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SOMMARIO: 1. Considerazioni preliminari. - 2. Le possibilità offerte al legislatore. Le soluzioni adottate. - 3. Le offerte anomale nella legge quadro sui lavori pubblici. - 4. Compatibilità della disciplina attuale con il diritto comunitario ed i principi costituzionali. - 5. Ragioni di critica e di consenso rispetto al sistema di esclusione automatica delle offerte anomale. - 6. Un tentativo di ricostruzione sistematica. Conclusioni.
1. Considerazioni preliminari. - Quando si parla di offerte anomale negli appalti pubblici si intende riferirsi a tutta una serie di offerte che per il loro ribasso, eccessivo rispetto alla natura dei lavori da eseguire, fanno dubitare della serietà dell’offerta stessa. Si tratta, in buona sostanza, di offerte contenenti ribassi tali da assicurare all’impresa offerente l’aggiudicazione della gara, ma non in grado, ad aggiudicazione avvenuta, di assicurare all’imprenditore un profitto adeguato.
Come ovvia conseguenza del mancato (o insufficiente) guadagno, si ha che spesso i lavori appaltati a questa tipologia di offerenti non vengono portati a termine nei tempi previsti, ovvero vengono eseguiti con materiali di scarto, ovvero ancora si ha che l’appaltatore procede alla richiesta di varianti in corso d’opera, con conseguente lievitazione dei prezzi tale da vanificare persino il risparmio realizzato dalla stazione appaltante aggiudicando all’offerta più conveniente dal punto di vista strettamente economico [1].
Pertanto nell’esperimento delle pubbliche gare le amministrazioni sono obbligate, ai fini dell’individuazione del soggetto aggiudicatario - che poi deve essere quello tra i partecipanti alla gara che meglio garantisce la realizzazione del pubblico interesse [2] - a valutare due elementi.
Il primo di essi è la idoneità del vincitore della gara a realizzare l’opera, eseguire la fornitura o il servizio, con le caratteristiche preordinate dall’amministrazione e nei tempi dalla stessa prefissati [3].
Solo in un momento successivo, e dopo aver vagliato attentamente la serietà degli offerenti e la loro idoneità ad eseguire l’opera (o il servizio o la fornitura) a regola d’arte, l’ente appaltante dovrà cercare di ottenere la prestazione in oggetto al miglior prezzo possibile [4].
Quanto detto risulta ancor più evidente se si considera come anche il potere di controllo di cui dispongono gli enti aggiudicatori è un potere per lo più virtuale, giacché in concreto i controlli e le verifiche sono di difficile realizzazione e spesso intervengono solamente ad opera ultimata, quando, cioè, non è più possibile porre rimedio [5].
Tutto questo considerato, e considerato soprattutto che principio regolatore delle pubbliche gare, in mancanza di normativa ad hoc in tema di esclusione delle offerte anomale, era quello di aggiudicare all’impresa che aveva presentato l’offerta più bassa [6], si comprende quanto impellente fosse l’esigenza di una regolamentazione normativa della materia. Essa sarebbe servita sicuramente a tutelare le amministrazioni aggiudicatrici da eventuali offerte poco serie [7], ma sarebbe servita anche per la tutela della stessa economia di mercato [8] e degli interessi delle imprese offerenti [9].
2. Le possibilità offerte al legislatore. Le scelte adottate. - Nello scegliere il sistema di individuazione ed esclusione delle offerte anormalmente basse si sono presentate al legislatore nazionale due soluzioni.
La prima è consistita nell’adozione di un metodo basato su di un procedimento nel quale sarebbe stato compito delle stazioni appaltanti l’individuazione delle offerte in sospetto di anomalia e l’esclusione delle stesse, ma solo dopo attenta verifica in contraddittorio con l’impresa.
La seconda, invece, è consistita nell’adozione di un metodo di individuazione delle offerte anomale basato su di un automatismo in virtù del quale il legislatore avrebbe fissato i criteri in base ai quali stabilire se considerare un’offerta anomala, dopo di che, l’offerta qualificata anomala in virtù di siffatto automatismo, avrebbe dovuto essere esclusa ipso iure dalla gara, senza che all’impresa offerente fosse data la possibilità di fornire giustificazioni in merito all’offerta stessa.
Accanto a questi due sistemi è ipotizzabile un sistema misto, nel quale il legislatore procede alla fissazione dei criteri di individuazione delle offerte anomale sulla scorta di canoni predeterminati (si tratta quindi di un sistema basato sull’automatismo di individuazione dell’anomalia), salvo poi affidare agli enti appaltanti il compito di verificare in contraddittorio con gli offerenti la reale anomalia delle offerte così individuate [10].
Ognuno di questi sistemi offre vantaggi e svantaggi [11], ed è di questi che il legislatore ha tenuto conto nell’apprestare la disciplina in materia.
La prima regolamentazione positiva dell’istituto la si trova nell’art. 29, paragrafo 5, della direttiva CEE 71/305 del 26 luglio 1971. In esso si stabiliva la necessità che fossero escluse dalle gare quelle offerte che avessero presentato un carattere anormalmente basso in relazione alla prestazione oggetto dell’appalto, ma veniva previsto altresì che una simile esclusione potesse avvenire solamente dopo un’attenta verifica dell’anomalia dell’offerta fatta in contraddittorio con l’offerente.
Ratio della norma in questione - oltre che, naturalmente, quella di tutelare le amministrazioni appaltatrici - era quella di mettere al riparo l’offerente da abusi delle amministrazioni in sede di esclusione delle offerte anomale garantendogli la possibilità di dimostrare la serietà dell’offerta fatta [12].
Alla direttiva 71/305 faceva seguito il legislatore italiano con l’art. 5, commi 14 e 15, della L. 2 febbraio 1973, n. 14. In questa disposizione normativa si provvedeva a disciplinare la fattispecie con modalità simili a quelle utilizzate nella direttiva comunitaria, prevedendo l’esclusione delle offerte solo ove fossero state manifestamente anomale, e previo contraddittorio con l’impresa offerente.
Invero però questo recepimento dei principi comunitari era avvenuto in maniera solo parziale giacché la stessa L. 14/1973, per porre rimedio al problema delle offerte anomale, aveva introdotto dei criteri di aggiudicazione che prevedevano l’esclusione automatica dalla gara delle offerte con ribassi percentuali non compresi all’interno dei limiti minimi e massimi di ribasso stabiliti all’interno di una scheda segreta predisposta dalla stazione appaltante (art. 1 lett. b e c: i metodi della media semplice e media mediata), oppure risultanti non comprese nel novero della metà delle offerte economicamente meno vantaggiose per la p.a. (lett. d: il metodo della media dimidiata)[13].
Inutile dire che tali metodi di aggiudicazione, che prevedevano l’esclusione di offerte sulla scorta di meri criteri di computo matematici, si ponevano in contrasto con quanto previsto dalla direttiva 71/305. Per ovviare a questa situazione, il legislatore, con l’art. 24, comma 3, della L. 8 agosto 1977 n. 584, di recepimento della direttiva comunitaria 71/305, rese il procedimento di verifica in contraddittorio dell’anomalia principio generale per tutte le gare relative agli appalti di lavori pubblici sopra soglia. Ovviamente per gli appalti sotto soglia continuava ad aver vigore il dettato della L. 14/1973 [14].
L’introduzione nel sistema italiano di un sistema di esclusione delle offerte in odore di anomalia sulla scorta di criteri matematici si ha con l’art. 17, comma 2, L. 11 marzo 1988, n. 67 [15], legge preceduta da una serie di decreti legge non convertiti [16]. Questa norma prevedeva che fossero considerate anomale le offerte che «presentano una percentuale di ribasso superiore alla media delle percentuali delle offerte ammesse, incrementata di un valore percentuale non inferiore al 5 per cento che deve essere indicato nel bando o nell’avviso di gara».
Da subito venne rilevato il contrasto dell’art. 17 con la direttiva 71/305[17], pertanto il legislatore italiano si affrettò ad emanare il D.L. 2 marzo 1989, n. 65 (convertito con L. 26 aprile 1989, n. 155) il cui art. 2 bis dopo aver previsto la necessità di verifica in contraddittorio per la valutazione dell’anomalia delle offerte, moderava tale affermazione prevedendo un regime transitorio - esteso fino al 31 dicembre 1992 - durante il quale le pubbliche amministrazioni avrebbero potuto escludere dalla gara le offerte che avessero presentato una percentuale di ribasso superiore alla media delle percentuali delle offerte ammesse, incrementata di un valore percentuale non inferiore al 7 per cento, non tenendo conto, nel calcolo di siffatta media, delle offerte in aumento. La medesima facoltà non era esercitabile qualora il numero delle offerte valide fosse risultato inferiore a quindici.
Quasi contemporanea all’emanazione del D.L. 65/1989 fu l’emanazione della direttiva CEE 89/440 del 18 luglio 1989 la quale, modificando la precedente direttiva 71/305, consentiva, sia pure in via transitoria, fino al 31 dicembre 1992, che le stazioni appaltanti facessero ricorso a criteri di esclusione automatica delle offerte anomale. Si venne così a sanare - in maniera del tutto originale - il contrasto tra la norma nazionale e quella europea.
Successivamente il legislatore nazionale è nuovamente tornato sul tema con l’art. 29, commi 5 e 6, del D.lgs 19 dicembre 1991, n. 406 di recepimento della direttiva 89/440. Con tale norma si riaffermava la necessità della verifica in contraddittorio, consentendo però, in via transitoria, e fino al 31 dicembre 1992, di utilizzare criteri automatici di esclusione delle offerte anomale, ma solo qualora il numero delle offerte presentate fosse risultato superiore a trenta [18].
3. Le offerte anomale nella legge quadro sui lavori pubblici. - In un simile contesto normativo, caratterizzato come si è visto, da una certa confusione in materia, il legislatore ha inteso porre rimedio con una legge quadro sui lavori pubblici, volta a fare chiarezza nel settore.
Nella L. 11 febbraio 1994, n. 109 il problema delle offerte anomale non viene affrontato in maniera diretta. Semplicemente, l’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 21 della L. 109/94 prevede che: «Nel caso in cui l’aggiudicatario abbia presentato un’offerta con un prezzo inferiore di oltre il 20 per cento rispetto alla media aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse, l’importo della garanzia di cui all’art. 30, comma 2, è incrementato del 50 per cento».
Anche tale disposto, come già la precedente produzione normativa in tema di offerte anomale, non ha mancato di suscitare perplessità. Si è osservato infatti, che questa disposizione, se da un lato può essere in grado di tutelare l’interesse della p.a. alla corretta esecuzione dell’opera, stante la prestazione di garanzie fideiussorie di livello certamente elevato, dall’altro si pone in aperto contrasto con le disposizioni comunitarie in materia, e da ultimo con l’art. 30 della direttiva CEE 93/37 [19].
Comunque, a prescindere da un simile ordine di considerazioni, sta di fatto che il problema delle offerte anomale non è affrontato in maniera diretta nella L. 109/1994. Tale carenza - che emerge con maggior evidenza se si pone attenzione a quale fosse la finalità della legge: ridisciplinare organicamente la materia dei lavori pubblici [20] - ha favorito il sorgere di dubbi interpretativi. Tra le varie interpretazioni che sono state date vi è chi ha ritenuto che, nel silenzio normativo, si dovesse ritenere vigente ancora la disciplina in tema di esclusione delle offerte anormalmente basse prevista dalla normativa previgente, in quanto non in contrasto con i principi della legge quadro. Ovvero che, sempre nel silenzio della 109/94, si sarebbe potuta ritenere direttamente applicabile la disciplina contenuta nella direttiva CEE 93/37 [21].
Simili dubbi sono stati subito fugati con l’emanazione di una serie di decreti legge non convertiti [22], i quali hanno previsto una doppia disciplina. Per gli appalti sopra soglia comunitaria è stata confermata l’esclusione previa verifica in contraddittorio delle offerte - si badi bene - individuate in base ad un automatismo.
Per gli appalti infracomunitari, invece, si è prevista la facoltà di esclusione automatica delle offerte che avessero presentato una percentuale di ribasso superiore di oltre il 20 per cento rispetto alla media aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse, purché l’intenzione di procedere ad una simile procedura fosse indicata nel bando di gara e le offerte ammesse non fossero state in numero inferiore a quindici.
L’impianto originario della 109/94 è stato successivamente modificato dal D.L. 3 aprile 1995, n. 101. Questo decreto legge, convertito con modificazioni dalla L. 2 giugno 1995, n. 215, ha sostituito il comma 1 dell’art. 21, e ha aggiunto al suddetto articolo un comma 1 bis. La disciplina prevista dal comma 1 bis per gli appalti sopra soglia non si discosta sostanzialmente da quella prevista dai precedenti decreti legge non convertiti.
Modifiche più rilevanti invece, si rinvengono quanto alla disciplina degli appalti sotto soglia. Recita, infatti, l’ultimo periodo dell’articolo in questione: «Relativamente ai soli appalti di lavori pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria, l’amministrazione interessata procede all’esclusione automatica delle offerte che presentino una percentuale di ribasso che superi di oltre un quinto la media aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse. La procedura di esclusione non è esercitabile qualora il numero delle offerte valide risulti inferiore a cinque.»
Il D.L. 101/1995 è stato convertito dalla L. 216/1995, la quale, in sede di conversione, ha apportato delle modifiche al comma 1 bis.
La prima di tali modifiche è consistita nell’aver prescritto che la percentuale di anomalia, ancorché essere fissata dal legislatore - come in precedenza era sempre avvenuto - fosse fissata entro il 1° gennaio di ogni anno con decreto del Ministro dei lavori pubblici, sentito l’Osservatorio, sulla base dell’andamento delle offerte ammesse alle gare espletate nell’anno precedente.
La seconda, e forse più rilevante modifica, è consistita nell’aver previsto un regime transitorio, fino al 1° gennaio 1997, durante il quale «sono escluse per gli appalti di lavori pubblici di importo superiore ed inferiore alla soglia comunitaria le offerte che presentino una percentuale di ribasso che superi di oltre un quinto la media aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse».
Tale disposizione ha subito dato vita ad un duplice ordine di problemi. Da un lato si è da subito fatta notare la contrarietà alle disposizioni comunitarie di una norma che prevede l’esclusione automatica anche per gli appalti sopra soglia, dall’altro - e solo in un secondo momento - si è posto il problema della disciplina applicabile a partire dal 2 gennaio 1997, non essendo intervenuto, nel frattempo, il decreto ministeriale di individuazione della soglia di anomalia..
Quanto alla prima questione rilevata la contrarietà dell’art. 21, comma 1 bis, L. 109/94 rispetto alla normativa europea, si è concluso - in ossequio al principio, più volte ribadito dalla stessa Corte costituzionale, della primazia del diritto comunitario sul diritto interno [23] - per la necessaria disapplicazione della normativa nazionale nella parte in cui la stessa contrastava con la disciplina comunitaria.
A tal proposito si è osservato: «Per quel che riguarda le direttive comunitarie […] è noto come le stesse abbiano carattere vincolante in relazione alle finalità perseguite, ma lascino liberi gli Stati nella scelta delle modalità di realizzazione di quelle finalità, sicché per il loro carattere strumentale non si trasfondono negli ordinamenti nazionali, avendo gli Stati come unici destinatari delle loro disposizioni; ciò implica che i singoli non possono invocarne l’immediata applicazione, trattandosi di atti i cui effetti giuridici sono normalmente subordinati all’emanazione di un atto di esecuzione interna. Tuttavia, in linea con un costante orientamento interpretativo della Corte di Giustizia delle Comunità europee, si è ammessa la diretta operatività delle direttive le cui prescrizioni siano incondizionate (sì da non lasciare margini di discrezionalità agli Stati membri nella loro attuazione) e sufficientemente precise (nel senso che la fattispecie astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad esso applicabile devono essere determinati con compiutezza in tutti i loro elementi) […]. In questi casi si prescinde quindi dalla qualificazione formale dell’atto-fonte, e si assegna rilievo preminente al dato sostanziale del contenuto della direttiva, che di fatto è un regolamento e come tale opera negli ordinamenti nazionali, dovendosi limitare le vere e proprie direttive all’enunciazione di criteri o principi generali e di regole finali destinati ad essere tradotti dagli Stati in norme di dettaglio».
E quindi: «poiché la norma transitoria introdotta dall’art. 21, c. 1 bis, ultimo periodo, della legge 109/94 - in tema di esclusione automatica delle offerte anomale - non risulta conforme alla disciplina di cui all’art. 30, n. 4, della direttiva del Consiglio n. 93/37 CEE del 14 giugno 1993, e poiché la norma comunitaria è direttamente efficace nel nostro ordinamento in quanto incondizionata e sufficientemente dettagliata, l’Amministrazione avrebbe dovuto disapplicare la norma interna e quindi avviare la procedura della valutazione della congruità dell’offerta presentata dalla ricorrente, acquisendone le giustificazioni circa la composizione dell’offerta medesima, e solo in esito a tale verifica disporne l’eventuale esclusione»[24].
In ordine al secondo problema, il legislatore, non essendo nel frattempo intervenuto il decreto del Ministro dei lavori pubblici di fissazione della percentuale costituente la soglia di anomalia, come previsto dall’art. 21, comma 1 bis, L. 109/94, ha provveduto ad emanare il D.L. 31 dicembre 1996, n. 670 il cui art. 4 ha previsto la sostituzione del comma 1 bis con il seguente articolo: «Fino al 1° gennaio 1998 sono escluse, per gli appalti di lavori pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria, ovvero sono sottoposte alla valutazione della anomalia delle offerte di cui all’art. 30 della direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, le offerte che presentano una percentuale di ribasso superiore alla media aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse incrementata di un quinto della media stessa». Tale norma non è stata convertita, perdendo efficacia ex tunc, e ponendo così il problema della sorte degli appalti banditi durante la vigenza della stessa, ma aggiudicati quando il D.L. non era più in vigore [25].
Finalmente il 28 aprile 1997 è stato emanato il D.M. di individuazione della soglia di anomalia nelle gare d’appalto, così come previsto nella legge quadro. In questo D.M. si è stabilito che per il 1997 la percentuale di cui all’art. 21, comma 1 bis, L. 109/94 fosse fissata nella misura pari alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che avessero superato la predetta media. Lo stesso criterio è stato poi utilizzato nel D.M. 18 dicembre 1998 di individuazione del limite di anomalia nelle gare d’appalto per tutto il 1998.
L’ultimo capitolo della intricata vicenda che si sta seguendo si è avuto con l’emanazione della L. 18 novembre 1998, n. 415 di modifica della L. 109/94. La cosiddetta Merloni ter ha modificato anche il comma 1 bis dell’art. 21. Anche il nuovo testo della norma prevede un criterio di esclusione automatica per gli appalti infracomunitari, ed un criterio di individuazione automatica per le offerte da sottoporre a verifica negli appalti sopra soglia.
Per la individuazione della soglia di anomalia, è stato utilizzato un criterio - unico per gli appalti sopra e sotto soglia - che si pone come regola di carattere generale, non bisognosa per la sua attuazione dell’emanazione di un decreto ministeriale [26]. Quanto al regime transitorio, infine, la circolare del Ministero dei Lavori pubblici 22 dicembre 1998, n. 2100 ha stabilito che le innovazioni apportate dalla nuova norma si applicano solamente alle procedure i cui bandi risultino pubblicati a partire dalla data di entrata in vigore della legge stessa.
4. Compatibilità della disciplina attuale con il diritto comunitario ed i principi costituzionali. - Svolta una breve disamina sulla disciplina in tema di esclusione di offerte anomale, nella sua evoluzione storica e così come si presenta oggi agli operatori giuridici, si rende necessario operare alcune brevi riflessioni sulla compatibilità della normativa in materia con i principi comunitari e con quelli contenuti nella Carta costituzionale.
Quanto alla compatibilità della disciplina prevista per gli appalti sopra soglia sia con il dictum comunitario, che con quello costituzionale, non sembra potersi dubitare. Infatti è stato osservato che l’aver previsto un criterio automatico di rilevazione in via presuntiva delle offerte anormalmente basse da sottoporre a riscontro, ancorché ancorato alla media dei ribassi, non appare in contrasto con i principi comunitari, giacché tale metodo si presenta maggiormente garantista dell’imparzialità dell’azione amministrativa rispetto al criterio della valutazione caso per caso [27]. Pertanto non contrasta con la ratio della previsione contenuta nell’art. 30, n. 4, della direttiva 93/37 che è quella di salvaguardare la libera concorrenza, la quale si esplica anche attraverso la possibilità per le ditte partecipanti ad una gara pubblica di offrire il prezzo più basso possibile in modo da risultare vincitrici ed aggiudicarsi l’appalto, purché siano poi in grado di dare dimostrazione della serietà dell’offerta e della possibilità di adempiere all’obbligazione assunta in cambio del corrispettivo indicato [28].
Considerazioni simili possono svolgersi in ordine alla contrarietà della norma de qua alla Carta costituzionale: l’individuazione con criterio basato su automatismo di offerte da sottoporre a verifica non sembra contrastare con nessuna norma di rango costituzionale.
Quanto alla disciplina di esclusione delle offerte anomale negli appalti sotto soglia, benché si possa discutere della opportunità di mantenere o meno una disciplina in stridente contrasto con quella posta a livello comunitario [29], non pare potersi dubitare della possibilità del legislatore nazionale di discostarsi dalle precitate direttive CEE, giacché le stesse si limitano esclusivamente a regolamentare gli appalti sopra soglia, non essendo viceversa vincolanti per quanto riguarda gli appalti sotto soglia [30].
Più spinosa diventa la questione quando si passa a parlare della legittimità costituzionale della norma prevedente l’esclusione automatica negli appalti infracomunitari.
A tal riguardo da più parti sono state avanzate formule dubitative in merito alla conformità della normativa in materia agli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione.
Innanzitutto, si è detto che la disciplina dell’esclusione automatica contrasterebbe con l’art. 97 Cost., in quanto contraria ai principi di ragionevolezza e buon andamento dell’azione amministrativa, poiché, impedendo all’amministrazione la verifica in contraddittorio, le impedirebbe di trarre vantaggio da offerte che, pur apparendo anomale, potrebbero essere, in concreto, effettivamente vantaggiose.
Inoltre si ritiene che tale disciplina contrasterebbe con l’art. 41 della Costituzione perché lederebbe la libertà di concorrenza impedendo alle imprese realmente competitive di far valere tale competitività. Ed infine sarebbe contraria all’art. 3 Cost. sotto un duplice profilo: da un lato per la disparità di trattamento tra operatori economici negli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria rispetto agli appalti di importo pari o superiore, dall’altro per la irragionevolezza dell’esclusione automatica in luogo di quella previo contraddittorio, irragionevolezza che denoterebbe il vizio di eccesso di potere legislativo[31].
Ad una simile tipologia di argomentazioni non è rimasta insensibile neppure la giurisprudenza. Difatti si è assistito ad una serie di ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale nelle quali i giudici remittenti hanno mostrato di aver fatto proprie le censure già mosse dalla dottrina[32].
La controversia è stata risolta dal Giudice delle leggi con sentenza n. 40/98[33]. In tale sede la Corte costituzionale ha rigettato le questioni di incostituzionalità delle norme in oggetto, ritenendo non irragionevole la disciplina de qua e non in contrasto con il principio del buon andamento.
Sostiene la Corte, con argomentazioni che paiono convincere, che negli appalti che non rientrano nella disciplina comunitaria, l’esigenza di garantire la serietà dell’offerta, in relazione al ribasso proposto, può essere perseguita anche con modalità diverse da quelle della verifica in contraddittorio. Invero il buon andamento dell’azione amministrativa può concretarsi, oltre che con il raggiungimento di determinate finalità da parte degli organi a ciò deputati, anche attraverso la disciplina dei procedimenti amministrativi.
Questa, in relazione alle finalità perseguite dal legislatore, potrà prevedere l’adozione di determinati meccanismi, i quali, anche se in riferimento ad un singolo appalto possono apparire più dispendiosi, con riferimento alla totalità degli appalti sotto soglia, trovano una loro ragion d’essere. Non si deve dimenticare, infatti, che anche il criterio dell’esclusione automatica delle offerte anomale, offre rilevanti vantaggi, tra i quali quello di evitare abusi e collusioni da parte di funzionari poco onesti, di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa, e portare ad una sensibile riduzione del contenzioso in materia. Evidentemente questi non sono vantaggi del tutto trascurabili; ed altrettanto evidentemente forniscono una chiara giustificazione alla disciplina in tema di esclusione automatica [34].
Quanto al contrasto con l’art. 41 Cost., non si vede dove esso sia. Questo articolo della Carta costituzionale parla libertà di iniziativa economica. Ed allora non si capisce come possa limitare l’iniziativa economica delle imprese una norma che semplicemente prevede il procedimento di esclusione automatica di offerte che per il loro ribasso molto elevato si ritiene possano essere poco serie. Quella in questione è semplicemente una delle tante regole (come quelle che prevedono la necessità del rilascio di taluni provvedimenti permissivi per lo svolgimento di determinate attività commerciali) all’interno delle quali l’attività economica deve svolgersi, ed anzi tende a garantire il migliore svolgimento della stessa.
Un’ultima notazione in merito al presunto contrasto del comma 1 bis, così come novellato, con l’art. 3 Costituzione. A tal riguardo deve notarsi che è certamente vero che vi è una disparità di trattamento tra operatori economici che presentino offerte in relazione ad appalti sopra soglia, ed operatori economici che le presentino in relazione ad appalti infracomunitari, ma questa disparità non contrasta con il dictum costituzionale in quanto la diversa complessità delle verifiche necessaria ad accertare la reale anomalia delle offerte ed il differente valore degli appalti rende giustificabile una differente disciplina [35].
5. Ragioni di critica e di consenso rispetto al sistema di esclusione automatica delle offerte anomale. - Accertata la legittimità costituzionale del criterio dell’esclusione automatica, e, seppur limitatamente agli appalti sotto soglia, la sua conformità alle direttive comunitarie, non rimane - e qui il compito diventa più arduo - che valutare l’opportunità dell’utilizzo di un simile criterio piuttosto che quello della verifica in contraddittorio.
Per farlo può risultare utile passare in rassegna i vari vantaggi e svantaggi collegati ai due sistemi di esclusione delle offerte anomale.
Quanto al sistema di verifica in contraddittorio, esso, se utilizzato al meglio, offre il vantaggio indiscutibile di fare in modo che offerte serie e realmente vantaggiose per l’amministrazione appaltante non vengano escluse ipso iure, solamente per il loro ribasso molto elevato, ma permettano all’impresa che le ha presentate di risultare aggiudicataria della gara [36]. Si favorisce così la concorrenza e la competitività tra le imprese del settore, premiando quelle che realmente sono in grado di ottenere i risultati migliori.
Sotto altro profilo, infine, si ritiene che la regola della verifica in contraddittorio potrebbe essere utile per ottenere una maggiore responsabilizzazione dei pubblici funzionari, laddove oggi la deresponsabilizzazione di fatto dei funzionari amministrativi costituisce grave problema.
D’altro canto però, viene fatto notare che l’eccessiva discrezionalità può essere foriera di abusi da parte degli amministratori e di collusioni tra questi e le imprese partecipanti, il tutto in una materia nella quale - poiché riservata alla discrezionalità amministrativa - il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dalla stazione appaltante solo ove via sia irrazionalità manifesta delle stesse o travisamento dei fatti [37], con il conseguente pericolo di grave compromissione della piena tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive delle imprese concorrenti garantita dall’art. 24 della Costituzione e di lesione del principio di par condicio delle pubbliche gare [38].
Ulteriori inconvenienti del procedimento di verifica in contraddittorio sono dati dal notevole appesantimento della procedura che si avrebbe se si sottoponessero a verifica le offerte sospette, e dall’aumento del contenzioso che ne deriverebbe: difatti ogniqualvolta un’impresa dovesse essere esclusa quasi certamente impugnerebbe di fronte alla competente autorità giudiziaria il relativo provvedimento di esclusione, determinando così un aumento dei costi dovuti al contenzioso conseguente a queste procedure, ed inoltre un notevole ritardo nell’esecuzione dei lavori, dovuto a probabili provvedimenti di autotutela o a misure cautelari giurisdizionali [39].
A ciò si aggiunga la incapacità degli enti appaltanti di compiere le verifiche necessarie per la valutazione dell’anomalia attraverso il procedimento in contraddittorio, esigendo tale valutazione l’utilizzo di particolari misure organizzative da parte delle varie amministrazioni, non sempre adeguate alla concreta importanza dell’appalto.
Infine, quand’anche gli inconvenienti suesposti non si verificassero, rimane pur sempre una certa reticenza da parte degli amministratori pubblici all’utilizzo del potere di esclusione delle offerte anomale in seguito a verifica in contraddittorio anche per evitare le responsabilità connesse all’utilizzo di quel potere [40], ovvero per la preoccupazione politica di fare mostra di risultati di gara apparentemente più favorevoli, in quanto ottenuti a minor prezzo, e che diano un’immagine immediata di efficienza dell’agire amministrativo (salvo poi risolversi nella cattiva esecuzione dell’opera) [41].
Quanto al procedimento di esclusione automatica, i vantaggi dello stesso consistono nella rapidità con cui si definisce l’iter concorsuale, nella snellezza del procedimento volto alla individuazione ed alla relativa esclusione delle offerte anomale, alla certezza in ordine ai risultati raggiunti dalla commissione di gara, al mancato aumento del contenzioso, ed alla maggiore trasparenza dell’azione amministrativa.
Circa gli svantaggi, si ha che con questo tipo di procedimento vi è il concreto rischio di esclusione di offerte serie e convenienti senza la previa possibilità di verifica delle stesse; ed inoltre il rischio di accordi tra più partecipanti alla gara volti ad alterare artificiosamente la soglia di anomalia.
6. Un tentativo di ricostruzione sistematica. Conclusioni. - Procediamo ora a tirare le fila del discorso si qui portato avanti per giungere a delle conclusioni.
Innanzitutto occorre stabilire se quello dell’esclusione delle offerte anormalmente basse costituisca principio generale in tema pubbliche gare o meno.
La risposta a tale quesito non può essere che positiva. Del resto l’appalto si configura come un contratto oneroso a prestazioni corrispettive, nel quale ciascuna delle parti si sobbarca un sacrificio per conseguire un vantaggio. Esso è un contratto sinallagmatico, e come tutti i contratti sinallagmatici, è destinato ad essere dominato dai principi di lealtà e buona fede, il che vuol dire anche obbiettiva affidabilità delle proposte. Quanto detto, se vale per i contratti stipulati tra privati, a maggior ragione vale per i contratti nei quali è parte una pubblica amministrazione. Pertanto, di fronte a qualsiasi offerta, la parte potrà sempre valutarne la serietà e rifiutare la stipulazione del contratto qualora dovesse ritenere la proposta dell’altro contraente non affidabile. Nel caso di pubbliche amministrazioni questa facoltà diventa potestà, cioè potere-dovere conferito agli organi amministrativi per il perseguimento dell’interesse pubblico.
Ne consegue che l’esclusione delle offerte incongrue costituisce principio di carattere generale, volto a garantire la serietà del procedimento e quindi posto a garanzia dell’amministrazione in applicazione del più generale principio secondo cui le parti, nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede[42].
Sulla scorta di quanto detto, quindi, va contrastata l’opinione di chi ha ritenuto che: «l’esclusione dell’offerta anomala rappresenta un evento eccezionale, all’esito di un procedimento facoltativo ed eventuale, mentre il mantenimento in gara dell’offerta più bassa è la situazione normale»[43]: essa non tiene conto che «il diniego di approvazione di una gara di appalto per eccessività del ribasso tende al perseguimento dell’interesse pubblico - nel quale si identifica l’interesse dell’ente committente - alla corretta esecuzione delle opere, dovendosi evitare che le imprese, indotte ad elevare in misura abnorme i ribassi per assicurarsi i lavori, tentino di riequilibrare il sinallagma contrattuale frapponendo contestazioni e difficoltà in sede esecutiva, con inevitabili ripercussioni sulla corretta realizzazione delle opere e sul rispetto dei previsti tempi di ultimazione»[44].
Stabilito che il procedimento di esclusione delle offerte anormalmente basse è istituto di carattere generale in tema di pubbliche gare a tutte le gare[45], rimane da individuare il criterio generale di esclusione delle offerte per gli appalti infracomunitari: quello di verifica in contraddittorio ovvero quello di esclusione automatica.
A ben vedere con l’avvento della legge quadro il legislatore è stato chiaro nell’indicare quest’ultimo come regola generale. In favore della tesi che qui si espone soccorre il notare che, seppure l’art. 21 della L. 109/94 sia stato modificato più volte, ed alla formulazione originaria sia stato aggiunto un comma 1 bis, la volontà del legislatore di preferire il procedimento di esclusione automatica a quello della verifica in contraddittorio, risulta chiaramente dalla lettera del comma 1 bis, sia nella formulazione originaria, che in ogni sua successiva modifica[46].
D’altronde questa scelta offre vantaggi indiscutibili: non si sta a ripetere quanto si è già detto[47], semplicemente si vuol ricordare come anche la celerità (per minor aggravio procedimentale e per il mancato sorgere di contenzioso), la trasparenza, e gli altri vantaggi che sono connessi all’utilizzo di un simile sistema, sono beni giuridici suscettibili di valutazione anche sotto il profilo monetaristico, essendo quantificabili economicamente i benefici ottenuti con il procedimento di esclusione automatica. E questi benefici, ad avviso di chi scrive, compensano ampiamente il mancato risparmio dovuto all’esclusione - in quanto qualificate come anomale - di offerte concretamente vantaggiose per l’amministrazione.
Non si deve dimenticare quanto si è già detto, e cioè che negli appalti sotto soglia le offerte presentate sono una miriade: per valutare concretamente la reale convenienza delle stesse sarebbero necessarie sia strutture e apparati in grado di analizzare con opportuna perizia la composizione delle offerte; sia amministratori scrupolosi e coraggiosi. Già coraggiosi, giacché sarebbe difficile da adottare un provvedimento di esclusione di un’offerta con ribasso maggiore, ancorché anomala, per un duplice ordine di ragioni: in primis perché è sempre soluzione più semplice e comportante minori responsabilità quella di aggiudicare all’offerente il maggior ribasso; ed inoltre perché sarebbe impopolare e poco opportuno da un punto di vista strettamente politico (nel senso di fare bella mostra di appalti affidati a prezzi irrisori, salvo poi lamentarne la cattiva esecuzione) un simile provvedimento di esclusione.
Ed inoltre, in molte occasioni sarebbe difficile scegliere tra offerte molto vicine tra di loro, escludendone una perché anomala, ed invece aggiudicando ad un’altra che sostanzialmente non si discosta molto dalla prima. Difatti nelle gare sotto soglia spesso accade che le ditte partecipanti ad una gara siano numerose.
Conseguentemente, supponendo che si appuri la sicura anomalia dell’offerta più conveniente dal punto di vista economico, diventerebbe, poi, estremamente difficile scegliere a chi aggiudicare - dopo l’esclusione di quella - tra quelle offerte vicine alla soglia ritenuta di anomalia (soglia che - volendo verificare in concreto l’anomalia delle offerte e non con l’utilizzo di criteri basati su automatismi - non può che essere individuata con una certa approssimazione), e spesso contenenti prezzi non molto divergenti tra loro. Un esempio può servire a chiarire. Si supponga che ad una gara partecipino un numero x di ditte. Si supponga sempre che l’offerta economicamente più conveniente presenti un ribasso del 30% sul prezzo a base d’asta, e che essa sia sicuramente anomala. Si continui a supporre che non debbano essere considerate anomale, invece, le offerte contenenti ribassi che si aggirino intorno al 20% di ribasso. Quale criterio dovranno utilizzare gli amministratori nello scegliere la ditta aggiudicataria tra quelle presentanti ribassi del 19%, del 20% e del 21% sul prezzo a base d’asta? Come potrà spiegare la stazione appaltante alla ditta prima esclusa che la sua offerta contenente un ribasso del 21% è anomala, mentre non lo è quella che contiene un ribasso del 20%?
L’assurdo
viene ancor più in evidenza ove si pensi che in questa tipologia di gare
l’importo a base d’asta spesso non è somma di rilievo. La differenza tra un
ribasso del 20% ed uno del 21% in questi casi si risolverebbe in cifre non
ragguardevoli. Come spiegare, allora, ad un imprenditore che la sua offerta
contenente un ribasso superiore di pochi milioni di lire al ribasso contenuto
nell’offerta alla quale è stata aggiudicata la gara è anomala, mentre non lo
è l’altra offerta discostantesi dalla sua di pochi milioni?
Ed allora, è proprio per ovviare a simili inconvenienti che si è ritenuto opportuno introdurre un meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale negli appalti sotto soglia.
Certamente questo procedimento non è privo di inconvenienti, primo fra tutti la possibilità di accordi tra privati partecipanti volti ad alterare artatamente l’esito delle gare, ma questo non è che il rovescio della medaglia: ogni procedimento, ogni meccanismo ha vantaggi e svantaggi, e si rende opportuno mantenerlo operante qualora i primi siano più consistenti dei secondi. E nel caso di specie è opinione di che scrive che i vantaggi derivanti dal procedimento di esclusione automatica negli appalti infracomunitari siano tali da compensare gli svantaggi.
Certo, si può discutere se apportare al criterio attualmente utilizzato modifiche o cambiamenti [48], ma che negli appalti sotto soglia l’individuazione delle offerte anomale sia opportuno compierla con procedimenti basati sull’automatismo dell’esclusione, è cosa che, ad avviso di chi scrive, non può essere revocata in dubbio.
Qualcuno [49] ha ritenuto di ravvisare una intrinseca sfiducia del legislatore nei confronti dei sistemi di esclusione discrezionale caratteristica di alcuni Stati dell’area latino-mediterranea, mentre a livello europeo, o quanto meno a livello nord europeo, sono privilegiati i procedimenti di esclusione delle offerte solo dopo verifica in contraddittorio. Invero lo stesso autore mostra di essere consapevole che ciò accade «anche per la consapevolezza di poter disporre di rimedi normativi ampiamente in grado di tutelare gli interessi pubblici, attraverso precise norme sia sulla responsabilità politico-amministrativa dei funzionari, sia sulla responsabilità patrimoniale delle imprese» [50], laddove in Italia vige la irresponsabilità di fatto dei funzionari amministrativi. Ed anche questo ordine di considerazioni porta ad aderire al criterio utilizzato nella legge quadro in ordine all’esclusione delle offerte anormalmente basse.
Ovviamente le cose cambiano in maniera radicale quando si passi a considerare gli appalti sopra soglia. In questo caso il rilevante importo economico delle opere da realizzare, e, conseguentemente, il considerevole maggiore risparmio che si otterrebbe aggiudicando all’offerta effettivamente più vantaggiosa, unitamente al minor numero delle imprese partecipanti ed alla maggior visibilità dei relativi procedimenti di gara (visibilità che rende più difficoltoso il compimento di abusi da parte di amministratori disonesti), renderebbe al contempo effettivamente vantaggiosa la verifica, e non eccessivamente onerosa.
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[1] Sul punto cfr. R. De Nictolis, Confermata l’esclusione automatica per i bandi anteriori al D.M. 28 aprile 1997, in Urbanistica e appalti, 1998, 893, e spec. 900; T. Taverriti, Le offerte anomale nelle gare di appalto di lavori pubblici, in Urbanistica e appalti, 1997, 1297; ed in particolare R. Lenzetti, Patologia dell’appalto: le offerte anomale, in Nuova rassegna, 1996, 785, il quale osserva: «Questi pericoli e questi tentativi sono più frequenti e dannosi in situazioni di grave crisi economica, di inflazione crescente, di mercato irregolare, ove imprenditori poco scrupolosi potrebbero essere stimolati ad accaparrarsi la gara, a prezzi non remunerativi, fidando magari in successivi accordi collusivi con l’Amministrazione, o nel gioco della revisione prezzi, o ripromettendosi di non eseguire i lavori con la dovuta attenzione e nel rispetto della qualità dei materiali, o ancora al solo scopo di ottenere l’anticipazione […] per utilizzarla magari per fronteggiare altre emergenze economiche non procrastinabili e che con l’opera pubblica non hanno nulla a che fare». In giurisprudenza il principio è affermato da TAR Toscana, sez. II, 20 marzo 1996, n. 154, in Foro it., Rep. 1997, voce Opere Pubbliche, n. 396, dove si legge: «Con l’art. 5 L. 2 febbraio 1973 n. 14, è stato introdotto nell’ordinamento l’istituto della verifica delle offerte anomale, quale corrispettivo della naturale tendenza delle imprese concorrenti ad aumentare artificiosamente i ribassi e ad offrire, oltre il lecito, prezzi inferiori a quelli correnti, al fine di conseguire l’aggiudicazione della gara, salvo poi realizzare ugualmente l’utile d’impresa tramite l’utilizzazione di materiali scadenti o l’uso di altri analoghi espedienti poco ortodossi, a discapito dell’interesse pubblico alla realizzazione ottimale del risultato in materia di esecuzione di opere pubbliche». In termini simili si è espresso il TAR Sardegna, 15 aprile 1999, in Trib. amm. reg., 1999, I, 2269, che ha rilevato: «Nei contratti ad evidenza pubblica, il potere di escludere dalle gare preordinate alla scelta del contraente privato l’offerta anomala trova il suo fondamento nella necessità di evitare, nei limiti del possibile, l’aggiudicazione a soggetti che, pur di acquisire l’appalto, offrono ribassi così elevati da far ritenere dubbia la serietà della proposta, rendendo conseguentemente incerta la regolare e tempestiva esecuzione del contratto».
La ragione del moltiplicarsi di offerte anomale va sostanzialmente individuata nell’abnorme proliferazione delle imprese appaltatrici di lavori pubblici, molte delle quali, pressate dalla necessità di acquisire a tutti i costi commesse indispensabili a dare una boccata d’ossigeno alle loro esigenze e difficoltà aziendali, e fidando al tempo stesso nella possibilità di riequilibrare in corso d’opera - attraverso il collaudato meccanismo dei nuovi prezzi e delle perizie suppletive - l’economia dell’appalto, non disdegnano di formulare ribassi molto elevati che determinano confusione e scompiglio nel mercato. In tal senso cfr. M. Mazzone, Vecchia e nuova disciplina delle offerte anomale nelle gare d’appalto di opere pubbliche, in Riv. trim. app., 1988, 395. Sulle cause del fenomeno cfr. A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta tra principi comunitari e diritto interno, in Riv. trim. app., 1996, 643 e spec. 646 e s.; R. Magnani, Le offerte anomale tra vecchia e nuova disciplina, in Arch. giur. oo.pp., 1989, 1532; R. Virgilio, Disciplina delle offerte anomale e disciplina comunitaria, in Rass. lav. pubb., 1988, I, 381.
[2] Può essere opportuno ricordare che la realizzazione del pubblico interesse si pone come limite di carattere generale della discrezionalità amministrativa. Il principio è pacifico. Sul punto cfr. P. Virga, Diritto amministrativo - atti e ricorsi, Milano, 1995, 8 e la dottrina ivi richiamata.
[3] In tal senso si vedano le osservazioni di M. Mazzone, Vecchia e nuova, cit., 396. L’autore osserva: «è circostanza nota infatti che in tema di appalto di lavori pubblici il preminente ed essenziale interesse perseguito dall’amministrazione committente è la realizzazione dell’opera, rispetto alla quale l’interesse - pur apprezzabile - ad ottenere tale risultato con la minore spesa possibile subisce sensibili temperamenti».
[4] In termini cfr. A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 645.
[5] Sul punto cfr. R. Lenzetti, Patologia dell’appalto, cit., 785.
[6] Molto attente si rivelano le osservazioni di A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 647, il quale rileva che un simile comportamento era doveroso in quanto a chiare lettere previsto dal R.D. 23 maggio 1924, n. 824, artt. 75 e ss.
[7] Così TAR Veneto, sez. I, 6 marzo 1995, n. 421, in Foro it., Rep. 1997, voce Opere pubbliche, n. 420.
[8] Cfr. A. Massari, Alcune considerazioni sulla problematica applicazione del regime transitorio di esclusione delle offerte anomale di cui all’art. 21, comma 1 bis, della legge quadro sui lavori pubblici, in Comuni d’Italia, 1996, 1770; A. Iannotta¸ L’anomalia dell’offerta, cit., 648, il quale osserva: «Ulteriore conseguenza dell’aggiudicazione a prezzi eccessivamente bassi è che l’Impresa esecutrice dell’appalto, essendo costretta a contenere i costi, si vede spinta, se non necessitata, a risparmiare ricorrendo ad espedienti illeciti quali il lavoro nero e l’evasione contributiva, o anche l’inosservanza delle prescrizioni in materia di sicurezza sul lavoro, con evidente ulteriore aggravio di costi sociali».
[9]In quanto messe al riparo dai fenomeni distorsivi causati dalla presenza di offerte in sospetto di anomalia.
[10] Cfr. R. De Nictolis, La disciplina transitoria delle offerte anomale negli appalti inferiori a cinque milioni di ECU, in Urbanistica e appalti, 1998, 618; R. De Nictolis, Offerte anomale e offerta economicamente più vantaggiosa, in Cons. Stato, 2000, II, 159.
[11] Gli svantaggi del meccanismo di verifica in contraddittorio sono legati essenzialmente alla possibilità di abusi e di collusioni con le amministrazioni, e alle difficoltà che le stazioni appaltanti possono avere nell’individuare gli elementi di anomalia all’interno delle offerte; il secondo tipo di meccanismo ha svantaggi collegati alla possibilità - tutt’altro che eventuale - che vengano escluse offerte serie e convenienti per l’amministrazione. Sul punto si tornerà diffusamente più avanti.
[12] In questa sede la ricognizione storica è fatta in maniera necessariamente superficiale, dato il carattere di questo studio, che è quello di fornire spunti critici in ordine alla disciplina vigente, e che conduce una ricognizione storica al solo scopo di vagliare sommariamente le scelte operate dal legislatore in passato per rapportarle alla disciplina attuale. Per ulteriori approfondimenti sull’evoluzione normativa in materia si rinvia a: R. De Nictolis, La disciplina transitoria delle offerte anomale al vaglio della giurisprudenza, in Urbanistica e appalti, 1998, 313; M. Mazzone, Vecchia e nuova, cit., 401 e ss.; M. Frontoni, Discrezionalità amministrativa ed esclusione delle offerte “anomale”, in Riv. amm., 1996, 387; A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 651 e ss.
[13] Sull’argomento cfr. A Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 654; M. Mazzone, Vecchia e nuova disciplina, cit., 397 e s.; P. Virga, Diritto amministrativo - Principi, Milano, 1993, 424 e s.; G. Elmosi - M. Rotondi, L’appalto di opere pubbliche, Milano, 1996, 221 e ss.
[14] Sulla contemporanea vigenza di una doppia disciplina, diversa a seconda del valore degli appalti, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 aprile 1984, n. 182, in Cons. Stato, 1984, I, 425.
[15] Invero già in precedenza vi furono alcune circolari del Ministero del lavori pubblici n. 618 del 25 novembre 1978, n. 1270/UL del 30 luglio 1985, e n. 2777/31 del 12 giugno 1986 nelle quali il Ministero indicava metodi matematici per la individuazione delle offerte da sottoporre a verifica.
[16] Decreti legge 25 maggio 1987 n. 206, 27 luglio 1987 n. 302, 25 settembre 1987 n. 393.
[17] Cfr. Corte di giustizia CEE, 22 giugno 1989, n. 103/88, in Arch. giur. oo.pp., 1989, 985.
[18] V. P. La Rocca, Appalti e concessioni dopo la direttiva CEE n. 440/89: il decreto legislativo n. 406/1991 di attuazione della direttiva, in Nuova rassegna, 1992, 313.
[19] Può essere opportuno ricordare che la Regione Emilia Romagna, in relazione al disposto originario dell’art. 21, comma 1 L. 109/94, ha sollevato questione di legittimità costituzionale in quanto la norma non consente all’amministrazione di verificare ed eventualmente escludere le offerte anomale, prescrivendo, invece il solo aumento dell’importo della garanzia fideiussoria. La Corte non si è pronunciata sulla questione, avendo dichiarato il difetto d’interesse dovuto ad un mutamento normativo intervenuto in corso di giudizio.
[20] In termini cfr. A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 684.
[21] Per simili considerazioni cfr. R. De Nictolis, La disciplina transitoria, cit., 318 e s.
[22] Art. 5 D.L. 30 settembre 1994, n. 559; art. 5 D.L. 30 novembre 1994, n. 658; art. 5 D.L. 31 gennaio 1995, n. 26.
[23] Si rinvia a Corte cost., 8 giugno 1984, n. 170, in Foro it., 1984, I, 2062; Corte cost., 11 luglio 1989, n. 389, in Foro it., 1989, I, 1076; Corte cost., 30 marzo 1995, n. 94, in Cons. Stato, 1995, II, 434; Corte cost., 7 novembre 1995, n. 482, in Cons. Stato, 1995, II, 1927.
[24] Cfr. TAR Puglia - Bari, sez. II, 14 novembre 1996, n. 735, in Urbanistica e appalti, 1997, 309. In termini cfr. Corte di giustizia CEE, sez. IV, 16 ottobre 1997, n. C-304/96, in Urbanistica e appalti, 1997, 1394; Corte di giustizia CEE, sez. IV, 26 ottobre 1995, n. C-143/94, in Cons. Stato, 1995, II, 2265; Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2000, n. 1867, in Cons. Stato, 2000, I, 728; Cons. Stato, sez. V [ord.], 29 ottobre 1996, n. 7278, in Urbanistica e appalti, 1997, 107; Cons. Stato, sez. VI [ord.], 21 giugno 1996, n. 743, in Urbanistica e appalti, 1997, 107; TAR Campania - Salerno, 9 novembre 1999, n. 494, in Trib. amm. reg., 2000, I, 317; TAR Lazio, sez. III, 23 settembre 1998, n. 2391, in Trib. amm. reg., I, 3596; TAR Lombardia - Milano, 9 dicembre 1997, n. 2185, in Trib. amm. reg., 1998, I, 472; TAR Piemonte, sez. II, 13 giugno 1997, n. 331, in Trib. amm. reg., 1997, I, 3018; TAR Lombardia - Milano, 23 luglio 1997, n. 1285, in Trib. amm. reg., 1997, I, 3581. Tale orientamento, benché dominante, non è incontrastato in giurisprudenza: contra v. TAR Lazio, sez. III [ord], 15 febbraio 1996, n. 169, in Urbanistica e appalti, 1997, 312; TRGA Trentino Alto Adige -Trento, 12 settembre 1996, n. 312, in Urbanistica e appalti, 1997, 557.
In dottrina la condanna del legislatore italiano per aver previsto, seppure in via transitoria, l’esclusione automatica delle offerte anomale anche per gli appalti sopra soglia è unanime: per tutti cfr. A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 688 e s.
[25] La giurisprudenza si è dapprima orientata nel negare efficacia alle norme del bando che prevedessero, negli appalti infracomunitari, l’esclusione automatica delle offerte anomale, per i bandi pubblicati dopo il 1° gennaio 1997, ritenendo che non fossero in vigore norme di imposizione dell’esclusione automatica (in tal senso cfr. Cons. giust. amm. Reg. sic., 28 settembre 1998, n. 520, in Cons. Stato, 1998, I, 1436; TAR Puglia - Bari, sez. II, 20 novembre 1998, n. 921, in Trib. amm. reg., 1998, I, 332; TAR Calabria - Reggio Calabria, 22 dicembre 1997, n. 777, in Trib. amm. reg., 1998, I, 778); ha poi mutato indirizzo, ritenendo che per le gare bandite dopo il 1 gennaio 1997 dovesse aversi riguardo alle prescrizioni contenute nel bando di gara (così Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 1998, n. 226, in Cons. Stato, 1998, I, 863; Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 1998, n. 1056, in Cons. Stato, 1998, I, 1148; Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2000, n. 2237, in Cons. Stato, 2000, I, 967; TAR Calabria - Reggio Calabria, 10 novembre 1999, n. 1389, in Trib. amm. reg., 2000, I, 445; TAR Calabria - Reggio Calabria, 25 agosto 1998, n. 1086, in Trib. amm. reg., 1998, I, 3874; TAR Abruzzo - L’Aquila, 23 ottobre 1997, n. 531, in Trib. amm. reg., 1997, I, 4464).
[26] Secondo l’art. 21, comma 1 bis, come novellato, sono anomale «tutte le offerte che presentino un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con l’esclusione del 10 per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso, e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano predetta media». La nuova disposizione non ha mancato di creare incertezze quanto alle modalità applicative. Sul punto cfr. M. Urbani, Il criterio di individuazione delle offerte anomale nella legge Merloni-ter, in Nuova rass., 1998, 2287; A. Visone, Esclusione automatica dalla gara delle offerte anomale, in Nuova rass., 1999, 26; L. Perfetti, La disciplina delle offerte anomale tra resistenze normative e sfiducia nel mercato, in Foro amm., 1999, I, 1300.
[27] Così TAR Lazio, sez. III, 2 marzo 1989, n. 305, in Trib. amm. reg., 1989, I, 1173.
[28] Cfr. TAR Sardegna, 30 dicembre 1996, n. 1908, in Trib. amm. reg., 1997, I, 806. In dottrina cfr. R. De Nictolis, La disciplina transitoria, cit., 323, che spiega: «Il fine della direttiva, nel disciplinare le offerte anomale, è la salvaguardia della libera concorrenza tra le imprese. Per il soddisfacimento dello stesso, è sufficiente la previsione della verifica in contraddittorio delle offerte ritenute anomale, mentre non lede la libera concorrenza la indicazione di criteri matematici per stabilire quando un’offerta va sottoposta a verifica; al contrario, la limitazione della discrezionalità dell’Amministrazione, e la indicazione di un criterio uniforme per tutto il territorio nazionale per stabilire se un’offerta va sottoposta a verifica, comporta maggiori garanzie di parità di trattamento degli operatori economici, e, in ultima analisi, del rispetto della libera concorrenza».
Deve darsi atto, però, che recentemente il Consiglio di Stato ha mostrato perplessità in ordine alla conformità alla normativa comunitaria della previsione contenuta nell’art. 21, co. 1 bis, della L. 109/94, laddove prevede l’individuazione mediante automatismo delle offerte da sottoporre a verifica in contraddittorio ed ha sottoposto al vaglio della Corte di giustizia delle Comunità europee la questione circa la conformità alla direttiva 93/37 del suindicato metodo di rilevazione automatica delle offerte da sottoporre a verifica di anomalia negli appalti di opere pubbliche sopra soglia comunitaria. In tal senso v. Cons. Stato, sez. IV [ord.], 5 luglio 1999, n. 1173, in Cons. Stato, 1999, I, 1091; Cons. Stato, sez. IV, 20 marzo 2000, n. 1470, in Cons. Stato, 2000, I, 609; Cons. Stato, sez. IV [ord.], 17 aprile 2000, n. 2290, in Cons. Stato, 2000, I, 984.
[29] In tal senso v. R. Lenzetti, Patologia dell’appalto, cit., 797.
[30] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 1998, n. 226, cit.; Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 1998, n. 1059, in Cons. Stato, 1998, I, 1148;. Si veda altresì TAR Sardegna, 15 dicembre 1999, n. 1543, in Trib. amm. reg., 1999, I, 1011, dove si dice: «L’esclusione automatica delle offerte anomale nel caso di appalti al di sotto della soglia comunitaria, di cui all’art. 21 comma 1 bis L. 11 febbraio 1994 n. 109, non viola il principio comunitario della verifica dell’anomalia delle offerte di cui all’art. 30 della direttiva Cons. CEE 93/37, posto che, per espressa disposizione dell’art. 6 della detta direttiva, la stessa, e di conseguenza anche le disposizioni di cui all’art. 30 cit., si applica agli appalti di lavori il cui importo di stima, i.v.a. esclusa, è pari o superiore a 5 milioni di Ecu».
[31] Così R. De Nictolis, La disciplina transitoria, cit., 620; M. Bassani, Sulla irragionevolezza delle norme di esclusione automatica delle offerte anomale quale parametro di legittimità costituzionale, in Riv. giur. ed., 1997, 675; S. Vasta, Il nuovo decreto ministeriale per l’individuazione del limite di anomalia, in Urbanistica e appalti, 1998, 163; M. Frontoni, Discrezionalità amministrativa, cit., 394.
[32] Ci si riferisce a TAR Sardegna [ord.], 3 giugno 1998, n. 75, in Trib. amm. reg., I, 1998, 3494; TAR Lombardia, sez. III [ord.], 21 maggio 1997, n. 33, in Riv. giur. ed., 1997, 670; TAR Emilia Romagna [ord.], 7 novembre 1996, n. 3, in Trib. amm. reg., 1997, I, 184; TAR Emilia Romagna [ord.], 25 luglio 1996, in Urbanistica e appalti, 1997, 402.
[33] Cfr. Corte cost., 5 marzo 1998, n. 40 in Cons. Stato, 1998, II, 317. La sentenza è pubblicata altresì in Riv. giur. quad. pubb. serv., 1998, 81, con nota di L. Maceroni, In materia di costituzionalità del sistema di esclusione automatica delle offerte anomale.
[34] In senso conforme v. Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 1998, n. 1059, cit.; TAR Puglia - Bari, sez. II, 4 settembre 1997, n. 619, in Trib. amm. reg., 1997, I, 4122.
[35] In termini cfr. Corte cost. [ord.], 9 luglio 1998, n. 258, in Cons. Stato, 1998, II, 991.
[36] Così M. Frontoni, Discrezionalità amministrativa, cit., 394.
[37] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 novembre 1993, n. 801, in Cons. Stato, 1993, I, 1459; TAR Sicilia - Catania, 29 maggio 1998, n. 956, in Trib. amm. reg., 1998, I, 2877.
[38] In termini cfr. A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 656.
[39] V. Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 1998, n. 226, cit.
[40] In tal senso si leggano le osservazioni di E. Mele, I contratti delle pubbliche amministrazioni, Milano, 1993, 146, dove si dice: «La discrezionalità, sebbene forte di più adeguata capacità operativa, è collegata alla responsabilità, che conseguentemente fa paura ai nostri amministratori, i quali hanno sempre manifestato la loro avversione a tale ampia discrezionalità invocando una norma che fissasse una volta per sempre come individuare un’offerta anomala».
[41] Così A. Iannotta, L’anomalia dell’offerta, cit., 656.
[42] In senso conforme v. Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 1978, n. 973, in Cons. Stato, 1978, I, 1246; TAR Piemonte, sez. II, 8 ottobre 1998, n. 361, in Trib. amm. reg., 1998, I, 4368; TAR Piemonte, sez. II, 28 maggio 1998, n. 224, in Trib. amm. reg., 1998, I, 2397; TAR Emilia Romagna - Bologna, sez. II, n. 227, in Trib. amm. reg., 1998, I, 3207; TAR Lazio, sez. II, 17 ottobre 1994, in Trib. amm. reg., 1994, I, 3922; TAR Sicilia, sez. I, 2 febbraio 1990, in Arch. giur. oo. pp., 1990, 934; TAR Calabria, 13 aprile 1989, in Arch. giur. oo. pp., 1989, 1327; TAR Puglia, sez. I, 22 febbraio 1989, n. 392, in Foro it., Rep. 1990, voce Opere pubbliche n. 288; TAR Piemonte, sez. II, 29 gennaio 1986, n. 43, in Trib. amm. reg., 1986, I, 1003.
[43] Così TAR Veneto, sez. I, 6 marzo 1995, in Foro it., Rep. 1997, voce Contratti della pubblica amministrazione n. 237. In termini cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 novembre 1998, n. 1626, in Cons. Stato, 1998, I, 1772; TAR Sardegna, 8 luglio 1997, n. 903, in Trib. amm. reg., 1998, I, 3458.
[44] Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 1978, n. 973, cit.
[45] Infatti l’esclusione delle offerte anormalmente basse è prevista oltre che nel caso di appalto di opere pubbliche, anche per gli appalti di pubblici servizi e forniture.
[46] In termini cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 1998, n. 226, cit. dove si legge: «In relazione al valore dell’appalto, si applicano […] due discipline diverse e contrapposte: I) per i contratti sotto la soglia comunitaria opera la regola dell’esclusione automatica; II) per i contratti sopra la soglia comunitaria vale invece l’opposta normativa incentrata sul procedimento di verifica in contraddittorio». Continua il Consiglio di Stato affermando: «La costruzione logica e linguistica della disposizione [comma 1 bis art. 21 L. 109/94] non consente affatto di affermare che il procedimento di verifica in contraddittorio costituirebbe la disciplina generale ed ordinaria delle offerte, mentre la diversa procedura di esclusione automatica introdurrebbe una disciplina eccezionale o quanto meno “speciale”, come tale inidonea ad esprimere i principi informatori della materia, sia pure limitatamente agli appalti infracomunitari. Basta osservare, sul piano strettamente esegetico, che il primo periodo dell’art. 21 comma 1 bis non si riferisce, indistintamente, a tutti gli appalti, ma individua e delimita, positivamente, l’ambito applicativo del procedimento in contraddittorio, circoscrivendolo ai soli appalti di rilievo comunitario. Analogamente, il quarto periodo stabilisce che la procedura di esclusione automatica si applica agli appalti infracomunitari, senza segnare alcuna formale deroga od eccezione ad una diversa disciplina, che risulterebbe in ogni caso inapplicabile, attesa l’espressa dizione del primo periodo. Pertanto, i due sistemi di valutazione delle offerte anomale non solo risultano autonomi e distinti, ma sono considerati dal legislatore su un piano di sostanziale “equiordinazione”, riguardando ipotesi nettamente differenziate. Per gli appalti di rilievo comunitario, il principio informatore della materia è costituito dalla procedura di verifica in contraddittorio, per gli appalti infracomunitari, invece, la disciplina ordinaria è costituita dalla procedura di esclusione automatica. Ciò significa sul piano sistematico che la procedura di esclusione automatica è, limitatamente agli appalti infracomunitari, espressione di una regola generale e non già di una deroga o di un’eccezione». Esprimono orientamento conforme a tale decisione: TAR Lazio - Latina, 3 luglio 1998, n. 604, in Trib. amm. reg., 1998, I, 2994; TAR Lazio, sez. III, 6 febbraio 1998, n. 339, in Trib. amm. reg., 1998, I, 876. Contra v. TAR Emilia - Romagna - Parma, 30 dicembre 1998, n. 673, in Trib. amm. reg., 1999, I, 619; TAR Friuli - Venezia Giulia, 1 febbraio 1999, n. 38, in Trib. amm. reg., 1999, I, 1362.
[47]
V. infra,
par. 5.
[48] Come ad esempio il sistema c.d. del taglio delle ali previsto dalla Merloni-ter (e cioè l’eliminazione del 10% delle offerte con i prezzi più alti e più bassi), avente la funzione di rendere più difficoltose le manovre distorsive volte ad alterare artificiosamente la media dei ribassi.
[49] Ci si riferisce a A. Rallo, Considerazioni in tema di offerte anomale: spunti per una lettura critica dell’articolo 21, legge n. 109 del 1994, in Riv. trim. app., 1994, 817.
[50] A. Rallo, Considerazioni, cit., 821.