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LUIGI OLIVERI

Segretari comunali in cerca di status – la figura-chimera del professionista ed il rapporto con la dirigenza pubblica

Il testo unico sull'ordinamento degli enti locali rende ancora più controversa la condizione giuridica di questa figura, in virtù anche di un non perfetto coordinamento tra norme.

L'articolo 88 del testo unico, infatti, dispone con estrema chiarezza che si applicano le disposizioni del D.lgs 29/1993 all'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali.

Questa disposizione chiarisce, pertanto, in maniera inequivocabile che l'ordinamento del personale locale è composto dalle seguenti norme: il D.lgs 29/1993, il testo unico, le disposizioni del codice civile non incompatibili con la disciplina speciale del lavoro presso le amministrazioni pubbliche, i regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi. Il tenore dell'articolo 88 del testo unico è tale, comunque, da lasciar ritenere che l'applicabilità del D.lgs 29/1993 sia automatica, non essendo necessario alcun recepimento, sicchè il regolamento di organizzazione avrebbe solo lo scopo di adattare la disciplina del D.lgs 29/1993 alle peculiarità locali, tanto che in carenza di regole specificamente disposte dall'ente locale, si applica immediatamente il disposto del D.lgs 29/1993 medesimo.

Molteplici sono le conseguenze che derivano da questa impostazione, le più rilevanti delle quali riguardano la disciplina della dirigenza locale, rispetto alla quale senza alcun dubbio debbono applicarsi direttamente tutte le disposizioni contenute nel capo II del D.lgs 29/1993, anche a prescindere dall'adeguamento richiesto sia dall'articolo 27-bis, comma 1, del più volte citato D.lgs 29/1993, sia dall'articolo 111 del testo unico, adeguamento che avrebbe, dato il tenore dell'articolo 88 del testo unico, più un valore compilativo che non ordinamentale.

Discende dalle considerazioni su esposte che diviene di immediata e diretta applicabilità per gli enti locali la norma contenuta nell'articolo 28 del D.lgs 29/1993, a mente del quale l'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami.

Occorre chiedersi come ciò incida sullo status dei segretari comunali. Ebbene, l'articolo 97 del testo unico sostanzialmente sanziona una modifica fondamentale nell'assetto del segretario: egli non è più nè un funzionario, nè un dirigente pubblico. Quale esattamente sia la sua configurazione, tuttavia, non appare chiaro. La nota direttiva della Funzione pubblica all'Aran ha ritenuto che il segretario comunali rientri nelle figure professionali iscritte ad albi professionali, ai sensi dell'articolo 45, comma 3, del D.lgs 29/1993, come se si trattasse di una specifica tipologia, il "professionista iscritto ad albo". Da qui la scelta degli estensori del testo unico di non qualificare il segretario nè dirigente, nè funzionario.

Certo, se si tratta di un professionista il cui status va disciplinato in modo peculiare dalla contrattazione collettiva del comparto, si pone il problema della corrispondenza della carriera del segretario comunale con quella degli altri dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ai fini anche della mobilità.

La bozza di contratto collettivo di lavoro dei segretari propone l'automatica corrispondenza tra dirigente pubblico e segretari appartenenti ad una certa fascia professionale, ripercorrendo (anche se in modo da cercare di sanare gli inquadramenti di segretari capo in sedi fin'ora di segreteria generale) il vecchio schema secondo il quale in sedi di maggiori dimensioni la funzione del segretario deve essere sia di natura, che di qualifica dirigenziale.

Ma, alla luce dell'articolo 88 del testo unico e del citato articolo 28 del D.lgs 29/1993, questa impostazione pone seri problemi applicativi. Infatti, si verificherebbe, a regime, che segretari entrati in servizio con lo status di funzionari, divenuti "professionisti", qualora nominati in una sede rientrante tra quelle fasce che danno – secondo la proposta del CCNL – la corrispondenza alla qualifica dirigenziale in altre amministrazioni, in caso di mobilità esterna si ritroverebbero a coprire una qualifica dirigenziale senza aver effettuato il concorso richiesto dal D.lgs 29/1993 e dallo stesso testo unico. La contraddittorietà tra il sistema delle corrispondenze e la previsione di legge appare evidente, così come evidente la disparità di trattamento nei confronti degli altri dipendenti delle amministrazioni pubbliche, i quali possono accedere alle qualifiche dirigenziali solo attraverso i concorsi. Nè si potrebbe sostenere che i corsi di formazione previsti dal Dpr 465/1997 e dalla bozza di CCNL siano assimilabili ai concorsi, in quanto si tratta di abilitazioni il cui scopo non è selezionare per posti cui accedere, ma conferire un'abilitazione, tanto che si prevede una soglia molto elevata (il 70%) di abilitazioni da conferire.

Da notare che prima dell'entrata in vigore della legge 127/1997 era possibile per i dirigenti delle amministrazioni pubbliche accedere alla funzione di segretario generale attraverso concorso, cosa che adesso non è più possibile, in quanto con l'istituzione dell'albo se un dirigente pubblico intendesse lavorare quale segretario di un comune accederebbe solo ai comuni di fascia iniziale, perdendo, per altro, la propria qualifica. Non si vede, tuttavia, la logicità di un sistema di mobilità od osmosi tra funzionari pubblici che consenta a chi non possiede la qualifica dirigenziale di acquisirla senza concorso, mentre dall'altro lato il percorso inverso viene sostanzialmente impedito o addirittura penalizzato con la perdita della qualifica dirigenziale.

Se le cose restano così, allora non resterebbe che ammettere che, nonostante la legge non qualifichi più come funzionari o dirigenti i segretari comunali, essi siano, comunque, a tutti gli effetti dei professionisti-dirigenti. Ma allora, sarebbe evidente la disparità di trattamento nei confronti di quei segretari che prestino lavoro negli enti per i quali non sia prevista l'equivalenza con la qualifica dirigenziale in caso di mobilità esterna, i quali si troverebbero svantaggiati nei confronti degli altri colleghi sostanzialmente solo per il fatto di non disporre di sufficiente anzianità.

La previsione dell'articolo 28 del D.lgs 29/1993 del concorso per l'accesso alle qualifiche dirigenziali è stata introdotta, come insegna la Corte Costituzionale, per garantire il rispetto del principio di buon andamento dell'amministrazione pubblica, da cui discende la necessità di verificare con procedure selettive l'idoneità allo svolgimento delle funzioni dirigenziali, non essendo la sola anzianità di servizio requisito sufficiente per ottenere la qualifica dirigenziale.

Pertanto, se le cose stanno così, non potendosi ammettere soluzioni contraddittorie come quelle cui si andrebbe incontro se non si coordina il testo unico con il D.lgs 29/1993 e con il prossimo CCNL, le prospettive che si presentano per i segretari comunali potrebbero essere le seguenti. In primo luogo, si potrebbe ammettere che l'accesso alla professione di segretario comunale equivale ad accesso alla dirigenza: ma si determinerebbe, tuttavia, una deroga al possesso dei requisiti richiesti per accedere alla dirigenza dal comma 2 del più volte citato articolo 28 del D.lgs 29/1993.

In secondo luogo, si potrebbero trasformare i corsi di abilitazione previsti dal Dpr 465/1997 e dalla bozza di contratto, in concorsi di natura selettiva.

In terzo luogo, come del resto adombrava la direttiva all'Aran, prevedere per la mobilità esterna dei segretari verso qualifiche dirigenziali una selezione propedeutica.

Ammettere, tuttavia, che per il solo effetto di una nomina di un organo politico un soggetto possa acquisire la qualifica dirigenziale, non pare corretto. L'eliminazione della qualificazione del segretario come funzionario o dirigente, come si vede, pone problemi maggiori rispetto a quelli che intendeva risolvere, anche e soprattutto nei confronti dei segretari che già sono in possesso della qualifica dirigenziale per aver sostenuto e vinto i concorsi previsti dal precedente sistema per l'accesso alle sedi con oltre 10.000 abitanti. Costoro, infatti, perdono da un giorno all'altro lo status di dirigente pubblico e possono accedere, mantenendo tale situazione giuridica, ad altre amministrazioni solo per effetto di un'equivalenza disposta da una norma contrattuale di dubbia legittimità.

Ancora una volta il legislatore non intende seguire la strada maestra, consistente nel dare efficacia a riforme come quelle dello status giuridico di una categoria di lavoratori solo ai nuovi assunti, mantenendo lo status quo ante nei confronti di chi è già in servizio. Appare molto più logico ed equo che i segretari generali già in possesso della qualifica dirigenziale la mantengano e possano, se vogliono, andare in mobilità esterna nel pieno della propria qualifica e non per concessione del CCNL. Per i segretari privi della qualifica dirigenziale (neo assunti o meno), invece, ai fini della mobilità esterna dovrebbe essere previsto un sistema selettivo, o il riconoscimento della qualifica dirigenziale anche nella fascia iniziale, ciò che consentirebbe, tuttavia, l'apertura dell'albo a tutta la dirigenza pubblica e che, comunque, contrasterebbe con i principi del D.lgs 29/1993 che impone sempre il concorso per l'acquisizione della qualifica dirigenziale.

Luigi Oliveri


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