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Articoli e note

 

MARIANO PROTTO
(Ricercatore di diritto amministrativo
Università degli Studi di Torino)

La tutela anticipatoria dei crediti pecuniari verso la P.A.:
tra tutela cautela e tutela sommaria

(nota a Consiglio di Stato, Ad. Plen. - ordinanza 30 marzo 2000 n. 1)

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Premessa

Risolto il problema di riparto con l'affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per i crediti pecuniari vantati nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale, l'Adunanza Plenaria affronta l'altra delicata questione sollevata nell'ordinanza di rimessione dell'«individuazione degli strumenti di tutela (cautelare e sommaria) dei crediti pecuniari dei titolari di farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale».

Preliminarmente, pare opportuno segnalare che le statuizioni dell'Adunanza Plenaria sul punto tracimano abbondantemente il quesito sollevato dalla Sezione remittente e paiono destinate a segnare una svolta nel giudizio cautelare amministrativo e non solo.Trascorsi ormai vent'anni dai noti arresti sui poteri del giudice amministrativo della cautela per l'attuazione dell'ordinanze di sospensione[1], l'Adunanza Plenaria afferma, con immutata vis creativa, la natura «generale» e «atipica» del potere cautelare del giudice amministrativo. Alla luce della prassi seguita dal giudice amministrativo, che ormai conosce innumerevoli tipologie di provvedimenti sospensivi, l'affermazione potrebbe apparire un rogito notarile[2].

Peraltro, il fondamento del riconoscimento del potere generale di cautela saldamente ancorato nei principi costituzionali e comunitari, come l'avvertita esigenza di adeguare la fase cautelare ai più ampi poteri riconosciuti al giudice amministrativo nella fase cognitoria, per il tramite del riconoscimento della giurisdizione esclusiva, proiettano gli effetti dei principi affermati sull'intero processo amministrativo in una illuminata ed irreversibile opera di adeguamento del sistema di giustizia amministrativa alle nuove istanze di tutela.

Inoltre, come si avrà modo di osservare, la soluzione concretamente adottata dall'Adunanza Plenaria si traduce in una forma di tutela anticipatoria dei crediti pecuniari "intermedia" tra la tutela cautelare e la tutela sommaria tout court - suscettibile di conciliare le peculiarità del processo amministrativo con le esigenze di tutela effettiva del privato creditore -, che trova riscontro in altri ordinamenti di giustizia amministrativa e anticipa le scelte del legislatore nazionale.

 

Tra civilizzazione e incostituzionalità del processo cautelare amministrativo

All'indomani dell'approvazione del D.Leg. n. 80 del 1998 la dottrina più avveduta aveva rilevato come al trasferimento dalla giurisdizione ordinaria a quella amministrativa esclusiva della tutela di posizioni giuridiche di natura meramente patrimoniale non era seguito un adeguamento dei poteri del giudice amministrativo sotto il profilo delle misure cautelari e del processo monitorio[3].

Con particolare riferimento ai crediti pecuniari vantati dai farmacisti nei confronti delle ASL, ora attratti nella giurisdizione esclusiva a norma dell'art. 33, lett. f), l'omissione del legislatore delegato aveva suscitato in sede di prima applicazione tre diversi indirizzi interpretativi riassunti nell'ordinanza della V Sezione e altrettanto esaustivamente considerati dall'Adunanza Plenaria.

I tre indirizzi puntavano a superare la lacuna normativa facendo leva rispettivamente:

a) sul potere del giudice amministrativo di assumere provvedimenti cautelari atipici che facciano luogo della tutela apprestata dai provvedimenti d'ingiunzione[4],

b)       sull'estensione al processo amministrativo del procedimento monitorio disciplinato dal codice di rito (artt. 633 ss. c.p.c.), ovvero delle ordinanze anticipatorie di condanna in corso di causa (artt. 186 bis e ss. c.p.c.)[5],

c)        sulla incostituzionalità della nuova disciplina, alla cui declaratoria segua un intervento normativo riparatore[6].

            L'adunanza Plenaria opta decisamente per il primo indirizzo, pur non trascurando di indicare le ragioni ostative all'accoglimento delle altre due opzioni interpretative. Mentre l'infondatezza della censura di incostituzionalità della nuova disciplina riposa nelle pieghe dell'ampio apparato motivazionale volto a riconoscere il carattere generale e atipico del potere cautelare di cui dispone il giudice amministrativo, la possibilità di una diretta translatio nel processo amministrativo del procedimento monitorio, secondo le forme, i tempi e le modalità previste dal codice di procedura civile, ovvero delle ordinanze anticipatorie di condanna, è vagliata dal Collegio sotto il duplice profilo della compiutezza della disciplina del processo amministrativo, che in tanto risulta integrabile in quanto vi si ravvisino delle lacune, e della compatibilità con le peculiarità e la struttura del processo amministrativo della disciplina processualcivilistica.

 

Tutela sommaria cautelare e tutela sommaria non cautelare

Ad escludere la via che porta a Palazzo della Consulta, l'intervento "creativo" richiesto all'Adunanza Plenaria si sostanzia nella scelta tra due forme di tutela anticipatoria dei crediti pecuniari: la tutela sommaria cautelare e la tutela sommaria non cautelare. La diversità, sul piano strutturale e funzionale, tra le due diverse forme di tutela è stata oggetto di approfondito esame da parte della dottrina del processo civile, la quale può dirsi concorde su alcuni punti fondamentali.

I provvedimenti sommari cautelari sono caratterizzati dall'essere emessi, non già ai fini di un accertamento definitivo della fattispecie controversa, bensì in funzione meramente strumentale rispetto alla decisione di merito della quale - in pendenza della necessaria instaurazione o definizione del giudizio a cognizione piena - garantiscono provvisoriamente gli effetti.

La sequela procedimentale che mette capo alle misure cautelari è, dunque, di tipo interlocutorio, nel senso che essa è necessariamente collegata ad un processo ordinario di cognizione. In altre parole, si tratta di misure, determinate da situazioni di pericolo o di urgenza, che vengono adottate prima del definitivo accertamento della volontà delle legge nel caso concreto, ed al fondamentale scopo di garantire la futura attuazione pratica della pronuncia di merito: per cui il loro carattere essenziale e qualificante è senz'altro costituito dall'essere strumentali e, per così dire, serventi rispetto al provvedimento definitivo del quale assicurano la fruttuosità pratica, in ossequio al principio per cui "la durata del processo non deve andare a danno dell'attore che ha ragione" [7].

Radicalmente diversa si profila, invece, la funzione e la struttura dei provvedimenti sommari non cautelari, essendo questi ultimi preordinati alla formazione di una disciplina tendenzialmente definitiva della fattispecie controversa, senza alcuna correlazione necessaria, dunque, con il giudizio di merito a cognizione piena.

Quest'ultimo, per la verità, può anche non essere instaurato o proseguito dal soggetto interessato, con la conseguenza di rendere definitivo ed immutabile l'accertamento provvisorio contenuto nel provvedimento sommario, non diversamente da quanto si verifica per le sentenze emesse all'esito di un processo ordinario di cognizione [8].

È sufficiente, in proposito pensare, al procedimento monitorio disciplinato dagli artt. 633 ss. c.p.c., in cui il possesso di una prova scritta consente al creditore di una somma di denaro di ottenere un provvedimento di ingiunzione inaudita altera parte, salvo opposizione dell'intimato nel termine perentorio di 40 gg. La mancata opposizione da parte del debitore o l'estinzione del relativo giudizio (come nel caso di rigetto dell'opposizione) comporta l'acquisto della definitività del decreto. In definitiva, dunque, può fondatamente affermarsi che la tutela sommaria non cautelare - a differenza di quella cautelare - costituisce un rimedio alternativo rispetto all'originario processo di cognizione[9].

Fino ad oggi, la tutela sommaria non cautelare è rimasta tendenzialmente estranea al processo amministrativo[10], nel quale invece la tutela anticipatoria del ricorrente si incentra sull'archetipo della misura interinale meramente inibitoria della sospensione dell'atto impugnato, anche se taluno ha ritenuto di individuare in alcune forme di alterazione dell'istituto della sospensione un fenomeno di progressiva sommarizzazione della tutela cautelare sotto il profilo funzionale (assenza di strumentalità rispetto al processo principale) e strutturale (esecutività del provvedimento interinale e tendenza del medesimo ad acquistare efficacia stabile)[11].

 

 Incompatibilità funzionali

Nell'apparato motivazionale la linea argomentativa volta ad escludere sul piano strutturale la compatibilità tra il processo amministrativo e la disciplina dei provvedimenti ingiuntivi previsti dal codice di rito si intreccia e si confonde con considerazioni di più ampio respiro attinenti ai profili funzionali della giurisdizione amministrativa.

 L'Adunanza Plenaria ribadisce l'inesistenza di un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole processuali tra i tra processo civile e amministrativo, «potendo i rispettivi ordinamenti processuali differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e dalle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, naturalmente a condizione che non siano vulnerati i principi fondamentali di garanzia e di effettività della tutela»[12].

 Alla ricerca di elementi suscettibili di giustificare razionalmente un'interpretazione che escluda l'impianto nel processo amministrativo di procedimenti sommari alternativi all'ordinario giudizio di cognizione, il collegio fa appello alla rilevanza nelle controversie affidate alla cognizione del giudice amministrativo dell'interesse pubblico che l'Amministrazione deve istituzionalmente sempre perseguire nel vincolo sancito dall’art. 97 della Costituzione, e di cui la stessa non può quindi liberamente disporre neanche in sede giudiziale. Siffatta peculiarità del processo amministrativo rispetto a quello civile, che in passato aveva spinto il giudice costituzionale ad escludere la possibilità di un "trapianto automatico" del sistema probatorio proprio del processo civile nel giudizio di legittimità a tutela degli interessi legittimi[13], è esteso dall'Adunanza Plenaria alle controversie in cui si fa questione della sussistenza o meno di diritti nell’ambito della giurisdizione esclusiva. 

 L'affermazione è perfettamente in linea con la recente decisione della V Sezione che, con analoghe argomentazioni, ha ritenuto inapplicabile al processo amministrativo la regola dell'improponibilità di nuove eccezioni in appello sancita dall'art. 345, comma 2, c.p.c., qualificando l'appello al Consiglio di Stato come un novum iudicium (con l'unico limite della sostanziale identità con il processo di primo grado), di cui le parti possono avvalersi per porre rimedio alle loro omissioni [14].

 Nello stesso solco argomentativo si inserisce quell'orientamento del giudice del riparto che esclude la devoluzione ad arbitri delle controversie concernenti diritti e obblighi di natura pecuniaria devolute alla giurisdizione esclusiva sulla base non solo del carattere sostitutivo della giurisdizione arbitrale rispetto a quella ordinaria e non a quella amministrativa, ma anche sul rilievo dell'incompatibilità tra la clausola compromissoria, sussumibile tra gli atti dispositivi di diritti, e la indisponibilità da parte dell'amministrazione dell'interesse pubblico di cui la medesima è portatrice nella posizione di parte processuale dinanzi al giudice amministrativo [15].

 La portata decisiva dell'argomento fondato sull'indisponibilità dell'interesse pubblico nell'escludere la "sommarizzazione" della tutela giurisdizione amministrativa, rispetto ad ogni altra considerazione legata ai profili strutturali del processo amministrativo, emerge con tutta evidenza nel passaggio della motivazione in cui si individua il profilo di incompatibilità tra i due sistemi processuali nella circostanza che «gli articoli 633 ss. e 186 ter hanno attribuito rilevanza giuridica (preclusiva di ulteriori iniziative processuali) anche a comportamenti basati sull’inerzia del destinatario dell’ingiunzione».

L'indisponibilità dell'interesse pubblico risulta infatti incompatibile con gli effetti che l'applicazione degli art. 633 c.p.c. ss. riconnetterebbero all'inerzia (mancata opposizione) del amministrazione-debitore opposto in ordine al passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo (art. 647, comma 1, c.p.c.), qualora appunto si attribuisca all'inerzia dell'amministrazione il significato di acquiescenza all'assetto immutabile degli interessi determinato dal provvedimento monitorio.

 In altri termini, se la provvisorietà costituisce una caratteristica comune di tutti i provvedimenti anticipatori (cautelari e non), il giudizio di incompatibilità con le peculiarità del processo amministrativo connesse all'indisponibilità dell'interesse pubblico da parte dell'amministrazione si appunta sulla circostanza che per i provvedimenti sommari non cautelari (di cui costituisce paradigma il decreto ingiuntivo) tale provvisorietà è solo eventuale, destinata cioè a trasformarsi in definitività per il solo effetto dell'inerzia processuale dell'amministrazione intimata. Diversamente, i provvedimenti sommari cautelari, quand'anche rivestano un contenuto totalmente anticipatorio della decisione definitiva, sono caratterizzati da una provvisorietà necessaria, in quanto destinati in ogni caso ad essere sostituiti dal provvedimento definitivo pronunciato all'esito di un giudizio a cognizione piena cui è rimesso l'assetto definitivo degli interessi. Giudizio che, nel processo amministrativo, vede notevolmente ridotte le conseguenze dell'inattività delle parti per la mancanza di un regime di preclusioni e per effetto dell'attenuazione del principio dispositivo con il metodo acquisitivo.

Peraltro, l'argomentazione seguita dall'Adunanza Plenaria non pare estensibile al provvedimento monitorio documentale in corso di causa ex art. 186 ter, la cui attitudine al giudicato è stata recentemente esclusa dal giudice di legittimità[16]. Sebbene l'art. 186 ter operi un richiamo agli art. 647 e 653 c.p.c. dettati in materia di decreto ingiuntivo, prevedendo l'obbligo di avvisare il contumace che, in caso di mancata costituzione entro il termine di 20 gg. dalla notifica, l'ordinanza ingiunzione "diverrà esecutiva ai sensi dell'art. 647" e disponendo che, in caso di estinzione del processo "l'ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'art. 653, primo comma", parte della dottrina aveva infatti escluso, sul rilievo della revocabilità dell'ordinanza ex art. 177 c.p.c., l'idoneità al passaggio di detto provvedimento in cosa giudicata[17].

L'ordinanza di cui all'art. 186 ter (come del resto l'ordinanza per il pagamento di somme non contestate ex art. 186 bis) risulta quindi più correttamente riconducibile alla categoria dei procedimenti sommari-esemplificati-esecutivi, i quali, sotto il profilo strutturale, hanno in comune con i procedimenti cautelari la sommarietà e l'inidoneità al giudicato, ma se ne differenziano in quanto privi della caratteristica strumentalità[18].

Il rifiuto opposto alla sommarizzazione del processo amministrativo segna senza dubbio una svolta qualitativa nella tutela anticipatori dei crediti pecuniari nei confronti dell'Amministrazione, resa ancor più evidente dalla prassi fin qui seguita del giudice amministrativo di dar esecuzione ai decreti ingiuntivi emessi dal giudice ordinario e non opposti dall'Amministrazione, escludendo recisamente la possibilità di rimettere in discussione, in sede d'ottemperanza, il rapporto definito dal decreto non opposto [19].  

La riconduzione della tutela anticipatoria dei crediti pecuniari nell'alveo del giudizio cautelare amministrativo si appalesa così un'operazione più impegnativa rispetto all'idea che i diritti oggi devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo abbiano portato con sé inalterati i mezzi di tutela di cui prima si valevano dinanzi al giudice ordinario. Una soluzione, la cui tenuta merita di essere attentamente valutata, prendendo in considerazione non solo i caratteri peculiari della tutela cautelare nel processo amministrativo, ma anche il provvedimento concretamente adottato dall'Adunanza Plenaria, quale esso emerge dalla parte dispositiva dell'ordinanza in commento.

 Vale ancora la pena di osservare che sarebbe riduttivo e frutto di incauta approssimazione ravvisare nelle rilevanza attribuita all'intesse pubblico nella giurisdizione amministrativa un'opzione per quella concezione oggettiva della giurisdizione amministrativa oggi non più sostenibile, alla luce del dettato costituzionale e dell'opera di adeguamento del sistema processuale amministrativo, che ha visto in prima linea proprio la giurisprudenza amministrativa[20]. Le affermazioni dell'Adunanza Plenaria in ordine all'indisponibilità dell'interesse pubblico correlato alla situazione soggettiva di cui è portatrice l'Amministrazione nel processo amministrativo affondano, infatti, le radici nel terreno del diritto sostanziale, giacché il potere di disporre di una situazione soggettiva è attribuito dalla norma sostanziale e tale potere non è influenzato dall'individuazione del giudice investito della controversia.

A sostegno della soluzione varata nell'ordinanza in commento interviene utilmente la considerazione dei vincoli che l'attività dell'amministrazione incontra non solo nell'ordinamento giuridico interno, ma anche alla luce del diritto comunitario. A rafforzare il vincolo di indisponibilità che discende dai principi espressi dall'art. 97 Cost. interviene il principio affermato dal giudice comunitario, secondo cui l'amministrazione nazionale è diretta destinataria dell'obbligo di garantire l'effettiva applicazione delle norme comunitarie [21], dal quale è non pare illegittimo desumere che, diversamente dai soggetti privati, la pubblica amministrazione non sia titolare del potere di disporre, neanche in sede giudiziale, della possibilità di ottenere l'applicazione del diritto comunitario [22].

Il ruolo istituzionale attribuito all'amministrazione nazionale dall'ordinamento comunitario non può non caratterizzare le controversie rilevanti per l'applicazione del diritto comunitario, facendo apparire difficilmente compatibili regole processuali che attribuiscano all'inerzia dell'autorità amministrativa il significato di una definitiva rinuncia ad ottenere l'applicazione del diritto comunitario. Si tratta di un limite di ordine sostanziale che si traduce nella indisponibilità della situazione processuale dell'Amministrazione e che quindi concorre con le rilevanti correzioni apportate dalla Corte di giustizia al principio dispositivo vigente nei diritti processuali nazionali, sfociate nell'affermazione dell'obbligo del giudice nazionale di applicare le norme comunitarie non invocate dalla parte che aveva interesse alla loro applicazione anche nelle controversie aventi ad oggetto diritti e obbligazioni civili di cui le parti dispongono liberamente[23].

 

Incompatibilità strutturali

L'Adunanza Plenaria sposta quindi l'attenzione sul versante strutturale del processo amministrativo, osservando che la relativa disciplina, sul presupposto della natura degli interessi rientranti nella cognizione del giudice amministrativo, non prevede deroghe ai principi di collegialità e del contraddittorio. Da tale rilievo consegue de plano l'incompatibilità con il processo amministrativo del procedimento monitorio disciplinato dagli artt. 633 ss. c.p.c.

Come è noto, il procedimento in questione è introdotto mediante ricorso al giudice competente (cfr. art. 637, c.p.c., sostituito dalla legge n. 51/99, nonché gli artt. 638 e 639 c.p.c.), il quale, qualora sussistano le condizioni di cui all’art. 633. c.p.c., accoglie la domanda con decreto motivato, ingiungendo all’altra parte di adempiere la propria obbligazione nel termine di 40 gg., con l’espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione a norma degli artt. 645 ss. c.p.c. e che, in mancanza di opposizione, si procederà ad esecuzione forzata (art. 641, comma 1, c.p.c. V. anche art. 647 c.p.c.).

L’argomento fondato sull'inderogabilità del principio di collegialità è condiviso dai primi commentatori, secondo cui, mentre nel processo civile il decreto ingiuntivo è adottato da organo monocratico (giudice di pace o il tribunale in composizione monocratica: cfr. art. 637 c.p.c., come sostituito dall’art. 100 del D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51), nell’ordinamento della giustizia amministrativa ogni potere decisorio non compete al presidente degli organi giurisdizionali, bensì al collegio di cui questi fa parte[24].

Nel senso dell'esclusione di un «potere monocratico presidenziale», del resto, si era già pronunciato il Consiglio di Stato, con riferimento alla materia dei provvedimenti cautelari, ritenendo “abnorme”, e come tale affetto dal “nullità assoluta”, il decreto presidenziale ante causam emesso inaudita altera parte dal Presidente del Tribunale amministrativo regionale, al quale era stato proposto ricorso ex art. 700 c.p.c., in quanto organo non investito da potere giurisdizionale[25].

Altro profilo rilevante sottolineato dall'Adunanza Plenaria attiene alla violazione, che si realizzerebbe con la pronuncia inaudita altera parte di un decreto ingiuntivo, del principio generale del contraddittorio e, quindi, del diritto alla difesa dell'Amministrazione, costituzionalmente garantito a tutte le parti del processo senza distinzione alcuna.

Siffatta violazione del principio del contraddittorio non si realizza invece nell'ipotesi di tutela anticipatoria cautelare, alla luce dell'ormai consolidato l'orientamento che ritiene la completezza del contraddittorio condizione formale indefettibile per la trattazione della domanda cautelare stessa. Tale indirizzo, del resto, è pienamente coerente con la progressiva evoluzione dell'istituto cautelare, nel senso che l'autonomia del processo cautelare, inizialmente espressa con il principio del doppio grado, si è completata con l'elemento necessario del contraddittorio, che non assume rilievo solamente formale, ma è coerente con i principi generali propri del processo amministrativo, anche alla luce della rilevanza che assume nel grado d'appello di merito[26].

Se il principio del contraddittorio può ritenersi salvaguardato nel caso del procedimento monitorio documentale in corso di causa ex art. 186 ter, e quindi a contraddittorio già instaurato, la possibilità di un'applicazione analogica del procedimento in questione al processo amministrativo è esclusa sulla base di un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, l'inesistenza nel processo amministrativo del giudice istruttore, figura di cui non si avverte la necessità nel sistema di giustizia amministrativa in ragione delle esigenze di rapidità del giudizio e dei poteri istruttori attribuiti al collegio, che può valutare se sia o meno sufficiente l’acquisizione probatoria, in considerazione dei doveri procedimentali e di collaborazione processuale dell’amministrazione. A ciò deve solo aggiungersi che, anche nei progetti di riforma del processo amministrativo, non si è mai giunti a configurare una fase istruttoria obbligatoria affidata ad un giudice istruttore, prevedendosi semmai la facoltà del collegio di affidare gli adempimenti istruttori ad un singolo magistrato[27].

In secondo luogo, anche ipotizzando che l’istanza possa rivolgersi al collegio, si osserva che l'art. 186 ter prevede un particolare procedimento per la sua proposizione e disciplina le conseguenze del suo accoglimento, con regole incompatibili con la struttura del processo amministrativo. Lo specifico riferimento alle "conseguenze" dell'accoglimento dell'istanza ingiunzione ex art. 186 ter pare doversi interpretare alla luce di quanto in precedenza osservato in ordine all'incompatibilità con il regime di indisponibilità della posizione processuale dell'amministrazione di norme che ricolleghino all'inerzia della medesima l'effetto di rendere immutabile l'accertamento provvisorio contenuto in un provvedimento sommario, pur rinnovando la precisazione che la mancata costituzione del contumace non implica la definitività pro iudicato dell'ordinanza.

L'Adunanza Plenaria rileva inoltre che l'applicazione analogica dell'art. 186 ter c.p.c. comporterebbe una consistente deroga al principio sancito all’art. 125 Cost., per il quale le pronunce dei giudici amministrativi di primo grado sono sempre appellabili[28]. Infatti, l'ordinanza ingiunzione è modificabile e revocabile, ai sensi degli art. 177 e 178, primo comma, c.p.c., in forza dell'espresso rinvio operato da tali norme dal terzo comma dell'art. 186 ter c.p.c. L'applicabilità all'ordinanza ingiuntiva del regime delle ordinanze istruttorie esclude in radice la possibilità di qualsiasi forma di impugnazione del provvedimento, atteso che il citato art. 178, comma primo, prevede che le parti possano liberamente riproporre, nella predetta sede, tutte le questioni risolte dal giudice istruttore con l'ordinanza.

Anche se non specificamente interpellata sul punto dalla Sezione remittente, l'Adunanza Plenaria si spinge a valutare la compatibilità con la struttura del processo amministrativo dell'ordinanza post-istruttoria prevista dall'art. 186 quater c.p.c., a norma del quale il giudice istruttore «esaurita l'istruzione», su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme, può disporre con ordinanza il pagamento nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova, provvedendo con la stessa sulle spese processali. L’ordinanza costituisce titolo esecutivo ed è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio, e, nel caso di estinzione del processo, il provvedimento pronunciato dal giudice istruttore acquista «l'efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza».

  L'ultrapetizione dell'Adunanza Plenaria appare quanto mai opportuna in considerazione della recente pronuncia della Sezione di Catania del T.A.R. Sicilia nella quale, con ampiezza di argomenti, si è sostenuta la compatibilità del procedimento delineato dall'art. 186 quater con lo schema della misura cautelare tipica del processo amministrativo, prevista dall'ultimo comma dell'art. 21, L. n.1034/1971, che generalmente non prevede l'espletamento di attività istruttoria o, comunque, richiede una ridotta attività istruttoria[29].

Premessa la necessità di un'interpretazione adeguatrice della disciplina processualamministrativistica alla luce del dettato costituzionale, che consenta di dare celere risposta ad una domanda di giustizia, la quale non può rimanere insoddisfatta sol perché la giurisdizione è passata da un ordine giurisdizionale ad un altro, il giudice amministrativo catanese ravvisa gli estremi per l'applicazione analogica dell'art. 186 quater c.p.c., facendo proprio l'orientamento prevalente nella giurisprudenza civile, secondo cui il giudice può disporre l'ordinanza non solo ad esaurimento dell'istruzione, ma anche nell'ipotesi (assai frequente nel processo amministrativo) in cui l'istruttoria si appalesi superflua[30].

Al riguardo l'Adunanza Plenaria ritiene invece che la compiutezza della normativa sul processo cautelare amministrativo escluda l'applicazione analogica dell'art. 186 quater c p.c., non mancando di ravvisare, anche sul punto, i profili di incompatibilità strutturale tra i due sistemi processuali. Oltre a ribadire l'inesistenza nel processo amministrativo della figura del giudice istruttore, il collegio ravvisa i tratti incompatibilità nella peculiare disciplina dell’istruzione probatoria e, in particolare, nell'inesistenza di ipotesi di decadenza dall’assunzione della prova, nella particolare disciplina sugli oneri di impulso processuale delle parti e sui doveri d’ufficio del giudice.

Conducendo ad ulteriore svolgimento i rilievi formulati dall'Adunanza Plenaria, viene da osservare che, da una parte, l'inesistenza per le parti del processo amministrativo di un regime di decadenza dall'assunzione della prova analogo a quello previsto dall'art. 208 c.p.c., e dall'altra, il potere riconosciuto al giudice amministrativo di integrare l'istruttoria anche con riferimento a fatti introdotti dalle parti, senza che esse intendano farne oggetto di prova (cd. metodo dispositivo parzialmente acquisitivo), introducono il rischio che nuove deduzioni e/o assunzioni probatorie successive all'emissione dell'ordinanza possano immutare in maniera sostanziale il quadro probatorio in precedenza delineatosi. Peraltro, stante la revocabilità dell'ordinanza ex art. 186 quater solo con la sentenza che definisce il giudizio, si verificherebbe il grave inconveniente di un provvedimento esecutivo emesso sulla base di una situazione non più rispondente alle risultanze processuali, e che potrebbe restare fermo, anche per molto tempo, in attesa della decisione finale.

Inoltre, difettando nel processo amministrativo un preciso svincolo procedimentale (analogo al riscontro dell'avvenuta assunzione delle prove ex art. 188 c.p.c., della decadenza dall'assunzione ex art. 208 c.p.c., della superfluità dell'espletamento di una qualsiasi attività istruttoria, ai sensi dell'art. 187 c.p.c.) cui ricondurre l'esaurimento dell'istruzione, diverso ed antecedente alla rimessione della causa in decisione, risulta difficile, se non impossibile, determinare il termine iniziale e finale ai fini dell'ammissibilità dell'istanza anticipatoria di parte e del potere del giudice di concedere l'ordinanza.

Si rileva, inoltre, che l'estinzione del processo, cui l'art. 186 quater riconnette la conversione dell'ordinanza anticipatoria di condanna in sentenza impugnabile, nel processo amministrativo di primo grado è rigidamente ancorata al mancato compimento di un'attività processuale qualificata, qual è, appunto, la presentazione dell'istanza di fissazione dell'udienza di trattazione entro un biennio dal deposito del ricorso[31], mentre nel processo civile sono maggiori e più frequenti nel corso del processo le ipotesi in cui l'inattività delle parti può condurre alla cancellazione della causa dal ruolo ed alla successiva estinzione della lite (art. 307 c.p.c.).

Conclusivamente si osserva che, ad ogni buon conto, nessuna norma attribuisce ad una ordinanza del giudice amministrativo l'efficacia di sentenza nel caso di sopravvenuta inattività delle parti. Sul punto pare sufficiente osservare che l'espressione adoperata dall'art. 186 quater (l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza) vale senza dubbio ad escludere che la conseguenza di tale trasformazione possa essere ridotta alla sola acquisizione, da parte dell'ordinanza, dell'immutabilità propria della sentenza. Viceversa, è da ritenersi che l'ordinanza in parola consegua gli stessi effetti decisori che pervengono ad una sentenza di condanna idonea al passaggio in cosa giudicata[32].

Ad ulteriore conferma dell'inapplicabilità dell'art. 186 quater nel giudizio cautelare amministrativo, si osserva che il giudice amministrativo della cautela non potrebbe disporre in ordine alla liquidazione  delle spese   relative   alla   fase cautelare e che a fortiori  gli sarebbe preclusa la condanna alle spese con una ordinanza che non definisce il giudizio principale.

Il richiamo ad una precedente pronuncia dell'Adunanza Plenaria sulla specifica questione[33], esprime la coerenza di fondo nell'impostazione volta a contenere qualsiasi deviazione del processo amministrativo verso tecniche anticipatorie a cognizione sommaria alternative al processo a cognizione piena.

Nella citata decisione, l'incompetenza del giudice cautelare a pronunciare sulle spese processuali è stata fondata sull'inesistenza nel processo amministrativo - a differenza di quel che accade  nel processo civile -  di una fase cautelare anticipata rispetto al giudizio di merito (che nel caso  di  rigetto dell'istanza, diventa meramente eventuale), e sul rilievo che l'autonomia che può assumere la pronuncia cautelare non esclude comunque la sua strumentalità e  provvisorietà  rispetto   alla   decisione  di merito.

 

La capienza del generale e atipico potere cautelare del giudice amministrativo

La fondamentale affermazione secondo cui «i diritti soggettivi (pur se relativi e di natura patrimoniale) possono ottenere piena ed effettiva tutela giurisdizionale, anche d’urgenza, da parte del giudice amministrativo», di talché non vi sarebbe alcuna lacuna dell’ordinamento che renda «necessaria l’applicabilità degli articoli 633 e ss., 186 ter e quater c.p.c.» ha richiesto la preliminare verifica dell'idoneità del processo amministrativo cautelare ad assicurare una tutela anticipatoria effettiva dei diritti a contenuto patrimoniale, il cui positivo riscontro non poteva che passare per il riconoscimento della natura generale ed atipica del potere cautelare del giudice amministrativo.

 

La concretizzazione (comunitaria) del principio di effettività della tutela giurisdizionale nel processo amministrativo

Il riconoscimento del carattere generale e atipico del potere cautelare del giudice amministrativo è saldamente edificato dall'Adunanza Plenaria su una interpretazione della disciplina del processo cautelare alla luce di due canoni ermeneutici complementari: il canone dell'interpretazione secundum costitutionem e il canone della konforme Auslegung al diritto comunitario.

In primo luogo, il collegio non trascura di ricordare che l’esigenza che nel processo cautelare amministrativo sia assicurata una tutela giurisdizionale effettiva di ogni situazione soggettiva sostanziale del ricorrente costituisce il filo conduttore della giurisprudenza costituzionale che ha nel tempo delineato il fondamento nei principi costituzionali posti dagli artt. 3, 24 e 113 Cost. della tutela cautelare nel processo amministrativo[34]. Si richiama così ala fondamentale decisione n. 190 del 1985, nella quale la Corte Costituzionale ha innestato nel giudizio amministrativo una tutela cautelare atipica e innominata della stessa ampiezza di quella riconosciuta al giudice ordinario dall’art. 700 c.p.c., dichiarando l’incostituzionalità dell’ultimo comma dell’art. 21 della legge Tar (per contrasto con gli artt. 3 e 113) [35].

Si rammenta, inoltre, che la Consulta ha recentemente escluso che una disciplina volta ad abbreviare i tempi del processo amministrativo possa legittimamente essere interpretata come preclusiva dell'adozione di provvedimenti sospensivi[36], ribadendo il principio che «la disponibilità delle misure cautelari è strumentale all’effettività della tutela giurisdizionale e costituisce espressione del principio per cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione, in attuazione dell’articolo 24 della Costituzione»[37]. Nella motivazione il giudice costituzionale afferma espressamente, per la prima volta, il diretto fondamento costituzionale della tutela cautelare nel principio di effettività della tutela giurisdizionale, trovando un utile appoggio nella disciplina comunitaria sulla tutela degli operatori economici che partecipano alle gare d'appalto (cd. direttive ricorsi)[38].

Nonostante le aspettative riposte dalla dottrina nei potenziali sviluppi dell’affermazione dell’operatività anche nel processo cautelare amministrativo del principio costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale e del riconoscimento al giudice amministrativo di un potere generale di cautela[39], nella prassi applicativa gli effetti innovativi della pronuncia n. 190 del 1985 non sono andati al di là dell’ambito circoscritto di controversie per il quale il giudice costituzionale era stato investito dai giudici emittenti[40] e non sono sfociati che in condanne provvisionali dell'Amministrazione[41].

  In altri termini, le ripetute e autorevoli affermazioni della vigenza, anche del processo amministrativo, del principio di effettività della tutela giurisdizionale non hanno condotto ad una positiva conformazione dei poteri di cui il giudice dispone nella fase cautelare del processo amministrativo ai sensi dell'art. 21 u. c. Legge Tar. Ciò pare dovuto in larga parte alla convinzione della scarsa efficacia innovativa e generatrice del principio di effettività della tutela giurisdizionale[42], capace sì di costituire un baluardo nei confronti degli interventi normativi volti ad escludere ogni tutela cautelare, ma non suscettibile di conformare in modo positivo la disciplina processuale.

 L'Adunanza Plenaria porta invece a compiuto svolgimento l'effetto conformativo del principio di effettività della tutela giurisdizionale non solo per il tramite del criterio ermeneutico dell'interpretazione secundum costitutionem dell'istituto disciplinato dall'art. 21 u.c. legge Tar, ma avvalendosi dell'efficacia concretizzante della disciplina comunitaria e dei principi affermati dalla Corte di giustizia[43].

 Una parte consistente della motivazione è infatti dedicata a delineare il processo di "europeizzazione" della tutela cautelare scandito dalle pronunce del giudice comunitario e diretto a conformare il contenuto ed i presupposti dei mezzi di tutela cautelare previsti dai diritti nazionali [44].

A partire dalla sentenza Factortame, in cui la Corte di giustizia ha affermato che i giudici dei Paesi membri sono tenuti a disapplicare eventuali norme di diritto interno che ostino all'adozione, in via cautelare, di provvedimenti tali da assicurare l'attuazione di disposizioni di fonte europea che conferiscano posizioni giuridiche in capo ai singoli [45], fino alla sentenza Atlanta, nella quale il giudice comunitario ha precisato che «[l]a tutela cautelare che i giudici nazionali debbono garantire ai singoli, in forza del diritto comunitario, non può variare a seconda che questi ultimi chiedano la sospensione dell'esecuzione di un provvedimento amministrativo nazionale […] o la concessione di provvedimenti provvisori che modifichino o disciplinino a loro vantaggio situa­zioni di diritto o Rapporti giuridici controversi»[46].

Il Collegio non trascura di menzionare la sentenza Zuckerfabrik, nella quale non solo si è riconosciuto al giudice nazionale il potere di disporre la sospensione dell’esecuzione di un provvedimento nazionale basato su un regolamento comunitario la cui legittimità sia in contestazione, ma si sono enunciati i presup­posti “comunitari” che legittimano l'adozione del provvedimento cautelare con riferimento alle condizioni applicate dalla stessa Corte nei giudizi avanti ad essa decisi [47]. Tra i presupposti, la Corte assegna un ruolo di primo piano all'esigenza che sussista il pericolo di un danno grave ed irreparabile, tale non essendo il danno meramente pecuniario e, infine che il giudice nazionale tenga pienamente conto «dell'interesse della Comunità» a che gli effetti dell’atto comunitario controverso non venga ad essere privato di ogni pratica efficacia in difetto di «una garanzia rigorosa», ad esempio prevedendo la prestazione di una idonea cauzione [48].

Viene infine richiamata la disciplina processuale di rango secondario varata dal legislatore comunitario con le cd. direttive ricorsi a tutela degli operatori economici che partecipano alle gare di pubblici appalti ora ricadente nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 33, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 80 del 1998), evidenziando in particolare l'obbligo a carico degli Stati membri di garantire che le autorità nazionali responsabili delle procedure di ricorso possano adottare «con la massima sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto o l’esecuzione di qualsiasi decisione presa dall’ente aggiudicatore» [49].

Nonostante la mancata attuazione da parte del legislatore italiano, molta parte della dottrina aveva ravvisato nella citata disposizione, puntando sulla diretta efficacia della medesima, il riconoscimento in capo al giudice amministrativo di un potere cautelare di generale e atipico, individuando in tale atto di normazione derivata il riflesso del principio comunitario di effettività della tutela giurisdizionale [50].

 Anche con riferimento alla tutela interinale prevista dal diritto comunitario nel settore degli appalti, giova sottolineare l'inequivoca caratterizzazione in senso cautelare, evidente non solo per l'esplicito riferimento all'"urgenza" di provvedere, ma anche per la rilevanza attribuita al periculum in mora, il quale può essere oggetto di valutazione comparativa tra gli interessi in gioco: è lo stesso legislatore comunitario a riconoscere agli Stati membri la facoltà di prevedere che «l'organo responsabile, quando esamina l'opportunità di prendere provvedimenti provvisori, possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti stessi per tutti gli interessi che possono essere lesi nonché dell'interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive» (art. 2, comma 4, dir. 665/89; art. 2, comma 4, dir. 13/92)[51].

Conclusivamente, l'Adunanza Plenaria provvede sostanzialmente a riscrivere i poteri cautelari del giudice amministrativo nei termini di generalità e atipicità imposti dall'avvertita esigenza di un'interpretazione adeguatrice della disciplina del processo amministrativo in ossequio ai «richiamati principi comunitari e costituzionali, dai quali emerge che, come per le controversie già devolute alla giurisdizione esclusiva prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 80 del 1998, senza eccezioni il giudice amministrativo debba dare piena ed effettiva «tutela» (anche cautelare) al ricorrente (art. 103, primo comma, Cost.), per l’attuazione della piena affermazione della «giustizia nell’amministrazione» (art. 100, primo comma, Cost.)».

 

Una tutela satisfattiva provvisoria per i crediti pecuniari verso la P.A.

Alla luce di tali fondamentali premesse, l'Adunanza Plenaria riconduce nell'alveo del giudizio cautelare amministrativo la tutela anticipatoria dei crediti pecuniari nei confronti della Pubblica amministrazione, avallando così un giudizio di equivalenza, in punto di effettività, tra tutela cautelare e tutela sommaria non cautelare.

Vale la pena osservare che l'equivalenza tra le due forme di tutela trova conferma nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in quelle decisioni in cui si è affermato che «l'ordinanza con la quale il presidente del tribunale pronunci, ai sensi dell'art. 708 c.p.c., i provvedimenti temporanei ed urgenti di contenuto economico nell'interesse dei coniugi e della prole non costituisce titolo per la emanazione di una successiva ingiunzione di pagamento ai sensi dell'art. 633 stesso codice, trattandosi di provvedimento autonomamente presidiato da efficacia esecutiva, tale da assicurare sufficiente garanzia di realizzazione dell'interesse del creditore»[52].

 Nell'ordinanza di rimessione, la V Sezione non manca peraltro di segnalare la diversità dei presupposti che presiedono la pronuncia dei provvedimenti cautelari rispetto ai provvedimenti sommari non cautelari, insistendo in particolare sulla verifica del requisito del periculum in mora, esclusa invece nel procedimento monitorio e nelle ordinanze di condanna anticipata.

 L'Adunanza Plenaria replica puntualmente ai rilievi sollevati dalla Sezione remittente, in tutta coerenza con l'opzione per una tutela di tipo cautelare dei crediti pecuniari, ribadendo l'indefettibilità della verifica del fumus e del periculum in cui si sostanzia la cognizione sommaria del giudice cautelare. Tuttavia, non si può fare a meno di segnalare un allontanamento dai caratteri strutturali e funzionali della tutela cautelare nella parte dispositiva dell'ordinanza in commento, dalla quale emerge con tutta evidenza un'identità qualitativa tra la misura anticipatoria assunta nel caso di specie e la decisione finale propria dei provvedimenti sommari non cautelari previsti dal codice di rito.

 Prima di prendere in esame la parte terminale della motivazione, preme infatti osservare che, mentre nei provvedimenti cautelari la sommarietà della cognizione si estrinseca in mero giudizio di verosimiglianza e di fondatezza della pretesa azionata, nei provvedimenti anticipatori non cautelari la sommarietà si sostanzia in una cognizione, men che superficiale, piuttosto di tipo parziale o incompleto, ma qualitativamente non differente dalla sentenza definitiva. Cognizione che si traduce o nella presa d'atto della non contestazione dei fatti costitutivi della pretesa attorea (art. 186 bis) da parte del convenuto o nella valutazione dell'idoneità della sola prova scritta prodotta da una delle parti (nel caso di decreto ingiuntivo o dell'ordinanza di pagamento pronunciata in corso di causa ex art. 186 ter).

E ancora che il presupposto del periculum in mora vale a caratterizzare strutturalmente e funzionalmente il provvedimento cautelare rispetto al provvedimento sommario non cautelare solo allorché il contenuto della misura interinale sia effettivamente parametrato al danno irreparabile che si intende prevenire, ben potendo rivestire un contenuto totalmente anticipatorio della sentenza di merito.

 

Il periculum in mora

Secondo la V Sezione il presupposto del periculum in mora, oltre a suscitare incertezze applicative e generare il rischio di soluzioni disomogenee per l'attribuzione di un ampio potere di valutazione riconosciuto al giudice amministrativo e per la natura comparativa della valutazione del periculum, risulterebbe di difficile apprezzamento per i diritti di obbligazione, specie di importo contenuto.

 Sul punto l'Adunanza Plenaria si limita ad osservare che la valutazione del danno grave ed irreparabile, richiede al giudice amministrativo di considerare, nell’ambito di una complessiva valutazione degli interessi coinvolti, le esigenze del ricorrente, nonché della durata dell’inadempimento e delle ragioni che lo hanno cagionato, precisando che «la misura anticipatoria cautelare non può essere negata in considerazione della sola entità della somma indebitamente non pagata».

 Le affermazioni, oltre a rispecchiare la prassi seguita ai fini della concessione della sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato, secondo cui la valutazione della gravità del danno non va effettuata esclusivamente in termini assoluti, avendo di vista il solo interesse del ricorrente, ma si estende a valutare in termini comparativi anche l’interesse (ovviamente di segno contrario) di cui sono portatrici le altre parti del giudizio principale, e quindi la pubblica amministrazione e gli eventuali controinteressati [53], trovano avallo nella giurisprudenza comunitaria, laddove si ritenga, come sopra osservato, che una tutela anticipata riconosciuta al singolo in virtù del principio di effettività della tutela giurisdizionale non possa, in ogni caso, prescindere da una valutazione comparativa tra gli interessi in gioco, tra i quali l'interesse comunitario a che gli effetti di un atto delle istituzioni comunitarie della cui legittimità si discute non venga ad essere privato di ogni pratica efficacia.

In generale, si potrebbe osservare che la divergenza tra tutela cautelare e tutela sommaria non cautelare, determinata dall'irrilevanza nella seconda dello stato di pericolo in cui si trova la parte istante, risulta notevolmente attenuata alla luce dell'efficacia immediatamente esecutiva dell'ordinanza cautelare pronunciata dal giudice amministrativo, connessa al potere del medesimo giudice di assumere tutti i provvedimenti necessari per la sua attuazione. Nei provvedimenti sommari non cautelari il requisito dell'urgenza riemerge ai fini della concessione della provvisoria esecutività del decreto opposto ai sensi ex art. 648 c.p.c., il quale impone al giudice di valutare, nell'esercizio del potere conferitogli dall'uso dell'indicativo "può", il fumus di fondatezza del credito e il periculum in mora  che deriverebbe al creditore dal  ritardo  nella decisione [54]. 

Ma ciò che più rileva è la parte dispositiva dell'ordinanza, nella quale l'Adunanza Plenaria ritiene soddisfatto il requisito del periculum sul rilievo che il perdurante ritardo del pagamento da parte dell'amministrazione sanitaria (di un importo per di più di notevole entità) incide sempre più negativamente sulla liquidità della farmacia, che è tenuta a svolgere senza interruzioni il servizio, con i relativi costi dei locali, di acquisto delle merci e di gestione del personale. Il dispositivo prosegue con l'ordine all'amministrazione convenuta di corrispondere l'intero importo del credito vantato dal creditore ricorrente.

Il provvedimento assunto supera abbondantemente la sua funzione cautelare, se è vero che quando il giudice della cautela ordina il pagamento di una somma di denaro «quest'ordine cautelare non può e non deve mai realizzare satisfattivamente il diritto dedotto, ma deve limitarsi a disporre il pagamento di quelle somme, certamente inferiori all'importo complessivo del credito dedotto, ritenute indispensabili per salvaguardare il diritto per tutta la durata presumibile del giudizio di merito»[55].

L'ordine cautelare al pagamento dell'intero credito, completamente sganciato da qualsiasi valutazione qualitativa e quantitativa del danno che la misura cautelare deve tende a prevenire, implica inevitabilmente una attenuazione del presupposto del periculum  e quindi della struttura e funzione assicurativa del provvedimento anticipatorio, il quale assume invece una struttura e una funzione interamente satisfattiva tipica della tutela sommaria in senso stretto (non cautelare), anticipando integralmente gli effetti della sentenza definitiva.

 

Il fumus boni juris

La deviazione dai caratteri strutturali e funzionali propri della tutela cautelare emerge anche dalla parte del dispositivo dell'ordinanza relativo alla positiva verifica del presupposto del fumus.

 Nella parte motiva si afferma che il giudice amministrativo deve prudentemente apprezzare, in sede cautelare, la sussistenza di un «elevato grado di probabilità» che il ricorso sia poi accolto (ad esempio, perché si dà prova scritta del credito e l’amministrazione non evidenzia alcun elemento tale da contrastare la pretesa).

L'adunanza Plenaria prosegue distinguendo l'ipotesi in cui l’amministrazione non abbia svolto la dovuta attività di accertamento dell’esistenza del suo debito, in base alle leggi amministrative speciali, dall'ipotesi in cui l’amministrazione, pur avendo effettuato le necessarie formalità ed accertato l’esistenza del suo debito, non lo abbia estinto.

Mentre nella seconda ipotesi, si ritiene che l’ordinanza cautelare possa senz’altro disporre il pagamento della somma, nella prima ipotesi si rivela necessario che il giudice amministrativo disponga, se del caso tramite un commissario ad acta, tutti gli opportuni accertamenti istruttori, ordinando tutte le misure necessarie perché vi sia il pagamento.

Entrambi i provvedimenti assicurano una tutela del credito i cui effetti tracimano la funzione e la struttura della misura cautelare.

Nel caso in cui l'amministrazione non abbia spontaneamente riconosciuto la propria posizione di debitrice, il giudice amministrativo dovrà, infatti, assumere un provvedimento cautelare diretto ad ordinare alla medesima amministrazione di riconsiderare il rapporto controverso. Tale tipologia di ordinanza cautelare (cd. remand), suscitando una riedizione del potere amministrativo, costituisce una statuizione idonea a regolare definitivamente l’assetto degli interessi, proprio sul rilievo che una volta provveduto da parte dell'amministrazione gli atti adottati devono ritenersi definitivi[56].

 Il potere di ordinare in via cautelare il pagamento risulta così limitato ai casi residuali in cui l'Amministrazione abbia riconosciuto il debito: ciò equivale a circoscrivere il provvedimento cautelare di condanna alle ipotesi in cui il fumus non si identifichi, secondo i principi generali della tutela cautelare, nella verosimiglianza di fondatezza del diritto fatto valere, ma assuma, come nella fattispecie, i connotati della "non contestazione" o dell'idoneità della prova scritta, tipici dei provvedimenti anticipatori sommari non cautelari. Siffatta tipizzazione del fumus orienta ulteriormente la cognizione sommaria verso gli effetti della decisione definitiva, cosicché il provvedimento anticipatorio perde la sua funzione assicurativa, propria della tutela cautelare, per acquisire una funzione propriamente satisfattiva.

 

Esecutività e impugnabilità dell'ordinanza cautelare di condanna

Un ulteriore rilievo sollevato dalla V Sezione concerne la natura strumentale e provvisoria della misura cautelare, che non è di per sé tale da «definire il giudizio e di assumere l’efficacia sostanziale e processuale del giudicato», dal che deriverebbe «una situazione di incertezza assolutamente inopportuna».

Sul punto pare sufficiente rilevare che anche alcuni provvedimenti anticipatori non cautelari previsti dal codice di rito non sono destinati ad acquistare forza di giudicato. Come si è già avuto modo di osservare, sia l'ordinanza di pagamento di somme non contestate ex art. 186 bis che l'ordinanza di ingiunzione pronunciata all'esito del procedimento monitorio documentale in corso di causa ai sensi dell'art. 186 ter sono inquadrabili nei provvedimenti sommari-semplificati-esecutivi, i quali pur rivestendo l'efficacia di titolo esecutivi, sono tuttavia privi dell'efficacia preclusiva del giudicato[57].

L'Adunanza Plenaria ricorda che la disciplina del processo amministrativo non attribuisce all'ordinanza cautelare la natura di titolo esecutivo, ma ciò non esclude che la misura cautelare goda di una particolare efficacia esecutiva per il tramite del potere riconosciuto al giudice amministrativo di «adottare tutte quelle statuizioni che, di volta in volta, in relazione alle singole fattispecie concrete, si presentino adeguate rispetto all’esigenza di ottenere che la situazione di fatto sia resa conforme a quella di diritto, si presentino cioè come mezzi idonei per giungere allo scopo di assicurare l’adempimento dell’obbligo gravante sull’amministrazione; e tali mezzi possono essere costituite tanto dall’adozione diretta di statuizioni amministrative anche imperative, quanto dalla nomina di commissari ad acta»[58].

Come puntualmente rilevato in dottrina, il riconoscimento in capo al giudice amministrativo di consistenti poteri attuativi delle misure cautelari, recentemente ribadito dal giudice costituzionale[59], determina una naturale coesione tra giudizio di esecuzione ed attività amministrativa: coesione che basterebbe da sola a privilegiare uno strumento cautelare del giudice amministrativo rispetto alla mera clonazione dei provvedimenti ex artt.186 bis e 186 ter[60].

Quanto alla contestazione del provvedimento cautelare di condanna, l'Adunanza Plenaria si limita a precisare che l'ordinanza non è opponibile dinanzi allo stesso giudice. In altri termini, il provvedimento in questione rimane soggetto al regime generale previsto per le ordinanze cautelare del giudice amministrativo, con la conseguenza che, pur potendo essere modificato o revocato dallo stesso collegio in seguito a modificazioni dello stato di fatto, esso riveste un contenuto decisorio e risulta pertanto impugnabile in appello al Consiglio di Stato. Peraltro, alla luce delle recenti precisazioni sull'oggetto dell'appello nel processo amministrativo come novum iudicium[61], non pare infondato ritenere che l'impugnazione dell'ordinanza cautelare di condanna possa innescare un giudizio per molti aspetti analogo al giudizio di opposizione, nel quale l'amministrazione condannata è ammessa a contestare liberamente le ragioni creditorie, indipendentemente dalla statuizioni del provvedimento cautelare emesso in primo grado.

Suggestioni d'oltralpe e prospettive de iure condendo

La pronuncia dell'Adunanza Plenaria colma la lacuna lasciata dal legislatore del 98, affidando la tutela anticipatoria dei crediti pecuniari esclusivamente al potere cautelare del giudice amministrativo, del quale si afferma, per la prima volta, il carattere generale e atipico.

 Peraltro, come si è avuto modo si osservare, a prescindere dalla necessaria provvisorietà della tutela anticipatoria di tipo cautelare, la sola considerata compatibile con le peculiarità del processo amministrativo, il provvedimento concretamente adottato dall'Adunanza Plenaria si allontana per contenuto (integralmente satisfattivo) e presupposti (tipizzazione del fumus e irrilevanza del periculum nella conformazione del contenuto della misura interinale) dalla tutela sommaria cautelare.

  Ciò che ne scaturisce è una forma ibrida di tutela anticipatoria che, in altri sistemi di giustizia amministrativa, trova esplicita considerazione: è il caso del référé provision introdotto nel processo amministrativo francese con il decreto n. 907 del 2 settembre 1988[62]. L'art. R 129 del Codice  dei Tribunali e delle Corti d'appello amministrative consente al presidente del tribunale di accordare con ordinanza una provvisionale al creditore che abbia proposto una domanda di condanna, allorché l'esistenza del credito non è seriamente contestata. L'assenza del requisito dell'urgenza e la tipizzazione della cognizione sommaria (legata alla non contestazione del credito)  e la integrale satisfattività della tutela provvisionale non influiscono in alcun modo né sulla natura dell'ordinanza, né sul suo regime e sulla sua efficacia, in quanto come ogni altra ordinanza di référé continua ad essere una decisione provvisoria di natura cautelare, modificabile, appellabile, ma non opponibile, e inidonea ad acquistare forza di giudicato, sebbene abbia il valore di un titolo esecutivo, se del caso subordinato al versamento di una cauzione[63].

In prospettiva, la scelta di privilegiare una tutela anticipatoria di tipo cautelare, anche attraverso l'ampliamento dei poteri cautelari del giudice amministrativo, escludendo invece l'innesto nel processo amministrativo di forme di tutela sommaria tout court,  pare trovare conferma nelle proposte de iure condendo.

Infatti, l’art. 3 del disegno di legge n. S/2934 di riforma del processo amministrativo, nel testo approvato dal Senato il 22 aprile 1999, titolato "Disposizioni generali sul processo cautelare", prevede la sostituzione del settimo comma dell'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 nei seguenti termini:

"Prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Il decreto è efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Le predette disposizioni si applicano anche dinanzi al Consiglio di Stato, in caso di appello contro un'ordinanza cautelare e in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata."

Inoltre, con specifico riferimento alla tutela anticipatoria dei crediti pecuniari, il successivo secondo comma dell’art 3. del disegno di legge ha modificato l’art 28 della L. n. 1034 del 1971 prevedendo che:

"4. Nelle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, il tribunale amministrativo regionale su istanza di parte, in via provvisionale, dispone con ordinanza provvisoriamente esecutiva la condanna a somme di danaro quando il credito azionato sia certo, liquido ed esigibile.

5. Al fine di cui al comma 4 il presidente del tribunale, ovvero il presidente della sezione interna o della sezione distaccata, fissa, su istanza di parte, la discussione in camera di consiglio per la prima udienza utile e, quando ciò non sia possibile, entro un periodo non superiore ai trenta giorni successivi al deposito del ricorso.

6. Il procedimento di cui ai commi 4 e 5 si applica anche al giudizio innanzi al Consiglio di Stato in sede di appello".

Se non vi sono dubbi sulla volontà del legislatore di formalizzare il carattere generale e atipico del potere cautelare del giudice amministrativo, il quale potrà assumere quindi tutte le "misure cautelari provvisorie" necessarie per assicurare l'utilità pratica della futura decisione definitiva e non solo più la misura meramente inibitoria della sospensione del provvedimento impugnato, altrettanto evidente è l'intenzione i ricondurre nell'alveo della tutela cautelare la tutela anticipatoria dei diritti soggettivi di natura patrimoniale, giacché l'ordinanza provvisionale di condanna si appalesa inequivocabilmente come un provvedimento cautelare, insuscettibile di determinare un assetto definitivo della fattispecie controversa, pronunciato in attesa della successiva udienza camerale, che, lungi dal configurare un ipotetico giudizio di "opposizione" radicato a seguito della fase "monitoria", costituisce l'ordinario giudizio sul merito.

   In caso di approvazione definitiva del disegno di legge, troverebbe quindi piena cittadinanza anche nel nostro processo amministrativo l'istituto del référé provvision che, per le ragioni anzidette, ha trovato per il momento asilo nella soluzione autorevolmente elaborata dall'Adunanza Plenaria.

 

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[1] Intervenendo su diversi aspetti dell’istituto della tutela cautelare l’Adunanza Plenaria ha in più occasioni sottolineato l’esigenza di una tutela cautelare piena ed effettiva delle situazioni soggettive sostanziali del ricorrente: Cons. St., ad. plen., 27 aprile 1982 n. 6, in Foro it., 1982, III, 229, con nota di Saporito G., Ottemperanza e ordinanze cautelari amministrative; in Foro amm., 1982, I, 629, con nota di Follieri E., Esecuzione delle ordinanze cautelari del giudice amministrativo; Cons. Stato., ad. plen., 1 giugno 1983 n. 14, in Foro it., 1984, III, 72 ss., con oss. di Saporito G.; in Foro amm., 1984. fasc. 11, con nota di Scola, Brevi note in tema di tutela cautelare nel giudizio amministrativo; in Dir. proc. amm., 1984, 392 ss., con nota di Fantigrossi U., Giudizio cautelare amministrativo: si ampliano i poteri del giudice; Cons. Stato, Ad. plen. 5 settembre 1984 n. 17, in Foro it., 1985, III, 51 ss., con oss. di Saporito; in Giur. it., 1985, III, 1, 196 ss., con nota di Follieri, Strumentalità ed efficacia "ex tunc" dell'ordinanza di sospensione; in Riv. amm., 1985, 334 ss., con nota di Dragone, La sospensione giurisdizionale del provvedimento impugnato: annotazione a margine di nuovi orientamenti giurisprudenziali.

[2] Sulla tutela cautelare nel processo amministrativo, si rinvia senza pretesa di completezza alle opere monografiche di Paleologo, Il giudizio cautelare amministrativo, Padova, 1971; Follieri E., Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, Milano, 1981; Gasparini Casari V., Introduzione allo studio della tutela cautelare, Modena, 1982; Saporito G., La sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato nella giurisprudenza amministrativa, Napoli, 1981; Taddei B., Il giudizio cautelare nella giustizia amministrativa, Rimini, 1988; Valorzi A., Tutela cautelare in processo amministrativo, Padova, 1991; Sica M., Effettività della tutela e provvedimenti d’urgenza nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1992; Andreis M., Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996; Nobile R., La sospensione del provvedimento amministrativo ad opera del giudice, Bologna, 1996; e ai contributi di Angiolini V., Il potere di sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato: recenti tendenze del processo cautelare amministrativo, in Jus 1982, 156 ss.; Arria C., Tutela giurisdizionale e sospensione del provvedimento amministrativo, in Nuovo dir., 1981,617 ss.; Barbieri E.M., La sospensione del provvedimento impugnato davanti al giudice amministrativo di primo grado, in Riv. amm., 1987, 8 ss. Bartolomei F., Sulla domanda di sospensione del provvedimento amministrativo davanti al Consiglio di Stato, in Riv. trim. dir. pubbl., 1968, 403 ss.; Id., Sull'efficacia e rilevanza giuridica dell'ordinanza giurisdizionale (positiva) nel processo cautelare amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, 323 ss.; Caianiello V., I poteri di sospensiva del giudice amministrativo in materia di riscossione dei tributi, in ivi, 1985, 349 ss.; Cannada-Bartoli E., Sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, in Nov. dig. it., Torino, 1970, 934 ss.; Caramazza I. - Basilica F., Appunti sulla tutela cautelare nel processo amministrativo, in Rass. avv. Stato, 1992, II, 1 ss.; Caramazza I.F. - Mangia M.G., Le misure cautelari nel processo amministrativo, ivi, 1986, II, 87 ss.; Cavallari G., La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Appunti sulla giustizia amministrativa, Bari, 1988, IV, 141 ss.; Corso G., La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Foro amm., 1987, 1655 ss.; Dal Piaz C., La tutela cautelare nel progetto di riforma del processo amministrativo, in Cento anni di giurisdizione amministrativa. Atti del Convegno per il centenario dell’istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato (Torino 10-12 novembre 1989), cit., 355 ss.; D'Arpe E., Tutela cautelare nel processo amministrativo e sostituzione del giudice all'amministrazione, in TAR, 1995, II, 341 ss.; De Roberto A., Le misure cautelari nel giudizio amministrativo, in Riv. amm., 1987, 221 ss.; Id., Le misure cautelari, in Per una giustizia amministrativa più celere ed efficace. Atti del Convegno di Messina del 15-16 aprile 1998, Milano, 1993, 33 ss.; Dragone V., La sospensione giurisdizionale del provvedimento impugnato: annotazione a margine di nuovi orientamenti giurisprudenziali, in Riv. amm., 1985, 334 ss.; Follieri E., La cautela tipica e la sua evoluzione, in Dir. proc. amm., 1989, 646 ss.; Moneta G., L'evoluzione involutiva della tutela cautelare amministrativa, ivi, 1994, III, 1, 383 ss.; Paleologo G., La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Cons. Stato, 1991, II, 199 ss., e in Riv. amm., 1991, 707 ss.; Id., La giustizia amministrativa cautelare e d'urgenza, in Gior. dir. amm., 1995, II, 745 ss.; Pototschnig U., La tutela cautelare, in Processo amministrativo: quadro problematico e linee di evoluzione. Atti del XXXI Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, Milano, 1988, 208 ss.; Renna M., Spunti di riflessione per una teoria delle posizioni soggettive "strumentali" e tutela cautelare degli interessi "procedimentali" pretensivi, in Dir. proc. amm., 1995, II, 812; Scoca F.G. , Processo cautelare amministrativo e Costituzione, ivi, 1983, 311 ss.; Zeviani Pallotta F., Considerazioni sui possibili contenuti e limiti di operatività delle pronunce cautelari del giudice amministrativo nel processo di primo grado, in Cons. Stato, 1980, II, 949 ss. Per una utile raccolta della giurisprudenza in materia, cfr. Saporito G., La sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato nella giurisprudenza amministrativa, cit., e successivo aggiornamento (1984); Follieri E., Il giudizio cautelare amministrativo (Codice delle fonti giurisprudenziali), Rimini, 1992.

[3] Lipari, La nuova giurisdizione amministrativa in materia edilizia, urbanistica e dei pubblici servizi, in Urbanistica e appalti, 1998, 592 (597)

[4] T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, ord. 9 giugno 1999, n. 2513 e T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 24 marzo 1999, n. 184, in questa Rivista, 539, con nota di Caringella F., Misure cautelari, tutela sommaria e giurisdizione esclusiva, con la quale viene accolta la domanda di sospensione del “silenzio-rifiuto” a fronte della “rinuncia del difensore del ricorrente alla istanza ex artt. 186-bis-ter c.p.c.”. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, Ord. 9 giugno 1999 n. 1120 e T.A.R. Lazio, Latina, 0rd. 27 maggio 1999, nn. 264  e 282, in www.lexitalia.it.

[5] T.A.R. Lazio, sez. I-ter, ord. 10 dicembre 1998, n. 3444, in questa Rivista, 539, con nota di Caringella F., cit. che ha ritenuto applicabile al giudizio amministrativo l’art. 186-ter del c.p.c. (ordinanza di ingiunzione di pagamento in corso di causa), ingiungendo all’amministrazione il pagamento di un credito assistito dalla certezza, liquidità ed esigibilità, nonché da prova scritta,  e T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III - Ord. 8 novembre 1999 n. 2392, in www.lexitalia.it, che invece ha ritenuto applicabile per analogia l'art. 186 quater c.p.c. relativo all'ordinanza-ingiunzione post-istruttoria.

[6] T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, ord. 18 febbraio 1999, n. 445/99, in questa Rivista, 539, con nota di Caringella, cit., in cui il giudice amministrativo campano si è visto costretto a sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 3, del D.Lgs. n. 80/98, nella parte in cui non prevede che il giudice amministrativo, nelle controversie di cui al comma 1, può disporre i provvedimenti previsti dall’art. 186-ter c.p.c.; T.A.R. Palermo, 9 marzo 1999, n. 350 in G.U., I serie speciale, n. 25 del 23 giugno 1999.

[7] Per i ricostruttivi e sistematici della tutela cautelare, rimane fondamentale l'opera di Calamadrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936.

[8] Secondo Calamadrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 14, il provvedimento sommario non cautelare è un provvedimento provvisorio che aspira a diventare definitivo.

[9] v. per tutti le osservazione di Attardi, Diritto processuale civile, I, Padova, 1994, 117.

[10] Se si escludono quei procedimenti di tutela urgente, non necessariamente cautelare, devoluti negli ultimi anni alla competenza del giudice amministrativo, tra i quali merita menzione il modello procedurale del rito giuslavoristico per la trattazione delle controversie in tema di repressione della condotta antisindacale previsto dall'art. 6 della legge n. 146 del 1990.

[11] Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., passim

[12] Corte Cost., 12 dicembre 1998, n. 406, in Giur. it., 1999, 1294; Corte Cost., 19 marzo 1996, n. 82, ivi, 1997, I, 32.

[13] Corte Cost., 18 maggio 1989, n. 251, in Dir. proc. amm., 1990,12, con nota di Virga G., Le   limitazioni   probatorie   nella    giurisdizione   generale  di legittimità.

[14] Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 222, in Giur. it., 1999,1524

[15] Cass., sez. un., 3 dicembre 1991, n. 12966, in Foro it., 1993, I, 3367; più recentemente v. Cass., sez. un., 12 luglio 1995, n. 7643, in Giust. civ. Mass., 1995, 1363; Cass., sez. un., 10 novembre 1994, n. 9356, in Giust. civ., 1995, I, 733

[16] Cass., sez. II, 17 luglio 1998, n. 6995, in Giust. civ., 1999, I, 1479 con nota di Lombardi, Sulla  (non) esperibilità  del  ricorso per Cassazione straordinario avverso  l'ordinanza d'ingiunzione, secondo cui «l'ordinanza   emessa  a  norma   dell'art. 186  ter,  c.p.c. non è suscettibile  di ricorso per cassazione previsto dall'art. 111, comma  2, cost.,  poiché il suo espresso assoggettamento alla disciplina di  cui  agli  art. 177  e  178,  comma 1,  c.p.c. la  rende inidonea  ad  assumere   contenuto  decisorio e  ad  incidere con l'autorità  del  giudicato su posizioni di diritto sostanziale».

[17] Valitutti, Le ordinanze provvisoriamente esecutive, Padova, 1999, 143 ss. ove ult. riff. alle diverse ricostruzioni della natura dell'ordinanza ingiunzione.

[18] Valitutti, op. cit., 76 ss., 143 ss.

[19] Con prevalente riferimento all'esecuzione di decreti ingiuntivi pronunciati nei confronti di ASL e non opposti: cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 1998, n. 372, in Cons. Stato, 1998, I, 405; T.A.R. Lazio sez. III, 6 ottobre 1997, n. 2274, in Ragiusan, 1998, f. 5, 38; T.A.R. Lombardia sez. III, Milano, 1 settembre 1995, n. 1093, in Foro amm., 1996, 640

[20] Ad essa vi si oppone, a tacer d'altro, l'orientamento dei giudici di Palazzo Spada che ha saputo riappropriarsi di controversie al confine tra pubblico e privato seguendo un'impostazione che, abbandonati le più comode categorie dell'autoritarietà e dell'interesse legittimo, approda al più solido terreno della valorizzazione del fine pubblico perseguito e della conformazione dell'attività posta in essere dall'Amministrazione: Cons. Stato, sez. VI, 28 ottobre 1998, n. 1478, in questa Rivista, 71 ss. con nota di E. Chiti, Gli organismi di diritto pubblico tra Consiglio di Stato e Corte di giustizia.

[21] C. giust. Ce, 22 giugno 1989 (in causa 103/88), Flli Costanzo SpA c. Comune di Milano, in Racc., 1989, 1839; in Foro amm., 1990, 1372 ss., con nota di CARANTA R., Sull’obbligo dell’amministrazione di disapplicare gli atti di diritto interno in contrasto con disposizioni comunitarie; in Foro it. 1991, IV, 129 ss., con nota di BARONE A., L’efficacia diretta delle direttive Cee nella giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte Costituzionale; in Riv. giur. it. dir. com., 1991, 423 ss. con nota di MARZONA N., Pubblica amministrazione e integrazione diritto interno-diritto comunitario.

[22] Sul piano sostanziale, il principio affermato nella sentenza Costanzo implica la totale pretermissione di ogni elemento discrezionale nell'esercizio del potere di ritiro di un atto emanato in violazione del diritto comunitario, come correttamente affermato in Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998 n. 918, in questa Rivista, 1343 ss. alla quale non si sente di aderire Garofoli, Concessione di lavori: discrezionalità del potere di annullamento d'ufficio e vincoli comunitari, ivi, 1344 ss.

[23] Corte giust. Ce, 14  dicembre 1995  n. 430 (in cause riunite C-430/93 e C-431/93),  Van Schijndel  c. Stichting Pensioenfonds voor Fysiotherapeuten, in Giur. it., 1996, I, 1, 1289, con nota Caranta, Impulso  di parte  e  iniziativa  del giudice  nell'applicazione  del diritto  comunitario.

[24] Ravalli, Tutela cautelare: un’efficace garanzia per il creditore nel giudizio amministrativo, in Guida al diritto, 1999, fasc. n. 9, 128 ss.

[25] Cons. Stato, sez. V, ord. 28 aprile 1998, n. 781, in questa Rivista, 1334 ss., con nota di Sigismondi, Processo amministrativo: tutela cautelare e rito monocratico; in Foro amm., 1999, 425 ss., con nota di Barbero, Nuove pronunce in tema di applicabilità al giudizio amministrativo del procedimento finalizzato all'adozione di provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c.

[26] cfr., Lubrano F., Il giudizio cautelare amministrativo, 1997, Collana di studi di diritto amministrativo della Repubblica Italiana, 68

[27] cfr. art. 1, punto 10, del testo unificato di di legge delega licenziato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera nel maggio 1985 (Atto Camera, IX legisl. n. 1353-1803A) e che non ottenne l'approvazione dell'Assemblea per la fine anticipata della legislatura.

[28] (Corte Cost., 1° febbraio 1982, n. 8; Adunanza Plenaria, ord. 20 gennaio 1978, n. 1)

[29] T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III - Ord. 8 novembre 1999 n. 2392, cit.

[30] Secondo la prima prassi applicativa del giudice civile il presupposto dell'esaurimento dell'istruzione contemplato dal 1° comma dell'art. 186 - quater c.p.c. ("Esaurita l'istruzione"...) includerebbe anche l'ipotesi (che si verifica nella specie) della superfluità dell'istruzione, sulla base dell'equiparazione sostanziale di siffatto giudizio di superfluità istruttoria a quello che, invece, induce all'effettiva assunzione di mezzi di prova (c.d. prove costituende). Così si è potuto affermare che l'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione ex art. 186 - quater c.p.c. può essere emanata anche quando la causa appare matura per la decisione senza bisogno di assunzione alcuna di mezzi di prova, essendo sufficienti, per l'accoglimento della domanda, le prove documentali offerte dall'attore (Trib. Milano, ordinanza 27 novembre 1995, in Foro it., 1996, 1051 ss., e Trib. Bari, ordinanza 4 luglio 1995, ivi, 1995, 3309 e, in particolare, 3319), tenuto anche conto che l'espressione "esaurita l'istruzione" non può riferirsi alle cause nelle quali non sia più possibile la formulazione di istanze probatorie, in quanto l'esaurimento non va inteso in senso assoluto, ma in relazione a quanto dedotto ed ammesso (Trib. Lecce, ordinanza 13 luglio 1995, ivi., 1995, 2557); l'ordinanza post-istruttoria può essere inoltre pronunziata nei confronti del convenuto contumace allorché sia acquisita la prova dei fatti costitutivi posti a fondamento della domanda (Trib. di Reggio Emilia, ordinanza 13 luglio1995, ivi., 1995, 3308 e, in particolare, 3316).

[31] Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 1997, n. 333, in Foro amm., 1997, 1083

[32] cfr. ex multis Basilico-Cirulli, Le condanne anticipate nel processo civile di cognizione, Milano, 1998, 536;

[33] Consiglio Stato a. plen., 1 ottobre 1994, n. 10, in Foro amm., 1994, 2349

[34] In un primo tempo, il giudice costituzionale ha espunto dall’ordinamento le norme che limitavano irragionevolmente la possibilità per il giudice amministrativo di disporre la sospensione del provvedimento impugnato, individuando nella sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato la misura connaturale di un ordinamento processuale che si realizza attraverso l’annullamento dell’atto nel giudizio principale: Corte cost., 27 dicembre 1974 n. 284, in Foro it., 1975, I, 263 ss.; in Giur. cost., 1974, 3340 ss., con nota di Proto Pisani A. e di Pace; che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13 della l. 22 ottobre 1971 n. 865; Corte cost., 17 luglio 1975 n. 227, in Foro it., 1975, I, 2413 che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 7 d.l. 2 maggio 1974 n. 115 convertito con la l. 27 giugno 1974 n. 247; e infine la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 5, ultimo comma, della l. 1 gennaio 1978 n. 1 nella parte in cui era esclusa l’appellabilità dell’ordinanza di sospensione, Corte cost., 1 febbraio 1982 n. 8, in Dir. proc. amm., 1983, 311 ss., con nota Scoca F.G., Processo cautelare amministrativo e Costituzione; in Giur. cost., 1982, I, 43 ss., con nota Bellomia S., Corte costituzionale e doppio grado di giurisdizione, ed ivi, 1993, I, 398 ss., con nota di Carullo A., Il giudizio cautelare amministrativo al vaglio della Corte costituzionale.

[35] Corte cost., 28 giugno 1985 n. 190, in Foro it., I, 1881 ss., con nota di Proto Pisani A., Rilevanza del principio secondo cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione; in Dir. proc. amm., 1986, 117 ss., con nota di Follieri E., Sentenza di merito "strumentale" all'ordinanza di sospensione di atto negativo; "effetto di reciprocità'" e adozione da parte del giudice amministrativo, dei provvedimenti ex art. 700 c.p.c. per la tutela degli interessi pretensivi; in Giur. it., 1985, I, 1, 1297 ss., con nota di Nigro M., L'art. 700 conquista anche il processo amministrativo (ora anche in Scritti giuridici, cit, III, 1739 ss.); in margine alla decisione v. anche Sica M., Provvedimenti d’urgenza e giudizio cautelare amministrativo, in Giur. it., 1986, IV, 69 ss.; Fiorillo L., La Corte costituzionale introduce nel processo amministrativo la tutela cautelare atipica, in Foro amm., 1986, 1, 1675 ss.; Corpaci A., Tutela cautelare atipica e controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego, in Foro amm., 1988, 1275 ss.; Montesano L., Sull’istruzione e sulla cautela di giurisdizione esclusiva «civilizzate» dalla Corte Costituzionale, in Riv. dir. proc., 1989, 12 ss. (ora in Scritti per M. Nigro, cit., III, 367 ss.; Granata M.G. , Passato e futuro della tutela cautelare nel processo amministrativo: primo bilancio della sentenza della Corte costituzionale n. 190 del 1985, in Giust. civ., 1988, II, 241 ss.

[36] Il legislatore aveva introdotto una disciplina differenziata della tutela cautelare in materia di appalti di lavori pubblici con la legge quadro dell’11 febbraio 1994 n. 109 (cd. legge Merloni), come modificata dalla legge del 2 giugno 1995 n. 216 (Merloni bis)[36]. Nel testo originario la legge fissava un limite temporale di sei mesi all’efficacia della sospensiva dei provvedimenti di esclusione dalle procedure di affidamento di lavori pubblici. Al fine di accelerare l’intero procedimento giurisdizionale, l’art. 31 bis, introdotto con la novella del 1995, si è attribuita all’amministrazione convenuta e ai controinteressati la possibilità di «abbreviare» i tempi del giudizio proponendo istanza al Presidente del collegio, il quale dovrà fissare l’udienza per la discussione del merito entro novanta giorni dal deposito dell’istanza, termine che si riduce a sessanta giorni nell’ipotesi in cui l’istanza sia proposta nella camera di consiglio già fissata per la discussione del provvedimento d’urgenza (terzo comma). La stessa disposizione prevede, per il circoscritto contenzioso determinato dall’esclusione dalle procedure di affidamento, che l’udienza di discussione sia fissata d’ufficio entro novanta giorni dall’accoglimento dell’istanza di sospensione (secondo comma). La norma è stata presto sottoposta all’attenzione del giudice costituzionale da una serie di ordinanze di giudici amministrativi che ritenevano il secondo comma e il terzo comma dovessero essere coordinati nel senso che la proposizione dell’istanza di fissazione del merito di cui al terzo comma precludesse al giudice di assumere medio tempore i provvedimenti cautelari di cui al secondo comma (T.A.R. Lombardia, sez. III, Milano, 30 agosto 1995 n. 47, in Foro amm., 1996, 185 ss.). La Corte costituzionale fa salva la disposizione denunciata osservando che per il rapporto di specialità che intercorre tra le due fattispecie previste rispettivamente dal secondo e dal terzo comma, delle quali la prima più ampia e comprensiva di tutte le controversie concernenti l’affidamento dell’appalto e la seconda limitata al contenzioso sull’esclusione di un concorrente, la presentazione dell’istanza di fissazione da parte dei controinteressati o dall’amministrazione non esclude che il giudice sia tenuto a pronunciarsi sulla domanda di sospensione.

[37] Corte cost., 16 luglio 1996 n. 249, in Giust. civ., 1997, I, 33 ss., con nota di Caranta R., La nuova disciplina dei ricorsi giurisdizionali in materia di appalti di lavori pubblici al vaglio della Corte costituzionale; in Riv. trim. app., 1996, 285 ss., con nota di Nicodemo S., Effettività della tutela giurisdizionale nelle gare per l’affidamento delle opere pubbliche; in Gior. dir. amm., 1997, 255 ss., con nota di Costantini A.; in Urbanistica e appalti, 1997, 51 ss., con nota di De Nictolis R., La Corte si pronuncia in tema di tutela cautelare nei giudizi relativi ad opere pubbliche; in Corr. giur., 1997, 29 ss., con nota di Boscolo E., Tutela cautelare e opere pubbliche: un nuovo intervento della Corte Costituzionale.

[38] Il tratto di novità della decisione è puntualmente sottolineato da De Nictolis R., La Corte si pronuncia in tema di tutela cautelare nei giudizi relativi ad opere pubbliche, cit., 61. In verità nella decisione n. 190 del 1985 il principio chiovendiano secondo cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione interveniva nell’iter argomentativo seguito dalla Corte unicamente come «espressione di direttiva di razionalità tutelata dall’art. 3, comma 1, e, in subiecta materia, dall’art. 113 Cost.». In dottrina si sono poi sottolineate le difficoltà a trasporre il principio di effettività della tutela giurisdizionale dal processo civile, nel quale la tutela cautelare si configura come garanzia dell’effettività di un provvedimento principale idoneo a sancire la spettanza del bene della vita conteso, al processo amministrativo, in cui manca il punto di riferimento della garanzia assicurata dal provvedimento cautelare, essendo la sentenza di annullamento inidonea a statuire sulla spettanza del bene oggetto delle pretese del ricorrente, cfr. ANDREIS M., Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 75-76. Come già ricordato, il principio di effettività della tutela giurisdizionale è stato ancora recentemente alla base della decisione con cui il giudice costituzionale ha riconosciuto al giudice il potere di emettere ordini nei confronti del Consiglio superiore della magistratura che sia rimasto inadempiente rispetto all’ordinanza di sospensione, nominando eventualmente un commissario ad acta, Corte Cost., 8 settembre 1995 n. 419, cit.

[39] Sulla forza espansiva della decisione all'interno della giurisdizione esclusiva, cfr. Nigro M., Intervento, in La tutela cautelare, Rimini, 1986, 132; Pototschnig U., La tutela cautelare, cit., 206. Per Follieri E., La cautela tipica e la sua evoluzione, cit., 664 s. il conferimento al giudice amministrativo di un potere generale e atipico di cautela pareva riferibile «a tutte le situazioni giuridiche soggettive di cui conosce e, quindi, anche agli interessi legittimi». La dottrina processualcivilista aveva puntualmente sottolineato la portata generale del riconoscimento anche nel processo amministrativo del principio chiovendiano «per il quale la durata del processo non deve andare a danno dell'attore che ha ragione», v.. Proto Pisani A., Chiovenda e la tutela cautelare, in Riv. dir. proc., 1988, 17 ss., (ora in Scritti per M. Nigro, cit., III, 391 ss.); l'A. è recentemente tornato sulla decisione della Corte costituzionale nell'ambito del significato costituzionale della tutela cautelare in Proto Pisani A., Diritto processuale civile, 2 ed., Napoli, 1996, 654 ss. Diversamente Barbieri E.M., I limiti del processo cautelare amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 200 ss. aveva rilevato il pericolo di una trasformazione della giurisdizione amministrativa in una giurisdizione sommaria. Sui pericoli che un ampliamento delle misure può comportare per le ragioni del convenuto, Proto Pisani A., La nuova disciplina dei provvedimenti cautelari in generale, in Foro it., 1991, V, 57 (80), e per l’azione amministrativa, cfr. Caianiello V., Manuale di diritto processuale amministrativo, cit., 660, il quale osserva che peraltro nel giudizio cautelare amministrativo i rischi connessi ad un uso indiscriminato della tutela cautelare sono in parte ridimensionati dalla collegialità del giudice cautelare e dalla appellabilità delle ordinanze cautelari.

[40] Cass., sez. un.., 1 dicembre 1994, n. 10240, in Rep. Foro It., 1994, voce Provv. d'urgenza, n. 52; id., 10 ottobre 1994, n. 8276, ibidem, n. 40; id., 14 febbraio 1994, n. 1435, ibidem, n. 41; id., 5 marzo 1993, n. 2670, in Giur. it, 1994, 1, 1, 774; Cass., 9 dicembre 1985, n. 6192 e 6193, in Rep. Foro It., 1985, voce Provv. d'urgenza, n. 28 e 29

[41] Nella successiva applicazione giurisprudenziale l’istituto esteso dalla Corte costituzionale al processo amministrativo è stato impiegato esclusivamente quale provvedimento anticipatorio della condanna al pagamento di somme di denaro, v. Andreis M., Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 55 ss., ove ult. riff.

[42] Travi A., sub art. 21 l. TAR, in Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Padova, 1992.

[43] Sulla concretizzazione dei principi di diritto interno ad opera del diritto comunitario, sia consenti rinviare a Protto, L'effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, Milano, 1997.

[44] Triantafyllou D., Zur Europäisierung des vorläufigen Rechtsschutzes, in NVwZ, 1992, 129 ss.; Pache E., Das Ende der Bananenmarktordnung, in EuR, 1995, 93 ss. (99). Sull’evoluzione della giurisprudenza comunitaria in materia di tutela cautelare fino alla decisione Zuckerfabrik, cfr. De Leonardis F., La tutela cautelare: Principi comunitari ed evoluzione della giurisprudenza amministrativa europea, in Dir. proc. amm., 1993, II, 670 ss.

[45]C. giust. Ce, 19 giugno 1990 (in causa C-213/89), R. c. Secretary of State for Transport, ex parte Factortame Ltd e a., in Racc., 1990, I-2433 ss.; in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1991, 1042 ss., con nota di Muscar­dini M., Potere cautelare dei Giudici nazionali in materie discipli­nate dal diritto comunitario; in Dir. proc. amm. 1991, 255 ss., con nota di Consolo C., L'ordinamento comunitario quale fondamento per la tutela cautelare del giudice nazionale (in via di disap­plicazione di norme legislative interne), e in Giur. it. 1991, I, 1, 1122 ss., con identica nota dello stesso Consolo C., Fondamento «comunitario» della giurisdizione cautelare, nonché (in massima), in Corr. giur. 1990, 852 ss.

[46] C. giust. Ce, 9 novembre 1995 (in causa C-465/93), Atlanta Fruchthandellgesellschaft mbH c. Bundesamt für Ernährung und Forstwirtschaft, in Racc., 1995, I-3799 ss.; in Foro amm., 1996, I, 1783 ss., con oss. di Iannotta R.; in Giorn. dir. amm., 1996, 333 ss., con nota di Chiti E., Misure cautelari positive e effettività del diritto comunitario.

[47] C. giust. Ce, 21 febbraio 1991 (in cause riunite C-143/88 e C-92/89), Zuckerfabrick Süderdithmarschen AG - Hauptzollamt Itzehoe e Zuckerfabrik Soest GmBH, in Racc. 1991, I-415 ss.; in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1992, 125 ss., con nota di Tesauro G., Tutela cautelare e diritto comunitario; in Foro it., 1992, IV, 1 ss., con nota di Barone A., Questione pregiudiziale di validità di un regolamento comunitario e poteri cautelari del giudice nazionale.

[48] punti 28 ss., in part. 33.

[49] Art. 2, comma 1, lettera a) della direttiva n. 665 del 21 dicembre 1989 e l’art. 2 della direttiva n. 13 del 25 febbraio 1992, che ne ha ampliato la  rilevanza ai settori esclusi, e l’art. 41 della direttiva n. 50 del 18 giugno 1992, sugli appalti di servizi. Sulle direttive ricorsi v. ampiamente In dottrina v. Morbidelli G., Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1991, 829 ss.; Lauria F., Appalti pubblici e Mercato Unico Europeo, Torino, 1992, 277 ss.; Montedoro G., Verso il diritto comunitario europeo degli appalti: spunti di riflessione in tema di effettività della tutela, in Foro amm., 1995, II,2111 ss.; Franco I., Il contenzioso in materia di gare per gli appalti pubblici di lavori e forniture alla luce della normativa comunitaria, in Foro amm., 1995, II, 1427 ss.; De Rose C., Profili contenziosi e mezzi di risoluzione delle controversie negli appalti pubblici comunitari, in Cons. Stato, 1995, II, 2043 ss.; Pugliese F., Appalti di lavori, forniture e servizi: nel processo cautelare e nelle recenti disposizioni sul contenzioso, in Riv. trim. app., 1995, 7 ss. e più recentemente Protto, L'effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, cit.

[50] Protto, L'effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, cit., 326 ss., ove ult. riff.

[51] Secondo una parte della dottrina la disciplina comunitaria «non subordina l’esercizio de potere cautelare al requisito del danno grave o del pregiudizio imminente ed irreparabile. Né tale omissione significa rinvio alle regole degli Stati in materia cautelare. Infatti il presupposto del potere cautelare non è tanto la tutela di posizioni soggettive quanto la tutela dell’effettività del diritto comunitario e dunque la tutela della libera concorrenza» (MORBIDELLI G., Note introduttive sulla direttiva ricorsi, cit., 844). Peraltro la necessaria verifica della sussistenza del pericolo di un pregiudizio grave ed irreparabile, oltre a corrispondere ai principi generali sulla tutela cautelare accolti in tutti gli ordinamenti degli Stati membri, costituisce una componente essenziale del modello comunitario di tutela cautelare. In particolare nella sua dimensione relazionale con gli altri interessi coinvolti nella fattispecie, rispetto ai quali il legislatore comunitario prevede una valutazione comparativa. Nelle procedure di aggiudicazione, la verifica della sussistenza di un interesse specifico dell’operatore economico che chiede i provvedimenti cautelari, sarebbe forse stata superflua se l’interesse dell’amministrazione aggiudicatrice e dell’impresa aggiudicataria fosse stato oggetto di specifica considerazione da parte del legislatore con la fissazione di un limite massimo all’efficacia dei provvedimenti provvisori.

[52] Cass., sez. I, 29 gennaio 1999, n. 782, in Famiglia e diritto, 1999, 295; Cass., sez. I, 29 aprile 1991, n. 4722 in Nuova giur. civ. commentata, 1992, I, 870. La natura cautelare dell'ordinanza presidenziale ex art. 708 c.p.c. è stata ripetutamente affermata in giurisprudenza (Cass. sez. I, 18 settembre 1991 n. 9728, Giust. civ. Mass., 1991 e più recentemente Trib. Taranto, 8 marzo 1999, in Famiglia e diritto, 1999, 376) e da una parte della dottrina (ex multis Dini - Mammone, I provvedimenti d'urgenza nel diritto processuale civile e nel diritto del lavoro, Milano, 1997, 116 ss. contra Valitutti, Le ordinanze provvisoriamente esecutive, cit., 357 s. ove ult. riff.)

[53] Paleologo G., Il giudizio cautelare amministrativo, cit., 276; Follieri E., Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, cit., 64. In giurisprudenza, Cons. Stato, 20 aprile 1985 n. 240, in Foro it, 1987, III, 522; T.A.R. Umbria, 8 ottobre 1982 ord. n. 145 e T.A.R. Campania, 26 marzo 1981 ord. n. 26 , ivi, 1984, III, 107; T.A.R. Liguria, 12 marzo 1987 ordd. nn. 255 e 256, ivi, 1987, III, 341. La considerazione dell’interesse pubblico da parte del giudice amministrativo non si risolve in una valutazione di «opportunità» in esito alla quale la misura cautelare è pronunciata in quanto se ne valuti l’utilità per l’interesse pubblico, come si sosteneva in passato con riguardo alla nozione di «gravi ragioni» contenuta nell’art. 12 della l. 31 maggio 1889 n. 5992, BONAUDI, Della sospensione degli atti amministrativi, Torino, 1908, 84.

[54] Corte cost., 25 maggio 1989 n. 295, in Foro it., 1989, I, 2391, e più recentemente Pretura Vercelli, 25 novembre 1993, in Giur. it., 1994, I, 2, 535; Pretura Catania, 31 agosto 1992, in Foro it., 1993,I, 584

[55] Arieta, Intervento, in La tutela d'urgenza, Bologna, 1986, 123 ss. (129).

[56] Su tali effetti dell'ordinanza di remand, cfr. per tutti Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 299.

[57] cfr. supra

[58] Nella decisione n. 6 del 1982 l’Adunanza Plenaria, chiamata a pronunciarsi sulla questione dell’esecuzione delle ordinanze cautelari, ha riconosciuto che «allorquando l’ordinanza di sospensione non sia per se stessa sufficiente a garantire l’effettività della tutela dell’interesse fatto valere dal ricorrente [...] l’interessato ben può adire nuovamente il giudice chiedendo l’emanazione dei provvedimenti ritenuti idonei (e consentiti dal sistema) per assicurare l’esecuzione della sospensione». Individuato nel giudizio di ottemperanza il luogo di definizione della controversia e premessa la natura giurisdizionali dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione costitutivi, certificativi e dichiarativi dell’obbligo dell’amministrazione, il Collegio conclude che «analoghi poteri ben possono essere riconosciuti al giudice amministrativo in sede di procedimento cautelare, sia per la già ritenuta natura decisoria dell’ordinanza di sospensione (Ad. plen., 20 maggio 1978 n. 1), sia per la medesimezza dell’attività (e dell’organo) decisionale che - con la sola limitazione temporale degli effetti prodotti - deve potersi esplicare in ogni caso nella pienezza delle proprie attribuzioni», Cons. St., ad. plen., 27 aprile 1982 n. 6, cit. Nella decisione n. 14 del 1983 l'Adunanza Plenaria precisa che «quando gli effetti “caducatori” non siano sufficienti a tutelare in via cautelare l’interesse del ricorrente, l’effettività della tutela interinale può essere realizzata anche mediante strumenti diversi e ampiamente eccedenti al pura e semplice paralisi degli effetti formali dell’atto impugnato. Tra gli strumenti risulta in primo luogo la possibilità di imporre all’amministrazione la tenuta di certi comportamenti necessari per la realizzazione della tutela giurisdizionale», Cons. Stato., ad. plen., 1 giugno 1983 n. 14, cit. Infine nella decisione n. 17 del 1984 si è individuato nel giudizio di ottemperanza il secondo termine della relazione tra giudizio cautelare e giudizio principale, sottolineando che «il principio di effettività della tutela giurisdizionale postula la piena coincidenza, di contenuti ed ambiti di efficacia, tra provvedimenti attuativi dell’ordinanza cautelare e provvedimenti adottati dal giudice in sede esecutiva del giudicato di annullamento», Cons. Stato, ad. plen. 5 settembre 1984 n. 17, cit.

[59] Corte Cost., 12 dicembre 1998, n. 406, cit.

[60] Saporito, decreti ingiuntivi nella giustizia amministrativa, in Sospensive, 13878.

[61] Consiglio Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 222, cit.

[62] Chabanol, Art. 700, référé-provision: du nouveau dans la juridiction administrative, in Gaz. Pal., 1988, doctr., 651

[63] v. per tutti Debbasch C. - Ricci J-C., Contentieux administratif, 5 ed., Paris, 1990, 487 ss.; Chapus R., Droit du contentieux administratif, 5 ed., Paris, 1995, 1019 ss.


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