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Articoli e note

 

Daniele Riso

Le circolari a contenuto normativo

"Le leggi hanno il senso dello spirito ? Senza dubbio un umorismo assolutamente involontario abita le aule, gli uffici, i cunicoli di quell'entità misteriosa che è l'Amministrazione, madre prolifica delle leggi, disposizioni, circolari, normative, procedure che accompagnano l'individuo nella sua faticosa professione di cittadino".
 (nota a "Lo spirito delle leggi" di Augusto Frassineti, Il Mulino, 1989).

Tra le maglie del nostro ordinamento giuridico è presente un’area grigia, esplorando la quale ci si trova sempre in bilico tra l'esigenza di rispettare il sistema delle fonti del diritto e quella di dotare l'amministrazione di uno strumento rapido e, per certi versi, "informale" di veicolazione di direttive, provenienti da organi gerarchicamente sovraordinati: è questo il luogo incontrastato di proliferazione delle circolari.

      L'informalità propria delle circolari, supportata dalla scarsissima regolamentazione legislativa delle medesime, ne ha fatto un mezzo di esercizio di poteri amministrativi (e spesso anche normativi), tali da sfuggire a qualsivoglia forma di controllo, e da insinuarsi all’interno del sistema delle fonti del diritto, provocandone talune dilatazioni [1].

            Attualmente la produzione di circolari a contenuto normativo appare in crescita; a nostro avviso ciò è dovuto a due ordini di ragioni: prosegue il fenomeno di "fuga" dall'applicazione della legge n. 400/88 (art.17) che ha fissato determinati parametri formali per l'emanazione di atti normativi di livello secondario (regolamenti, decreti ministeriali) [2]. Venuta meno, inoltre, - a causa della sentenza della Corte costituzionale n.360/96 - la possibilità di reiterare all'infinito i decreti-legge, si è posta l'ulteriore questione di come supplire all'inerzia ed all'incapacità previsionale del Parlamento. Oggi si assiste ad una sorta di "dequotazione" del sistema delle fonti, ove la circolare rischia di divenire il mezzo utile a superare le emergenze non più colmabili attraverso la reiterazione dei decreti-legge [3].

            Storicamente, con il termine "circolare" si individuavano quelle "staffette" a cavallo che recavano gli ordini dai comandi militari alle varie unità sottordinate. Si trattava, quindi, di un mero strumento di diffusione dei contenuti informativi più diversi.

            Anche modernamente la dottrina, rifacendosi a tale iconografia classica, ha configurato la circolare come una “modalità di esternazione di una manifestazione di volontà, di scienza o quant'altro promani da un organo amministrativo e sia diretta ad una pluralità di destinatari” [4].

      Tale modo di intendere il fenomeno delle circolari, seppur formalmente ineccepibile, appare di scarsa utilità sotto un profilo euristico; vi sono alcune questioni che una tale chiave di lettura lascia sullo sfondo e che risulta utile, invece, evidenziare.

            Nel linguaggio utilizzato comunemente da funzionari, dirigenti amministrativi e mezzi di comunicazione di massa, le circolari sono considerate fonti di "prescrizioni" atte a "disciplinare" una determinata materia [5].

            Il dato linguistico fornisce un'indicazione di massima intorno alla cosiddetta "tipicità... sociale" del fenomeno, ma non basta; vi sono anche taluni indici volti ad evidenziare una sorta di sotterranea inclusione delle circolari nel sistema istituzionale delle fonti del diritto.

Non è, infatti, casuale che la Corte dei conti, nella sua Relazione annuale sul rendiconto generale dello Stato, introduca, all'interno del capitolo dedicato all' “attività normativa del governo”, talune voci, difficilmente decifrabili secondo lo schema classico di individuazione delle fonti del diritto. La Corte dei conti crea (Allegato E) l'oscura categoria degli "atti (che si possono ritenere) a contenuto normativo non rivestiti di forma regolamentare"[6]

Traspare da tale definizione una certa difficoltà della Corte nel classificare determinati atti che, però, al tempo stesso ricevono così una sorta di "patente" di appartenenza (anche se un pò forzata) al sistema delle fonti normative [7]. La Relazione della Corte raccoglie all'interno dell'allegato E: "Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri", "decreti" senza ulteriore qualificazione, ma anche talune "circolari"; ciò significa che la Corte - in questa atipica quanto informale presa d'atto di un fenomeno diffuso che altri organi istituzionali sembrano ignorare - tende a "sdoganare" da una zona grigia del diritto, e ad includere nel sistema delle fonti, soltanto talune tra le centinaia di circolari che ogni anno popolano il nostro sistema amministrativo.

La Corte dei conti non fornisce, all'interno della Relazione annuale, alcuna indicazione sul criterio utilizzato per separare le circolari "a contenuto normativo" da tutte le altre. 

Tuttavia, la Sezione di controllo della Corte si è occupata di tale questione, anche per stabilire se e quali circolari vanno sottoposte al controllo preventivo di legittimità di cui all'art. 3 comma 1 della legge 14 gennaio 1994 n.20. La nuova legge "in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti" ha infatti reso tassative le ipotesi in cui la Corte deve esercitare il controllo sugli atti "non aventi forza di legge"; l'elenco di atti da sottoporre a controllo non include espressamente le circolari. Quindi, la Corte, in via interpretativa, tende a ricomprendere talune circolari tra le "direttive generali per l'indirizzo e per lo svolgimento dell'azione amministrativa" di cui all'art.3 c.1 lett. b) della legge n.20/94. 

Si ingaggia, così, molto spesso una disputa tra la Sezione di controllo della Corte e le singole amministrazioni che vogliono, invece, sottrarre ad ogni forma di controllo le circolari, riconducendole ad atti di natura conoscitiva, adottati allo scopo di illustrare i termini di applicazione di nuove disposizioni legislative (c.d. circolari interpretative). 

Al contrario, la Sezione di controllo della Corte dei conti sottolinea che, sempre più spesso, le circolari recano "compiute soluzioni ermeneutiche, (..) idonee a costituire il contenuto tipico di una direttiva generale, assimilabile a quelle impartite dal Ministro per l'indirizzo e lo svolgimento dell'azione amministrativa"[8]

Nel caso di specie la Corte va oltre, affermando che "l'intervento del Ministro del tesoro non appare circoscritto a mere indicazioni ma, al contrario, è palesemente inteso all'identificazione delle situazioni concrete alle quali applicare le esclusioni previste in astratto dalle disposizioni normative (nel caso di specie il d.l.28/9/94 n.533). Pertanto, l'atto va ad incidere sulla definizione di situazioni soggettive di privati sicché‚ in esso sembrano obiettivamente individuabili - ancorché‚ la legge non affidi alla Ragioneria generale alcuna potestà regolamentare - innovazioni sostanziali nel sistema normativo vigente le quali caratterizzano l'atto per un contenuto normativo con efficacia esterna e, di conseguenza, lo assoggettano al controllo preventivo di legittimità anche ai sensi della lett. c) dell'art.3 della legge n.20/94"[9]

La Corte dichiara, a tal proposito, l'illegittimità della Circolare, nella parte in cui si sostituisce ad una legge dello Stato nell'individuare categorie di soggetti da sottoporre a pensionamento anticipato per esubero di personale. La Corte dei conti opera, quindi, un'importante funzione di controllo su atti che tendono ad assumere, addirittura, un contenuto parificato a quello di norme di livello primario.

La nostra Costituzione non si occupa in maniera specifica del sistema delle fonti del diritto, ponendo soltanto una riserva di legge assoluta o relativa a tutela di determinati beni o interessi fondamentali. A livello di fonti legislative primarie, la disciplina in materia di circolari è limitata a pochissime norme.

            L'art.18 c.4 del D.P.R.1092 del 1985 recante il "testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei D.P.R. e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana", afferma che "sono pubblicate (in Gazzetta ufficiale) anche le circolari esplicative dei provvedimenti legislativi, la cui pubblicità in questa forma sia chiesta dal Ministro competente e sia ritenuta opportuna dal Presidente del Consiglio dei Ministri"[10]. Tale norma prescrive una forma di pubblicità rimessa alla valutazione discrezionale delle autorità di governo e, quindi, non generalizzata.

            Successivamente, l'art.26 della legge n.241/90 in materia di trasparenza amministrativa, afferma che "..sono pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sull'organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano norme per l'applicazione di esse". 

Tale disposizione obbliga la pubblica amministrazione a pubblicare tutte le norme interne, allo scopo di fornire ai cittadini quel sostrato di conoscenza tale da garantire un minimo di democraticità all'azione di governo. Ma, come sottolinea un chiaro autore, si tratta di una norma dotata di una scarsa effettività; mentre, infatti, l'art.73 della Costituzione subordina l'entrata in vigore delle leggi alla pubblicazione delle stesse, "questo non accade per le circolari normative, le quali fondano la propria operatività sulla notificazione agli organi destinatari"[11]

Non esiste, inoltre, un termine prefissato entro il quale la pubblicazione va eseguita. Vi è, infine, una notevole difficoltà, per il cittadino, nel reperire le pubblicazioni diverse dalla Gazzetta ufficiale, quali i Bollettini ufficiali dei Ministeri e le varie Raccolte delle amministrazioni pubbliche.

            L'enumerazione delle scarne disposizioni di legge che regolamentano l'emanazione delle circolari si esaurisce con l'art.6 c.2 della legge n.168/89 che esclude, in materia di disciplina delle Università, "l'applicabilità di disposizioni emanate con Circolare". Si tratta di una delle pochissime disposizioni che espressamente escludono ratione materiae un intervento normativo mediante circolari[12].

            Per completare il quadro di riferimento legislativo all'interno del quale collocare il fenomeno delle circolari normative, è doveroso esaminare il capo III della legge 23/8/88 n.400 che si proponeva di ridefinire la "potestà normativa del Governo", anche se tale compito veniva affidato al debole strumento di un atto di normazione primaria, che può essere disatteso da successive fonti di pari livello.

            Appare significativo che il capo III della legge n.400/88 non citi in alcuna sua parte il termine "circolare"; il legislatore ha, infatti, individuato all'art.17 due grandi categorie di atti normativi secondari:

            a)            I regolamenti governativi, (nelle varie forme dei decreti di esecuzione, di attuazione ed integrazione, di organizzazione, indipendenti e di delegificazione) emanati con Decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

            b)            I decreti ministeriali, che "possono essere adottati (..) nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, fermo restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione" (art.17 c.3).

            Entrambe le categorie di regolamenti di cui sopra "devono recare la denominazione di regolamento, sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale" (art.17 c.4).

            Rispetto ad una tale strutturazione del sistema delle fonti secondarie, non vi sarebbe, dunque, spazio per le circolari normative, che andrebbero ad incidere prevalentemente nello spazio che la legge n.400/88 individua per i "decreti ministeriali". Tuttavia, si assiste ad un fenomeno di doppia elusione delle indicazioni fornite da tale fonte legislativa[13]: Il legislatore del 1988 impone che i D.M. intervengano "quando la legge espressamente conferisca tale potere" (art.17 c.3), ciò significa che il Parlamento ha posto il principio di necessaria autorizzazione ex lege di ogni attività ministeriale avente contenuto normativo[14]; vi è inoltre la grave elusione delle forme di controllo, innanzi al Consiglio di Stato ed alla Corte dei conti, previste dall'art.17 c.4 per l'emanazione dei regolamenti.

            La situazione appare ancora più paradossale ove si rifletta sul fatto che spesso le circolari hanno un contenuto che - non soltanto deroga alle elementari indicazioni di conformità a legge, previste dall'art.17 c.4 della legge n.400/88 per i D.M., ma - si pone al di fuori del quadro di riferimento costituzionale, andando ad incidere su diritti fondamentali della persona oggetto di una riserva di legge assoluta.

            La ratio che aveva ispirato il legislatore nell'emanare la legge n.400/88, stava nella delegificazione di ampi settori dell'ordinamento, pur nel rispetto di talune regole formali e sostanziali che avrebbero dovuto indirizzare il Governo nello svolgimento dell'attività di normazione di livello secondario. Si è assistito, invece, ad una modesta riduzione del numero delle leggi emanate, ad un timido incremento nell'emanazione dei regolamenti governativi formalizzati secondo le prescrizioni della legge n.400/88 ed al permanere di un'ampia gamma di atti - direttive, ordinanze, circolari - che consentono ai Ministeri di procedere "per linee interne, con norme che neppure compaiono in Gazzetta ufficiale e sono pubblicate a distanza di anni nei Bollettini ufficiali"[15]

Ma più che al dato quantitativo, occorre guardare ai contenuti dei provvedimenti a valenza normativa che "circolano" all'interno del nostro sistema giuridico: è paradossale dover constatare che la fuga dalla legge, tanto reclamata al fine di ottenere una maggiore efficienza dell'apparato istituzionale, si verifichi sempre più spesso in settori che dovrebbero essere, invece, sottoposti ad una costante ed attenta regolamentazione di livello primario[16]. Vi è in ciò una sorta di strano destino che rimescola il sistema delle fonti conducendo a risultati aberranti: continuano ad essere emanate leggi in materie futili e, nel contempo, permane la lesione di diritti fondamentali della persona perpetrata mediante l'(ab)uso di circolari[17].

            Tradizionalmente, per giustificare la presenza delle circolari nel nostro sistema giuridico, la dottrina si è rifatta al principio della pluralità degli ordinamenti giuridici ed ha affermato che il potere di emanare un tale tipo di provvedimenti è connaturato all'esercizio della funzione amministrativa e ne costituisce uno dei profili organizzativi. La circolare promana, infatti, - secondo tale tesi - dagli organi di vertice dell'amministrazione (in genere i Ministeri) e produce effetti soltanto interni all'organizzazione amministrativa, obbligando esclusivamente (sulla base del cosiddetto rapporto di supremazia speciale) gli organi amministrativi gerarchicamente subordinati all'osservanza della stessa. Essa non inciderebbe, quindi, sull'attività esterna nè‚ tanto meno sul sistema delle fonti del diritto. 

Una tale ricostruzione teorica, deve fare i conti con una realtà nella quale risulta inscindibile il nesso tra organizzazione amministrativa interna ed esternazione dei poteri pubblici. Se un pubblico funzionario è vincolato ad applicare una determinata norma (sia essa una legge o una circolare), questa non può non avere come potenziali destinatari tutti i soggetti dell'ordinamento giuridico nel quale tale organo dell'amministrazione opera[18]. Abbandonate, dunque, le nozioni di "norma interna" e di "supremazia speciale", -peraltro utilizzate spesso dalla giurisprudenza amministrativa per negare la presenza di un interesse ad agire in capo al singolo- occorre misurare quale sia in concreto il grado di incidenza delle circolari sul sistema delle fonti e valutare le possibilità di tutela del cittadino nei confronti di tali "norme circolari" che, da più parti, vengono definite illegittime[19].

            La questione della tutela dei singoli nei confronti delle circolari normative dotate di efficacia esterna, è direttamente connessa alla qualificazione giuridica che l'interprete dà del fenomeno:

            a)  Se la circolare viene classificata atto a contenuto normativo, occorre valutare, volta per volta, se essa vada a coprire - e dunque a sostituire - ambiti riservati a leggi di livello primario oppure settori destinati al potere normativo secondario. In entrambi i casi, secondo il sistema vigente, vi è comunque un'illegittimità della circolare. Nel primo caso, infatti, essa appare immediatamente contrastante con le norme della Costituzione che prevedono la riserva di legge[20], mentre nel secondo caso vi è un'illegittimità per violazione dell'art.17 della legge n.400/88. Su tale ultimo profilo è intervenuta, recentemente, la Corte di cassazione a sezioni unite, ribadendo che "l'esercizio della potestà normativa attribuita all'esecutivo (..) deve svolgersi con l'osservanza di un particolare modello procedimentale, secondo cui per i regolamenti di competenza ministeriale sono richiesti il parere del Consiglio di Stato e la preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri"[21].

            Considerando, però, la circolare un atto normativo generale ed astratto, mancherebbe un interesse concreto ed attuale del singolo ad agire per l'eliminazione della stessa[22]. Sono rari, infatti, i casi in cui la giurisprudenza amministrativa riconosce l'immediata impugnabilità di un atto normativo[23]. Il Consiglio di Stato, afferma che le circolari hanno un'efficacia esterna soltanto quando incidano su un procedimento amministrativo e ne ammette un'impugnativa congiunta unitamente all'atto applicativo[24], al fine di eliminare gli effetti giuridici da esse esplicati nei confronti dei terzi[25]. In tali casi, la sentenza produce l'eliminazione della circolare ed operando, quindi, oltre i limiti soggettivi del giudicato va pubblicata.

            b) Secondo taluni, la circolare a contenuto normativo rientra nella discussa categoria degli atti amministrativi generali[26]. Storicamente, infatti, prima dell'emanazione della legge n.400/88, tutti gli atti ministeriali, normativi e non, "erano formati secondo un procedimento identico a quello degli ordinari provvedimenti amministrativi dei Ministri"[27]. Ma oggi tale tesi, alla luce della legge n.400/88, è improponibile soprattutto con riguardo alle circolari normative, dotate cioè - oltre che del carattere della "generalità" ed "astrattezza" - anche di quello della "novità"[28]. E' innegabile, a tal proposito, che buona parte delle circolari normative innovino, di fatto, l'ordinamento giuridico vigente; si tratta di atti dotati di un notevole grado di politicità e che, quindi, non costituiscono esercizio di un potere discrezionale inerente all'esercizio di una mera funzione amministrativa. D'altra parte, se questa è la realtà effettuale del fenomeno considerato, occorre affermare con forza che si tratta di una forzatura del nostro sistema delle fonti, e che una tale categoria di circolari è da ritenere sicuramente illegittima per violazione di legge (art.17 della legge n.400/88).

            c) E' opportuno ribadire che, una parte della giurisprudenza continua a negare l'impugnabilità delle circolari sulla base della tesi tradizionale che le configura come mere norme interne, non lesive della sfera soggettiva dei singoli[29].

            Come si può notare da questa breve esposizione delle varie tesi dottrinali e giurisprudenziali in materia, è arduo giungere ad una conclusione univoca. Permane sempre il rischio che il cittadino si trovi sprovvisto di ogni mezzo di tutela rispetto al fenomeno delle circolari a contenuto normativo. Da più parti si invoca un intervento del legislatore al fine di "stabilire i limiti e la portata effettiva dell'efficacia delle circolari normative, nonchè‚ la loro incidenza sulla validità degli atti amministrativi esterni; e soprattutto dovrebbe essere stabilito il regime della loro impugnabilità in giudizio, così da garantire la difesa dei cittadini"[30] costituzionalmente riconosciuta (art.24, 113 Cost.).

            Tale questione si trascina irrisolta dall'unificazione nazionale e, peraltro, risulta comune alle esperienze di altri paesi europei. La Germania vive una condizione parallela a quella italiana; la giurisprudenza tedesca "non ammette una impugnazione diretta delle circolari, ma solo degli atti basati su queste" [31]

In Inghilterra il potere di emanare circolari (Circulars) deve essere autorizzato per legge; "le circolari rappresentano lo strumento standard, diverso dalla legge, per la comunicazione di consigli, indicazioni e sollecitazioni, da parte dei Ministri agli enti locali, alla autorità di polizia e alle autorità sanitarie" [32].

            Nel concreto, il sistema delle fonti italiano mette in luce talune situazioni decisamente anomale:

            I) Le circolari sostitutive di fonti legislative primarie preesistenti:

            Si tratta di un fenomeno, in verità, episodico che tuttavia risulta in contrasto con gli articoli 70 e 77 Cost., in materia di "formazione delle leggi". 

La sentenza della Corte costituzionale n.360/96 [33], in materia di non reiterabilità dei decreti-legge, ha creato negli organi di governo un panico emergenziale, soprattutto in quei settori che risultavano oggetto di una "ordinaria" regolamentazione a mezzo di decreti-legge. E' il caso della materia dell'immigrazione, nella quale tra il novembre 1995 ed il settembre 1996 si sono succeduti sei decreti-legge, che hanno creato un'oscillante regolamentazione. 

Tale situazione aveva anche provocato l'intervento della Corte costituzionale che, con l'ordinanza n.197/96, aveva sollevato, quale giudice a quo, davanti a sé stessa la questione di legittimità costituzionale dei decreti-legge sull'immigrazione perché tali norme "attengono alla sfera dei diritti fondamentali della persona e sono suscettibili di produrre effetti irreversibili in tale sfera"[34]

L'allarme lanciato dalla Consulta non è stato, però, recepito e, giunto in data 14/11/96 a decadenza il decreto-legge n.477/96, risultava impossibile reiterarlo a causa dell'intervento preclusivo della Corte costituzionale che ha posto fine, con la sentenza n.360/96 depositata in data 24 ottobre 1996, al fenomeno dei cosiddetti "decreti fotocopia". A questo punto il Governo non poteva operare con lo strumento di cui all'art.77 Cost., né vi erano i tempi tecnici per l'emanazione di una legge, intervenuta soltanto in data 9 dicembre 1996. Si è drammaticamente posto il problema di come arginare il vuoto normativo creatosi per oltre venti giorni tra la scadenza del decreto legge n.477/96 e l'emanazione della legge 9/12/96 n.617. Il Ministero dell'Interno interviene con la circolare n.36/96 affermando che "si rende necessario il ricorso ai poteri conferiti dalla legge alle Autorità di pubblica sicurezza per mantenere sospese, transitoriamente, le situazioni giuridiche (..) di coloro che hanno inteso corrispondere positivamente alla possibilità di regolarizzare le proprie posizioni previste dai decreti-legge (decaduti)" [35].

            Il Ministero dell'Interno fonda la propria legittimazione ad emanare un tale provvedimento - a forte complessità tecnico-giuridica, ma scarsamente plausibile sotto il profilo della compatibilità con il sistema delle fonti quale delineato dal Costituente - sul potere di direttiva conferito al Ministro dell'Interno quale "autorità nazionale di pubblica sicurezza (..) che adotta i provvedimenti per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica" (artt.1 e 6 della legge n.121/81) e sui poteri di ordinanza previsti dall'art.2 del TULPS in capo ai Prefetti che "nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica hanno facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica".

            Il Ministro dell'Interno impone ai Prefetti di adottare "ordinanze a norma dell'art.2 TULPS, aventi effetto dal 15 novembre 1996 e fino all'entrata in vigore della legge che il Parlamento riterrà di approvare per la salvaguardia degli effetti e delle situazioni di cui in premessa (..) per sospendere l'efficacia delle espulsioni disposte dagli stessi Prefetti nei confronti delle persone interessate alle regolarizzazioni previste dai decreti-legge non convertiti. (..) Le ordinanze predette disporranno, inoltre, la sospensione dei procedimenti di regolarizzazione tuttora in corso, ed autorizzeranno il rinnovo temporaneo dei permessi di soggiorno eventualmente in scadenza.(..) In relazione a quanto premesso i sigg.ri Questori si asterranno dal revocare i permessi di soggiorno già concessi per effetto dei decreti-legge di cui trattasi". Fin qui la circolare n.36/96 è un provvedimento in bonam partem con il quale si vuole conservare lo status quo ante, al fine di non produrre effetti negativi sui soggetti che fondano le proprie posizioni giuridiche attive sui decreti decaduti. Tuttavia, la circolare va oltre affermando che "relativamente alle espulsioni che si renderanno d'ora in avanti necessarie, si sottolinea che esse potranno essere disposte nei confronti degli stranieri interessati alla regolarizzazione solo per fatti nuovi. 

Più in generale, allorché si tratta di minori degli anni sedici (..) di stranieri conviventi con il coniuge, l'affine o lo stretto parente di nazionalità italiana, di donne in avanzato stato di gravidanza (..) le SS.LL. valuteranno di volta in volta e accuratamente se, in relazione ai motivi del provvedimento, non debbano ritenersi comunque prevalenti le ragioni di carattere umanitario rispetto all'obbligo di espulsione". Tale parte del provvedimento appare difficilmente comprensibile: si ammette un potere di espulsione che però appare fondato, più che su una legge (in quel momento inesistente), su un potere discrezionale dell'autorità amministrativa preposta al controllo. Ciò pone tale parte del provvedimento sicuramente al di fuori del quadro costituzionale (art.10 c.2, 13 e 25 Cost.).

            Guardando al complesso di tale provvedimento, occorre porre talune questioni che dimostrano come costituisca un pericoloso precedente l'utilizzo di uno strumento assolutamente anomalo al fine di regolare una materia riservata alla legge.

            Innanzi tutto, il presupposto della "necessità ed urgenza" è l'elemento unificante tra la decretazione d'urgenza (art.77 Cost.) ed il potere di ordinanza di cui all'art.2 del TULPS appare scarsamente giustificabile. Infatti, come più sopra sottolineato, la Consulta, attraverso l'ordinanza n.197/96, aveva già nel giugno 1996 lanciato un forte segnale d'allarme al Parlamento, invitandolo a non procedere ad ulteriori nefaste reiterazioni di decreti-legge in materia di immigrazione. Si trattava, quindi, di un'emergenza prevedibile ed addirittura annunciata.

            La direttiva che il Ministro dell'Interno impartisce ai Prefetti ed ai Questori, ai sensi dell'art.6 della legge n.121/81, secondo la dottrina più accreditata, "non è ascrivibile tra gli atti normativi, non ha la capacità di innovare e quindi di immettere norme nell'ordinamento giuridico, neppure sotto il profilo dell'integrazione"[36]. La direttiva può specificare le norme di legge, puntualizzandone il contenuto normativo, ma sempre all'interno del disegno preordinato dalla legge.

            Il potere di ordinanza di cui all'art.2 del TULPS non è, poi, spendibile nella stessa forma e misura di cui all'art.77 Cost. Il potere prefettizio di ordinanza è subordinato, infatti, al presupposto della indispensabilità "per la tutela dell'ordine e sicurezza pubblica". La Corte costituzionale è più volte intervenuta in materia sottolineando che l'esercizio delle funzioni extra ordinem è sottoposto ad una serie di vincoli. Innanzi tutto occorre rispettare la Costituzione e le riserve di legge in essa contenuta, tra cui è indiscutibile il ruolo dell'art.10 c.2, che prevede una riserva di legge rinforzata ove afferma che "la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali". La Consulta ha, poi, affermato che il potere di ordinanza deve essere conforme ai "principi dell'ordinamento giuridico, in riferimento agli artt.1 c.2, 70, 76, 77 e 138 Cost."; la Corte si preoccupa di delimitare la discrezionalità dell'organo e di stabilire un argine tra poteri extra ordinem propri di un determinato organo amministrativo, e poteri straordinari che, in quanto connotati dal ruolo di sostituto della legge, possono esprimersi esclusivamente nelle forme e nei limiti di cui all'art.77 della Cost[37].

            Le modalità di pubblicazione, e quindi di conoscenza, di tale provvedimento appaiono sicuramente inidonee ad assicurare la tutela dei diritti e degli interessi del singolo ai sensi degli articoli 24 e 113 della Costituzione. La circolare n.36/96 è stata, infatti, diffusa soltanto all'interno dell'amministrazione a mezzo telefax e sarà in futuro pubblicata sul Bollettino del Ministero dell'Interno (art.26 della legge n.241/90); non è stata invece pubblicata in Gazzetta ufficiale, come sarebbe stato auspicabile in relazione ad un provvedimento che, certamente, ha un'efficacia erga omnes e non soltanto interna alla pubblica amministrazione[38].

            La circolare appare, inoltre, la conferma di una prassi che vede il Ministero dell'Interno quale unico titolare delle funzioni statali in materia di immigrazione, quasi che vi fosse una coincidenza tra poteri di polizia e gestione del fenomeno migratorio. In realtà la circolare certamente produce degli effetti in aree proprie del Ministero di grazia e giustizia, della solidarietà sociale e dell'intera compagine governativa, ma non risulta che sia stata ad essi comunicata.

            La circolare n.36/96 appare, quindi, frutto di una incapacità previsionale di Parlamento e Governo che si ritrovano sempre a dover affrontare con strumenti inidonei situazioni che meriterebbero la tempestiva attenzione di legge[39].

            II) Le circolari incidenti su diritti fondamentali della persona:

            Uno dei più rigorosi studiosi dei diritti della persona, afferma che "l'accento posto sui diritti fondamentali corrisponde ad un bisogno profondo di legalità che, in molte aree segnate da discrezionalità non più accettabili, esige un passaggio dalla garanzia politica alla garanzia giuridica" [40]

Da più parti si reclama una tutela della persona a tutto campo che non riduca l'uomo ad una somma di parzialità. La Corte costituzionale, da anni impegnata in un'opera di vivificazione dei principi fondamentali della Costituzione, tende oggi a superare determinati steccati formali ed a ridefinire ed ampliare le possibilità di tutela del soggetto[41]; la Consulta ha affermato con sentenza n.223/96 che "nei confronti dei provvedimenti amministrativi suscettibili di ledere beni o interessi tutelati in massimo grado dalla Costituzione, tra cui il diritto alla vita, incombe a tutti i giudici dell'ordinamento l'obbligo di accertare se le norme che conferiscono all'amministrazione le potestà da essa esercitate siano conformi ai precetti costituzionali. In tal caso la giurisdizione del giudice amministrativo non è limitata alle controversie relative alla lesione di interessi legittimi, ma concerne anche quelle in cui siano coinvolti diritti soggettivi"[42]

Tuttavia, - nonostante le molteplici indicazioni della Corte costituzionale nel senso della piena tutela dei diritti inviolabili - vi sono una serie di ipotesi in cui la persona risulta lesa nei propri diritti personalissimi, ad opera di circolari a contenuto normativo.

            a) La questione dei nomi plurimi: Il diritto al nome è ormai unanimemente riconosciuto come un aspetto particolarmente significativo del diritto all'identità personale e, come tale, è coperto dalla tutela di norme di rilievo costituzionale (artt.2, 3, 22 Cost.). 

L'art. 6 del codice civile, afferma che "ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito (..) Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati". 

La circolare del Ministero di Grazia e Giustizia 25/3/88 n.1/50/FG/11(87)1075 [43], derogando alla riserva di legge in materia, regolamenta -peraltro in modo confuso- il fenomeno dei nomi plurimi. 

Si parte dall'assunto che l'art. 6 del c.c. ammette un solo prenome e che, quindi, ove ve ne siano più di uno, bisogna operare sulla base del principio di prevalenza del primo nome. Ove tale principio non sia utilizzabile, degli elementi formali (segni di interpunzione, trattini, ecc.), esistenti nelle certificazioni originarie, stabiliscono - secondo la circolare - se il soggetto sia dotato di un unico prenome (anche se composito) o di una pluralità di prenomi. Nella prima ipotesi viene stabilito che sia trascritto in tutti gli atti successivi un solo prenome. Tale circolare ha dato luogo a notevoli problemi interpretativi[44] e ad incertezze sull'identità di persone che "dopo essere state indicate per anni nei documenti di stato civile ed anagrafe con tutti i nomi (risultanti dall'atto di nascita) si vedono, ora, rilasciare i medesimi documenti con l'indicazione di un solo nome"[45]. Da più parti si auspica un intervento legislativo che dia finalmente una soluzione univoca a tale dibattuta e complessa questione non dipanata dal groviglio di circolari emesse dal Ministero di Grazia e Giustizia.

            b) La circolare "Bindi" in materia di elettrochoc: La terapia elettroconvulsivante (TEC) o elettrochoc è un discusso e, da più parti, criticato metodo di cura di alcune malattie mentali mediante provocazione di crisi convulsive per mezzo di scariche di corrente elettrica alternata, che viene fatta passare attraverso due elettrodi applicati alle tempie del paziente. 

Una tale definizione tecnica mostra già quale sia l'impatto di tale terapia -definita da taluni "invasiva"- sulla persona umana[46]. In conseguenza di ciò, appare a dir poco paradossale, che in Italia non vi sia una legge nazionale che regolamenti i casi ed i limiti di utilizzabilità della TEC. L'art.32 della Costituzione, affermando che "la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività", impone al Parlamento di porre degli argini di livello legislativo ove vi sia il rilevante pericolo che la libera diffusione di un trattamento sanitario -non disciplinato da parte dello Stato- produca conseguenze nocive o mortali sulla persona.

            Uno dei pochi precedenti normativi in materia di elettrochoc, è rappresentato dal Regolamento della Regione Lazio n.2/76, avente ad oggetto il controllo dei piani terapeutici dei ricoverati nelle cliniche convenzionate. Il Regolamento afferma che "il ricorso alla terapia convulsivante va in linea di massima evitato" e che, comunque, è necessario "ottenere l'assenso scritto del paziente e, nel caso di riconosciuta incapacità, da parte dei suoi familiari o dal centro di igiene mentale". Successivamente, la Circolare dell'Assessorato alla Sanità della Regione Lazio n.33/94 precisa il "codice di procedura" per la somministrazione della TEC e formalizza il contenuto della dichiarazione di assenso del paziente e degli obblighi informativi del medico.

            In data 2 dicembre 1996, il Ministero della Sanità ha emanato una Circolare che, su conforme parere del Consiglio superiore di Sanità, legittima un uso indiscriminato della terapia elettroconvulsivante[47]. La circolare prevede la possibilità di utilizzare la TEC in molteplici casi, affermando che essa "rappresenta un presidio terapeutico di provata efficacia, la cui rinuncia aumenterebbe il rischio di peggioramento clinico e di morte del paziente"[48]. Tale documento produce complessi problemi giuridici. Espropriata la competenza del Parlamento in una materia sicuramente ad esso riservata, taluni parlamentari hanno richiesto al Ministro della Sanità il ritiro del documento, facendo leva sul contenuto discutibile del medesimo; tuttavia, nessuno ha posto la questione dell'inidoneità dello strumento giuridico utilizzato per facultare l'uso della TEC. Ci si ritrova di fronte ad un terribile e subdolo mezzo (la circolare) che da un lato obbliga i medici ad utilizzare la TEC; d'altra parte pone i titolari del legittimo potere decisionale in materia -cioè i parlamentari- nella condizione di dover invocare, informalmente, un intervento correttivo del Ministro il quale, attraverso una non-fonte del diritto, ha inciso su taluni diritti fondamentali della persona. Si pone, inoltre, il problema del conflitto tra tale circolare ed i precedenti in materia: il Regolamento della Regione Lazio n.2/76, ad esempio, anche se costituisce una fonte regionale secondaria, rientra pur sempre nel novero delle fonti formalmente idonee a produrre norme giuridiche e dovrebbe prevalere - seppur nel ristretto ambito della Regione Lazio - sulla Circolare ministeriale.

            Recentemente, il Ministro della Sanità in data 15.2.99 ha emesso una nuova circolare in materia di elettrochoc con la quale l’orientamento del Ministero muta radicalmente; si afferma infatti la pericolosità della terapia elettroconvulsivante e se ne consente l’utilizzo soltanto in un numero limitatissimo di ipotesi.

            Pur trattandosi di un risultato certamente positivo nel merito, si ribadisce la critica di tipo metodologico relativamente allo strumento giuridico utilizzato per giungere a tale risultato: la circolare. Si tratta di uno strumento inaccettabile per regolamentare –sia in malam che in bonam partem- materie che incidono direttamente sulla persona e sulla salute della stessa che, devono essere riservati al legislatore e non costituire l’oggetto di cangianti orientamenti ministeriali formalizzati in documenti scarsamente compatibili con il nostro sistema delle fonti del diritto.

            c) Le circolari e le direttive istitutive del servizio telefonico n° 117 della Guardia di Finanza:

            L'attivazione dei numeri telefonici di emergenza[49], operanti sul territorio nazionale, non è mai stata preceduta da dibattiti parlamentari, né‚ formalizzata in testi normativi di livello primario o secondario. I Comandi delle "forze di polizia" non hanno, inoltre, provveduto a pubblicizzare le modalità di utilizzo e di stoccaggio delle informazioni provenienti dalle chiamate ricevute da tali numeri di servizio. Il "numero di pubblica utilità" 117 è operativo dal 16 dicembre 1996, sulla base di direttive interne all'Amministrazione della Guardia di Finanza[50]; tali direttive sono state diffuse ai Comandi di zona attraverso la Circolare del Comando generale della Guardia di Finanza 10 maggio 1996[51]. Il servizio 117 si propone come mezzo per avvicinare l'amministrazione finanziaria al cittadino[52] e come uno degli strumenti di denuncia di fenomeni di evasione ed elusione fiscale. Purtroppo, occorre registrare come, proprio la premessa di una maggiore trasparenza nei rapporti tra Guardia di finanza e cittadini, risulti tradita dall'impossibilità di conoscere la regolamentazione del servizio[53].

            E', inoltre, centrale la questione di quale sia la fonte atta a disciplinare i servizi telefonici di emergenza connessi all'attività delle forze di polizia. In tale ambito, infatti, dovrebbe operare una riserva di legge, posto che la gran parte degli interventi a chiamata (112, 113, 117) vanno ad incidere sulla libertà personale o consentono alle forze di polizia la creazione di banche dati sui cittadini[54]

A tale ultimo proposito, l'intervento delle nuove disposizioni a tutela della privacy (legge 31/12/96 n.675) impone che si ridefinisca per legge l'intera questione delle linee telefoniche di emergenza. L'art.4 c.1 lett. e) della legge n. 675/96, statuisce che il trattamento dei dati effettuato da soggetti pubblici "per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione dei reati" sia compiuto "in base ad espresse disposizioni di legge che prevedano specificamente il trattamento". 

E' ormai storicamente accertato che le chiamate ai numeri di emergenza costituiscano uno degli input delle raccolte di dati delle forze di polizia, anche ove le chiamate siano di provenienza anonima; ciò rende imprescindibile, anche ai sensi della legge n.675/96, un'attenzione del legislatore verso l'intera rete dei numeri telefonici di interesse pubblico, ma ancor di più verso la destinazione ultima dei dati raccolti[55]. Ancora una volta risulta inammissibile un intervento normativo, attuato mediante una circolare, in un settore a forte incidenza sui diritti fondamentali della persona.

 

 

[1] Occorre sottolineare che il fenomeno risulta "importante" anche da un punto di vista quantitativo: l'ipertrofia nell'emanazione delle circolari appare esponenziale rispetto a quella, già insostenibile, propria delle leggi dello Stato. Ricordiamo che il Rapporto sui problemi delle pubbliche amministrazioni, pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1993, censiva circa 150.000 testi di legge vigenti in Italia. Un esempio randomico indica, con riferimento a tre testi di legge emanati nel corso di un anno (novembre 1995 - 1996) in materia di immigrazione, un numero di circolari connesse pari a cinquanta!

[2] Cfr. De Siervo Ugo, Il potere regolamentare alla luce dell'attuazione dell'art.17 della legge n.400 del 1988, in "Diritto pubblico", n.1/96 p.63, in cui l'autore sottolinea come la fuga dal regolamento sia dovuta alla tendenza di "molti ministeri di sottrarre le proprie determinazioni a controlli e coordinamenti (si pensi, ad esempio, alle giuste denunce contro la riservatezza di troppi atti organizzativi delle strutture ministeriali)". In effetti, le circolari sono emanate in numero maggiore proprio da quei Ministeri ancora organizzati in forma di "domini riservati", quali il Ministero dell'Interno e - per taluni aspetti - il Ministero delle Finanze.

[3] Ciò è già accaduto, in materia di immigrazione, attraverso l'emanazione della Circolare del Ministero dell'interno n.36/96, sostitutiva- in fatto -della disciplina contenuta nel D.L. n.477/96, che esamineremo più oltre.  

[4] Così, Bassi Franco, Circolari amministrative, in "Digesto delle discipline pubblicistiche", Vol.III, 1989, p.55.

[5] Cfr. la stampa quotidiana che, in genere, si esprime al riguardo nelle seguenti forme: "la circolare con cui il Ministero del Lavoro si appresta a disciplinare le locazioni..." (così, "La Repubblica", 23/2/97). In molti casi abbiamo registrato anche l'abitudine di taluni dirigenti amministrativi che, nel corso di convegni o dibattiti su questioni tecnico-giuridiche, tendono ad attribuire una valenza normativa alle circolari.

[6] Così, Corte dei Conti Sezioni riunite, Decisione e relazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 1994, Vol.I Cap.VI p.299, in "Documenti Camera dei deputati XIV n.2".

[7] La Corte dei conti, nella Relazione citata, richiama l'attenzione sulla "difficoltà e, ormai, sulla impossibilità di cogliere, con riguardo ad uno stesso ambito di materia, le ragioni per cui una quota di disciplina sia affidata a norme regolamentari ed un'altra quota sia rimessa a norme di rango subordinato (o comunque non formalmente regolamentari)", p.238.

[8] In tal senso, Corte dei Conti, sezione del controllo, 4/10/95 n.126, con riferimento alla Circolare telegrafica del Tesoro n.63/94, in "Rivista della Corte dei conti" n.6/95 p.24. Cfr. anche Corte dei conti, sezione del controllo, 5/4/95 n.53, in "Rivista della Corte dei conti" n.3/95 p.17, ove si afferma che "Una circolare con la quale il Ministro prescrive ai dirigenti l'obbligo di attenersi a determinate regole e procedure nell'esercizio dell'attività di loro competenza, costituisce una direttiva generale per lo svolgimento dell'azione amministrativa, in quanto volta a definire regole di condotta valevoli per una pluralità di fattispecie concrete".  

[9] L'art.3 c.1 lett. c) afferma che il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti si esercita sugli "atti normativi a rilevanza esterna".  

[10] Tale disposizione era già stata introdotta dall'art.3 c.6 della legge 11/12/84 n.839 e poi inserita nel Testo unico n.1092/1985.

[11] Così, Catelani Alessandro, Aspetti ed attualità delle circolari normative della pubblica amministrazione, in "Rivista trimestrale di diritto pubblico", 1993 p.1028, che sottolinea come "la pubblicazione intervenga anche molto tempo dopo" rispetto alla produzione degli effetti giuridici.

[12] Probabilmente, il legislatore ha qui voluto preservare l'autonomia regolamentare e statutaria degli Atenei da interventi del Ministero operati mediante circolari.

[13] Cfr. De Siervo Ugo, in "Potere regolamentare e strumenti di direzione dell'amministrazione" a cura di Caretti e De Siervo, Il Mulino 1991, che sottolinea come la pubblica amministrazione rifiuti il sistema di vigilanza giuridica sull'esercizio del potere regolamentare, ma anche la funzione di coordinamento riconosciuta in materia al Presidente del Consiglio dei Ministri; ed afferma come "ciò corrisponda al sistema esistente caratterizzato da forte separatezza nell'azione dei vari Ministri e da scarso controllo sull'esercizio dei poteri ministeriali in materia normativa".

[14] Tale principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione a sezioni unite, con sentenza 28/11/94 n.10124, in "Il corriere giuridico" n.5/95 p.619.  

[15] Così D'Auria Gaetano, La funzione legislativa dell'amministrazione, in "Rivista trimestrale di diritto pubblico" n.3/95 p.723.

[16] Cfr. Caretti Paolo, Tendenze evolutive dei poteri di direzione dell'amministrazione: alcune esperienze a confronto, in "Potere regolamentare e strumenti di direzione dell'amministrazione" a cura di Caretti e De Siervo, Il Mulino 1991, p.21 che evidenzia le "difficoltà che si incontrano nel tentativo di riportare alla logica propria di sistemi fondati sul principio della tipicità delle fonti, sul principio della necessaria corrispondenza tra forma e contenuto, su un principio di gerarchia rapportato al diverso grado di rappresentatività degli organi titolari del potere normativo, fenomeni che sembrano muoversi in una direzione diversa".  

[17] Cfr. le recenti Circolari del Ministero della Sanità in materia di elettrochoc, ma anche le numerose Circolari del Ministero dell'Interno che, per anni, hanno costituito l'unica fonte di regolamentazione del fenomeno dell'immigrazione; vedi in tal senso, Pastore Massimo, Produzione normativa e costruzione sociale della devianza e criminalità tra gli immigrati, in "Quaderni I.S.MU." Fondazione Cariplo, Milano 1994, p.3.

[18] In tal senso, Pizzorusso Alessandro, La nuova disciplina del potere regolamentare prevista dalla legge 400/1988, in "Potere regolamentare e strumenti di direzione dell'amministrazione" a cura di Caretti e De Siervo, Il Mulino 1991, p.255.

[19] Così, De Siervo, cit., p.305 e Catelani, cit., p.1032.

[20] Ricordiamo che gli atti di normazione secondaria, ove concretamente lesivi, sono sindacabili innanzi al Giudice amministrativo e non innanzi alla Corte costituzionale; in ciò assumono una delle connotazioni tipiche degli atti amministrativi generali. In tal senso, Corte costituzionale, sentenza 30/12/94 n.456 in "Giornale di diritto amministrativo", n.5/95 p.553 ove si afferma che "E' inammissibile il controllo diretto di legittimità costituzionale di una disposizione regolamentare, a causa della sua natura di norma secondaria".

[21] Così, Cassazione SS.UU. sentenza 28/11/94 n.10124 in "Il corriere giuridico" n.5/95 p.620; nel caso di specie la Cassazione conferma la decisione del Tribunale superiore delle acque pubbliche che aveva annullato un Decreto del Ministero delle Finanze, per violazione dell'art.17 della l.n.400/88, non risultando osservato il modello procedimentale ivi previsto.

[22] Cfr. Consiglio di Stato Sez.V, 3/5/95 in "Foro amministrativo" 1995, p.921 che vede nelle circolari "atti a contenuto essenzialmente normativo (..), come tali non idonei a configurare, in caso di impugnazione, posizioni giuridiche di controinteresse, neppure in capo a quei soggetti indicati o nominati negli atti lato sensu conseguenziali".

[23] Vedi, Garrone Giovanni Battista, Provvedimento amministrativo impugnabile, in "Digesto delle discipline pubblicistiche", vol.XII, 1997, p.239.  

[24] Occorre evidenziare come la tesi dell'impugnativa congiunta, seppur dominante, deve confrontarsi con un'altra tesi che afferma la lesività del solo atto di esecuzione. In tal caso il giudice amministrativo dovrebbe procedere alla sola disapplicazione (e non alla caducazione) della circolare con riferimento al caso concreto. Cfr. anche Catelani, cit., p.1032 che sottolinea come l'assenza di un sistema compiuto di pubblicazione delle circolari non consente una difesa in giudizio del cittadino. 

[25] Così, Consiglio di Stato, Sez.V 1/4/93 n.472 in "Il Consiglio di Stato" 1993 p.537.

[26] Tra le poche sentenze in tale direzione, Cfr. Tar Puglia, Bari, Sez.I 15/3/95 n.213, ove si afferma che "anche allorquando abbia efficacia non meramente interna all'amministrazione, bensì sia direttamente produttiva di effetti di rilevanza esterna per i destinatari di provvedimenti amministrativi applicativi, la circolare ministeriale costituisce sempre un atto a contenuto generale non impugnabile autonomamente".

[27] Così, De Siervo Ugo, cit., p.296.  

[28] Cfr. Corte dei conti, sez. controllo dello Stato, Sez.I, 18 luglio-30 ottobre 1996, n.141, in "Il Giornale di diritto amministrativo" n.1/97 p.63, ove si afferma che gli atti a natura normativa sono connotati dagli attributi della "novità e ripetibilità".

[29] In tal senso, Consiglio di Stato, Sez.V 13/1/96, in "Foro amministrativo" 1996 p.104 e Consiglio di Stato, Sez.V 19/2/96, in "Foro amministrativo" 1996 p.543; tali decisioni oltre a sottolineare il carattere interno delle circolari, individuano una natura meramente interpretativa delle disposizioni in esse contenute. Catelani, cit., p.1025 sottolinea come "di consueto la giurisprudenza escluda l'impugnabilità assumendo che le circolari sono atti interni e come tali non lesivi, mentre frequentemente questo non è vero, perché il pregiudizio arrecato esiste ed è concreto, e solo se ne esclude arbitrariamente la tutelabilità in giudizio".

[30] Così, Catelani Alessandro, cit., p.1032.  

[31] Cfr. Matthias F. Hartwig, Le fonti secondarie nell'ordinamento giuridico della Repubblica Federale Tedesca, in "Potere regolamentare e strumenti di direzione dell'amministrazione" a cura di Caretti e De Siervo, Il Mulino 1991, p.103.

[32] Così, Gabriele Ganz, Normativa secondaria e pubblica amministrazione: l'esperienza inglese, in "Potere regolamentare e strumenti di direzione dell'amministrazione" a cura di Caretti e De Siervo, Il Mulino 1991, p.184.

[33] Vedi, Corte costituzionale, sentenza 24/10/96 n.360 in "Il corriere giuridico" n.12/1996 p.1355.

[34]  Corte costituzionale, ordinanza 14/6/96 n.197, in "Diritto penale e processo" n.8/96 p.947. Cfr. Italia Vittorio, Ribaditi i principi costituzionali, ma gli abusi possono sempre tornare, in "Guida al diritto" n.46/96 p.36 che sottolinea come la procedura adottata dalla Corte sia, in tal caso, "corretta, ma inusuale".

[35] Circolare del Ministero dell'Interno n.36/96, emanata in data 12/11/96, in Dossier della Camera dei Deputati n.179/96 in materia di "Salvaguardia degli effetti dei D.L. sull'immigrazione" p.99.

[36] Così, Sciullo Girolamo, La direttiva nell'ordinamento amministrativo, Giuffrè Milano, 1993, p.209.  

[37] Vedi, Corso Guido, Polizia di sicurezza in "Digesto delle discipline pubblicistiche", vol.XI, 1996, p.333, ove si afferma che "il potere di ordinanza è innanzitutto un potere amministrativo, come tale inidoneo a concorrere con i poteri normativi del Parlamento e del Governo disciplinati dagli artt.70, 76 e 77 Cost. E' un potere vincolato nel fine, ma non soltanto in questo: non basta cioè che l'ordinanza sia preordinata nella previsione dell'art.2 T.U. alla tutela dell'ordine o della sicurezza pubblica, ma occorre che provenga dall'autorità competente, che sia ancorata ai presupposti di fatto voluti dalla legge, che sia rispettosa dei principi costituzionali in tema di libertà fondamentali". In tal senso, anche Cavallo Perin Roberto, Potere di ordinanza e principio di legalità, Giuffrè, 1990, p.119.  

[38] Il Ministero della Sanità ha, invece, emanato l'ordinanza 15/11/96, in materia di "prestazioni sanitarie agli stranieri temporaneamente residenti in Italia", pubblicata in Gazzetta ufficiale, n.269 del 16/11/96 e registrata alla Corte dei conti in data 15/11/96.

[39] Cfr. Forlenza Oberdan, Con una soluzione figlia dell'emergenza si volta pagina sugli extracomunitari, in "Guida al diritto" n.50/96 p.16. 

[40] Così Rodotà, Quale Stato, Ed. Sisifo, p.81 che pone i diritti fondamentali come una delle "precondizioni del processo democratico". Vedi anche Lipari Nicolò, Diritti fondamentali e categorie civilistiche, in "Rivista di diritto civile" n.4/94 p.413.

[41] Cfr. Corte costituzionale, sentenza n.1146 del 1988 che afferma l'intangibilità dei diritti fondamentali anche nei confronti delle norme comunitarie.

[42] Così, Corte costituzionale, 25/6/96 n.223 in "Il giornale di diritto amministrativo" n.1/97 p.28.

[43] Circolare 25/3/88, in "Lo stato civile italiano", 1988 p.282.

[44] E', infatti, intervenuta la successiva circolare 18/3/92 n.1/50/FG/11(87), interpretativa della prima.

[45] Così, Arena Salvatore, Nomi plurimi e certificazioni, in "Lo stato civile italiano", 1995 p.563; del medesimo autore, cfr. anche, La questione dei nomi plurimi in un recente convegno organizzato dal comune di Imola, in "Lo stato civile italiano", n.7/96 p.483.

[46] Ricordiamo che, richiesto in merito all'opportunità di una sospensione cautelativa della pratica della TEC, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha affermato (in data 22/9/95) che, <<allo stato attuale, richiamando la particolare rilevanza etica del consenso informato, non vi sono motivazioni bioetiche per porre in dubbio la liceità della TEC nelle indicazioni documentate nella letteratura scientifica>>, in "Medicina e morale", n.4/96 p.796.  

[47] Tale circolare, inviata agli Assessori regionali alla Sanità, non è stata, finora, pubblicata in Gazzetta ufficiale.

[48] A giustificazione di ciò si afferma che "la TEC pone controindicazioni di natura strettamente medica alquanto limitate, non provoca danni fisiologici ed ha effetti collaterali moderati e circoscritti nel tempo; l'impiego di questo trattamento è motivato dall'obbligo primario ed ineludibile di salvare la vita del paziente e di tutelarne la salute; la chiara evidenza dell'efficacia della TEC pone anche la questione se sia giusto relegare tale intervento terapeutico al ruolo di ultima scelta, sottoponendo i pazienti a lunghi periodi di tentativi farmacologici e di inutili sofferenze".

[49] Ricordiamo che attualmente operano in Italia i numeri: 112 dei Carabinieri, 113 della Polizia di Stato, 115 dei Vigili del fuoco, 117 della Guardia di finanza e 118 dei Presidi sanitari.  

[50] Si precisa che tali direttive non sono state pubblicate neppure sulle riviste del Ministero delle Finanze "Circolari e risoluzioni" e "Tributi".

[51] Cfr. Resoconto stenografico della seduta del 6 marzo 1997 della Camera dei deputati, in "Atti Parlamentari" 6/3/97 p.100, ove il Sottosegretario di Stato per le Finanze illustra sinteticamente le modalità di istituzione e di funzionamento del servizio 117, in risposta ad alcune interrogazioni ed interpellanze. Nello stesso documento si afferma che "il 21/12/96 il Ministro delle finanze, in risposta alle polemiche sollevate a proposito dell'eventuale accoglimento di denunce anonime, ha dato precise istruzioni al Comandante generale della GdF perché‚ le denunce anonime non siano recepite (..). Le istruzioni del Ministro sono state tradotte in una direttiva immediatamente emanata dal Comando del Corpo, che è entrata a far parte integrante della circolare precedentemente emanata".

[52] In tale direzione si muove anche la Direttiva del Ministero delle Finanze 22/11/96, in materia di semplificazione dei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti, in GU 11/3/97 n.58; in più parti tale Direttiva individua la necessità di una "chiarezza e trasparenza delle disposizioni" e di una "conoscibilità delle norme" non sempre riscontrata in concreto.

[53] Cfr. Rodotà, Tutti i rischi di quel 117, in "La Repubblica", 28/12/96.

[54] Vedi Riso Daniele, Trasparenza non solo per il 117, in Polizia e Democrazia n.6/97 p.38.

[55] Cfr. Riso Daniele, L’ennesima occasione mancata, in Polizia e Democrazia n.2/97 p.31, a proposito del rapporto tra le nuove norme a tutela della privacy ed il CED presso il Ministero dell’Interno.


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