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TRIBUNALE CIVILE DI ROMA, SEZ. VI - ordinanza 9 maggio 2011 - G.U. Tedeschi - Baldassarri e altri (Avv. Ciardo) c. Parrocchia Regina Pacis di Roma (Avv. Antonetti) e altro.
1. Ambiente - Inquinamento acustico - Immissioni sonore - Derivanti da campi sportivi parrocchiali - Invasività di contigue civili abitazioni - Intollerabilità ex art. 844 c.c. - Regolamentazione oraria della fruizione dei campi - Necessità - Tutela cautelare ex art. 700 c.p.c. - Sussistenza dei presupposti.
2. Ambiente - Inquinamento acustico - Immissioni sonore - Derivanti da campane di una Chiesa - Alle ore 7.00 di mattina - Intollerabilità - Tutela cautelare ex art. 700 c.p.c. - Sussistenza dei presupposti.
1. Sussistono i presupposti per una tutela cautelare ex art. 700 c.p.c. a fronte di forti immissioni acustiche (urla, tonfi di palloni, cori di incitamento etc.) e luminose (12 fari alogeni) provenienti da tre campi sportivi parrocchiali, immissioni lesive, in fase diurna e notturna, del diritto alla salute e di proprietà di vicini frontisti, trattandosi di attività notoriamente rumorose ed essendo il diritto al riposo prevalente sul diritto alla aggregazione ludica. Ne consegue che il diritto di praticare attività sportive rumorose va limitato alle fasce orarie 10.00-13.00 e 16.00-20.00, conciliando le esigenze aggregative parrocchiali con quelle al riposo e tranquillità domestiche.
2. Sussistono i presupposti per una tutela cautelare ex art. 700 c.p.c. a fronte di forti immissioni acustiche provenienti da campane di una Chiesa suonate ogni giorno per oltre un minuto alle 7.00 di mattina, risultando tale forte e prolungato suono lesivo del diritto al riposo, espressivo del diritto alla salute di vicini frontisti. Ne consegue che il diritto di “suonar campane” alle 7.00 di mattina va limitato a soli 20 secondi, conciliando le esigenze parrocchiali con quelle al riposo e tranquillità domestiche.
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FULVIO
GIGLIOTTI
(Ordinario
di diritto privato nell’Università
Magna Graecia di Catanzaro)
e LUCA
BUSICO
(Vice
dirigente dell’Università di Pisa)
La normativa
sulle immissioni è uguale per tutti:
anche per le
parrocchie rumorose
(nota di
commento a Tribunale Roma, ord. 9 maggio 2011)
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1. L’interessante ed equilibrato provvedimento del Tribunale di Roma che qui si annota è stato emesso nell’ambito di un procedimento ex art.700 cod. proc. civ. e 844 c.c. attivato dai condomini di uno stabile nei confronti di una contigua parrocchia, le cui campane risuonavano ogni mattina alle ore 7,00 per oltre un minuto, e nelle cui strutture (oratorio) veniva svolta, ogni giorno, sino a tarda sera, un’intensa attività ricreativa e sportiva in due campi di calcio ed uno di basket, con produzione di immissioni sonore e luminose (12 fari alogeni diretti anche verso il contiguo edificio civile). I condomini ricorrenti lamentavano l’intollerabilità delle immissioni acustiche derivanti dalle campane e quelle acustiche e luminose provenienti dall’attività ricreativa e sportiva (svolta quotidianamente anche da associazioni sportive), richiedendo in via cautelare una regolamentazione dell’uso delle campane e delle strutture ricreative parrocchiali che tenesse in debito conto anche le loro preminenti esigenze relative al diritto alla salute ed alla tutela della proprietà.
Il Tribunale ha parzialmente accolto il ricorso, ordinando alla parrocchia, con ponderata statuizione che ha bilanciato i contrapposti interessi (all’aggregazione sociale da un lato, al riposo ed alla serenità domestica dall’altro), di utilizzare le proprie aree sportive nelle fasce orarie mattutine tra le ore 10,00 e le ore 13,00 ed in quelle pomeridiane tra le ore 16,00 e le ore 20,00, in linea con ordinari criteri seguiti in qualsiasi condominio italiano (le fasce ricalcano tradizionali clausole orarie di “buon senso” rinvenibili in regolamenti di condominio); nonché di limitare lo scampanio delle sole ore 7,00 del mattino ad un tempo massimo di venti secondi di rintocchi (lasciando invece libero il “don, don” di pascoliana memoria in successive “più cristiane” fasce orarie, di cui i ricorrenti però non si dolevano).
2. Come è noto, nell’ordinamento italiano le immissioni sono regolate dall’art.844 cod. civ. [1], che è innovativo rispetto alla codificazione precedente, nella quale, sulla base del modello francese, non esisteva alcuna specifica disciplina in materia [2]. Secondo il primo comma della disposizione richiamata, il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Il secondo comma precisa poi che nell`applicazione della norma l`autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e può tener conto della priorità di un determinato uso.
Oggetto di ampio dibattito è stata la questione se l’art. 844 fosse dettato solo a tutela del diritto di proprietà, o anche di diritti fondamentali della persona, primo tra tutti quello alla salute (art. 32 Cost.).
A partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, infatti, parte della dottrina ha evidenziato come la norma, sebbene collocata tra quelle destinate a tutelare la proprietà, potesse svolgere un ruolo fondamentale anche nella direzione di un’effettiva tutela civilistica della salute, in particolare modo contro il fenomeno dei rumori [3]. Anche in giurisprudenza, nonostante un diverso orientamento espresso dalla Consulta [4], si è prospettata l’utilizzazione dell’art. 844 come strumento primario a tutela della salute, a prescindere dalla sua collocazione tra le norme a tutela della proprietà [5].
Più lento è stato l’approdo del giudice di legittimità alle conclusioni dottrinali e giurisprudenziali di merito citate [6]: le Sezioni Unite, sul finire del 1998 hanno riconosciuto che la tutela ex art. 844 cod. civ. può essere esperita dal soggetto leso per conseguire la cessazione delle immissioni nocive alla salute, salvo il cumulo con l’azione di responsabilità aquiliana prevista dall’art.2043 cod. civ. [7]. La Suprema Corte ha poi ribadito che l’art.844 deve essere applicato tenendo conto che il limite della tutela della salute è da considerarsi ormai intrinseco nell'attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, sicché deve considerarsi valore prevalente il diritto ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze dell'attività commerciale [8]. In questa prospettiva, la disposizione dell’art.844 cod. civ. non è, pertanto, posta solo a tutela della proprietà, ma anche e soprattutto a tutela (della salute) del proprietario.
3. Il caso sottoposto all’esame del tribunale capitolino non costituisce una novità nel panorama giurisprudenziale, poiché non è il primo contenzioso che vede come parti contrapposte un parroco particolarmente entusiasta nell’attività di scampanio ed in quella di aggregazione giovanile (sostenuto anche da un buon numero di parrocchiani) ed uno o più malcapitati residenti di immobili contigui alla parrocchia, che devono subire le immissioni rumorose, senza regolamentazione alcuna, determinate dalle suddette attività.
La giurisprudenza ha individuato tre differenti parametri valutativi sui quali fondare l'apprezzamento giudiziale, dei quali due “obbligatori” ed uno “facoltativo” e sussidiario: i criteri obbligatori, rinvenibili nello stesso testo della norma, sono, appunto, quello della «normale tollerabilità» e quello del contemperamento delle ragioni della proprietà con le esigenze della produzione; quello facoltativo è, viceversa, quello della «priorità d'uso».
Della adeguata ponderazione di tali paramentri codicistici ha fatto corretta applicazione il Tribunale capitolino nel provvedimento cautelare che si annota, ben considerando detti presupposti nell’esame, necessariamente sommario, del fumus boni iuris.
In ordine al primo criterio (“obbligatorio”), della intollerabilità, è pacifico in giurisprudenza e in dottrina [9] che da talune immissioni possa derivare di per sé una lesione dell’equilibrio e del benessere psicofisico, intesi quali componenti del diritto alla salute; ed il caso in esame appare piuttosto emblematico di tale approdo, essendo le propagazioni rumorose di frequentatori di due campi di calcio e di un campo di basket (quelli parrocchiali nel caso sub iudice) ontologicamente rumorose per “fatto notorio” (urla di sportivi e di tifosi, tonfi di palloni, scontri, rimbalzo di palle da basket su tabelloni etc.), soprattutto ove frequentati, come si evince dal provvedimento giudiziale, da “un numero non esiguo” di bambini ed adulti. Parimenti notorio, d’altra parte, è il rumore prodotto da campane in un frontista appartamento di civile abitazione, soprattutto se promanato in orario assai diurno (ore 7.00 nella specie) connotato da scarso rumore di fondo e in fasce deputate al riposo.
Pertanto, se la Cassazione ha ritenuto che “in tema di immissioni in ambito condominiale superano la normale tollerabilità i rumori derivanti dai latrati insistenti del cane e dalle riunioni rumorose” [10], è ben intuibile la intrinseca rumorosità di tre campi sportivi (frequentati da “un numero non esiguo” di bambini ed adulti) o di una campana suonata alle 7.00 di mattina, contigua ad un edificio di civile abitazione. Ben valutato appare dunque dal giudicante, seppur in sede cautelare, il criterio codicistico della intollerabilità.
Parimenti ben considerato dal giudicante, sebbene in sede cautelare ed in modo implicito, risulta il secondo criterio (anch’esso “obbligatorio”), del “contemperamento delle ragioni della proprietà con le esigenze della produzione, in una fattispecie che mette a confronto, peraltro, rilevanti interessi costituzionalmente garantiti (tutela della salute e della proprietà), con attività non espressive di “produzione”, ma meramente ludiche serali o esigenze di mera segnalazione di una celebrazione assai mattutina (che, peraltro, anche in considerazione dell’orario del suo svolgimento, e della conseguente presumibile destinazione ad una comunità notoriamente “informata” del ripetersi dell’evento, appare già prima facie ridondante) [11]
4. In una fattispecie per molti versi vicina al caso in considerazione (attività ricreative svolte presso le parrocchie), la Suprema Corte [12] ha recentemente fissato dei condivisibili paletti, che possono essere così riassunti:
- l’attività sportiva e ricreativa, finalizzata a favorire l’aggregazione giovanile presso le strutture parrocchiali, non è un’attività peculiare della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni, ma, all’opposto, è uno strumento solo indiretto di realizzazione delle finalità istituzionali della Chiesa, vale a dire di “missione pastorale, educativa e caritativa”, quali contemplate dall’art.2 dell’Accordo del 18 febbraio 1984 fra l’Italia e la Santa Sede e dalla successiva legge 25 marzo 1985, n. 121;
- conseguentemente, la Chiesa cattolica e le sue istituzioni locali, quando iure privatorum utuntur (come nel caso di specie, trattandosi in buona sostanza di un’attività non dissimile da quella svolta da altri soggetti, pubblici o privati, operanti nel settore sportivo e ricreativo), sono tenute, al pari degli altri soggetti giuridici, all'osservanza delle norme di relazione e, dunque, alle comuni limitazioni all'esercizio del diritto di proprietà, tra le quali rientrano, appunto, quelle di cui all'art. 844 cod. civ.;
- le primarie ed insopprimibili esigenze di vita quotidiana connotanti l'uso abitativo di un immobile sono preminenti rispetto alle attività ricreative e sportive.
Di tali condivisibili enunciati l’ordinanza che si annota fa ragionevole applicazione, non già impedendo radicalmente l’utilizzazione delle aree ricreative, ma regolamentandone temporalmente l’uso, individuando (in piena sintonia con i criteri di elasticità enunciati nel precedente testé richiamato della Suprema Corte) un’articolata pluralità di fasce orarie “ludiche” in cui è consentito giocare, urlare ed utilizzare fari “da stadio”, ed escludendo tale uso giocoso in fasce mattutine (prima delle 10.00), pomeridiane (13.00-16.00) e serali (dopo le 20.00) notoriamente e socialmente dedicate al riposo, al dialogo domestico, o ad altre consimili attività connaturate al ragionevole godimento di immobili destinati ad uso abitativo.
5. Analogamente, in altri precedenti relativi ad immissioni sonore derivanti dal suono di campane parrocchiali [13] – oggetto, nel caso di specie, di concorrente richiesta limitativa da parte dei ricorrenti, che ne chiedevano la cessazione per la prolungata “scampanata” dell’alba (ore 7.00) – le soluzioni giurisprudenziali praticate hanno sempre correttamente pronunciato condanna delle strutture ecclesiastiche a ridurre nei limiti di tollerabilità le immissioni sonore determinate dal sistema campanario utilizzato [14], ribadendo la prevalenza delle esigenze proprietarie e dei diritti della persona (nelle sue espressioni di riposo domestico, soprattutto se, come nella specie, esasperatamente mattutino, o, in altri casi, serale-notturno); e affermando a chiare lettere la fondamentale esigenza di tutela di beni giuridici primari costituzionalmente garantiti o contemplati, quali il diritto alla salute e quello di proprietà (artt. 32 e 42 Cost.).
In questa direzione, poi, assai di recente, la Suprema Corte ha opportunamente evidenziato come debba considerarsi prevalente, rispetto alle esigenze della produzione [15], il soddisfacimento del “diritto ad una normale qualità della vita”, con la conseguente illiceità di quelle attività produttive comportanti immissioni acustiche superiori ai limiti di tollerabilità fissati dalla legge e dai regolamenti [16]
Criticabile appare invece, a nostro avviso, la statuizione del Tribunale di Roma sul punto, essendosi il giudicante limitato a ridurre le immissioni “da campana delle 7.00” da oltre un minuto a soli 20 secondi e non già ad ordinare la cessazione della stessa (come richiesto dagli attori per la sola sola fascia delle 7.00): appare evidente come le doglianze dei ricorrenti riguardavano la “sveglia ecumenica” imposta e patita all’alba dal suono intenso delle campane, quale che fosse la loro durata. La mera riduzione temporale di alcuni secondi statuita dal Tribunale non evita l’evidente disagio lamentato, ovvero di essere destati da una sveglia imposta da terzi in orario eccessivamente mattutino.
6. Ai rilievi sopra sviluppati aggiungasi, conclusivamente, che al diritto alla salute propugnato dai ricorrenti non si contrappone, nella specie, una esigenza di “produzione” dell’immittente (cui fa riferimento l’art. 844, co.2 c.c.), ma solo il (preteso) “diritto” di segnalare alle ore 7.00 del mattino che una celebrazione religiosa ha inizio (evento verosimilmente noto nel quartiere e rinvenibile in siti parrocchiali, anche telematici), o a far giocare ragazzi ed adulti in fase notturna a calcio, sport notoriamente non silenzioso.
Il provvedimento del Tribunale di Roma, che ribadisce e fa applicazione dei sunteggiati e consolidati principi in materia di immissioni fissati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, appare dunque pienamente condivisibile, poiché bilancia in modo equilibrato i due contrapposti valori meritevoli di tutela, quali l'aggregazione sociale e il diritto alla tutela della proprietà e della salute (di cui il riposo e la serenità domestica sono espressione), dando necessariamente prevalenza a questi ultimi, ma non impedendo né il “diritto” ad aggregarsi in parrocchia, che viene escluso (limitatamente alla forma delle pratiche sportive sopra descritte) solo in orari serali o di prima mattina, né il diritto “a suonar campane”, purchè non all’alba in area residenziale.
È il caso di dire che le parrocchie possono suonare campane e svolgere attività sportiva e ricreativa, ma …in orari da “cristiani”.
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[1] Sul tema v., ex pluribus: SALVI, Immissioni, in Enc.giur.Treccani, 3; GAMBARO, Il diritto di proprietà, in Tratt.Cicu-Messineo, 497; MATTEI, Immissioni, in Digesto IV, Torino, 1993, 311; ARZELA, Le immissioni, in Tratt. Gambaro-Morello, I, Milano, 2008.
[2] Pur essendo nota la relativa problematica: per tutti v. BIANCA, Diritto civile. 6. La proprietà, Milano, 1999, 230.
[3] Cfr.: VISENTINI, Immissioni e tutela dell’ambiente, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, 689; SCALISI, Immissioni di rumori e tutela della salute, in Riv. dir. civ., 1982, 127. Come rileva BIANCA, op. cit., 242 s., «la norma sulle immissioni è regola proprietaria, ma occorre riconoscere che la sua applicazione non può non tenere conto dei diritti fondamentali dei proprietari o possessori del fondo. Le immissioni che ledono tali diritti pregiudicano infatti il normale godimento del fondo, e per ciò stesso risultano intollerabili».
[4] Cfr. C. Cost., 23 luglio 1974 n. 247, in Foro it., 1975, I, 18, Giur. it., 1975, I, 1, 585 con nota di SALVI.
[5] Cfr.: Trib. Vigevano, 27 marzo 1973, in Foro it., 1973, I, 2, 1085; Pret. Vigevano, 15 giugno 1979, ivi, 1979, I, 2, 218; App. Venezia, 31 maggio 1985, in Giur. agr., 1987,300 con nota di BUSETTO; Trib. Biella, 16 settembre 1989, in Resp. civ. prev., 1989, 1191; Trib. Savona, 31 gennaio 1990. V. anche D'Amore, Risarcibilità e quantificazione del danno esistenziale da immisioni eccedenti la normale tollerabilità, commento a Trib. Montepulciano 14 febbraio 2007, n. 40, in Resp. civ. e prev., 2007, 11, 2391.
[6] Cfr. BOERI, Il divieto di immissioni e la tutela della salute nella recente evoluzione giurisprudenziale, in Nuova giur. civ. comm., 2001, 311.
[7] Cfr. Cass., Sez. Un., 15 ottobre 1998 n. 10186, in Foro it., 1999, I, 922; in Giust. civ., 1999, I, 2411; e in Riv. giur. ambiente, 1999, 500 con nota di DE CESARIS.
[8] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 11 aprile 2006 n. 8420, in Foro it., 2006, I, 3412, Resp. civ. prev., 2006, 1710 con nota di GRASSELLI. Sull’esperibilità dell’art. 844 c.c. a tutela della salute v., anche, assai di recente, Cass., sez. II, 17 gennaio 2011 n. 939, in Ced Cassazione; Cass., 8 marzo 2010, n.5564, in Ced Cassazione.
[9] Per tutti v. ZATTI, Nuova giur.civ.comm. 1988, IV, 723, Trib.Milano, 27 aprile 1984, in Giur.It., 1986, I, 2, 32. V., per il danno esistenziale da immissioni: MEO, Immissioni intollerabili e danno esistenziale, in Cons.imm., 2006, 1584 ss.
[10] Cass., sez.II, 26 marzo 2008, n.7856, in Giust. civ., 2009, 9, I, 1995, con nota di DI PAOLA.
[11] Non decisivo, invece, il criterio dell’eventuale “preuso” (peraltro, per quanto emerso nel caso di specie, rimasto sostanzialmente controverso in giudizio), perché comunque inidoneo a sorreggere, da sé, una diversa decisione. In proposito v., per tutti, BIANCA, Diritto civile. 6, cit., 238 s. Sulla “sussidiarietà e facoltatività” del parametro del preuso nei contenziosi per immissioni acustiche v. Cass., sez.II, 11 maggio 2005 n.9865; id, 10 gennaio 1996 n.161.
[12] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 31 gennaio 2006 n. 2166, in Riv. giur. ambiente, 2006, 684, Giust. civ., 2007, I, 459 con nota di COSTANZA.
[13] Cfr. CORRADI, Suono delle campane e responsabilità civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, 1315.
[14] Cfr.: Pret. Castrovillari, 16 febbraio 1991, in Foro it., 1991, I, 1273; Pret. Verona, 29 giugno 1984, in Giust. civ., 1984, I, 3192; Trib. Reggio Emilia, 28 settembre 1994, ivi, 1995, I, 1670 con nota di PELLECCHIA; Trib. Chiavari, 9 agosto 2008, in www.altalex.com.
[15] Per un’ampia considerazione della valutazione di “utilità sociale” che deve presiedere al giudizio di contemperamento richiesto dall’art. 844 c.c., non totalmente «riducibile in termini soltanto economicistici né ad istanze esclusivamente produttivistiche» v. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni e “rapporto proprietario”, Napoli, 1984, 240 (ove il virgolettato che precede).
[16] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564, in Giust. civ., 2010, I ,815.
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Il G.D.
a scioglimento della riserva, assunta nei procedimenti riuniti iscritti ai nn. 17976/2011 R.G. e 21795/2011 R.G. e all’esito dall’esame degli atti;
OSSERVA
Con ricorso depositato il 21.03.2011, P. M. I. A. L. A. P. M. e T. V. deducendo di abitare, sin dall’anno 2006, in appartamenti allocati nello stabile di “via Felice Cavallotti n. 99” in Roma, hanno esposto: che nella parte immediatamente contigua all’edificio e separata solo da una rampa di scala, trovasi la parrocchia “Regina Pacis”, che il suo parroco, don L. R., nell’anno 2007, aveva fatto costruire due campi di calcetto ed uno di basket, privi di copertura e illuminati ognuno da quattro potenti riflettori alogeni; che l’utilizzo di tali strutture, sia per finalità pastorali che ricettive che più propriamente sportive, aperto anche ad associazioni sportive esterne e protratto anche sino a tarda sera, determinava “intollerabili immissioni acustiche e luminose, diurne e notturne” che avevano compromesso la vivibilità sia del quartiere “Monteverde Vecchio” – che si caratterizzava per l’esclusiva finalità residenziale e la totale assenza di derivazione rumorosa alcuna, ragioni, queste, che avevano determinato, loro ricorrenti, ad ivi abitare - che degli appartamenti da loro occupati, decurtandone anche il pertinente valore commerciale; che, inoltre, l’utilizzo delle campane di cui la parrocchia era dotata e che vedeva ogni mattina alle ore 7,00 – in concomitanza con la celebrazione religiosa – la riproduzione di 71 rintocchi per un minuto e quattordici secondi, considerata la distanza di circa cinquanta metri intercorrente tra il campanile e l’edificio di loro ricorrenti, ne determinava il repentino brusco risveglio; che i tentativi promossi anche con il coinvolgimento delle forse di polizia e di sicurezza pubblica per dirimere, in via bonaria, la questione non avevano sortito positivo effetto in ragione dell’ostruzionismo assunto dal parroco; che, pertanto, agivano in via cautelare, ai sensi degli artt. 844 c.c. 700 c.p.c., onde ottenere, in via d’urgenza: una regolamentazione dell’uso di tali strutture limitato negli orari mattutini dalla 11,00 alle 13,00 e, nel pomeriggio, dalle 16,00 alle 19,30, con esclusione di attività alcuna oltre tale orario serale, per i soli giorni da stabilire contemperando le “esigenze aggregative parrocchiali” e “il prevalente diritto al riposo dei condomini frontisti”, inibendo l’utilizzo di strumento alcuno di diffusione sonora quali altoparlanti, megafoni, ovvero fischietti e imponendo la “costante doverosa presenza del parroco o del vice parroco” in concomitanza con tali eventi aggregativi; l’inibizione all’uso delle campane prima delle ore 9,30 di ciascuna giornata; e ciò quale misura anticipatoria degli effetti della domanda di merito, volta alla condanna della “Parrocchia Regina Pacis” al “risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali”, relativi, i primi alla “perdita di guadagno” subita da ciascun ricorrente e al deprezzamento delle proprie unità immobiliari abitative, i secondi, “biologico, morale, esistenziale, relazionale, psicologico”, conseguenti anche alla rilevanza penale della condotta determinante dal fatto illecito immissivo.
I medesimi ricorrenti hanno depositato, in data 1.04.2011, altro ricorso di analogo contenuto e nel quale – pag. 28 – hanno dettagliato l’oggetto della domanda di merito indicandolo nell’accertamento dell’”illegittimo comportamento posto in essere alla Parrocchia Regina Pacis”, nella conseguente “inibitoria delle intollerabili immissioni acustiche patite dagli istanti, violative del diritto costituzionale alla salute ed alla tutela della proprietà dei medesimi” e nel risarcimento dei conseguenti danni; il relativo procedimento è stato iscritto al n. 21795/2001.
Con istanza depositata in data 7.04.2001 i ricorrenti hanno chiesto la riunione dei detti procedimenti cui si è provveduto all’udienza già fissata per la comparizione delle parti nel presente procedimento riunente iscritto al n. 17976/2011 R.G.
Si è costituita la “Parrocchia S.M. Regina Pacis” impersonata dal suo parroco p.t., padre L. E. ed ha contestato l’avverso ricorso eccependo:
- la carenza di legittimazione attiva degli attori conseguente alla omessa prova della proprietà delle unità abitative facenti parte dello stabile di “via Felice Cavallotti n. 99” di Roma;
- la carenza, nel ricorso propulsivo del procedimento riunito iscritto al n. 21795/2001, dell’oggetto della domanda di merito che ne determinava inammissibilità;
- l’insussistenza dei presupposti per l’invocata tutela cautelare in ragione della preesistenza delle strutture sportive parrocchiali, sua pure con parziale differente conformazione, alle abitazioni dei ricorrenti che erano state ricavate, nell’anno 2007, da un ex edificio scolastico, così come anche la campana, oggetto di doglianza, ivi insisteva sia dall’anno 1942, con conseguente esistenza di un preuso - anche per quel che concerne l’utilizzo dei fari di illuminazione degli impianti - rispetto al successivo impiego delle dette abitazioni;
- che, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, l’utilizzo dei campi sportivi era limitato dal lunedì al venerdì, dalle ore 16,00 alle ore 20,00 e, sempre in detta fascia oraria, erano organizzati, nei periodi novembre-dicembre e gennaio-aprile, per due sabati al mese, tornei di calcio; che i campi di calcio erano, poi, locati a parrocchiani per due volte la settimana e saltuariamente dalle ore 20,00 alle 22,00, nel mentre il campo di basket non era mai utilizzato oltre le ore 20,00;
- che, contrariamente a quanto adombrato dai ricorrenti, i campi di calcio non erano utilizzati dai boy scout che ivi si riunivano alle ore 8,00 delle giornate di sabato e di domenica poiché – come pubblicizzato anche via web – le relative riunioni erano programmate alle ore 9,00 della domenica mattina, erano tenute nei locali parrocchiali e quindi, dalle 9,30 e sino alle 10,30 i partecipanti si intrattenevano in tale campo prima di recarsi a messa; che, ancora, nelle aree parrocchiali e limitatamente al periodo 15-30 giugno era organizzato – su richiesta dei genitori che avevano sollecitato assistenza ai propri figli dopo la chiusura delle scuole – il “campo scuola grest” che vedeva un limite massimo di duecento partecipanti, si svolgeva dal lunedì al venerdì e, per solo due giorni, vedeva l’impiego del campo di basket alle ore 8 per la riunione e la preghiera comune, con successivo trasferimento negli altri locali parrocchiali e solo nel pomeriggio il cortile era utilizzato quale area gioco per così rimediare alla calura estiva;
che i rintocchi della campana, regolamentati elettronicamente, si prolungavano per circa 45 secondi con cadenza regolare infrasettimanale alle ore 7, 8, 45, 12, 18 e 20 e la domenica alle ore 7, 8, 45, 10, 15 e 12, tali preesistenti all’insediamento in zona dei ricorrenti;
che l’avversa istanza cautelare era carente di prova e che l’esistenza, nella zona di “Monteverde Vecchio”, di strutture ed uffici pubblici, otre che la sua contiguità con altre strade trafficate, escludeva che il fenomeno immissivo in contestazione potesse assumere il connotato della intollerabilità e della connessa illiceità;
per tali ragioni, in rito ed in merito, hanno conclusivamente chiesto il rigetto dell’avversa domanda e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese della procedura e al ristoro del danno per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Con atto depositato all’odierna udienza hanno spiegato intervento volontario M. P., D.G, C.G., S.R., L.M., G.M., D.G.A., R.N., B.R. C.R., I.A., I.M., F.C., R.C:, D’A.m:, M.S., M.A., C.G., G.L., T.O., V.P., in proprio e quali esercenti la potestà sui figli minori nominativamente pure indicati, che, dichiarando di agire per la tutela del diritto proprio e dei propri figli all’esercizio della libertà religiosa e di associazione e di aggregazione negli spazi in disponibilità della parrocchia resistente, hanno aderito alle ragioni difensive opposte dalla detta parrocchia ed hanno chiesto il rigetto dell’avverso ricorso, con salvezza delle spese di procedimento.
Con autonomo atto ha spiegato ulteriore intervento adesivo R.U. che ha sostenuto le ragioni opposte dalla parrocchia resistente.
Quanto al ricorso propulsivo del procedimento riunito iscritto al n. 21795/2001, come evidenziato nella superiore parte descrittiva, la cautela con esso azionata era finalizzata nell’ottica del successivo giudizio di merito, alla condanna della parrocchia al “risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali”, che, era dedotto, derivavano dal fenomeno immissivo ascritto a detto ente per effetto dell’utilizzo degli impianti e delle strutture in sua disponibilità. Sul punto, va motivatamente osservato che la procedura cautelare innominata ex art. 700 c.p.c. costituisce, com’è noto, un rimedio di portata residuale, esperibile solamente laddove altri istituti non si appalesino funzionali ad apprestare la medesima tutela che si intende, con essa, perseguire, come può desumersi dalla chiara lettera delle legge che, nell’incipit della formulazione della norma e con espresso richiamo alle alte procedure cautelari tipiche e nominate, esclude che possa farsi ricorso alla forma atipica laddove ricorrano le condizioni per l’esperimento di altro rimedio tipizzato. Nel caso di specie, in riferimento a detta istanza di contenuto esclusivamente risarcitorio- e che secondo la prospettazione della parte proponente costituiva la situazione giuridica soggettiva e interinale tutela della quale sarebbe dovuta intervenire la postulata cautela d’urgenza – deve rilevarsi che lo strumento apprestato dall’ordinamento per la sua salvaguardia e preservazione è costituito dal sequestro conservativo, ex artt. 1905 e 1906 c.c., che ha la finalità ontologica di mantenere intatto il patrimonio del debitore di modo da garantire la fruttuosità di eventuali azioni poste in essere per conseguire l’adempimento dell’obligatio ex delicto cui la prospettata domanda risarcitoria deve giuridicamente ricondursi, sicchè, il difetto della condizione di residualità, la cui sussistenza legittima l’esperimento della cautela innominata azionata, determina il rigetto del detto ricorso.
Quanto allo scrutinio dell’ulteriore ricorso, propulsivo del procedimento riunente iscritto al n. 17976/2011 R.G. in relazione al quale, per le ragioni motivate dinanzi espresse, non si ravvisa la ragione di inammissibilità che afferisce l’omologo atto propulsivo del procedimento riunito, l’istanza di cautela atipica con esso postulata appare meritevole di riscontro nei limiti di seguito evidenziati.
Va preliminarmente escluso che l’omessa dimostrazione, da parte dei ricorrenti della proprietà delle abitazioni facenti parte dello stabile condominiale di “via Felice Cavallotti n. 99” in Roma, oggetto delle immissioni di cui è stata chiesta l’inibitoria in via d’urgenza, possa tradursi in motivo di reiezione della detta istanza cautelare, non è contestato che i ricorrenti occupino ed abitino immobili ed avendo, costoro, lamentato, da detti fenomeni immissivi, un nocumento, oltre che agli immobili di cui hanno (meramente)asserito la titolarità dominicale, anche alla propria persona nelle sue forme di estrinsecazione nel pertinente contesto abitativo e considerato che l’art. 844 c.c., norma che disciplina l’istituto della immissione qualificandone i pertinenti profili di illiceità, secondo l’assestata lettura giurisprudenziale elaborata in corretta esegesi del pertinente sistema normativo, interviene a presidio sia del diritto di proprietà in relazione al bene che risente in tale fenomeno lesivo che delle persone di coloro che comunque si trovino rispetto ad esso in una relazione qualificata, quanto meno nell’ambito della sommaria cognitio che strutturalmente caratterizza il rito cautelare uniforme, tale (non contestata) allegazione appare sufficiente a radicare la legittimazione attiva dei ricorrenti.
Ciò posto, e muovendo dalla ricostruzione della conformazione dei luoghi di causa, non è contestato che le strutture sportive richiamate nello scrutinando ricorso si trovino in immediata contiguità ed adiacenza con gli appartamenti occupati dai ricorrenti; le relative rappresentazioni mappali e fotografiche (all. 1 e 14 produzione parte ricorrente) – che, quanto a tale efficacia rappresentativa, non sono state oggetto di confutazione alcuna – rendendo proceduralmente accertato tale fatto. Alla stregua di tali risultanze trovano, così, dimostrativa conferma le deduzioni rassegnate dai ricorrenti relative alla esistenza di immissioni luminose e di rumori che da tali impianti possono derivare ai luoghi da loro abitati. Quanto alle prime, considerato il posizionamento dei pali e la luce che risulta promanare dai riflettori su di essi installati, detta interferenza appare assistita da adeguata e sufficiente verosimiglianza; quanto alle seconde, considerato il numero minimo di avventori che in base sia alle regole proprie di ciascuna disciplina sportiva caratterizza ogni competizione e considerato, inoltre il soddisfacimento del bisogno aggregativo, sotteso alla pratica ludica di gruppo, richiede il concorso di più soggetti, anche tale deduzione appare validamente suffragata e, poi, confermata anche da quanto evidenziato in dette fotografie.
Tanto premesso, e tenuto conto che, alla stregua della formulazione letterale del richiamato articolo 844 c.c., l’immissione, di qualunque matura essa sia, assume connotato illecito laddove essa travalichi la “normale tollerabilità” e che detto giudizio di tollerabilità deve elaborarsi tenendo in considerazione la “condizione dei luoghi” e comparando le contrapposte esigenze (riferibili alla causa del fatto immissivo e a colui che le subisce), la pretesa dei ricorrenti, volta, in via cautelare d’urgenza, all’adozione di un provvedimento di interdizione dell’utilizzo parziale di tali impianti appare accoglibile laddove temporalmente circoscritta, quanto alle ore mattutine prima delle ore 10,00 e non oltre le ore 13,00 e quanto alle ore serali prima delle ore 16,00 e non oltre le ore 20,00.
Deve, invero, ritenersi, in ciò risolvendosi la delibazione sulla sussistenza del fumus boni iuris della pretesa cautelanda, che l’accertata vicinanza tra tali impianti e le abitazioni dei ricorrenti, secondo una valutazione già improntata all’id quod plerumque accidit suffragata dalle esposte considerazioni circa il numero non esiguo dei relativi utilizzatori, appare tale da rendere concreta, effettiva ed attuale la possibilità che il rumore generato dalla compresenza di tali avventori – e determinato dal vociare ovvero anche dall’impiego di toni di voce elevati, come solitamente accade nelle competizioni sportive, soprattutto amatoriali – possa diffondersi nel contesto circostante e “invadere” gli immobili posti in immediata adiacenza.
Va, nel contempo, considerato che l’ambito prettamente residenziale in cui lo stabile abitato dai ricorrenti è urbanisticamente inserito non può condurre a ritenere, detta zona, esente da influenza alcuna di rumore cittadino; l’esistenza della contigua strutture parrocchiale evidenzia, invero, la presenza di un polo aggregativo tale da determinare afflusso di persone e, inoltre, non sono state contestate le deduzioni dell’ente convenuto in merito alla compresenza, in zona, anche di uffici e servizi pubblici (postale e commissariato di P.S.).
La rappresentazione aerea del sito (all. 1 produzione parte ricorrente) rafforza tale inferenza e legittima, pertanto, la conclusione per la quale, al di fuori delle fasce orarie dinanzi dettagliate, la causa dei fenomeni immessivi lamentati non appare ascrivibile alla sola attività aggregativa e ludica gestita dalla parrocchia resistente nelle proprie strutture.
Valutazione differente interviene per quel che concerne le fasce orarie oggetto della pronunciando interdizione, durante le quali non si registra, di regola, concomitante attività sociale, trattandosi – in particolare le ore tra le 13,00 e le 16,00 – di spazi temporali di regola destinati al riposo pomeridiano (e, per tale ragione, anche presi in considerazione dai regolamenti locali per escludere, in loro costanza, l’esecuzione di lavori possibili fonti di rumore, quali quelli edili) ovvero postume all’esercizio delle quotidiane incombenze sicchè, in loro ricorrenza, lì’utilizzo delle strutture sportive, con le modalità e per le ragioni in precedenza evidenziate, rende possibile ed attuale la derivazione, in danno dei ricorrenti, di un fenomeno immissivo che non appare assistito dal carattere della tollerabilità – considerata anche l’assenza del c.d. rumore di fondo, prodotto dalle concorrenti fonti di rumore e che deve essere considerato nel caso di verifica tecnica dell’entità del fenomeno sonoro – ben potendo, le concomitanti esigenze aggregative di cui la parrocchia è indubbiamente espressione, trovare attuazione nelle ore precedenti durante le quali l’eventuale vulnus a aliene ragioni non appare corroborato dall’attributo della illiceità per carenza di “intollerabilità” del pertinente fatto immissivo.
Va, altresì, ulteriormente rilevato che, in corrispondenza dell’approssimarsi degli orari serali e/o notturni, si rende necessaria, per la materiale fruizione di detti impianti, anche l’impiego degli apparati di illuminazione posti a loro servizio e dai quali, s’è detto, promanano, in danno delle prospicienti abitazioni, immissioni luminose.
Quanto, poi, alle campane in dotazione alla parrocchia resistente che parte ricorrente ha dedotto essere utilizzate per oltre settantaquattro secondi ogni mattina alle ore 7,00, in concomitanza con la celebrazione liturgica, e di cui ne ha, quindi, sollecitato inibizione, la circostanza che ne ha, però, ristretto la durata dello scampanio a soli 45 secondi (pag. 19 memoria di costituzione).
Deve, al riguardo, rilevarsi che la vicinanza tra le strutture parrocchiali e l’immobile abitato dai ricorrenti, agevolmente evincibile anche dalla rappresentazione aerea dei luoghi (all. 1 produzione parte ricorrente) e l’orario mattutino dello scampanio sono circostanze valorizzabili per inferire una valenza immissiva del conseguente suono che, in ragione della sua protrazione, anche se estesa – secondo l’assunto di parte resistente – per circa quarantacinque secondo al detto orario indubbiamente mattutino, appare travalicare la tollerabilità; le concorrenti esigenze, di tranquillità dei ricorrenti e di richiamo della parrocchia (estrinsecazione, quest’ultima, del diritto all’esercizio del culto, assistito da garanzia sia costituzionale (art. 7) che legislativa, espressa, quest’ultima, dall’art. 2 della legge 25.03.1985 n. 121, recante le modifiche al Concordato Lateranense dell’11 febbraio 1929) appaiono contemperabili ed entrambe perseguibili nella presente sede cautelare restringendo temporalmente lo scampanio delle ore 7,00 entro i venti secondi di rintocchi.
In riferimento al periculum in mora, le deduzioni proposte dai ricorrenti appaiono condivisibili, atteso che l’espressione continuativa a situazioni lesive determinate da rumori di differente natura e provenienza che precludono il pieno godimento della propria situazione abitativa appaiono lesive di diritti fondamentali assistiti anche da garanzia costituzionale (artt. 14 costituzione) e si traducono in fonte di possibili nocumenti di natura esistenziale nella più ampia e giudiricamente apprezzabile eccezione del termine, tali da determinare, per effetto ed in conseguenza dello stato di disagio psico-fisico che ne consegue, pregiudizio alla salute. Pertanto, soprattutto in una ottica di finalità preventiva, l’adozione dei patrocinai rimedi inibitori, poiché funzionali ad impedire la protrazione delle situazioni accertate e ritenute cause di tali danni la cui verificazione, anche secondo un apprezzamento di c.d. senso comune, si profila effettiva e concreta, si appalesa quale misura utili per precludere la verificazione di un danno avente indubbia connotazione di irreparabilità in ragione della sua inerenza alla persona.
Quanto, infine, alle deduzioni rassegnate dalle parti resistenti ed intervenienti in merito alla cronologica anteriorità dell’uso delle strutture oggetto di lamento da parte dei ricorrenti rispetto al loro insediamento abitativo nelle abitazioni adiacenti, deve, al riguardo, osservarsi che nell’enucleazione di trascritti criteri che l’art. 844 c.c. detta per disciplinare la liceità del fenomeno immissivo, quello della “priorità di un determinato uso” costituisce un parametro di carattere facoltativo e sussidiario il cui impiego deve, pertanto, ritenersi escluso laddove – come nel caso in esame – si ritenga, in applicazione degli altri, ravvisata l’intollerabilità (e la conseguente illiceità) del fatto immissivo (c. Cass. 11.05.2005 n. 9865; Cass. 10.01.1996 n. 161).In tali limiti il ricorso può accogliersi.
Le spese della procedura possono compensarsi tenuto conto, a fronte del parziale accoglimento del ricorso propulsivo del procedimento riunito iscritto al n. 17976/2001 R.G. la declaratoria di inammissibilità che interviene quanto all’ulteriore con cui ha avuto avvio il procedimento riunente iscritto al n. 21795/2001.
P.Q.M.
letti gli artt. 669 sexies, 669 septies e 700 c.p.c.
rigetta, poichè inammissibile, il ricorso propulsivo del procedimento riunente iscritto al n. 21795/2001 R.G.;
in parziale accoglimento del ricorso propulsivo del procedimento iscritto al n. 17976/2001 R.G.,
ORDINA
alla Parrocchia “S.M. Regina Pacis” di Roma i persona del suo parroco e legale rappresentante p.t.:
di astenersi da fare utilizzo delle aree sportive costituite dai due campi di calcetto e dal campo di basket, quanto alle ore mattutine prima delle ore 10,00 e oltre le ore 13,00 e quanto alle ore serali prima delle ore 16,00 e oltre le ore 20,00;
- di limitare lo scampanio delle ore 7,00 a un tempo massimo di venti secondi di rintocchi;
compensa integralmente tra tutte le parti le spese della presente procedura;
manda alla cancelleria per gli adempimenti conseguenti.
Roma, lì 9-05-2011
Il G.D.
Dott. Claudio Tedeschi
Depositata in cancelleria il 9 maggio 2011.