|
|
|
|
Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog |
|
![]()
![]()
n. 11/2003 - ©
copyright
ANNALISA DI PIAZZA
Il trasferimento di cubatura. Una nuova possibilità di sfruttamento economico dei beni demaniali dell’ente locale.
![]()
SOMMARIO: 1. Premessa. Densità territoriale e densità fondiaria. 2. Il trasferimento di cubatura. 3. La concezione privatistica del trasferimento di cubatura. 4. La qualificazione pubblicistica del trasferimento di cubatura. 5. Il regime di pubblicità del trasferimento di cubatura. 6. Conclusioni.
1. Premessa. Densità territoriale e densità fondiaria.
Tra le maggiori novità introdotte dalla legge 6 agosto 1967 n. 765 (c.d. legge Ponte) si segnalano gli standards edilizi, volti a determinare gli indici inderogabili di densità edilizia quale espressione del rapporto planovolumetrico tra la superficie utilizzabile per la costruzione dell’edificio e la volumetria occupabile da quest’ultimo.
Il D.M. 2 aprile 1968, che fissa gli standards di edificabilità delle aree, distingue la densità edilizia in densità territoriale e densità fondiaria.
La densità territoriale designa la quantità massima di volumi realizzati o realizzabili entro una determinata zona territoriale omogenea e viene indicata con un valore percentuale che esprime il rapporto massimo consentito tra metri cubi edificabili e metri quadrati della superficie di una determinata zona del territorio comunale. Il valore percentuale che indica la densità fondiaria esprime, invece, il rapporto massimo consentito tra metri cubi edificabili e metri quadrati dell’area o lotto su cui va ad insistere la costruzione.
Pertanto, se la densità fondiaria definisce il volume massimo consentito su un lotto, per cui il relativo indice va applicato all’effettiva superficie suscettibile di edificazione, con esclusione delle aree destinate ad uso pubblico, quella territoriale riguarda un’intera zona per cui il relativo indice è rapportato all’intera superficie della stessa zona, ivi compresi gli spazi pubblici, quelli destinati alla viabilità e simili [1].
2. Il trasferimento di cubatura.
L’introduzione degli standards di edificabilità ad opera della legislazione urbanistica ha favorito la nascita e la diffusione tra i proprietari di aree edificabili di una prassi nota come “trasferimento di cubatura” (o di volumetria) per cui il proprietario di un’area edificabile trasferisce (normalmente dietro corrispettivo) al proprietario di un’area finitima tutta o parte della cubatura utilizzabile sul proprio fondo (rendendolo in tutto o in parte inedificabile) così che al termine dell’operazione il proprietario cessionario potrà edificare sfruttando la cubatura acquisita, in aggiunta a quella naturalmente espressa dal proprio fondo.
La genesi del fenomeno è legata al fatto che sicuramente l’incremento della volumetria di un suolo edificabile può considerarsi un valore economico rilevante e, come tale, “appetibile” come oggetto di commercio e di negoziazione autonoma tra i privati. Conseguentemente la cubatura edificabile, proprio perché “bene” in grado di soddisfare svariate esigenze (abitative, lucrative, ecc. ), è diventata patrimonialmente valutabile e considerata nella realtà degli affari come un valore economico che tende a staccarsi dalla proprietà del suolo.
La possibilità di stipulare convenzioni in materia di trasferimento di cubatura è stata talora disciplinata in leggi regionali (art.1 della L.R. n. 58/1978 della Regione Veneto e l’art. 2 della L.R. n. 93/1980 della Regione Lombardia) o in strumenti urbanistici [2] ma è opinione corrente, affermata anche dalla giurisprudenza, che ad essa possa farsi ricorso pure in mancanza di un riconoscimento espresso da parte di fonti normative [3].
Il fatto che tale bene sia considerato “astrattamente trasferibile”, però, non chiarisce se oggetto del “trasferimento” sia una situazione giuridica soggettiva attiva inquadrabile tra quelle reali ovvero personali.
Con il termine “trasferimento di cubatura” (o analoghi) indichiamo, pertanto, un risultato finale relativamente al quale rimane da verificare la più corretta qualificazione giuridica.
Sostanzialmente le indagini ricostruttive del fenomeno si muovono su alcune ben individuate linee interpretative:
|
collegamento tra la questione della natura e qualificazione dello ius aedificandi e la problematica dei trasferimenti di cubatura; | |
|
qualificazione come servitus non aedificandi; | |
|
riconduzione allo schema giuridico della cessione di cosa futura; | |
|
ricostruzione come fenomeno di rinunzia abdicativa da parte del rinunciante a richiedere la concessione edilizia; | |
|
negozio traslativo di un diritto reale atipico; | |
|
negozio con effetti obbligatori. |
Tralasciando l’analisi dettagliata dei singoli orientamenti [4] è da considerare come il fenomeno in esame apra alla P.A. delle interessanti prospettive di sfruttamento economico dei propri beni, anche demaniali. L’ipotesi tipica è quella delle strade comunali che possono eventualmente essere ricomprese all’interno dei perimetri dei PL. e che rientrano nel calcolo degli indici territoriali.
Sfruttando l’istituto del trasferimento di cubatura è invece possibile per la P.A. trasferire agli altri lottizzanti la volumetria considerata dietro corresponsione di un compenso, ampliando in tal modo i modi di sfruttamento economico dei propri beni.
Lo sfruttamento volumetrico delle strade (o di altre aree demaniali) nei termini sopra esposti se, da un lato, consente la realizzazione di un valore economico per il comune, dall’altro non comporta alcuna deminuitio nei diritti demaniali di cui l’amministrazione è titolare. Infatti il trasferimento della volumetria considerata ed il suo sfruttamento da parte del cessionario non altera in nessun modo e non confligge con la demanialità delle strade, in quanto trattasi di una facultas non incidente e non utile al servizio delle strade stesse.
Al fine di individuare il più corretto iter amministrativo per potere legittimamente realizzare un trasferimento della volumetria relativa ai propri beni è, però, indispensabile per l’amministrazione fare proprio uno degli orientamenti interpretativi. Infatti la condivisione della concezione privatistica del fenomeno o, piuttosto, di quella pubblicistica condiziona e determina l’iter procedimentale da seguire.
3. La concezione privatistica del trasferimento di cubatura.
La concezione privatistica è sostenuta sia da chi qualifica la cessione di cubatura come servitus non aedificandi o la riconduce allo schema giuridico della cessione di cosa futura, sia da chi contesta l’esistenza nel nostro ordinamento di un principio di tipicità dei diritti reali ritenendo, piuttosto, che l’unico limite alla costituzione di diritti reali atipici sarebbe costituito dalla meritevolezza dell’interesse perseguito dalle parti ai sensi dell’art. 1322 c.c.
In questo senso la cessione di cubatura costituirebbe, dunque, una vera e propria alienazione di un diritto reale immobiliare attinente un’area edificabile [5]. Accedendo a questa configurazione la competenza relativa alla cessione di cubatura non può che allocarsi in capo al Consiglio Comunale competente, ai sensi dell’art. 42, lett l) del D.Lgs. 267/2000, che riconduce al Consiglio la competenza su “acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute […]”.
Per effetto di tale disposizione, infatti, sono attratte nell’area di competenza del Consiglio Comunale tutte le deliberazioni che riguardano non soltanto la acquisizione o la alienazione strettamente intese ma anche la acquisizione o alienazione di diritti reali latamente considerati.
La concezione privatistica, però, da più parti non viene condivisa. Per alcuni autori, ad esempio, la tesi della servitus non aedificandi non è condivisibile in quanto lo schema della servitù risulta eccessivo rispetto alle finalità economiche perseguite dalle parti contraenti, poiché il cedente intende conseguire solo un vantaggio economico dalla cessione a titolo oneroso delle capacità edificatorie inutilizzate del proprio fondo (e non quindi gravarlo permanentemente con una servitù) e , analogamente, il cessionario, lungi dal volere costituire una servitus non aedificandi a vantaggio del proprio fondo e a carico di quello del cedente, mira a conseguire il diritto di costruire una cubatura maggiore [6].
4. La qualificazione pubblicistica del trasferimento di cubatura.
D’altra parte la tesi che ricostruisce la cessione di cubatura come un negozio traslativo di un diritto reale atipico non è condiviso dalla giurisprudenza amministrativa prevalente secondo cui “nessun argomento è di ostacolo a che il trasferimento di volumetria venga qualificato come contratto atipico ad effetti obbligatori, senza oneri di trascrizione” [7]. In tale prospettiva l’eventuale contratto di cessione di cubatura intercorso tra le parti costituirebbe un atto di rinunzia del proprietario rivolto verso la P.A. oppure un contratto ad effetti obbligatori.
Accedendo a tale concezione la competenza in materia di cessione di cubatura non sarebbe più riconducibile all’ambito della lettera l) dell’art. 42 del TUEL né, tantomeno, in altra lettera del medesimo articolo. Si ritiene, infatti, data la ricostruzione pubblicistica del fenomeno, che non sia possibile fondare la competenza del Consiglio Comunale in tale materia sulla base della lettera b dell’art. 42, che fa riferimento alla competenza del Consiglio in materia di pianificazione urbanistica.
Invero, in dottrina si è ritenuto che, se lo strumento urbanistico prevede, in una certa zona, una densità edilizia massima, “il fatto che tale astratta possibilità edificatoria venga sfruttata dal proprietario di un ampia estensione di terreno, o da più proprietari associati, o da uno dei proprietari che abbia ottenuto la cessione delle chances edificatorie dei suoi vicini, è urbanisticamente indifferente, purché sia impedito il superamento, nella zona complessivamente considerata, della densità edilizia consentita dallo strumento urbanistico” [8]. Pertanto la competenza in materia di pianificazione territoriale del Consiglio si esprime e si esaurisce con la determinazione dell’indice territoriale per zone omogenee.
Una volta esclusa la competenza del Consiglio, non rimane che ritenere in materia la competenza della Giunta Comunale. Si ritiene, infatti, che la valutazione compiuta dalla P.A. di fronte al “trasferimento di cubatura” e si muova in un ambito molto più ampio di quello considerato ai fini del rilascio della concessione edilizia in quanto, mentre in quest’ultimo caso la corrispondenza del progetto alle norme edilizie obbliga la P.A. ad emettere il provvedimento, nel caso in esame, invece, la nuova valutazione dei molteplici interessi apre la strada ad una discrezionalità non meramente amministrativa.
Per queste ragioni non si ritiene possibile configurare l’atto in questione come gestionale, per cui si ritiene che lo stesso non possa essere assunto dal dirigente.
Individuato l’organo competente, quale che sia l’orientamento interpretativo cui si accede, rimane fermo che i principi generali dell’ordinamento giuridico – contabile rendono necessario assicurare criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisizione di vantaggi giuridicamente ed economicamente rilevanti. Pertanto l’individuazione del soggetto che beneficerà dell’accrescimento della volumetria disponibile non potrà che avvenire con le forme dell’evidenza pubblica.
Da questo punto di vista occorre tenere conto che i contenuti discrezionali dell’atto che costituiranno l’oggetto della deliberazione del Consiglio Comunale o della Giunta (in relazione alla tesi cui si acceda) risultano essere soltanto la volontà di autorizzare il trasferimento oneroso della cubatura e l’eventuale diritto di opzione per speciali ed eccezionali circostanze. Tutto ciò che è successivo e accessorio rispetto a tale manifestazione di volontà deve, giocoforza, considerarsi attività gestionale.
Rientrano nella competenza del dirigente, pertanto, la determinazione o l’approvazione della perizia di stima del valore della cubatura, la procedura di evidenza pubblica da adottare, i termini di pubblicazione, l’importo minimo di rialzo in sede d’asta, le modalità di aggiudicazione, le modalità di stipula e le clausole contrattuali, che rappresentano altrettanti elementi tipici della determinazione a contrattare, di cui all’art. 192 del D.Lgs. n. 267/2000, ovvero riconducibili alle norme di semplificazione contenute nell’eventuale regolamento comunale dei contratti.
5. Il regime di pubblicità del trasferimento di cubatura
Un’ultima notazione va fatta in merito al regime di pubblicità dell’atto di trasferimento di cubatura.
Sotto il profilo strettamente urbanistico l’asservimento di un’area ad un’altra, mediante trasferimento della cubatura, ai fini dell’aumento della volumetria edificabile, dovrà essere inserito nelle caratteristiche dell’area come individuata dal certificato di destinazione urbanistica ai fini degli atti di compravendita. Infatti il certificato di destinazione urbanistica dell’area deve indicare “tutte le prescrizioni urbanistiche ed edilizie riguardanti l’area o gli immobili interessati” (art. 8, c.9, D.L. n. 9/82 conv. Dalla L. n. 94/82) e deve essere allegato a pena di nullità a tutti gli atti tra vivi, sia in forma pubblica che in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni (art. 18, comma 2, L. 47/85).
Per la giurisprudenza amministrativa tale regime pubblicitario è di per sé sufficiente a garantire i diritti dei terzi. Si è, infatti, ritenuto che l’inedificabilità di un’area asservita costituisce una qualità obbiettiva del fondo, opponibile anche al terzo acquirente pur non vigendo l’obbligo di trascrizione del vincolo nei registri immobiliari [9] e che alle esigenze di pubblicità provvede efficacemente il certificato di destinazione urbanistica [10].
E’, però, da aggiungere che questa forma di pubblicità può essere ulteriormente arricchita dalla trascrizione presso i Registri Immobiliari anche nel caso in cui si acceda alla tesi pubblicistica giacché è assai diffusa la prassi delle Conservatorie dei RR. II. di procedere alla trascrizione anche degli atti d’obbligo.
6. Conclusioni
In conclusione l’orientamento sopra definito “pubblicistico” risulta decisamente maggioritario nella giurisprudenza amministrativa che qualifica la fattispecie come un “contratto atipico ad effetti obbligatori avente natura di atto preparatorio, finalizzato al trasferimento di volumetria, che si realizza soltanto con il provvedimento amministrativo” [11].
La diffusione dello strumento della cessione di volumetria anche tra le pubbliche amministrazioni trova, pertanto, agevolmente legittimazione nel sistema e consente una migliore composizione del delicato equilibrio tra pubblico e privato. Infatti, pur garantendo comunque l’uso ottimale del territorio, valorizza al contempo la tutela degli interessi privati consentendo all’amministrazione di ricavare un utile anche da beni, quali quelli demaniali (e in particolare le strade), che in alcuni casi non producono una ricaduta economica diretta per il comune.
Lo strumento della cessione di volumetria consente, dunque, di massimizzare gli interessi pubblici sottesi alla natura demaniale dei beni perché, consentendo la realizzazione di un utile diretto a favore del bilancio dell’ente, permette di conseguire il massimo sfruttamento economico del patrimonio dell’ente pur senza comportare una compressione o una lesione di interessi pubblici concomitanti del pari rilevanti.
![]()
[1] C.d.S., Sez. IV, 16 marzo 1998 n. 433, in Cons. St., 1998, I, 456.
[2] Vedasi ad esempio il PRG di Torino che sottopone tale trasferimento ad autorizzazione comunale e stabilisce come presupposto l’esistenza di un piano particolareggiato o di un piano di lottizzazione già efficace.
[3] Per tutte C.d.S., Sez. V, 26 novembre 1994 n. 1382, in Cons. St., 1994, I : “In base all’art. 4 legge 28 gennaio 1977 n.10 (e fatte salve le disposizioni delle leggi regionali e dei piani urbanistici) si può ammettere che il proprietario di un’area trasferisca ad altri la propria posizione legittimante, sulla base di un contratto conforme alle leggi civili; pertanto, in base al principio dell’autonomia negoziale, ben può un proprietario trasferire ad un altro l’utilizzabilità edificatoria del proprio fondo, consentendo che essa possa essere sommata a quella del fondo dell’acquirente di tale facoltà e tale contratto di asservimento ben può costituire il presupposto del rilascio di una concessione edilizia che tenga conto anche della potenzialità edificatoria del fondo asservito, il quale ovviamente non può essere più considerato edificabile, proprio perché tale potenzialità è già stata utilizzata e trasferita al titolare del fondo in cui favore ha avuto luogo l’asservimento.”
[4] Le singole posizioni sono chiaramente riassunte nello studio n. 1763 approvato dalla Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato il 29 settembre 1999 intitolato “Il trasferimento di cubatura”, di cui, tra l’altro, si segnala l’interessantissima bibliografia (www.notarlex.it).
[5] In questo senso, per tutte, Cass. 14 dicembre 1988 n. 6807.
[6] A. Candian, Il contratto di trasferimento di volumetria, Milano, 1994, 80 e ss. – F. Gazzoni. La c.d. cessione di cubatura, in Commentario al codice civile diretto da P. Schlesinger, Milano, 1991, artt. 2643 – 2645.
[7] C.d.S., Sez. V, 28 giugno 2000 n. 3637, in Cons. St., 2000, I. In senso conforme tra le altre C.d.S., Sez. V, 30 marzo 1998 n. 387 e 21 gennaio 1997 n. 63; TAR Abruzzo, 15 gennaio 2002 n. 96.
[8] M. Libertini, I trasferimenti di cubatura, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Trattato diretto da F. Galgano, Torino, 1995, vol. II, 667.
[9] Cfr. C.d.S., Sez.V, 30 marzo 1998 n. 387; 21 gennaio 1997 n.63; C.G.A. 19 ottobre 1989 n. 415.
[10] Cfr. C.d.S., Sez. V, 28 giugno 2000 n. 3637 cit. Riprendendo tale sentenza si esprime in modo analogo anche TAR Abruzzo, 15 gennaio 2002 n. 96 (www.diritto.it).
[11] Ibidem.
![]()
Documenti correlati:
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 30 ottobre 2003 n. 6734 (sulla possibilità di asservire una area non adiacente ma comunque vicina, per ricavare la volumetria assentibile).