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MICHELANGELO LO MONACO
I servizi pubblici locali ed il sistema di scelta del socio privato nelle società miste a prevalente capitale pubblico locale.
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Preliminarmente
è opportuno definire, essendo tradizionalmente controverso, il concetto di
servizio pubblico. Sul punto deve dirsi come due sono le posizioni contrapposte:
la teoria soggettiva (1), secondo la quale il carattere pubblico dipende dalla
imputabilità dell’attività ad un soggetto pubblico, e la teoria oggettiva
(2), per la quale il servizio pubblico è caratterizzato dal fatto di essere
destinato a far fronte alle esigenze dirette ed immediate della collettività ed
a perseguire, quindi, fini sociali.
Anche se non mancano voci discordanti, secondo le quali la nozione di servizio pubblico non può incentrarsi, esaustivamente, su un solo criterio, ma debba essere comprensiva di più aspetti e, segnatamente, di quello soggettivo, oggettivo, teleologico ed istituzionale (3), la diatriba, tuttavia, può ritenersi, ormai, superata dal dato normativo, che, accogliendo la nozione oggettiva di servizio pubblico, ha previsto, prima all’art 22, comma 3, lett. b) della legge n. 142/1990 ed ora all’art. 113 lett. b) del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (T.U. Enti Locali), come modello di gestione dei servizi pubblici locali, anche l’affidamento in concessione a privati.
In
tal senso deponevano, inoltre, gli interventi legislativi che avevano disposto
la privatizzazione degli enti pubblici economici gestori di servizi pubblici
(4). La nozione oggettiva di servizio pubblico trova, peraltro, fondamento
nell’art. 43 della Costituzione che, prevedendo il sacrificio di altri diritti
costituzionalmente protetti quando ciò sia necessario a fini di utilità
generale, prescinde da ogni valutazione sul soggetto che in concreto esercita le
attività indicate, per esaltare la natura del servizio.
Il
servizio pubblico, pertanto, si definisce in ragione delle finalità delle
prestazioni, rispetto alle quali il modello di gestione è in posizione di
subalternità (5), e risulta essere contraddistinto dai caratteri della
imprenditorialità (6), della doverosità (7), della continuità (8) e
dell’offerta indifferenziata al pubblico
(9).
L’art.
113 del D. Lgs n. 267/2000 prevede che i servizi pubblici locali possono essere
gestiti in economia, in concessione a terzi, a mezzo di azienda speciale, di
istituzione, di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente
capitale pubblico locale e a mezzo di società per azioni senza il vincolo della
proprietà pubblica maggioritaria.
Il
presente contributo si limiterà ad illustrare le problematiche sottese alla
scelta dei soci privati nelle società miste a prevalente capitale pubblico
locale, dal momento che le procedure da seguire per l’individuazione dei
partners privati rappresentano un nodo centrale di discussione a causa delle
incertezze del quadro normativo di riferimento, nel
silenzio dell’ art. 22 della legge n. 142/90, come modificato dalla
legge n. 127/97, e
degli artt. 113 e 115 del T.U. Enti Locali. L’unica norma
che disciplina, prevedendo la specifica osservanza delle formalità
tipiche dell’evidenza pubblica, i sistemi di scelta del socio privato si
riferisce, infatti, esclusivamente alle società a prevalente capitale privato
(10).
Sul
punto, pertanto,
il panorama dottrinario si presenta
estremamente incerto. E’ stato sostenuto che la scelta del socio
privato minoritario non potrebbe che svolgersi secondo i procedimenti di
evidenza pubblica,
dal momento che, essendo la società un contratto,se ad essa partecipa un
ente pubblico pare necessario riferirsi
alle norme sulla contabilità e sull’attività contrattuale pubblica
(11).
Si sostiene, altresì, che l’adesione, da parte di privati, ad un contratto societario per la gestione di un servizio pubblico locale, costituendo un’attività contrattuale della pubblica amministrazione, debba essere sempre preceduta da procedure ad evidenza pubblica, dal momento che la mancata imposizione di tali procedure per la scelta del partner privato porterebbe ad eludere l’obbligo al rispetto dei procedimenti amministrativi previsti, dalle norme, per le varie attività di competenza dell’ente locale a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione (12).
Altri,
viceversa, escludono che l’ente locale debba
osservare la procedura dell’evidenza pubblica poiché il contratto di
società, a causa della sua natura associativa, non si presta all’applicazione
delle regole dell’evidenza pubblica previste dalle norme di contabilità di
Stato per i contratti di scambio, bensì all’applicazione del principio
dell’intuitus personae (13)
Conformemente
a tale orientamento, in giurisprudenza si era ritenuto che gli ordinari sistemi
di scelta del contraente, facendo riferimento fondamentalmente alla valutazione
di convenienza dell’offerta e non alle qualità del socio privato, sono
inadatti ad assicurare la scelta del partner più idoneo (14).
E’
stato detto, anche, che gli interessi
pubblici
che, nei contratti di scambio, trovano realizzazione nelle procedure di
evidenza pubblica, nel caso di
costituzione di società miste a prevalente capitale pubblico locale,
sarebbero, ugualmente, garantiti dalla
partecipazione maggioritaria dell’ente locale, titolare di una
posizione di preminenza nella gestione della società, configurabile, secondo
alcuni, come organo amministrativo indiretto, nonché improprio, dell’ente
medesimo. (15).
Per
altri, l’assenza di un dovere dell’ente
locale di scegliere con gara il partner
di minoranza è ricostruibile mediante un’interpretazione a contrario
dell’art. 12
della legge 24 dicembre 1992, n. 498,
che, invece, lo prevede espressamente con riferimento all’ipotesi della
scelta del socio di maggioranza al fine di sopperire, con le procedure
concorsuali di matrice
pubblicistica, alla perdita del controllo societario
da parte dell’ente locale (16).
Nonostante
le divergenze della dottrina, è possibile, tuttavia, delineare, alla
luce di recenti contributi giurisprudenziali, un corretto assetto
delle procedure da osservare per la scelta dei soci privati non
maggioritari.
Premesso
che la costituzione di una società mista consente il contestuale affidamento
del servizio oggetto della stessa società
(17), il ricorso all’evidenza
pubblica è comunque necessario in ogni caso di costituzione di società mista,
maggioritaria o minoritaria che sia la partecipazione dell’ente locale, a
nulla rilevando l’intuitus personae nella scelta del socio.
In
merito si segnala una
pronuncia del Consiglio di Stato (18)
che ha dato un
autorevole contributo alla sostenibilità della posizione che ritiene
doverosa la scelta dei soci
minoritari mediante procedura ad evidenza
pubblica (19).
Ad avviso dei supremi giudici amministrativi, infatti, “la scelta del socio privato deve essere effettuata mediante un procedimento amministrativo di natura concorsuale, posto che costui, pur non acquisendo la funzione di concessionario diretto del servizio, in ogni caso espleta mansioni di questo tipo”. Inoltre, la scelta del partner privato “dovrà avvenire avvalendosi di quegli strumenti concorsuali che l’ordinamento ha, via via, affinato ai fini dell’individuazione del soggetto privato chiamato a svolgere attività o servizi in favore dell’amministrazione”.
Successivamente,
la Corte
di Cassazione (20), ponendosi in netto contrasto con precedenti pronunce del
giudice ordinario che avevano, in più occasioni, ritenuta corretta la
sottrazione del procedimento di costituzione delle società a prevalente
capitale pubblico locale al principio di concorsualità (21), ha confermato
l’orientamento cui era giunto, in precedenza, con la precitata pronunzia, il
Consiglio di Stato.
A
tali conclusioni la Suprema Corte è pervenuta
sottolineando la compatibilità della procedura ad evidenza pubblica con
la natura associativa dei c. d. “contratti con comunione di scopo”
e considerando
che la società mista, analogamente alla concessione, consente
all’imprenditore privato l’accesso alla gestione del servizio pubblico,
sicchè,
al pari appunto del modello concessorio in cui il gestore va di norma
scelto attraverso le procedure dell’evidenza pubblica, si impone il ricorso
alla medesima disciplina per l’individuazione del socio di minoranza. A tal
fine, la Suprema Corte, riprendendo gli argomenti svolti dal Consiglio di Stato
con la sentenza n. 192/1998, sottolinea il rapporto, a volte di affinità a
volte di contrapposizione ed alterità, tra il modello organizzativo concessorio
e quello societario per la gestione dei servizi pubblici locali.
In
dottrina (22) è stato ritenuto, tuttavia, che esistono profonde differenze tra
società mista e concessione sia con riferimento al grado di partecipazione
dell’ente locale nella gestione del servizio, dal momento che
l’amministrazione gestisce in modo sostanzialmente diretto il servizio
nell’ipotesi di società per azioni con capitale pubblico maggioritario,
mentre pare estranea all’attività gestoria nei casi di società a
partecipazione pubblica minoritaria e di concessione, sia con riferimento alle
modalità di affidamento del servizio, che è diretto nel caso di società mista
ed a
seguito di gara nel caso di concessione. Tali distinzioni non hanno impedito
tuttavia, alla Cassazione di sottolineare come, avuto riguardo alla posizione
del privato, concessione e società miste rappresentano modelli simili.
In
entrambi i casi, infatti, è presente un atto, sia esso una convenzione o un
contratto di servizio, finalizzato alla definizione del rapporto tra ente di
riferimento e concessionario o società mista. Inoltre, l’affidamento del
servizio
a soggetti terzi, siano essi concessionari o società miste, rispetto
all’ente non fa perdere a quest’ultimo la titolarità del servizio stesso.
Infine, le due modalità realizzano lo stesso fenomeno di apertura della
gestione del servizio all’impresa privata (23). Secondo alcuni autori questi
ed altri punti in comune tra i due modelli di gestione
non escluderebbero teoricamente la possibilità di qualificare la società
mista come concessionaria ex lege
(24).
Per i giudici della Cassazione non è dubitabile che l’accesso ad una posizione privilegiata, costituita dalla gestione di un servizio o dalla partecipazione alla stessa, rappresenti una delle conseguenze più rilevanti dell’assunzione sia del ruolo di concessionario, sia di quello di socio di una società mista che gestisce il servizio pubblico. E’ stato evidenziato come “l’imprenditore privato è posto nelle condizioni di investire le proprie risorse finanziarie e le proprie capacità organizzative nel settore produttivo della gestione del servizio pubblico”, con la conseguenza che, analogamente a quanto accade per la concessione, “ l’accesso a tale posizione contrattuale deve essere mediato dall’applicazione delle procedure sull’evidenza pubblica”.
Secondo i giudici della Cassazione, pertanto, anche in mancanza di
disposizioni specificamente dettate per la scelta dei soci con cui costituire la
società mista a prevalente capitale pubblico
locale, “le regole dell’evidenza pubblica e quelle della scelta del
contraente secondo procedure di confronto delle offerte hanno assunto il
significato di uno degli strumenti mediante i quali sono resi concreti,
nell’organizzazione dell’attività della pubblica amministrazione e nel suo
esercizio, i valori dell’imparzialità e del buon andamento, enunciati
nell’art. 97 della Costituzione, che a loro volta si sono venuti specificando
attraverso quelli della correttezza, trasparenza, pubblicità, efficienza ed
efficacia”.
In
dottrina (25) è stato ritenuto che la ratio di tale disciplina non è
soltanto la tutela dell’interesse pubblico alla individuazione del
miglior socio, né la protezione del soggetto pubblico dalle possibili
aggressioni provenienti dalle iniziative private, bensì l’intento di
garantire il valore della concorrenza e,quindi, di proteggere le situazioni
soggettive dei privati imprenditori.
Conformandosi a quello che ormai può definirsi un orientamento consolidato,la giurisprudenza amministrativa ha, da ultimo, affermato come debba escludersi che la scelta del socio nelle società a capitale pubblico maggioritario possa sottrarsi ai principi concorrenziali ormai immanenti, nell’ordinamento, tutte le volte in cui debba effettuarsi la scelta di un operatore privato chiamato a svolgere attività per conto e nell’interesse della pubblica amministrazione (26).
Evidenziata,quindi,
la necessità di scegliere il socio privato attraverso procedimenti
concorrenziali, bisogna
stabilire quali siano,in concreto, le procedure di evidenza pubblica
da seguire.
Perplessità
sono state manifestate in dottrina (27) sulla estensione automatica, prospettata
dalle Sezioni Unite della Suprema Corte
con la sentenza del 29 ottobre 1999,
n. 754, delle regole sull’evidenza pubblica, dal momento che esse
escludono dal confronto concorrenziale
elementi ritenuti fondamentali, quali le capacità gestionali,
progettuali, organizzative e tecniche degli aspiranti soci.
Inoltre,
la indiscriminata
applicazione delle procedure ad evidenza pubblica a tutte le ipotesi di
costituzione di società miste può rivelarsi eccedente
rispetto ai fini di tutela del principio
di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, richiamati
dalla citata pronuncia della Corte di Cassazione (28).
E’
stato, pertanto,
ritenuto (29) che la procedura concorsuale ristretta, ricalcata sullo
schema dell’appalto
concorso, disciplinata dal combinato disposto della L. n. 498/92, del
D.P.R. n. 533/96 e del D. Lgs.17 marzo 1995,n.157,potrebbe essere utilizzata,
con l’introduzione di limitati opportuni accorgimenti, anche per la scelta del
socio privato da parte della società miste a prevalente capitale pubblico
locale.
Il
Consiglio di Stato, tuttavia,nella citata pronuncia n. 192/1998, ha escluso che
le specifiche previsioni della L. n.498/1992 e del D.P.R. n. 533/1996 possano
trovare applicazione anche nel caso delle società a prevalente capitale
pubblico, in quanto, comunque, non si verserebbe in una situazione di assoluta
assenza di fonti normative,
potendo soccorrere le ordinarie disposizioni in materia di
contrattualistica pubblica.
Peraltro,
l’applicazione analogica della disciplina di cui al D.P.R. n.533/96 alla
società a partecipazione pubblica maggioritaria trova un rilevante ostacolo
nel differente oggetto sociale delle due forme di società a capitale
misto, dal momento che quella con il socio privato di maggioranza è costituita
non solo per l’esercizio dei servizi, ma anche per la realizzazione delle
opere
accessorie connesse (30).
La
contrapposizione
tra società a partecipazione pubblica maggioritaria e società con socio
privato di maggioranza perde di significato, tuttavia, alla luce delle
conclusioni cui è pervenuta la Suprema Corte con la sentenza n. 754/99, secondo
la quale, come detto in precedenza, il ricorso all’evidenza pubblica risponde
non tanto all’esigenza di scegliere il miglior socio, quanto all’intento di
salvaguardare l’accesso dei privati alla posizione contrattuale di socio,
garantendo
il valore della concorrenza (31).
La
necessità di ancorare l’azione amministrativa nella scelta del socio privato
di minoranza alla procedura concorsuale risulta confermata da quella
giurisprudenza (32)
secondo la quale la scelta a trattiva privata del socio privato di un
comune, ai fini della costituzione di una società mista per azioni per la
gestione di un servizio pubblico, può avvenire solo per fronteggiare fatti e
circostanze imprevedibili ed eccezionali e non anche come metodo ordinario di
cooptazione, perché ciò ha un evidente scopo elusivo dell’evidenza pubblica.
In
dottrina (33) si è ritenuto che la natura del contratto di società, in quanto
rapporto di durata la cui esecuzione è destinata a protrarsi nel tempo, porta
ad escludere la possibilità del ricorso alla trattiva privata
per ragioni di urgenza.
Peraltro, nella già ricordata sentenza del 19 febbraio 1998 n. 192, il
Consiglio di Stato ha
affermato che la procedura d’urgenza si giustifica solo se il contratto
è diretto a fronteggiare evenienze straordinarie e di breve periodo e che
queste circostanze, in genere,
non ricorrono se il contratto è destinato ad avere una esecuzione
prolungata.
Inammissibile
risulta, poi, il ricorso alla trattativa privata a posteriori
per giustificare una scelta fiduciaria, basata sulle capacità tecniche
del socio individuato e sulla idoneità a soddisfare le esigenze dell’ente
pubblico.
Infatti,
le qualità e le capacità tecniche del socio devono trovare conferma
nell’espletamento di una gara pubblica concorrenziale che non potrebbe che
confermare lo stesso esito (34).
In conclusione deve dirsi che anche se la giurisprudenza (35), meno recentemente, ha ritenuto possibile, per gli enti locali, ricorrere alla negoziazione diretta con un solo socio in presenza di situazioni di urgenza ed anche se parte della dottrina (36) ritiene opportuno limitare la portata operativa delle procedure di evidenza pubblica ai casi in cui risulti necessario, ai fini della gestione del servizio, individuare un socio “industriale “, cioè un socio che attraverso lo schermo della società espleti in realtà un servizio pubblico su incarico dell’amministrazione e si comporti, pertanto,nei fatti, come un concessionario od un appaltatore, la giurisprudenza più autorevole e recente, pur ammettendo, in linea teorica, la possibilità di scegliere il socio privato di minoranza a trattativa privata, tuttavia, nelle decisioni emesse, non ha mai ravvisato, in concreto, i presupposti legittimanti tale scelta fiduciaria.
MICHELANGELO
LO MONACO
(Segretario comunale)
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NOTE
(1) A. De Valles, I servizi pubblici, in V.E. Orlando (a cura di), Primo trattato completo di diritto amministrativo, vol. VI, Milano,1930, pag. 613 e ss.
(2)
U.
Pototschnig, I
pubblici servizi, Padova, 1964; M.
S. Giannini, Profili giuridici della municipalizzazione con particolare riguardo
alle aziende,
in Riv. Amm., 1953, pag. 616 e ss.
(3)
AA.VV.,Testo
unico degli enti locali (coordinato da V. Italia), Milano, 2000, pag. 1139.
(4)
P.
Virga, Diritto amministrativo, vol. III, Milano, 1998, pag. 300.
(5)
M.
Vallerga, Società miste per la gestione dei pubblici servizi : “certezze” e
prospettive di riforma, in Dir. amm., 1999, pag. 627 e ss.
(6)
S.
Cattaneo, Servizi pubblici, in Enc. dir., XLII, pag. 355 ; in giurisprudenza,
Consiglio di Stato, sez. V,13 febbraio 1995, n. 240, in Foro amministrativo,
1995, pag. 352.
(7)
I.
Marino, Servizi pubblici
e sistema autonomistico, Milano, 1978, pag. 162.
(8)
R.
Cavallo Perin, Comuni e province nella gestione dei servizi pubblici, Napoli,
1993, pag. 47.
(9)
P.
Virga, Diritto amministrativo, vol. III, Milano,1998, pag. 299 e ss. e, in
giurisprudenza, Consiglio di Stato,sez. I, parere 1 febbraio 1985,n. 130, in
Foro italiano,1987, III, pag. 431.
(10)
Il
riferimento è all’art.12 della legge n. 498/1992.
(11)
M.
Vallerga, Società miste per la gestione dei pubblici servizi: “certezze” e
prospettive di riforma, in Dir. amm., 1999, pag. 643.
(12)
Tessarolo,
L’azienda speciale, Brescia, 1994, pag.64.
(13)
G.
Caia, Assunzione e gestione di servizi pubblici locali di carattere industriale
e commerciale : profili generali, in Studi in onore di V. Ottaviano, Milano,
1993, vol. II, pag. 861 e ss. M.
Cammelli, Enti pubblici, società ed istituzioni: modelli di gestione dei
servizi pubblici locali, in Ente pubblico ed enti pubblici, Torino,1994,
pag. 349 e ss.
(14)
T.A.R.
Puglia, Bari, sez. I, 16 dicembre 1990, n. 581, in Foro italiano,1991,
III, pag. 271 e ss. Contra T.A.R. Piemonte, Sez. II, 21 marzo
1996,n.159, in I T.A.R.,1996, I, pag.1802 e ss., che ha statuito la illegittimità
del ricorso alla trattativa privata giustificata dall’intuitus personae,
ritenuto irrilevante con riferimento ad una società di capitali ove la
fungibilità dei soci ed il mutamento degli amministratori è una costante della
dinamica della compagine e dell’assetto societario.
(15)
F.
Volpe, Le sezioni unite della Corte di Cassazione di nuovo sulla strada della
teoria dell’organo indiretto: abbandono temporaneo o addio definitivo?, in
Riv. trim. app., 1995, pag.207 e ss.
(16)
G.
Piperata, Il “caso Amga” : alla ricerca della concorrenza per la gestione
dei servizi pubblici locali (commento a Cass., sez. un., sentenza 29 ottobre
1999, n. 754), in Giornale di diritto amministrativo, 2000, 5, pag. 475 e ss.
(17) T.A.R. Sicilia, sez. Catania, sez. II, 10 giugno 1999, n.1137, in Giornale di diritto amministrativo,1999,11, pag.1067 e ss. C.d.S., Ad.Gen.,parere 16 maggio 1996, n.90/96; Cassazione,sez.un.,sentenze 6 maggio 1995, nn. 4990 e 4992.
Ad avviso del Ministero dell’Interno ( prot.n.15900/327/1-bis del 10 maggio 1994) dal combinato disposto degli artt, 22 della L. 142/90 e art.12 della L. 498/92 emergerebbe che il fine dell’ente locale e la gestione di un servizio attraverso la costituzione della società. Le norme, anche comunitarie, che regolano le procedure d’appalto disciplinano attività private rivolte all’ente territoriale. Nel caso delle società miste, invece, è l’ente territoriale stesso che deve erogare un servizio pubblico tramite una struttura di tipo privato. Ciò posto, prosegue il Ministero “ove si ritenesse che la società, una volta costituita, dovesse aggiudicarsi l’appalto dei servizi o delle opere al pari di tutte le altre, si determinerebbe uno svuotamento delle previsioni degli artt. 22 della L. 142/90 e 12 della L. 498/92, nate, invece, per consentire la gestione diretta”.
Da ultimo il T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, ordinanza del 5 dicembre 2000, n. 482,in www.lexitalia.it, ha, però, ritenuto illegittimo ed ha, pertanto, sospeso il provvedimento con il quale, senza alcuna gara pubblica, è stato affidato per la prima volta ad una società per azioni in mano pubblica il servizio di distribuzione del gas sul territorio comunale, dal momento che, ai sensi del D.Lgs. 23 maggio 1999, n. 164, l’affidamento delle nuove concessioni riguardanti il servizio di distribuzione del gas va effettuato in base ad una gara.
(18)
Consiglio di Stato, sez. V, 19 febbraio 1998, n. 192, in Consiglio di
Stato, 1998, I, pag. 249 e ss.
(19)
La
giurisprudenza amministrativa, salvo rare eccezioni, segue tale orientamento che
può definirsi ormai consolidato: Consiglio di Stato,sez. V,6 aprile 1998,n.
435,in Foro amministrativo,1998,pag.1059 e ss. ; T.A.R. Lombardia,Brescia,1
ottobre 1996,n.961,in I T.A.R., 1996, I, pag. 4480 e ss. ; T.A.R. Toscana,sez.
II, 1agosto 1997,n.580,in Riv.
trim. app.,1997, pag.745 e ss. ; T.A.R Campania, Napoli, sez. I, 18
settembre 1998,n.2922,in I T.A.R.,1998, I,pag.4196 e ss. ; T.AR.
Sicilia,Catania, sez. II,10 giugno 1999,n.1137,in Giornale di diritto
amministrativo,1999,11, pag.1067 e ss.
(20)
Corte
di Cassazione, sez. un., 29 ottobre 1999, n. 754, in Foro italiano, 2000, I,
pag. 802 e ss.
(21)
Corte
di Appello Milano,24 giugno 1995,n.708,in Consiglio di Stato,1996,II, pag. 1131
e ss.; Tribunale Piacenza, 30 aprile 1997 e Corte di Appello Bologna,19 luglio
1997, in Le società,1998,pag.44 e ss.
(22)
F.
Fracchia, La Suprema corte impone il rispetto delle procedure ad evidenza
pubblica nella scelta del socio privato delle società a prevalente
partecipazione pubblica degli enti locali: un ulteriore allontanamento dal
modello privatistico? (nota
a Cass. 29 ottobre 1999, n. 754/SU), in Foro italiano, 2000, I, pag. 806 e ss.
(23)
G.
Piperata,
Il
“caso Amga”: alla ricerca della concorrenza per la gestione dei
servizi pubblici locali ( commento a Cass.,sez. un. sentenza 29 ottobre 1999 n.
754), in Giornale di diritto
amministrativo, 2000, 5, pag.475 e ss.
(24)
A.
Romano Tassone, La concessione a terzi dei servizi pubblici locali, in Reg. gov.
loc.,
1992, pag. 94.
(25)
F.
Fracchia,
La Suprema corte impone il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica nella
scelta del socio privato delle società a prevalente partecipazione pubblica
degli enti locali: un ulteriore allontanamento dal modello privatistico? (nota a Cass. 29 ottobre 1999, n. 754/SU), in Foro italiano, 2000, I,
pag.810. L’Autore,invero,non può fare a meno di evidenziare disarmonie del
sistema normativo:se la procedura ad evidenza pubblica serve anche a tutelare
l’aspirazione degli imprenditori ad accedere ad una peculiare posizione,essa
dovrebbe essere osservata anche nel caso di scelta del socio che sia a sua volta
ente pubblico. Viceversa,esistono norme che confermano il principio secondo cui
la gara va disattesa nei rapporti tra enti: il d.p.r. 533/96, ad esempio,
allorché disciplina la scelta del socio,ha cura di specificare che trattasi del
socio “privato” di maggioranza.
(26)
Consiglio
di Stato,sez. V, 19 settembre 2000, n. 4850, in Giustizia amministrativa, n.
0/2000, pag. 56 e ss.
(27)
F.
Fracchia, La Suprema corte impone il rispetto delle procedure ad evidenza
pubblica nella scelta del socio privato delle società a prevalente
partecipazione pubblica degli enti locali: un ulteriore allontanamento dal
modello privatistico? (nota a Cass. 29 ottobre 1999, n. 754/SU), in Foro italiano, 2000, I,
pag.806 e ss.
(28)
M.
Cammelli – A. Ziroldi, Le società a partecipazione pubblica nel sistema
locale,
Rimini, 1999, pag. 293.
(29)
M.
Vallerga, Società miste per la gestione dei pubblici servizi : “certezze” e
prospettive di riforma, in Dir. Amm., 1999, pag. 650.
(30)
F.
Fracchia, La Suprema corte impone il rispetto delle procedure ad evidenza
pubblica nella scelta del socio privato delle società a prevalente
partecipazione pubblica degli enti locali: un ulteriore allontanamento dal
modello privatistico? (nota a Cass. 29 ottobre 1999, n. 754/SU), in Foro italiano, 2000, I,
pag.806 e ss.
(31)
Vedi
nota precedente.
(32)
Consiglio
di Stato, sez. V, 19 febbraio 1998, n. 192, in Consiglio di Stato, 1998, I, pag.
249 e ss.
(33) M. Vallerga, Società miste per la gestione dei pubblici servizi : “certezze” e prospettive di riforma, in Dir. Amm., 1999, pag. 651.
(34)
T.A.R.
Lombardia, Milano, 23 settembre 1998, n. 2166.
(35)
T.A.R.
Lombardia, Brescia, 1 ottobre 1996, n. 961, in I
T.A.R.,1996, I, pag. 4480 e ss. ; T.A.R. Piemonte,sez. II, 21 marzo 1996,
n. 159, in I T.A.R., 1996, I, pag. 1802 e ss.; T.A.R. Liguria, sez. II,
8 maggio 1997, n. 134, in Riv.
trim. app., 1997, pag. 745 e ss.
(36)
S.Colombari,
Caratteri
della gestione societaria dei servizi pubblici locali (in attesa della
riforma di settore), in Dir.econ., 1999, pag. 111;
M. A. Cabiddu, Società a partecipazione
pubblica e organizzazione amministrativa : affidamento del servizio e
scelta dei soci, in Regioni, 1999, pag. 535.