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Articoli e note

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Giovanni Virga
(Associato di diritto amministrativo nell'Università degli Studi di Palermo)

Sentenze di annullamento dell'atto negativo di controllo
e provvedimenti conseguenziali

Sino a qualche anno addietro si riteneva solitamente (ed il principio era da considerare pacifico, essendo affermato, sia pur implicitamente, dalla totalità della giurisprudenza) che l’annullamento giurisdizionale di un atto negativo di controllo di legittimità comportava in ogni caso l’acquisizione dell’efficacia da parte dell’atto soggetto a controllo (1).

Tale principio costituiva, secondo l’opinione allora corrente, il logico corollario di una serie di principi altrettanto pacifici e più generali secondo i quali il controllo di legittimità poteva essere esercitato non più di una volta ed il relativo potere si esauriva una volta emesso l’atto di controllo; con l’ulteriore conseguenza che, una volta esercitato il controllo in maniera esplicita (e cioè con l’emissione di un apposito provvedimento) ovvero in maniera tacita (e cioè dopo il decorso dei termini perentori previsti per l’esercizio del controllo stesso), l’organo di controllo non poteva tornare a pronunciarsi sul medesimo atto, neppure in occasione - o, per meglio dire, "approfittando" - dell’adozione degli atti applicativi (2).

I suesposti principi avevano una loro intima coerenza e trovavano un sicuro aggancio nei dati normativi i quali prevedono, da un lato, dei termini molto ristretti per l’esercizio del controllo e, dall’altro, che il controllo stesso può essere esercitato singulatim e cioè non mediante atti successivi (3), dato che il potere dell’organo di controllo si consuma dopo che il provvedimento sia stato emesso e comunicato all’organo di controllato (3).

Conseguentemente era stato ritenuto più volte che l’annullamento giurisdizionale dell’atto negativo di controllo comportava, quale unica conseguenza, l’acquisizione dell’efficacia da parte dell’atto adottato dall’amministrazione attiva; così come in matematica una somma di zeri dà pur sempre zero (o, ancor meglio, così come in una equazione una cifra positiva ed una cifra negativa di egual valore si elidono a vicenda), così pure nel campo del diritto amministrativo l’annullamento (giurisdizionale) dell’annullamento (in sede di controllo) si eliminano a vicenda, di guisa che l’unico effetto che si determina a seguito del doppio annullamento è quello di fare riemergere l’atto adottato dall’amministrazione attiva.

L’orientamento tradizionale - come peraltro notato dalla giurisprudenza più recente (5) - dava tuttavia luogo ad inconvenienti ed a risultati spesso insoddisfacenti sul piano sostanziale, dato che la pronuncia del giudice finiva per avallare (o, se si vuole, per mettere un sigillo su di) un assetto di interessi che molto spesso era in contrasto con le norme dell’ordinamento, dando una patente di legittimità formale ad atti che legittimi certamente non erano.

Un esempio valga per tutti: si pensi ad un provvedimento di inquadramento di un dipendente di un ente locale ex D.P.R. n. 347/1983, con il quale il dipendente stesso - ai sensi dell’art. 40 del citato D.P.R. - viene inquadrato nel livello superiore, facendo leva sulle mansioni di fatto svolte. E’ a tutti noto ed è ormai pacifico in giurisprudenza che ai sensi dell’art. 40 del D.P.R. n. 347/1983 l’inquadramento andava effettuato sulla base della qualifica formalmente rivestita dal dipendente, senza che assumano rilievo alcuno le mansioni di fatto svolte, ragion per cui il provvedimento in questione era da ritenere illegittimo per violazione e falsa applicazione dell’art. 40 cit.

Si faccia tuttavia l’ipotesi che tale provvedimento venga annullato in sede di controllo non già perché adottato in violazione dell’art. 40, ma per altro motivo (perché ad es. non era stato provato lo svolgimento di mansioni superiori, ovvero perché la delibera non era stata preceduta da un parere) e tale motivo è stato poi ritenuto illegittimo dal giudice amministrativo.

La pronuncia del giudice che annulla l’atto negativo di controllo - secondo l’orientamento tradizionale - avrebbe l’effetto di fare divenire esecutiva una delibera che legittima non è, dato che, secondo l’orientamento stesso, l’annullamento dell’atto negativo di controllo determina come unica conseguenza l’acquisizione dell’efficacia dell’atto adottato dall’Amministrazione attiva, senza che l’organo di controllo possa ripronunciarsi.

La decisione del giudice verrebbe quindi a tutelare, sia pure in maniera indiretta, un tipo di interesse che in modo immaginifico e comunque efficace è stato definito come "illegittimo", e cioè un interesse formale del tutto sganciato da quello sostanziale sottostante garantito e tutelato dall’ordinamento.

 

Probabilmente tenendo presente le disfunzioni alle quali dà luogo l’orientamento tradizionale e seguendo la tendenza di trasformare il giudizio amministrativo da un sistema previsto per garantire la legalità formale degli atti in un sistema che tutela le situazioni sostanziali fatte valere in giudizio, la giurisprudenza più recente ha cominciato ad abbandonare l’orientamento tradizionale.

In particolare, la Sez. V del Consiglio di Stato, con una serie di pronunce (6), ha affermato che: "L’annullamento in sede giurisdizionale di una decisione negativa di controllo comporta che l'organo di controllo debba ripronunciarsi in ordine alla legittimità dell'atto controllato (salvo il caso in cui il giudice amministrativo abbia annullato la decisione di controllo per il superamento del termine perentorio previsto dalla legge)".

Più precisamente - secondo le medesime pronunce - "nell'ipotesi in cui il giudice amministrativo abbia annullato un atto di controllo, l'organo di controllo (entro il rinnovato termine di venti giorni previsto dalla legge, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa o dalla previa notifica della decisione del giudice amministrativo) deve ripronunciarsi ora per allora in ordine alla legittimità dell'atto controllato, che non ha ancora acquistato e può eventualmente annullare il provvedimento, per una ragione diversa da quella oggetto della statuizione giudiziale".

Diverso, anche se non contrastante (costituendo, per così dire, uno sviluppo del primo) è l’orientamento espresso di recente dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, il quale ha avuto modo di affermare che: "Nel giudizio avente ad oggetto l'impugnazione di un atto di controllo negativo adottato dall'organo tutorio su una deliberazione comunale, il giudice amministrativo, nel caso in cui disponga il suo annullamento, deve verificare i presupposti in base ai quali si debba reiterare il controllo ovvero si debba considerare esaurito ogni intervento tutorio, senza che ciò significhi necessariamente esercitare un non consentito sindacato di legittimità sull'atto controllato.

E’ quindi necessario che il giudice, investito della controversia sulla legittimità dell'atto tutorio, verifichi i presupposti in base ai quali si debba reiterare il controllo, ovvero considerarlo esaurito.

Ricorrerà la prima ipotesi ove risulti che l'autorità tutoria non ha valutato l'atto sotto aspetti rilevanti, onde emergono evidenti dubbi sulla legittimità di esso; la seconda, se - mancando l'apparenza del vizio, o per altre ragioni (ad esempio, reiterazione del diniego di visto) - può ragionevolmente dedursi un atteggiamento vessatorio dell'organo controllante".

Entrambi gli orientamenti (della Sez. V e del C.G.A.) concordano nel ritenere quindi che, a seguito dell’annullamento giurisdizionale di un atto di controllo, l’atto adottato dall’amministrazione attiva non diviene senz’altro esecutivo (tranne il caso in cui l’annullamento giurisdizionale venga pronunciato perché l’atto di controllo è intervenuto oltre i limiti di tempo fissati per l’esercizio del controllo).

Fatta eccezione per quest’ultima ipotesi, deve ritenersi, secondo entrambe le pronunce, che l’annullamento giurisdizionale faccia decorrere un nuovo termine per il controllo; tale controllo andrà esercitato dal CO.RE.CO. liberamente, rimanendo solo precluso l’annullamento dell’atto per gli stessi motivi ritenuti illegittimi dal Giudice amministrativo (tesi della Sez. V), ovvero (tesi del C.G.A.) sulla base dei criteri fissati dal giudice di legittimità, il quale, già in sede di cognizione, deve fissare la regola alla stregua della quale l’organo di controllo dovrà riesercitare il controllo.

 

I due orientamenti sin qui sommariamente esposti, pur essendo lodevolmente diretti a superare le barriere formali che ancora oggi il giudice amministrativo incontra, tuttavia non convincono né per quanto concerne l’iter argomentativo seguito, né per le conclusioni alle quali essi danno luogo.

Per pervenire a tali conclusioni si è infatti sostenuto che:

a) sotto il profilo sostanziale, non possono essere equiparati tra loro due fenomeni del tutto distinti, e cioè l'«inutile decorso del termine entro cui va esercitato il controllo» (preso in espressa considerazione dalla legge mediante una fictio iuris) e «l’annullamento in sede giurisdizionale di un tempestivo atto negativo di controllo». Nel prevedere l'acquisto dell'esecutività dell'atto controllato nel caso di inerzia dell'organo di controllo, la legge ha tenuto conto dell'autonomia dell'ente controllato e dell'esigenza di celerità che deve caratterizzare la fase del controllo.

Quando infatti entro il prescritto termine è emanata la decisione negativa di controllo, viene meno ogni ragione di applicare la disciplina che in base ad una fictio iuris ha assimilato al controllo positivo l'inutile decorso del termine, per cui non potrebbe ritenersi in ogni caso che l’annullamento del provvedimento negativo di controllo faccia divenire efficace per decorrenza dei termini l’atto soggetto a controllo;

b) sotto il profilo processuale, il potere dell'organo di controllo di riesaminare l’atto, dopo che il giudice amministrativo abbia annullato l'illegittima ma tempestiva decisione negativa di controllo, deriverebbe dall'esame dei principi che riguardano la portata (retroattiva) delle decisioni di annullamento del giudice amministrativo.

Entrambi i profili, pur essendo esatti ex se, non sembrano attagliarsi alla materia dei controlli. Va osservato infatti che:

sub a) sotto il profilo sostanziale, l’orientamento sembra ignorare un principio cardine sul quale poggia la materia dei controlli, secondo il quale il controllo di legittimità va esercitato singulatim (e non cioè con atti successivi) entro i perentori termini previsti dalla legge; al punto che, è stato più volte ritenuto, l’organo di controllo esaurisce i propri poteri una volta che abbia esercitato il controllo e non può più utilizzarli nemmeno in occasione del controllo di un successivo atto che dia al precedente mera applicazione.

Ammettere che l’organo di controllo possa esercitare nuovamente il controllo dopo l’annullamento giurisdizionale del proprio atto finirebbe per vulnerare gravemente tale principio, che è presupposto dalle varie norme di legge le quali prevedono termini perentori per l’esercizio del controllo e darebbe luogo ad un sindacato non unico, ma duplice e diffuso.

All’organo di controllo sarebbe sufficiente a questo punto annullare l’atto adottato dall’amministrazione attiva per qualsiasi motivo (anche se palesemente illegittimo), purché entro i termini fissati, ben sapendo che avrebbe comunque la possibilità di riesercitare il controllo sul medesimo atto - a seguito dell’annullamento giurisdizionale liberamente (soluzione della Sez. V) ovvero secondo i principi dettati dal giudice amministrativo (soluzione del C.G.A.); quest’ultimo, anzi, ultra ed extra petita partium, dovrebbe fissare la regola di comportamento per il rinnovato esercizio del controllo da parte dell’autorità tutoria.

Sub b): sotto il profilo processuale, se è vero che la decisione del giudice amministrativo viene emessa salvi i provvedimenti dell’autorità amministrativa che ad essa deve dare attuazione, è anche vero che tale precetto - nel caso di annullamento di un atto negativo di controllo - non può intendersi riferito all’organo di controllo (il quale, come già detto, nell’esercitare il controllo ha esaurito i propri poteri), ma all’amministrazione attiva che ha emesso l’atto sottoposto a controllo.

Già questi argomenti sembrano escludere che la decisione di annullamento comporti il potere dell’organo di controllo di riesercitare il controllo stesso entro dei rinnovati termini decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla previa notifica della decisione del giudice amministrativo; non si comprende peraltro perché il nuovo termine di venti giorni non debba decorrere dalla data di passaggio in giudicato della sentenza, dato che è solo da tale data che si determina l’intangibilità delle statuizioni del giudice.

D’altra parte, gli stessi esempi richiamati nelle sentenze in rassegna (v. in particolare quella della Sez. V) che fanno riferimento ad altre fattispecie quali l’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti che negano il rilascio di una concessione edilizia, non sembrano calzanti, trattandosi in quei casi di annullamento giurisdizionale di atti adottati dall’amministrazione attiva e non già dall’autorità tutoria.

Tali esempi, anzi, tradiscono il vizio di fondo che sembra affliggere le decisioni in rassegna, le quali finiscono per ignorare i peculiari principi in materia di atti di controllo; questi ultimi atti, infatti, a differenza di quelli emessi dall’amministrazione attiva, hanno contenuto meramente cassatorio e possono essere emessi per non più di una volta sola.

Insomma, in base al vigente ordinamento, all’organo di controllo spetta solo un jus primae noctis che non può essere esercitato una seconda volta dopo l’annullamento giurisdizionale; una volta consumato il potere, non vi è una seconda possibilità per l’organo stesso, nemmeno sotto la guida sapiente del giudice amministrativo.

La considerazione secondo cui in tal modo si finiscono talvolta per rendere esecutivi atti palesemente illegittimi, non sembra da un lato conducente dato che, piuttosto che un argomento, questo sembra un inconveniente al quale può essere posto rimedio da parte della stessa amministrazione attiva in via di autotutela, magari sotto la spinta di una azione di responsabilità contabile da parte della competente procura della Corte dei Conti.

Il principio di certezza delle situazioni giuridiche al quale si ispira l’attuale sistema, che prevede per l’esercizio del controllo termini molto rigidi, non può tollerare una eccezione così grande che finirebbe per stravolgere la regola secondo cui il controllo non può essere esercitato per più di una volta ed il relativo potere da parte dell’organo a ciò preposto si esaurisce nel momento stesso in cui viene emesso l’atto di controllo.

Le conseguenze cui potrebbe dar luogo il nuovo orientamento, d’altra parte, sarebbero particolarmente gravi, dato che la possibilità di reiterare il controllo a seguito dell’annullamento giurisdizionale potrebbe indurre molti organi di controllo ad annullare in prima battuta l’atto per qualsiasi motivo (anche se meramente formale o pretestuoso), ben sapendo che potranno riesercitare il controllo stesso, magari - così come sostenuto dal C.G.A. - seguendo le direttive del giudice amministrativo, con conseguente deresponsabilizzazione dell’organo di controllo e sostituzione del controllo amministrativo con quello giurisdizionale.

 

Note:

(1) V. per tutte Cons. Stato, Sez. V, 1 marzo 1989 n. 153, in Foro amm. 1989, p. 586 ed in Il Cons. Stato 1989, I, 307, secondo cui, in particolare, «l'annullamento giurisdizionale dell'atto negativo di controllo adottato da un comitato regionale di controllo in ordine ad una deliberazione di carattere generale, comporta la reviviscenza di quest'ultima con efficacia ex tunc ed erga omnes»; v. anche T.A.R. Abruzzi sez. Pescara, 1 marzo 1986 n. 149 in T.A.R. 1986, I, p. 1855, secondo cui «l'amministrazione ha l'obbligo di dare esecuzione al suo provvedimento che abbia acquistato efficacia a seguito dell'annullamento in sede giurisdizionale dell'atto negativo di controllo».

(2) Cfr. sul punto P. Giocoli Nacci, I controlli amministrativi, Bari 1991, p. 75 ss. nonchè, in giurisprudenza tra le tante Sez. IV, 20 ottobre 1987 n. 626, in Il Cons. Stato 1987, I, p. 1372 ss.

(3) V. sul punto M.S. Giannini, Controllo: nozioni e problemi, in Riv. trim. dir. pubbl. 1974, p. 1263 ss.; E. Cannada Bartoli, Dubbi sui controlli, in Foro amm. 1987, p. 3550 e L. Vandelli, voce «Controlli sugli atti della regione, della Provincia e del Comune», in Dig. discipl. pubbl. Torino 1989, p. 79 ss.

(4) Cfr. sul punto P. Virga, Diritto amministrativo, vol. II (Atti e ricorsi), Milano 1992, p. 87 ed ivi richiami di giurisprudenza in nota.

(5) Cfr. in part. da ult. T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. III, 24 maggio 1996 n. 616, in Giust. amm. sic. n. 0/1996, p. 312 ss.; ma v. già in precedenza T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. II, 8 ottobre 1992 n. 812 e 6 ottobre 1993 n. 722, in Giur. amm. sic. 1992, p. 808 ss. e 1993, p. 916.

(6) Sent. 30 marzo 1994 n. 194, 31 marzo 1994 n. 242 e 13 luglio 1994 n. 750, in Il Cons. Stato 1994, I, pp. 385, 399 e 1059.; nello stesso senso v. ancor prima T.A.R. Veneto 18 novembre 1983 n. 964, in Giust. civ. 1984, I, p. 2684, con nota di I.Cacciavillani, Annullamento dell'atto negativo di controllo e limiti alla reviviscenza dell'atto controllato: verso nuove frontiere della giustizia amministrativa ?


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