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Articoli e note

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LUIGI OLIVERI

  La pinacoteca vuota

  E' trascorso oltre un anno dall'entrata in vigore del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto enti locali – area impiegatizia, ed ancora non tutti gli istituti contrattuali risultano di chiara applicazione ed attuazione, come ben testimonia la constatazione che ancora in moltissimi enti non si è chiusa la trattativa per il contratto aziendale.

Tra gli istituti ancora da disvelare completamente certamente va annoverata l'area delle posizioni organizzative, prevista dall'articolo 8 del CCNL in data 31.3.1999.

Si tratta di un istituto di nuova creazione, giunto in esito all'evidente necessità di assegnare finalmente un riconoscimento economico ai funzionari che pur non essendo in possesso della qualifica dirigenziale si sono trovati, tuttavia, ad esercitare funzioni dirigenziali, con assunzione della relativa responsabilità.

Se il fine compensativo appare abbastanza chiaro ed evidente, meno facile è inquadrare correttamente l'incarico in posizione organizzativa e capirne la configurazione. Anche perché la funzione della posizione organizzativa è duplice. Del compenso per i funzionari apicali incaricati di funzioni dirigenziali si è detto. Ma negli enti nei quali sono presenti qualifiche dirigenziali, evidentemente la ratio e la funzione dell'area delle posizioni organizzative non può che essere un'altra, non potendosi compensare i funzionari di qualifica D per funzioni dirigenziali che non possono svolgere.

Negli enti in cui esistono posizioni dirigenziali, l'area delle posizioni organizzative somiglia molto di più alla categoria dei quadri, conosciuta nel mondo dell'impiego privato e disciplinata dall'articolo 2095 del codice civile. Infatti, in questi enti le posizioni organizzative hanno per lo più il compito di coordinare e, appunto, organizzare servizi anche disomogenei, al fine di realizzare centri di snodo amministrativo che per importanza e dimensioni non richiedono necessariamente la configurazione di area dirigenziale, ma che non sono semplici linee operative o di servizio(1).

Si è consapevoli che quanto fin qui rilevato non serve a definire con esattezza in cosa consista l'istituto della posizione organizzativa. Ed il problema appare proprio questo: è un istituto assolutamente nuovo ed a sé stante, analogo ad altri, ma tuttavia diversissimo.

La posizione organizzativa, negli enti privi di qualifiche dirigenziali, si può considerare una sorta di posizione dirigenziale come dire di seconda fascia, per rifarsi analogicamente all'organizzazione delle amministrazioni dello Stato. E tuttavia, posizione dirigenziale non è.

Negli enti locali nei quali siano presenti posizioni dirigenziali, la posizione organizzativa è assimilabile al quadro, ma quadro, a ben vedere, non è. Ed è su questa considerazione che si ritiene non completamente appagante la posizione dottrinale che tende a far coincidere la posizione organizzativa col quadro, spesso anche al fine di far discendere da questa indimostrata considerazione la delegabilità delle funzioni dirigenziali alle posizioni organizzative.

La posizione organizzativa non può essere considerata assimilabile al quadro, per una semplice considerazione: il quadro è una categoria giuridica nella quale sono inquadrati i lavoratori dipendenti privati, alla quale pertengono ben precise competenze e responsabilità.

Il quadro è effettivamente una posizione intermedia tra il dirigente e l'impiegato, poiché può svolgere competenze di natura dirigenziale, ma con precisi limiti dettati dalla dimensione del ramo d'azienda che dirige, dal valore economico degli atti che è abilitato a porre in essere per conto del datore di lavoro, dal tipo di prestazione lavorativa che ha una natura maggiormente specializzata rispetto all'incarico di stampo manageriale, tipico del dirigente.

Ad osservare oggettivamente l'istituto della posizione organizzativa, in primo luogo si rileva immediatamente che esso non dà luogo, a differenza del quadro, ad una categoria d'inquadramento contrattuale. La posizione organizzativa è, difatti, un incarico a tempo che negli enti privi di qualifiche dirigenziali in sostanza sancisce la particolare funzione dirigenziale pur sempre svolta dal personale apicale, mentre negli enti di maggiori dimensioni corrisponde alla necessità di coprire eventuali vuoti organizzativi. Ma di certo non è un inquadramento professionale diverso.

Gli incaricati delle posizioni organizzative restano pur sempre inquadrati nella categoria D (C negli enti polvere) e tornano addirittura anche al trattamento economico accessorio tipico di tale categoria ogni qualvolta l'incarico si concluda. Ed è utile sottolineare come in sostanza l'ente possa in qualsiasi tempo revocare l'incarico alle posizioni organizzative, anche per semplici esigenze di natura organizzativa che non ne prevedano più la presenza.

I lavoratori dipendenti privati inseriti nell'area quadri acquisiscono, invece, questo specifico inquadramento professionale una volta e per sempre. E l'esercizio di funzioni di natura dirigenziale non deriva né da deleghe, né da incarichi conferiti dal datore di lavoro, ma è connaturato al contenuto delle mansioni tipiche del quadro.

Così non è per l'incaricato di posizione organizzativa. Nell'ente di minori dimensioni privo di dirigente, egli intanto può essere così inquadrato, in quanto a monte il sindaco gli abbia affidato il compito di svolgere le funzioni dirigenziali ai sensi dell'articolo 51, comma 3-bis, della legge 142/90 e successive modificazioni ed integrazioni, ed a valle il sindaco (o il direttore generale o il nucleo di valutazione) lo abbia nominato nell'area delle posizioni.

Nell'ente in cui siano presenti i dirigenti, la posizione organizzativa deriva dalla nomina operata dai dirigenti. Negli enti di minori dimensioni lo svolgimento delle funzioni dirigenziali non deriva, allora, dalla nomina in posizione organizzativa, bensì dal provvedimento motivato, col quale il sindaco attribuisca le funzioni dirigenziali. Negli enti in cui siano presenti i dirigenti, la posizione organizzativa non può mai esercitare funzioni dirigenziali proprie; chi sostiene l'indelegabilità di tali competenza sostiene che alle posizioni organizzative siano comunque preclusi atti gestionali di natura dirigenziale. Chi sostiene la delegabilità delle funzioni dirigenziali, comunque, non può che ritenere l'esercizio delle competenze dirigenziali come derivante da un ulteriore atto (la delega) e, dunque, non connaturato di per sé alla posizione organizzativa.

Ed a ben guardare, negli enti privi di dirigenti l'esercizio delle funzioni dirigenziali ammesso dalla legge 142/90 non dipende certo dalla nomina nell'area delle posizioni organizzative: un sindaco potrebbe ben pretendere l'esercizio di tali funzioni anche dal responsabile di servizio a ciò appositamente incaricato, prescindendo dall'incarico di posizione organizzativa. E ciò fornisce l'ulteriore conferma che essa è istituto assolutamente non assimilabile all'inquadramento professionale del quadro.

Il che porta a ritenere che da un lato – e qui la dottrina appare concorde – i funzionari di qualifica D non godono di un diritto soggettivo ad essere nominati in posizioni organizzative. E dall'altro lato che la nomina nella posizione organizzativa sfugge alla disciplina del mansionismo di cui all'articolo 56 del D.lgs 29/93, non trattandosi di una categoria professionale.

CONCLUSIONI.

E' noto che sin dalla posizione della piattaforma contrattuale risalente al '94 le organizzazioni sindacali avessero posto in maniera decisa la questione dell'introduzione di un'area quadri nell'ambito del comparto enti locali, ma che poi, a causa della scarsezza di risorse economiche, siano tornati sulle loro posizioni. Fino a scendere con l'Aran ad una scelta di compromesso, una soluzione ibrida quale quella delle posizioni organizzative che crea, come dire, “quadri virtuali” o una “pinacoteca vuota”, come scherzosamente si enuncia nel titolo di questo lavoro.

La creazione di un'area quadri avrebbe comportato l'inquadramento di tutti i dipendenti appartenenti all'ex q.f. 8^ nella nuova categoria professionale, con un dispendio di risorse finanziarie certamente molto elevato.

La scelta di creare le posizioni organizzative, invece, scarica sui bilanci degli enti l'onere finanziario, che da certo (se si fosse realizzato un reinquadramento contrattuale) diviene eventuale, visto che gli enti nell'esercizio della propria discrezionalità potranno scegliere se e quante posizioni organizzative creare, dosando la spesa che comunque viene limitata al solo salario accessorio. Che in apparenza si manifesta dispendioso e munifico, essendo il compenso compreso tra i 10 ed i 25 milioni annui lordi, ma in realtà è meno costoso e premiante di quanto appaia, visto che riassorbe ogni altro trattamento economico accessorio (ad esclusione dell'incentivo per la progettazione e dei compensi per i legali). Il che, negli enti privi di qualifiche dirigenziali, in realtà comporta un dispendio di risorse molto inferiore di quanto non si dica, soprattutto in relazione al fatto che già dalla metà del '98, con l'entrata in vigore della legge 191/98, molte amministrazioni avevano conferito funzioni dirigenziali ai funzionari, attribuendo la relativa indennità nelle more dell'entrata in vigore del contratto.

E' chiaro, invece, che la creazione dell'area quadri avrebbe necessariamente comportato un non irrilevante incremento della parte tabellare del salario, che si sarebbe dovuto accompagnare anche ad una quota accessoria da paragonare a quella del mondo privato.

La scelta di questo ibrido lascia ancora aperti i problemi che invece l'istituzione dei quadri poteva risolvere. Infatti, negli enti privi di posizioni dirigenziali si continua ad assistere all'esercizio di tali funzioni da parte di impiegati nemmeno qualificati come quadri; negli altri enti si è in presenza di quadri che, però, giuridicamente non sono tali. E, in più, si è aperta un'ampia conflittualità tra gli appartenenti alle categorie D, aspiranti ad una posizione comunque di un certo rilievo economico, che però rischia di essere attribuita secondo percorsi non sempre chiari, sì da trasformare la sana competizione per un miglioramento della carriera in vera e propria conflittualità interna.

I risultati concreti, dunque, dell'istituto delle posizioni organizzative sono meno lusinghieri di quanto talvolta non si voglia lasciare intendere.

E tuttavia, occorre riconoscere che il passo fatto è importante: la pinacoteca è vuota, ma conta il fatto che adesso esista e che, quindi, si debba riempire.

Istituire vere e proprie figure professionali di quadri non potrà che essere giovevole all'impiego pubblico, soprattutto all'indomani della privatizzazione. La creazione dei quadri è stata una battaglia lunga e vincente nel settore privato, nel quale si è dimostrata l'utilità e la dignità di questa categoria professionale, della quale non si vede perché gli enti pubblici debbano restare privi.

 

 (1) Fermo restando che in particolare negli enti di maggiori dimensioni è anche possibile inquadrare nelle posizioni organizzative i funzionari addetti ad uffici di staff (ovvero non appartenenti alla linea produttiva, come tipicamente l'ufficio legale) o a servizi di studio o ispettivi, difficilmente, invece, presenti in enti di minori dimensioni.


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