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MARIO PISCHEDDA
(Procuratore Regionale della Corte dei Conti
presso la Sezione Piemonte della Corte dei Conti)
Inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti - Sezione Piemonte
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Sommario: Saluti ed introduzione; La giurisdizione contabile e le sue problematiche; Il giudizio di conto; Il giudizio di responsabilità; Novità legislative e giurisprudenziali; Attività della Sezione giurisdizionale; Contenzioso pensionistico; Contenzioso contabile; Attività della procura; Conclusione.
Sig. Presidente, illustrissime Autorità, Signore e Signori, prima di iniziare la lettura della relazione predisposta per questa solenne cerimonia, desidero porgere, a nome dei magistrati e del personale di tutti gli uffici della Corte, il più deferente e sentito ringraziamento a tutte le autorità presenti, che, accogliendo l’invito, onorano con la loro partecipazione la magistratura contabile.
Desidero anche formulare, a nome della procura regionale un rispettoso saluto al nostro organo di autogoverno, ai rappresentati delle amministrazioni locali, ai colleghi delle altre magistrature, ordinaria, militare ed amministrativa, ed agli esponenti dell’avvocatura che svolgono la loro attività innanzi alla nostra giurisdizione ed appartenenti sia al libero foro, sia agli uffici legali operanti presso le pubbliche amministrazioni, in primis l’avvocatura dello Stato.
Porgo, anche, il più sincero benvenuto ai colleghi consiglieri Gianfranco Battelli e Romano Di Giacomo, che sono stati assegnati alla sezione regionale di controllo, ai referendari. Tommaso Parisi e Luigi Gili, assegnati alla sezione giurisdizionale ed Antonio Trocino, in servizio presso l’ufficio di Procura.
Desidero anche salutare con affetto ed amicizia i colleghi Paolo Maddalena e Massimo Vari: il primo eletto giudice della Corte costituzionale, in sostituzione del secondo, rientrato nei ruoli della Corte, dove svolge importanti compiti di coordinamento nel settore del controllo.
Infine, desidero salutare e ringraziare tutti coloro che ci consentono di operare al meglio nell’arduo compito di amministrare la giustizia nello specifico settore di nostra competenza: innanzi tutto, il personale amministrativo la cui collaborazione è preziosa ed indispensabile. Non è superfluo ricordare come senza personale l’attività dei magistrati sarebbe impossibile, e ciò è più evidente nell’ufficio di procura dove, oltre all’attività tipicamente amministrativa, il personale svolge anche un’intensa e qualificata opera di collaborazione diretta con i magistrati.
Preziosa ed insostituibile è stata la collaborazione della Guardia di Finanza ed in specie del nucleo accertamento danni erariali. Nel corso del 2002 i militari del nucleo hanno brillantemente portato a termine complesse indagini che hanno determinato l’accertamento di danni erariali d’importo rilevante, con la conseguente emissione di inviti a dedurre.
Altrettanto preziosa è stata la collaborazione offerta dall’Arma dei Carabinieri, tramite i singoli Comandi Provinciali, attivamente impegnati nello svolgimento di indagini, supporto indispensabile per un ufficio di procura con competenza estesa a tutto il territorio regionale.
Un sentito ringraziamento, infine, anche agli insigni cattedratici di materie giuridiche ed economiche, per l’attenzione che dedicano, soprattutto nella didattica, al nostro istituto, consentendone così una maggiore conoscenza tra i giovani.
* * *
Nella relazione di quest’anno mi asterrò, volutamente, dall’esaminare problemi diversi da quelli inerenti la giurisdizione contabile. Tale decisione è stata determinata dalla circostanza che a breve il Parlamento sarà chiamato a decidere il futuro assetto della Corte dei conti, relativamente all’esercizio della funzione di controllo.
Mi riferisco in particolare al disegno di legge AS n 1545, meglio noto come disegno di legge La Loggia, contenente disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n 3, il cui articolo 6, almeno nella versione approvata dalla commissione, contiene disposizioni che interessano la Corte, e precisamente (1):
La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, secondo i principi del controllo successivo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni (comma 4).
Ciascuna Regione può richiedere ulteriori forme di collaborazione alla sezione regionale di controllo ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri nelle materie di cui all’articolo 88 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (comma 5).
Le sezioni regionali di controllo
della Corte dei conti possono essere integrate da due componenti designati,
rispettivamente, dal Consiglio regionale e dal Consiglio delle autonomie locali,
salvo diversa previsione dello statuto della Regione, scelti tra persone che,
per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono
particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie,
giuridiche e contabili; i medesimi durano in carica 5 anni e non sono
riconfermabili. Il loro status è equiparato a tutti gli effetti, per la durata
dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri
finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto del
Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma
dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977,
n. 385. Nella prima applicazione delle disposizioni di cui al presente comma e
ai commi
A sua volta l’articolo 13 del disegno di legge AS 776, cd legge di semplificazione 2001, oltre a contenere disposizioni che modificano in parte il sistema di accesso alla magistratura contabile, al secondo comma prevede che la Corte riferisce, inoltre, su richiesta delle Commissioni parlamentari competenti nelle modalità previste dai Regolamenti parlamentari, sulla congruenza tra le conseguenze finanziarie dei decreti legislativi e le norme di copertura recate dalla legge di delega.
Ritengo che in questo frangente il silenzio costituisca da un lato manifestazione di rispetto nei confronti del legislatore e della stessa Corte dei conti, dall’altro un comportamento dovuto per evitare che eventuali e sempre possibili fraintendimenti possano turbare il clima di serenità, necessario ed indispensabile per affrontare temi così delicati.
Derogando alla regola del silenzio che mi sono appena imposto, sebbene più che di una deroga si tratti di una doverosa precisazione, desidero soltanto evidenziare che l’esigenza di rendicontare la gestione di beni non propri ha origini antichissime: è sufficiente ricordare la parabola, contenuta nel Vangelo di Luca (16, 1), dell’amministratore infedele, chiamato dal padrone a render conto della propria gestione perché accusato di sperperare i suoi averi.
In termini più laici si può dire che il controllo sulla finanza pubblica, svolto da un organo terzo ed imparziale, costituisce un principio fondamentale ed irrinunciabile della democrazia e come tale non può essere vanificato. È sempre utile ricordare che tra i diritti inviolabili dell’uomo e del cittadino, approvati nel lontano 1789 dai rivoluzionari francesi per abbattere l’assolutismo monarchico, ve n’è uno che così recita: “Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del contributo pubblico, di approvarlo liberamente, di controllarne l'impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione e la durata. La società ha il diritto di chieder conto a ogni agente pubblico della sua amministrazione”.
La giurisdizione contabile e le sue problematiche
Passando all’esame dei problemi riguardanti la giurisdizione contabile, si può senz’altro affermare che la sua riforma costituisce un’opera incompiuta.
Dopo le modifiche legislative apportate dalla legge 639 del 1996, vi è stato un lungo periodo di stasi, sicuramente influenzato dal dibattito avvenuto in seno alla commissione bicamerale, che ha bloccato il difficile compito di adattare questa delicata funzione al mutato assetto dell’amministrazione pubblica. Si tratta di una situazione di stallo dalla quale la giurisdizione contabile non può uscire da sola per la mancanza di punti di riferimento certi, che solo il legislatore può fornire.
Prima di qualsiasi intervento, tuttavia, è necessario che vengano chiariti il ruolo e la funzione del pubblico ministero contabile: si deve scegliere se esso deve essere soltanto una parte, alla quale è semplicemente attribuito il potere di azione, o se deve essere un promotore di giustizia, che non fa valere interessi particolari, ma agisce esclusivamente nell’esercizio di una funzione obiettiva e neutrale a tutela dell'interesse generale, rappresentando un interesse direttamente riconducibile all’osservanza della legge ed al rispetto dell’ordinamento giuridico, come affermato dalla costante e consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze 190 del 1970, 96 del 1975, 104 del 1989, 88 del 1991).
Si tratta della stessa questione attualmente al centro del dibattito politico, sotto il profilo della separazione delle funzioni e delle carriere dei magistrati, questione che nel processo contabile diviene particolarmente rilevante perché ne condiziona pesantemente la struttura e la stessa esistenza. Ed infatti, se il pubblico ministero contabile dovesse essere allontanato dai valori dell’imparzialità, dell’obiettività e dell’indipendenza, non sarebbe giustificata in alcun modo la permanenza in capo allo stesso della titolarità dell'azione di responsabilità, che ben potrebbe essere esercitata dalla stessa amministrazione danneggiata.
Fatta questa doverosa precisazione, mi limiterò ad indicare i problemi di carattere generale che sono stati evidenziati dall’attività svolta, precisando che le questioni segnalate non hanno carattere esaustivo dei problemi che, inutile nasconderlo, affliggono la giurisdizione contabile.
In primo luogo viene in rilievo il giudizio di conto. Quest’affermazione, probabilmente, non riscuoterà l’approvazione di molti: è convinzione diffusa, infatti, che il giudizio di conto costituisce una fastidiosa appendice della giurisdizione, un reperto di archeologia giuridica del quale liberarsi al più presto, un venerando avanzo delle antiche procedure inquisitorie. Personalmente ritengo che tale opinione non possa essere condivisa.
Va ricordato, infatti, che la prima attività giurisdizionale della Corte dei conti, talmente importante da dare la propria denominazione all’Istituto, è stata proprio il giudizio di conto. Inizialmente limitato ad un mero riscontro tra partite di entrata e di spesa e caratterizzato dai requisiti della necessarietà, della continuità e della sindacatorietà, questo giudizio nel corso degli anni si è trasformato in un controllo giurisdizionale dell’attività gestoria esercitato su quanti, per avere maneggio di denaro, di materie o di valori di pertinenza pubblica, rivestono la qualifica di agenti contabili.
A differenza del giudizio di responsabilità, che termina con l’accertamento della stessa e con la conseguente condanna, quello di conto è finalizzato ad accertare la regolarità della gestione, sicché esso si può concludere con la dichiarazione di regolarità o meno della gestione, o con la correzione dei resti, e può comportare, sempre che sia stata formulata apposita domanda dal pubblico ministero, l’accertamento della sola responsabilità contabile.
In altre parole, il giudizio di conto si configura essenzialmente come una procedura giudiziale, a carattere necessario, volta a verificare se chi ha avuto maneggio di denaro pubblico, e dunque ha avuto in carico risorse finanziarie provenienti da bilanci pubblici, è in grado di rendere conto del modo legale in cui lo ha speso, e pertanto non risulta gravato da obbligazioni di restituzione ed in ciò consiste la pronuncia di discarico (Corte costituzionale 292/2001).
La riforma del sistema dei controlli, spostando l’accento sull’intera gestione, ha comportato lo smantellamento del preesistente sistema di verifica sulla gestione degli agenti contabili. Si cita come esempio, la vicenda dei funzionari delegati dello Stato i cui rendiconti, prima obbligatoriamente sottoposti a controllo successivo sulla regolarità, adesso sono esaminati solo se, ed in quanto, confluiscono nelle gestioni inserite nel programma annuale di attività.
Da ciò discende che il giudizio di conto dovrebbe essere rivitalizzato, esaltandone la funzione di garanzia ed applicandolo a tutte le gestioni di denaro o di beni pubblici, per le quali non sono previste altre adeguate forme di verifica.
Senza dubbio, così com’è attualmente disciplinato, questo giudizio appare incomprensibile, oltre che in contrasto con i principi costituzionali.
Dal punto di vista sostanziale il crescere delle dimensioni dell’economia pubblica e l’estensione del giudizio a tutte le gestioni rendono difficoltoso l’esercizio di tale funzione, a causa dell’elevato numero di agenti contabili e della conseguente valanga di documenti che dovrebbe investire la Corte. Non è utile, né conforme ad alcun criterio di efficienza, che vengano sottoposte a controllo gestioni realmente minime (si pensi alle contabilità che spesso si risolvono nella gestione di poche centinaia di euro, quali ad esempio i proventi per il rilascio di fotocopie o per la vendita di modelli obbligatori). La modifica delle norme sostanziali, ivi comprese le regole costituzionali dell’obbligatorietà e della necessarietà, appare pertanto indispensabile per rendere effettiva questa fondamentale attività giurisdizionale.
Anche l’aspetto procedurale necessita di radicali interventi: basti dire che si tratta di un giudizio che si svolge d’ufficio, senza domanda e senza la partecipazione delle parti, che intervengono soltanto alla fine dell’istruttoria. Il pubblico ministero interviene, unicamente per esprimere il proprio parere sulle conclusioni del magistrato relatore, mentre il contabile ha notizia del processo soltanto con la comunicazione del decreto presidenziale di discarico, o con quello di fissazione dell’udienza, che solo per prassi gli viene notificato.
Il potere sindacatorio che caratterizza questo processo, l’automatica costituzione in giudizio del contabile, che avviene tramite la mera presentazione del conto, la stessa figura del magistrato relatore, dotato di ampi poteri di iniziativa, e più in generale l’intera disciplina processuale suscitano notevoli dubbi di costituzionalità, dubbi resi più marcati dai principi del giusto processo introdotti dalla riforma dell’articolo 111 della Costituzione.
Va infine rilevato che la giurisprudenza della Corte costituzionale e quella della Corte di Cassazione sono da sempre favorevoli al giudizio di conto.
Ancora di recente, confermando principi consolidati, la Corte costituzionale (sentenza 292 del 2001) ha ribadito l’applicabilità in linea di principio del giudizio di conto ad ogni gestione pubblica. Il giudice delle leggi, risolvendo un conflitto di attribuzione, ha affermato che spetta alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, il potere di fissare all’agente contabile del Consiglio Regionale, un termine per la presentazione del conto, presupposto indispensabile per instaurare il relativo giudizio. In particolare la Corte costituzionale ha precisato che l’obbligo di resa del conto e le eventuali responsabilità connesse, riguardano semplici operazioni finanziarie e contabili, e quindi, anche se facessero capo a componenti del Consiglio, non ricadrebbero nell’ambito della prerogativa dell’insindacabilità, non sostanziandosi nell’espressione di voti e di opinioni.
La circostanza che nei giudizi di conto possano innestarsi, ovvero dalle risultanze di essi prendere spunto, eventuali giudizi di responsabilità amministrativa, ha precisato il giudice delle leggi, è evenienza ulteriore ed eventuale. Solo nel momento in cui dovessero attivarsi tali responsabilità in sede giudiziale, si porrebbe il problema di distinguere tra atti che, per essere frutto di voti ed opinioni espresse dai componenti del Consiglio nell'esercizio delle loro funzioni, possano risultare coperti dall’insindacabilità, ed atti (od omissioni) estranei a tale prerogativa.
La Cassazione, a sua volta, ha riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti anche nelle ipotesi in cui il maneggio di denaro pubblico avviene da parte di banche o di S.p.A. private (sentenza n 12367 del 2001). Ribadendo una consolidata giurisprudenza, le sezioni unite hanno affermato che la qualità di agente contabile è assolutamente indipendente dal titolo giuridico in forza del quale il soggetto, privato o pubblico, ha maneggio del pubblico denaro. Essenziale è invece che vi sia una relazione tra l’ente e tale soggetto, a seguito della quale la percezione del denaro avvenga in funzione della sua pertinenza all’amministrazione, essendo ciò in perfetta armonia con l’articolo 103 della costituzione.
Queste sentenze mostrano la profonda differenza esistente tra il giudizio di responsabilità e quello di conto. Il favore che il giudice delle leggi e quello della giurisdizione mostrano verso quest’ultimo, accogliendo una definizione non meramente formale, ma sostanziale di finanza pubblica, evidenzia l’importanza di questo giudizio che chiude il sistema delle garanzie di diritto obiettivo, volte a verificare la destinazione a fini pubblici dei mezzi finanziari coattivamente sottratti ai cittadini contribuenti.
Si può affermare, pertanto, che il mancato adeguamento del giudizio di conto alla nuova struttura amministrativa della Repubblica, anche in seguito alla modifica del titolo quinto della costituzione, crea una vera e propria falla nel sistema di controllo sulla finanza pubblica, rendendo lacunosa la verifica sulla corretta gestione delle risorse finanziarie.
Se il giudizio di conto richiede interventi radicali, il settore della responsabilità amministrativa non è meno bisognoso di cure. Anche in questo settore della giurisdizione contabile la riforma, che deve assicurare un giudizio compatibile con i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata, comporta l’adozione di precise scelte che, per la loro natura essenzialmente politica, sono di esclusiva competenza degli organi che esercitano la sovranità popolare.
In primo luogo viene in evidenza l’estensione della giurisdizione.
Com’è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione, limita l’operatività della nostra giurisdizione in materia di responsabilità entro i ristretti confini della natura pubblica dei soggetti e dell’osservanza delle regole di contabilità pubblica. Viene così negata la possibilità di agire nei confronti di funzionari e amministratori degli enti pubblici economici, ed a maggior ragione nei confronti di quelli appartenenti alle società a totale o prevalente partecipazione pubblica, per ottenere il risarcimento dei danni causati nell’ambito di gestioni che, pur essendo di tipo imprenditoriale e svolte applicando il diritto privato, utilizzano comunque denaro pubblico.
Peraltro, la crescente privatizzazione dell’amministrazione, nella quale si opera sempre di più attraverso società, estende continuamente l’area di attività pubblica sottratta alla giurisdizione di responsabilità. La questione, che ha assunto dimensioni preoccupanti, interessa in maniera estesa comuni, province e regioni, che istituiscono innumerevoli enti strumentali sotto forma di società per azioni: si pensi, tanto per restare a Torino, all’AEM, alla Satti, all’AAM, all’ATM, per non parlare degli enti strumentali regionali e via dicendo.
Un particolare richiamo va fatto all’agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici invernali Torino 2006, istituita dalla legge 9 ottobre 2000 n 285. L’articolo due di questa legge, pur riconoscendo espressamente la personalità giuridica di diritto pubblico dell’Agenzia, prevede che la sua attività sia disciplinata dal diritto privato: ciò comporta, l’esistenza di forti dubbi sulla soggezione alla giurisdizione contabile di un organismo deputato a gestire ingenti risorse finanziare. Né costituisce valido rimedio l’espressa previsione dell’assoggettamento al controllo della Corte, atteso che l’aspetto collaborativo distingue nettamente tale attività dalla funzione repressiva affidata all’accertamento delle responsabilità.
La situazione di stallo nella quale versa la giurisprudenza richiede un intervento correttivo del legislatore per bloccare un fenomeno che, come ha rilevato la stessa Corte di Cassazione nella sentenza 9780 del 1998, si risolve in un sostanziale esonero di responsabilità per un rilevante segmento della pubblica amministrazione.
* * *
Altra questione rimessa alle decisioni del legislatore è l’esclusività della giurisdizione contabile.
Accade spesso che l’azione di responsabilità sia autonomamente attivata dall’amministrazione davanti al giudice civile, o davanti a quello penale mediante la costituzione di parte civile. L’inevitabile conflitto tra le due giurisdizioni è stato tradizionalmente risolto con l’improcedibilità di una delle due azioni, una volta formatosi il giudicato sulla liquidazione del danno.
Tale soluzione, elaborata sotto la
vigenza del vecchio codice di procedura penale, era ancora ammissibile prima
delle riforme del
Da quest’aberrante situazione si può uscire o prevedendo che il giudice ordinario, quando conosce della responsabilità amministrativa degli agenti pubblici, applichi le regole sostanziali che ad essa sono proprie, o attribuendo il potere di accertare questa responsabilità soltanto al giudice contabile. In entrambi i casi, è indispensabile un intervento legislativo, o per attribuire al giudice ordinario il potere riduttivo che attualmente fa capo solo alla Corte dei conti, o per attribuire all’amministrazione danneggiata il potere di partecipare attivamente al giudizio contabile.
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Notevole importanza riveste pure l’esecuzione delle sentenze. I dati statistici allegati evidenziano un leggero miglioramento negli importi recuperati, ed il monitoraggio avviato da quest’ufficio ha contribuito a far attivare gli enti danneggiati, sicché ad oggi tutti i procedimenti di recupero sono iniziati. Tuttavia, la situazione complessiva, con un’incidenza di recupero pari al 26 per cento, non è soddisfacente. Ciò è dovuto, in parte alle modalità del recupero, che molto spesso avviene ratealmente, ed in parte alla difficoltà per l’amministrazione di individuare i cespiti da aggredire. È noto a tutti, infatti, che esistono svariati modi, anche abbastanza semplici, per occultare o rendere difficilmente rintracciabile il proprio patrimonio. L’unico rimedio possibile per ovviare al depauperamento fraudolento consiste nell’esercizio dell’azione revocatoria, proponibile solo dall’amministrazione, innanzi al competente giudice civile.
Anche il sequestro conservativo dei beni, che dovrebbe garantire l’esecuzione della sentenza, risulta spesso inefficace: è dubbio, infatti, in base all’attuale legislazione se la procura contabile possa compiere indagini bancarie nei confronti dell’autore del danno, sicché le misure cautelari generalmente vengono eseguite solo sugli immobili, sempre che siano intestati al responsabile, e, nei ristretti limiti di legge, sulle competenze dovute dall’amministrazione.
Il problema dell’esecuzione delle
sentenze di condanna emesse dalla magistratura contabile ha attirato
l’attenzione di alcuni parlamentari, che hanno presentato un disegno di legge
per risolvere il problema di un arretrato di credito erariale che può dirsi
assai notevole. Mi riferisco al disegno di legge n 1709 presentato al Senato
il 19 settembre, che, prevede la possibilità di un accordo transattivo tra
l’Amministrazione creditrice ed il debitore, per i crediti per danno erariale
vantati dallo Stato o dagli enti pubblici e derivanti da sentenze della Corte
dei conti, anche se passate in giudicato. L’ammontare dell’accordo è
determinato in misura non inferiore al
Si tratta di una proposta alla quale va sicuramente attribuito il merito di aver affrontato la questione, ma le soluzioni prospettate non sono, in alcun modo, condivisibili. Non accompagnate da nessuna disciplina migliorativa per i casi futuri, queste proposte, che ben possono paragonarsi ad un condono, privano di efficacia la funzione giurisdizionale della Corte dei conti e rendono inutile l’attività istruttoria della Procura contabile volta a quantificare esattamente il danno.
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Vi è infine la necessità di riscrivere le norme che regolano il giudizio di responsabilità: il rinvio alla procedura civile non costituisce idonea integrazione, tenuto conto delle forti connotazioni pubblicistiche, che caratterizzano la nostra giurisdizione.
L’attuale disciplina del processo, che si svolge per impulso e con la presenza del pubblico ministero, titolare di un’azione obbligatoria ed indisponibile, ma con le forme del giudizio civile, fondamentalmente creato per azionare diritti disponibili, può dar luogo a situazioni talvolta veramente incomprensibili per i soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile.
Si pensi, per esempio, alla vexata quaestio dell’interruzione dei termini di prescrizione, che sta creando un interminabile contrasto giurisprudenziale tra quanti ritengono che possa essere fatta dal pubblico ministero e quanti invece affermano che competa esclusivamente all’amministrazione. Si pensi ancora alla duplicità di giudizi cui si è fatto cenno prima, ovvero al problema della valenza della transazione stipulata con l’amministrazione danneggiata. In quest’ultimo caso il dipendente, convinto di aver definito la vicenda pagando una certa somma, può vedersi citato innanzi al giudice contabile per ottenere l’integrale risarcimento del danno.
Gli esempi sarebbero tanti, ma in questa sede preme rilevare che la concorrente duplicità di elementi risarcitori ed afflittivi, che contrassegna la giurisdizione contabile sin dal suo nascere, avendo lo stesso Cavour, nel lontano 1852, parlato di castigo in denaro da determinarsi dalla Camera dei conti, può far scaturire un tertium genus solo se tra i due elementi si realizza un giusto equilibrio, correttamente e compiutamente disciplinato; in caso contrario, si corre il rischio di creare un ibrido incomprensibile, e come tale sempre a rischio estinzione.
Nel nuovo regolamento di procedura andrebbero affrontati ancora numerosi problemi, che, per la loro complessità, possono essere sommariamente indicati.
In primo luogo va prevista e disciplinata la posizione processuale dell’amministrazione danneggiata, che deve poter partecipare al giudizio, sia nella fase processuale, sia in quella istruttoria. La partecipazione attiva dell’amministrazione al processo consentirebbe di eliminare il concorso tra la giurisdizione contabile e quella ordinaria, al quale si è fatto prima riferimento.
Va poi affrontata la questione riguardante il controllo giudiziale sulle archiviazioni.
Il provvedimento di archiviazione, com’è noto, esprime il convincimento del pubblico ministero sull’assenza dei presupposti per esercitare l’azione. Nel giudizio contabile, non essendo previsto alcun controllo del giudice, tale provvedimento costituisce prerogativa insindacabile del pubblico ministero.
In tal modo, però, si corre il rischio di eludere il principio dell’obbligatorietà dell’azione. La più attenta dottrina ha osservato, infatti, che conferire al destinatario di un obbligo il potere di valutare la sussistenza dei presupposti da cui l’obbligo scaturisce vuol dire, di fatto, esonerarlo dalla sua osservanza. Va poi considerato che il controllo sull'attività del pubblico ministero, consente al giudice di contrastare eventuali inerzie e lacune investigative di quest'ultimo, evitando che le sue scelte si traducano in esercizio discriminatorio dell'azione o dell’inazione (Corte costituzionale sentenza 88/91), giacché, in mancanza di qualsiasi forma di controllo e di riesame l'esercizio di ogni potere rischia di tradursi in abuso e la discrezionalità in arbitrio (Corte costituzionale sentenza n 117/68).
Se è vero, come ebbe a dire il Presidente Pertini, che il magistrato non solo deve essere indipendente, ma deve apparire tale agli occhi della gente, l’introduzione di un controllo giudiziale sulle archiviazioni, eseguito da un giudice terzo ed imparziale, in contraddittorio con l’amministrazione danneggiata e con il presunto responsabile, appare necessario per fugare qualsiasi sospetto di colpevoli inerzie nell’esercizio obbligatorio dell’azione. Tale necessità si evidenzia in particolar modo in quei casi nei quali, a fronte dell’accertamento di un danno erariale e di un comportamento colposo causativo dello stesso, il pubblico ministero non ritiene di esercitare l’azione di responsabilità, valutando la condotta non gravemente colpevole. I dati statistici evidenziano che in Piemonte le archiviazioni disposte per mancanza di colpa grave, in presenza di un danno accertato, ammontano ad un importo quasi analogo a quello delle citazioni in giudizio.
Non va, infine, sottovalutato che il regime del rimborso delle spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte, come attualmente interpretato ed applicato, potrebbe indurre il pubblico ministero ad utilizzare con maggiore facilità il potere di archiviazione, per evitare di arrecare all’amministrazione un pregiudizio, che può essere anche maggiore del danno che s’intende recuperare.
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A causa della maggiore rilevanza attribuita all’elemento psicologico vi sono ipotesi dove vi è una condotta gravemente colpevole, od addirittura dolosa, che costringe il pubblico ministero ad esercitare l’azione, pur essendo stato cagionato un danno di minima entità (si pensi per esempio ai danneggiamenti, all’uso del telefono per fini personali, alle piccole truffe sulle indennità di missione).
Sarebbe auspicabile, in questi casi, un procedimento abbreviato, giacché l’unico rito attualmente previsto, il così detto procedimento monitorio, non ha dato risultati apprezzabili.
Si tratta, infatti, di una procedura, applicabile ai danni d’importo inferiore a cinque milioni di vecchie lire, che consiste nella determinazione, da parte del Presidente, quando ritenga di poter ridurre l’addebito, di un importo minore di quello contestato, la cui accettazione da parte del responsabile impedisce di celebrare il giudizio. La valutazione presidenziale riguarda soltanto l’ammontare del danno, e non produce alcun effetto nel successivo giudizio in caso di una sua mancata accettazione. Nel conseguente giudizio, pertanto,il responsabile può essere condannato ad un importo maggiore o minore, ma può anche essere assolto.
Andrebbero previsti, invece, procedimenti abbreviati che abbiano un effettivo carattere premiale, analoghi al patteggiamento o al rito abbreviato, da applicare ai casi nei quali la celebrazione del dibattimento diviene un’inutile ostentatio ad pompam, sia per il modico importo del danno, sia per la presenza di una piena confessione o di altre prove inoppugnabili.
* * *
Il nuovo regolamento di procedura dovrebbe disciplinare anche l’attività istruttoria del collegio e del pubblico ministero, per adattarla ai nuovi principi costituzionali della terzietà del giudice e della parità tra le parti. Sarebbe opportuno, infine, introdurre la possibilità di azionare provvedimenti d’urgenza, per evitare che il danno si realizzi od abbia conseguenze ulteriori, e prevedere procedimenti di istruzione preventiva, per evitare che i tempi dell’attività istruttoria interferiscano con quelli dell’azione amministrativa, come avviene quando i danni riguardano la cattiva esecuzione di opere pubbliche.
Come si vede l’intervento legislativo per completare la riforma della giurisdizione contabile, nel duplice aspetto del giudizio di conto e di quello di responsabilità, è al tempo stesso complesso ed urgente, e non può essere ulteriormente rinviato, perché altrimenti si svilisce la giurisdizione contabile che, costretta a lavorare male e senza strumenti, corre il rischio di essere delegittimata e considerata un inutile orpello. Senza interventi correttivi, vi è il rischio di assistere ad un inaridimento graduale e costante della giurisdizione contabile, il cui mantenimento in vita non avrebbe più ragione d’essere, venendo meno la sua collocazione nel contesto generale del servizio giustizia.
Novità legislative e giurisprudenziali
Le novità legislative relative alla giurisdizione contabile sono intervenute soltanto alla fine dell’anno e sono contenute nella legge finanziaria. Esse, pur essendo espressione di un interessamento del legislatore, destano parecchie perplessità quanto alla loro applicazione pratica.
Viene in evidenza in primo luogo l’articolo 30, comma 15, il quale prevede la nullità degli atti e dei contratti qualora gli enti territoriali ricorrano all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle d’investimento, in violazione dell’articolo 119 della Costituzione. Le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti, continua la disposizione, possono irrogare agli amministratori che hanno assunto la relativa delibera la condanna ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento della violazione.
La non felice formulazione della norma crea diversi problemi interpretativi. In primo luogo occorre rendere la disposizione coerente con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico giacché, non essendo stato fatto riferimento ad alcuna domanda ed essendo prevista una facoltà di sanzione (possono irrogare recita testualmente la legge), sembra che sia stato introdotto il monstrum giuridico di una sanzione applicabile dal giudice discrezionalmente e d’ufficio. La disposizione va pertanto correttamente interpretata, nel senso che occorre necessariamente una domanda, formulata dalla competente procura regionale e che l’applicazione della sanzione, sussistendone i requisiti, è obbligatoria, essendo discrezionale per il giudice soltanto la determinazione del quantum.
La norma, tuttavia, anche così interpretata, è poco coerente con il sistema della giurisdizione contabile. Sembra, infatti, che la sanzione introdotta debba essere irrogata agli amministratori che hanno adottato la delibera di contrazione del mutuo, senza alcun riferimento all’elemento psicologico, alla partecipazione di altri soggetti ed a prescindere dall’esistenza di un danno causato dalla violazione. In questo modo, però, ci si pone al di fuori della responsabilità amministrativa atteso che la consolidata giurisprudenza della Corte dei conti, avallata dalla Corte costituzionale (ordinanza n 72 del 1983), ha da tempo agganciato questa responsabilità all’esistenza di un pregiudizio per l’amministrazione, espungendo dal nostro ordinamento ogni ipotesi di responsabilità formale.
Peraltro, ove si voglia ricondurre la fattispecie nell’alveo della responsabilità amministrativa, agganciandola ai requisiti del danno e della colpa grave, la norma suscita fondati dubbi di legittimità costituzionale. La Corte costituzionale (sentenza 340 del 2001) ha recentemente dichiarato costituzionalmente illegittima una disposizione regionale che limitava il risarcimento dei danni arrecati dal pubblico dipendente, alla corresponsione di una somma rapportata al compenso o allo stipendio in godimento, anziché al danno effettivamente cagionato. Il giudice delle leggi ha ritenuto assolutamente irragionevole una riduzione predeterminata ed automatica della responsabilità amministrativa per colpa grave, sotto il profilo quantitativo patrimoniale, senza alcuna valutazione sulla rilevanza del comportamento e delle funzioni effettivamente svolte, nella produzione del danno.
Né sono da sottovalutare, infine, i dubbi che sorgono sulla competenza statale a disciplinare gli aspetti sostanziali della responsabilità amministrativa degli amministratori comunali e regionali. Si tratta, infatti, di una materia che, rientrando nella nozione di ordinamento degli uffici, per la diretta connessione esistente tra la responsabilità e la determinazione delle sfere di competenza degli uffici e dei relativi funzionari, sembra essere di competenza esclusiva del legislatore regionale.
Altrettanto di difficile comprensione, è il quarto comma dell’articolo 24, il quale prevede la nullità dei contratti stipulati in violazione delle procedure dettate per l’aggiudicazione delle pubbliche forniture e degli appalti di servizi, ovvero in violazione dell’obbligo di utilizzare le convenzioni quadro definite da CONSIP S.p.A. La norma dispone la nullità dei relativi contratti, delle cui eventuali obbligazioni risponde a titolo personale il dipendente che ha sottoscritto il contratto. La stipula dei predetti contratti è considerata, inoltre, causa di responsabilità amministrativa, ed ai fini della determinazione del danno si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle suddette convenzioni e quello indicato nel contratto.
In relazione a tale norma si pongono tutti i problemi interpretativi ed attuativi che hanno accompagnato l’analoga disposizione, introdotta nel 1989 per i soli comuni, ed adesso prevista dall’articolo 191 comma 4 del TU sull’ordinamento degli enti locali. Quest’ultima disposizione non ha dato risultati apprezzabili in termini di responsabilità amministrativa, non essendo possibile ipotizzare un qualsiasi danno causato all’amministrazione dal comportamento illegittimo del funzionario, se questo risponde a titolo personale degli eventuali contratti stipulati. Al contrario, è facilmente ravvisabile un problema di indebito arricchimento dell’amministrazione che abbia comunque utilizzato i beni illegittimamente acquistati.
Ultima disposizione introdotta dalla legge finanziaria in materia di giurisdizione contabile, è l’articolo 23, comma quinto, che prevede la trasmissione agli organi di controllo ed alla competente procura della Corte, dei provvedimenti di riconoscimento di debito adottati dalle amministrazioni pubbliche indicate nell’articolo 1, comma due, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n 165. Obbligate a tale comunicazione sono, pertanto: tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
La disposizione costituisce uno specifico obbligo di denunzia a carico dell’amministrazione, la quale non dovrà effettuare alcuna valutazione sull’esistenza del danno e dell’elemento psicologico. Essa sembra giustificarsi con la violazione delle norme sulle procedure di spesa che il riconoscimento di debito presuppone, e può contribuire ad incrementare la scarsa conoscenza di fatti illeciti da parte delle procure regionali. Ovviamente occorrerà verificare caso per caso la sussistenza dei requisiti per l’esercizio dell’azione di responsabilità, mediante un’oculata ed attenta attività istruttoria.
Per quanto riguarda le pronunce giurisprudenziali va ricordata la sentenza della Corte costituzionale n 513 del 4 dicembre, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata per la mancata previsione normativa dell’obbligo di notifica, da parte del pubblico ministero, dell’istanza di proroga del termine per emettere l’atto di citazione.
Ha osservato la corte costituzionale che, sia l’introduzione in via giurisprudenziale del reclamo ai sensi dell’articolo 739 cpc, sia la possibilità di far valere eventuali doglianze nella fase processuale eventualmente introdotta con l’atto di citazione, escludono qualsiasi violazione del principio del contraddittorio, che è solo differito. Peraltro, la posizione del presunto responsabile non sarebbe compromessa nemmeno sotto il profilo della certezza rispetto all’iniziativa del pubblico ministero, poiché, scaduto il termine, egli può sempre verificare se è stata disposta l’archiviazione, o è stata concessa una proroga.
Attività della Sezione giurisdizionale
L’arretrato pensionistico presso la sezione giurisdizionale per il Piemonte è solo un ricordo. Al 30 novembre 2002 risultano giacenti, in base ai dati forniti dal Sig Presidente ed allegati alla presente relazione, 1.193 ricorsi, a fronte dei 2.287 dello scorso anno. Se si tiene conto che nello stesso periodo sono pervenuti ben 939 ricorsi, dei quali 581 per pensioni civili, 169 per pensioni militari e 189 per pensioni di guerra, si evince che il ritardo nella trattazione è di circa un anno, e pertanto, se paragonato ai trentennali ritardi che si registravano prima, la trattazione dei ricorsi può definirsi in tempo reale.
Già lo scorso anno ho dato pubblicamente merito al Presidente, a tutti i magistrati che hanno prestato servizio presso la sezione giurisdizionale ed al personale amministrativo, dell’impegno profuso per raggiungere questo brillante e storico risultato, sicché non resta che ripetermi. Vorrei soltanto aggiungere un particolare ringraziamento ai due giovani colleghi, i referendari dott. Gili e dott. Parisi, che, sebbene entrati nel ruolo della magistratura contabile soltanto lo scorso anno, a fine marzo, si sono subito integrati nel nuovo lavoro, non rallentando in alcun modo il trend dell’attività giurisdizionale: come si vede dalle statistiche per il contenzioso pensionistico, non vi sono sentenze od ordinanze in corso di deposito.
Le sentenze emesse dalla sezione in
materia di responsabilità sono state 31, delle quali 8 di assoluzione, 16 di
condanna, 5 processuali
Le sentenze di assoluzione sono motivate per la maggior parte con riferimento alla mancanza dell’elemento psicologico: in diversi casi la sezione ha ritenuto che il comportamento contestato ai convenuti, pur essendo connotato da colpa, tuttavia non si colorava della gravità richiesta per giungere alla condanna. Si tratta di un difforme giudizio sui comportamenti contestati che rientra nei limiti di una fisiologica diversa valutazione dei fatti.
Alcune pronunce non sono condivise da questa procura, che tuttavia, dopo un più approfondito esame, ha deciso di non interporre appello, nella considerazione che, pur con una diversa motivazione, il dispositivo sarebbe rimasto sostanzialmente identico. In altri casi l’ufficio ha ritenuto opportuno rimettere la decisione su un’eventuale impugnazione al sig. Procuratore Generale, avendo ravvisato la presenza di un contrasto giurisprudenziale tra le sezioni centrali.
Tra le sentenze di assoluzione vengono in rilievo quelle relative al danno all’immagine. In un caso è stata dichiarata la prescrizione, facendola decorrere dal momento del clamor fori, indipendentemente dall’esito del procedimento penale: si è così modificato il precedente orientamento della sezione che individuava il dies a quo nel momento del rinvio a giudizio da parte della procura penale. In altri casi si è affermato che la semplice pubblicazione di articoli sulla stampa, ed in specie sui quotidiani più diffusi a Torino, non era sufficiente ad integrare la prova dell’esistenza di un pregiudizio all’immagine dell’amministrazione.
Altra ipotesi di assoluzione riguarda l’esecuzione di un’opera pubblica non utilizzata: la sezione ha ritenuto di dover compensare il danno causato dalle somme spese inutilmente con il valore economico dell’opera comunque realizzata che, almeno teoricamente, è sembrata utilizzabile.
Le sentenze di condanna ammontano a complessivi 1.178.756,26 euro.
Vanno citate la condanna, per oltre 360.000 euro, di una dipendente dell’INPS che, intervenendo sugli archivi informatici, consentiva l’erogazione di trattamenti pensionistici non spettanti. Condanne di importo rilevante, oltre 600.000 euro, riguardano casi di corruzione e peculato commessi da militari. Altra sentenza di condanna, per oltre 100.000 euro, è stata pronunziata nei confronti di un collaudatore per i danni causati in seguito all’illegittima protrazione dei tempi necessari per eseguire le operazioni di collaudo.
Tra le sentenze di rito va citata quella che ha dichiarato l’inammissibilità della domanda, non ritenendo applicabile la sospensione feriale al termine per l’emissione dell’atto di citazione.
Sono intervenute anche sentenze delle sezioni centrali d’appello, delle quali 3 di conferma integrale della pronunzia di primo grado, 2 di modifica parziale ed 8 di modifica completa. Di quest’ultime 6 hanno trasformato le condanne in assoluzione, 1 ha trasformato in condanna l’assoluzione ed 1 ha annullato la sentenza per violazione del principio del contraddittorio, con rinvio al giudice di primo grado.
Le modifiche sono motivate per la quasi prevalenza con esclusivo riferimento all’elemento psicologico, a conferma della difficoltà esistente nella valutazione della condotta; mentre le modifiche parziali sono state motivate con un diverso uso del potere riduttivo.
Nel corso del 2002, l’ufficio di procura ha accertato danni per complessi 9.138.487 euro. Sono stati emessi 28 atti di citazione, con richieste di condanna per oltre 5 milioni di euro. Le fattispecie portate a giudizio hanno riguardato, come per gli anni passati, fatti già oggetto d’indagini penali ed illeciti gestionali veri e propri.
Per quanto riguarda i fatti penalmente rilevanti, intendendo con tale espressione quelli già sanzionati con una sentenza emessa dal giudice penale, si segnalano diverse ipotesi di peculato. Le fattispecie esaminate, pur essendo differenti, sono tutte accomunate da una sorprendente facilità nell’impossessarsi del denaro pubblico, sfruttando l’assenza di controlli o aggirando, con falsi anche grossolani, quelli esistenti. Tale circostanza conferma quanto si è detto circa la necessità di potenziare il giudizio di conto, atteso che in quasi tutte le ipotesi i responsabili sono agenti contabili, di fatto o di diritto.
I casi trattati riguardano l’impossessamento dei proventi per diritti di segreteria, delle tasse di concessione comunale, di buoni pasto e di altri tributi comunali. Casi di particolare gravità sono quello della titolare di una ricevitoria del lotto che si è impossessata dell’importo delle giocate per oltre 1.300.000 euro e quello di alcuni ufficiali dell’esercito che si sono impossessati di ingenti importi, quantificati in oltre 400.000 euro, emettendo titoli di spesa per fatture rilasciate da ditte compiacenti e relative a forniture e servizi mai effettuati: si tratta dei fatti già oggetto d’indagine da parte della procura militare, per la quale la stampa aveva coniato il termine di militaropoli. Altro caso particolare riguarda la truffa perpetrata da una dipendente a danno del comune di Alessandria, che faceva erogare, previa restituzione di una congrua parte, contributi per ristoro di danni alluvionali inesistenti.
Sono da segnalare anche casi di truffa all’amministrazione in materia di indennità di missione e trasporto di masserizie, la presentazione di certificati medici falsi redatti da professionisti compiacenti, per giustificare prolungate assenze dal lavoro, di doloso danneggiamento da parte di militari di leva di mezzi appartenenti all’amministrazione, di uso abusivo delle linee telefoniche sia per telefonate personali, sia per navigare su internet visitando siti pornografici: in quest’ultimo caso è stato contestato come danno anche l’erogazione della retribuzione, non essendo stata svolta alcuna attività lavorativa.
Relativamente agli illeciti gestionali, si segnala, per il rilievo economico e sociale, il danno subito dal comune di Novara, quantificato in oltre 1.500.000 euro, per l’errata valutazione di beni conferiti in natura per aderire all’aumento di capitale sociale di una S.p.A. a capitale misto. Il caso, che sarà discusso alla prossima udienza, merita di essere segnalato per la tempestività dell’intervento di quest’ufficio, che ha dato risultati utili anche per il parallelo procedimento penale. Il competente Tribunale, infatti, ha rimesso gli atti al pubblico ministero, disponendo ulteriori indagini anche sulla base delle risultanze istruttorie eseguite da questa procura. La vicenda dimostra che, se l’intervenuto della procura contabile è tempestivo, si possono instaurare sinergie istruttorie con le procure ordinarie.
Altre ipotesi riguardano l’amministrazione scolastica: un caso è relativo al danno subito in conseguenza della condanna al risarcimento disposto dal giudice civile a favore di alcuni dipendenti che avevano subito soprusi, violenze morali e condotte gravemente moleste da parte del loro dirigente scolastico. La questione merita di essere segnalata, perché quest’ufficio ha individuato il pregiudizio erariale nell’intera somma erogata dall’amministrazione a causa dell’illecito comportamento del dirigente. Sempre nell’ambito scolastico una diversa fattispecie riguarda il mancato ed immotivato conferimento di una supplenza all’avente diritto, nonostante i richiami dell’ispettrice, appositamente inviata.
È stata inoltre esercitata l’azione di responsabilità contabile in due ipotesi di ingiustificata mancanza di beni in carico ai consegnatari e risultanti nel verbale di passaggio delle consegne. Quest’ufficio, applicando una giurisprudenza consolidata, ha ritenuto che l’assenza di giustificazioni sul mancato rinvenimento di beni presi in consegna è sufficiente per affermare la sussistenza dell’obbligo di restituzione in capo al contabile, al quale compete provare che la perdita dei beni è dipesa da caso fortuito, forza maggiore o altra causa a lui non imputabile.
Sono state depositate 20 istanze per resa di conto, un giudizio per interpretazione di sentenza, una richiesta di sequestro conservativo per complessivi 1.395.000 euro ed altri 27 atti tra richieste di proroghe, riassunzioni e memorie d’udienza.
Per quanto riguarda l’attività istruttoria sono stati emessi 52 inviti a dedurre, 10 richieste di proroga del termine per emettere l’atto di citazione, 296 richieste istruttorie e sono state eseguite 37 audizioni personali.
Non tutti gli inviti a dedurre si sono trasformati in atti di citazione, sicché appare doveroso, per avere un quadro completo dell’attività svolta dalla Procura, riferire anche su queste ipotesi che, pur non essendo state portate all’esame del giudice, hanno impegnato l’ufficio in indagini talora complesse.
Dopo l’emissione dell’invito, l’archiviazione è stata disposta a volte per intervenuto risarcimento del danno, in altri casi perché, in seguito alle deduzioni fornite dai presunti responsabili, si è ritenuto di non poter esercitare l’azione di responsabilità, ciò a riprova della validità generale di questo istituto.
Le archiviazioni disposte per intervenuto risarcimento del danno ammontano a complessivi 105.402 euro, che sono stati definitivamente acquisiti all’erario.
Tra le vicende che non sono state portate all’esame del giudice, merita di essere ricordata l’indagine svolta con l’ausilio della guardia di finanza sull’acquisizione da parte della Regione Piemonte dell’immobile dove ha sede il presidio ospedaliero “V. Valletta”. L’ipotesi di danno riguardava la mancata contabilizzazione nel prezzo d’acquisto dei contributi corrisposti dall’amministrazione regionale, con un danno quantificato in oltre 3 milioni di euro. L’archiviazione è stata disposta per mancanza di colpa grave nei confronti dei presunti responsabili. Al riguardo va precisato che, attesa la rilevanza della fattispecie, quest’ufficio aveva chiesto il controllo giudiziale del provvedimento di archiviazione, sollevando anche alcune questioni di costituzionalità, ma la relativa udienza non è stata fissata dal sig Presidente, che ha emesso un decreto di non luogo a provvedere.
Altre vicende concluse con archiviazione sono relative a presunti errori nella realizzazione del pavimento della cucina di un presidio ospedaliero, alla ripetizione delle prove concorsuali per errori procedurali, al danno da disservizio ed all’immagine per tentata concussione da parte di alcuni funzionari statali.
Ancora in corso sono invece altre ipotesi relative a peculati, a truffe, all’uso indebito di linee telefoniche, al pagamento di spese di giustizia per un illecito rifiuto di concedere l’accesso agli atti, a casi di assenteismo. Una vicenda di rilevo riguarda la cattiva gestione di un’iniziativa promozionale da parte di una Camera di Commercio che avrebbe causato un danno di circa 200.000 euro.
Un ultimo aspetto riguarda la mancanza di denunce da parte delle amministrazioni.
Un’analisi spettrale, per tipologia del denunziante, dei fascicoli aperti nel periodo 1 gennaio 30 novembre 2002 (l’esclusione del mese di dicembre 2001 è dettata da motivi informatici) evidenzia che delle 757 denunzie complessivamente pervenute, 524 provengono da organi dello Stato e riguardano prevalentemente fatti minimali (450 tra incidenti stradali, revoche di provvidenze economiche e furti), 79 da enti locali, 64 da privati, 23 da esposti di consiglieri comunali, provinciali e regionali e 31 sono stati aperti per iniziativa autonoma di questa Procura in seguito a notizie apprese dalla stampa. Sono invece del tutto assenti, salvo casi sporadici, le denunzie dei collegi di revisione e quelle riguardanti enti pubblici diversi.
Se si considera il numero di comuni, consorzi, enti pubblici, aziende sanitarie ed ospedaliere, si può affermare che, in Piemonte, l’obbligo di denunzia da parte dei competenti organi delle amministrazioni è sostanzialmente omesso. Questo comportamento, che getta ombre sulla trasparenza e legalità dell’azione amministrativa, indurrà l’ufficio ad attivare tutti i canali possibili, tra quelli previsti dal nostro sistema giudiziario, per avere notizia di fatti dannosi. Sarebbe anche opportuna una riflessione sulla scarsa efficacia della sanzione prevista per l’omissione di denunzia, e sui limitati poteri di accertamento attribuiti alle procure contabili.
Nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario tenutasi pochi giorni fa, il Procuratore generale della corte d’appello di Torino ha affermato che, in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, l’indagine più rilevante dopo il caso Odasso, ha portato alla luce l’esistenza di vere e proprie cordate delittuose dedite da un lato alla turbativa delle gare e dall’altro alla corruzione dei pubblici funzionari.
Nella stessa relazione si legge che il quadro corruttivo che complessivamente emerge non può non destare la massima preoccupazione, posto che la sanità e la correttezza dell’apparato burocratico-amministrativo della pubblica amministrazione in tutti i suoi settori rappresentano il presupposto di una qualsiasi efficace opera di contrasto della criminalità di ogni livello.
L’autorevolezza e la chiarezza delle affermazioni mi esime da qualsiasi commento ed evidenzia ancora una volta l’importanza che riveste il controllo sulla finanza pubblica: sarebbe pertanto opportuno completare al più presto il processo di riforma per rendere efficiente il sistema.
Quando la minaccia diviene incombente persino nella fortezza, posta a guardia del deserto dei tartari, vengono inviati rinforzi: per la giurisdizione contabile di riforme nemmeno l’ombra!
* * *
Nel ringraziare il Collegio e tutti i gentili ospiti per l’attenzione prestata, Le chiedo, Sig. Presidente, di dichiarare ufficialmente aperto, nel nome del Popolo Italiano, l’anno giudiziario 2003 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Piemonte.
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(1) Nelle more della stampa della relazione il disegno di legge AS. 1545 - Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - è stato approvato dal Senato nella seduta del 23 gennaio. Il testo riportato a pagina 3 della relazione è, pertanto, sostituito dal seguente:
La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, secondo i princìpi del controllo collaborativo, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati. (comma 4)
Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie, se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane (comma 5).
Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti
possono essere integrate da due componenti designati, salvo diversa
previsione dello statuto della Regione, rispettivamente dal Consiglio
regionale e dal Consiglio delle autonomie locali oppure, ove tale organo non
sia stato istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su indicazione
delle associazioni rappresentative dei Comuni e delle Province a livello
regionale. I predetti componenti sono scelti tra persone che, per gli studi
compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente
esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e
contabili; i medesimi durano in carica cinque anni e non sono
riconfermabili. Il loro status è equiparato a tutti gli effetti, per la
durata dell'incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con
oneri finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto
del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma
dell'articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio
1977, n. 385. Nella prima applicazione delle disposizioni di cui al presente
comma e ai commi