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RUGGERO MERONI (*)
Sull'autorità (Comune o Questura) competente ad emettere un provvedimento di revoca per le ragioni di ordine pubblico dell'autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
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E’ lecito interpretare la vigente normativa in tema di revoca delle autorizzazioni di pubblico esercizio nel senso di ritenere ragionevole che dopo l’entrata in vigore della L. 25.8.91 n. 287 “la revoca dell’autorizzazione comunale per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande può legittimamente intervenire nei soli casi tassativi previsti dall’art. 4 L. n. 287 citata” (così testualmente Tar Sicilia 1 agosto 1995 n. 1981).
Tale articolo prevede tre ipotesi di revoca dell’autorizzazione, rispettivamente:
a) per mancata attivazione dell’esercizio entro 180 giorni dalla data del rilascio, ovvero
per sospensione dell’attività per un periodo superiore a 12 mesi;
b) per cancellazione dal REC del titolare della autorizzazione;
c) per essere venuta meno la rispondenza dello stato dei locali ai criteri di sorvegliabilità
stabiliti dal Ministero dell’Interno.
Da quanto sopra emerge come la revoca dell’autorizzazione nel sistema normativo della legge n. 287/91 è attribuita al Comune per i soli motivi strettamente inerenti al controllo amministrativo sul titolo autorizzativo.
Tale interpretazione è conforme a quanto affermato dalla giurisprudenza prevalente (Tar Sicilia-Catania 1.8.95 n. 1981, Cons. Stato, Sez. V, 24.11.92 n. 1376), pur rimarcando che, tuttavia, vi sono decisioni non allineate.
Il Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 1376/92 ha affermato che “deve ritenersi illegittima un’ordinanza di revoca fondata sulla norma di cui all’art. 100 T.U.L.P.S. adottata dall’Assessore al Commercio di un Comune e non dal questore”.
In base a tale interpretazione spetta al questore “sospendere, nonché revocare la licenza di un esercizio ove siano avvenuti tumulti o gravi disordini o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che comunque costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la sicurezza dei cittadini” (Cons. Stato sentenza citata).
Interpretando i principi normativi suesposti il TAR Veneto con sentenza 8.5.80 n. 395 ha affermato che “i poteri riconosciuti al questore dall’art. 100 T.U.L.P.S. 18.6.1931 n. 773 sono autonomi rispetto ai poteri attribuiti al Sindaco dal D.P.R. 24.7.77 n. 616 in tema di licenza di pubblica sicurezza”.
Più recentemente TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 22.3.2003 n. 114, ha statuito che “il potere di sospensione della licenza di pubblico esercizio per la somministrazione alimenti e bevande, ai sensi dell’art. 100 r.d. 18 giugno 1931 n. 773 non può ritenersi sottratto alla competenza del Questore e attribuito al sindaco, che rilascia detto titolo autorizzativo ai sensi dei novellati art. 117 e 118 cost. e del principio di sussidiarietà, in quanto esso viene esercitato a fini di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, potestà che l’art. 117, comma 1 lett. h) cost. attribuisce allo Stato e che, ai sensi del successivo art. 118, va esercitato unitariamente su tutto il territorio nazionale”.
Da quanto sopra si può desumere come i provvedimenti assunti ex art. 100 T.U.L.P.S spettino al Questore, rimanendo al Comune unicamente i provvedimenti di cui all’art. 4 L. 287/91, nonché quelli generali di cui all’art. 10 T.U.L.P.S. (revoca o sospensione dell’autorizzazione per abuso delle persone autorizzate).
L’abuso del titolo, di cui all’art.10 TULPS citato presuppone la colpa dell’esercente e, pertanto, non deve essere confuso con gli episodi dettagliatamente indicati e specificati dall’art. 100 T.U.L.P.S. (tumulti, gravi disordini, frequentazione di persone pregiudicate o pericolose, grave pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica o il buon costume o per la sicurezza dei cittadini) “che prescindono dall’accertamento della colpa nei confronti del soggetto titolare del pubblico esercizio, che pure viene inciso direttamente dal provvedimento repressivo”.(cfr. T.A.R. Campania Sez .III, 21 ottobre 2002 n. 6525).
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Una ulteriore ipotesi di revoca dell’autorizzazione è riscontrabile nell’art.19, comma quarto, DPR n.616/77 che attribuisce al Prefetto la potestà di richiedere ai comuni, con provvedimento vincolato, la sospensione, revoca o annullamento di taluni provvedimenti autorizzativi previsti dall’art. 19 D.P.R. n. 616/77, tra cui la licenza di pubblico esercizio.
In tale ipotesi la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima la precitata norma nella parte in cui “non limita alle esigenze di pubblica sicurezza il potere del prefetto di richiedere ai comuni, con provvedimento al quale questi debbono conformarsi, la sospensione, l’annullamento o la revoca dei provvedimenti di polizia amministrativa indicati nello stesso articolo” (Corte Costituzionale sent. 27.3.87 n. 77).
Secondo la Corte, tale potere è legittimamente riservato allo Stato solo con riferimento al perseguimento del fine della sicurezza pubblica, il cui assolvimento spetta allo Stato stesso, diversamente l’intervento del prefetto lederebbe l’autonomia locale, violando i principi di autonomia e di decentramento (artt. 5 e 128 Cost).
La sentenza della Corte Costituzionale conferma i principi sopra delineati, laddove si è attribuita allo Stato la competenza in ordine agli interventi di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ivi compresa la sospensione e la revoca del titolo autorizzativi.
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(*) Avvocato - Ufficio legale del Comune di Milano.
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Documenti correlati:
TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III - sentenza 9 settembre 2003 n. 3719 (sulla competenza del Questore ad emanare provvedimenti a tutela dell'ordine pubblico, pur a seguito del trasferimento agli enti locali dei compiti di polizia amministrativa).