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NICOLA NIGLIO
(Dirigente della Presidenza
del Consiglio dei Ministri)
Le politiche di reclutamento nella P.A. negli
anni ‘90
tra programmazione e blocco delle assunzioni
(*).
![]()
1. Premessa.
E’ ormai noto a tutti che gli anni ’90 sono stati caratterizzati da una profonda trasformazione che ha investito la pubblica amministrazione nel suo complesso; l’effetto di questo vasto processo d’innovazione è stato tale che la P.A. ne è risultata profondamente trasformata riguardo ai principi, alle regole, ai procedimenti, al rapporto di lavoro, alla necessità di rendere più efficiente ed efficace l’azione amministrativa, alla nascita di nuovi “modelli di gestione” (1).
In quest’ottica di cambiamento che ha riguardato, tra l’altro, il rapporto tra organizzazione e gestione del rapporto di lavoro nella P.A., si inserisce l’attività di reclutamento del personale che rappresenta una fase molto delicata nella quale la stessa P.A., per soddisfare le esigenze di un efficiente funzionamento, organizza se stessa ed i propri uffici, razionalizza e programma il bisogno di risorse umane e, pertanto, decide di procedere all’approvvigionamento delle medesime, comportandosi al pari di un datore di lavoro privato (2).
Con le riforme della fine degli anni novanta che
hanno avviato la cosiddetta “seconda privatizzazione” del rapporto di lavoro
pubblico, la materia del reclutamento delle risorse umane e del conseguente
accesso al lavoro pubblico può essere fatta rientrare tra gli atti organizzativi
i quali, secondo quanto previsto dagli artt. 2, comma uno,
Nell’ambito di questo meccanismo, sebbene la P.A. sia assimilata ad un privato datore di lavoro che esercita un’attività di gestione aziendale, in quanto valuta l’opportunità di avviare procedure di reclutamento, tenendo conto dei tempi e dei costi, del numero dei posti e delle professionalità di cui ha bisogno, nonché della tipologia contrattuale da utilizzare, permane un limite ed un vincolo che si frappongono all’esercizio pieno di detta facoltà e ne rappresentano anche un logico presupposto: la previsione e la sussistenza di somme in bilancio determinate autoritativamente secondo le previsioni delle leggi finanziarie e di bilancio.
Detti vincoli e limiti all’attività di gestione e d’organizzazione della P.A., seppur giustificati dall’eccessivo deficit pubblico, sono stati l’elemento centrale delle politiche rigorose di bilancio adottate dai vari Governo nel corso dell’ultimo decennio, che hanno visto l’alternarsi di blocchi e di deroghe, determinando notevoli disfunzioni ed inefficienze nell’ambito di tutto il sistema, soprattutto in quello relativo al reclutamento ed alle assunzioni nella P.A.
2.
Le politiche di controllo delle assunzioni negli anni '
Le politiche concernenti le assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni adottate dai diversi Governi nel corso dell’ultimo decennio fino ad oggi, hanno avuto costantemente un duplice obiettivo: contenimento della spesa del personale, con particolare riguardo a quella derivante dall’immissione di nuovo personale, che aveva raggiunto, soprattutto nella metà degli anni 90, livelli di grande preoccupazione per il bilancio pubblico e riduzione, conseguentemente, del numero eccessivo di dipendenti pubblici in servizio, fenomeno questo che riguardava e riguarda tutti i settori della pubblica amministrazione.
Al riguardo, le principali tappe che hanno caratterizzato, nell’arco dell’ultimo quindicennio, i diversi sistemi di controllo delle assunzioni adottati nel nostro Paese possono essere riassunte considerando tre diversi modelli:
· pianificazione annuale e centralizzata degli accessi;
· decentramento della decisione ad assumere in favore delle amministrazioni, subordinatamente al rispetto di determinate condizioni;
· sistema della programmazione triennale dei fabbisogni.
Il primo modello, introdotto con la legge finanziaria del 1986 (l. 28 febbraio 1986, n. 41) prevedeva, da un lato, il divieto per le singole amministrazioni di procedere autonomamente ad assunzioni di personale e, dall’altro, la definizione, a livello centrale, di un piano annuale di assunzioni in deroga al generale divieto. Il blocco delle assunzioni in realtà prevedeva un rilevante numero di deroghe quali quelle concernenti la scuola, le categorie protette, le assunzioni nel ministero degli affari esteri, delle finanze e quelle concernenti il personale dell’amministrazione della giustizia, le aziende speciali degli enti locali con il bilancio in pareggio, quelle presso gli enti locali nei posti resisi vacanti nonché, nel limite del 20 per cento dei nuovi posti disponibili di organico, le nomine derivanti da reclutamenti o immissioni in servizio e le rafferme del personale delle Forze armate o delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il piano annuale delle assunzioni doveva essere adottato con un decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri del tesoro e per la funzione pubblica, sentito il Consiglio dei Ministri e riguardava gran parte delle amministrazioni pubbliche, fra cui tutte le amministrazioni statali, gli enti pubblici non economici e gli enti locali. Detto piano veniva predisposto sulla base di alcuni criteri, tenendo conto della situazione degli organici, delle disponibilità, della previsione dei posti che si rendevano vacanti e disponibili in corso d’anno, delle assunzioni in corso, delle graduatorie valide per l’assunzione degli idonei, delle assunzioni, anche temporanee, ritenute indispensabili.
Questo primo modello ha rappresentato il primo tentativo di introdurre una sorta di programmazione delle assunzioni nella P.A., mediante l’uso dei piani annuali i quali, in base ai risultati raggiunti da questo sistema, che sono stati decisamente al di sotto delle aspettative, si sono ridotti ad una semplice ricognizione delle esigenze manifestate dalle singole amministrazioni al di fuori di qualsiasi programmazione (4). Inoltre, il blocco delle assunzioni con le previste deroghe hanno, in realtà, lasciato inalterato nell’arco del triennio 1986-1988, la consistenza complessiva relativa al personale nella P.A .
Il secondo modello che ha sostituito nel 1988 quello precedente, è fondato, da un lato, sul contenimento delle assunzioni entro una determinata percentuale delle cessazioni dal servizio (il c.d. blocco parziale del turn-over) e, dall’altro sulle assunzioni in deroga. Il nuovo sistema, introdotto con la legge 29 dicembre 1988, n. 554, ha previsto la facoltà per le amministrazioni di assumere personale, prima completamente esclusa, subordinatamente all’accertamento dei carichi funzionali di lavoro, per assicurarne la corrispondenza ad un effettivo fabbisogno ed all’espletamento di procedure di mobilità finalizzate alla razionalizzare della distribuzione del personale, ammessa entro il limite di una percentuale (il 25%) dei posti resisi vacanti per cessazioni dal servizio.
Detto sistema prevedeva, per altro verso, a livello centrale, in luogo di una pianificazione delle assunzioni, il potere di autorizzare, caso per caso, specifiche assunzioni effettuate fuori dei limiti previsti.
Questo modello, anche se nel tempo ha subito significative correzioni, è stato costantemente adottato dal legislatore dopo il 1988 fino alla fine del 1997 (5).
Il sistema si è rivelato, tuttavia, meno efficace del previsto, sia perché le amministrazioni hanno fatto troppo frequente ricorso allo strumento delle assunzioni in deroga, sia perché ha prodotto la tendenza all’aumento delle dotazioni organiche.
I risultati raggiunti dai suindicati modelli non possono che ritenersi alquanto deludenti. Gli addetti delle amministrazioni pubbliche, tra il 1980 ed il 1992, risultano cresciuti di 454.000 unità (6), con una variazione positiva del 15%. Secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato l’incremento dei dipendenti di ruolo delle sole amministrazioni statali tra il 1980 e il 1991 è stato di 416.000 unità tra il 1980 e il 1991 ovvero pari al 25,6% della forza lavoro impiegata all’inizio del periodo. Da notare che l’incremento più cospicuo, sia in termini assoluti che relativi, si è registrato soprattutto nella seconda metà degli anni ’80 ed è continuato fino alla fine della prima metà degli anni ’90, quando le politiche di bilancio volte a controllare l’espansione del deficit pubblico hanno imposto reiterati blocchi delle assunzioni.
Il secondo modello, in particolare, ha dimostrato che la scelta dello strumento del blocco delle assunzioni se da un lato risponde all’esigenza di interrompere l’eccessivo processo di espansione dei dipendenti pubblici, al quale con notevole difficoltà è corrisposto un analogo incremento della produzione di servizi, dall’altro determina la necessità di ricorrere all’esclusione dell’applicabilità del suddetto vincolo per un elenco di ipotesi talmente ampio da vanificare il tentativo di un razionale ed efficace controllo, soprattutto in entrata, dei flussi di personale, pervenendo ad un effetto insperato ed andando in senso opposto agli obiettivi che si voleva raggiungere. Sotto questo profilo, le politiche di controllo delle assunzioni adottate negli anni ottanta ed in una parte degli anni novanta si sono rivelate un vero e proprio fallimento.
3. La programmazione delle assunzioni.
Il terzo modello da considerare è quello della programmazione delle assunzioni introdotto dalla legge n. 449/1997. Esso prevede un nuovo sistema di controllo delle assunzioni, il quale, per alcuni aspetti, riprende, tuttavia, il modello che era stato adottato nel 1986.
Con il nuovo sistema viene abbandonato il meccanismo fondato sul binomio “blocchi-deroghe”, ispirandosi nuovamente al meccanismo della pianificazione delle assunzioni, al quale devono attenersi tutte le pubbliche amministrazioni, i cui organi di vertice, secondo il disposto dell’art. 39, sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale.
Mentre per le regioni, gli enti locali, le camere di commercio, le aziende e gli enti pubblici non economici con organico inferiore a 200 unità, è previsto semplicemente l’obbligo di adeguare i propri ordinamenti al principio della programmazione, in funzione della riduzione delle spese per il personale, diversamente, in attuazione di tale principio, la citata normativa prevede una disciplina più dettagliata applicabile alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e agli enti pubblici non economici con organico superiore alle 200 unità.
L’art. 39 della l. n. 449/97 nel dettare disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche e misure di potenziamento e di incentivazione del part-time, ha stabilito che, al fine di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio, gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale. L’atto di programmazione triennale è, dunque, un atto di gestione e di organizzazione che viene prima di ogni procedimento concorsuale, in quanto si inserisce nel più ampio e generale principio di razionalizzazione del costo del lavoro pubblico, attraverso il contenimento della spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro vincoli di finanza pubblica.
Detta correlazione è possibile individuarla anche in considerazione del connesso principio, contenuto nello stesso art. 39 l. 449/97, della necessità di riduzione graduale del personale in servizio e valevole per tutte le amministrazioni pubbliche, in virtù del disposto del comma 20-bis dello stesso articolo, aggiunto dall’art. 20, comma uno, legge 23/12/1999, n. 488. La nuova disciplina dispone, infatti, che le amministrazioni pubbliche, alle quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie politiche di assunzione adeguandosi ai principi di riduzione complessiva della spesa di personale (7).
Detta normativa prevede, inoltre, che le assunzioni di personale nei ministeri e negli enti pubblici non economici con più di 200 unità, vengano decise dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della funzione pubblica e del Ministro dell’economia e delle finanze. In merito, ogni anno, vengono emanate due delibere semestrali di autorizzazione di nuove assunzioni e nuovi bandi di concorso, nel rispetto dei vincoli di natura finanziaria e degli obiettivi di riduzione del personale nelle pubbliche amministrazioni che la normativa fissa annualmente in quote percentuali che vanno dallo 0,5% all’1,50% partendo dalle unità di personale presenti nelle citate amministrazioni al 31/12/1997 (8). Nel quadriennio 1998/2001 l’obiettivo di riduzione complessivo previsto dalle norme finanziarie era fissato al 3.50%.
I risultati raggiunti nel settore ministeri ed enti pubblici non economici concernenti la programmazione delle assunzioni nel quadriennio 1997/2001 consentono di affermare che detto strumento di controllo delle politiche dei flussi di entrata e di uscita di personale nella P.A. ha determinato in modo efficace una considerevole riduzione del personale nelle amministrazioni pubbliche e un notevole risparmio di risorse finanziarie.
Detti risultati, contenuti nella Relazione annuale relativa all’anno 2001 approvata dal Governo il 2 agosto 2002 (9), possono essere così riassunti:
1. riduzione nella consistenza effettiva di personale nei comparti Ministeri ed Enti pubblici non economici nel quadriennio 1997-2001 (- 4,59%) che è stata di gran lunga superiore a quella programmata prevista dalla normativa (-3,50%) con una riduzione di personale in valore assoluto di 15.327 unità, come è evidenziato nella tabella e nei grafici sottostanti. In particolare, nel 2001 la riduzione realizzata
(- 1,12%) è stata leggermente superiore a quella programmata (- 1%) con una riduzione effettiva di personale in valore assoluto di 3.601 unità.
Tab.1

Graf. 1

Graf.2

2 Nel comparto Sicurezza (Forze Armate, Arma dei carabinieri, Polizia ecc) l’obiettivo di riduzione non è stato raggiunto (+ 1,58% invece di - 3,50%). In particolare, nel periodo 2000-2001 si è verificata un'incontrollata dilatazione nella consistenza di personale pari a + 2,24% che ha riguardato soprattutto le Forze Armate e che ha fatto registrare un aumento del personale pari al 9,21% in luogo della riduzione programmata dell'1%.
Graf. 3

3. Nei tre comparti considerati, a causa dei risultati negativi conseguiti nel comparto sicurezza, l'obiettivo complessivo di riduzione relativo al quadriennio 1997/2001 non è stato raggiunto (-0,95% anziché -3,50), annullando completamente il dato positivo conseguito nei comparti ministeri ed enti pubblici non economici (vedi. Punto 1). L'esclusione del comparto Sicurezza dal sistema della programmazione delle assunzioni previsto dalla Finanziaria 2002(10) ha consentito, attraverso l'adozione dei piani specifici di assunzione, di meglio operare sugli obiettivi da raggiungere, potendo rapportare in maniera più coerente le autorizzazioni ad assumere al raggiungimento del risultato da conseguire.
4. Nel periodo 1998/2001, il Governo ha autorizzato complessivamente 41.026 assunzioni. Per il comparto Ministeri ed enti pubblici non economici, le assunzioni sono state complessivamente di 21.795 unità.

5. Nel periodo 1998-2001, il Consiglio dei
Ministri ha autorizzato nel comparto Ministeri procedure concorsuali pubbliche
per un totale di 8.244 posti ed ha impartito alle amministrazioni istruzioni su
particolari aspetti relativi al sistema delle autorizzazioni ad assumere,
relative ad esempio alle assunzioni con contratto a tempo parziale di vincitori
ed idonei di concorsi.
4. Programmazione o blocco delle assunzioni?
Nell’ultimo ventennio, le politiche governative di controllo delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni hanno seguito il modello del cosiddetto “blocco-deroghe” e quello della “programmazione” con l’obiettivo di avviare, da un lato, una graduale riduzione del personale alla quale doveva corrispondere una maggiore efficienza dei servizi resi, e dall’altro contribuire a ridurre gli oneri finanziari a carico del bilancio pubblico.
E’ necessario a questo punto procedere ad una sintesi di quanto detto in precedenza, ed in particolare, tentare un confronto tra i due distinti sistemi adottati dai diversi Governi negli anni ’90 al fine di fronteggiare le due citate emergenze di cui parlavo nel secondo paragrafo:
1. ridurre il numero dei dipendenti pubblici in servizio nella P.A.;
2. ridurre la spesa del personale pubblico, con particolare riguardo quella derivante dai processi assunzionali;
Dal 1991 fino al 2000, dunque per un decennio, il personale pubblico appartenente a tutti i settori della P.A. ( Ministeri, Aziende Autonome, scuola, settore sicurezza, magistratura, Università, enti pubblici non economici, enti di ricerca, Regioni ed enti locali e il Servizio sanitario nazionale) ha subito un andamento tendenzialmente decrescente, passando da un numero di unità di personale pari a 3.228.118 nel 1991 a 3.063.189 nel 2000 (11).
Grafi. 4

A questo andamento della consistenza del personale è corrisposto una variazione della spesa per il personale.
Graf.5 (Variazione percentuale del costo del lavoro pubblico in Italia rispetto alla media di alcuni paesi Ocse – Fonte Forum P.A. su dati della RGS).

L’andamento della consistenza del personale in
tutti i settori considerati è su livelli massimi e pressoché costante nel primo
quinquennio degli anni ’90 mentre a cominciare dal 1996 si nota una chiara
inversione del fenomeno con una graduale riduzione del personale (vedere Grafico
3). Se consideriamo i dati concernenti i soli comparti ministeri ed enti
pubblici non economici (Grafi.
Questi dati dimostrano, innanzitutto, che nei periodi in cui vigeva il blocco delle assunzioni il risultato ottenuto è stato opposto a quello che si proponeva di raggiungere. Infatti il personale delle pubbliche amministrazioni, dal 1991 al 1995, in vigenza delle leggi n. 537/93, n. 724/94 e n. 549/95 che prevedevano divieti assoluti e parziali di nuove assunzioni, è rimasto pressochè costante, con alcune punte massime soprattutto nel 1993.
Nei periodi successivi in vigenza di altre normative tra cui quella concernente la programmazione delle assunzioni, si è verificato una notevole inversione di tendenza.
Questi risultati dimostrano che i blocchi
totali o parziali delle assunzioni, oggi riproposti con le ultime finanziarie
Rispetto ai divieti assoluti o parziali, la programmazione dei flussi in entrata di nuovo personale nelle pubbliche amministrazioni in relazione agli effettivi fabbisogni, ha rappresentato lo strumento che ha permesso di ottenere ottimi risultati in termini di riduzione del personale e di risparmio di risorse finanziarie, in quanto fondato su presupposti di flessibilità e di elevata adattabilità rispetto alle diverse esigenze organizzative e gestionali delle amministrazioni. Con la programmazione triennale del fabbisogno di personale, infatti, a differenza dei blocchi generalizzati, ci si è posto l’obiettivo di consentire alle amministrazioni di fare le proprie scelte gestionali al fine di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio.
Al riguardo, un esempio di maggiore flessibilità del sistema della programmazione è rappresentato dalla possibilità che fornisce questo meccanismo, rispetto al blocco delle assunzioni, di poter assumere, a seguito di procedure concorsuali pubbliche, personale già dipendente, in quanto, secondo il sistema programmatorio, detto personale non costituisce, nell’ambito della consistenza delle amministrazioni tenute a chiedere l’autorizzazione all’assunzione, né una unità e né un costo aggiuntivo (12).
Un ulteriore elemento che permette di affermare che il sistema programmatorio rispetto a quello del blocco-deroghe, è risultato più efficace in relazione agli obiettivi che ci si proponeva di raggiungere tra cui quello di contribuire ad una reale riduzione della spesa pubblica, soprattutto di quella corrente primaria, è che la programmazione dei flussi in entrata di personale all’interno della P.A. è stato uno degli strumenti individuati ed utilizzati dai Governi a partire dal ’98 per sostenere coerentemente il vasto processo di riforma del sistema amministrativo italiano avviato negli ultimi anni ’90. Questo processo ha, tra l’altro, avuto come obiettivo quello di ottenere dei risparmi attraverso interventi di razionalizzazione, di recupero di efficienze, di revisione delle misure di sostegno ai settori produttivi, di una maggiore responsabilizzazione finanziaria dell’Amministrazione pubblica (13).
Il fatto che alla fine del 2001 gli obiettivi di riduzione percentuale nella consistenza delle unità di personale nei settori interessati alla programmazione delle assunzioni e i conseguenti di risparmi di spesa siano stati solo in minima parte raggiunti (grafico sottostante) con lo strumento della programmazione, questo risultato è da imputare al fatto di aver considerato tra i settori di amministrazioni destinatari dell’art. 39 L. n. 449/97 anche quello della sicurezza, notoriamente conosciuto come un sistema rigido con piani annuali di ingresso di personale tradizionalmente e convenzionalmente prefissati nel tempo e, quindi, difficilmente conciliabile con il sistema programmatorio fondato su presupposti di grande flessibilità ed elasticità in relazione agli obiettivi da conseguire.
Il settore della sicurezza ha annullato, infatti, ha annullato completamente il risultato positivo conseguito nei comparti ministeri ed enti pubblici non economici nel quadriennio 1998/2001.

Al fine di fronteggiare la preoccupante ed
incontrollata dilatazione nella consistenza di personale del settore sicurezza,
il Governo ha provveduto, con la Finanziaria 2002, a dare a detto fenomeno una
decisa inversione di tendenza, escludendolo, per il
Il nuovo meccanismo prevede che le Forze Armate, i Corpi di Polizia e il Corpo dei Vigili del fuoco, mediante la predisposizione di specifici piani annuali da sottoporre all’approvazione del Consiglio dei Ministri, adottino tutte le misure volte ad ottimizzare l’impiego delle proprie risorse umane al fine di migliorare in efficienza organizzativa e funzionale; ciò comporta un risparmio delle medesime risorse, anche mediante la limitazione del ricorso alle assunzioni di nuovo personale, posto che queste, con esclusione di quelle derivanti da provvedimenti di incremento di organico per le quali sia indicata apposita copertura finanziaria, non possono comunque superare le cessazioni dal servizio avvenute entro la data del 31 dicembre 2001.
2. Considerazioni conclusive.
Oggi in Italia si comincia a discutere in merito alla necessità di superare le tradizionali forme di accesso nella P.A. ed i relativi controlli, anche alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione.
Il ricorso, nell’ultimo decennio soprattutto, allo strumento di riduzione del personale nell’ambito o di blocchi o di una rigida programmazione delle assunzioni, si è reso necessario in quanto sono stati scarsamente utilizzati modelli flessibili di accesso alla pubblica amministrazione.
Un maggiore utilizzo di strumentazioni contrattuali idonee ad assicurare la flessibilità non avrebbe comportato l’esigenza di programmare un forte piano di contenimento e di riduzione del personale pubblico.
Nei principali paesi europei i modelli di contrattazione prevedono un accesso al lavoro, anche nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, basato su strumenti di grande flessibilità come il part-time, il telelavoro, il lavoro interinale, etc.
In Italia una serie di norme legislative e di contratti collettivi introdotti dal 1998 ha innovato la materia dell’accesso al lavoro nella P.A., introducendo alcune forme di flessibilità. E’ stata sostanzialmente superata la logica di un unico regolamento che disciplina tutte le procedure di reclutamento, ammettendo la possibilità che ciascuna amministrazione, rispettando criteri di oggettività e trasparenza delle procedure selettive, possa regolamentare la materia in base alle proprie esigenze.
Un modello di P.A. per obiettivi, per missioni e per risultati misurabili, più efficiente, più snella, più veloce, più accessibile e trasparente, in grado di contribuire alla competitività dell'economia ed al suo sviluppo, deve fondarsi innanzitutto sull'innovazione e sulla crescita professionale e sul merito delle risorse umane, favorendo soprattutto l'applicazione di istituti e di tipologie flessibili mutuate dal mondo privato. Questo modello mal si concilia con l'80-85 per cento di personale assunto con contrattazione e modalità di ingresso tradizionali a tempo indeterminato che ha caratterizzato fino ad oggi, i modelli di contrattazione per l'accesso alla pubblica amministrazione.
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(*) Questo scritto vuole essere un ricordo del Dr. Ubaldo POTI Capo del Dipartimento della funzione pubblica dal 1997 al 2001.
(1) D’Antona, Lavoro pubblico e diritto del lavoro: la seconda privatizzazione del pubblico impiego nelle “Leggi Bassanini” LPA, 1998, n. 1, 37.
(2) Zappalà, Riv. L.P.A. “ Le trasformazioni del lavoro pubblico nel prisma delle politiche di reclutamento. Il caso del “diritto all’assunzione”. vol. I: pag. 271.
(3) Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche –Supplemento ordinario n. 112/L alla Gazzetta Ufficiale n. 106 del 9 maggio 2001 – Serie Generale.
(4) V. Lucini, Le assunzioni nel pubblico impiego, in M. Rusciano-L. Zoppoli, il lavoro pubblico, Bologna, 1994 “il piano si è ridotto ad una semplice ricognizione delle esigenze manifestate dalle singole amministrazioni, al di fuori di qualsiasi programmazione”.
(5) La legge 30 dicembre 1992, n. 412 ha ridotto il numero di assunzioni consentite dal 50% al 10% delle cessazioni dal servizio ( per gli enti locale dal 50% al 25%). Successivamente la legge n. 537/1993 ha previsto la rideterminazione provvisoria delle dotazioni organiche in misura pari ai posti coperti al 31/8/1993, con la possibilità di provvedere alla copertura dei posti resisi vacanti per cessazioni, nella misura del 5% degli stessi, mediante mobilità e, per un ulteriore 10% mediante nuove assunzioni, nel caso di accertato fabbisogno: La legge n. 537/93, ha previsto tuttavia che, mediante mobilità, possa essere coperto il 50% del turn-over. Con la successiva l. n. 549/95 veniva prorogata l’efficacia delle norme della l. n. 724/94, ed introdotte significative eccezioni. Con la legge n. 662/96 veniva disposto il divieto assoluto di nuove assunzioni per tutto il 1997 e nel contempo autorizzava le amministrazioni a coprire interamente il turn-over facendo ricorso alle procedure di mobilità e, limitatamente al 10%, mediante nuove assunzioni. Tale ultima legge, tuttavia, aveva anche escluso l’applicabilità del vincolo per un elenco di ipotesi talmente ampio, contribuendo in misura non indifferente ad indurre il legislatore ad un complessivo ripensamento del meccanismo utilizzato per un decennio.
(6) Dipartimento della Funzione pubblica: Rapporto sulle condizioni delle pubbliche amministrazioni dell’anno 1993.
(7) Mainardi LPA III 2000 pag. 167: Legge finanziaria per il 2000: le norme su riduzione di personale e passaggio diretto.
(8) Le deliberazioni del Consiglio dei Ministri hanno trovato attuazione nel D.P.R. 18 giugno 1998, nel D.P.R. 3 novembre 1998, nel D.P.R. 21gennaio 1999, nel D.P.R. 1° settembre 1999, nel D.P.R. 30 agosto 2000 e nel D.P.R. 30 marzo 2001. Alla fine del 1999, il Consiglio dei Ministri ha autorizzato, per esigenze particolarmente urgenti, 570 assunzioni alla Giustizia ed altre 70 all’ACI, con decorrenza dal 1° gennaio 2000.
(9) La Relazione sui risultati della Programmazione delle assunzioni viene presentata dai Ministri della funzione pubblica e dell’economia e delle finanze ed approvata dal Consiglio dei Ministri, secondo quanto previsto dall’articolo 39 della l. n. 449/97.
(10) L’articolo 19 della l. n. 448/2001 prevede che le amministrazioni appartenenti al comparto sicurezza, per il triennio 2002-2004, in deroga all’articolo 39 della legge 27/12/1997, n. 449, predispongano specifici piani annuali con l’indicazione delle iniziative da adottare per un più razionale impiego delle risorse umane; dei compiti strumentali o non propriamente istituzionali il cui svolgimento può essere garantito mediante l’assegnazione delle relative funzioni a personale di altre amministrazioni pubbliche, o il cui affidamento all’esterno risulti economicamente più vantaggioso nonché delle conseguenti iniziative che si intendono assumere; delle eventuali richieste di nuove assunzioni che, fatte salve quelle derivanti da provvedimenti di incremento di organico per le quali sia indicata apposita copertura finanziaria, non possono, comunque, superare le cessazioni dal servizio verificatesi al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento. Il governo ha autorizzato nel 2002 6100 assunzioni nel comparto sicurezza (DPR 8 agosto 2002).
(11)
Leggi 28 dicembre 2001, n.
(12) Circolare n. 2/2000 Dipartimento della funzione pubblica n. 47842/2000; le seguenti note dell’Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni presso il Dipartimento della funzione pubblica- Servizio programmazione delle assunzioni e reclutamento:nota UPPA n. 4819/3 del 4 dicembre 2001; nota UPPA 1123/4/NIG del 22 aprile 2002; 2317/4/NIG del 3 settembre 2002.
(13) Relazione illustrativa al Documento di programmazione economica e finanziaria periodo 1997-1999.