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n. 3/2005 - ©
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La Corte costituzionale restituisce i comportamenti di cui all’art. 34 d.lgs. 80/98 al giudice ordinario: in tema di occupazione appropriativa una pronuncia inutiliter data?*
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La sentenza n. 204 del 6 luglio 2004 della Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 34 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (come sostituito dall’art. 7 l. 21 luglio 2000, n. 205) nella parte in cui, comprendendo nella giurisdizione esclusiva anche i “comportamenti” in materia di edilizia e urbanistica, la estende a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita – nemmeno mediatamente – alcun pubblico potere.
Prima dell’intervento della Corte costituzionale, le ipotesi di comportamenti della p.a. implicanti un uso del territorio[1], in quanto espressamente collegati ad un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato, erano ricomprese nel disposto dell’art.34 d. lgs. 80/98 [2].
Per effetto di tale norma e del successivo art.35 erano assorbite nella giurisdizione esclusiva del G.A. le domande aventi ad oggetto la tutela dei diritti patrimoniali conseguenziali alla pronuncia di illegittimità degli atti amministrativi, nonché le domande dirette a conseguire il risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, derivante non solo da atti e provvedimenti ma anche da comportamenti della P.A.; ditalché andavano proposte dinanzi il G.A. tutte le domande risarcitorie, comprese quelle possessorie, nonché in generale le domande cautelari nei confronti della P.A. quando vertenti sulle materie, ampie e numerose, devolute ex lege alla giurisdizione esclusiva del G.A. [3].
L’espressione “comportamenti”, adoperata nell’art. 34 d. lgs. 80/98, per la sua ampiezza e, al contempo, genericità, era stata intesa come criterio di interpretazione della generalità della giurisdizione esclusiva del g.a. a fronte della eccezionalità della giurisdizione ordinaria in materia urbanistica [4].
Così inteso, il comportamento rilevante era rinvenibile non solo in quello a connotazione pubblicistica, ma anche in quello privatistico, se non addirittura in un comportamento materiale, purché esplicativo del perseguimento del pubblico interesse in materie regolate da norme preordinate a tale tutela [5].
In una accezione così ampia di comportamento era dato far confluire anche ipotesi quali il silenzio dell’amministrazione, inteso come fattispecie comportamentale legislativamente qualificata [6].
Alla cennata nozione onnicomprensiva dei comportamenti di cui all’art. 34 del d.lgs n. 80 del 1998, si è contrapposta, per la verità, una lettura più restrittiva che ha circoscritto tali comportamenti a condotte materiali che diano esecuzione o siano altrimenti collegate con il provvedimento e che ha incontrato, in qualche caso, l’adesione del Consiglio di Stato. In tal senso il giudice amministrativo ha ritenuto esistente la propria giurisdizione esclusiva sull’azione risarcitoria da occupazione appropriativa in costanza di dichiarazione di pubblica utilità [7], ma la ha esclusa sull’occupazione sine titulo, anche detta occupazione usurpativa [8].
Nonostante la rilevata oscillazione, l’interpretazione estensiva del concetto di comportamento, avallata dalla Cassazione, ha finito per prevalere, anche se accompagnata dalla denuncia di incostituzionalità dell’articolo 34 [9].
Di conseguenza erano ricondotte nell’alveo della giurisdizione amministrativa in materia urbanistico-edilizia anche le azioni cautelari e possessorie proposte dal privato a fronte di illegittime ingerenze delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti equiparati. Peraltro, la particolarità del rito possessorio è stata ritenuta non incidere sulla questione della giurisdizione. La legge 205 del 2000, infatti, innovando profondamente sul processo giurisdizionale amministrativo, ha dotato il giudice amministrativo, oltre che di mezzi istruttori, di poteri apparsi idonei ad assorbire il contenzioso cautelare parallelamente al trapasso della giurisdizione sui diritti (art. 3, sostitutivo del settimo comma dell’art. 21 l. 6 dicembre 1971 n. 1034) [10].
Requisito indispensabile era che l’atto di lesione del possesso si collocasse “nell’esplicazione di poteri direttamente attinenti al governo del territorio” [11].
Pertanto, la più classica delle fattispecie di ingerenza dell’azione amministrativa sulla proprietà privata, quella dell’occupazione senza titolo, era invocabile davanti al giudice amministrativo, come tutela possessoria, collegata a comportamenti della pubblica amministrazione in materia urbanistica ed edilizia [12]; fattispecie in cui il giudice amministrativo, nell’ambito del potere di emettere misure cautelari “che appaiano … più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”, poteva anche ordinare la reintegrazione nel possesso [13]. Il presupposto era dunque quello della riconducibilità del comportamento nell’ambito di un procedimento espropriativo diretto alla esecuzione dei lavori per la realizzazione di un’opera pubblica che fosse estrinsecazione di una potestà della p.a. [14], di modo che residuava la giurisdizione ordinaria solo con riguardo ai meri atti materiali della p.a., in alcun modo ricollegabili, neppure implicitamente, all’esercizio di un potere amministrativo. In tale ipotesi non trova, infatti, applicazione il principio dell’improponibilità delle azioni possessorie nei confronti della p.a., basato sul disposto dell’art. 4 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, che fa divieto al g.o. di imporre un facere o un non facere in contrasto con la volontà espressa in atti amministrativi [15], non essendo diretto, l’eventuale ordine di reintegra adottato dal giudice, ad elidere gli effetti di alcuna azione amministrativa.
Tra i primi commenti “a caldo” seguiti alla pronuncia della Corte costituzionale, sembra emergere unanime il convincimento che le azioni possessorie nei confronti della p.a. debbano ormai ritenersi sottratte alla giurisdizione esclusiva del g.a. sempre che abbiano ad oggetto comportamenti che, sebbene posti in essere in ambito urbanistico o edilizio siano completamente svincolati da un fine di interesse pubblico [16]. Al contrario, qualche voce autorevole in dottrina, rimasta però isolata, ha ritenuto essere oramai sottratte al g.a. tutte le azioni possessorie, ivi comprese quelle vertenti su comportamenti correlati all’esecuzione di opere pubbliche [17].
Non è mancato, nel breve tempo trascorso, anche qualche provvedimento giurisdizionale che sembra condividere tale ultima tesi [18].
La sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, del tipo manipolativo [19], riformula l’art.34, dichiarandolo illegittimo “nei limiti” precisati in quanto l’estensione della giurisdizione esclusiva ai “comportamenti” riguarda inaccettabilmente le controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita – nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici – alcun pubblico potere.
L’argomentazione motivazionale della Corte muove, per poter correttamente intendere il disposto dell’art. 103 Cost., dall’esame dei lavori della costituente e afferma che il potere di indicare le “particolari materie” in cui il giudice amministrativo può conoscere anche di diritti soggettivi “non è assoluto né incondizionato”, ma deve considerare la natura delle posizioni giuridiche coinvolte; sicché la particolarità deve essere riconducibile alla medesima natura delle questioni devolute alla giurisdizione generale di legittimità, costituita dall’esplicazione di poteri autoritativi della pubblica amministrazione.
Secondo la giurisprudenza costituzionale, del resto, la pubblica amministrazione ha una posizione di preminenza in base alla Costituzione non in quanto soggetto, ma in quanto esercita potestà pubbliche specificamente ed esclusivamente attribuitele [20].
Il dibattito apertosi in seguito alla pronuncia della Consulta, talvolta definita – pur non svalutandosi gli aspetti di pregio in essa contenuti - un “passo indietro” [21] in quanto più “ancorata ad opzioni culturali risalenti” che non attenta “alle problematiche maturate nel paese” [22], può dirsi tuttora nel pieno del suo svolgimento registrandosi, sul tema specifico della nozione di “comportamenti” e sul novero delle attività in ipotesi ricadenti in tale categoria, opinioni differenti e, spesso, apertamente contrastanti.
Così si è ritenuto che la sentenza della Corte costituzionale abbia escluso dal perimetro della giurisdizione esclusiva del g.a. solo i comportamenti materiali in senso stretto, ma non le controversie che, pur pertinenti a comportamenti, siano comunque collegate alla funzione amministrativa e ai poteri autoritativi che, sebbene non attivati, siano pur sempre attivabili [23].
In sostanza si ritiene da alcuni che la giurisdizione esclusiva del g.a. ricomprenda tuttora le controversie in materia di occupazione acquisitiva e anche di occupazione usurpativa, in quanto implicanti un controllo sullo svolgimento dell’azione amministrativa, ossia un sindacato sulle modalità di esercizio del potere espropriativo[24], controllo che spetta funzionalmente al giudice amministrativo.
Si è opinato che l’affermazione della Corte secondo cui le materie assoggettabili alla giurisdizione esclusiva devono partecipare della medesima natura di quelle affidate alla giurisdizione generale di legittimità, “non giustifica certo la “mutilazione” dell’art.34, primo comma del d. lgs. 80, attraverso l’esclusione dalla giurisdizione esclusiva delle controversie nascenti dai “comportamenti” messi in essere dalla p.a., posto che in larga misura (e forse sempre), ciò avviene nell’esercizio di poteri dell’autorità, come nel caso dell’occupazione appropriativa....;non può, di conseguenza, escludersi l’esercizio di un pubblico potere. Una siffatta asserzione deve, quindi, essere avanzata con cautela, perché rischia di colpire in radice la giurisdizione esclusiva” [25].
Si tende, cioè, a dare una lettura restrittiva della portata dell’intervento della Consulta avvalendosi di una accezione al contrario molto ampia della nozione di potere adoperata in sentenza [26].
Altri autori, invece, escludono recisamente che le ipotesi di occupazione usurpativa rientrino ancora nella giurisdizione del g.a., ma operano un distinguo fra le ipotesi di occupazione appropriativa, ritenendo ancora devolute al g.a. le controversie risarcitorie in cui la dichiarazione di pubblica utilità o il decreto di esproprio siano stati annullati da quest’ultimo; in quanto – si osserva – la domanda risarcitoria è connessa e conseguente all’annullamento e si configura, secondo l’interpretazione del giudice delle leggi, non come nuova materia attribuita alla giurisdizione del g.a., bensì come strumento di tutela ulteriore [27].
Di segno opposto, autorevole dottrina [28] ritiene siano ritornate nell’alveo naturale della giurisdizione ordinaria le controversie concernenti non solo l’occupazione usurpativa ma anche quella meramente acquisitiva, fatte salve le controversie di cui all’art.53 t.u. espropriazione (d.p.r. n. 327/2001); norma che, per la verità, dovrebbe ritenersi colpita da incostituzionalità riflessa nella parte in cui si riferisce, anch’essa, ai comportamenti [29].
Anche in giurisprudenza si registrano i primi interventi in tale direzione e si comincia, da parte del giudice amministrativo, a declinare la giurisdizione anche su fattispecie comportamentali che non abbiano attinenza con l’esercizio di pubblici poteri [30].
E’ evidente che la sentenza per un verso è troppo recente per convogliare su di sé unanimità di vedute in ordine alla portata dell’esclusione dei comportamenti dal perimetro della giurisdizione esclusiva in materia urbanistica; per altro verso incide su una tematica di grande risonanza, qual è l’assetto delle giurisdizioni, che induce a attribuirle le più disparate valenze ideologiche.
E’ altrettanto evidente che, nel panorama degli interventi giurisprudenziali e dottrinali delineatosi nell’immediato della sentenza n.204/2004 della Corte costituzionale, si tenda a dare rilievo più a quanto il Giudice delle leggi abbia lasciato immutato che non a quanto, riscrivendo l’art.34, abbia innovato. Quasi che - mutuando un concetto di “gattopardiana” memoria - sotto le mentite spoglie di un grande cambiamento si celi una volontà di immutabilità di una situazione alla quale la giurisprudenza, in sei anni di esperienza maturata sul nuovo riparto di giurisdizione, si era, per così dire, accomodata. E’ indubbio che la pronuncia della Corte rispecchi quella che, per espressa affermazione del Presidente uscente della Corte Gustavo Zagrebelsky, viene adottata, ove ed in quanto applicabile, come scelta di politica giudiziaria nello scrutinio di legittimità delle leggi, e cioè quella della “terza via”, ovvero di una soluzione che non si allinei a quella di alcuna parte politica, soprattutto su temi di grande rilevanza politica e culturale [31].
La volontà di adottare quella “terza via” appare in tutta la sua portata e materializza il rischio, ipotizzato da Zagrebelsky nel citato discorso, che la Corte venga accusata “di ambiguità” (per la verità e per quel che in questa sede interessa, più giuridica che) “politica” [32]. Guardando la sentenza in profondità, mentre la formula rescindente utilizzata nel dispositivo indurrebbe a ritenere che la sentenza abbia inciso anche su comportamenti in cui sia riconoscibile la connotazione pubblicistica, la lettura del dispositivo in connessione alla motivazione, da cui emerge una generale giustificazione della giurisdizione esclusiva in presenza dell’uso del potere, suggerisce, al contrario, una volontà di esonero dalla pronuncia d’incostituzionalità dei comportamenti riconducibili ad atti autoritativi.
L’incidenza sul piano pratico della pronuncia è rilevabile soprattutto nella materia espropriativa in quanto, a ben vedere, è l’ambito nel quale le ipotesi comportamentali della p.a. nei settori dell’urbanistica e dell’edilizia si riscontrano con maggiore frequenza.
Nell’occupazione appropriativa, ad esempio, il dato qualificante dell’istituto è rappresentato dalla dichiarazione di pubblica utilità unita all’attività di materiale apprensione del bene.
Non va dimenticato che, rispetto all’istituto della occupazione acquisitiva, la giurisprudenza [33] si è consolidata nel ritenere la valida ed efficace dichiarazione di p.u. “quale suo indefettibile punto di partenza”, così come “l’indefettibile punto di arrivo” della fattispecie estintivo-acquisitiva è stato individuato nella realizzazione dell’opera pubblica. Di qui il corollario che, in difetto del presupposto della valida e/o efficace dichiarazione di p.u., viene a mancare qualsiasi collegamento tra un interesse pubblico e l’opera realizzata che, pur riconducibile ad un soggetto non privato, non attua una potestà pubblica [34].
Pertanto, la condotta dell’amministrazione pubblica si traduce in un’attività meramente materiale, con i connotati dell’illecito permanente, non sanabile neppure in forza di successivi atti ablativi che devono considerarsi tutti inutiliter dati, essendo venuto meno alla radice qualsiasi potere dell’amministrazione di incidere, nell’esercizio di una potestà pubblica, sul diritto di proprietà privata [35].
L’esclusione dei comportamenti senza potere dalla giurisdizione esclusiva operata dalla corte costituzionale conferma che il criterio di riparto per blocchi di materie aveva soppiantato il criterio tradizionale fondato sulla distinzione tra diritti e interessi [36] ma non aveva inteso sottrarre alla giurisdizione ordinaria anche le condotte meramente materiali che non fossero riconducibili all’esplicazione di potestà amministrative nelle materie riservate [37]. Non sembra plausibile, cioè, che mancando la “preordinazione” dell’azione amministrativa al perseguimento del pubblico interesse, il comportamento venga comunque giustificato attraverso l’individuazione ex post di una ipotetica esplicazione di potestà pubbliche in materia edilizia ed urbanistica.
Non può sfuggire il dato che, nell’indagine sull’azione amministrativa, difficilmente potrà rinvenirsi un comportamento che sia totalmente e in assoluto avulso dall’esplicazione di potestà pubbliche essendo la p.a. ontologicamente – salvo deviazioni – preposta al perseguimento dell’interesse pubblico. Volendo circoscrivere il comportamento senza potere a quello che non sia neanche sfiorato dall’esercizio del potere, questa categoria si ridurrebbe ad un guscio pressoché vuoto, dal momento che in qualunque attività amministrativa può scorgersi, anche in lontananza e, per così dire, in terza generazione, l’esplicazione o la semplice esplicabilità di un potere [38]. Se così fosse se ne dovrebbe inferire che, con riferimento specifico alle ipotesi comportamentali di occupazione in materia urbanistica, la sentenza n.204 della Corte costituzionale abbia sottratto alla giurisdizione esclusiva soltanto le fattispecie di occupazione usurpativa, lasciando inalterata la giurisdizione sull’occupazione appropriativa. Tuttavia così opinando, la sentenza della Corte, inequivocabilmente dichiarativa di incostituzionalità parziale, apparirebbe inutiliter data, dal momento che le controversie in materia di occupazione usurpativa, già nella vigenza dell’art.34 nel testo comprensivo dei comportamenti, erano ritenute ascritte alla giurisdizione ordinaria [39]. Considerato che le fattispecie comportamentali più frequentemente dedotte in giudizio attengono alla materia espropriativa, la Corte avrebbe potuto optare, riguardo all’art. 34, per una sentenza interpretativa di rigetto, che chiarisse come i comportamenti conosciuti dal giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, siano solo quelli a connotazione indiscutibilmente pubblicistica, lasciando affidati alla cognizione del giudice ordinario i comportamenti meramente materiali (id est: occupazione usurpativa) e quelli realizzati iure privatorum.
Tuttavia non è stata questa l’opzione della Corte; se ne deve inferire che alla sentenza n.204 vada data una chiave di lettura più rigorosa secondo cui l’espunzione dei comportamenti dall’art.34 riguarderebbe non soltanto i meri comportamenti senza potere, ma tutti i comportamenti che non siano pre-ordinati al perseguimento di una finalità di interesse pubblico.
L’incidenza della pronuncia della Corte è stata di concepire la giurisdizione esclusiva secondo lo schema della giurisdizione di legittimità (quest’ultima tuttora fondata sulla dicotomia diritti-interessi) [40], e perciò di attribuire alla cognizione del giudice amministrativo le estrinsecazioni del potere pubblico, e di escludere quelle manifestazioni dell’azione amministrativa nelle quali non sia riconoscibile l’uso di un potere, che sono definibili, appunto, alla stregua di meri comportamenti senza potere.
Perché la pronuncia della Corte costituzionale abbia valenza rescindente anche sul piano sostanziale, il concetto di comportamento sarebbe da ritenere comprensivo non solo delle occupazioni usurpative ma anche di quelle appropriative, seppure è innegabile siano necessarie ancora alcune puntualizzazioni riferite, in particolare, alla nuova figura delle “utilizzazioni” espropriative, di cui all’articolo 43 t.u. espropriazione.
In definitiva, in assenza di una precisa indicazione della Corte costituzionale, sarebbe auspicabile che le Sezioni unite della Cassazione delineino un criterio univoco alla stregua del quale riconoscere ex ante e con certezza a quali fattispecie di occupazione si estenda la giurisdizione ordinaria. Siffatto approccio metodologico, in presenza di quella che potremmo definire una sorta di tendenza alla riespansione in via interpretativa della giurisdizione esclusiva del g.a. su fattispecie comportamentali - con il risultato di rendere la dichiarazione di incostituzionalità della Corte tamquam non esset - eviterebbe alle stesse sezioni unite l’ingrato compito di trovarsi a ritagliare caso per caso margini interstiziali di giurisdizione come è avvenuto nelle pronunce degli ultimi sei anni [41].
Una simile opzione produrrebbe una duplice utilità sia in termini di economia processuale sia nella prospettiva di veder finalmente attuato l’intento semplificatorio che – almeno nelle intenzioni dichiarate – il legislatore del 1998/2000 ha posto alla base dell’intero impianto normativo sul riparto di giurisdizione e che appare, anche dopo la dichiarazione di incostituzionalità della Corte, tutt’altro che realizzato.
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(*) Pubblicato su Foro. amm. – Cds, 2004, 2476.
[1] Si veda in proposito la interpretazione panurbanistica data da Cass. 18 gennaio 2000, n.494, in Foro it., 2001, I, 2475 con nota di S. BENINI-L.GILI.
[2] In tal senso, tra le più recenti, si vedano Cass. 9 giugno 2004, n.10978, Foro it., Rep., 2004, voce Espropriazione per p.i., n.100; 11 marzo 2004, n. 5055, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 7, in extenso in Corr. giur., 2004, 889 con nota di G. DE MARZO;. 22 ottobre 2003, n. 15843, Foro it., Rep., 2003, voce Giurisdizione civile, n.134; Cass. 27 giugno 2003, n.10289, Foro it., Rep. 2003, voce Espropriazione per p.i., n. 84, anche in Corr. giur., 2003, 1593, con nota di G. DE MARZO; Cass. 6 giugno 2003, n 9139, Foro it., Rep., 2003, voce Espropriazione per p.i., n.363, anche in Urb. e appalti, 2003, 1293, con nota di R. CONTI e in Corr. giur., 2003, 1594, con nota di G. DE MARZO; Cass. 17 aprile 2003, n. 6189, Foro it., Rep.,, 2003, voce Possesso, n.61 e a contrario Cass. 11 febbraio 2003, n. 2062, id., 2003, I, 2782 con nota di D. DALFINO; nella giurisprudenza di merito si veda Trib. Bari, Sez. dist. di Acquaviva delle Fonti, ord. 28 maggio 2004, ined., secondo cui rientrano nella giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie traenti origine da comportamenti della p.a. che, ancorché illegittimi, siano strumentali alla realizzazione della finalità pubblica.
[3] Nella giurisprudenza amministrativa si segnalano, in materia possessoria, pronunce di segno contrario: Secondo Cons. Stato, sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4826, id., 2002, III, 368, posto che il possesso, quale posizione soggettiva attiva, autonoma e distinta dal diritto soggettivo e dall’interesse legittimo, riceve specifica tutela dall’ordinamento, le azioni possessorie devono essere proposte, in difetto di puntuale previsione normativa di segno diverso, avanti al giudice ordinario anche qualora si versi in ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 431, id., Rep., 2003, voce cit., n. 64, ha ritenuto che la mancanza di una espressa previsione legislativa che estenda l’applicabilità delle azioni possessorie al processo amministrativo, non può essere superata da interpretazioni analogiche, con la conseguente esclusiva giurisdizione del giudice ordinario.
[4] Si veda sul punto F. CINTIOLI, in V. CAIANIELLO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2003, 250, secondo cui l’obiettivo dell’art.34 è anzitutto quello di “perfezionare un sistema che già conferiva al g.a. una vasta giurisdizione esclusiva in materia di urbanistica, garantendo però che a questi siano riservate controversie comunque collegate funzionalmente ai poteri pubblici che connotano proprio tale materia”.
[5] Il criterio finalistico sembra ispirare l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva, della richiesta di risarcimento per comportamento consistente nella realizzazione di opere di urbanizzazione primaria che, sebbene non precedute da formale atto di natura ablatoria, tuttavia rientrano nell’uso del territorio: Cons. Stato, sez. V, 4 luglio 2004, n. 373, Cons. Stato, 2004, I, 242. Inoltre secondo Cons. Stato, ad. plen., 26 marzo 2003, n. 4, Foro it., 2004, III, 433, con nota di A. TRAVI, l’omissione dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori comporta l’annullabilità, e non la nullità, della dichiarazione di pubblica utilità; pertanto non determina carenza di potere rispetto ai successivi atti espropriativi.
[6] In tal senso: Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2004, n. 2221, Cons. Stato, 2004, I, 844. In merito ai cd. “comportamenti” inerti che l’amministrazione può adottare nell’ipotesi di denuncia di inizio attività e, dunque, alle vertenze eventualmente riconducibili all’art. 34, d.lgs. 80/98, Tar Campania, sez. I, 6 dicembre 2001, n. 5272, in Foro it., Rep., 2002, voce Edilizia e urbanistica, n.310, anche in Urbanistica e appalti, 2002, 331, con nota di A. ALBÉ; contra Tar Lombardia, Brescia, 1 giugno 2001, n. 397, Foro it., Rep., 2001, voce cit., n.272, anche in Urbanistica e appalti, 2001, 1119.
7 Cons. Stato, sez. VI, 10 ottobre 2002, n. 5443, Foro it., Rep. 2002, voce Espropriazione per p.i., n. 31 e in Cons. Stato, 2002, I, 2188; sez. IV, 13 settembre 2001, n. 4783, Foro it., Rep. 2001, voce cit., n. 358; sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169, id., Rep. 2001, voce cit., n. 357 e in Giur. it., 2001, 2386; Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 14 giugno 2001, n. 296, Foro it., Rep. 2001, voce Responsabilità civile, n. 289 e in Cons. Stato, 2001, I, 1501
8 Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3819, in Foro it., Rep. 2002, voce Espropriazione per p.i., n. 307, in Cons. Stato, 2002, I, 1542 e in Urb. e appalti, 2002, 1436, con nota di R. CONTI; da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2004, n. 3267, ined.. Analogamente le sezioni unite: si veda Cass. 6 giugno 2003, n. 9139, cit..
9 Cass. 25 maggio 2000, n. 43, in Foro it., 2000, I, 2143, con osservazioni di G. DE MARZO, Le procedure espropriative e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia urbanistica ed edilizia, vi considera compresa l’espropriazione ed istituti connessi; analogamente Cass. 21 giugno 2001, n. 8506, ivi, 2001, I, 2472, con nota di S. BENINI – L. GILI; Cass. 11 dicembre 2001, n. 15641, in Foro it., Rep. 2001, voce Edilizia e urbanistica, n. 398, questa oggetto di declaratoria di inammissibilità in Corte Cost. 204 del 2004 -; 21 ottobre 2002, n. 14870, id., Rep. 2002, voce Giurisdizione civile, n. 156; Cass. 4 novembre 2002, n. 15437, ibid., n. 157 (queste due ultime anch’esse ordinanze di rimessione della questione decisa da Corte Cost. 204 del 2004).
[10] Per una ricognizione del rimedio possessorio contro la p.a., alla luce delle nuove regole di riparto delle giurisdizioni, si segnala L. MARZANO, Tutela del possesso e pubblica amministrazione, in Nuova rass., 2004, 843 ss. secondo cui, chiarito che la ratio del passaggio da una giurisdizione all’altra dell’azione possessoria risiede nell’art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205, che ha ampliato i poteri decisori del g.a. fino a ricomprendervi il risarcimento del danno anche mediante reintegrazione in forma specifica, l’azione de qua conserva, anche dinanzi il giudice amministrativo, struttura e natura civilistiche e la sua proponibilità resta pertanto svincolata dalla preventiva impugnazione dell’atto amministrativo viziato (spec. 883-892); sul tema specifico dei rapporti tra possesso e detenzione in materia espropriativa, si veda G. DORIA, Decreto di esproprio, occupazione d’urgenza e disponibilità del bene: brevi note sui rapporti tra possesso e detenzione, in Giust. civ., 2003, II, 133; sul rimedio possessorio secondo il nuovo riparto di giurisdizione si segnalano: M. BORGO Quale giurisdizione per le azioni possessorie nei confronti di una P.A.? Brevi riflessioni su alcune recenti pronunce giurisprudenziali, in www.lexitalia.it; M. ANNUNZIATA, Giudice ordinario e pubblica amministrazione, Padova, 2002, 222, secondo cui si presenta difficile il raccordo tra il procedimento cautelare amministrativo e il rito possessorio previsto dal codice civile laddove il g.a. debba fare ricorso a quest’ultimo modello.
[11] Cass. 11 marzo 2004, n. 5055, Corr. giur., 2004, 889, con nota di G DE MARZO.
[12] Cons. Stato, sez. V, 6 marzo 2001, n. 1456, Urb. appalti, 2001, 415, con nota di F. CARINGELLA. Vedi anche Trib. Catania, sez. Mascalucia, 22 dicembre 2000, ibid., 416, riguardo all’impedimento nell’esercizio di una servitù privata di passaggio su stradella occupata da una cooperativa delegata per l’attuazione di piano per l’edilizia economica e popolare.
[13] Tar Puglia, Lecce, sez. I, 2 marzo 2001 (decr. pres.), Urb. appalti, 2001, 415, con nota di F. CARINGELLA.
[14] Cass. 27 giugno 2003, n. 10289, Foro it., Rep. 2003, voce Espropriazione per p.i., n. 84 (fattispecie di occupazione nell’ambito di un procedimento espropriativo diretto alla esecuzione dei lavori per la realizzazione di strada pubblica, secondo le previsioni del progetto, con sconfinamento in un tratto di suolo privato non oggetto di atti ablativi al fine di dislocarvi il cantiere).
[15] Cass. 13 luglio 2001, n. 9544, Foro it., Rep. 2001, voce Possesso, n. 21 (nella fattispecie il comune aveva apposto, in difetto di alcun provvedimento, all’ingresso di un’area, ove il ricorrente in manutenzione aveva costruito dei posti macchina, un cartello con l’indicazione «proprietà comunale»; apposizione solo preceduta da una convenzione di lottizzazione - che la suprema corte ha riconosciuto priva, in quanto tale, di qualsiasi effetto apprensivo-occupativo incidente sulla materiale disponibilità del possesso - con la quale il dante causa del ricorrente si era impegnato a cedere gratuitamente l’area al comune per opere di urbanizzazione); 19 maggio 2004, n. 9532, rv. 572959, per l’occupazione di un terreno in base a dichiarazione di pubblica utilità priva dell’indicazione dei termini. Sul tema della insussistenza del limite interno alla giurisdizione del g.o. si veda, recentissima nella giurisprudenza di merito, Trib. Bergamo, ord. 8 agosto 2004, ined., in cui in una ipotesi di comportamento ormai sottratta alla giurisdizione esclusiva del g.a., il Tribunale di Bergamo osserva come avendo il ricorrente censurato non già la legittimità del provvedimento con cui l’area ha acquistato destinazione urbanistica ad opera pubblica, bensì la mancanza di adeguate cautele costruttive, l’emanando provvedimento - con cui si imponesse alla p.a. un facere consistente nella adozione di meri accorgimenti tecnici senza entrare nel merito della scelta amministrativa - non andrebbe ad incidere su alcun atto o provvedimento della medesima: da tale considerazione il giudice di merito inferisce l’insussistenza, nel caso di specie, di limite interno alla giurisdizione dell’a.g.o.
[16] Si vedano: M. CLARICH, La “tribunalizzazione” del giudice amministrativo evitata: commento alla sentenza della Corte costituzionale 5 luglio 2004, n. 204, in www.giustizia-amministrativa.it, evidenzia come il Consiglio di Stato avesse “tentato di allontanare da sé la cognizione delle domande di tutela possessoria in materia di occupazione di suoli privati”; V. CERULLI IRELLI, Giurisdizione esclusiva e azione risarcitoria nella sentenza della Corte costituzionale n.204 del 6 luglio 2004 (osservazioni a primissima lettura) in www.giustamm.it, ritiene che restino “al di fuori della giurisdizione amministrativa le azioni possessorie che una nota recente giurisprudenza, confermata dalla Corte di Cassazione, aveva attribuito sulla base dell’art. 34, alla giurisdizione amministrativa (con molte perplessità invero espresse in dottrina e con poca convinzione da parte dello stesso giudice amministrativo)”; F. CINTIOLI, La giurisdizione piena del giudice amministrativo dopo la sentenza n.204 del 2004 della Corte costituzionale, in www.giustamm.it, riferendosi alla illegittimità costituzionale consequenziale che dovrebbe colpire l’art.53 t.u. espropriazioni, nella parte in cui devolve alla giurisdizione del g.a. i comportamenti, ritiene che esulino dalla giurisdizione di quest’ultimo tutti i casi di occupazione del tutto privi di titolo, tradizionalmente devoluti alla tutela possessoria; F. SAITTA, Tanto tuonò che piovve: riflessioni (d’agosto) sulla giurisdizione esclusiva ridimensionata dalla sentenza costituzionale n.204 del 2004 in www.lexitalia.it ritiene “probabile, per non dire certo; che sia venuta meno la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – peraltro già prima non del tutto pacifica – in materia di azioni possessorie”.
[17] In tal senso G. VIRGA, Il giudice della funzione pubblica (sui nuovi confini della giurisdizione esclusiva tracciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n.204/2004), in www.lexitalia.it osserva: ”può ritenersi ormai che non rientrino più nella giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie in materia possessoria e le azioni di nunciazione e di manutenzione correlate all’esecuzione opere pubbliche che, stando agli orientamenti della giurisprudenza maturati negli ultimi anni, erano invece ricomprese in detta giurisdizione, proprio perché riguardavano comportamenti”. Sembra condividere tale opinione, pur non esplicitandone le ragioni, R. CAPOBIANCO, I limiti della giurisdizione esclusiva nella sentenza della Corte costituzionale n.204 del 6 luglio 2004, in www.giustamm.it. A. TRAVI, La giurisdizione esclusiva prevista dagli art 33 e 34 d. leg. 31 marzo 1998, n.80, dopo la sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n.204, in Foro it., 2004, I, 2594, ritiene che il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per vertenze su fattispecie di accessione invertita travolga anche la giurisdizione amministrativa per le cause possessorie promosse per occupazioni effettuate senza titolo dall’amministrazione.
[18] Il riferimento è a TAR Reggio Calabria, 9 agosto 2004, n.607, in www.altalex.it con nota di O CARPARELLI. Il Tribunale ritiene che, in seguito alla pronuncia della Consulta, esorbitino dai confini della giurisdizione esclusiva sia le azioni possessorie, sia le controversie (quale quella portata al suo esame) relative ad atti di occupazione del tutto privi di titolo a seguito di erroneo sconfinamento, sia le controversie meramente risarcitorie collegate al fenomeno dell’occupazione acquisitiva cui è estraneo ogni sindacato sul potere discrezionale della p.a.. V. anche TAR Campania, sez. V, 19 luglio 2004, n.10540 in www.giustizia-amministrativa.it.
10 Sulla portata delle sentenze della Corte costituzionale e per uno schema di classificazione delle medesime, si veda, da ultimo, L.P. COMOGLIO – V. CARNEVALE, Il ruolo della giurisprudenza e i metodi di uniformazione del diritto in Italia, Relazione all’VIII Seminario internazionale su “Sistema giuridico latinoamericano e processo. Unificazione del diritto”, Roma 20-22 maggio 2004, in www.judicium.it.
[20] In questo senso Corte Cost. n. 21 luglio1981, n. 138, Foro it., 1981, I, 2353.
[21] Così B. SASSANI, Costituzione e giurisdizione esclusiva: impressioni a caldo su una sentenza storica, in www.judicium.it.
[22] Sono le conclusioni cui perviene F. LORENZONI, Commento a prima lettura della sentenza della corte costituzionale n.204 del 5 luglio 2004, in www.federalismi.it. Sull’anacronismo della pronuncia della Consulta I. FRANCO, Alcune postille alla sentenza 204/2004 della corte costituzionale (La “nuova” giurisdizione esclusiva, in www.diritto.it, secondo cui “nell’ansia ... di riaffermare la valenza dei criteri previgenti (con i connessi richiami a concetti e dibattiti ottocenteschi, anche se penetrati nella Costituzione), la Corte ha del tutto omesso di considerare che generalmente negli ordinamenti a noi più vicini... é affatto sconosciuta la nozione di interesse legittimo e la relativa posizione soggettiva”.
[23] In tal senso F. CINTIOLI, La giurisdizione del giudice amministrativo dopo la sentenza n.204 del 2004 della Corte Costituzionale, in www.giustamm.it.
[24] E’ l’opinione espressa da F. SAITTA, Tanto tuonò..., cit.
[25] Pensiero di G. STANCANELLI, La giurisdizione esclusiva..., cit.. Giudizio fortemente critico nei confronti della sentenza in commento esprime L. TORCHIA, Biblioteche al macero e biblioteche risorte: il diritto amministrativo nella sentenza n.204/2004 della Corte costituzionale, intervento all’incontro di studio organizzato da M.A. Sandulli su “Le nuove frontiere del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e conflitti sulla giurisdizione esclusiva”, Roma 20 ottobre 2004, Facoltà di giurisprudenza, Università di Roma Tre, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui “la Corte applica...il criterio di riparto basato sulla natura delle situazioni soggettive in modo tale da relegare la giurisdizione esclusiva ad una variante appena più ampia della giurisdizione generale di legittimità”. Sulla contraddittorietà della pronuncia della Consulta G. DELL’AIRA, La Corte costituzionale, Carneade, il suo Giudice naturale ed un onesto avvocato, in www.lexitalia.it. Di segno contrario l’opinione di S. BENINI, in Foro it., 2004, I, 2594, commento a Corte Cost. 6 luglio 2004, n.204, secondo cui la puntualizzazione in tema di ordinamento giurisdizionale, contenuta nella pronuncia della Consulta, assume “la sintetica perentorietà di un intervento di ortopedia normativa, che dà ragione della dimensione storica in cui la Consulta vuole collocarsi, aliena da un puro e semplice ritorno al passato [...] ma, al contrario, incline a cogliere lo sforzo che comunque andava riconosciuto alle innovazioni legislative in direzione di un miglioramento complessivo delle condizioni di accesso del cittadino alla giustizia”.
[26] Secondo M.A. SANDULLI, Introduzione al tema dell’incontro di studio “Le nuove frontiere...” cit., in www.giustizia-amministrativa.it, che sembra condividere le valutazioni espresse da Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2004, n.6489, la Corte avrebbe “formulato un giudizio implicito sulla natura “autoritativa” di tutti gli atti adottati dall’amministrazione in materia urbanistica ed edilizia: di talché la sentenza 204 avrebbe il paradossale effetto di estendere l’area del “potere” amministrativo, con tutte le conseguenze che possono derivarne”. Ritiene F. FRACCHIA, La parabola del potere di disporre il risarcimento: dalla giurisdizione “esclusiva” alla giurisdizione del giudice amministrativo, in Foro it., 2004, I, 2594 che la sentenza della Corte, ha un respiro che trascende la giurisdizione esclusiva e conferma il rafforzamento del giudice amministrativo.
[27] Così G. VIRGA, Il giudice della funzione pubblica..., cit.
[28] Si veda V. CERULLI IRELLI, Giurisdizione esclusiva..., cit.. Anche O. FORLENZA, Con le restrizioni sui diritti soggettivi addio al criterio dei “blocchi di materie”, in Guida al dir., 2004, n.29, 105.
[29] Dello stesso avviso TAR Reggio Calabria 9 agosto 2004, n.607 cit., che però non fa alcun riferimento alla eventuale incostituzionalità riflessa dell’art.43 t.u. espropriazione.
[30] Si veda Tar Veneto, 16 luglio 2004, n. 2337, ined., che declina la giurisdizione in tema di reintegra di servitù di scolo; Tar Reggio Calabria, 9 agosto 2004, n. 607, cit., che, previa distinzione tra occupazione appropriativa e usurpativa, esclude la giurisdizione del g.a. in quest’ultima ipotesi; e da ultimo Cons. Stato 27 settembre 2004, n. 6329, ined., che, pur omologando in un’unica categoria tutti i tipi di occupazione in materia espropriativa, esclude la giurisdizione amministrativa non solo su domande risarcitorie connesse a meri comportamenti della p.a. ma anche - obiter dicta - su domande possessorie derivanti dai medesimi comportamenti, ritenendo la relativa tutela, in quanto vertente su diritti soggettivi e in assenza di norme che ne affidino la cognizione ad altro giudice, devoluta alla giurisdizione ordinaria. A contrario si veda di recente Trib. Padova, ord. 30 settembre 2004, ined., che esaminando un ricorso proposto dopo la pubblicazione della sentenza della Consulta, afferma che rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, alla luce della sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, il ricorso per denuncia di nuova opera nei confronti di concessionario della p.a, che spostando una servitù di passo a fini di viabilità, agisca in presenza di provvedimenti amministrativi di dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dell’opera e di occupazione di urgenza, e di conseguenza, nell’esercizio di pubblici poteri.
[31] Il riferimento è al discorso tenuto dal Presidente Gustavo Zagrebelsky alla presenza del Presidente della Repubblica in occasione del premio conferitogli intitolato al giurista Giuseppe Chiarelli; discorso pubblicato (in parte) sul quotidiano Repubblica del 21.10.2004, pag. 1 e 52-53. Il testo integrale è consultabile su www.cortecostituzionale.it/attivitacorte/novita. Si riporta testualmente lo stralcio del discorso: “Si comprende allora quel certo disagio che avvertiamo se la soluzione di un caso costituzionale coincide con quella auspicata, per i suoi fini, da una parte politica (di maggioranza o di opposizione, non cambia), anche se è sorretta dalle più incontrovertibili delle ragioni costituzionali.... Consciamente o inconsciamente e, aggiungo, conformemente al ruolo della Corte, avvertiamo la preferibilità, ove possibile, di soluzioni che non siano quelle né dell’una né dell’altra parte”.
[32] Così testualmente G. ZAGREBELSKY nel citato discorso.
[33] A partire da Cass. 10 giugno 1988, n.3940/SU, Foro it., 1988, I, 2262, per arrivare al fondamentale arresto giurisprudenziale di Cass., 4 marzo 1997, n. 1907/SU, id., 1997, I, 721; anche in Riv. giur. edilizia, 1997, I, con nota di M. ANNUNZIATA .
[34] Da ultimo Cass. 11 giugno 2004, n.11096, Foro it. Rep., 2004, voce Espropriazione per p.i., n.75, pone l’accento sulla necessità di sconfessare l’abusata convinzione della esclusiva matrice giurisprudenziale dell’occupazione appropriativa; ad una fase giurisprudenziale contrassegnata, in assenza di disciplina specifica, dall’applicazione di norme generali, quale l’art.2043 cod. civ., ai comportamenti illegittimi dell’amministrazione consistenti nella trasformazione del fondo in assenza di decreto di esproprio, sono seguiti interventi settoriali del legislatore quali l’art.5 bis, comma 7 bis, l.8 agosto 1992, n.359 che denota l’attenzione specifica della legge riguardo all’istituto e, successivamente, l’art.3 l. 27 ottobre 1988, n.458 che, sebbene formulato in relazione a casi di occupazione per finalità di edilizia residenziale pubblica, desume un principio dall’ordinamento attraverso un procedimento logico, inferendone l’estensione in via legislativa a fattispecie analoghe. Tant’è che, secondo la Corte costituzionale, detta norma costituisce un tertium comparationis, in quanto prende atto dell’esistenza dell’occupazione appropriativa quale regola già operante in via generale per tutte le opere pubbliche e la estende a quel settore dell’edilizia residenziale pubblica che era sottratta alla sua applicazione (Corte cost. 27 dicembre 1991, n.486, id.,1992, I, 1073 con nota di S. BENINI).
[35] Cfr. Cass. 28 marzo 2001, n.4451, Foro it., Rep., 2001, voce Espropriazione per p.i., n.328; Cass. 30 gennaio 2001, n.1266, id., 2001, voce cit., n.327; Cass. 18 febbraio 2000, n.1814, id., 2000, I, 1857 con nota di S. SALVAGO; Cass. 10 gennaio 1998, n.148, id., Rep. 1998, voce cit., n.464; Cass. 26 agosto 1997, n.7998, id., Rep.1997, voce cit., n.327. Da ultimo, obiter, Cass. 06 maggio 2003, n. 6853/SU, id., 2003, I, 2368, con nota di S. BENINI.
[36] Anche sul punto si registrano forti divergenze di vedute. Difatti, mentre secondo L. TORCHIA, Biblioteche... cit., discutibile appare perfino “la fondatezza della ricostruzione storica fornita dalla Corte sui caratteri originari della giustizia amministrativa e sulle ragioni delle scelte costituzionali in materia di riparto della giurisdizione” in una sentenza che non terrebbe conto che “la varietà di poteri amministrativi e di situazioni soggettive..certo non può essere racchiusa nella tradizionale e ormai superata dicotomia autorità/libertà”; di avviso contrario P. DE LISE, I nuovi confini della giurisdizione esclusiva, intervento all’incontro di studio “Le nuove frontiere...” cit., in www.giustizia-amministrativa.it, il quale vede, nell’inestricabile nodo gordiano tra diritti e interessi, al tempo stesso la giustificazione e il limite della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ritenendo che con la sentenza n.204, la corte costituzionale abbia “fatto giustizia, a mio avviso esattamente, di talune fughe in avanti del legislatore ordinario (e della stessa giurisprudenza amministrativa), riconducendo la giurisdizione esclusiva nei limiti previsti dalla costituzione vigente”.
[37] Dubbi sulla riconduzione alla giurisdizione amministrativa di attività in carenza di potere, esprime M.A. SANDULLI, Profili della nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia “urbanistica ed edilizia”, Riv. giur. edilizia, 2001, II, 104.
[38] Addirittura si è adombrato il rischio di una ”improvvisa reviviscenza e moltiplicazione di poteri autoritativi a fini di giustificazione della giurisdizione del giudice amministrativo”; così L. TORCHIA, Biblioteche... cit.
[39] Si vedano, tra le più recenti, nello specifico, Cass.9 giugno 2004, n.10978, cit. e Cass. 6 giugno 2003, n.9139 cit.; nella giurisprudenza del Consiglio di Stato si vedano Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n.3819 cit. e Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2004, n.3267 cit..
[40] Il ché riporta all’attualità la considerazione che la costituzione è l’unico dei grandi testi sulla giustizia amministrativa a menzionare gli interessi legittimi e, più in generale, la critica alle innovazioni introdotte dalla legislazione del 1998-2000 di A. ROMANO, Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa depo la legge n.205 del 2000 (epitaffio per un sistema), in Dir, proc. amm., 2001, 602 ss..
[41] E’ da notare come le SU in questi anni non abbiano affrontato globalmente il problema del nuovo riparto di giurisdizione attraverso un’autorevole denuncia di incostituzionalità, optando di volta in volta per ricostruzioni acute e raffinate finalizzate a salvaguardare nicchie di giurisdizione ordinaria, rivelino orientamenti non univoci in relazione all’art. 33, dando interpretazioni restrittive del concetto di pubblico servizio (si vedano: Cass. 30 marzo 2000, n.72/SU in Foro it., 2000, I, 2210 con commento di D. DALFINO, anche in Giust. civ., 2000, I, 1291, con nota di B. SASSANI, che si pronuncia nel senso della necessaria limitatezza dell’attribuzione delle materie al g.a., per effetto del disposto dell’art. 103 Cost.; Cass. 18 aprile 2002, n.5640/SU, in Foro it.., 2003, I, 1835; Cass. 22 luglio 2002, n.10726/SU, id., Rep., 2002, voce Giurisdizione civile, n.149 anche in Dir. e giust.izia, 2002, f.33, con nota di S. EVANGELISTA; Cass. 27 novembre 2002, n.16831/SU, in Foro it., Rep., 2002, voce Sanità pubblica, n.598); nonché in relazione all’art. 34 fornendo, come evidenziato, una ricostruzione panurbanistica (si veda Cass. 14 luglio 2000, n.494/SU, cit.). In particolare, in tema di procedimenti espropriativi, il giudizio risarcitorio per il danno da occupazione appropriativa è affidato al giudice amministrativo pur nell’ormai riconosciuta e palese omogeneità della relativa liquidazione, alla prestazione indennitaria (mantenuta al giudice ordinario ex art. 34, comma 2, lett. b). Le stesse sezioni unite, peraltro, affermano – sia pure in un caso isolato (Cass. 24 febbraio 2000, n.40/SU, in Foro it., 2001, I, 1348) - che il trasferimento di blocchi di materie alla giurisdizione esclusiva del g.a., attuato con la riforma del 1998/2000, “non collide con quell’interpretazione dell’art. 103 Cost., non (solo) come deroga al precedente art. 102, ma anche come norma legittimante l’espansione potenzialmente illimitata della giurisdizione amministrativa esclusiva”.