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DISEGNO DI LEGGE avente come oggetto: «Integrazioni e modifiche alle disposizioni sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare» (approvato dal CdM del 22 dicembre 2006).
SOMMARIO: 1. Relazione illustrativa. 2. Relazione tecnica. 3. Testo del disegno di legge.
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RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Il provvedimento intende intervenire sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare, al fine di evitare che istituti e procedure finalizzate a semplificare ed accelerare la definizione dei giudizi penali possano determinare dei benefici indiretti sul rapporto di lavoro con l’amministrazione, pregiudicando l’esercizio dell’azione disciplinare.
L’art. 1 estende l’estinzione del rapporto di lavoro ai casi in cui il lavoratore abbia beneficiato di riduzioni nella commisurazione della sanzione, per essere stato condannato al termine del giudizio abbreviato ovvero in virtù dell’applicazione della pena su richiesta della parte. Perché si abbia estinzione del rapporto, la pena deve comunque risultare non inferiore a due anni, sia in caso giudizio abbreviato che in caso di applicazione della pena su richiesta di parte (in modo proporzionale alla rispettiva riduzione prevista "di un terzo" o "fino a un terzo" della pena per tali giudizi).
Il ricorso ad istituti processuali deflattivi, se a pieno titolo può incidere sull’afflittività penale, non può compromettere gli effetti estintivi del rapporto di lavoro attribuiti dalla legge al giudicato. Invero è il fatto-reato in sé a minare il carattere fiduciario del rapporto tra l’amministrazione datore di lavoro ed il dipendente. La circostanza che la pena possa essere decurtata per ragioni processuali non può, dunque, attenuare l’impatto del fatto sul rapporto di lavoro. In ogni caso, poiché l’estinzione segue a condanne superiori a due anni in caso di giudizio abbreviato o di applicazione della pena a seguito di patteggiamento (fermo restando il limite di tre anni ove la pena sia irrogata al termine del rito dibattimentale) deve ritenersi rispettata l’interpretazione della Corte costituzionale, secondo cui l’automaticità degli effetti sul rapporto di lavoro può collegarsi solo a vicende che rendano comunque intollerabile la prosecuzione del rapporto di impiego.
L’articolo 2 modifica il comma 1 dell’articolo 445 del codice di procedura penale ("effetti dell’applicazione della pena su richiesta"). La predetta norma prevede, infatti, che, quando la pena irrogata ex art. 444, comma 2, cpp, non superi i due anni, la relativa sentenza non comporta, tra l’altro, l’applicazione di pene accessorie. La clausola di salvezza introdotta dall’art. 2 del disegno di legge in esame ("salvo quanto previsto dall’articolo 32-quinquies del codice penale") consente, invero, di applicare l’art. 32-quinquies, oltre che alle ipotesi di condanna ad una pena superiore a due anni, anche ai casi in cui la sentenza di cd. patteggiamento preveda la condanna ad una pena detentiva di due anni.
L’art. 3 precisa, invece, che il termine di estinzione entro cui deve concludersi il procedimento disciplinare decorre dalla data di ricezione della sentenza da parte dell’ufficio competente ad avviare il procedimento stesso (comma 1). Tale prescrizione intende escludere dal computo del termine generale di conclusione del procedimento il lasso temporale intercorrente fra la conoscenza dell’esito del giudizio da parte dell’amministrazione e l’avvio del procedimento. Combinando questa prescrizione con la disposizione introdotta nel comma 5 aggiunto all’art. 5 della legge 27 marzo 2001, n. 97, si concentra nell’ufficio competente ad avviare il procedimento disciplinare la responsabilità del procedimento stesso.
Il secondo comma intesta – ferme restando le ipotesi di responsabilità penale e disciplinare – la responsabilità per l’inerzia nell’attivazione o prosecuzione del procedimento disciplinare in capo al soggetto preposto all’istruttoria del procedimento ovvero al titolare dell’ufficio a ciò deputato, nonché, ove diversi, in capo ai soggetti competenti ad adottare o deliberare la sanzione disciplinare (comma 5, aggiunto all’art. 5 della legge n. 97/2001). La conservazione del rapporto di lavoro o la mancata sanzione disciplinare come conseguenza di inadempiuta valutazione del comportamento del dipendente pubblico per vizio procedimentale imputabile a tali soggetti predetermina la responsabilità di questi ultimi per danno all’immagine dell’amministrazione, ferma restando la valutazione dell’elemento soggettivo per dolo o colpa grave. Oltre ai profili afferenti il danno, l’inerzia o tardività nell’attivazione dei procedimenti in questione costituiscono elementi di valutazione ai fini della responsabilità (disciplinare o dirigenziale) del soggetto al quale sia imputabile il predetto comportamento. L’obbligo di istruttoria e trasmissione degli accertamenti in tema di attivazione dei procedimenti disciplinari, conferito agli organi di controllo interno, implica, infatti, come ulteriore conseguenza, il necessario apprezzamento di tale elemento fra quelli sottesi al sindacato sulle performance dirigenziali.
L’articolo 4 introduce, inoltre, obblighi di comunicazione, da effettuarsi preferibilmente con modalità di trasmissione telematica, fra uffici amministrativi.
In particolare, il comma 1 dell’art. 154-ter disp. att. c.p.p. (decreto legislativo n. 271 del 1989), come introdotto dall’art. 4, comma 1, del disegno di legge in esame, sana un vulnus del sistema vigente, nel quale la Procura della Repubblica competente comunica all’Amministrazione l’avvio dell’azione penale, senza tuttavia dare notizia dell’eventuale sentenza di condanna. Da qui l’incertezza in cui versano le amministrazioni, costrette a dover richiedere, periodicamente, agli uffici di supporto dell’autorità giudicante gli aggiornamenti in merito all’esito del giudizio. Una volta posto a carico della cancelleria dell’organo giudicante l’onere di trasmettere l’estratto della sentenza di condanna, le amministrazioni sono poste nelle condizioni di avviare più agevolmente i procedimenti di propria competenza.
L’analogo obbligo per la cancelleria dell’autorità giudicante di trasmettere all’Ispettorato del Dipartimento della funzione pubblica gli estratti delle sentenze recanti condanne (o applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p.) alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno ovvero per i reati di cui all’articolo 32-quinquies del codice penale (comma 2, art. 154-ter disp. att. c.p.p.) alimenta ulteriormente il circuito informativo tra gli apparati pubblici, consentendo all’Ispettorato del Dipartimento della funzione pubblica di monitorare i comportamenti degli uffici delle pubbliche amministrazioni.
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RELAZIONE TECNICA
La presente relazione tecnica è volta a precisare che l’attuazione del presente disegno di legge non determina ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Si evidenzia, in particolare, quanto segue.
Il comma 5 dell’art. 5 della legge n. 97 del 2001, aggiunto dall’art. 3, comma 2, del disegno di legge in esame, prevede la responsabilità dei soggetti preposti all’istruttoria dei procedimenti disciplinari ovvero titolari dei relativi uffici, nonché degli organi competenti ad adottare o deliberare la sanzione disciplinare, per il danno cagionato all’immagine dell’amministrazione nei casi di mancata applicazione della predetta sanzione per decadenza dei termini o per altri motivi attinenti alla regolarità del procedimento.
Dall’applicazione di tale disposizione – che è volta ad incidere su situazioni patologiche relative all’esercizio della funzione amministrativa sanzionatoria – potranno derivare maggiori introiti per la finanza pubblica, che non possono, però, essere previamente quantificati, essendo il riconoscimento del danno all’immagine della P.A. eventuale (in quanto è necessaria la violazione della norma) ed essendo la sua entità rimessa alla valutazione equitativa dei singoli giudici chiamati ad accertare l’eventuale responsabilità civile dei soggetti contemplati dalla norma in questione.
I maggiori introiti derivanti dall’entrata in vigore della disposizione sopra illustrata potranno in ogni caso certamente compensare le eventuali maggiori spese derivanti dall’onere di effettuare la comunicazione dell’estratto della sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. alle amministrazioni ed enti pubblici (o a prevalente partecipazione pubblica) di appartenenza dei singoli dipendenti ed all’Ispettorato della funzione pubblica (nei casi di condanna alla reclusione per un tempo inferiore ad un anno ed in tutti i casi di condanna per i reati di cui all’art. 32-quinquies c.p.), previsto dai commi 1 e 2 dell’art. 154-ter disp. att. c.p.p., come aggiunto dall’art. 4, comma 1, del presente provvedimento, la quale, comunque, dovrà essere effettuata facendo ricorso agli ordinari stanziamenti di bilancio.
Occorre, inoltre, sottolineare che il predetto onere di comunicazione potrebbe essere assolto preferibilmente utilizzando le modalità di trasmissione telematica, eliminando, quasi del tutto, ogni onere a carico dell’amministrazione della giustizia.
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TESTO DEL DISEGNO DI LEGGE
Articolo 1
(Modifiche all’articolo 32quinquies codice penale)
1. All’articolo 32-quinquies c.p. dopo le parole: "tre anni" sono inserite le seguenti: ", ovvero a due anni ove irrogata all’esito dei giudizi di cui agli articoli 438 e 444 del codice di procedura penale,".
Articolo 2
(Modifiche all’art. 445 codice di procedura penale)
1. All’articolo 445, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: "pene accessorie" sono inserite le seguenti: ", salvo quanto previsto dall’articolo 32-quinquies del codice penale,".
Articolo 3
(Modifiche ed integrazioni alla legge 27 marzo 2001, n. 97)
1. All’articolo 5 della legge 27 marzo 2001, n. 97, comma 4, secondo periodo, le parole: "dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per" sono così sostituite: "dalla ricezione della sentenza da parte dell’ufficio competente ad avviare".
2. All’articolo 5 della legge 27 marzo 2001, n. 97, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente comma:
"5. Fatte comunque salve le ipotesi di responsabilità penale e disciplinare, la mancata applicazione della sanzione disciplinare per decadenza dai termini o per altri motivi attinenti alla regolarità del procedimento, comporta la responsabilità del soggetto preposto all’istruttoria del procedimento ovvero del soggetto titolare del relativo ufficio, nonché, ove diversi, degli organi competenti ad adottare o deliberare la sanzione disciplinare, per il danno cagionato all’amministrazione. Gli organi di controllo interno sono tenuti alle necessarie verifiche e segnalazioni agli organi competenti in materia di accertamento della responsabilità disciplinare o dirigenziale.".
Articolo 4
(Comunicazione della sentenza di condanna o di applicazione della pena)
1, Dopo l’articolo 154-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è aggiunto il seguente articolo:
"154-ter Comunicazione della sentenza di condanna o di applicazione della pena.
1. La cancelleria del giudice che ha emesso una sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., nei confronti di un dipendente di un’amministrazione od ente pubblico, ovvero di ente a prevalente partecipazione pubblica, ne comunica l’estratto, preferibilmente con modalità di trasmissione telematica, all’amministrazione o ente da cui il soggetto dipende.
2. Nei casi di condanna o di applicazione di pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno, nonché in tutti i casi di condanna o di applicazione di pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per i reati di cui all’articolo 32-quinquies del codice penale, l’estratto della sentenza deve essere comunicato, con le modalità di cui al comma 1, anche al Dipartimento della funzione pubblica – Ispettorato per la funzione pubblica, per gli adempimenti di competenza, ivi compresa la verifica dell’attivazione del procedimento disciplinare.".