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MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI - Circolare 22 giugno 2000 n. 823/400/93 prot. - Oggetto: Dpr 25 gennaio 2000, n. 34, recante il regolamento concernente il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche e integrazioni. Ulteriori indicazioni interpretative e operative.
Con la circolare esplicativa 1 marzo 2000 n. 182/400/93 questo Ufficio ha fornito prime indicazioni interpretative utili per l’immediata applicazione delle nuove norme in materia di appalti pubblici, con particolare riferimento al Dpr 34/2000 in materia di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici.
A seguito delle
numerose richieste pervenute, sono emerse ulteriori questioni che necessitano di
essere opportunamente chiarite, almeno per quanto concerne aspetti che
presentano spiccato interesse generale.
A) Lavori di importo inferiore ai 150.000 euro
L’articolo 28 del Dpr 34/2000 in attuazione di quanto previsto dal comma 11-quinquies dell’articolo 8 della Legge - quadro, stabilisce i requisiti di ordine generale, tecnico e organizzativo, che le imprese devono possedere per l’esecuzione dei lavori di importo inferiore ai 150.000 euro, per i quali non è obbligatoria la qualificazione disciplinata dal nuovo sistema.
Il livello di requisiti dettato dal citato articolo 28 deve intendersi come inderogabile da parte della stazione appaltante, che non può prevedere requisiti maggiori o ulteriori rispetto a quelli fissati dalla norma, come peraltro previsto esplicitamente dall’articolo 1 comma quattro del Regolamento n. 34/00.
La stazione appaltante deve specificare nel bando le caratteristiche del lavoro richiesto, al fine di consentire anche la partecipazione di imprese che abbiano eseguito lavori diversi, che presentino tuttavia una correlazione tecnica oggettiva con i lavori da eseguire.
Sono lavori utili ai fini dell’ammissione alla gara non solo quelli effettivamente svolti dall’impresa, ma anche quelli eseguiti da altro soggetto, sotto la responsabilità del direttore tecnico dell’impresa richiedente, qualora l’impresa abbia assunto tale figura professionale nel proprio organico.
Infatti, il requisito è di natura tecnico organizzativa e pertanto la sua sussistenza, ai sensi del comma 3 dell’articolo 28, è determinata e documentata secondo quanto previsto dal titolo III del regolamento di qualificazione. All’interno del titolo III ora citato, l’articolo 18, comma 14, consente la dimostrazione dei lavori eseguiti attraverso l’esperienza professionale del proprio direttore tecnico.
La facoltà di avvalersi dell’esperienza del direttore tecnico vale anche con riferimento all’importo dei lavori eseguiti, ai fini della determinazione del diverso requisito del costo del lavoro di cui all’articolo 28, comma 1, lettera b, salvi in ogni caso gli abbattimenti ivi previsti.
Inoltre, sempre relativamente all’importo dei lavori eseguiti, sono stati sollevati dubbi interpretativi relativamente al fatto che l’articolo 28 si riferisce all’importo «del contratto da stipulare», laddove in altre norme del regolamento (articoli 31 e 32) il requisito della cifra di affari è rapportato all’importo «dell’appalto da affidare».
Nel suddetto contesto, le due espressioni «contratto da stipulare» e «appalto da affidare» si riferiscono in modo unitario ed equivalente al dato economico, valore dell’appalto, posto a base della procedura, concorsuale o negoziata che sia. Nonostante la formulazione della norma, vale in ogni caso il principio per cui i requisiti vanno determinati ed accertati con riferimento alla dimensione economica dell’appalto fissata al momento dell’avvio della procedura di affidamento da parte della stazione appaltante.
Per quanto riguarda il requisito dell’attrezzatura tecnica, l’articolo 28, comma 1, lettera c) prescrive che essa debba essere "adeguata" senza fornire ulteriori specificazioni in ordine alle modalità di valutazione.
Si ritiene che la sussistenza del requisito non deve essere necessariamente verificata in termini di relazione proporzionale tra ammortamento e cifra d’affari, come avviene, nella fase transitoria, per i lavori di importo superiore, ma può essere valutata in rapporto alla natura ed all’importo dell’appalto da affidare. Naturalmente, a regime, le stazioni appaltanti non saranno tenute a valutare l’adeguatezza dell’attrezzatura posseduta dalle imprese che abbiano l’attestazione rilasciata dalle Soa per la partecipazione ad appalti di valore superiore ai 150.000 euro, dovendosi ritenere senz’altro adeguata l’attrezzatura di tali imprese anche per la realizzazione di lavori di importo inferiore alla soglia di qualificazione.
Poiché è possibile
che l’assenza di un chiaro parametro di "adeguatezza" possa generare
difficoltà in sede di gara, nella concreta valutazione della sussistenza del
requisito, con inevitabile contenzioso, si suggerisce alle amministrazioni
appaltanti di inserire nel bando una specifica descrittiva dell’attrezzatura
tecnica che si ritiene "adeguata" per la realizzazione
dell’intervento e che l’impresa può avere, indifferentemente, in proprietà,
in locazione finanziaria o in noleggio. Ovviamente, al fine di non rendere
eccessivamente rigido il criterio di valutazione, è opportuno che le
amministrazioni appaltanti, sempre nel bando di gara, precisino che è
consentito alle imprese candidate che non siano in possesso dell’attrezzatura
specificata, di dimostrare con la produzione di idonea relazione tecnica
l’equivalenza dell’attrezzatura posseduta rispetto a quella richiesta.
B)Certificazione dei lavori eseguiti
È stato formulato a questo Ufficio un quesito circa la sostituibilità dell’attestato di buon esito dei lavori eseguiti sui beni sottoposti a tutela previsto dal comma 7 dell’articolo 22 e dal comma 2 dell’articolo 28, in considerazione delle difficoltà spesso incontrate dalle imprese nell’ottenere tempestivamente il rilascio del documento da parte delle autorità competenti.
Interpellato al riguardo l’Ufficio centrale per i beni artistici, architettonici, archeologici e storici, si ritiene che, sulla base della vigente legislazione, possa essere seguita anche la procedura di seguito specificata.
Il rappresentante legale dell’impresa candidata potrà trasmettere alla competente Soprintendenza l’autocertificazione di buon esito dei lavori effettuati, indicando esplicitamente gli estremi della gara (in particolare, l’amministrazione procedente e il termine di presentazione delle offerte) per la quale la dichiarazione è resa, invitando la suddetta Soprintendenza a far pervenire alla stazione appaltante l’eventuale rettifica rispetto a quanto dichiarato. In sede di gara l’impresa candidata dovrà dare evidenza documentale dell’avvenuta trasmissione alla Soprintendenza della suddetta autocertificazione, oltre a produrre il certificato o la dichiarazione contenenti i dati relativi ai lavori eseguiti, secondo quanto previsto dal decreto n. 34/2000, rilasciati dal comittente. L’impresa assume piena responsabilità della veridicità di quanto dichiarato.
Sono pervenute ulteriori richieste di chiarimento in ordine ai certificati di esecuzione dei lavori di cui all’articolo 22, comma 7.
Al riguardo si ricorda che detti certificati, redatti in conformità allo schema di cui all’allegato D, dovranno essere rilasciati dalla amministrazione committente, anche in relazione a lavori in corso o lavori ultimati, anche se non ancora collaudati.
L’attestazione del buon esito dei lavori stessi, infatti, prescinde dalle risultanze del collaudo, riguardando esclusivamente il fatto che i lavori di cui trattasi siano stati eseguiti «a regola d’arte ed in conformità al progetto e al contratto», ciò che costituisce oggetto della specifica funzione del direttore dei lavori (articolo 124 del Dpr n. 554/1999 e articolo 3 Rd n. 350/1895).
Va inoltre precisato che ai sensi dell’articolo 25 del Dpr n. 34/2000, la qualificazione dell’impresa viene effettuata con riferimento alla categoria prevalente risultante dal certificato di esecuzione lavori. Tuttavia è evidente che, nell’ipotesi di lavori effettuati in associazione di tipo verticale, la qualificazione delle imprese sarà fatta per la mandataria, in rapporto alla categoria prevalente, per le mandanti in rapporto alle categorie relative alle lavorazioni scorporate da esse assunte.
Analogamente, per l’impresa singola che abbia eseguito i lavori nella categoria pevalente e in alcune o tutte le categorie scorporate, la qualificazione sarà effettuata nelle relative categorie per i rispettivi importi.
Relativamente all’allegato D si osserva quanto segue.
Innanzitutto al quadro
A si precisa che la voce «importo complessivo dell’appalto» si riferisce
all’importo a base d’asta indicato nel bando di gara, mentre la successiva
voce «importo del contratto», posta alla fine nel quadro B, riguarda
l’importo contrattuale totale, comprensivo delle eventuali perizie di
varianti.
Relativamente al quadro C, per la parte «imprese subappaltatrici e/o
assegnatarie» e «importo al netto dei subappalti e delle assegnazioni», è
stato fatto rilevare come l’utilizzo di un unico schema riassuntivo non giovi
alla chiarezza della evidenziazione dei soggetti e degli importi utili ai fini
della qualificazione e ciò soprattutto con riguardo al caso di imprese
assegnatarie che subappaltano a propria volta.
Al riguardo si ritiene
che nulla osti a che il responsabile del procedimento esplichi nel certificato i
dati concernenti le voci «lavorazioni, importi, categorie imprese, sede»
disaggregandoli ed indicandoli in due distinte tabelle, l’una con riferimento
al subappalto o assegnazione effettuati dal consorzio, l’altra con riferimento
all’eventuale subappalto operato dall’assegnataria; in tale ipotesi potrà
altresì intendersi superata la necessità di indicazione dell’importo al
netto dei subappalti e delle assegnazioni.
C)Noleggio di attrezzatura tecnica
Da più parti è stato sollecitato un chiarimento in ordine alla effettiva valutabilità dei canoni di noleggio ai fini della determinazione del requisito dell’adeguatezza della attrezzatura tecnica.
L’articolo 18, comma 8, con riferimento al requisito utile ai fini della qualificazione, specifica che l’adeguata attrezzatura tecnica consiste nella «dotazione stabile di attrezzature, mezzi d’opera ed equipaggiamento tecnico in proprietà, in locazione finanziaria o in noleggio». Il medesimo comma precisa che l’importo degli ammortamenti, dei canoni di locazione finanziaria o di noleggio deve rappresentare un valore almeno pari al 2% della cifra d’affari dell’impresa e deve essere «costituito per almeno la metà dagli ammortamenti e dai canoni di locazione finanziaria». Sembrerebbe pertanto che i canoni di noleggio non possano essere considerati unitamente agli ammortamenti e ai canoni di locazione finanziaria al fine di contribuire a raggiungere il valore minimo dell’1% richiesto dalla norma.
Tuttavia va considerato che il tetto minimo dell’1% fissato dall’articolo 18, comma 8, ha il fine di identificare l’attrezzatura "stabilmente" in possesso dell’impresa, escludendo quei mezzi d’opera e quegli equipaggiamenti tecnici che, attraverso brevi noleggi, entrano solo occasionalmente e incidentalmente nella disponibilità dell’imprenditore, al limitato fine di eseguire un particolare appalto, senza quindi concorrere alla determinazione della effettiva consistenza del "parco attrezzature" ordinariamente nella disponibilità dell’impresa. Inoltre, il regolamento intende evitare la possibilità di raggiungere il requisito richiesto per legge mediante l’accensione di consistenti contratti di noleggio, provvedendo poi alla risoluzione e/o al recesso dagli stessi non appena raggiunto l’obiettivo della qualificazione.
Alla luce delle finalità della norma, pertanto, deve concludersi che i noleggi che il Regolamento prescrive di contenere entro l’1% sono i noleggi finalizzati all’acquisizione temporanea dell’attrezzatura da destinare ad una determinata commessa.
Al contrario, tutte le forme di noleggio di attrezzatura stabilmente connessa all’organizzione aziendale non presentano, relativamente agli aspetti che interessano, alcuna effettiva differenza con la locazione finanziaria. Difatti, il "noleggio" definito dal regolamento va ricondotto alla fattispecie tipica della locazione di cosa mobile (articolo 1571 Codice civile), finalizzata ad assicurare il godimento di un bene verso il pagamento di un corrispettivo. Per "locazione finanziaria" ci si riferisce normalmente alla fattispecie del contratto di leasing, finalizzato al finanziamento di un soggetto, allo scopo di consentirgli il godimento di un determinato bene, con la facoltà per l’utilizzatore di "riscattare" la proprietà stessa del bene al termine del contratto.
La locazione finanziaria cui si riferisce il requisito non ha invece come obiettivo finale l’acquisto della proprietà del bene — acquisto che resta una facoltà e non un obbligo per l’utilizzatore — ma unicamente il godimento, con la possibilità di fruire delle detrazioni fiscali previste per legge. Per le specifiche finalità dell’articolo 18, comma 8, pertanto, non sussiste alcuna sostanziale differenza tra la locazione stabile di una attrezzatura e la locazione finanziaria della stessa senza esercizio della facoltà di riscatto. Quindi, sarebbe illogico trattare differentemente, ai fini dell’accertamento del requisito di qualificazione, il noleggio inteso come locazione di attrezzatura stabilmente connessa all’organizzazione aziendale rispetto alla locazione finanziaria.
Di conseguenza, si
ritiene che, al fine di costituire la metà del valore del 2%, possano essere
validamente considerati gli ammortamenti, i canoni di locazione finanziaria,
nonché i canoni di leasing operativo e i canoni di locazione (noleggio) purché
relativi ad attrezzatura stabilmente connessa all’organizzazione aziendale.
D) Subappalto
Altra questione riguarda la disciplina del subappalto. L’articolo 30 del
regolamento esclude l’obbligo di indicare esplicitamente nel bando le parti
costituenti l’opera o il lavoro nel caso in cui tali parti siano singolarmente
di importo inferiore al 10% dell’importo complessivo dell’affidamento, o
comunque di importo inferiore a 150.000 euro.
La disciplina del subappalto è attualmente regolata dalla norma di rango
primario dell’articolo 18 della legge 55/1990, come modificato dall’articolo
34 della legge quadro in materia di lavori pubblici. Per effetto della citata
disposizione, le lavorazioni diverse da quella prevalente, indicate nel bando,
possono essere subappaltate o scorporate nella loro interezza a scelta
dell’offerente; il principio è desumibile con estrema chiarezza dal comma 3
dell’articolo 18 legge 55/90, che fissa il limite quantitativo del trenta per
cento solo con riferimento al subappalto delle lavorazioni appartenenti alla
categoria prevalente.
A ciò si aggiunga che ai sensi del medesimo articolo 18, comma 12, sono
considerati subappalto i noli a caldo e le forniture in opera che siano di
importo superiore al due per cento dell’importo complessivo dei lavori
affidati, o comunque di importo superiore a 100.000 euro, e qualora
l’incidenza del costo della manodopera sia superiore al 50% del valore del
contratto.
Le norme ora richiamate conducono ad affermare che l’aggiudicatario:
ha la facoltà incondizionata di avvalersi del subappalto o dello scorporo per
tutto quanto esula dalla categoria prevalente, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 13, comma 7, della legge n. 109/94;
inoltre, ha la facoltà di subappaltare il trenta per cento delle lavorazioni
della categoria prevalente, fermo restando che su tale limite incidono anche le
lavorazioni non indicate separatamente nel bando in quanto di valore inferiore
ai limiti fissati dal menzionato articolo 30 del regolamento;
infine, può liberamente affidare a terzi nell’ambito dell’organizzazione
dell’impresa, senza che ciò costituisca subappalto, i noli a caldo e le
forniture in opera di importo inferiore ai limiti fissati dall’articolo 18,
comma 12, della legge n. 55/1990 (due per cento del valore complessivo
dell’appalto o 100.000 Euro e/o incidenza della manodopera inferiore al 50%).
Nel rispetto del comma 3, punto 1), dell’articolo 18 in questione, il concorrente deve indicare nell’offerta tutti i lavori che intende subappaltare.
Se un concorrente
omette di rendere la dichiarazione, da un lato l’autorizzazione al subappalto
non potrà essere accordata in corso d’opera, dall’altro lato la stazione
appaltante al momento della gara dovrà verifìcare il possesso da parte
dell’impresa dei requisiti di qualificazione necessari — nel caso in cui
questi fossero obbligatori — per eseguire le lavorazioni non oggetto di
subappalto.
E)Licitazione privata semplificata
Per quanto riguarda la
licitazione privata semplificata, ad integrazione e parziale modifica della
precedente circolare, si suggerisce alle Stazioni appaltanti che annoverino
negli elenchi costituiti ai sensi dell’articolo 23 comma 1-ter della
legge-quadro un numero elevato di imprese, di non procedere ad una preventiva
qualificazione generalizzata di queste ultime, ma di effettuare tale verifica
nella singola gara utilizzando il meccanismo del controllo a campione di cui
all’articolo 10, comma 1 quater, della legge 109/1994. Naturalmente,
dell’avvenuta verifica positiva dei requisiti dovrà tenersi conto per le
successive procedure avviate dalla medesima stazione appaltante, che potrà
escludere dal sorteggio le imprese già precedentemente verifìcate.
F) Verifica a campione
In ordine alle problematiche emerse relativamente alla verifica a campione da eseguirsi ai sensi dell’articolo 10, comma 1 quater della legge quadro, si richiama quanto esposto nelle precedenti circolari 11285/ 508/333 del 25 ottobre 1999 e 182/400/93 del 1° marzo 2000, con le seguenti ulteriori precisazioni.
La verifica a campione in senso stretto riguarda i soli requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa, benché le Stazioni appaltanti abbiano facoltà, ai sensi della normativa vigente, di disporre la contemporanea verifica a campione anche dei requisiti di carattere generale; solo per questi ultimi si ribadisce che la verifica dovrà svolgersi nel rispetto delle norme sulla semplificazione contenute nella legge n. 127/1997 e nel Dpr n. 403/98.
Tornando alla verifica a campione in senso stretto, concernente i soli requisiti economico-finanziari, si osserva che gli stessi vengono dimostrati mediante documenti che ai sensi della speciale disciplina di cui all’articolo 10, comma 1 quater, della legge n. 109/1994, debbono essere presentati dai concorrenti sorteggiati. Tuttavia non possono ignorarsi alcuni dati di fatto. Ad esempio l’impresa individuale deve comprovare alcuni requisiti mediante produzione delle dichiarazioni fiscali, il cui originale si trova presso l’amministrazione delle finanze, che non ne rilascia copia autentica. In tal caso, si ritiene ammissibile ai fini dell’adempimento dell’onere probatorio che le stazioni appaltanti accettino come documenti validi, le copie fotostatiche delle dichiarazioni presentate dall’interessato ovvero dei bilanci depositati, corredate da una dichiarazione impegnativa di conformità da parte del concorrente, nonché da copia della ricevuta di presentazione ovvero della nota di deposito, con indicazione dell’amministrazione presso la quale gli originali stessi si trovano. Tale procedura è in linea con il disposto dell’articolo 18, comma 2, della legge n. 241/1990.
Al riguardo si ritiene opportuno chiarire, a precisazione dell’orientamento espresso dall’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici nell’atto di regolazione n. 15/2000, che detta disposizione prevede che il responsabile del procedimento debba provvedere d’ufficio all’acquisizione diretta dei documenti comprovanti fatti, stati e qualità dichiarati dall’interessato non solo quando la suddetta documentazione si trovi presso l’amministrazione procedente, ma anche quando si trovi presso qualunque "altra pubblica amministrazione". Trattandosi, pertanto, di facoltà garantita al cittadino da una legge ordinaria dello Stato, la stessa non appare derogabile da una pubblica amministrazione in una procedura di verifica che può condurre a gravi conseguenze sanzionatorie. Una volta accertata l’eventuale falsità dei documenti prodotti in copia, ancorché esaurita la procedura di verifica, la stazione appaltante potrà procedere alla denuncia all’autorità giudiziaria.
Infine, è opportuno che le singole stazioni appaltanti non sottopongano a controllo le imprese che risultino essere già state sottoposte a verifica, con esito positivo, in occasione di altra procedura bandita nell’anno precedente dalla medesima amministrazione per l’affidamento di lavori di valore uguale o superiore rispetto a quello oggetto di gara. A tal fine, le imprese stesse potrebbero dichiarare la circostanza all’atto della dichiarazione del possesso dei requisiti, salva comunque la responsabilità delle stesse per eventuali difformità sopravvenute.
Per ulteriori riferimenti v. la pagina della legislazione sui LL.PP. e la pagina dedicata alla L. Merloni ter.