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n. 6/2007 - ©
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DONATO MESSINEO*
La
riammissione di una lista alle elezioni provinciali,
nel prisma dei principi costituzionali
(note a margine di T.A.R. Catania, sez. I, ord. nn. 570 e 571 del 2007)
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Con le ordinanze n. 570 e 571 del 2007 (il testo della ordinanza n. 570 è riportata in calce al presente documento), la I Sezione del T.A.R. Sicilia – Sezione staccata di Catania, pronunciandosi in via cautelare, ha ordinato rispettivamente alla Commissione elettorale presso il Tribunale di Ragusa e all'omologa Commissione di Modica di pronunciarsi sulla istanza di regolarizzazione della presentazione della lista PRI – Partito Repubblicano Italiano, in vista delle elezioni provinciali del 13-14 maggio 2007.
La vicenda è stata originata dai provvedimenti di eliminazione di detta lista ad opera delle succitate Commissioni elettorali, che hanno riscontrato la violazione dell'art. 11, lett. e), l. r. Sicilia n. 14 del 1969. La disposizione prevede, per la partecipazione alla competizione elettorale, che insieme ad ogni lista sia presentata la dichiarazione di presentazione della lista dei candidati firmata dal prescritto numero di elettori. La firma degli elettori-sottoscrittori va apposta su appositi moduli recanti – tra l'altro – il contrassegno della lista e le generalità di tutti i candidati. Nella vicenda di specie, le firme degli elettori, ancorché debitamente autenticate, erano state apposte su moduli privi del contrassegno di lista e dei nominativi dei candidati, fatta eccezione per le prime quattro, apposte sul primo dei moduli depositati. Sulla base di siffatto rilievo le anzidette Commissioni elettorali avevano ritenuto insufficiente il numero di sottoscrizioni prodotte e disposto l'esclusione delle liste.
Contro tale eliminazione il delegato alla presentazione aveva immediatamente prodotto istanze di regolarizzazione, rivolte a ciascuno dei riferiti Uffici elettorali. Gli Uffici però avevano confermato la ricusazione della lista, senza concedere il termine per la regolarizzazione, ritenendo non applicabile al caso di specie l'art. 12 della l. r. summenzionata, ai cui sensi "qualora all'atto della verifica dei documenti e delle dichiarazioni relativi alla presentazione della lista dovessero riscontrarsi vizi formali ovvero dovessero mancare documenti o dichiarazioni così come prescritti, l'ufficio elettorale circoscrizionale competente assegna ai presentatori un termine di ventiquattro ore per produrre quanto richiesto".
E’ stato, allora, proposto ricorso per l’annullamento dei riferiti provvedimenti, richiedendo altresì l'ammissione con riserva della lista del Partito Repubblicano Italiano alle elezioni provinciali, poi concessa con le ordinanze nn. 570 e 571.
In tali provvedimenti il T.A.R. Catania ha avuto modo di pronunciarsi su problematiche oggetto di divergenti orientamenti giurisprudenziali, a partire dalla questione relativa all'ammissibilità del ricorso immediato contro i provvedimenti di esclusione dalla competizione elettorale. Al riguardo, va ricordato che nell'interpretazione di recente offertane dall'Adunanza plenaria n. 10 del 2005 l'art. 83/11 del d.P.R. n. 570 del 1960, che fissa in 30 giorni dalla proclamazione degli eletti il termine per il ricorso contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri, non avrebbe il mero scopo di fissare il termine finale per l'esercizio della tutela giurisdizionale. Al contrario, esso indicherebbe anche che l'impugnativa avverso le operazioni elettorali deve fare di necessità riferimento alla proclamazione degli eletti, ossia all’atto conclusivo di tali operazioni; e avrebbe perciò l'effetto di escludere l'impugnativa autonoma degli atti preparatori, quale l'esclusione di una lista. Ove se ne asserisse l'illegittimità, tale atto potrebbe essere gravato solo unitamente alla proclamazione degli eletti, invalidata in via derivata, poiché è questa che costituisce il momento centrale di tutta la procedura.
Tale ricostruzione si è discostata dall'orientamento, abbracciato a partire dai primissimi anni '90 da una parte della giurisprudenza amministrativa, e poi accolto anche dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, n. 92 del 1994; Ad. Plen. n. 15 del 1997), secondo cui, in ragione del carattere immediatamente lesivo arrecato al diritto di elettorato passivo, il provvedimento di esclusione della lista dalla competizione elettorale potrebbe essere impugnato autonomamente.
Nelle ordinanze nn. 570 e 571 del 2007 il T.A.R. Catania ha dichiarato di discostarsi dalle conclusioni cui è pervenuta la riferita Ad. plen. n. 10. Tale presa di posizione pare pertinente all'esigenza di salvaguardare nella maniera più ampia la partecipazione elettorale, funzionale allo stesso carattere democratico e pluralista dell'ordinamento, le cui dinamiche riposano in larga parte sul confronto e la competizione tra quelle particolari formazioni sociali che sono i partiti politici. In presenza di controversie relative agli adempimenti preparatori alle elezioni, per consentire la piena espressione del giudizio degli elettori – posto a fondamento della democrazia rappresentativa e degli istituti della responsabilità politica – dovrebbe consentirsi, per intanto, l'ammissione di liste e candidati alla competizione elettorale. In tal modo, tra l’altro, si eviterebbe di ricollegare una sanzione per certi versi sproporzionata rispetto al carattere formale degli oneri il cui corretto adempimento costituisce oggetto di controversia. In ciò pare manifestarsi pure una peculiare attitudine del provvedimento cautelare in materia elettorale, idoneo a garantire non soltanto beni individuali della persona, ma funzionale anche alla implementazione di importanti principi costituzionali.
Ammessa la ricorribilità immediata dell'esclusione della lista, il giudice amministrativo ha poi ritenuto che le Commissioni elettorali abbiano errato a non fare uso del proprio potere di invito alla regolarizzazione della lista. Il T.A.R. Catania ha rilevato che – nel caso di specie – “le firme sussistono e sono state depositate nei termini, mentre ciò che manca è solo l'utilizzo dell'apposito modello contenente il simbolo, il collegamento e l'elenco dei candidati". Pertanto, non potrebbe applicarsi la lett. a) dell'art. 12, l. r. Sicilia n. 14 del 1969, che prevede l'esclusione delle liste per la più grave ipotesi in cui manchino le sottoscrizioni prescritte. Così, la vicenda è stata ascritta dal T.A.R. al novero delle irregolarità formali passibili di regolarizzazione, in linea con l’idea che le cause di esclusione delle liste siano da considerarsi tassative e di stretta interpretazione, per l’intensa limitazione apportata a diritti fondamentali.
In passato il medesimo T.A.R. Catania aveva già valorizzato siffatta impostazione, escludendo – ad esempio – che la mancata indicazione della data e del luogo di nascita dei candidati potesse giustificare l’esclusione di una lista, dovendo al più la Commissione elettorale invitare i presentatori alla regolarizzazione (cfr. sez. II, sent. n. 1854 del 2003).
Da questo punto di vista, la possibilità della regolarizzazione della presentazione delle liste pare costituire un principio generale dell'ordinamento giuridico dello Stato, sia perché la previsione è presente a tutti i livelli della legislazione elettorale, sia per l'intensità della connessione di siffatto istituto con il valore fondamentale della partecipazione politica, cui assicura effettività.
In proposito, l'art. 22 del d.P.R. n. 361 del 1957 (testo unico per l'elezione della Camera dei deputati) prescrive che entro il giorno successivo alla scadenza del termine per la presentazione delle liste, l'Ufficio centrale circoscrizionale effettui le ricusazioni delle liste, le verifiche relative alle sottoscrizioni, le cancellazioni dei candidati; che entro lo stesso giorno i delegati delle liste prendano cognizione delle contestazioni e delle modificazioni subite dalle liste; che l'Ufficio centrale si riunisca "nuovamente il giorno successivo alle ore 12 per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate ed ammettere nuovi documenti nonché correzioni formali e deliberare in merito".
L'attività di regolarizzazione prevista dalla legge appare dunque la più ampia, sino a consentire l'integrazione di documentazioni incomplete.
Tale disciplina si applica anche alle elezioni del Parlamento europeo, in base all'art. 51, l. n. 18 del 1979, che effettua un generale rinvio alle disposizioni del d.P.R. n. 361 del 1957; alle elezioni provinciali, stante la previsione dell'art. 74, d.lgs. n. 267 del 2000 (testo unico enti locali), che per "la presentazione delle candidature alla carica di consigliere provinciale e di presidente della provincia" fa rinvio alla l. n. 81 del 1993, la quale a sua volta richiama il t.u. n. 361. Le stesse regole vigono pure per l'elezione del Senato, ai sensi dell'art. 10, d.lgs. n. 533 del 1993, che ricalca nella formulazione testuale il ridetto art. 22 vigente per la Camera dei deputati. Analogamente, per i consigli comunali, l'art. 33, d.P.R. n. 570 del 1960 prevede che la Commissione elettorale circondariale, entro il giorno successivo a quello stabilito per la presentazione delle liste effettui ogni verifica, ricusazione di contrassegni e/o di liste, eliminazione di candidati; che il delegato di ciascuna lista possa prendere cognizione, entro la stessa sera, delle contestazioni e delle modificazioni subite dalla lista; che la commissione si riunisca entro il ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione per udire i delegati delle liste contestate o modificate, ammettere nuovi documenti e deliberare sulle modificazioni eseguite.
La legislazione regionale siciliana risulta conforme ai medesimi principi, ed anzi li sviluppa in modo particolarmente intenso, tanto che l'art. 12, l. r. Sicilia n. 14 del 1969 contempla espressamente, a seguito delle contestazioni dell'ufficio circoscrizionale, oltre all'introduzione di nuovi documenti, persino la possibilità di presentare un nuovo contrassegno di lista, qualora quello originariamente depositato non sia rispettoso delle previsioni di legge.
Anche sotto questo punto di vista – allora – le ordd. nn. 570 e 571 manifestano particolare attenzione verso il principio di massima partecipazione possibile nella competizione elettorale: principio che si desume dall'intero impianto costituzionale, anche allo scopo di garantire effettività al principio di uguaglianza del voto. Invero, nell’ambito di una interpretazione costituzionalmente orientata della procedura stabilita dalla legge per la presentazione delle liste sembra necessario distinguere tra violazioni di carattere ‘formale’, quali quelle presenti nel caso di specie, e violazioni di carattere ‘sostanziale’. Tra queste ultime andrebbero annoverate soltanto quelle da cui possa in concreto desumersi un vizio della volontà dei sottoscrittori, tratti in errore circa l'identità della lista sottoscritta, ovvero intenzionati ad apporre una firma in bianco. In effetti, sembra che solo in presenza di ipotesi siffatte potrebbero ammettersi limitazioni alla libera espressione del voto e all'esercizio dell'elettorato passivo.
Nella vicenda qui considerata, il vizio di volontà dei sottoscrittori pare da escludere. Come risulta dagli atti, già al momento di fare istanza alle surriferite Commissioni elettorali per la regolarizzazione della presentazione delle liste, il presentatore della lista aveva allegato due dichiarazioni, in cui chi aveva autenticato le firme specificava le condizioni della loro raccolta e chiariva – assumendosi ogni responsabilità – che ciascuna firma era stata apposta dal sottoscrittore in piena consapevolezza e volontà, e previa esibizione del frontespizio della lista recante il contrassegno della medesima e l'elenco dei candidati.
Non potendosi dubitare circa l'effettiva volontà degli elettori di sottoscrivere proprio la lista del Partito Repubblicano Italiano e non altra, è apparso vieppiù gravoso ricollegare ad un vizio formale la compressione irrimediabile dei diritti costituzionali di partecipazione democratica, funzionali al corretto svolgimento delle dinamiche pluralistiche e istituzionali, e che nell'esercizio dell'elettorato passivo trovano la loro dimensione più alta e – per così dire – concreta.
Infine, presenta interesse la questione di legittimità costituzionale ventilata dai ricorrenti in relazione all’art. 3, l. r. Sicilia n. 26 del 1993, come modificato dall’art. 35, l. r. Sicilia n. 35 del 1997, per violazione degli artt. 2, 3, 48 e 49 Cost. La norma prevede che «nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti presso l'Assemblea regionale siciliana in gruppo parlamentare o che nell' ultima elezione regionale abbiano ottenuto almeno un seggio, anche se presentano liste contraddistinte dal contrassegno tradizionale affiancato ad altri simboli. In tali ipotesi la candidatura sarà sottoscritta e presentata dal rappresentante regionale del partito o del gruppo politico o da una o più persone dallo stesso delegate, con firma autenticata». I ricorrenti non hanno potuto giovarsi della previsione sopra richiamata: il Partito Repubblicano, pur presente nel Consiglio provinciale uscente, nonché nel Parlamento europeo, non è rappresentato in Assemblea regionale, e pertanto non ha potuto beneficiare della esenzione dalla raccolta delle firme.
Invero, la legislazione elettorale in Italia pare conformarsi ad ogni livello al generale principio per cui in ogni tipo di elezione diretta le candidature debbano essere assistite dalla sottoscrizione di un determinato numero di elettori. La ratio di codeste previsioni può essere rinvenuta nell'esigenza che le liste diano dimostrazione di una reale presenza organizzata e di un minimo di consenso presso l'elettorato, in modo da evitare presenze di mero disturbo, e garantire l'ordinata gestione del voto. Da questo punto di vista, la previsione regionale indubbiata di illegittimità non si discosta da linee di tendenza diffuse, che possono essere ricondotte all'art. 51 Cost., ai cui sensi la legge stabilisce, tra l'altro, i "requisiti" per l'accesso alle cariche elettive.
Al riguardo, va pure ricordato che la presentazione delle liste ad opera dei delegati dei partiti già presenti nell’assemblea da eleggere, senza l’onere della raccolta delle firme, è stata prevista ai più diversi livelli: originariamente prevista dall’art. 1, d.l. n. 161 del 1976, conv. in l. n. 240 del 1976, per i consigli comunali, provinciali e regionali, essa è stata successivamente disciplinata dall'art. 3, l. n. 81 del 1993; l’art. 18-bis, t.u. n. 361 del 1957, contempla l’istituto con riferimento all’elezione della Camera dei deputati; l’art. 9, d.lgs. n. 533 del 1993 la dispone per il Senato della Repubblica; l’art. 12, l. n. 18 del 1979, ed ora art. 4, l. n. 90 del 2004, per il Parlamento europeo; l’art. 11, l. n. 136 del 1976, per i consigli circoscrizionali. Nelle intenzioni del legislatore tali esenzioni dovrebbero probabilmente ricollegarsi alla medesima ratio che sta alla base della disciplina cui esse derogano. Infatti, la consistenza delle forze politiche già rappresentate nelle istituzioni elettive sarebbe in re ipsa dimostrata dalla avvenuta elezione.
La circostanza ora richiamata ha indotto a prospettare l’illegittimità della normativa siciliana sotto due contrastanti profili, per così dire, in eccesso ed in difetto.
Da un primo punto di vista, discipline di tale contenuto sembrerebbero introdurre discriminazioni incompatibili con il combinato disposto degli artt. 2, 3 e 48 Cost., poiché determinerebbero una disparità nelle condizioni di accesso alle cariche elettive e creerebbero un regime differenziato nel godimento dei diritti fondamentali di partecipazione politica del singolo e dei gruppi. La presentazione di liste di candidati nelle competizioni elettorali è una delle manifestazioni tipiche ed essenziali della partecipazione politica, che si esprime in modo collettivo nei partiti, quali formazioni sociali considerate dagli artt. 2 e 49 della Costituzione. Ora, la regolamentazione differenziata degli oneri di partecipazione di tali forze alla competizione elettorale pare porsi in tensione con il riconoscimento della pari dignità delle formazioni sociali e della parità di condizioni di partenza che la legge è chiamata ad assicurare nella disciplina delle modalità di esercizio del voto.
La predeterminazione di requisiti per la presentazione delle candidature, onde creare un ‘filtro’ finalizzato alla razionale gestione del voto, dovrebbe considerarsi legittima soltanto nella misura in cui le incombenze così introdotte gravino in modo omogeneo ed indifferenziato nei confronti di tutte le forze che intendono prendere parte al confronto elettorale. Invero porre a carico dei vari gruppi oneri organizzativi diversificati sottopone a stress il principio costituzionale di uguaglianza del voto. Per di più, tali oneri gravano in modo più intenso proprio nei confronti delle forze che si presumono meno equipaggiate e radicate, frenandone le aspirazioni.
Ragionando a livello sistematico, poi, non si può fare a meno di notare come la legislazione più recente abbia manifestato un’attenzione crescente all'esigenza di realizzare una più effettiva parità di condizioni nell'ambito delle competizioni elettorali. L'espressione più significativa di tale tendenza è la legge (statale) n. 28 del 2000, che ha dettato una disciplina puntuale e dettagliata per realizzare la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica. E' significativo che l'art. 1 di tale legge assuma espressamente il fine di “garantire” in tale ambito “la parità di trattamento e l'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici”, e che si disponga la ripartizione degli spazi sui mezzi di comunicazione in misura uguale tra tutti i movimenti che partecipano alle elezioni, a prescindere dalla rappresentatività politica dei medesimi.
Di fronte a tale evoluzione normativa, disposizioni come quella contenuta dall'art. 3 della l. r. Sicilia n. 26 del 1993 entrano in tensione con i parametri costituzionali surriferiti, sicché l'incoerenza della regola che distribuisce in modo disomogeneo le incombenze della fase pre-elettorale con i principi e gli scopi di fondo della legislazione elettorale potrebbe essere espressione di irragionevolezza, e dunque di contrasto con l'art. 3 Cost., tanto più difficile da giustificare alla luce del disegno costituzionale, in quanto penalizza, come detto, i gruppi (che si presumono) meno ‘equipaggiati’. Il principio di uguaglianza sostanziale porta talora ad ammettere o promuovere trattamenti differenziati volti a ristabilire parità di condizioni a favore di gruppi minoritari, o sotto vari profili svantaggiati nell'esercizio dei diritti di partecipazione; ma certo sarebbe più problematico ammettere l'opposto, e cioè conservare meccanismi legislativi che si risolvano ad esclusivo ed automatico vantaggio di forze rappresentate nelle istituzioni, solo e proprio in quanto tali, e a detrimento di quelle che si affacciano per la prima volta alla competizione elettorale. I dubbi circa la ragionevolezza della disciplina siciliana sembrano allora determinati, ad un tempo, sia dal suo carattere discriminatorio, sia dal peculiare ‘verso’ di tale discriminazione, in ragione – cioè – delle specifiche caratteristiche dei soggetti penalizzati.
Sotto un diverso profilo – quello che si anticipava per difetto - la disposizione regionale istituisce un collegamento tra elezioni in ambito locale e presenza all’A.R.S. che risulta non facilmente compatibile con l’autonomia di ogni livello istituzionale. Potrebbe chiedersi – infatti – la ragione per la quale il partito che ha costituito un gruppo in seno all’A.R.S. sia legittimato a presentarsi senza particolari oneri organizzativi in ogni realtà locale dell’isola, prescindendo dall’insediamento territoriale. La legislazione statale sopra indicata – non a caso, dopo l’abrogazione dell’art. 1, d.l. n. 161 del 1976, ad opera della l. n. 81 del 1993 – prevede una decisa corrispondenza tra modalità di presentazione delle liste di candidati ad opera dei delegati di partito e livello istituzionale: in altri termini, si valorizza la presenza dei partiti politici nelle assemblee da eleggere e non già in ambiti diversi. In questa differente prospettiva si potrebbe sospettare la deviazione da parte della legge regionale siciliana di un vero e proprio principio generale dell’ordinamento giuridico dello Stato, in assenza di interessi specifici della Regione che possano giustificare la deroga rispetto al modello statale.
In definitiva, la vicenda qui esaminata mette in evidenza talune incongruenze tra disciplina nazionale e regionale, determinate dalle ripetute trasformazioni della legislazione elettorale, che danno luogo ad applicazioni – per così dire – non ‘paritarie’. Pur nella sua frammentarietà, la normativa sospettata di illegittimità presenta una ratio indubbiamente chiara, mirando ad ammettere direttamente alla consultazione elettorale – senza previo esperimento di particolari oneri procedurali – solo liste dotate di reale radicamento politico. Tuttavia, l’applicazione di codesta normativa ha imposto la raccolta delle firme proprio al Partito Repubblicano Italiano, che ha accompagnato gli svolgimenti della storia istituzionale italiana a tutti i livelli di governo (sino ad esprimere, nel 1981, il primo presidente del consiglio della storia repubblicana non appartenente alla Democrazia Cristiana) e che è comunque presente sia al Parlamento Europeo, sia nell’organo (Consiglio provinciale) che si trattava di rinnovare.
La questione di legittimità costituzionale prospettata dai ricorrenti in relazione all’art. 3, l. .r. Sicilia n. 26 del 1993, nella parte in cui non prevede che “nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o i gruppi politici presenti nell’assemblea dell’ente locale in carica al momento della convocazione dei comizi” (sulla falsariga dell’art. 18-bis, d.P.R.. n. 361 del 1957 o dell’art. 9, d.lgs. n. 533 del 1993) sembra – allora – meritare considerazione: il suo accoglimento eleverebbe la coerenza interna del sistema legislativo, e lo riallineerebbe ai principi costituzionali sopra richiamati.
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(*) Dottorando di ricerca in diritto costituzionale, Università di Ferrara.
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TAR SICILIA - CATANIA, SEZ. I - ordinanza 10 maggio 2007 n. 570 - Pres. Zingales, Est. Gatto Costantino.
(omissis)
sulla domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento che è stato impugnato - in via giurisdizionale - col ricorso 934/2007 proposto da: Calvo Biagio e La Terra Rita, rappresentati e difesi da Cariola avv. Agatino e Giurdanella avv. Carmelo con domicilio eletto in Catania via E. Pantano 118 presso lo studio del primo
contro
l'Ufficio elettorale circoscrizionale di Ragusa, rappresentato e difeso da: Avvocatura Distrettuale dello Stato con domicilio eletto in Catania presso la sua sede
Provincia Regionale di Ragusa in persona del Presidente pro tempore, non costituita
e nei confronti di: Barone Giuseppe, Roccuzzo Paolo, Amato Angela, rappresentati e difesi dall'Avv. Andrea Scuderi e dall'Avv. Giovanni Maina, elettivamente domiciliati in Catania, via V. Giuffrida 37, presso lo studio del primo;
Ferrara Pasquale, Di Natale Giuseppe, Caldarera Giuseppe, Antonci Giovanni Francesco, Coco Mario, Agosta Giuseppe, Bellassai Rosario, Dimartino Marco, Battaglia Biagio, La Penna Rosario, Guerrieri Pietro, Tavolino Maria L., Di Prima Ezechiele, Bellone Giovanni, Distefano Giuseppe, Bocchieri Salvatore, Di Giacomo Giovanni, Baldanza Antonino, Battaglia Salvatore, Camilleri Andrea, Bocchieri Sebastiano, Storace Barbara, Schembari Alberto, La Mesa Sebastiano, Corallo Francesco, Di Pasquale Giuseppe, Licita Giorgio, Blandino Salvatore, Bugio Rosario, Cugnata Giovanni, Occhipinti Giovanni, non costituiti
per l'annullamento
del verbale dell'Ufficio circoscrizionale Elettorale presso il Tribunale di Ragusa del 21 aprile 2007 e del relativo provvedimento di eliminazione della lista PRI Partito Repubblicano Italiano dalla consultazione elettorale per il rinnovo del Consiglio della Provincia Regionale di Ragusa, indetta per i giorni 13-14 maggio 2007 e di ogni altro atto connesso, ivi compresa, ove occorra, la nota del medesimo ufficio del 20 aprile 2007;
Visto il ricorso introduttivo del giudizio;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato,
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura di Stato e di Barone Giuseppe, Roccuzzo Paolo, Amato Angela,
Udito nella Camera di Consiglio del 10 Maggio 2007 il relatore Ref. Salvatore Gatto Costantino
Uditi gli avvocati come da verbale;
Vista la documentazione tutta in atti;
Visto l'art 21 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e successive modificazioni;
Visto il D.P. nr. 548/07, del 3 maggio 2007, con cui è stata concessa la misura cautelare prevista dall'art. 21 comma IX della 1. 1034/71 ed è stata pertanto ammessa con riserva la lista elettorale del PRI alle consultazioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Ragusa;
Ritenuto ai fini del presente giudizio cautelare che - disattendendo l'orientamento contrario espresso dalla sentenza dell' A.P. nr. 10/2005 - è ammissibile il ricorso immediato contro i provvedimenti di esclusione della lista dalla competizione elettorale, a norma dell'art. 83/11 del DPR 570/1960 il quale disciplina solamente il termine finale per la proposizione di esso, determinandolo in trenta giorni dalla proclamazione degli eletti, ma non dispone nulla in ordine alla decorrenza iniziale di tale termine che, pertanto, secondo le regole processuali generali, ha inizio dalla conoscenza dell'atto lesivo (cfr. TAR Catania, I, 28 novembre 2006 nr. 2380, con particolare riferimento alle pagg. 94 e ss. e Consiglio di Stato, V, 16 maggio 2006, n. 2368 ivi citata);
Ritenuto, che il provvedimento impugnato è illegittimo per le ragioni esposte in ricorso al secondo capo di censura, perché la CEC, escludendo la lista per irregolarità nella presentazione delle sottoscrizioni in quanto registrate in "moduli privi del contrassegno della lista e dell'elenco dei candidati in violazione dell'art. 11 lett. "e" 1. r. 9.5.1969 n. 14", ha agito in violazione dell'art. 12 della medesima legge reg.le nr. 14/1969;
Ritenuto più precisamente, che la CEC ha errato nel non fare uso del proprio potere di "invito alla regolarizzazione previsto " dalla disposizione sopra citata al comma 1 bis "nella ipotesi di irregolarità formali ed addirittura di mancanza di documenti e dichiarazioni come prescritti'' (cfr. TAR Catania, II, 7 novembre 2003 nr. 1854; cfr. anche TAR Catania, II, 06 aprile 2001 nr. 812 e 25 luglio 2003, nr. 1203);
Ritenuto, infatti, che "Le cause di esclusione previste dalle norme in materia elettorale debbono ritenersi tassative, in quanto derogatorie del principio generale di massima partecipazione, riferibile agli elettori e ai candidati, al procedimento elettorale, che costituisce espressione dei diritti fondamentali previsti dagli art. 48 e 51, cost." (TAR Catania, II, 1854/2003 cit. ) ;
Ritenuto che la disposizione di cui all'art. 12 della L.R. 14/1969 si articola, per quanto qui di interesse, in due parti, ossia il comma 1 ed il comma 1 bis, di cui il primo contempla le fattispecie tipiche di adempimenti che sono demandati alla CEC e,
tra questi, quando sussistono casi sostanziali di inammissibilità delle liste o dei candidati, il legislatore ne prevede anche direttamente la sanzione espressa (ad es. la riduzione del numero dei candidati consiglieri al massimo previsto con la eliminazione degli eccedenti mediante cancellazione degli ultimi, in ordine di lista; la esclusione dei candidati che risultino in altre liste; e simili);
Ritenuto che la seconda parte dell'art. 12 cit. contenuta al comma I bis, come introdotto dalla L.R. 26/93, contempla a sua volta una norma di chiusura, che è tale da doversi applicare a tutte le fattispecie per le quali il precedente comma 1 non prevede o contempla sanzioni espresse di esclusione;
Ritenuto che, infatti, il predetto comma I bis prevede che si procede all'invito alla regolarizzazione in due ipotesi distinte, ossia nel caso di "vizio formale" e nel caso di "mancanza di documenti o dichiarazioni come prescritti" (quest'ultimo aggettivo, con l'uso del plurale maschile è evidentemente riferito ad entrambe le fattispecie di documenti e dichiarazioni) ;
Ritenuto che, pertanto, ai sensi dell'art. 12 comma 1 lett. "a" , la fattispecie all'odierno esame del Collegio non può essere considerata come un caso di mancata sottoscrizione della lista, perché, sostanzialmente, le firme sussistono e sono state depositate nei termini, mentre ciò che manca è solo l'utilizzo dell'apposito modello contenente il simbolo, il collegamento e l'elenco dei candidati (quindi si tratta di una dichiarazione difforme da come "prescritto") la cui previsione all'art. 11 lett. "e" si giustifica allo scopo di consentire la agevole verifica della effettiva volontà degli elettori di sottoscrivere la lista delle candidature ed accertarne la riferibilità ad essa;
Ritenuto quindi, che ai fini della citata disposizione per procedere alla esclusione senza regolarizzazione della lista è necessaria "1"assenza" delle sottoscrizioni, non tanto il "dubbio" sulla loro riconducibilità alla lista, che può invece essere risolto mediante l'uso dei poteri di regolarizzazione di cui all'art. 12 comma I bis 1. 14/69;
Ritenuto infatti, che in proposito sussistono elementi precisi a favore della sussistenza della volontà dei sottoscrittori di presentare la lista, elementi che impongono alla CEC l'uso dei poteri di integrazione, ossia, in primo luogo, la contestualità della sottoscrizione (attestata, con prova fino a querela di falso, dal pubblico ufficiale all'atto dell'autentica), la quale implica necessariamente che tutti i sottoscrittori erano presenti insieme al momento della redazione del documento del quale il primo foglio contiene gli elementi essenziali della candidatura, ed il fatto che all'autentica ha proceduto il medesimo pubblico ufficiale, che è anche consigliere provinciale uscente del partito che propone la lista nonché candidato egli stesso, cosa questa che rende verosimile (a dispetto di inaccettabili formalismi) secondo un criterio di ragionevolezza, la consapevolezza dei sottoscrittori della composizione della lista e del collegamento; Ritenuto che, pertanto, alla luce di queste circostanze, non è possibile considerare la lista, così come presentata, come un caso di mancanza di sottoscrizione rilevante ai fini dell'art. 12 comma 1 L.R. 14/69, dovendosi, correlativamente, applicare la fattispecie dell'art. 12 comma Ibis, con riferimento alla ipotesi di "mancanza di documenti o dichiarazioni come prescritti";
Ritenuto che la regolarizzazione è, in atto, oltre che giuridicamente, anche sostanzialmente e praticamente possibile, perché i ricorrenti hanno comprovato di avere già provveduto alla produzione della lista dei sottoscrittori sui moduli contrassegnati a norma dell'art. 11 1. 14/69, asseritamente composta dalle medesime firme degli originari sottoscrittori, che hanno depositato in giudizio durante la odierna camera di consiglio;
Ritenuto che, pertanto, è possibile assicurare in tempi brevi la regolarizzazione della presentazione della lista, senza pregiudizio alcuno per la ottimale organizzazione del procedimento elettorale in corso;
Ritenuto che sussiste con palese evidenza il danno grave ed irreparabile, che deriverebbe ai ricorrenti dalla mancata partecipazione alle competizioni elettorali, non risarcibile in sede di merito e neppure con la ripetizione delle consultazioni elettorali;
Ritenuto dunque, che va accolta la domanda cautelare, a conferma degli effetti del DP nr. 548/07, ordinando alla Commissione Elettorale di pronunciarsi, sulla scorta della documentazione versata agli atti del presente giudizio, sulla istanza di regolarizzazione della presentazione della lista, a norma dell'art. 12 comma 1 bis della legge reg.le nr. 14/1969; e ciò entro il termine improrogabile di 24 ore decorrenti dalla comunicazione della presente ordinanza, che avverrà a cura della Segreteria a mezzo fax, ai sensi dell'art. 12 della 1. 205/2000, e 151 c.p.c, e con facoltà per le parti ricorrenti di ritirare presso la Segreteria del TAR Catania sez. I gli atti depositati alla odierna e.e. (lista dei sottoscrittori) ove fosse unico originale e previa fotocopiatura da parte della Segreteria che terrà nel fascicolo le relative copie;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia - Sezione staccata di Catania, prima sezione, confermando gli effetti del D.P. nr. 548/07,
Accoglie
la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato con il ricorso descritto in epigrafe e per l'effetto
Ordina
alla Commissione Elettorale di pronunciarsi sulla regolarizzazione della presentazione della lista, con le modalità e nel termine indicati in parte motiva. Alle spese anche per la presente fase cautelare si provvedere in sede di merito. La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria che provvedere contestualmente alla pubblicazione a darne immediata comunicazione alle parti, avvalendosi, stante l'estrema urgenza, dell'uso del fax, a mente dell'art. 12 della 1. 205/2000 e 151 c.p.c.
Catania, lì 10 05 2007.