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Articoli e note

n. 7-8/2004 - © copyright

FRANCESCO VERGINE *

Espulsione dal territorio nazionale del clandestino e riserva di giurisdizione ai sensi dell’art. 13 della Costituzione.

Il testo unico immigrazione secondo la Corte Costituzionale.

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1. LE PRONUNCE COSTITUZIONALI.

La Corte costituzionale ha emesso due pronunce molto attese in tema di diritto di difesa e di libertà personale dell’immigrato clandestino.

Da tempo la magistratura penale aveva prospettato una serie di gravi dubbi di costituzionalità di alcune disposizioni del testo unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286 del 25.7.1998, testo unico delle disposizioni concernenti l’immigrazione e la condizione dello straniero).

I commentatori avevano ritenuto inevitabile la scure del giudice delle leggi in ordine alla carenza di adeguate garanzie di controllo e difesa del clandestino a fronte del provvedimento espulsivo dell’autorità di pubblica sicurezza.

Si tratta in effetti di due sentenze che ribadiscono alcuni principi in piena coerenza col disposto della Costituzione e che erano forse scontate ed attese dagli operatori.

Anzitutto, la sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2004 riguarda il giudizio di convalida del provvedimento esecutivo del questore che dispone l’accompagnamento coatto alla frontiera di immigrato colto da espulsione prefettizia.

Il giudice delle leggi ritiene che il clandestino espellendo abbia diritto di affrontare e difendersi nel giudizio di convalida dell’atto di espulsione prima che questa sia materialmente eseguita.

La sentenza n. 223/2004 censura poi anche il carattere obbligatorio dell’arresto in flagranza del clandestino sorpreso in territorio nazionale pur essendo colpito da ordine del Questore di lasciare il paese entro 5 giorni, come previsto dall’art. 14 comma 5 del testo unico immigrazione.

Esaminiamo partitamene le due sentenze.

2. LA SENTENZA N. 222 DEL 15.7. 2004. ESPULSIONE AMMINISTRATIVA E GIUDIZIO DI CONVALIDA.

La prima importante sentenza riguarda la espulsione amministrativa ed il relativo controllo giudiziario.

Come noto, il provvedimento di espulsione del Prefetto viene trasmesso alla questura per la esecuzione, previo procedimento di convalida dinanzi al giudice.

Il provvedimento di espulsione del clandestino è seguito infatti da ordine di esecuzione del Questore, che dispone l’accompagnamento coatto alla frontiera.

L’art. 13 comma 5 bis del d. lgs n. 286/1998 prevede quindi:

-          trasmissione entro 48 ore dell’ordine al tribunale monocratico competente per territorio per la convalida;

-          il giudizio di convalida segue entro le 48 ore dalla comunicazione ;

-          nel frattempo il provvedimento del Questore è comunque esecutivo.

La norma era stata introdotta con decreto legge n. 51/2002 in una prima versione che affidava la convalida al procuratore della repubblica, poi seguita da modifica in sede di conversione con la legge n. 106/2002, che ha stabilito la competenza del Tribunale monocratico.

Ciò al fine di rendere il procedimento espulsivo coerente coi principi costituzionali in materia di libertà personale.

La vigente disciplina della convalida quindi è prevista nel testo unico immigrazione in osservanza dell’art. 13 della Costituzione. Rammentiamo che l’art. 13 cost. prevede appunto la riserva di giurisdizione in tema di atti restrittivi della libertà personale dell’individuo, imponendo il controllo del giudice sui provvedimenti “de libertate” emessi dagli organi di polizia.

Detti provvedimenti sono peraltro eccezionali, ammessi solo nei casi e modi previsti dalle leggi, provvisori in quanto destinati ad essere sostituiti da atti del giudice entro le 96 ore complessive.

Ma la Corte delle leggi ritiene ora che il descritto procedimento sia comunque lesivo delle garanzie stesse, perché l’accompagnamento alla frontiera viene eseguito prima della convalida del giudice .

Il clandestino oggi viene infatti allontanato coattivamente in una fase in cui:

-          il controllo giurisdizionale in sede di convalida dell’atto restrittivo non è ancora concluso;

-          l’espulso non ha potuto difendersi dinanzi al giudice.

Viene svuotata quindi di senso la norma dell’art.13 cost. che prevede che in caso di diniego o di mancata convalida da parte del giudice entro le 96 ore complessive, il provvedimento restrittivo della libertà personale resta privo di effetti.

I provvedimenti restrittivi dell’autorità di pubblica sicurezza infatti sono qualificati dalla Costituzione come provvisori ed in tale ipotesi sopra delineata “ ..si intendono revocati e restano privi di ogni effetto”.

3. I DIRITTI INVIOLABILI DELL’INDIVIDUO

La Corte Costituzionale in definitiva ritiene che il giudizio di convalida, in funzione di controllo della legittimità degli atti de libertate, abbia carattere meramente cartolare e formale ed inoltre avvenga in assenza di difesa dell’interessato, nel frattempo già oltre confine.

Evidente quindi la lesione dei principi costituzionali posti dagli articoli 13 comma 3 e 24 comma 2 della carta fondamentale delle Repubblica.

Si tratta della chiara affermazione di notissimi principi di diritto che la Corte costituzionale ritiene evidentemente applicabili senza limiti sia ai cittadini che agli stranieri, attenendo a garanzie universali ed inviolabili dell’individuo.

Peraltro la pronuncia appariva scontata ed arriva a distanza di ben tre mesi dalla udienza di discussione.

Nel frattempo si sarebbero potute apprestare misure legislative che evitando incertezze e dubbi delle strutture operative di polizia e giudiziarie, riportassero l’art. 13 t.u. immigrazione in questione nell’alveo costituzionale.

4. LA TESI DEL DOPPIO BINARIO

Da notare che la Corte non ritiene sufficiente per salvare l’istituto in questione la articolazione su due livelli del procedimento espulsivo, ovvero la convalida solo formale e cartolare ed il successivo ricorso avverso l’espulsione che attiva un ordinario giudizio rispettoso del contraddittorio e dei diritti di difesa .

L’accompagnamento alla frontiera infatti è un atto restrittivo della libertà personale, che quindi viene lesa in via immediata nella fattispecie, perché suscettibile di esecuzione immediata.

Non sussiste inoltre la possibilità che venga reso inefficace, una volta eseguito, qualora risultasse in esito alla convalida che l’espulsione non era legittima e quindi il Tribunale emetta diniego di convalida.

Lo stesso nell’ipotesi che la convalida non intervenga nelle 96 ore.

5. LA SENTENZA N. 223 DEL 15.7.2004. INCOSTITUZIONALE L’ARRESTO OBBLIGATORIO DEL CLANDESTINO.

L’art. 14 comma 5 ter del t.u. immigrazione prevede come reato la inottemperanza senza giustificato motivo all’ordine di espulsione del Questore entro 5 giorni.

Si tratta di contravvenzione punita con la pena dell’arresto da 6 mesi ad un anno.

L’art. 14 comma 5 quinquies prevede per tale ipotesi di reato l’arresto obbligatorio in flagranza.

Al fatto consegue il rito direttissimo, mentre in sede di convalida dell’arresto il giudice è tenuto a rilasciare nulla osta all’espulsione.

I giudici di Firenze e Torino hanno eccepito la violazione degli articoli 3, 13, 27, 97 della Costituzione da parte di siffatta disciplina processuale, affermando che per un reato di natura contravvenzionale e di scarsa gravità non è ammessa la custodia cautelare in carcere.

Quindi l’arresto in flagranza appare inutile e svolgerebbe una impropria funzione sanzionatoria, non essendo collegato ad un successivo giudizio di merito sul fatto-reato, né essendo ammessa la custodia cautelare in carcere dal codice di procedura penale.

Inoltre aggraverebbe il lavoro degli organi di polizia giudiziaria e dei tribunali.

In definitiva, la complessiva disciplina del procedimento penale in ordine al reato in parola, secondo i tribunali rimettenti, appariva lesiva del diritto dello straniero espulso al giusto processo, ad un giudizio di merito sull’accusa e rappresentava una anticipata pena.

La Corte Costituzionale accoglie le censure mosse con riguardo alla violazione degli articoli 3 e 13 cost.

Ritiene infatti decisiva la circostanza che l’art.280 cod. proc. pen. consente la custodia in carcere solo per i delitti per i quali è prevista almeno la reclusione non inferiore a quattro anni nel massimo.

Del pari le altre misure coercitive ex artt. 280 ss. cpp riguardano solo i delitti per i quali sia prevista la reclusione superiore nel massimo ai tre anni.

La Corte ritiene quindi manifestamente irragionevole che la misura precautelare dell’arresto si trasformi in una provvisoria limitazione della libertà personale priva di sbocchi processuali in misure coercitive, non ammissibili per reati di lieve entità.

Inoltre, manca all’evidenza ogni rapporto strumentale tra privazione provvisoria della libertà e procedimento penale, così venendo meno quindi il rispetto dell’art. 13 cost.

6. ARRESTO IN FLAGRANZA DEL CLANDESTINO ED ESPULSIONE AMMINISTRATIVA.

D’altronde la Corte chiarisce che non esiste un rapporto strumentale tra arresto obbligatorio in flagranza del clandestino ed espulsione amministrativa.

E’ previsto infatti che lo straniero clandestino, colto nel territorio senza giustificato motivo, sia nuovamente espulso con accompagnamento alla frontiera immediato, oppure previo trattenimento presso un centro di temporanea permanenza.

Non essendo quindi l’arresto presupposto della espulsione amministrativa appare conseguente che l’arresto sia nella specie delineata irragionevolmente, come misura fine a se stessa.

Si tratta infatti di fattispecie aventi diversa natura giuridica e ratio: l’arresto è misura pre-cautelare finalizzata nel sistema del procedimento ad assicurare alla giustizia provvisoriamente l’indagato di delitti gravi e destinato ad essere trasformato dal giudice in una misura coercitiva.

L’espulsione amministrativa è invece un provvedimento amministrativo provvisorio dell’autorità di ps che incidendo tuttavia sulla libertà personale è sottoposto al controllo del giudice.

7. CONCLUSIONI.

In termini operativi sembra rilevante notare che l’arresto del clandestino già colpito da espulsione non è più consentito solo per tale fatto, in applicazione delle norme del codice di rito penale.

Già alcune Procure hanno dato indicazioni in tal senso agli organi di polizia giudiziaria.

Sarà inoltre necessario per gli operatori procedere all’accompagnamento alla frontiera solo una volta avuta la convalida dell’espulsione da parte del giudice competente; nel frattempo si rende necessaria la custodia presso un centro di temporanea permanenza, nei modi e limiti di legge.

 

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(*) Comandante Polizia Municipale di Venezia.

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Documenti correlati:

CORTE COSTITUZIONALE – sentenza 15 luglio 2004* (dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 13 comma 5-bis, del d.lvo n. 286/1998, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida debba svolgersi in contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa).

CORTE COSTITUZIONALE – sentenza 15 luglio 2004* (dichiara l’illegittimità cost.le dell’art. 14, comma 5-quinquies, del d.lvo n. n. 286/1998, nella parte in cui stabilisce che per il reato previsto dal comma 5-ter del medesimo art. 14 è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto).


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