivo); per la mancata ammissione dei mezzi istruttori (secondo motivo); per la ritenuta inammissibilità della documentazione prodotta dall'Azienda per la prima volta in appello (terzo motivo); per non aver considerato che la B. non aveva diritto a ricoprire il posto di dirigente avvocato presso il comune di Lucca, nè poteva considerarsi vincolante per l'Azienda sanitaria la conciliazione tra l'intimata B. ed il comune di Lucca (quarto motivo); per la mancata considerazione (quinto motivo) dell'illegittimità della transazione tra il Comune di Lucca e l'intimata, nonchè della insussistente corrispondenza tra la professionalità richiesta dall'Azienda stessa (dirigente amministrativo) e quella posseduta dall'intimata (avvocato); per l'erroneo disconoscimento di uno jus poenitendi per l'amministrazione ad quem nelle procedure di mobilità del personale pubblico (sesto motivo); ed infine per non aver tenuto conto della precedente assegnazione della d.ssa B. nel contesto di una analoga procedura di mobilità (settimo motivo).
2. Il primo motivo del ricorso - con cui la ricorrente deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario - è infondato.
Ha in generale affermato questa Corte (Cass., sez. un., 20 aprile 2006, n. 9164) - e qui ribadisce ulteriormente - che in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell'ambito del pubblico impiego contrattualizzato, ove sia identificabile una suddivisione in "aree" delle qualifiche in cui è suddiviso il personale delle pubbliche amministrazioni, perchè prevista dalla legge (per i dirigenti, articolati anche in "fasce", e con la mediazione della contrattazione collettiva di comparto, per i vice - dirigenti) o perchè introdotta anche per altre qualifiche da contratti o accordi collettivi nazionali di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 40, la procedura selettiva di tipo concorsuale (concorsi c.d. "interni") per l'attribuzione a dipendenti di Amministrazioni pubbliche della qualifica superiore che comporti il passaggio da un'area ad un'altra ha una connotazione peculiare e diversa, assimilabile alle "procedure concorsuali per l'assunzione", e vale a radicare - ed ampliare - la fattispecie eccettuata rimessa alla giurisdizione del giudice amministrativo di cui all'art. 63, comma 4, del citato decreto legislativo. Fuori da questa ipotesi - ossia là dove il concorso interno riguardi la progressione verso una qualifica superiore appartenente all'ambito della stessa "area" ovvero verso una qualifica superiore "tout court", per il fatto che la contrattazione collettiva nazionale non utilizzi affatto il modulo organizzativo dell''area" per accorpare qualifiche ritenute omogenee - non opera detta fattispecie eccettuata dell'art. 63, comma 4, e conseguentemente si riespande la regola del comma 1, della medesima disposizione, che predica in generale la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie aventi ad oggetto il lavoro pubblico privatizzato.
Ciò posto in generale, deve considerarsi in particolare che la procedura di mobilità dei dipendenti pubblici da un'amministrazione ad un'altra non è un concorso nè a questo è equiparabile sicchè non ricorre la fattispecie eccettuata di cui al citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, che, in deroga alla regola generale, radica (eccezionalmente) la giurisdizione del giudice amministrativo.
Proprio in tema di procedure di mobilità questa Corte (Cass., sez. un., 25 marzo 2005, n. 6421) ha affermato che in tema di lavoro pubblico "privatizzato" ed in ipotesi di procedura di mobilità del personale docente riguardante i passaggi di cattedra e di ruolo della scuola secondaria superiore - adottata ai sensi del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 462 e segg., ("approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado") e successive modificazioni ed integrazioni, e sulla base dell'ordinanza ministeriale n. 23, prot. n. 8315/DM, in data 8 febbraio 2001 - va esclusa la configurabilità di situazioni di interesse legittimo e della giurisdizione amministrativa, mentre va ricondotto al diritto soggettivo l'interesse pregiudicato da decisioni assunte in esito a procedimenti riconducibili all'esercizio dei poteri del privato datore di lavoro le quali, non incidendo direttamente sui rapporti di lavoro dedotti in giudizio, determinano taluni assetti organizzativi del personale.
Nè rileva che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di atto amministrativo, siccome l'individuazione della giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda, il quale va identificato, in base al criterio del "petitum" sostanziale, all'esito dell'indagine sulla effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio. Cfr. anche Cass., sez. un., 12 dicembre 2006, n. 26420, secondo cui la mobilità volontaria prevista dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 33, come modificato da ultimo dalla L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 16, integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte le parti, e quindi una cessione del contratto, per cui è illegittima la pretesa di un nuovo patto di prova nell'amministrazione di destinazione, ove il patto di prova sia stato già superato nell'amministrazione di provenienza.
Pertanto correttamente la Corte d'appello di Firenze ha ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la presente controversia.
3. Il secondo motivo - con cui la ricorrente censura la mancata ammissione dei mezzi istruttori - è manifestamente infondato.
Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l'onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonchè di dimostrare sia l'esistenza di un nesso eziologico tra l'omesso accoglimento dell'istanza e l'errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell'errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Cass., sez. 1^, 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass., sez. lav., 22 luglio 2004, n. 13730). Cfr. anche Cass., sez. 2^, 11 giugno 2001, n. 7852, che ha precisato che il ricorrente per cassazione il quale denunci vizi della sentenza correlati al rifiuto del giudice di merito di dare ingresso ai mezzi istruttori ritualmente introdotti oppure l'omessa valutazione da parte dello stesso di una certa deposizione, ha l'onere da un lato di dimostrare l'esistenza di un nesso eziologico tra l'errore addebitato al giudice e la pronuncia emessa in concreto che senza quell'errore sarebbe stata diversa, al fine di consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove e, dall'altro, di indicare specificamente nel ricorso le deduzioni di prova che asserisce disattese onde consentire al giudice di legittimità la verifica, sulla sola base di tale atto di impugnazione e senza necessità di inammissibili indagini integrative, della validità e della decisività delle disattese deduzioni e senza che, stante il principio cosiddetto di "autosufficienza " del ricorso per cassazione, a tal fine possa svolgere alcuna funzione sostitutiva il riferimento, per relationem, ad altri atti o scritti difensivi presenti nei precedenti gradi di giudizio.
Ciò la ricorrente non ha fatto e quindi il motivo non può essere accolto.
4. Parimenti infondato è il terzo motivo con cui la ricorrente si duole della ritenuta inammissibilità della documentazione prodotta dall'Azienda per la prima volta in appello.
Le Sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un., 20 aprile 2005, n. 8202) risolvendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che nel rito del lavoro, in base al combinato disposto dell'art. 416 c.p.c., comma 3, che stabilisce che il convenuto deve indicare a pena di decadenza i mezzi di prova dei quali intende avvalersi, ed in particolar modo i documenti, che deve contestualmente depositare - onere probatorio gravante anche sull'attore per il principio di reciprocità (C. cost. n. 13 del 1977) - e art. 437 c.p.c., comma 2, che, a sua volta, pone il divieto di ammissione in grado di appello di nuovi mezzi di prova - fra i quali devono annoverarsi anche i documenti -, l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione (come a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata in causa del terzo); e la irreversibilità della estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali, rende il diritto stesso insuscettibile di reviviscenza in grado di appello.
Correttamente quindi la Corte d'appello ha ritenuto l'inammissibilità della produzione di nuovi documenti in appello.
5. Infondato è il quarto motivo con cui l'Azienda ricorrente deduce che non poteva considerarsi vincolante per essa la conciliazione tra l'intimata B. ed il comune di Lucca sicchè risultava che la B. non aveva diritto a ricoprire il posto di dirigente avvocato.
Il motivo è inammissibile perchè si tratta di questione non tempestivamente e ritualmente versata in causa.
In ogni caso c'è da considerare che da una parte che la conciliazione vincolava il Comune; d'altra parte, anche a ritenere che il presupposto della mobilità sia la legittima costituzione di un rapporto di pubblico impiego presso l'amministrazione a qua, sicchè l'amministrazione ad quem può rifiutare il dipendente assegnato eccependo l'illegittimità della costituzione dell'originario rapporto di lavoro il quale pertanto non può "proseguire", c'è comunque da considerare che non è stata questa la difesa dell'Azienda che si è limitata a revocare l'iniziale richiesta di copertura del posto assumendo che non ce ne fosse più necessità alcuna.
6. Il quinto motivo - con cui la ricorrente denuncia il vizio di motivazione dell'impugnata sentenza in ordine sia alla mancata considerazione dell'illegittimità della transazione tra il Comune di Lucca e l'intimata, sia alla mancata corrispondenza tra la professionalità richiesta dall'Azienda stessa (dirigente amministrativo) e quella posseduta dall'intimata (avvocato) - è inammissibile mancando il quesito ex art. 366 bis c.p.c..
In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, questa Corte (Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603) ha affermato che, poichè secondo l'art. 366 bis c.p.c., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall'art. 360 c.p.c., n. 5, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura di vizio di motivazione deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.
7. Infondato è il sesto motivo con cui la ricorrente si duole del mancato riconoscimento di uno jus poenitendi per l'amministrazione ad quem nelle procedure di mobilità.
Con l'assegnazione del dipendente in mobilità, comunicata all'amministrazione che ha deliberato di coprire una vacanza nel suo organico, si perfeziona il diritto del dipendente alla prosecuzione del rapporto di lavoro presso l'amministrazione ad quem; la quale può sì esercitare uno jus poenitendi deliberando la revoca del posto che inizialmente intendeva coprire, ma ciò non può più fare una volta che la procedura di mobilità si sia completata con l'assegnazione del dipendente all'amministrazione richiedente.
Una volta perfezionato il diritto del dipendente alla prosecuzione del rapporto di impiego, l'Amministrazione di destinazione non può più revocare la sua precedente determinazione e rifiutare l'iscrizione nel ruolo del proprio personale del dipendente trasmigrato per mobilità.
Nella specie invece l'Amministrazione di destinazione (ossia la Azienda sanitaria ricorrente) ha deliberato la revoca del concorso per la copertura del posto in questione solo dopo che la procedura di mobilità si era già conclusa e quindi era già sorto il diritto della B. alla prosecuzione del rapporto; diritto in ordine al quale l'Amministrazione ricorrente, esercitando un inesistente jus poenitendi, è venuta a trovarsi in una situazione di inadempienza correttamente accertata dai giudici di merito.
8. Infondato è il settimo motivo con cui la ricorrente censura l'impugnata sentenza per non aver tenuto conto della precedente assegnazione della d.ssa B. nel contesto di una analoga procedura di mobilità.
Correttamente la Corte d'appello ha rilevato che la prima assegnazione era stata travolta dalla pronuncia del tribunale di Siena che ne aveva dichiarato la nullità e nulla impediva alla B. di beneficiare di un nuovo avviamento al lavoro mediante altra procedura di mobilità.
9. Il ricorso quindi va nel suo complesso rigettato con affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.
Alla soccombenza consegue la condanna della Azienda ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 200,00, (duecento) per esborsi e in Euro 3.000,00 (tremila) per onorario d'avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2009.
Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2009.