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Articoli e note

 

 MICHELANGELO PATANE’ LONGO

La condanna a rimborso di spese, diritti ed onorari
nei processi civile, penale, amministrativo, tributario - aspetti di incostituzionalità

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1 - LA CONDANNA ALLE SPESE DEL GIUDIZIO NEI PROCESSI CIVILE, PENALE ED AMMINISTRATIVO.

Per l’art. 91 cod. proc. civ. " il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare assieme agli onorari di difesa", tranne che ritenga di compensarle.

L’art. 87 consente che davanti al giudice di pace (così già davanti al conciliatore) le parti possono stare in giudizio nelle cause il cui valore non eccede L.10 milioni (c.1), ma impone che, negli altri casi, le parti non possano stare in giudizio se non col ministero e l’assistenza di un difensore e che il giudice di pace, tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, possa autorizzarla a stare in giudizio di persona (c.2). Precisa, infine, che, tranne casi particolari previsti dalla legge (cioè la possibilità di autodifendersi per la parte che ha la qualità prescritta per l’esercizio professionale, art. 86; audizione personale dei coniugi "senza assistenza di difensore" da parte del presidente del tribunale nella cause di separazione personale di coniugi, art. 707; ecc.), davanti a pretore, tribunale e corte di appello le parti debbano stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente e, davanti alla Corte di cassazione e collegi assimilati (c.d. magistrature superiori), col ministero di un difensore iscritto nell’apposito albo. Nel processo del lavoro (art. 417 cod. proc. civ.) ed in quello relativo a controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria (art. 442, che rinvia all’art. 417) la parte può stare in giudizio personalmente quando ilvalore della causa non eccede L. 250.000-.

L’art. 87 consente alla parte di farsi assistere da uno o più avvocati.

Come è noto, per uniformarsi alla legislazione europea, non esiste più la categoria dei procuratori legali (L. 24/2/1997, n.27), per cui sono cadute le differenze fra essi e gli avvocati, ma restano quelle fra avvocati ed avvocati iscritti nell’ albo speciale per il patrocinio davanti alle magistrature superiori (art. 33 seg. dell’ordinamento professionale R.D.L. 27/11/1933, n.1578).

Le parti che si trovano in difficoltà economiche possono ottenere il gratuito patrocinio al quale sono ammesse da un’apposita commissione esistente in ogni ufficio giudiziario (R.D. 30/12/1923, n.3282).

Nel processo penale ogni imputato deve necessariemente avere il difensore tecnico-giuridico.

L’art. 96 cod. proc. pen. (così anche nei codici precedenti: v. art. 124 cod. 1930) gli consente di nominarne non più di due di fiducia, ma l’art. 97 prescrive che il P.M. o il giudice deve nominare all’imputato, che ne è privo, il difensore d’ufficio, che ha l’obbligo di prestare il patrocinio (per Corte cost. 10/11/1989, n.498, in Giust. pen. 1990, I, 204, " l’art. 24,c.2, Cost., il quale stabilisce che all’imputato deve essere assicurata la facoltà di esplicare liberamente i diritti di difesa, dà facoltà al giudice ed al P.M. di assegnare d’ufficio all’imputato nolente un consulente tecnico di parte, oltre al difensore, che gli assicura la difesa tecnica").

Non è possibile nè la rinuncia con possibilità di autodifendersi (Cass.15/12/1988, Grecchi, in Riv. pen. 1988, 1222; 23/11/1983, Granata, in Riv. pen. 1984, 841) neanche, a differenza del processo civile (come detto) e di quello ammnistrativo (in cui, come si vedrà, si applicano le norme del processo civile), per l’iscritto negli albi della professione forense (Cass. 21/2/1983, Von Arb, in Riv. pen. 1984, 164); la dispo-sizione dell’art. 6, n.3, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (firmata a Roma il 4/11/1950, ratificata dall’Italia con L. 4/8/1955, n. 848) che la prevede è stata ritenuta norma programmatica (Cass. 15712/1988 Grecchi, cit.; Cass. 28/1/1983, Pleniscar, in Giust. pen. 1983,III,719) anche perchè non ne stabilisce i limiti e le forme.

Anche nel processo penale è prevista la possibilità del patrocinio gratuito per l’imputato e le altre parti private non abienti (L. 30/7/1990, n.217; D.M. 3/11/1990, n.327).

Per l’art. 535 cod. proc. pen. "la sentenza di condanna pone a carico del condannato il pagamento delle spese processuali relative ai reati cui la condanna si riferisce", che sono quelle previste nella tariffa penale. - Non rientrano fra esse onorari di sorta per l’attività del P.M.. - Non è previsto alcun rimborso in favore dell’imputato assolto (aspetto questo che lascia aperti alcuni rilievi per la sua generalizzazione, anche perchè resta del tutto estranea la "riparazione per l’ingiusta detenzione" ex art. 314 e 315 cod. proc. pen., che attiene solo alla detenzione ed non alle spese processuali in genere e che ha carattere di indennitario, non risarcitorio ).

Per l’art. 541 con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o risarcimento del danno, l’imputato ed il responsabile civile vengono condannati in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, tranne che il giudice ritenga di disporne "per giusti motivi" la compensazione; con la sentenza che rigetta la domanda della parte civile ed assolve l’imputato (per cause diverse dal difetto di imputabilità) il giudice condanna la pate civile alla refusione delle spese in favore delle spese sostenute dall’imputato e dal responsabile civile per effetto dell’azione civile, tranne che non ritenga di compensarle "per giusti motivi".

Ancora per gli art. 427 e 542 cod. proc. pen. in caso di reato perseguibile a querela, il giudice, che pronuncia il proscioglimento o l’assoluzione dell’imputato perchè il fatto non sussiste o perchè egli non l’ha commesso, condanna il querelante al pagamento delle spese sostenute dallo Stato, nonchè alla rifusione delle spese ed al risarcimento del danno in favore dell’imputato e del responsabile civile.

I rimborsi delle spese in favore delle parti private comprendono sempre la liquidazione di onorari e diritti di difesa (l’art. 91 cod.proc.civ. sopra riportato lo prescrive espressamente).

Per il processo amministrativo l’art.19,c.2, L.6/12/1971,n.1034, istituti-va dei TAR, dispone che davanti a questi organi è obbligatorio il patro-cinio di avvocato e si applicano le disposizioni generali in materia di gratuito patrocinio. Per i "giudizi in materia di operazioni per l’elezione dei consigli comunali, provinciali e regionali" le parti possono stare in giudizio di persona. Per l’art. 26,c.4, in ogni caso la sentenza provvedere sulle spese del giudizio seguendo le norme del codice di procedura civile al quale (recettiziamente) rinvia.

L’art. 35, c.1, R.D. 26/6/1924, n.1054, t.u. leggi su Consiglio di Stato (che si applica anche al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana: v D.Lgs. 6/5/1948, n.654), prescrive che i ricorsi sono sottoscritti dalle parti ricorrenti e da un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione e l’art. 68 R.D.17/8/1907,n.642, contenente il regolamento, dispone che la decisione contiene la condanna della parti soccombenti alle spese, che vengono liquidate nella decisione stessa o dall’estensore.

La L. 24/11/1981, n.689, "modifiche al sistema penale", comprendente anche norme di depenalizzazione, al titolo I° relativo alle "sanzioni amministrative", art.23, regolante il giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione, c.4, dispone che "l’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente e che la stessa autorità può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati".

Il c. 11 dello stesso art. 23 dispone che il pretore con la sentenza con cui rigetta l’opposizione pone "a carico dell’opponente le spese del procedimento", ma non contiene analoga disposizione in favore dell’opponente in caso di accoglimento della stessa.

Tuttavia appare assolutamente evidente che la disposizione è applicabile anche in queste ipotesi, così imponendo l’interpretazione che deve essere doverosamente rispettosa della Costituzione (Corte cost. 7/1/1986, n.171, in Giur.it. 1988, I, 1, 1500; Cass. pen. 10/2/1993, Palladino, in Mass.pen.Cass. 1993, fasc.6, 95; Cass. pen. 29/9/1982, Sartoris, in Riv.pen. 1993, 614; Cass. civ. 16/4/1984, n.2439, in Foro it. 1985, I, 1473; ecc.) e risultando altrimenti violati i principi di eguaglianza fra le parti processuali (art. 3 Cost. ) e del diritto di difesa (art. 24 Cost), che resterebbe conculcato dalla prospettazione della certa perdita delle spese per esercitarlo.

E’ da ricordare che in quest’ottica la Cassazione ha esattamente posto in evidenza come questo giudizio rientri "interamente nello schema del giudizio civile alla cui disciplina generale è soggetto, senza esclusione delle disposizioni che disciplinano l’onere delle spese processuali o..." (Cass.6/4/1992, n.4212, in Mass.; Cass. 28/11/1987, n. 8855, in Giust. civ. 1988, I, 986) e, quindi, non solo l’opponente soccombente, ma anche l’ufficio che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione, se soccombente, va condannato al rimborso delle spese in favore dell’opponente.

Per l’art. 3 R.D. 30/10/1933, n.1611, t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocaura dello Stato, "innanzi alle preture ed agli uffici di conciliazione (oggi giudici di pace) le amministrazioni dello Stato possono, intesa l’Avvocatura dello Stato, essere rappresentate dai propri funzionari che siano per tali ricononosciuti". In questi casi non è necessario produrre in giudizio una formale designazione, richiedendo soltanto la legge che il funzionario si faccia riconoscere come tale dal giudice e dalla controparte (Cass. 15/2/1983, n.7409, in Mass.).

Nei casi in cui è possibile stare in giudizio senza essere rappresentati e/o assistiti da difensore, non ricorre l’esercizio abusivo della professione forense (su cui v. anche il n. seguente), in quanto si tratta di ipotesi previste dalla legge e, quindi, legittime. Però, se ci si avvale del difensore, bisogna rispettare tutte le regole relative (Cass., sez.un., 10/2/1992, n.1466, in occasione di controversia elettorale amministrativa, ha ritenuto che, "ove la parte si avvalga della difesa ‘tecnica’, trovino applicazione le comune regole sul conferimento della rappresentanza al difensore" e che, "pertanto anche nella suddetta materia deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione sottoscritto da un avvocato che non iscritto nell’albo speciale per i patrocinanti davanti alla suprema Corte").

In quest’ultima ipotesi non può sorgere questione circa la liquidazione, fra le spese da rimborsare, dei compensi (diritti ed onorari) professionali al difensore, in quanto avvalersi o no della difesa tecno-giuridica è solo una facolta della parte, che non esclude il suo diritto di nominare un difensore con la relativa spesa, che l’altra parte, se socombente, deve rimborsare.

 

2 - L’ESERCIZIO PROFESSIONALE DA PARTE DEI NON ISCRITTI AGLI ALBI

E’ noto che l’iscrizione agli albi professionali è obbligatoria per l’esercizio dell’attività professionale con la conseguenza che la mancanza di iscrizione all’albo (o l’esercizio dell’attività professionale in settori estranei alla propria categoria) determina la nullità assoluta del rapporto fra professionista e cliente ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. per mancanza di un requisito essensiale, impedisce gli effetti del contratto stesso e non attribuisce al professionista il diritto al relativo compenso (Cass. 27/6/1994, n.6182, in Mass.; Cass. 2/12/1993, n.11947 in Mass. per attività di documentazione necessaria per un affidamento bancario con relazione sulla gestione di un’azienda,analisi della situazione patrimoniale, studio e presentazione di bilancio, ritenuta propria dei ragionieri; Cass. 10/6/1992, n.7112, in Mass. per contratto di agenzia stipulato con non iscritto; Cass. 4/11/1994,n.9063, in Mass. per simile fattispecie; Cass. 18/7/1991, n.8000, in Mass. per ragionieri; Cass. 6/4/1990, n.2890, in Mass. per giornalisti; Cass. 13/1/1984, n.286, in Mass. per geometra che ha espletato attività riservate ad ingegneri ed architetti; Cass. 16/1/1983, n.7428, in Mass., ancora per geometri; Cass. 22/6/1982, n.3794, in Mass., per geometri; ecc.).

Vi è contrasto giurisprudenziale fra la possibilità di utilizzare in questi casi l’azione (sussidiaria) di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ. o no (in senso negativo Cass. n.286/1984, cit.; Cass. n. 3794/1984, cit.; ecc.; in senso positivo Cass. 9063/1994, cit.; Cass. 6182/1994, cit.9).

Cass. n. 9063/1994 cit. prevede anche la possibilità di conversione del contratto di agenzia nullo in un contratto atipico di procacciamento di affari o di mediazione, ricorrendone gli estremi, e di conseguire il compenso per l’opera svolta in relazione a detti contratti. Ma nel contratto professionale di difesa tecnico-giuridica non sembra che possa concretamente ricorrersi ad alcun tipo di conversione di contratto.

3 - ONORARI E DIRITTI NELLA LIQUIDAZIONE DI SPESE GIUDIZIALI IN PROCEDIMENTI CON ASSISTENZA TECNICO-GIURIDICA DI NON ISCRITTO NELL’ALBO PROFESSIONALE, NEI CASI CONSENTITI DALLA LEGGE.

La giurispridenza della Corte di cassazione ha escluso che diritti ed onorari secondo la tabella professionale o secondo altri criteri si possano liquidare in favore della parte che sta in giudizio personalmente o della P.A. che sta in giudizio con rappresentanza ed assistenza di propri funzionari.

Occorre subito precisare che quanto si sta esponendo non riguarda i casi di difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato o, per altri enti pubblici, da parte di dipendenti avvocati, iscritti negli appositi elenchi speciali tenuti dagli ordini forensi, anche in relazione alla liquidazione di diritti ed onorari, in quanto, "ancorchè detto difensore sia un dipendente, quel diritto sorge per il solo fatto che la parte vittoriosa è stata in giudizio con il ministero di un difensore tecnico" (Cass. 28/5/1990, n.4970, in Mass., in caso di opposizione ad ordinanza-ingiunzione ex L. n.689/1981; per il caso in cui sia cessato il rapporto di pubblico impiego col professionista iscritto nel detto albo speciale e questi abbia continuato a svolgere attività difensiva in favore dell’ente, Cass. 26/5/1992, n.6290, in Mass., ha escluso che egli possa vantare diritto a compensi secondo la tariffa professionale).

Invece, Cass. 14/2/1994, n.1445 ( in Riv. giur. circ. 1994, 350), Cass. 13/8/1993, n.8678, (in Mass.), Cass. 29/11/1988, n.6454 (in Mass), Cass. 20/5/1987, n.4610 (in Giu. it. 1988, I, 1, 73), ed altre hanno ritenuto che alla P.A., che sta in giudizio a mezzo di proprio funzionario, "spetta unicamente il rimborso delle spese, con esclusione delle competenze e degli onorari di procuratore ed avvocato".

Cass. 15/12/1983, n.7409, cit., posto in evidenza che non si possono liquidare diritti ed onorari "difettando le relative qualità nel funzionario che opera in forza di rapporto organico", ritiene che nelle spese, escluse quelle generali, rientrino quelle che la P.A. "abbia concretamente affrontato per lo svolgimento della difesa nella causa specificamente considerata e da presumersi anticipate o rimborsate al funzionario, previa indicazione delle spese medesime in apposita nota, corredata delle spese giustificative".

Analogamente per il giudizio ex L. 24/11/1981, n.689, cit. la Corte di cassazione ha ribadito che non possono liquidarsi diritti ed onorari di avvocato "difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio", e che restano escluse le spese generali (Cass. 2/6/1995, n.6232, in Mass., ha annullato la decisione impugnata, che aveva tenuto conto delle spese generali "insuscettibili di essere imputate al singolo rapporto processuale e, in particolare, del ’costo’ relativo all’utilizzazione del funzionario distolto da altri incarichi"). E’ tuttavia appena da considerare che in caso di liquidazione secondo le tabelle dei compensi professionali queste spese generali dovrebbero rientrare nella previsione dell’art. 15 della tariffa, che prevede "un rimborso forfettario delle spese generali in ragione del 10% sull’importo degli onorari e dei diritti".

 

4 - L’ASSISTENZA E LA RAPPRESENTANZA DAVANTI ALL’A.F. ED ALLE COMMISSIONI TRIBUTARIE: a) NEL VIGORE DEL D.PR. N.636/1972.

L’art. 63 d.p.r. 29/9/1973, n.600, contenente "disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte ui redditi", regola la "rappresentanza e assistenza dei contribuenti" e dispone che "presso gli uffici finanziari il contribuente può farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale"(c.1) con procura speciale conferita per iscritto con firma autenticata, tranne che si tratti del coniuge o parente o affine entro il IV° grado o dipendenti di persone giuridiche, e con possibilità che l’autenticazione sia eseguita dagli stessi rappresentanti se iscritti in albo professionale o nell’apposito elenco previsto nel c. 3 (c.2), cioè quello costituito dagli impiegati della carriera dirigenziale, direttiva e di concetto dell’Amministrazione finanziaria, nonchè gli ufficiali della Guardia di finanza, collocati a riposo dopo almeno 20 anni di effettivo servizio (c.3) con divieto però per due anni dalla cessazione del rapporto di impiego di "esercitare funzioni di assistenzxa e rapprentanza prsso gli uffici finanziari e davanti alle commissioni tributarie" (c.4). Il c. 5 prevede la sanzione della multa da L. 50.000- a L. 500.000- per l’esercizio delle funzioni di rappresentanza ed assistenza in violazione delle suddette norme (si tratta di un delitto, come emerge dalla specie della pena - art. 17 cod. pen.- e come ha ritenuto il Ministero delle finanze, dir. gen. affari generali e personale, con circolare n.19/82618 del 28/7/1978, con la quale ha ricordato al personale dell’A.F., nonchè ai componenti delle commissioni tributarie ed impiegati delle relative segreterie che venissero a conoscenza di circostanze di fatto per tale reato, dell’obbligo del rapporto all’autorità giudiziaria).

Bisogna tener conto che la norma è inserita, come detto,nel D.P.R. relativo agli accertamenti e non in quello 26/10/1972, n.636, relativo alla "revisione del contezioso tributario", per cui non si riferisce esclusivamente, nè principalmente all’attività davanti alle commissione tributarie.

Invero, al tempo dell’emanazione di detto D.P.R. le commissioni tributarie erano ritenute dalla Corte costituzionale organi amministrativi e non giurisdizionali, con pronunce che dichiaravano inammissibili le questione di costituzionalità perchè proposte da organi non giurisdizionali, cioè non con statuizioni, come quelle di non fondatezza, emesse allo stato degli atti e su questioni riproponiobili, ma sull’accertata natura amministrativa delle commissioni stesse. Quali organi amministrativi, esse rientravano fra gli "uffici finanziari", come ogni altro secondo l’indicazione dell’art. 63 cit..

La Corte di cassazione ha avuto così modo di precisare (Cass. 10/12/1993,n.12154, in Giust. civ. 1994, I, 956) che "l’attività di rappresentanza ed assistenza dei contribuernti presso gli uffici finanziari è legittimamente esercitabile da chiunque, indipendentemente dalla sua iscrizione a qualsiasi albo professionale" e che deve "essere retribuita a nulla rilevando che questi risulti privo di una, non individuata, capacità professionale legale".

L’art. 30 D.P.R. 26/10/1972, n.636, non prevedeva l’obbligo, ma solo la facoltà del ricorrente, intervenuto o chiamato in giudizio, di farsi assistere e rappresentare da difensore ed indicava persone appartenenti ad alcune categorie iscritte negli albi professionali, nonchè persone iscritte nell’elenco previsto da norme vigenti formato dall’A.f. e funzionari di associazioni di categoria iscritti nell’elenco da tenersi presso l’intendenza di finanza (oggi ufficio regionale delle entrate o sezione distaccata di essi).

5 - SEGUE: CON L’ENTRATA IN VIGORE DEL D.P.R. 31/12/1992, N. 546 (1/4/1996)

Con l’art. 12, c.1, D.P.R. 31/12/1996, n. 546, le parti, diverse dall’ufficio finanziario o dall’ente impositore nei confronti del quale viene proposto il ricorso, debbono essere assistite da un difensore abilitato, con l’eccezione delle controversie di valore inferiore a L.5 milioni (importo del tributo al netto di interessi ed eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato, o,in caso di sola irrogazione di sanzione, importo della stessa) e sempre che il presidente della commisione, o della sezione, o del collegio giudicante non ritenga di invitare la parte a munirsi di assistenza tecnica entro un termine, a pena di inammissibilità.

Il c.2 dello stesso art. 12 abilita all’esercizio della difesa tecnica (che è poi sempre tecnico-giuridica, trattandosi di controversie che hanno alla base il diritto tributario e di partecipazione, quale difensore, ad attività giurisdizionale, che, per sua natura, è anzitutto giuridica) una considerevole quantità di categorie di persone, alcune aventi propri ordini professionali, altre no, alcune esercitanti attività giuridica, altre no.

Gli appartenenti a queste categorie possono stare in giudizio personalmente senza assistenza di difensori (art.12,c.6, che, come detto in 1, ha disposizione corrispondente nell’art. 86 cod.proc.civ., che però si riferisce solo agli avvocati).

Il Ministero della finanze "sta in giudizio direttamente o medinate l’ufficio del contenzioso della direzione regionale o compartimentale ad esso sovrordinata" (art. 11, c.2) e l’ente locale, nei cui confronti è posto il ricorso, "mediante l’organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento". Al processo il Ministero partecipa con i funzionari degli uffici e solo in II° grado "può essere assistito dall’Avvocatura dello Stato" (art.12,c.4).

Secondo l’art. 15, c.1, la parte soccombente è condannata al rimborso delle spese del giudizio, che vengono liquidate con la sentenza, tranne che la Commissione non ritenga di compensarle ai sensi dell’art. 92,c.2, cod.proc. civ..

Il c. 2 dispone che "i compensi agli incaricati dell’assistenza tecnica sono liquidati sulla base delle relative tariffe professionali" e che "agli iscritti negli elenchi di cui all’art. 12,c.2, si applica la tariffa vigente per i ragionieri".

Senonchè nelle tariffe per le professioni diverse da quella di avvocato non si hanno voci corrispondenti a quelle della professione forense (per l’ovvia ragione che si tratta di attività diverse che non si esercitano davanti ad organi giurisdizionali e che quest’ultima tariffa è specifica per l’attività forense).

Ancora, per le attività per le quali non sono previste tariffe o aventi contenuto del tutto estraneo la norma compie un’assimilazione di attività e di retribuzione a quella dei ragionieri, riferendosi alla tariffa propria di quest’ultima professione, che manca di voci specifiche riferibili all’attività forense vera e propria, com’è quella davanti alle commissioni, specie se queste vengono ritenute, come fa il D.P.R. n. 546/1992, organi giurisdizionali. Sembra un arrangiamento imcompleto ed inusuale assimilare attività professionali a quelle di una categoria specifica in relazione ad un’attività che non è propria nè abituale della stessa.

Col c. 2 bis dello stesso art. 15 (aggiunto con l’art. 1,c.1, lett.b, D.L. 15/3/1996, n123, si dispone che nella liquidazione delle spese in favore dell’ufficio finanziario, "se assistito da funzionari dell’amministrazione, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori con la riduzione del 20% degli onorari di avvocato, ivi previsti" (riscossione con iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza).

Il riferimento in via generale alla "tariffa vigente per gli avvocati e procuratori", seguito da quello specificante che la riduzione del 20% si applica agli onorari di avvocato porta a ritenere senza equivoci che i diritti di procuratore vanno liquidati per intero.

Si noti che la riduzione del 20% è inferiore a quella della metà prevista dalle tabelle sia per le cause individuali di lavoro di valore inferiore a L. 150.000- (art. 14 della tariffa), sia per i praticanti ammessi al patrocinio davanti alle preture (art.10 ivi).

Ma l’aspetto di incostituzioinalità emerge dalla diversità di trattamento, certamente deteriore riservato al contribuente/parte processuale, che, quando sta in giudizio personalmente dovrebbe avere diritto a compensi nella stessa misura riservata ai funzionari degli uffici, perchè altrimenti si ha un’ingiustificata ed ingiustificabile disparità di trattamento fra le pari dello stesso processo.

Essa non potrebbe neanche spiegarsi con l’impegno del personale dell’Amministrazione finanziaria nel processo e correlativa sottrazione dello stesso ad altre attività d’ ufficio (in passato, come si è visto, talora tenuta presente), perchè eguali ragioni valgono per il contribuente, costretto a dedicare tempo ed attività per il processo sottraendole ad altri impegni e/o in definitiva anche a svaghi secondo le sue libere scelte. Il tutto non sfugge all’ulteriore considerazione che i processi davanti alle commissioni tributarie sono originati da iniziative dell’A.F. non del contribuente, che si vede costretto a difendersi avendo la ragione che poi gli viene riconosciuta.

Questa disparità appare in tutta la sua evidenza, allorchè si pensi alla differenza di trattamento che può avere lo stesso soggetto, ad es. un comune, secondo che abbia il ruolo di parte/ente impositore (con suo organo, non di quelli abilitati alla difesache avrebbe, come tale, diritto ai compensi professionali forensi, come detto) o quello di parte/contribuente (con lo stesso organo non avente diritto a compenso alcuno).

Altro aspetto di incostituzionalità, ma qui delle norme del codice di procedura civile e della legge sulla depenalizzazione citate, secondo la giursprudenza che nega ai privati partecipanti personalmente al processo compensi difensivi in contrasto con le citate norme del processo tributario che li riconoscono, determinando una disparità di trattamento che la natura del processo non giustifica affatto non avendo alcuna rilevanza se si tratti di tributi o di altro.

Non sembra da condividere la giurisprudenza che disconosce alle P.A. parti le spese generali, in quanto queste sono riconosciute ai liberi professionisti dall’art. 15 della tariffa forense, come sopra indicato.

Non sembra, invece, che pongano rilievi per disparità la disposizione dell’art. 82,c.2, cod.proc.civ. che consente alla parte di stare in giudizio personalmente con l’autorizzazione del giudice di pace per liti che superano il limite segnato dal c. 1, e quella di senso opposto dell’art. 12, c.5, ultimo periodo, D.P.R. n. 546/1992, per la quale il presidente può imporre al contribuente di partecipare al giudizio con l’assistenza del difensore anche nei processi che consentono la partecipazione personale. Qui la diversità è giustificata dalla diversità dell’oggetto dei rispettivi giudizi.


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