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Giovanni Virga

Le spese dei Consigli regionali ed i Giudici di Berlino.

Con la sentenza della Corte costituzionale di seguito riportata è stato affermato che: «non è suscettibile di sindacato da parte del giudice contabile una delibera concernente una spesa per attrezzature necessarie al funzionamento di un Consiglio regionale».

Tale sentenza, che con un tratto di penna viene a sottrarre al giudizio di responsabilità del giudice contabile le varie spese deliberate dagli uffici di presidenza dei Consigli regionali, sembra criticabile sotto vari profili e non mancherà di animare dibattiti.

Al fine di giustificare la propria pronuncia, la Corte fa riferimento innanzitutto all’art. 122, 4° comma, Cost. (in base al quale i consiglieri regionali «non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni»), nell’ambito del quale in via ermeneutica sarebbe possibile ricomprendere anche le funzioni di «indirizzo politico, nonchè quelle di controllo e di autorganizzazione» (nel testo si richiama in particolare la precedente sentenza della stessa Corte n. 70 del 1985)

In proposito è sufficiente osservare che una cosa è l’immunità prevista dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione, altra cosa sono le funzioni (propriamente amministrative, che nulla hanno a che spartire con l’immunità ex art. 122 cit.) svolte dagli uffici di presidenza dei Consigli regionali in ordine alle spese di funzionamento.

Vero è che l’art. 121 Cost. demanda ai Consigli regionali anche l’esercizio delle «altre funzioni» (tra le quali sono da intendersi ricomprese le funzioni ordinarie amministrative necessarie per il funzionamento del Consigli stessi), ma ciò non significa certo che tali funzioni rientrino nella guarentigia prevista dal successivo art. 122, comma 4°.

Altro argomento utilizzato dalla Corte è il richiamo alla L. 6 dicembre 1973 n. 853 (della cui legittimità costituzionale, alla stregua dell’art. 125 Cost., è peraltro lecito dubitare), la quale all’art. 4, ult. comma, stabilisce che gli atti amministrativi e di gestione relativi ai fondi dei Consigli regionali «non sono soggetti al controllo di cui all'articolo 125 della Costituzione».

Ma è facile replicare che una cosa è il controllo preventivo di legittimità sugli atti di gestione dei Consigli regionali, cosa ben diversa è la responsabilità amministrativa in cui incorrono tutti gli organi amministrativi nel caso in cui vengano deliberate senza giustificazione delle spese provocando un danno erariale.

Esemplare ed illuminante è l’esempio offerto dalla fattispecie dalla quale prende le mosse la sentenza della Corte: si trattava di un acquisto di cinque autovetture effettuato senza alcuna gara e «non ispirato ai principi di ragionevolezza, economicità e convenienza che devono presiedere alle scelte degli organi di un ente pubblico». Che c’entra la guarentigia prevista dall’art. 122, 4° comma, Cost. (insindacabilità dei consiglieri regionali) con l’acquisto di 5 autovetture? Sta di fatto che di tale acquisto un semplice amministratore comunale o provinciale potrebbe essere chiamato a rispondere, un amministratore del Consiglio regionale ormai non più.

Non si è inoltre riflettuto sul fatto che, ricadendo gli atti amministrativi dei Consigli regionali sotto la tutela dell’art. 122, 4° comma, Cost. (insindacabilità), potrebbe fondatamente sostenersi che tali atti sono insindacabili non solo dalla Corte dei conti in sede di giudizio di responsabilità, ma anche da parte del Giudice amministrativo in sede di legittimità. Potrebbe infatti argomentarsi che eventuali ricorsi giurisdizionali, al pari degli atti di citazione delle Procure della Corte dei conti, potrebbero essere utilizzati quali strumenti per condizionare l’attività di autorganizzazione dei Consigli regionali, che è insindacabile ex art. 122, 4° comma, Cost. Altrettanto (a fortiori) potrebbe dirsi per le indagini ed i procedimenti promossi in sede penale.

In realtà gli atti deliberativi emessi dei Consigli regionali in ordine alle spese necessarie per il loro funzionamento non sono atti di alta amministrazione od atti politici, ma atti di normale amministrazione (nella migliore delle ipotesi), come tali da assoggettare al regime di tutti gli atti amministrativi ed alle relative responsabilità.

Non è chiara e suscita perplessità infine la «doverosa precisazione» con la quale la Corte pudicamente conclude la motivazione della sentenza, secondo cui l’immunità ex art. 122, 4° comma, Cost., non costituisce «una immunità assoluta, in quanto essa non copre gli atti non riconducibili ragionevolmente all’autonomia ed alle esigenze ad essa sottese». Il che, a quanto è dato di capire, lascerebbe alla Corte dei conti (ed agli altri Giudici) aperto almeno uno spiraglio per tutte le spese palesemente esorbitanti dalle funzioni normalmente svolte dagli organi amministrativi dei Consigli regionali; ma ciò crea un altro problema: quali possono essere in concreto considerati gli atti non riconducibili ragionevolmente all’autonomia ed alle esigenze sottese alla guarrentigia prevista dall’art. 122, 4° comma, cit., una volta che è stata accolta una nozione così ampia di insindacabilità?

Sta di fatto comunque che, per effetto della sentenza in rassegna, viene a costituirsi una ampia area di franchigia e di impunità contabile sotto lo scudo divenuto molto ampio dell’immunità ex art. 122, c. 4°, Cost., all’ombra del quale gli uffici di presidenza dei Consigli regionali potranno combinare i loro affari senza i fastidi provocati dalla Corte dei conti, di fronte alla quale sono chiamati ormai a rispondere gli amministratori comunali, provinciali o regionali, ma non quelli dei Consigli regionali

Per questi ultimi può ormai affermarsi (parafrasando - in negativo - la famosa frase del mugnaio di San Souci) che non esistono più giudici a Berlino.

(Giovanni Virga)

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CORTE COSTITUZIONALE - sentenza 30 luglio 1997 n. 289 - Pres. Granata, Red. Vari - Regione Veneto (Avv.ti Bertolissi e Manzi) c. Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato Ferri) - (la questione era stata sollevata con ricorso per conflitto di attribuzione del 19 luglio 1996 proposto dalla Regione Veneto).

Giurisdizione e competenza - Corte dei conti - Giudizio di responsabilità - Nei confronti di consiglieri regionali componenti l’ufficio di presidenza - Per delibera di spesa per attrezzature necessarie al funzionamento del Consiglio regionale - Non può essere proposto

(Cost., artt. 121 c. 2° e 122 c. 4°)
(L. 6 dicembre 1973 n. 853)

Non è suscettibile di sindacato da parte del giudice contabile una delibera concernente una spesa per attrezzature necessarie al funzionamento di un Consiglio regionale.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO: 1.- La regione Veneto solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, a seguito dell’atto di citazione con il quale il Procuratore regionale presso la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Veneto, ha convenuto in giudizio taluni consiglieri regionali, componenti nel 1993 dell’Ufficio di presidenza, chiamandoli a rispondere del danno cagionato all’erario per non essersi attenuti, nel deliberare l’acquisto di cinque autovetture e nell’individuare il relativo modello, ai principi di ragionevolezza, economicità e convenienza che devono presiedere alle scelte degli organi di un ente pubblico.
Assume la regione Veneto che l’atto di citazione in parola sia:
- confliggente con la guarentigia prevista per i consiglieri regionali dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione, nell’ambito della quale dovrebbe ricomprendersi anche la funzione di autorganizzazione interna nel cui esercizio rientrerebbe l’acquisto delle autovetture in questione, riconducibile, tra l’altro, nell’ambito di applicazione dell’art. 2 della legge n. 853 del 1973;
- esorbitante dall’ambito dei poteri giurisdizionali spettanti al giudice contabile, in quanto il sindacato sulla ragionevolezza delle spese discrezionali si risolve in un riscontro di natura amministrativa, che concretizza un comportamento lesivo, tra gli altri, degli artt. 5, 97, 117, 118, 119 e 123 della Costituzione.
2.- Sostiene, anzitutto, la ricorrente che l’ambito di operatività dell’immunità prevista dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione - in base al quale i consiglieri regionali «non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni» - risulta delimitato, non solo dalla Costituzione, ma, per quanto attiene alla sfera delle funzioni, anche dalle leggi statali e dagli atti aventi forza di legge dello Stato. Pertanto, la stessa immunità, oltre alla funzione legislativa, di indirizzo politico e di controllo, ricomprende, a suo avviso, anche quella autorganizzazione interna, fermo restando, comunque, che le funzioni possono estrinsecarsi attraverso atti aventi, dal punto di vista formale, natura sia legislativa che amministrativa.
Secondo la regione Veneto, l’attività che il procuratore regionale pretende di censurare è, dunque, coperta dalle guarentigia in parola per un duplice motivo: sia, per l’appunto, in quanto rientrante fra le funzioni di autorganizzazione interna, svolte mediante atti amministrativi, con specifico riferimento agli strumenti di cui deve disporre il consigliere regionale per compiere i doveri del proprio ufficio, nonchè ai mezzi umani (personale) e materiali (risorse finanziarie) spettanti al Consiglio per l’esercizio delle proprie competenze legislative, amministrative e di controllo; sia in quanto l’acquisto di beni del tipo di quelli che hanno dato occasione al giudizio di responsabilità, trova titolo nella legge statale 6 dicembre 1973, n. 853, che disciplina l’autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali delle regioni a statuto ordinario.
3. - Si tratta di ragioni che, alla luce degli indirizzi della giurisprudenza costituzionale, richiamati dalla stessa ricorrente, non possono non essere condivise.
Come questa Corte ha già avuto occasione si precisare sin dalla sentenza n. 81 del 1975, l’immunità prevista dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione attiene alla particolare natura delle attribuzioni del Consiglio regionale, che costituiscono «esplicazione di autonomia costituzionalmente garantita» attraverso l’esercizio di funzioni «in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia». Anche se il nucleo caratterizzante delle funzioni consiliari, quale definito dall’art. 121, secondo comma, della Costituzione, porta a considerare ad esso estranee, in via di principio, le funzioni di amministrazione attiva, la giurisprudenza di questa Corte è dell’avviso che, per i Consigli regionali, le attribuzioni costituzionalmente previste non si esauriscono in quelle legislative, ma ricomprendono anche quelle di «indirizzo politico, nonchè quelle di controllo e di autorganizzazione» (sentenza n. 70 del 1985).
E’ così possibile individuare il presupposto sistematico della disposizione sull’immunità, con riguardo anche alle «altre funzioni» conferite al Consiglio «dalla Costituzione e dalle leggi», secondo la locuzione accolta dal già menzionato art. 121 della Costituzione.
In definitiva, secondo quanto è dato evincere dai richiamati precedenti (per cui v. anche sentenza n. 69 del 1985), il criterio di delimitazione della insindacabilità dei consiglieri regionali sta nella fonte attributiva della funzione, e non nella forma degli atti, sì che risultano garantite sotto tale aspetto anche le funzioni che, benchè di natura amministrativa, sono assegnate al Consiglio regionale in via immediata e diretta dalle leggi dello Stato, avendo tuttavia presente che l’immunità non è diretta ad assicurare una posizione di privilegio per i consiglieri regionali, ma si giustifica in quanto vale a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria dell’organo (cfr. la già menzionata sentenza n. 70 del 1985).
4. - Da detti principi va desunta la soluzione del caso in esame. Proprio a salvaguardia dell’autonomia contabile e funzionale degli organi in questione la legge n. 853 del 1973, da un lato, ha previsto che per le esigenze funzionali dei Consigli regionali siano istituiti nel bilancio della regione appositi capitoli di spesa tra i quali è menzionato anche quello per attrezzature, mentre, dall’altro, ha escluso che gli atti amministrativi e di gestione dei fondi siano soggetti ai controlli ex art. 125 della Costituzione (vedi legge n. 853 del 1973 artt. 2 e 4, terzo comma).
Il che comporta la riconducibilità dell’art. 122, quarto comma, della Costituzione delle opinioni espresse e dei voti dati nell’ambito delle attività rivolte a fornire all’organo consiliare i mezzi indispensabili per l’esercizio delle sue funzioni, con la doverosa precisazione, tuttavia, che non si tratta di una immunità assoluta, in quanto essa non copre gli atti non riconducibili ragionevolmente all’autonomia ed alle esigenze ad essa sottese.
Per i motivi sopra indicati il ricorso alla delibera oggetto del giudizio promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti - delibera concernente una spesa per attrezzature necessarie al funzionamento dell’organo regionale, rientrante come tale tra le spese contemplate dalla predetta legge n. 853 del 1973 - non è suscettibile di sindacato da parte del giudice contabile.
5. - L’accoglimento del ricorso per le suesposte considerazioni assorbe ogni altro motivo.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Veneto, convenire in giudizio di responsabilità i componenti dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale del Veneto, indicati nell’atto di citazione in epigrafe, e di conseguenza annulla detta atto di citazione.


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