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n. 7-8/2005 - ©
copyright
ALESSANDRA PRETI * e ANDREA FERRUTI **
Il bilancio degli enti pubblici non
economici (che svolgono
anche attività commerciali) dopo la riforma societaria e
fiscale
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Sommario: 1. Quadro di riferimento; 2. Reddito civilistico e reddito fiscale: principali differenze; 3. Evidenziazione delle imposte differite ed anticipate nei documenti di bilancio; 4. Operazioni da compiere: simulazioni; 5. Il modello EC dell’Unico 200; 6. Rilevanza della riforma per gli enti pubblici non commerciali; Appendice 1 – Differenze temporanee di imposta e registrazioni contabili.
Nel riformare la disciplina delle società di capitali, il decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 6 [1], emanato in attuazione della legge 3 ottobre 2001 n. 366 [2], ha introdotto alcune novità anche in tema di bilancio che, dal 1° gennaio 2004, sono entrate in vigore. In particolare, è stato abrogato il secondo comma dell’art. 2426 cod. civ. che, come noto, prevedeva la possibilità di contabilizzare nel conto economico poste rilevanti solo a fini contabili ma che non erano giustificate dal punto di vista civilistico. Il bilancio, infatti, deve rappresentare la situazione veritiera e corretta della situazione economica dell’ente, indipendentemente dalle norme fiscali (cosiddetto disinquinamento del bilancio) [3] che possono determinare interferenze sul bilancio civilistico.
Le modifiche apportate sono rilevanti non solo in ambito privatistico, ma anche in ambito pubblico; molti enti pubblici non commerciali infatti, prevedono nei loro atti costitutivi o statuti la redazione di conti economici sulla base delle regole civilistiche. Occorre rilevare, inoltre, che spesso tali enti svolgono anche una vera e propria attività commerciale (come ad esempio, gli enti di ricerca) per la cui gestione viene attivata una contabilità separata ai fini della detrazione dell’Iva sugli acquisti destinati all’attività commerciale. Ne consegue che la corretta applicazione della normativa fiscale produce effetti anche per la determinazione del reddito imponibile dell’attività commerciale [4].
Come si vedrà meglio nel corso del presente contributo, le imposte sul reddito dell’esercizio sono assimilabili agli altri costi che l’impresa sostiene per la produzione del reddito e, come tali, devono essere contabilizzati nello stesso esercizio in cui sono stati registrati i costi e i ricavi cui tali imposte si riferiscono, indipendentemente dalla data di pagamento delle medesime.
Parallelamente, per consentire comunque al soggetto contribuente di avvalersi dei benefici derivanti dalla normativa fiscale, è stata modificata anche la normativa fiscale che subordinava la deducibilità fiscale dei costi all’imputazione degli stessi al conto economico (art. 75, comma 4, del vecchio T.U.I.R.) attenuando così la portata di tale principio. L’articolo 109, comma 4, lettera b), secondo periodo, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, così come modificato del d.lgs. 12 dicembre 2003 n. 344 [5], prevede oggi la possibilità di dedurre dal reddito imponibile ammortamenti, accantonamenti e rettifiche di valore non imputati al conto economico. Sostanzialmente viene consentito il riconoscimento in sede di dichiarazione dei redditi di alcuni componenti negativi di reddito indipendentemente dalla loro imputazione a conto economico, a condizione che gli stessi siano indicati in un apposito prospetto (Quadro EC dell’Unico 2005 [6]). Per gli altri componenti negativi di reddito permane, comunque, obbligo della preventiva imputazione al conto economico dell’esercizio di competenza.
Occorre infine segnalare che, accanto alla possibilità di deduzione extracontabili delle componenti negative di reddito, la normativa fiscale prevede un regime di sospensione d’imposta sugli utili e sulle riserve di patrimonio netto in modo da evitare il rischio di distribuzione di utili non tassati per un importo corrispondente agli importi dedotti extracontabilmente.
I differenti criteri sui quali si basa la normativa fiscale rispetto a quella civilistica generano una differenza tra il reddito civilistico e il reddito fiscale; di conseguenza, in sede di dichiarazione dei redditi, l’ammontare delle imposte dovuto non coincide con l’ammontare delle imposte di competenza dell’esercizio. Queste differenze possono essere di natura permanente o temporanea.
Le differenze permanenti derivano da differenze tra reddito d’esercizio e reddito fiscale che sorgono in un determinato esercizio e non producono effetti negli esercizi successivi, connesse a costi non deducibili o ricavi non imponibili. Alcuni esempi sono:
- la deducibilità delle spese di rappresentanza limitata ad un terzo dell’ammontare complessivo dei costi sostenuti;
- la quota non deducibile dei costi di esercizio delle autovetture aziendali e degli ammortamenti;
- la quota non deducibile dei telefoni cellulari aziendali.
In questo caso non si verifica un differimento o un anticipo di imposta recuperabile successivamente, ma solo un maggior o minore costo nell’esercizio per imposte rispetto a quanto civilisticamente determinato [7].
Le differenze temporanee, invece, derivano da differenze tra criteri di valutazione civilistica e fiscale che sorgono in un esercizio e che sono destinati ad annullarsi degli esercizi successivi. In questi casi alcuni elementi di costo o di ricavo concorrono a formare il reddito civilistico in un periodo diverso da quello nel quale concorrono a formare il reddito fiscale. A loro volta, le differenze temporanee si distinguono in:
- differenze temporanee tassabili (attive) che consentono di spostare una parte del reddito imponibile agli esercizi futuri. In questo caso il reddito civilistico e le conseguenti imposte di competenza sono maggiori del reddito fiscale (e quindi delle imposte dovute). Le imposte di competenza, infatti, comprendono anche la quota che viene differita al futuro (imposte differite) che rappresenta un costo presunto, già economicamente maturato ma con manifestazione finanziaria futura [8];
- differenze temporanee deducibili (passive): si riferiscono a norme che aumentano l’imponibile dell’esercizio. In questo caso il reddito civilistico e le imposte di competenza sono minori del reddito fiscale e delle imposte dovute che comprendono anche le imposte anticipate. Queste ultime rappresentano costi con manifestazione finanziaria anticipata, non ancora maturati dal punto di vista economico. Le differenze temporanee deducibili (imposte anticipate) possono derivare:
- da limitazioni alla deducibilità di accantonamenti a fondi del passivo e per rettifiche di valore [9];
- dalla deducibilità parzialmente differita di alcuni oneri e spese [10];
- dalla deducibilità facoltativamente differita di alcuni costi [11];
- dalla deducibilità di alcuni costi secondo il principio di cassa anziché secondo il criterio della competenza [12];
- dal riporto a nuovo di perdite fiscali.
Per la loro natura, le imposte differite ed anticipate debbono essere adeguatamente registrate in contabilità ed evidenziate nei documenti contabili.
Al riguardo si segnala che il d.lgs. 6/2003 ha modificato anche gli articoli 2424 (Stato patrimoniale), 2425 (Conto economico) e 2427 (nota integrativa) del codice civile prevedendo l’inserimento o l’integrazione di alcune voci. In particolare, sono state disposte le seguenti modificazioni
- attivo dello stato patrimoniale: nella voce CII (crediti) sono state inserite le voci crediti tributari (voce 4-bis) e imposte anticipate [13] (voce 4 ter);
- passivo dello stato patrimoniale: la voce B2 fondi rischi ed oneri è stata integrata con l’indicazione degli oneri futuri per imposte, anche differite;
- conto economico: la voce 22, imposte sul reddito d’esercizio, è stata integrata con l’indicazione delle imposte correnti, di quelle differite e di quelle anticipate;
- nota integrativa: è stato completamente modificato il punto 14 che prevede la redazione di un prospetto che, ora, deve contenere le seguenti informazioni:
“a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite e anticipate, specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse dal computo e le relative motivazioni;
b) l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio, attinenti a perdite d’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione, l’ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione”.
Queste modifiche consentono di evidenziare nel bilancio il carico fiscale effettivamente di competenza dell’esercizio finanziario, cosa che, per altri versi, non sarebbe possibile se nel bilancio fossero registrate solo le imposte correnti corrispondenti a quelle evidenziate nella dichiarazione dei redditi.
La rilevazione delle imposte differite [14],consente, infatti, di evidenziare la quota di imposta di competenza dell’esercizio, che non viene pagata nell’esercizio in applicazione della normativa fiscale che consente la detrazione di costi non giustificati civilisticamente (es. ammortamenti anticipati). Questa imposta sarà pagata successivamente quando l’effetto temporaneo della differenza tra valutazione civilistica e fiscale verrà meno (ad esempio quando il bene sarà completamente ammortizzato per il fisco ma non per il bilancio).
La rilevazione delle imposte anticipate [15], invece, consente di rilevare in bilancio le maggiori imposte che si pagano nell’esercizio in attuazione della normativa fiscale che non ammette la deduzione di alcuni costi, ma che sono di competenza economica di esercizi futuri e non di quello in corso (ad esempio, la ripresa a tassazione delle manutenzioni ordinarie eccedenti il 5% del valore dei cespiti ammortizzabili).
Le imposte differite e anticipate si contabilizzano, quindi, in presenza di un diverso riconoscimento civilistico di un costo o di un ricavo o del valore di un’attività o di una passività rispetto alle disposizioni fiscali. Si tratta quindi di differenze tra il risultato ante imposte civilistico ed il reddito imponibile che si originano in un esercizio e si annullano in uno o più esercizi successivi.
Le considerazioni sin qui svolte possono, inoltre, essere meglio comprese mediante le operazioni da effettuare concretamente in caso di differenze temporanee di imposta (per le quali si rinvia all’appendice 1).
La normativa fiscale attualmente vigente subordina la deduzione dal reddito imponibile di ammortamenti, accantonamenti e rettifiche di valore non imputati al conto economico, alla compilazione di un apposito prospetto in sede di dichiarazione dei redditi: il prospetto EC dell’Unico 2005. Il prospetto, che riporta le medesime informazioni che debbono essere fornite nella nota integrativa, si compone di quattro sezioni:
Sezione I: riferita agli ammortamenti (di beni materiali, impianti e macchinari, fabbricati strumentali, beni immateriali, avviamento);
Sezione II: riferita alle altre rettifiche (opere e servizi ultrannuali, titoli obbligazionari e similari, partecipazioni immobilizzate, partecipazioni del circolante);
Sezione III: riferita agli accantonamenti (fondi rischi e svalutazioni crediti, fondo spese lavori ciclici, fondo spese ripristino e sostituzioni, fondo operazioni e concorsi a premio, fondo per imposte deducibili).
Sezione IV: riferita ai totali complessivi, alle imposte differite e alle riserve.
Per ciascuna delle prime tre sezioni, occorre riportare, per ogni categoria:
a) l’eccedenza pregressa: l’ammontare progressivo di quanto dedotto in più, negli anni, rispetto a quanto imputato a conto economico;
b) eccedenza di periodo: il maggiore importo riconosciuto in detrazione nell’anno rispetto a quanto imputato a conto economico;
c) decrementi: i maggiori costi la cui deducibilità è stata fiscalmente anticipata extracontabilmente in applicazione della normativa fiscale;
d) valore civile: il valore contabile dei cespiti e dei fondi;
e) valore fiscale: il valore dei cespiti e dei fondi determinati applicando la normativa fiscale.
La quarta sezione riporta il totale degli effetti di quanto indicato nelle sezioni precedenti ed in particolare:
- nel rigo EC 18 si riporta la somma dei righi precedenti;
- nel rigo EC 19, prima colonna, si riporta la somma delle eccedenze extracontabili derivanti dagli anni precedenti e dall’anno in corso, al netto dei decrementi;
- nel rigo EC 19, seconda colonna, si riporta l’ammontare delle imposte differite relative alle eccedenze complessive indicate nella colonna 1 (applicando l’imposta del 33%);
- nel rigo EC 19, terza colonna, si riporta l’ammontare complessivo delle riserve (con esclusione di quella legale) e gli utili portati a nuovo.
Le considerazioni svolte nel paragrafo 1 circa la problematica del disinquinamento fiscale del bilancio dell’attività commerciale eventualmente svolta da enti pubblici non economici consentono, quindi, di evidenziare qui di seguito talune ipotesi in cui si registrano le maggiori differenze tra reddito civilistico e fiscale ed il relativo trattamento.
Rispetto ai casi individuati nel paragrafo 4 e nell’appendice 1 dai quali possono sorgere delle differenze tra risultato civilistico e fiscale, si rileva che in genere gli enti pubblici non usufruiscono dei benefici fiscali per quanto riguarda, ad esempio, il calcolo di ammortamenti anticipati in quanto, rilevando spesso perdite d’esercizio, non hanno necessità di aumentare i costi d’esercizio per ridurre il carico fiscale.
Giova segnalare che per gli enti pubblici non economici la presenza o meno di perdite incide notevolmente sulle modalità di rilevazione delle imposte anticipate. Infatti, pur dovendo rispettare il principio della competenza nella determinazione delle imposte dell’esercizio, si deve anche considerare che, nel rispetto del principio della prudenza, l’iscrizione in bilancio del “ricavo” connesso alla registrazione delle imposte anticipate deve avvenire solo in caso di effettiva possibilità futura di realizzo del beneficio (ipotesi che potrebbe realizzarsi solo nel caso in cui si ipotizzino risultati positive, quindi, materia imponibile nei successivi esercizi). In caso di ripresa a tassazione di manutenzioni e riparazioni eccedenti il 5%, ad esempio, è quindi possibile, oltreché corretto, che gli enti pubblici non effettuino la registrazione contabile delle imposte anticipate se non si ritiene possibile un futuro recupero delle stesse.
Un discorso a parte, anche se strettamente collegato con quest’ultimo aspetto, riguarda il trattamento delle perdite dell’esercizio e di quelle pregresse. La nuova disciplina codicistica prevede, come già evidenziato in precedenza, la redazione, in nota integrativa, di un prospetto indicante le imposte anticipate iscritte in attivo derivanti da perdite dell’esercizio o di esercizi precedenti ed i motivi dell’iscrizione, ovvero l’indicazione di quanto non iscritto con la relativa motivazione. Ciò al fine di perseguire, oltre al principio della competenza, anche quello della prudenza nella rilevazione delle imposte anticipate.
L’articolo 84 del Tuir dispone, infatti, che le perdite fiscali che si rilevano in un esercizio sono compensabili con i redditi imponibili degli esercizi futuri, ma non oltre il quinto. Conseguentemente, nel rispetto del principio della competenza, la rilevazione del beneficio futuro connesso al minore pagamento delle imposte negli esercizi nei quali ci sarà materia imponibile, dovrebbe essere registrato nell’esercizio in cui si manifesta la perdita fiscale stessa. Il principio della prudenza impone, quindi, di effettuare tale rilevazione solo in condizioni di ragionevole certezza sul realizzo futuro del beneficio.
Per le stesse motivazioni addotte per le manutenzioni ordinarie, se un ente pubblico ritiene che non ricorrano i presupposti per ipotizzare futuri ricavi imponibili ai quali applicare il beneficio derivante dalla rilevazione delle imposte anticipate connesse alle perdite fiscali, non dovrebbe procedere all’imputazione in bilancio del “ricavo” e del correlativo “credito” nei confronti dell’Erario.
Ricavi da bilancio € 100
Costi da bilancio € 50
Utile civilistico € 50
Imposte di competenza sul reddito d’esercizio (30%) 15
Ipotizziamo che l’impresa (nel nostro caso, l’ente pubblico non economico) decida di calcolare ammortamenti anticipati per € 20 ed abbia contabilizzato oneri per manutenzioni e riparazioni non deducibili fiscalmente per € 10 (che saranno riprese in quote costanti nei quattro esercizi successivi, per un ammontare di € 2,5 annui)
Il reddito fiscale sarà così determinato:
Ricavi da bilancio € 100
Costi da bilancio € 50
+ Ammortamenti anticipati € 20
- Manutenzioni non deducibili € 10
Totale costi ammessi fiscalmente € 60
Utile fiscale € 40
Imposte correnti da pagare (30%) € 12
Analizziamo le scritture contabili da effettuare per il calcolo degli importi da riprendere a tassazione nel prospetto del Modello Unico 2005.
1) Ammortamenti anticipati
Considerato che le variazioni in diminuzione del reddito hanno natura temporanea[16], il principio di competenza impone di imputare al conto economico del primo esercizio l’intera imposta di competenza del periodo. Questo valore comprende anche le imposte il cui versamento è differito agli anni in cui saranno iscritti in bilancio componenti negativi non deducibili fiscalmente. In questo caso le imposte differite ammontano ad € 6 (30% di 20). Il relativo importo sarà accantonato in un apposito fondo del passivo.
La scrittura contabile, pertanto, sarà:
Imposte differite a Fondo imposte differite 6
(voce 22 conto economico) (voce B2 passivo stato patrimoniale)
2) Manutenzioni ordinarie eccedenti
La quota di manutenzioni ordinarie fiscalmente non deducibile comporta una ripresa temporanea a tassazione di un costo, con la conseguente nascita di una sorta di “credito” della società (nel nostro caso, l’ente pubblico non economico) nei confronti del Fisco che recupererà nei 4 anni successivi e la necessità di rettificare le imposte dell’esercizio per la quota di imposte che si sta versando in anticipo ma che non è di competenza economica dell’esercizio. In questo caso le imposte anticipate ammontano ad € 3 (30% di € 10) e la relativa scrittura contabile è la seguente:
Imposte anticipate a Imposte anticipate 3
(voce CII, numero 4-ter dell’attivo dello Stato patrimoniale) (Voce 22 del conto economico)
3) Registrazione delle imposte da pagare nell’esercizio
Sulla base del Modello Unico saranno determinate le imposte da versare che saranno registrate nel seguente modo:
Imposte correnti a Debiti tributari 12
(voce 22 del conto economico) (voce D11 del passivo dello Stato patrimoniale)
Per effetto delle registrazioni indicate, le imposte di competenza sono così determinate:
Imposte correnti (versate) € 12
+ Imposte differite € 6
- Imposte anticipate € 3
Totale imposte di competenza dell’esercizio € 15
Analizziamo, ora, cosa occorre registrare nell’esercizio successivo in cui vengono meno gli effetti temporanei del differimento e dell’anticipo della tassazione. Ipotizziamo gli stessi livelli di costi e di ricavi indicati in precedenza.
Ricavi da bilancio € 100
Costi da bilancio (comprensivi di ammortamento di € 20
del bene sul quale sono stati calcolati ammortamenti anticipati) € 50
Utile civilistico € 50
Imposte di competenza sul reddito d’esercizio (30%) € 15
Il reddito fiscale sarà così determinato:
Ricavi da bilancio € 100
Costi da bilancio € 50
- Ammortamenti non riconosciuti in quanto
fiscalmente calcolati anticipatamente € 20
+ quota costante della manutenzione deducibile
nei cinque esercizi successivi € 2
Totale costi ammessi fiscalmente € 32
Utile fiscale € 68
Imposte correnti da pagare (30%) € 20,4
Le scritture contabili per rilevare il venir meno totale (per gli ammortamenti) o parziale (per le manutenzioni) delle differenze di imposta sono le seguenti:
1) Ammortamenti
Occorre registrare lo storno del fondo imposte differite precedentemente creato e la correlata rettifica delle imposte che sono versate nell’esercizio ma di competenza di esercizi pregressi.
Fondo imposte differite a imposte differite 6
(voce B2 passivo stato patrimoniale) (voce 22 del conto economico)
2) Manutenzioni e riparazioni
In questo caso l’utile civilistico, è maggiore di quello fiscale in quanto la quota di costo è deducibile fiscalmente ma non civilisticamente (in quanto il costo è già stato imputato per intero lo scorso esercizio) Si dovrà quindi registrare, con segno positivo nel conto imposte anticipate, l’incremento degli oneri per imposte dell’esercizio e contemporaneamente lo storno del “credito” per imposte anticipate rilevato lo scorso esercizio.
Imposte anticipate a Imposte anticipate 0,6
(voce 22 del conto economico) (voce CII, numero 4-ter dell’attivo dello Stato patrimoniale)
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3) Registrazione delle imposte da versare
Imposte correnti a Debiti tributari 20,4
(voce 22 del conto economico) (voce D11 del passivo dello Stato patrimoniale)
Le imposte di competenza dell’esercizio saranno quindi:
imposte correnti versate 20,4
+ storno delle imposte anticipate
connesse alle manutenzioni 0,6
- storno delle imposte differite 6,00
Imposte di competenza dell’esercizio 15,00
In estrema sintesi, la voce 22 del conto economico “Imposte sul reddito dell’esercizio” del bilancio è formata dai seguenti sottoconti:
1) imposte correnti: rappresentate dalle imposte fiscalmente dovute;
2) imposte anticipate: rappresentate dalla somma delle imposte anticipate sorte nell’esercizio al netto di quelle sorte negli esercizi precedenti e annullate nell’esercizio. Se il valore è positivo, il saldo delle imposte anticipate deve essere decurtato dalle imposte sul reddito in quanto rappresentano imposte non di competenza dell’esercizio; pertanto esse dovranno essere indicate col segno meno tra le imposte sul reddito;
3) imposte differite: rappresentate dalla somma delle imposte differite sorte nell’esercizio decurtate di quelle sorte negli esercizi precedenti e annullate nell’esercizio.
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* Dirigente dell’Istituto Nazionale di Statistica – ISTAT – Ufficio Bilancio ha curato la stesura dei paragrafi da 2 a 5 e dell’appendice 1.
** Avvocato del Foro di Roma ha curato la stesura del paragrafo 1.
[1] “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366”.
[2] “Delega al governo per la riforma del diritto societario”.
[3] L’articolo 6, comma 1, lettera a) della legge delega per la riforma del diritto societario n. 366/2001 ha imposto al legislatore delegato di “eliminare le interferenze prodotte nel bilancio dalla normativa fiscale sul reddito d’impresa anche attraverso la modifica della relativa disciplina e stabilire le modalità con le quali, nel rispetto del principio di competenza, occorre tenere conto della fiscalità differita”.
[4] Del resto, l’art. 13, comma 1, lettera o), decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419, recante “Riordino del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, prevede per tali enti la facoltà di adottare regolamenti di contabilità ispirati a principi civilistici con la possibilità, altresì, di eventuali deroghe alla normativa di contabilità pubblica.
[5] Il decreto è stato emanato in attuazione della legge delega di riforma del sistema fiscale 7 aprile 2003 n. 80. Questa legge prevede come principi direttivi la “deducibilità delle componenti negative di reddito forfetariamente determinate, quali le rettifiche dell’attivo e gli accantonamenti a fondi, indipendentemente dal transito a conto economico al fine di consentire il differimento d’imposta anche se calcolate in sede di destinazione dell’utile…” nonché la “previsione dei necessari meccanismi per il recupero delle imposte differite” [cfr. art. 4, comma 1, lettera i)].
[6] Si veda il successivo paragrafo n. 5
[7] Nel caso in cui il reddito prima delle imposte sia più elevato rispetto al reddito imponibile avremmo delle differenze permanenti positive, ne sono esempi:
- i versamenti a fondo perduto o in conto capitale dei soci (art. 88, comma 4, Tuir);
- i redditi degli immobili non strumentali nel caso in cui il reddito effettivo sia superiore alla rendita catastale (art. 90, comma 1 del Tuir);
- proventi non computabili nella determinazione del reddito fiscale ma solo in quello civilistico (art. 91 del Tuir),
- i dividendi da società di capitale (art. 89, comma 2 del Tuir).
Quando, invece, il reddito prima delle imposte sia meno elevato rispetto al reddito fiscale, avremmo delle differenze permanenti negative, ne sono esempi:
- le spese relative ai beni immobili non strumentali per l’esercizio dell’impresa (Art. 90, comma 2 del Tuir);
- le spese di vitto e alloggio eccedenti i limiti fiscali (art. 95, comma 3 del Tuir);
- oneri di utilità sociale eccedenti i limiti fiscali (art. 100, comma 4 del Tuir);
- perdite su crediti non risultanti da elementi certi (art. 101, comma 5 del Tuir);
- spese di rappresentanza oltre il terzo ammesso in deduzione (art. 108, comma 2 Tuir).
[8] Più in dettaglio, le differenze temporanee tassabili (imposte differite) derivano:
- dal rinvio della tassazione di componenti positivi di reddito a esercizi successivi a quello in cui sono iscritti nel conto economico. Ne sono un esempio le plusvalenze realizzate su beni che sono stati posseduti per un periodo superiore a tre anni per le quali l’impresa abbia optato per la tassazione in quote costanti in un periodo compreso tra due e cinque esercizi (art. 86, comma 4 del Tuir);
- dalla deduzione di componenti negativi di reddito in esercizi precedenti a quello in cui saranno iscritti nel conto economico. Ne sono esempi:
a) gli ammortamenti anticipati (art. 102, comma 3 del Tuir), quando non sono giustificati civilisticamente;
b) gli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali inferiori all’importo massimo deducibile;
c) gli accantonamenti rilevanti fiscalmente inferiori al livello massimo deducibile.
[9] Ne sono esempi:
- la svalutazione dei crediti (art. 106, comma 1 del Tuir);
- l’ammortamento dei beni materiali, immateriali e dell’avviamento (artt. 102, comma 2 e 103, commi 1 e 2 del Tuir);
- gli oneri derivanti da operazioni a premio e concorsi a premio (art. 107, comma 3 del Tuir);
- gli altri accantonamenti non previsti da norme tributarie (art. 107, comma 4 del Tuir).
[10] Ne sono esempi:
- le la quota di spese di manutenzioni contabilizzate nel conto economico eccedenti il 5% del costo valore dei beni materiali ammortizzabili deducibili in quote costanti nei cinque esercizi successivi al sostenimento (art. 102, comma 6 del Tuir);
- le spese di rappresentanza relativamente a quel terzo di esse che è deducibile in cinque esercizi anziché in quello di sostenimento (art. 108, comma 2, del Tuir).
[11] Ne sono esempi:
- le spese relative a studi e ricerche che possono essere facoltativamente dedotte in quote costanti nell’esercizio di sostenimento e nei successivi ma non oltre il quarto, invece che interamente nell’esercizio in cui sono state iscritte nel conto economico (art. 108, comma 1 del Tuir);
- le spese di pubblicità e propaganda, che possono essere facoltativamente dedotte in quote costanti nell’esercizio di sostenimento e nei quattro successivi, invece che interamente nell’esercizio in cui sono state iscritte nel conto economico (art. 108, comma 2 del Tuir).
[12] Ne sono esempi:
- i compensi spettanti agli amministratori che sono deducibili nell’esercizio di pagamento anziché in quello in cui sono maturati (art. 95, comma 6 del Tuir);
- le imposte, diverse da quelle sui redditi e da quelle per le quali è ammessa la rivalsa, che sono deducibili nell’esercizio del pagamento anziché in quello in cui sorge il debito fiscale (art. 99, comma 1 del Tuir).
[13] Si segnala che la denominazione esatta della voce non è “crediti per imposte anticipate” ma “imposte anticipate” in quanto non sussiste il diritto ad esigere un determinato ammontare dall’Erario.
[14] Principio contabile nazionale emanato dall’Ordine dei dottori commercialisti n. 25, sostanzialmente in linea con quanto enunciato nel principio contabile internazionale n. 12.
[15] Vedi nota precedente.
[16] Esse, infatti, sono destinate ad essere riassorbite e compensate in esercizi successivi da variazioni in aumento del reddito imponibile di pari entità, mano a mano che gli ammortamenti civilistici proseguiranno ma non saranno più deducibili a fini tributari