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n. 9/2005 - ©
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GIOVANNI VIRGA
Il ruolo bifronte della Banca d’Italia
La mancata od insoddisfacente soluzione di molti dei problemi che sono emersi negli ultimi anni in materia di risparmio (mi riferisco ai casi dei bond dell’Argentina, della Cirio, della Parmalat ed alla scalata dell’Antonveneta) deriva probabilmente dal ruolo ambiguo e direi anche "bifronte" che l’attuale assetto normativo assegna alla Banca d’Italia. Da un lato, infatti, la Banca d’Italia costituisce un organismo di vigilanza e controllo sugli istituti di credito; dall’altro, è un organo di garanzia e tutela dei risparmiatori.
E’ evidente, tuttavia, che gli interessi del sistema bancario non coincidono con quelli dei risparmiatori, come dimostra la lievitazione progressiva dei costi dei servizi bancari; una lievitazione che ha depauperato i piccoli risparmiatori (già alle prese con tassi di interesse inferiori a quello di inflazione e con le batoste subite a seguito dei richiamati crack), ed ha gonfiato ulteriormente i bilanci degli ultimi anni delle banche italiane, inducendo, non a caso, importanti istituti di credito stranieri (ABN Ambro e Bbva) a cercare di acquistare banche italiane, attirati dalla loro alta redditività.
D’altra parte, la Banca d’Italia negli ultimi anni non sembra aver operato una composizione del sempre più evidente confitto di interessi tra istituti di credito e risparmiatori, ma appare aver privilegiato gli interessi degli istituti di credito.
Mentre infatti è risultato del tutto carente se non addirittura assente il ruolo della Banca d’Italia di garanzia e tutela dei risparmiatori durante recenti le crisi finanziarie che hanno coinvolto centinaia di migliaia di risparmiatori italiani (clamoroso, ad esempio, è stato il silenzio della Banca d’Italia sulla proposta del Governo argentino di risolvere, a suo modo, il problema dei "tangobond"; ma altrettanto latitante è stato il ruolo della Banca d’Italia, non solo di vigilanza e controllo, ma anche nel proporre soluzioni nei casi dei crack Cirio e Parmalat per tutelare i risparmiatori, i quali avevano acquistato in buona fede, ignorandone gli alti rischi, le obbligazioni proposte dagli istituti di credito che cercavano di disfarsi dei suddetti titoli), di contro molto attivo è stato il ruolo della Banca d’Italia nel cercare di contrastare l’ingresso nel mercato italiano di istituti di credito stranieri nonostante il fatto che, grazie alla maggiore concorrenza che avrebbe comportato l'ingresso di nuovi soggetti, ciò probabilmente si sarebbe tradotto in un vantaggio per i risparmiatori.
La prova più eclatante (e più recente) del fatto che la Banca d’Italia ha finito per privilegiare la tutela delle banche italiane rispetto agli interessi dei risparmiatori è comunque costituita dal fatto che l’aumento notevole delle spese dei servizi bancari verificatosi negli ultimi anni non è stato alcun modo contrastato od almeno contestato dal nostro ex Istituto di emissione (la contestazione è stata effettuata invece in sede europea, tramite il commissario Ue al Mercato Interno, Charlie McCreevy, il quale ha pochi giorni addietro dichiarato che "i consumatori in Italia pagano in media 252 euro l'anno per i servizi bancari di base che includono i pagamenti, mentre il consumatore olandese paga soltanto in media 34 euro"; la contestazione è stata subito respinta con sdegno dall’ABI; la Banca d’Italia ha significativamente taciuto).
I silenzi e le omissioni della Banca d’Italia in materia di tutela dei risparmiatori derivano dal fatto che, come già detto, pur essendo la Banca d’Italia un’autorità di garanzia, alla stessa risultano affidate funzioni tra loro incompatibili: così come all’Autorità antitrust non possono essere affidate le funzioni di tutela, oltre che dei consumatori, anche della ex monopolista Telecom, così bisogna decidere se la Banca d’Italia sia un organismo di garanzia e tutela dei risparmiatori o delle banche; questi ultimi due soggetti infatti, non sono facce della medesima medaglia, ma entità in conflitto di interessi tra di loro.
Sotto questo profilo, la riforma della Banca d’Italia recentemente varata dal Governo (nella seduta del CdM del 2 settembre scorso) - ammesso che possa essere chiamata una vera e propria "riforma" un articolo composto da appena 10 commi - è estremamente carente.
L’emendamento approvato dal Consiglio dei Ministri, infatti, non scorpora le funzioni di tutela dei risparmiatori da quelle di vigilanza e tutela delle banche, lasciando irrisolto il conflitto di interessi che esiste tra banche e risparmiatori e che la Banca d’Italia, nella storia recente, ha chiaramente dimostrato di non essere in grado di comporre.
Tra poco ricorrerà la giornata del risparmio. Un modo per celebrarla degnamente sarebbe quello di separare il ruolo di vigilanza della Banca d’Italia sul sistema creditizio, dalla tutela dei risparmiatori, affidando una delle due funzioni ad altra Autorità indipendente, in modo da rendere realmente operante la previsione dell’art. 47, 1° comma, della Costituzione, il quale, nel prevedere che "la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito", distingue chiaramente la tutela del risparmio dalla governance del sistema creditizio.
Lo scorporo delle funzioni avrebbe anche l’effetto di diminuire l’importanza attribuita all’attuale Governatore, il quale - nonostante il coro di critiche ed il discredito internazionale che ha comportato la sua azione - ha finora dimostrato un notevole attaccamento alla sua poltrona e sembra volersi avvalere dell’attuale disciplina che, singolarmente, non prevede per la carica di Governatore - così come per il Pontefice - alcuna scadenza di mandato.
Ci è stato spiegato più volte che la normativa comunitaria impedisce di mutare la disciplina in atto prevista concernente la durata (a vita) del mandato dell’attuale Governatore; la normativa comunitaria tuttavia non sembra potere impedire che alcune funzioni in atto assegnate alla Banca d’Italia vengano attribuite ad altra Autorità indipendente, anche al fine di evitare quella commistione di ruoli antitetici e quei conflitti di interesse che sussistono in base all’attuale disciplina.