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n. 3/2009 - ©
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MICHELE GERARDO e ADOLFO MUTARELLI
Prime riflessioni intorno al
procedimento sommario
di cui al disegno di legge n. 1082
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Dopo l’emanazione delle disposizioni processuali per la <superaccelerazione> del processo amministrativo dettate all’art. 20 commi 8 e 8 bis D.L. 185 convertito in L. 2/2009, che appaiano per vari profili lesivi di principi costituzionali e comunitari (cfr. Direttiva 2007/66/CE), è in cantiere la <<superaccelerazione>> del processo civile.
Anche in questo caso però il condivisibile obiettivo di porre mano ad una riforma del processo civile da costruirsi quale modello ordinariamente idoneo a garantire la ragionevole durata dei processi (art 111 Cost.) e, attraverso questa, assicurare la effettività di tutela del cittadino, sembra perdersi in previsioni normative che finiscono per comprimere valori di rilievo costituzionale quali il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e il c.d. principio della parità di armi delle parti nel processo (art. 111 Cost.).
Infatti il disegno di legge n. 1082 di recente approvato dal Senato (4 marzo 2009) sembra, tra l’altro e in particolare, voler affidare la velocizzazione dei giudizi civili all’ introduzione di un rito alternativo a quello ordinario. L’art. 52 del disegno di legge introduce il capo III bis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile rubricato come <del procedimento sommario di cognizione> alla cui disciplina dedica gli artt. 702 bis (Forma della domanda. Costituzione delle parti), l’art. 702 ter (Procedimento) e l’art. 702 quater (Appello). Trattasi di rito concepito come alternativo rispetto al procedimento ordinario dinanzi al Tribunale e che mira a realizzare l’effetto della sollecita definizione di quei giudizi per i quali sia sufficiente <un’istruzione sommaria>.
In estrema sintesi si può osservare che il procedimento sommario viene introdotto mediante ricorso che deve essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione. Il convenuto, a sua volta, dovrà, a pena di decadenza, proporre nella comparsa di costituzione le domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio nonché formalizzare la richiesta di chiamare un terzo in causa: (art. 702 bis). Il giudice,valutata la propria competenza, ove ritenga che il giudizio rientra nell’art.702 bis e non richieda <una istruzione non sommaria> alla prima udienza, sentite le parti e omessa ogni formalità, procede agli atti di istruzione e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande (art. 702 ter). L’ordinanza produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. ove non sia appellata nei termini di trenta giorni decorrenti dalla sua comunicazione o notificazione. In appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova o l’esibizione di nuovi documenti a meno che il collegio non li ritenga rilevanti o la parte dimostri di non averli potuti produrre nel procedimento di primo grado per causa ad essa non imputabile (art. 702 quater).
C’è subito da osservare che l’illustrato procedimento sommario, concepito come alternativo rispetto al giudizio ordinario di cognizione, viene viceversa costruito in modo tale da far sì che il giudizio si trasformi ordinariamente in un procedimento sommario. La possibilità che la parte attrice in tutti << i giudizi in cui il tribunale giudica in composizione monocratica>> (e cioè la assoluta maggioranza dei processi civili ordinari) potrà azionare a sua scelta tale rito alternativo consentirà alla stessa di mettere la parte convenuta alle corde strozzandone i tempi di costituzione utili per articolare adeguate difese. E infatti viene previsto che il ricorso introduttivo del <procedimento sommario di cognizione>, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, debba essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione (anch’essa contenuta nel decreto emesso dal giudice designato).
Per effetto di tale scelta processuale rimessa esclusivamente all’attore il convenuto dovrà pertanto costituirsi in giudizio con assoluta celerità mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta,nella quale dovrà proporre tutte le sue difese , prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza dovrà inoltre proporre nella predetta comparsa tutte le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio e chiedere l’eventuale chiamata di un terzo in causa.
In realtà il convenuto entro pochi giorni dalla notifica del ricorso dovrà essere in grado di dispiegare tutta la sua strategia difensiva, e ciò a pena di decadenza.
A fronte di una tale strozzatura dei tempi difensivi le parti non avranno la garanzia che il giudizio prosegua poi secondo le regole proprie del procedimento sommario così come è stato introdotto. Ciò in quanto il giudice designato, se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria del giudizio, con ordinanza non impugnabile potrà disporre il proseguimento del processo secondo le norme del giudizio a cognizione ordinaria fissando l’udienza ex 183 c.p.c. (art. 702 ter) In tal caso si applicheranno le disposizioni del libro II del codice di procedura civile. Superfluo sottolineare che in tale ipotesi si verificherà l’allungamento dei tempi del processo introdotto con procedimento sommario e trasformato in rito ordinario.
Quanto alla causa relativa alla eventuale domanda riconvenzionale proposta dal convenuto essa potrà essere separata dalla trattazione sommaria della domanda principale allorché richieda una istruzione non sommaria.
Per elementare esperienza forense la delineata struttura del <procedimento sommario> farà si che la parte attrice riterrà sempre preferibile introdurre il giudizio con il procedimento sommario anche (e soprattutto) allorché sia consapevole della necessità di una istruzione non sommaria dello stesso. E’ infatti evidente che con tale strategia l’attore farà scattare le manette difensive al convenuto, vittima delle indicate strettoie processuali previste a pena di decadenza. Termini decadenziali che si consumeranno con la scadenza del termine previsto per la costituzione nel procedimento sommario e che non vengono riaperti neanche laddove il giudice ritenga che il giudizio richieda una istruzione non sommaria disponendo in conformità con ordinanza non impugnabile.
Peraltro è agevole prevedere che l’attuale carico di lavoro dei magistrati comporterà inevitabilmente, ad assetto organizzativo invariato, che il giudice designato assai di rado sarà in grado di garantire la trattazione del giudizio a rito sommario e si moltiplicheranno le ipotesi di trasformazione in rito ordinario dei processi sommari . Essendo tali provvedimenti non impugnabili per espressa previsione normativa ciascun magistrato diverrà arbitro esclusivo di conformare i riti applicati ai giudizi civili in conformità della tollerabilità possibile del proprio carico di lavoro.
Il condivisibile obiettivo di realizzare la velocizzazione dei processi civili non si presenta nel disegno di legge adeguatamente armonizzato con altri valori costituzionalmente garantiti, quali la parità di armi delle parti nel processo (art.111 Cost.) e la effettività del diritto di difesa (art. 24 Cost.), valori questi che andrebbero invece tutelati e salvaguardati evitando di costruire modelli processuali, come il processo sommario in esame, che ne menomano grandemente e ingiustificatamente l’ampiezza e l’operatività nel processo.
A ciò aggiungasi che è di solare evidenza che il ricorso ed il decreto verranno notificati nella maggioranza dei casi l’ultimo giorno utile (30 giorni prima della fissata per la costituzione del convenuto) anche nelle ipotesi, di comune e ricorrente esperienza forense, in cui i decreti stabiliscono udienza in date assai più distanti nel tempo . Così come disciplinato nel disegno di legge risulterà processualmente conveniente per la parte ricorrente conservare in un "accorto cassetto" il ricorso ed il decreto per notificarli l’ultimo giorno utile mettendo così alle corde la parte convenuta e facendo scattare le ricordate preclusioni.
Non giova infine a riabilitare il procedimento sommario così come delineato nel disegno di legge l’accostamento al processo del lavoro ed al suo rito ( cui appare supinamente ispirato) e ciò per vari ordini di considerazioni. In primo luogo il processo del lavoro (ed in particolare la fase di impugnazione) non ha conseguito nel tempo i risultati sperati in termini di durata, ed in secondo luogo, perché tale processo si caratterizza per essere a parti istituzionalmente contrapposte con disciplina normativa e collettiva uniforme per comparti.
Peraltro nel processo del lavoro l’effetto compressivo del breve termine previsto per la costituzione del convenuto è ampiamente mitigato dalla previsione del tentativo obbligatorio di conciliazione (art 410 c.p.c.) che consente alle parti la conoscenza anticipata di ciò che costituirà il thema decidendum del futuro processo. Sicché la compatezza del processo del lavoro in quanto preceduta da tale fase precontenziosa è di fatto rispettosa delle esigenze di difesa della parte convenuta.
Al di là delle delineate incertezze non si vede in concreto quale accelerazione dei tempi della giustizia sarà in grado di realizzare il <procedimento sommario di cognizione> atteso che, in base alla comune esperienza giudiziaria, i decreti emessi nel processo del lavoro fissano date di comparizione ben più distanti nel tempo rispetto al termine di novanta giorni liberi previsto dall’art 163 bis c.p.c. nei giudizi ordinari promossi con citazione.
Sembra preferibile ripensare la struttura del processo prevedendo che, con la conferma della citazione a udienza fissa e dei vigenti termini a comparire, all’udienza di comparizione sia il giudice a stabilire se il giudizio possa essere deciso <con procedimento sommario> ovvero che tale procedimento debba essere applicato qualora vi sia concorde istanza di tutte le parti in causa. La modifica proposta realizzerebbe, alla luce dei noti tempi giudiziari, già un risparmio di tempo stimabile in tre-quattro mesi per la fase introduttiva del giudizio senza realizzare alcuna compressione del diritto di difesa della parte convenuta, non più supinamente sottomessa alla strategia della parte ricorrente come nel delineato disegno di legge
Atteso lo stadio avanzato dell’esame del disegno di legge in rassegna, parrebbe opportuno che in <zona Cesarini> vengano quantomeno apportati taluni limitati correttivi. In chiave salvifica del disegno di legge e degli obiettivi con lo stesso perseguiti dovrebbe prevedersi che il giudice designato debba emettere entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso il decreto di comparizione fissando la relativa udienza non prima di sessanta giorni dalla scadenza di tale termine e che, dalla scadenza dello stesso termine ( e non già dall’adozione del decreto) decorra per il ricorrente il termine di decadenza non superiore a dieci giorni per la notifica alla parte convenuta del ricorso e del decreto. Il termine per la costituzione del convenuto andrebbe fissato in dieci giorni (non liberi) prima dell’udienza di comparizione.
In tale modo di fatto la parte convenuta verrebbe a godere di un termine più congruo rispetto ai trenta giorni previsti dal disegno di legge evitando così che il ricorrente, già arbitro di scegliere tra procedimento ordinario a sommario, possa abilmente e ulteriormente mettere alle corde il convenuto ritardando la notifica del ricorso e del decreto sino all’ultimo minuto utile.
Tale limitato correttivo – in attesa di un ripensamento complessivo della struttura del processo civile nel senso sopra delineato – appare prudentemente consigliabile alla luce di quanto precede in quanto i cittadini hanno diritto di confidare in una giustizia sì celere ma anche istruita ad armi pari.
Appare da ultimo arduo valutare se il procedimento sommario così disciplinato sarebbe in grado poi in concreto di realizzare la ragionevole durata dei processi e, quindi, in grado di ridurre i costi che lo Stato sopporta per effetto degli indennizzi che è costretto a corrispondere nei casi di non ragionevole durata dei giudizi ex lege 89/2001. E’ ragionevole ritenere che tale obiettivo non verrà raggiunto sia per il limitato spazio che i giudici concederanno a tale tipo di procedimento sia perché, in ogni caso, costituisce mera utopia l’auspicio che il giudice nell’attuale contesto di mezzi e di organizzazione giudiziaria istruisca e decida il giudizio in una sola udienza.
Lentamente il procedimento anche ove sommario scivolerà verso i tempi propri di quello ordinario. Al mancato raggiungimento di tale obiettivo nel settore pubblico si sommerà l’impossibilità, anch’essa di carattere organizzativo, per gli Enti di garantire una adeguata difesa nei ristretti termini del procedimento sommario