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Articoli e note

n. 11/2005 - © copyright

BRUNO E. G. FUOCO*

Primi orientamenti giurisprudenziali
sull’articolo 21 bis della legge n. 241/1990

SOMMARIO: 1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati. 2. La comunicazione dell’atto di proclamazione del risultato elettorale. 3.“La portata operativa trasversale dell’art. 21 bis”. 4. La comunicazione del provvedimento di delocalizzazione dell’impianto di telefonia cellulare. 5. L’inapplicabilità del principio del raggiungimento dello scopo.

1. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati

 

All’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 15/2005, avevamo evidenziato su questa rivista [1], che con il nuovo articolo 21 bis della legge n. 241/1990 (“il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata…”) il legislatore aveva voluto:

 

- formalizzare la categoria degli atti recettizi, come risultava evidente dalla lettura dei lavori parlamentari, al fine di porre fine agli incerti criteri classificatori elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza;

 

- ampliare il novero degli atti riconducibili nell’ambito della categoria degli atti recettizi; la nuova categoria “dovrebbe coincidere con quella ricavabile dall’opzione ermeneutica accolta da una parte della dottrina secondo cui la doverosità della comunicazione, in una ottica garantista, deve essere valutata a seconda degli effetti favorevoli o sfavorevoli prodotti dal provvedimento nella sfera giuridica del privato e non, invece, sulla base della necessarietà della collaborazione del destinatario ai fini della realizzazione degli effetti dell’atto. Il criterio accolto dal legislatore (fondato sui limiti provocati nella sfera giuridica dei privati) conduce, così, ad una interpretazione ampia della nozione di atto recettizio, fino a ricomprendervi, ad esempio, anche gli atti di ritiro che la giurisprudenza e una parte della dottrina, come abbiamo precedentemente constatato, avevano escluso, posto che tali atti non richiedevano la cooperazione del destinatario”.

La ricostruzione allora proposta circa l’ambito di applicazione dell’art. 21 bis della legge n. 241/1990, trova, a nostro avviso, una conferma indiretta nel pensiero di un autorevole giurista che, recentemente, si è pronunciato, in questi termini, relativamente agli atti recettizi: “tale categoria di atti è stata, fino ad oggi, identificata in quella dei provvedimenti che sono fonte di obblighi di condotta per il destinatario: e ciò in quanto si è sempre ritenuto che non è possibile costringere l’obbligato a tenere un comportamento di cui siano sconosciuti i contenuti. La novità della nuova disciplina è nel fatto che la conoscenza (reale o fittizia) viene prescritta anche per ulteriori categorie di atti (con espansione così dell’area degli atti recettizi). La recettività - dalla quale continua a dipendere l'efficacia del provvedimento - viene estesa, infatti, a tutti gli atti che producono incidenze pregiudizievoli e, perciò, non soltanto (come fino ad oggi ritenuto) agli atti che siano fonte di obblighi di condotta per i loro destinatari (art. 21 bis)” [2].

Aggiungiamo, inoltre, che, a ben vedere, l’espressione "provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati” non reca un riferimento esclusivo al provvedimento avente la funzione (causa) di porre limiti alla sfera giuridica dei privati; l’espressione in questione, anche sotto il profilo letterale, può ben riferirsi, al provvedimento che sia comunque produttivo di un effetto limitativo della sfera giuridica dei privati.

In altri termini, l’effetto sfavorevole può essere prodotto, non solo dal contenuto del provvedimento, ma anche, in taluni casi, da una disposizione legislativa che attribuisca all’adozione di un dato provvedimento il richiamato effetto (cfr. infra l’art. 41, comma 1, della legge n. 18 del 1979 esaminato dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 3921/2005). In entrambe le ipotesi, l’effetto sfavorevole sorge (rectius, potrebbe sorgere) dall’adozione del provvedimento.   

Questa interpretazione appare coerente, peraltro, con la ratio garantista della disposizione in esame che è correlata all’esigenza di apprestare una adeguata informazione preventiva (sub specie di comunicazione personale quale requisito di efficacia del provvedimento) al soggetto che è destinato a subire un effetto sfavorevole derivante dall’adozione di un provvedimento; a tal fine, non dovrebbe avere rilievo scriminante il fatto che l’effetto sia una conseguenza prevista dalla legge in relazione all’adozione di un dato provvedimento, piuttosto che la conseguenza necessaria e diretta del contenuto dispositivo del provvedimento adottato.

2. La comunicazione dell’atto di proclamazione del risultato elettorale.

Il Consiglio di Stato, sez. V, con l’ordinanza 25 luglio 2005, n. 3921, legittima, a nostro avviso, questa interpretazione. Premettiamo, per inquadrare la fattispecie esaminata dai giudici di Palazzo Spada, che ai sensi dell'art. 41, comma 1, della legge n. 18 del 1979, "Il candidato che risulta eletto in più circoscrizioni deve dichiarare all'Ufficio elettorale nazionale, entro otto giorni dall'ultima proclamazione, quale circoscrizione sceglie. Mancando l'opzione, l'Ufficio elettorale nazionale supplisce mediante sorteggio".

Ciò premesso, l'on. Umberto Bossi, candidato alle elezioni dei membri del Parlamento europeo, tenutesi il 12 e 13 giugno del 2004, veniva proclamato eletto in data 6 luglio 2004 in due circoscrizioni (I - Italia nord occidentale e II - Italia nord orientale); l’onorevole Bossi, però, non aveva personalmente ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in ordine a tali proclamazioni. D’altro canto, l'Ufficio elettorale nazionale per il Parlamento europeo, presso la Suprema Corte di Cassazione, in data 15 luglio 2004, constatato che l'on. Umberto Bossi non aveva fatto pervenire alcuna dichiarazione di opzione entro i termini prescritti (le ore ventiquattro del 14 luglio 2004) aveva provveduto d’ufficio ad individuare, mediante sorteggio, la circoscrizione da assegnargli (II - Italia nord est).

L'on. Bossi, il successivo 16 luglio, esercitava, comunque, il diritto di opzione scegliendo, invece, la I circoscrizione; tale opzione veniva dichiarata irricevibile dal medesimo Ufficio elettorale sulla base di alcune motivazioni, tra le quali, vi era quella secondo la quale “le proclamazioni avvenute il 6 luglio 2004 erano state rese con modalità che ne determinavano la conoscibilità legale da parte degli interessati”. In ragione di ciò, sosteneva il predetto Ufficio elettorale, non risultava necessaria la comunicazione personale della proclamazione. L'on. Umberto Bossi, però, impugnava il provvedimento, sostenendo che, ai fini della decorrenza del termine per l'esercizio del diritto di opzione da parte del candidato eletto in più circoscrizioni, occorresse “la personale ricezione da parte sua dell'attestato di ciascuna proclamazione, avendosi a che fare con atti recettizi”.

Il Consiglio di Stato accoglie il rilievo [[3]] dell’On. Bossi ed afferma: “Viene quindi a prodursi un effetto sfavorevole per il candidato eletto in più circoscrizioni (perdita della facoltà di opzione) senza una comunicazione personale, il che contraddice senza adeguata giustificazione il principio generale di cui dall'art. 21 bis Legge n. 241 del 1990, introdotto dall'art. 14 Legge n. 15 del 2005, secondo cui "il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata".

Quindi, l'art. 21 bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dall'art. 14 della legge n. 15 del 2005, contiene un principio generale che opera in presenza di un provvedimento produttivo di un effetto sfavorevole per il destinatario; è sufficiente che l’atto produca un effetto sfavorevole, non è indispensabile che il provvedimento generi un obbligo di condotta o un effetto ablativo, come, invece, sostenevano taluni commentatori.

Infatti, i giudici valutano l’omessa comunicazione dell’atto di proclamazione (atto, ex se, non limitativo della sfera giuridica del destinatario) in contrasto con l’articolo 21 bis, considerato che da tale omissione viene, comunque, a prodursi un effetto sfavorevole per il candidato eletto in più circoscrizioni: cioè l’eventuale perdita della facoltà di opzione. In questa fattispecie quindi l’effetto sfavorevole non è prodotto direttamente dalle clausole del provvedimento in questione, ma dal fatto che la legge (art. 41, comma 1, della legge n. 18 del 1979) attribuisce all’adozione del provvedimento determinati effetti potenzialmente sfavorevoli.

Pertanto, a nostro avviso, l’esame della tipologia astratta del provvedimento e l’analisi del contenuto precettivo dello stesso, possono risultare, talora, insufficienti al fine di determinare l’operatività dell’art. 21 bis. Occorre, invece, valutare globalmente la fattispecie provvedimentale, anche allo scopo di verificare se la legge ricolleghi, comunque, a quel dato provvedimento, ancorché ex se non limitativo, un effetto sfavorevole.

3. “La portata operativa trasversale dell’art. 21 bis”.

 

Per questa ragione, ci appaiono parzialmente condivisibili alcuni passaggi della sentenza del Tar Liguria, sezione I, 28 giugno 2005, n. 985, laddove l’applicazione dell’art. 21 bis risulta limitata ai soli provvedimenti aventi un contenuto precettivo direttamente lesivo.

 

Nel caso di specie, il ricorrente, proprietario di una casa di civile abitazione di un comune ligure, impugna le deliberazioni della provincia di Imperia con le quali, ai sensi degli artt. 4, comma 1 lett. a) l. n. 447/95 e 7 l.r. n. 12/98, era stata impressa all’area di residenza la classificazione acustica sub classe IV – aree ad intensa attività umana. L’impugnazione è sorretta, tra l’altro, dal fatto che gli atti impugnati non erano stati preceduti dalla comunicazione dell’avvio del procedimento ai proprietari delle aree coinvolte nella classificazione acustica. Il Tar ligure accoglie il rilievo del ricorrente [4], precisando (per quanto la novella della 241 non sia ritenuta applicabile, ratione temporis, alla fattispecie oggetto di sindacato): ”Sul piano sistematico, è appena il caso di rilevare che l’art. 21 bis delle norme generali sul procedimento amministrativo, nel testo novellato dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15, disciplina il rapporto fra comunicazione ed efficacia del procedimento; e, superando lo schema concettuale compendiato dalla categoria degli atti recettizi, per i provvedimenti limitativi della sfera dei privati condiziona l’efficacia alla comunicazione all’interessato. La norma nella formulazione positiva ha un’estesa latitudine applicativa poiché, anziché basarsi sull’astratta classificazione degli atti (generali, recettizi, esecutivi ecc…), valorizza il carattere sostanzialmente lesivo del contenuto precettivo di essi; ed è tale che, per eterogenesi dei fini, assume, secondo il neologismo giuridico di derivazione costituzionale, una portata operativa trasversale cioè in grado di sussumere la più varia congerie di atti: tutti accumunati dal denominatore comune di limitare la sfera giuridica dei privati”.

Da un lato, correttamente il Tar propone, in luogo della preliminare individuazione della tipologia del provvedimento per verificarne l’eventuale riconducibilità nel campo di applicazione dell’art. 21bis, una interpretazione che valorizza l’effetto sfavorevole conseguente al provvedimento adottato. Afferma, infatti, che l’art. 21 bis è “in grado di sussumere la più varia congerie di atti: tutti accumunati dal denominatore comune di limitare la sfera giuridica dei privati”.

Dall’altro, il Tar, come sopra abbiamo anticipato, limita l’applicazione dell’art. 21 bis ai soli provvedimenti aventi un contenuto precettivo direttamente lesivo. Secondo questo criterio ermeneutico, ad esempio, la comunicazione dell’atto di proclamazione non dovrebbe ricadere nella sfera di applicazione dell’art. 21 bis. Pertanto, il criterio interpretativo offerto dal Tar ci appare, sotto questo aspetto, inadeguato in quanto non abbraccia tutti i provvedimenti potenzialmente produttivi di effetti sfavorevoli.  

Inoltre, il Tar ricava dalla nuova disposizione anche il convincimento che sia definitivamente tramontata la categoria degli atti recettizi: “…superando lo schema concettuale compendiato dalla categoria degli atti recettizi…la norma nella formulazione positiva ha un’estesa latitudine applicativa poiché, anziché basarsi sull’astratta classificazione degli atti (generali, recettizi, esecutivi ecc…), valorizza il carattere sostanzialmente lesivo del contenuto precettivo”.

Tale affermazione, per quanto appaia priva di risvolti pratici, non è comunque condivisibile in quanto, a nostro avviso, il legislatore, come si desume agevolmente dai lavori parlamentari, nell’intento di formalizzare la categoria degli atti recettizi, ne ha solo modificato l’area tradizionale di estensione. Il legislatore, infatti, “valorizza il carattere sostanzialmente lesivo del contenuto precettivo”, non in alternativa ad un eventuale rinvio alla categoria degli atti recettizi (come sostenuto dal Tar), ma al fine proprio di determinarne il relativo criterio di individuazione. Se il legislatore si fosse limitato ad enunciare la categoria degli atti recettizi, non avrebbe apportato nulla di nuovo, e avrebbe lasciato sopravvivere, nella materia in esame, quelle notorie incertezze dottrinarie e giurisprudenziali che invece si prefiggeva di rimuovere. Infatti, è stato giustamente osservato che “la disposizione in commento tiene conto dell’elaborazione giurisprudenziale amministrativa e recepisce la nota tesi dottrinale degli “atti recettizi a comunicazione individuale” [5].

L’art.21 bis non ha, quindi, decretato il “de profundis” degli atti recettizi, ma, al contrario, ne ha innalzato la soglia di rilevanza nel nostro ordinamento giuridico.

Il carattere innovativo dell’art. 21 bis rispetto alla pregressa normativa è ben stigmatizzato dal Tar Lazio, Roma, sez. I bis, sentenza 04-07-2005, n. 5450 [6], ove si afferma che: “nell'osservare come tale disposizione sia, con ogni evidenza, insuscettibile di applicazione retroattiva, va parimenti escluso che ad essa corrisponda un canone ermeneutico avente, nell'ordinamento, generalizzato ambito di operatività anche precedentemente all'entrata in vigore della norma di che trattasi…”e “che la disposizione possa assurgere a generalizzato canone ermeneutico, con valenza interpretativa autentica”.

4. La comunicazione del provvedimento di delocalizzazione dell’impianto di telefonia cellulare.

Un’altra questione affrontata dalla giurisprudenza è quella relativa al grado di consistenza connotante la sfera giuridica meritevole di essere garantita in caso di provvedimento avente effetto sfavorevole.

Ad esempio, un provvedimento avente ad oggetto il diniego di un’istanza può essere considerato limitativo della sfera giuridica dei privati ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 241/1990?.

Il Tar Basilicata con la sentenza 2 agosto 2005, n. 740, nell’esaminare la riconducibilità dell’ordine di delocalizzazione di un impianto di telefonia cellulare nell’ambito dell’art. 21 bis, fornisce una risposta negativa al quesito, in quanto il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati” non è un provvedimento lesivo di un interesse legittimo pretensivo o dinamico, come per es. il diniego di un’istanza, ma un provvedimento lesivo di un interesse legittimo oppositivo o statico.

Nella fattispecie esaminata dal Tar, una società, concessionaria del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni per l’erogazione del servizio pubblico di telefonia mobile su tutto il territorio nazionale, ottiene da un Comune il rilascio della concessione edilizia per la costruzione di una stazione radio base; successivamente, in attuazione di una legge regionale, il Comune individua uno o più siti, al di fuori delle zone altamente urbanizzate, dove localizzare e concentrare gli impianti di teleradiocomunicazioni già installati o di futura installazione, e predispone anche il relativo piano di trasferimento per gli impianti già in funzione. Il Comune, con apposita deliberazione consiliare, approva il predetto Piano (“facendo espressamente presente, già nella parte dispositiva di tale Delibera, che la stazione radio base per telefonia mobile installata dalla predetta società ricorrente doveva essere trasferita”) ed adotta l’ordine di delocalizzazione. La società concessionaria impugna l’ordine di delocalizzazione congiuntamente al Piano in questione.

Il Tar afferma, che è inutile indagare se il provvedimento di delocalizzazione/o trasferimento coatto dell’impianto di telefonia cellulare impugnato, ha natura recettizia o meno, in quanto “a chiarire definitivamente tale questione è ora intervenuto l’art. 21 bis L. n. 241/1990 (introdotto dall’art. 14 L. n. 15/2005), il quale ha statuito che “il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati” (cioè non di un provvedimento lesivo di un interesse legittimo pretensivo o dinamico, come per es. il diniego e/o la reiezione di un’istanza, ma di un provvedimento lesivo di un interesse legittimo oppositivo o statico, come nella specie, in quanto il provvedimento impugnato impone alla ricorrente la delocalizzazione e/o il trasferimento del proprio impianto di telefonia cellulare) “acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata” (prevedendo come unica eccezione a tale regola generale l’ipotesi di un numero di destinatari, che rende impossibile o particolarmente gravosa la comunicazione personale, ipotesi nella specie insussistente considerato il limitato numero dei gestori del servizio di telefonia mobile), per cui da tale regola-principio generale dell’attività amministrativa si desume agevolmente che, se la comunicazione di un atto lesivo che sottrae un bene o un’utilità ad un privato ne condiziona l’efficacia, i termini per la sua impugnazione decorrono solo dalla ricezione di tale comunicazione”.

5. L’inapplicabilità del principio del raggiungimento dello scopo.

In conclusione, i primi segnali che provengono dalla giurisprudenza (soprattutto, cfr. la citata ordinanza n. 3921/2005 CDS, sez. V) dovrebbero invitare le Amministrazioni Pubbliche a:

- non limitare l’indagine, finalizzata alla verifica della sussistenza dell’obbligo di effettuare la comunicazione personale ex art. 21 bis, alla causa del provvedimento o al solo contenuto precettivo dello stesso, ma ad estenderla fino a mettere in luce l’esistenza di tutti gli effetti sfavorevoli generati dall’adozione del provvedimento (cfr. la comunicazione della proclamazione del risultato elettorale);

- considerare, la comunicazione personale ex art. 21 bis, come un atto fisiologico nel quadro di una relazione paritaria tra Pa e il destinatario dei provvedimenti e non come un fattore di appesantimento burocratico contrastante con le esigenze di buon andamento.

Lo stesso legislatore, ricordiamo, ha già provveduto ad operare il bilanciamento:

-tra l’esigenza di snellimento dell’azione amministrativa e l’esigenza garantista connessa alla comunicazione personale quale requisito di efficacia del provvedimento, disponendo che “qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima”;

-tra l’interesse pubblico all’immediata efficacia dell’atto e l’interesse del privato alla comunicazione ex art.21 bis, disponendo che “i provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci”.

Le Amministrazioni, in un solo caso, hanno il potere di bilanciare direttamente gli interessi parzialmente contrapposti: in presenza di un provvedimento limitativo della sfera giuridica del privato non avente carattere sanzionatorio.

In questa evenienza, deve, però, essere fornita un’adeguata motivazione a supporto dell’eventuale scelta di conferire immediata efficacia al provvedimento adottato. Le Amministrazioni in questa delicata operazione di bilanciamento devono essere, altresì, consapevoli del fatto che nella materia de qua entrano in azione anche due valori costituzionali: l’art. 24 (Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi) e l’art 113 (Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa).

La conoscenza tempestiva del provvedimento, permette, infatti, all’interessato, l’attivazione immediata delle azioni processuali finalizzate a preservare la sfera giuridica di cui è titolare.

Si è osservato, in questa direzione, che “la ragion d’essere della nuova disciplina è, probabilmente, quella di evitare che il destinatario venga a trovarsi di fronte al “fatto compiuto” (e, perciò, agli effetti dispiegati anche per forza propria dal provvedimento) senza avere avuto la possibilità - proprio perché non conosce l’atto e il suo contenuto - di invocare una tempestiva tutela cautelare”[7].

La conoscenza tempestiva di un provvedimento limitativo, permette, all’interessato, inoltre, anche l’attivazione immediata di altre misure o iniziative di carattere non necessariamente processuale o oppositivo.

La comunicazione ex art. 21 bis presidia, a nostro avviso, non solo il valore patrimoniale della sfera giuridica incisa e il diritto di difesa in termini di reazione processuale, ma anche gli altri profili attinenti allo status esistenziale del destinatario il quale ha diritto a non essere esposto al “fatto compiuto”, ovvero, ad un fatto che, implicando la sottrazione di beni/utilità, ha, conseguentemente, implicazioni e ricadute sulla qualità della vita.

Il destinatario del provvedimento deve poter sempre confidare nel principio (ricavabile dall’art. 21 bis) che la sua sfera è intangibile fino a quando non gli viene comunicato formalmente (e non con altre modalità occasionali e informali) il provvedimento limitativo.

Conseguentemente, è auspicabile che la giurisprudenza amministrativa non confermi in futuro quell’indirizzo giurisprudenziale che riteneva applicabile il principio del raggiungimento dello scopo anche nei casi di omessa comunicazione formale di atti recettizi [8].

L’adempimento prescritto dall’art. 21 bis non dovrebbe ammettere equipollenti in quanto esso, secondo la scelta compiuta dal legislatore, è l’unico idoneo a legittimare il decorso dell’efficacia del provvedimento e a tutelare l’affidamento del privato. Lo scopo della disposizione in esame, è raggiungibile, a nostro avviso, esclusivamente con la comunicazione formale.

 

* Responsabile Sezione Studi e Consulenza giuridica - Regione Umbria.

[1] Bruno Fuoco, “Riflessioni sugli atti recettizi dopo l’entrata in vigore della legge n. 15/2005”, in questa Rivista, n. n. 5/2005.

[2] Alberto de Roberto, Presidente del Consiglio di Stato, “Primi cenni sulla nuova normativa generale in tema di azione amministrativa (leggi n. 15 e 80 del 2005 modificative della legge n. 241 del 1990”  intervento alla Aula magna “Giovanni Marongiu” -  Roma 14 luglio 2005) in www.sspa.it.

[3] Il Consiglio di Stato ( http://www.lexitalia.it/p/51/cds5_2005-07-25.htm ) accoglie la tesi della parte ricorrente che prospettava anche un'eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 22 e 41 della legge n. 18 del 1979 in relazione agli artt. 3, 51 e 97 Cost: ”Ne discende anche la sospetta violazione del  principio di buon andamento ed imparzialità di cui all'art. 97 Cost., dal momento che solo assicurando in concreto l'esercizio del diritto di opzione, ad es. facendo decorrere il termine di opzione non dalla proclamazione ma dall'invio con sollecitudine da parte dell'Ufficio elettorale circoscrizionale del menzionato attestato, potrebbe essere garantita una regolare composizione dell'organo elettivo. …Ne consegue che della risoluzione dell'anzidetta questione di costituzionalità, rilevante e non manifestamente infondata, va investita la Corte Costituzionale, con conseguente sospensione del presente procedimento”.

[4] Il Tar Liguria si pronuncia in questi termini: “Pertanto i provvedimenti di classificazione acustica della zona di residenza del ricorrente, sebbene astrattamente riconducibili al novero degli atti generali sottratti dalla comunicazione dell’avvio del procedimento, lo vedevano come soggetto determinato ex ante interessato alla destinazione acustica della zona e quindi destinatario della comunicazione dell’avvio del procedimento,Tuttavia il rilievo assunto della comunicazione, tale da divenire requisito di efficacia degli atti incidenti negativamente sulla sfera giuridica dei destinatari e quindi da acquisire una portata assiologia intrinseca, affatto peculiare rispetto a quella meramente strumentale di semplice mezzo di conoscenza, consolida l’indirizzo interpretativo, fatto proprio da questo Collegio nel vigore della normativa sul procedimento ante novella, di ritenere che il termine d’impugnazione per questo tipo di atti decorra nei confronti dei destinatari solo dalla comunicazione”.

[5] Così, Michele Corradino, “Termini, efficacia dei provvedimenti e silenzio dell’Amministrazione nelle “riforme” della legge n. 241/1990”  in www.giustizia-amministrativa.it.

[6] Il Tar Lazio con la citata sentenza n. 5450/2005 (ove la novella della 241 non è ritenuta applicabile, ratione temporis) non accoglie la tesi della natura recettizia della sanzione disciplinare irrogata a carico di un militare: ”In difetto di disposizione di Legge che espressamente qualifichi il provvedimento espulsivo (destituzione per i dipendenti civili della Pubblica Amministrazione; rimozione per perdita del grado nei confronti del personale militare) quale atto recettizio non può dunque accedersi alla tesi di parte ricorrente secondo cui il termine di conclusione del procedimento disciplinare avrebbe dovuto necessariamente coincidere con la notificazione dell'avversata determinazione.” Il TAR conferma l’orientamento giurisprudenziale “che ha espressamente confutato il carattere di recettizietà del provvedimento espulsivo, giacché tale determinazione è idonea a produrre gli effetti suoi propri senza necessità di alcuna collaborazione da parte dell'incolpato. (cfr. T.A.R. Veneto, 26 gennaio 2000 n. 19 e T.A.R. Campania, Salerno, 5 maggio 1993 n. 304)”.

[7] Così Alberto de Roberto, “Primi cenni sulla nuova normativa generale in tema di azione amministrativa (leggi n. 15 e 80 del 2005 modificative della legge n. 241 del 1990”, cit.

[8] "Il principio del raggiungimento dello scopo si può applicare anche per gli atti recettizi, se, nonostante la mancata comunicazione al destinatario questo ne sia venuto comunque a conoscenza" (Consiglio Stato Sezione V, 7 maggio 2001, n. 2551), cfr. L. Oliveri, “L’irregolarità del provvedimento amministrativo nell’articolo 21-octies, comma 2, della legge 241/1990, novellata” in questa Rivista, n. 3/2005.

La dottrina sosteneva già l’inapplicabilità, negli atti recettizi, dell’istituto della piena conoscenza ai fini del decorso del termine di impugnazione: “una delle conseguenze di maggior rilievo connesse alla natura recettizia di un atto amministrativo è quella attinente alla inammissibilità di utilizzo di strumenti alternativi o surrogatori al fine di provocare aliunde l’effetto di conoscenza”(G. Galli, Corso di Diritto Amministrativo, Cedam, p. 821). Cfr. pure P. Virga, Il provvedimento Amministrativo, Giuffrè, 1968, p. 312;  E. Casetta, Compendio di Diritto Amministrativo, Giuffrè, 2003 , p. 269.


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