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MARIA EVELINA RIVA
Enti locali: il Consiglio di Giustizia Amministrativa afferma la necessarietà del controllo del Co.Re.Co. sulle delibere immediatamente esecutive (*)
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(nota di commento a C.G..A. Sez. Consultiva, par. 9 febbraio 1999, n. 3/99)
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Con il parere in commento, la Sezione consultiva del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana si è espressa in merito ad alcuni quesiti formulati dall’Assessorato regionale degli enti locali.
I punti controversi sui quali è stato chiesto l’avviso del Supremo consesso riguardano la disciplina dei controlli di legittimità sugli atti degli enti locali. Una fra le questioni sottoposte all’esame del Consiglio merita attenzione anche al di fuori dei confini regionali siciliani, per le implicazioni generali in tema di rapporti fra le regioni e le autonomie locali.
Si tratta di un quesito relativo alle deliberazioni degli enti locali dichiarate immediatamente esecutive. Ci si chiede, in particolare, se queste debbano per ciò solo essere trasmesse all’organo regionale di controllo: vexata quaestio, al centro di un acceso dibattito che ha visto schierarsi su posizioni contrapposte il Co.re.Co. e gli enti locali.
Il problema del controllo sulle deliberazioni immediatamente esecutive.
Il dubbio ermeneutico sorge dalla difficoltà di interpretazione dell’art. 18, 3° comma, della L.R. 3 dicembre 1991 n. 44 (recante la disciplina dei controlli sugli enti locali in Sicilia), a seguito delle modifiche apportate dalla L.R. 5 luglio 1997 n. 23 ad altre disposizioni della precedente legge regionale; come si vedrà meglio nel prosieguo, si tratta di modifiche ispirate al nuovo regime dei controlli sugli atti degli enti locali introdotto a livello nazionale dalla legge 15 maggio 1997 n. 127, meglio nota come "Bassanini bis".
La norma di cui trattasi (art. 18/3) prescrive che "le deliberazioni indicate all’articolo 16 debbono essere trasmesse all’organo di controllo, a pena di decadenza, entro cinque giorni dalla relativa adozione". Tali deliberazioni sono quelle "di cui al [precedente] articolo 15", al quale l’articolo 16 rinvia, disponendo che esse – come nella disciplina nazionale - possono essere dichiarate "urgenti ed immediatamente esecutive", con il voto espresso dei due terzi dei votanti, "in caso di evidente pericolo o di danno nel ritardo della relativa esecuzione".
L’art. 15 disciplina il controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti locali. La norma, interamente novellata dall’art. 4 della L.R. 23/1997, statuisce che sono sottoposte al controllo del Co.Re.Co:
le deliberazioni dei Consigli Comunali e Provinciali che riguardino specifiche materie (comma 1);
le deliberazioni consiliari che un quarto dei consiglieri o le Giunte intendono sottoporre all’esame del Comitato (comma 2, primo capoverso);
le deliberazioni che le Giunte assoggettino di propria iniziativa al riscontro dell’organo di Controllo (comma 2, secondo capoverso)
le deliberazioni delle Giunte riguardanti talune materie, quando un quarto dei consiglieri ne faccia richiesta scritta e motivata, da presentare entro dieci giorni dall’affissione della deliberazione all’albo pretorio, con l’indicazione delle norme che si assumono violate; in tal caso il controllo del Co.Re.Co. sarà esercitato nei limiti delle illegittimità denunziate (comma 3).
Secondo le disposizioni contenute nell’art. 15, pertanto, gli atti degli enti locali soggetti al controllo preventivo di legittimità, sono classificabili in tre categorie, come nella legislazione statale: quelli sottoposti al controllo c.d. necessario, per espressa previsione normativa; quelli soggetti ad un controllo c.d. facoltativo, su decisione degli stessi organi deliberanti; quelli, infine, per cui è previsto un controllo c.d. eventuale, attivabile su richiesta di un quarto dei consiglieri comunali.
Un’interpretazione strettamente letterale del combinato disposto dei tre articoli appena descritti può condurre a ritenere che tutte le deliberazioni degli enti locali, quale che sia il tipo di controllo cui sono sottoposte, per il solo fatto di essere indicate nell’articolo 15, devono obbligatoriamente essere trasmesse al Co.Re.Co. ogni qual volta siano dichiarate immediatamente esecutive. Tanto discende dalla genericità del rinvio operato dall’articolo 18/3, il quale fa riferimento alle "deliberazioni indicate all’articolo 16" senza ulteriori specificazioni o chiarimenti.
Siffatta conclusione ha destato non poche perplessità e resistenze fra gli amministratori locali, poiché, secondo il dettato dell’articolo 15, tutte le deliberazioni, non soltanto della Giunta ma anche del Consiglio, possono essere sottoposte ad una delle tre forme di controllo: infatti, a differenza della parallela disciplina statale, la norma regionale prevede la possibilità di controllo eventuale su tutte le deliberazioni consiliari (comma 2, primo capoverso). Ne consegue che, ove gli enti adottanti ritengano di dotare i propri atti della clausola di immediata esecutività, tale decisione comporta una sorta di penale: la trasmissione al Co.Re.Co. di atti che normalmente non sono sottoposti al suo controllo, con il dubbio di fondo, sul quale si tornerà più avanti, che tale adempimento sia finalizzato ad un esercizio del sindacato dell’organo tutorio. Se così fosse, si avrebbe l’indesiderato effetto di trasformare in necessario un controllo che è soltanto eventuale (o facoltativo). Se così non è, resta da chiedersi quale sia la ragione dell’adempimento prescritto dal terzo comma dell’articolo 18 o, in altre parole, a cosa sia finalizzata la trasmissione al Co.Re.Co. di atti non (o non ancora) sottoposti a controllo.
De jure condendo, se ne potrebbe argomentare l’esigenza di un chiarimento legislativo, come quello operato dalla legge 127/1997 su analogo problema per la legislazione nazionale (ciò che, come si dirà in seguito, è stato auspicato dalla sezione centrale del Co.Re.Co.). Tuttavia, a ben vedere, è possibile anche una diversa interpretazione del testo in vigore, più attenta al dato sostanziale della norma in questione.
De jure condito, infatti, un’esegesi logico-sistematica, attenta anche alla ratio legis può condurre a ritenere che il rinvio all’articolo 15, operato dall’articolo 18/3 attraverso l’articolo 16 della L.R. 44/1991 vale quale norma procedurale, atta ad indicare le modalità (cioè il termine) di trasmissione delle deliberazioni dichiarate immediatamente esecutive, qualora esse rientrino in una delle categorie sottoposte a controllo necessario.
L’obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è, con tutta evidenza, quello di consentire all’organo tutorio di esaminare tempestivamente quelle deliberazioni soggette al controllo preventivo di legittimità che siano dichiarate immediatamente esecutive; ciò al fine di evitare che tali atti, ove risultino illegittimi all’esame, necessariamente successivo, del Co.Re.Co., possano produrre i loro effetti per un arco di tempo che non sia solo quello strettamente necessario all’organo di controllo per pronunciarne l’annullamento. Non sembra, invece, coerente con la ratio legis la trasmissione all’organo tutorio di deliberazioni non (o non ancora) assoggettate a controllo, poiché l’invio al Co.Re.Co delle deliberazioni sottoposte al riscontro facoltativo o eventuale, nel termine di cinque giorni dalla loro adozione, non sembra strumentale all’esercizio immediato del controllo.
L’organo tutorio, infatti, è legittimato all’esercizio del proprio potere di verifica nei riguardi di tale tipologia di deliberazioni, solo in presenza di apposita richiesta formulata da parte dei soggetti indicati dalla legge. Questi ultimi, inoltre, possono richiedere il controllo, ai sensi del 3° comma dell’art. 15, fino al decimo giorno dall’affissione della deliberazione all’albo pretorio, termine che in realtà si presenta ancora più lungo ove si consideri che, ai sensi dell’art.11 della L.R. 44/1991, tutte le deliberazioni devono essere pubblicate il primo giorno festivo successivo alla loro adozione.
I dubbi interpretativi concernenti il terzo comma dell’art. 18, si sono posti, come in precedenza già anticipato, in seguito alla modifica apportata dall’art. 4 della L.R. 23/1997 all’art. 15 della L.R. 44/1991.
Tale ultima norma, nella sua formulazione originaria, disegnava un sistema fortemente incentrato su controlli di carattere obbligatorio, in linea con la coeva legislazione nazionale; secondo la vecchia disciplina risultavano, infatti, assoggettati al necessario riscontro tutorio tutte le deliberazioni dei Consigli e buona parte di quelle adottate dalle Giunte.
L’obbligo di trasmettere all’organo tutorio tutte le deliberazioni immediatamente esecutive, sancito da una norma (l’art. 18/3 della L.R. 44/91) concepita sotto il vigore della predetta disciplina, appariva, dunque, coerente con il sistema di controlli sugli atti delineato dal legislatore del 1991. La previsione del termine perentorio per la trasmissione dell’atto al Co.Re.Co., così come prescritto dalla norma in questione, ha infatti ragion d’essere se inserita nell’ambito di un controllo obbligatorio, mentre perde di significato se riferita ad un controllo di tipo facoltativo o eventuale.
La radicale riduzione, operata dalla L.R. 23/1997, degli atti assoggettati ex lege al necessario riscontro tutorio, ha determinato, pertanto, il venir meno del presupposto logico-giuridico su cui si basava la prescrizione sancita dal terzo comma dell’art.18 della L.R.44/1991.
Il difetto di coordinamento tra la norma in questione e la nuova disciplina dei controlli, ha determinato l’insorgere di una querelle interpretativa tra il Co.Re.Co. e gli enti locali.
Il primo, a favore di una lettura della norma strettamente aderente al dato testuale, ritiene che tutti gli atti deliberativi dichiarati immediatamente esecutivi vadano trasmessi all’organo di Controllo entro i cinque giorni dall’adozione, pena la decadenza. La trasmissione, peraltro, nell’impostazione seguita dalla sezione centrale del Co.Re.Co., non comporta automatica sottoposizione al proprio sindacato: questa seguirà soltanto nel caso in cui i soggetti legittimati a chiedere il controllo facoltativo o eventuale ne facciano richiesta.
I secondi, invece, ritengono che la prescrizione sancita dal terzo comma dell’articolo 18 non riguardi tutte le deliberazioni comunali e provinciali sol perché dichiarate immediatamente esecutive, ma solo quelle soggette al controllo obbligatorio, in omaggio all’obiettivo di ridurre fortemente i controlli sugli atti degli enti locali, perseguito dal legislatore regionale con la L.R. 23/1997.
In questo contesto si inserisce l’intervento, sollecitato dall’Assessorato degli enti locali, del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia.
La soluzione indicata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa.
Nel parere in epigrafe il Consiglio di Giustizia Amministrativa si pronuncia per la sottoposizione al sindacato del Co.Re.Co. di tutte le deliberazioni degli enti locali dichiarate immediatamente esecutive, in tal modo fondando l’obbligo di trasmissione delle stesse all’organo di controllo entro il termine perentorio di cinque giorni dalla relativa adozione.
L’assunto, secondo il C.G.A., trova conferma sia alla stregua di un’esegesi letterale che in base ad un’interpretazione sostanziale, cioè alla luce della ratio sottesa alla norme di cui si tratta.
Sotto il primo profilo, come recita il parere con prosa che non si distingue per chiarezza, " l’art. 15 della L.R. 44/1991 (nel testo sostituito dall’art. 4 della L.R. 23/1997) al comma 2 (…) si occupa di tutte le deliberazioni del Consiglio e della Giunta comunali e provinciali [sic], e non soltanto di quelle relative a certe materie"; da ciò viene fatto conseguire che "il generico riferimento alle deliberazioni di cui all’articolo 15, operato indirettamente dall’articolo 18, (attraverso il rinvio all’articolo 16, il quale a sua volta rinvia all’articolo 15) val quanto riferirsi a tutte le deliberazioni".
A conferma della ricostruzione appena esposta, il C.G.A. chiarisce – ma senza maggior linearità - che, "altrimenti detta la cosa, le parole ‘di cui all’art. 15’, contenute nell’art.16, si riferiscono a tutte le deliberazioni, quale cioè che ne sia la materia, perché tutte le deliberazioni consiliari e di giunta possono essere dichiarate immediatamente esecutive". In buona sostanza, l’interpretazione letterale seguita dal parere si fonda sull’argomentazione per cui "le parole ‘le deliberazioni indicate all’art. 16’, contenute nell’articolo 18, non significano null’altro che ‘le deliberazioni dichiarate immediatamente esecutive’".
Considerata la laconicità con la quale il C.G.A. esprime le proprie argomentazioni di carattere testuale, appare utile, per una migliore comprensione del ragionamento esposto, scomporne i singoli passaggi attraverso il seguente schema:
L’art. 18 statuisce che "le deliberazioni di cui all’art.16" devono essere inviate al Co.Re.Co. entro cinque giorni dalla relativa adozione, pena la decadenza.
Ai sensi dell’art. 16, le "deliberazioni di cui all’art.15" possono essere dichiarate immediatamente esecutive dagli stessi organi deliberanti in caso di evidente pericolo o di danno nel ritardo, mediante il voto espresso dai due terzi dei votanti.
"Le deliberazioni di cui all’art. 15", stante la genericità dell’espressione contenuta nell’art. 16, si identificano con tutte quelle che tale norma assoggetta al controllo preventivo di legittimità del Co.Re.Co., sia che quest’ultimo eserciti il proprio potere di verifica ex lege (controllo obbligatorio) sia su richiesta dei soggetti a ciò legittimati (controllo facoltativo ed eventuale).
Posto che il secondo comma dell’art 15 assoggetta al riscontro tutorio tutte le deliberazioni consiliari che un quarto dei consiglieri o le giunte intendono sottoporre al Comitato, nonché tutte le deliberazioni delle giunte che gli stessi organi deliberanti decidano di inviare al Co.Re.Co., ne discende che "le deliberazioni di cui all’art. 15" non riguardano solo specifiche deliberazioni, ma tutte quelle di competenza sia consiliare che giuntale, in quanto ognuna di esse è soggetta a controllo eventuale ai sensi del comma 2 dell’art. 15.
La conclusione che precede, trova conferma anche nel fatto che tutti gli atti adottati sia dai Consigli che dalle Giunte possono essere dichiarati immediatamente esecutivi (ciò che, come si dirà meglio nel prosieguo, costituisce una palese inversione logica).
Conseguentemente, tenuto conto delle superiori osservazioni, si giunge ad affermare che "le deliberazioni di cui all’art. 16", cui si riferisce l’art. 18, si identificano con tutte le deliberazioni, sia consiliari che giuntali, dichiarate immediatamente esecutive, pertanto ognuna di esse deve essere inviata al Co.Re.Co. nel termine di cinque giorni dalla relativa adozione, pena la decadenza.
Sotto l’angolo visuale dell’interpretazione sostanziale, come prima accennato, il C.G.A. motiva la soluzione interpretativa proposta anche alla luce della ratio legis sottesa al terzo comma dell’art. 18, sulla quale si sofferma nella parte conclusiva del parere in commento.
Ritiene il Consiglio, in particolare, che l’obbligo di trasmissione al Co.Re.Co. di tutte le deliberazioni dichiarate immediatamente esecutive trova ragion d’essere nel fatto che la norma "è una disposizione di salvaguardia, diretta ad impedire che la dichiarazione di esecutività eluda la possibilità di richiesta di sottoposizione a controllo, o vanifichi la richiesta stessa".
Ne consegue, nell’interpretazione del C.G.A., che la dichiarazione di esecutività comporta "automaticamente" la sottoposizione dell’atto al controllo del Co.Re.Co., "pena la decadenza della dichiarazione di esecutività". Non solo, dunque, vi è un obbligo di trasmissione delle deliberazioni in questione all’organo tutorio, ma pure un relativo potere di sindacato in capo a quest’ultimo.
Riepilogando, la soluzione interpretativa offerta dal parere riguardo al quesito formulato, appare la seguente: tutte le deliberazioni, sia consiliari che giuntali, dichiarate immediatamente esecutive sono soggette automaticamente al controllo del Co.re.Co., al quale vanno trasmesse entro il termine perentorio di cinque giorni dall’adozione, pena la decadenza della dichiarazione di esecutività.
Considerazioni critiche.
Due sono, a ben vedere, gli interrogativi emergenti nella querelle sul controllo delle deliberazioni immediatamente esecutive: il primo riguarda la sussistenza o meno dell’obbligo di trasmissione al Co.Re.Co. di tutte le deliberazioni in parola; il secondo, da porsi solo in caso di risposta affermativa al primo, concerne la sottoposizione degli atti trasmessi al sindacato dell’organo tutorio, anche qualora essi siano soggetti a controllo solamente facoltativo o eventuale e non sia ancora pervenuta esplicita richiesta di riscontro da parte dei soggetti legittimati.
Fra le diverse, possibili soluzioni si distribuiscono le posizioni degli attori in gioco. Gli enti locali, con un’interpretazione logico-sistematica attenta alla tutela della propria autonomia, tendono a negare l’esistenza dell’obbligo di trasmissione al Co.Re.Co., eccezion fatta per le deliberazioni sottoposte a controllo necessario. L’Assessorato regionale degli enti locali sostiene che devono essere trasmesse al Co.Re.Co. non soltanto le predette deliberazioni ma anche quelle sottoposte a controllo facoltativo (poiché, di norma, la clausola dell’assoggettamento a tale sindacato è deliberata contestualmente all’adozione dell’atto cui è riferita). La sezione centrale del Co.Re.Co. ritiene, invece, che viga un obbligo di trasmissione di tutti gli atti dichiarati immediatamente esecutivi cui, però, non viene fatto conseguire alcun potere di sindacato immediato. Alcune sezioni provinciali del Co.Re.Co. aggiungono al predetto obbligo quello di fornire chiarimenti in merito all’esistenza o meno di richieste di controllo eventuale, facendo conseguire la declaratoria di decadenza dell’atto alla mancata risposta. Da ultimo, il Consiglio di Giustizia Amministrativa, andando in certo senso ultra petita rispetto alle prospettazioni dell’amministrazione richiedente parere, afferma non soltanto l’obbligo di trasmissione al Co.Re.Co. di tutte le deliberazioni dichiarate immediatamente esecutive, ma anche la loro "automatica" sottoposizione a controllo.
Come si vede, con poche variazioni, sono tre le tesi alternative:
le deliberazioni immediatamente esecutive devono essere trasmesse solo se già sottoposte a controllo (necessario o facoltativo qualora sia stata esercitata la relativa facoltà);
devono essere trasmesse sempre ma controllate solo se e quando ne intervenga apposita richiesta;
devono essere sempre trasmesse ed "automaticamente" controllate.
La terza, più radicale posizione, prospettata dalla Sezione consultiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa si presenta contestabile per un duplice ordine di ragioni: da un lato si riscontra un’incoerenza di fondo fra la motivazione strettamente letterale dell’obbligo di trasmissione di tutte le deliberazioni immediatamente esecutive al Co.Re.Co. e la motivazione squisitamente sostanziale, se non evolutiva, dell’asserita sottoposizione al sindacato di legittimità delle stesse; dall’altro, questa seconda asserzione non è formalmente fondata, ma riposa piuttosto su considerazioni di carattere assiologico e giunge a contrastare esplicitamente con il dato letterale prima invocato.
L’affermazione del potere di controllo del Co.Re.Co. sulle deliberazioni immediatamente esecutive, infatti, non trova conferma testuale né nell’articolo 18, né dell’articolo 16, né tantomeno nell’articolo 15, il quale, nel dettare i presupposti per l’esercizio del sindacato del Co.Re.Co. sugli atti degli enti locali, non annovera le deliberazioni in questione fra quelle soggette al controllo obbligatorio. Esse, pertanto, non rientrano sicuramente nella categoria degli atti soggetti al sindacato di legittimità. D’altro canto, sarebbe apparso strano che il legislatore regionale del 1997, operando una riduzione dei controlli sugli atti di comuni e province, avesse introdotto una prescrizione non prevista neanche dalla originaria disciplina sui controlli, più rigorosa. Risulta, altresì, priva di sostegno testuale, la sanzione che il Consiglio fa conseguire alla mancata sottoposizione al controllo delle deliberazioni immediatamente esecutive, ovvero "la decadenza della dichiarazione di esecutività". Semmai. il terzo comma dell’articolo 18, prevede, in caso di mancato rispetto dei termini perentori per l’invio al Co.Re.Co. delle deliberazioni di cui all’articolo 16, la sanzione della decadenza dell’intera deliberazione, non soltanto della dichiarazione di immediata esecutività.
Ad ogni modo, la sottoposizione delle deliberazioni immediatamente esecutive al sindacato dell’organo tutorio non ha nemmeno giustificazione sostanziale. Come prima riferito, secondo il C.G.A., l’apposizione della clausola di immediata esecutività sarebbe atta ad eludere la possibilità che i soggetti legittimati dalla legge richiedano l’assoggettamento a controllo degli atti in questione, oppure – come recita testualmente il parere in commento – "a vanificare la richiesta stessa". La disposizione di cui al terzo comma dell’articolo 18 della L.R. 44/1991 avrebbe allora la funzione di salvaguardare il potere delle minoranze di sottoporre a sindacato di legittimità le deliberazioni dell’ente locale.
Tale preoccupazione non ha, tuttavia, alcuna ragion d’essere. A ben vedere, infatti, il solo effetto che la dichiarazione di immediata esecutività produce è quello di anticipare eccezionalmente l’efficacia dell’atto al momento della relativa adozione. In nessun modo la predetta dichiarazione può impedire che i soggetti legittimati a richiedere il controllo eventuale (o facoltativo) esercitino la relativa facoltà: una simile preclusione non risulta in alcun modo ricavabile dalla normativa in esame.
Un’ulteriore perplessità sorge dall’affermazione del C.G.A. per cui la dichiarazione di immediata esecutività "eluda (…) o vanifichi" la richiesta di controllo eventuale. Non si comprende, invero, cosa si voglia dire con il termine "vanificazione" di diverso rispetto al termine "elusione". Si potrebbe ritenere che per "vanificazione" il C.G.A. intenda riferirsi al fatto che, poiché la richiesta di controllo inoltrata dalle minoranze ha lo scopo di far annullare l’atto e conseguentemente impedire che quest’ultimo possa essere portato ad esecuzione, la dichiarazione di immediata esecutività, di fatto, renderebbe inutile il controllo esercitato su un atto già eseguito. Se così fosse, si contesterebbe l’essenza stessa dell’istituto della immediata esecutività. Inoltre, la "automatica" sottoposizione a controllo delle deliberazioni immediatamente esecutive non ne impedirebbe comunque la immediata esecuzione poiché, in primo luogo, non vi è alcuna norma che attribuisca efficacia sospensiva al controllo sulla predetta categoria di atti ed, in secondo luogo, riconoscere al sindacato del Co.Re.Co. effetto sospensivo implicherebbe l’impossibilità di portare ad immediata esecuzione qualsiasi deliberazione comunale o provinciale; la qual cosa equivarrebbe ad un’abrogazione in via interpretativa dell’articolo 16 (norma attributiva del potere di conferimento dell’immediata esecutività agli atti urgenti).
Vi è, infine, un ultima notazione critica circa il parere in commento. Come accennato in precedenza, il C.G.A. afferma, fra l’altro, che "le parole ‘di cui all’art. 15’, contenute nell’art. 16, si riferiscono a tutte le deliberazioni", in quanto "tutte le deliberazioni consiliari e giuntali possono essere dichiarate immediatamente esecutive". Il ragionamento, semmai, andrebbe capovolto. Infatti, posto che l’art. 16 statuisce che possono essere dichiarate immediatamente esecutive le deliberazioni di cui all’art. 15, e verificato che queste ultime si identificano con tutte le deliberazioni, sia consiliari che giuntali, ne consegue che possono essere dichiarati immediatamente esecutivi ai sensi dell’art. 16 tutti gli atti sia di competenza del consiglio che della giunta.
Da quanto sin qui osservato sembra quasi che il Consiglio sposi ora un metodo ermeneutico, ora un altro a seconda della necessità di giustificare delle tesi che, lungi dall’essere le conseguenze di un dato ragionamento, ne rappresentano le premesse.
Più accettabile, e sicuramente coerente con la linea interpretativa inizialmente seguita, cioè quella letterale, è la soluzione indicata dalla Sezione centrale del Co.Re.Co. siciliano (sopra riportata come seconda): l’articolo 18/3 della L.R. 44/1991 impone l’obbligo di trasmissione all’organo tutorio delle deliberazioni dichiarate immediatamente esecutive, ma non attribuisce al Co.Re.Co. alcun potere di controllo ulteriore rispetto a quelli già previsti dalla legge.
La Sezione centrale, come già si è avuto modo di riferire, si è pronunciata in materia con la decisione n. 654/602 del 5 febbraio 1998. Quest’ultima, pur riconoscendo che la prescrizione di cui al terzo comma dell’articolo 18, a seguito della modifica del sistema dei controlli operata dalla L.R. 23/1997, "risulta affievolita nella sua incidenza" (problematica che il C.G.A. sembra ignorare), ha ritenuto che la norma predetta debba essere applicata tenendo fede al suo significato letterale; pertanto, "l’atto deliberativo dichiarato immediatamente esecutivo [e sottoposto a controllo facoltativo o eventuale] va trasmesso all’organo entro i cinque giorni dall’adozione, pena la sua decadenza e l’organo di controllo deve prenderlo in esame solo in presenza di una richiesta idonea per termini e modalità".
Una soluzione diversa
Tuttavia, a ben vedere, anche la soluzione appena richiamata non appare condivisibile. Infatti, se è vero che il tenore letterale dell’articolo 18/3 sembra deporre per la trasmissione al Co.Re.Co. di tutte le deliberazioni immediatamente esecutive, è altrettanto vero che l’analisi interpretativa non può fermarsi ad un primo esame testuale della norma de quo ma debba, invece, spingersi ad un’esegesi logico-sistematica, posto che dall’interpretazione letterale deve pur sempre emergere un significato chiaro ed inequivoco una volta posto in collegamento con il contesto normativo in cui la disposizione esaminata si inserisce.
Un’analisi logico-sistematica deve tener conto, in primo luogo, della portata innovativa della nuova disciplina dettata in materia di controlli dalla L.R. 23/1997 (come ammette, in parte, la stessa Sezione centrale). La legge regionale del 1997, come già evidenziato, ha operato una notevole riduzione degli atti sottoposti al riscontro tutorio, in un quadro di generale snellimento dell’azione degli enti locali.
Il nuovo principio che anima la normativa così come riformata dal legislatore del 1997, è che il controllo sugli atti non rappresenta, come in passato, la regola, ma sempre più un’eccezione, ed è in questa nuova chiave di lettura che vanno interpretate le norme in materia di controlli sugli atti degli enti locali.
Alla stregua del predetto principio appare contraddittorio ritenere che sia obbligatorio il compimento di un atto procedimentale (la trasmissione al Co.Re.Co.) non finalizzato ad un successivo stadio del procedimento se non in via eventuale (poiché tale è il controllo di cui si tratta); soprattutto se l’atto in questione può ben essere eseguito solo nel momento in cui se ne verifichi la necessità, cioè se e quando intervenga la richiesta di controllo.
Ma l’analisi logico-sistematica di una disposizione implica non soltanto un’attenzione ai principi generali della disciplina, bensì, ancor prima, una disamina accurata delle altre norme in materia. Nella fattispecie, esiste una norma – l’articolo 12 della stessa L.R. 44/1991 – che, se esaminato insieme ai pluricitati articoli 15, 16, e 18, mette in crisi l’interpretazione letterale dell’articolo 18/3.
Il secondo comma dell’articolo 12, infatti, stabilisce che le deliberazioni non soggette a controllo, in caso di urgenza, possono essere dichiarate immediatamente esecutive con il voto della maggioranza dei componenti degli organi deliberanti. Se si pone mente all’articolo 16, il quale stabilisce che le deliberazioni soggette a controllo (quelle "di cui all’articolo 15") possono essere dichiarate urgenti ed immediatamente esecutive con il voto espresso dai due terzi dei votanti, appare chiaro che esistono due diverse discipline dell’istituto dell’anticipata esecuzione delle delibere comunali e provinciali.
La prima, dettata dall’articolo 12/2, riguarda gli atti non (o non ancora) sottoposti a controllo, cioè quelli per i quali la legge prevede soltanto il controllo facoltativo (salvo quanto detto infra) o eventuale, posto che in Sicilia tutte le deliberazioni giuntali e consiliari possono essere assoggettate al sindacato del Co.Re.Co. in via facoltativa o eventuale. Ritenere che le deliberazioni non soggette a controllo sono quelle non sottoposte neppure a controllo facoltativo o eventuale significherebbe, pertanto, svuotare d’ogni contenuto la categoria e, di conseguenza, porre nel nulla una norma in vigore qual è l’articolo 12.
La seconda, dettata dall’articolo 16 (e dall’articolo 18/3), concerne gli atti che risultino sottoposti a controllo già al momento della loro adozione, cioè quelli per i quali la legge prevede il controllo necessario nonché quelli di cui le giunte ed i consigli comunali e provinciali dichiarino di voler richiedere il controllo facoltativo contestualmente all’adozione. Tale impostazione, suggerita dall’Assessorato regionale degli enti locali, appare la più convincente, poiché l’articolo 18/3, nel dettare la disciplina della trasmissione al Co.Re.Co. degli atti soggetti al suo sindacato, individua nell’adozione il momento da cui decorre il termine di cinque giorni per la trasmissione medesima. Se ne deduce che la disciplina prescritta dalla norma in esame è applicabile soltanto alle deliberazioni che possono essere definite come sottoposte a controllo già al momento della loro adozione. E queste sono, appunto, soltanto quelle soggette a controllo necessario e quelle sin da subito assoggettate a controllo facoltativo. Pertanto, anche se l’articolo 16, cui l’articolo 18/3 rinvia per l’individuazione degli atti da trasmettere obbligatoriamente al Co.Re.Co., indica genericamente tutti gli atti elencati nell’articolo 15, cioè tutti gli atti sottoposti a qualunque tipo di controllo, de facto la categoria si riduce alle deliberazioni appena indicate.
In base alla prima disciplina, è sufficiente la mera maggioranza semplice dell’organo deliberante per l’apposizione della clausola di immediata esecutività e non è previsto alcun obbligo di trasmissione al Co.Re.Co. Ciò per l’ovvia ragione che è inutile inviare all’organo tutorio un atto su cui questo non ha alcuna competenza e del quale, oltretutto, non saprebbe quali vizi riscontrare, poiché l’articolo 4 della L.R. 23/1997 ha stabilito, con disposizione mutuata dalla legge "Bassanini bis", che la richiesta di chiarimenti ed il controllo eventuale possono essere esercitati "nei limiti delle illegittimità denunciate". Vi sarà trasmissione, nei termini ordinari (15 giorni dalla richiesta), solo nel caso in cui i soggetti legittimati chiedano il controllo.
In base alla seconda disciplina, invece, è necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi (nonché ragioni "di evidente pericolo o di danno nel ritardo") per la dichiarazione di urgenza ed immediata esecutività, è previsto l’obbligo di trasmissione al Co.Re.Co., da esercitarsi entro cinque giorni dall’adozione, ed il relativo potere di sindacato (e di richiesta di chiarimenti) dell’organo tutorio, con decadenza nel caso di mancato invio.
Per le deliberazioni cui si applica la seconda disciplina, il legislatore ha posto delle condizioni più gravose perché la dichiarazione di immediata esecutività, come già accennato, attribuisce efficacia immediata all’atto trasformando il controllo, di regola preventivo, in successivo.
Il rischio che una deliberazione illegittima venga portata immediatamente ad esecuzione appare particolarmente grave per gli atti che, a cagione della loro importanza, sono stati sottoposti dal legislatore a controllo necessario o dall’organo deliberante a controllo facoltativo. Tale pericolo è giudicato accettabile dalla legge soltanto nei casi in cui l’immediata esecuzione risulti necessaria al fine di evitare un pericolo grave per l’ente adottante; per opportuna cautela, tuttavia, si impone che l’eccezione alla regola sia deliberata da una maggioranza diversa, più ampia di quella sufficiente ad adottare l’atto. La minore importanza delle deliberazioni sottoposte a controllo eventuale o delle quali l’organo deliberante non ha ritenuto da subito di dover chiedere il controllo facoltativo spiega, invece, perché per la dichiarazione di immediata esecutività sia sufficiente la stessa maggioranza prevista per l’adozione.
L’interpretazione proposta appare più in linea con la rivoluzione del sistema dei controlli sugli atti degli enti locali operata dalle recenti riforme. Le leggi "Bassanini" ed i successivi decreti delegati, infatti, in omaggio al conclamato principio di sussidiarietà, hanno non solo potenziato l’autonomia degli enti locali ma anche introdotto un nuovo modo di amministrare ed una nuova, conseguente filosofia dei controlli. Da un’amministrazione che agisce per atti si sta gradualmente passando ad un modo di amministrare "per attività", nel quale il controllo assume le vesti della verifica (interna o esterna) sulla gestione nel suo complesso. È tramontata l’epoca in cui ci si poteva illudere che assicurare la legittimità formale di un atto potesse garantire la legalità dell’azione amministrativa (ed ancor meno la sua conformità ai fini pubblici).
Tuttavia, nelle Regioni a statuto speciale, per paradosso, le riforme si vanno rivelando come un’occasione mancata. Posto che le leggi "Bassanini" non sono immediatamente applicabili ove intervengano in materie coperte da competenza legislativa esclusiva delle Regioni (v. nota 8), l’estensione della "rivoluzione copernicana" del principio di sussidiarietà, cioè il massimo avvicinamento possibile dell’amministrazione ai cittadini nonché la più ampia semplificazione dei procedimenti, è affidata all’attività legislativa regionale. Questa, non soltanto in Sicilia, si è dimostrata tiepida verso i principi appena richiamati, temendo di perdere parte della propria, considerevole autonomia. Ne consegue una sperequazione per gli enti locali delle Regioni autonome i quali – è qui il paradosso – godono di autonomia inferiore a quella di cui si avvantaggiano quelli delle Regioni a statuto ordinario. Anche i cittadini e le imprese ne soffrono le conseguenze: sempre nell’ambito delle recenti riforme, ad esempio, si noti come quella della liberalizzazione del commercio (c.d. riforma Bersani) non trovi, sempre in Sicilia, alcuna applicazione, mentre i Friuli una legge regionale giudicata sostanzialmente ripropositiva del vecchio, abrogato regime è stata impugnata dal Governo nazionale. Viene così sperequata una cittadinanza che, soltanto per la Sicilia, è pari a un decimo della popolazione nazionale.
Si è parlato, a questo proposito, di "neo-centralismo regionale", per definire la tendenza delle Regioni a riproporsi, nei confronti degli enti locali non come gli enti di regolazione e coordinamento disegnati dalla Costituzione e dai decreti legislativi del 1977 e del 1998, bensì sotto le mutate spoglie del vecchio Stato centralista (v. nota 3).
Quanto detto spiega come mai la legislazione regionale siciliana riformatrice dei controlli (la L.R. 23/1997) sia stata tanto timida nel recepire (poche) innovazioni da quella statale. Come già accennato, la riduzione del novero di atti soggetti a controllo è stata di gran lunga inferiore, il Co.Re.Co. non ha acquistato le funzioni sostitutive di assistenza e consulenza verso gli enti locali (articolo 17, comma 31, della legge 127/1997) mantenendo la sua vecchia fisionomia di controllore, ed i suoi membri non hanno perduto la posizione di distacco dalle amministrazioni di appartenenza (articolo 17, comma 35, della legge 127/1997). Poiché, tuttavia, la perdita di competenze di controllo è stata comunque notevole, si è registrata una certa riduzione del ruolo dell’organo tutorio, se non addirittura una crisi. Simili effetti si sono constatati in altre Regioni a statuto speciale (ad esempio in Friuli Venezia Giulia). Probabilmente la mancata previsione delle predette funzioni di assistenza e consulenza non ha agevolato il Co.Re.Co. siciliano che non ha potuto così trasformarsi in un diverso tipo di organo, a detrimento dei rapporti fra lo stesso e gli enti locali isolani.
Ne costituisce testimonianza il seguito della vicenda che è alla base del parere in commento e che appare opportuno riportare in conclusione. Dopo la pubblicazione del parere, le Sezioni provinciali del Co.Re.Co. hanno diramato apposite circolari dirette agli enti locali, con le quali si avvertivano questi ultimi ad trasmettere tutte le dichiarazioni immediatamente esecutive nei termini fissati dall’art. 18/3, pena la decadenza dell’atto (non della sola dichiarazione di immediata esecutività come sostenuto dal C.G.A.).
Simili prese di posizione hanno provocato la reazione degli enti locali. Alcuni di loro, vistesi dichiarare decadute alcune deliberazioni urgenti, hanno adito il giudice amministrativo avverso predetta declaratoria, ottenendone una pronuncia di sospensiva ex art. 21 L. T.A.R., nell’ambito di un giudizio ancora in corso (T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, ordinanza 27 gennaio 1999, n. 234). La Sezione provinciale del Co.Re.Co. interessata (quella di Messina) ha impugnato la sospensiva davanti alla Sezione giurisdizionale del C.G.A., del quale si attende pronuncia.
Al di là dei futuri sviluppi della complessa vertenza, ciò che già oggi emerge dai fatti è una diffusa resistenza alla portata innovatrice del generale processo di riforma che sta investendo il mondo delle autonomie nell’ultimo decennio. Non resta che augurarsi il diffondersi di una maggiore sensibilità ai temi dell’autonomia decisionale, della semplificazione amministrativa e della vicinanza dei centri decisionali al cittadino (come prescritto dai principi della legge 59/1997), che sia nell’interesse di quest’ultimo e non, invece, quale risultato di una lotta di potere fra enti locali ed amministrazioni regionali.
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(*) La presente nota a sentenza è già stata pubblicata nel numero 10 (ottobre) 1999 della Rivista "Urbanistica ed Appalti". Si ringrazia la direzione di detta Rivista per avere concesso l'autorizzazione alla pubblicazione della nota stessa.