|
|
|
|
Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog |
Carlo Di Marco
(Cattedra di Istituzioni di Diritto Pubblico, facoltà di
Scienze Politiche, Università di Teramo)
Sulle commissioni comunali soppresse ex art. 41 comma 1 della legge 449/97 (*).
![]()
SOMMARIO. 1 - Premessa; 2 - Le implicazioni negli enti
locali; 3 - La sentenza TAR Calabria 28 ottobre 1998 - 28 gennaio 1999, n. 48/1999; 4 -
Delegificazione e competenze; 5 - Considerazioni conclusive.
1- Un'attenta lettura delle disposizioni di cui all'art. 41, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, non dovrebbe lasciar dubbi sulla loro eccezionale portata innovativa, per altro già rimarcata dalla giurisprudenza, come meglio si vedrà. Ciò tenendo conto, tuttavia, che tale carattere, per certi versi ed in certi limiti, potrebbe non trovare ancora idoneo e sufficiente riscontro nell'attuale realtà del sistema amministrativo italiano. Infatti, le innovazioni vanno sempre a confliggere con situazioni istituzionali consolidate nel tempo e quasi sempre difficili da modificare.
La norma richiamata, che si colloca nel Capo II, "disposizioni in materia di personale e di attività delle amministrazioni pubbliche" della richiamata legge 449/97, ha, come destinatari, tutti i soggetti dell'Amministrazione attiva. Il riferimento in inscriptio del Capo II della legge 449/97 (1), peraltro, non lascia alcun dubbio: destinatario della norma è il sistema organizzativo dell'Amministrazione che decide. Il novero dei soggetti del potere amministrativo tout court, anche se un'osservazione più meticolosa potrebbe far ritenere che il riferimento possa particolarmente orientarsi verso gli organi di "direzione politica responsabile", cioè quelli di natura esponenziale (i consessi elettivi) (2).
La ratio della norma si rileva nelle finalità del risparmio e del
recupero di efficienza dell'azione amministrativa. Con ciò facendo riferimento ad un più
generale indirizzo di trasformazione della pubblica Amministrazione, teso al superamento
delle distanze fra cittadini e pubblici poteri, oltreché al principio di economicità.
Invero la norma colloca da un lato gli organi di "direzione politica
responsabile" che realizzano fini istituzionali(e che scelgono), da un altro lato gli
organi collegiali con "funzioni amministrative" ritenuti indispensabili dai
precedenti soggetti di direzione politica, per il conseguimento dei propri fini
istituzionali.
La considerazione non è di poco rilievo, ove si ponga mente ad alcune considerazioni
generali ed astratte sull'attività amministrativa che, nella teoria classica, è distinta
principalmente in attività d'Amministrazione attiva, consultiva e di controllo (3). La
prima si distingue, com'è noto, per il suo carattere volitivo e per il contenuto
discrezionale anche se questo spesso si riduce nei casi in cui si ha contaminazione fra
attività deliberativa ed attività meramente esecutiva (4).
Il dettato della norma in argomento è riferito agli organi di amministrazione attiva
perché essa scelga annualmente quali organi collegiali di Amministrazione consultiva e di
controllo, necessitino ai propri fini istituzionali, con riferimento ai principi di
efficienza e di economicità.
Sono tre le considerazioni che ne derivano:
1. Gli organi collegiali da scegliere, da parte dell'Amministrazione che decide, sono quelli che rientrano nella categoria degli organi collegiali di Amministrazione non attiva;
2. Non v'è alcun limite alla discrezionalità dell'organo di direzione politica, nella scelta degli organi collegiali ritenuti indispensabili
3. L'unico carattere prestabilito dalla legge, riferito agli organi che possono essere scelti, è quello della collegialità. Pertanto, eventuali organi monocratici di amministrazione non attiva, sono esclusi da tale discrezionalità.
Un'ultima considerazione generale sembra necessaria: la norma in esame è posta da una legge che ha i caratteri di legge sostanziale. La legge finanziaria, nel nostro ordinamento, si colloca fra le fonti di rango non meramente formale. Essa costituisce espressione di un potere normativo a contenuto predeterminato e che, per ciò stesso, con riferimento alle materie aventi riflesso sul bilancio dello Stato e degli enti pubblici, assume i caratteri della specialità (5).
Nella fattispecie, avendo la materia diretta influenza sul bilancio degli enti pubblici di cui gli organi di direzione politica responsabili sono espressione d'indirizzo politico, la specialità della norma impone criteri di efficienza e di economicità, favorendo, nel contempo, il massimo della discrezionalità evitando di porre limiti nella scelta degli organi collegiali amministrativi di natura consultiva e di controllo, che dovranno essere scelti.
2 - L'impatto nell'attività degli enti locali di un'innovazione di tale portata, evidentemente, non è trascurabile. Anzi costituisce un passaggio innovativo di grande rilievo al punto che, come si accennava in premessa, potrebbe confliggere(come meglio si vedrà) con situazioni consolidate di influenza e di pressione da parte di soggetti esterni all'Amministrazione locale, ovvero di gruppi politici, pur presenti nei consessi elettivi, che riversano anche sui vari organi amministrativi di natura consultiva e di controllo, la loro attività politica.
Con riferimento all'ordinamento degli enti locali, la norma di cui all'art. 41 della richiamata legge 449/97, è chiaramente riferita principalmente al Consiglio comunale, ove per "responsabilità" politica correttamente s'intenda il rapporto di controllo fra eletti ed elettori e per "direzione" possano intendersi le attività d'indirizzo e controllo attribuite dalla legge a tale organo comunale (6).
Non ponendo la norma alcun limite di scelta, sulla individuazione degli organi amministrativi di natura consultiva e di controllo necessari al perseguimento delle finalità istituzionali dei comuni, questi, in onore ai criteri di economicità e di efficienza imposti dalla norma stessa, sono titolari della massima discrezionalità di scelta, entro due limiti: la natura collegiale degli organi ritenuti indispensabili e la loro funzione di amministrazione consultiva e/o di controllo (7).
Il problema che sembra porsi a questo punto, è se esistano nei comuni, organi dell'Amministrazione non coincidenti con quelli di responsabilità politica (principalmente il Consiglio comunale e la Giunta), ma che siano comunque irrinunciabili. In altre parole: esistono altri limiti oltre gli unici posti dalla norma in argomento (la collegialità e la non appartenenza all'Amministrazione attiva), che possano valere oltre la norma primaria di cui all'art. 41, comma 1, della legge 449/97?
A tale quesito non sembra che si possa rispondere in modo affermativo. Invero, oltre gli organi politici del Comune (Consiglio, Giunta, Sindaco) l'attività amministrativa svolta da tutti gli altri organi collegiali non ha natura volitiva (sia quelli espressamente previsti dalla legge che quelli eventualmente previsti da fonti secondarie). Tali organi esercitano funzioni amministrative formalizzate da procedimenti tipicamente accessori quali ad esempio i procedimenti istruttori, certificatori, ricognitivi, dichiarativi, propositivi, consultivi ecc. Sono funzioni che si manifestano attraverso atti di natura strumentale privi di contenuto discrezionale, che dunque non sono ascrivibili agli organi di responsabilità politica cui nella norma in esame è fatto espresso riferimento (8). Pur se tali funzioni si manifestano con procedimenti consultivi vincolanti per l'Amministrazione attiva, non muta la loro natura consultiva. Infatti, l'emissione di un parere vincolante non costituisce surroga all'azione discrezionale. Questa, anche se nella fattispecie deve uniformarsi al parere che promana dall'organo consultivo, resta titolare in via esclusiva di un potere deliberante di carattere volitivo il cui esercizio, in presunta violazione di legge, può essere impugnato avanti la giustizia amministrativa, ma non già impedito o surrogato dall'organo consultivo.
Altre riflessioni che scaturiscono dalla norma in rassegna derivano dall'attenta lettura dell'ultima alinea del comma 1. Le funzioni già appartenenti agli organismi non identificati come indispensabili e soppressi, sono attribuite all'ufficio che preminentemente riveste le competenze relative a tali funzioni.
Si tratta di una disposizione che conferma le nostre considerazioni sulla bipartizione operata dalla norma fra organi d'Amministrazione attiva ed organi d'Amministrazione non attiva. Il legislatore non avrebbe mai potuto attribuire le funzioni già appartenenti agli organi soppressi a responsabili delle unità operative, se non fossero funzioni meramente accessorie e/o gestionali. Tale eventualità avrebbe stravolto l'intero orientamento legislativo sulla separazione fra funzioni politiche e gestionali che oramai costituisce acquisizione indubitabile dell'ordinamento autonomistico e di tutto il sistema amministrativo.
Invero, il legislatore ha voluto rivolgersi direttamente all'amministrazione politica responsabile perché decidesse nella sua autonomia quali organi collegiali aventi funzioni di amministrazione non attiva (e dunque accessoria e/o gestionale) fossero necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Atteso che nei comuni l'amministrazione politica responsabile è individuabile negli organi del Comune (Consiglio, Giunta, Sindaco), tutti gli altri organi amministrativi, siano essi necessari ovvero eventuali, e non essendo organi politici, né responsabili, svolgono per il legislatore funzioni meramente accessorie e/o gestionali. Talché le relative funzioni, in caso di soppressione ope legis giusta deliberazione dell'organo politico responsabile, sono opportunamente attribuite ai responsabili delle unità operative comunali, conformemente alla loro strutturazione funzionale.
Altra riflessione di grande interesse è che la norma rafforza l'autonomia di scelta degli organi politici responsabili, sopprimendo essa stessa gli organi non individuati come indispensabili, senza porre limite alcuno. Il legislatore supera in ciò anche il precedente dettato legislativo (ubi lex voluit dixit, ubi lex noluit tacuit), includendo negli organismi individuabili, anche quelli previsti e disciplinati dalla legge. La particolare vis innovativa della legge finanziaria, legge sostanziale e di carattere speciale, pone la fonte in una posizione di primazìa anche nei confronti di precedenti norme aventi fisionomia di specialità. Essa - non il deliberato del Comune, si badi - sopprime gli alti organi non individuati come indispensabili. Questi scompaiono ope legis dall'ordinamento.
A maggiore rafforzamento dell'autonomia degli organismi politici responsabili, vi è che la scelta da parte di questi deve avvenire annualmente, quasi a preservare l'autonoma valutazione dei consessi rappresentativi che può legittimamente mutare, in considerazione delle previsioni programmatiche e di bilancio, nonché in osservanza dei due principi che hanno informato il legislatore (economicità e snellezza dell'azione amministrativa) nell'importante innovazione.
3 - Un primo caso giurisprudenziale si è recentemente avuto a seguito di una deliberazione consiliare di un Comune reggino (Siderno), che in attuazione della disposizione di cui all'art. 41, comma 1 della legge 449/97, ha conseguentemente preso atto della soppressione ope legis di vari organi non ritenuti indispensabili, fra cui la Commissione edilizia e quella elettorale comunale.
L'ordine degli architetti di Reggio Calabria aveva impugnato il provvedimento consiliare, eccependo, fra l'altro, la mancanza di un'approfondita motivazione e la irrinunciabilità della Commissione edilizia comunale, a mente delle disposizioni di cui all'art. 220 del T.U. n. 1265/1934 sulle leggi sanitarie e la sostanziale incompetenza dei tecnici comunali, specie se geometri, ad assolvere le funzioni peculiari della Commissione edilizia. Nelle considerazioni di diritto il giudice amministrativo respingeva l'eccezione della presunta assenza di approfondita motivazione, notando che la soppressione della Commissione edilizia non è avvenuta per diretta volontà del Consiglio comunale, bensì per effetto della volontà diretta del legislatore. Essendo, pertanto, conseguenza ineludibile ed inevitabile, tale soppressione non doveva essere motivata.
Peraltro, la valutazione sulla indispensabilità o meno della Commissione medesima, è posta dal legislatore in via esclusiva nelle mani del Consiglio comunale, in considerazione dei principi di economicità e di snellezza, che sono alla base della norma di legge.
Le rilevazioni sopra esposte, che hanno poi informato la decisione del giudice amministrativo, sono riferibili in massima misura anche alla Commissione elettorale comunale anch'essa soppressa ope legis a seguito della deliberazione del Comune di Siderno.
4 - In entrambi i casi esaminati, il legislatore ha inteso operare una delegificazione a favore dell'autonomia comunale con una fonte di pari rango (lex posterior derogat priori). Infatti, ha trasferito la previsione e la disciplina della generalità degli organismi aventi funzioni di Amministrazione non attiva ritenuti indispensabili, dalla competenza legislativa a quella delle amministrazioni attive. Nella fattispecie alla competenza del Consiglio comunale. Tale innovazione, per altro già rilevata dalla dottrina (9), ha comportato la possibilità che commissioni ritenute irrinuciabili per vari motivi - talvolta non sempre plausibili e spesso in netto contrasto con i principi di semplificazione e di snellimento dell'azione amministrativa - potessero sopprimersi ope legis.
Ma per un esame più puntuale, oltre la delegificazione che sicuramente le pone alla pari di tutti gli altri organismi amministrativi "individuabili" dall'organismo politico responsabile, sembrerebbe opportuno evidenziare se le funzioni di queste due commissioni comunali siano o meno ascrivibili, come vuole la legge, agli organi gestori e dunque attribuibili ai responsabili delle unità operative comunali.
Per quanto attiene alle funzioni della Commissione edilizia comunale, non ci sembra di dover aggiungere granché alle considerazioni di diritto già espresse nella sentenza in rassegna. Questa, molto opportunamente, ribadisce che la Commissione edilizia svolge una funzione meramente certatoria. Essa, infatti, deve verificare la conformità del progetto presentato al piano regolatore generale ed agli altri strumenti urbanistici in vigore, attraverso un procedimento accessorio privo di discrezionalità (10). Trattasi, evidentemente, di una funzione che ben può essere assolta da un soggetto posto a capo di una struttuta tecnico - burocratica dell'Ente. Rientra, cioè, tale funzione, nell'ambito delle attività gestionali che, prive di contenuti volitivi e politici, oggi l'ordinamento conferisce senza molti tentennamenti, ai responsabili delle unità operative comunali (11).
Invero, ciò non può essere disconosciuto, pur se attiene al novero delle considerazioni extragiuridiche lontane dallo spirito della nostra trattazione. Le commissioni edilizie erano diventate centri di valutazione discrezionale dei progetti che, fra maggioranze e minoranze impersonate da fiduciari dei gruppi politici di rappresentanza consiliare, finivano per gestire il rilascio delle concessioni non già sulla base di criteri giuridicamente certi - stabiliti dalla legge e dai regolamenti - ma sulla base delle influenze politiche, dei giochi di schieramento e del prestigio degli ordini professionali.
Ciò, tuttavia non potrebbe revocare in dubbio la necessità dell'organo consultivo, stabilita da norme primarie. La Commissione edilizia, ancorché organo, privo di funzioni volitive, pur se di fatto trasformata in un consesso nel quale maggioranze e minoranze consiliari combattevano il merito dei progetti secondo criteri opinabili, intervenendo per tal via in maniera pesante sul rapporto fra amministrati ed amministratori, restava, nel nostro ordinamento, organo necessario espressamente previsto e disciplinato dalla legge (12).
Considerazioni simili andavano fatte anche per la Commissione elettorale comunale. Questa è espressamente prevista dalla legge, rivestendo un ruolo primario di rilievo istituzionale, con funzioni essenzialmente ricognitive nell'ambito della disciplina sull'elettorato attivo.
Il D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223(approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali), disciplina espressamente la formazione e le funzioni della ommissione elettorale comunale. Questa, infatti, è eletta dal Consiglio comunale secondo le modalità e le forme di cui agli artt. 12 e 13; è presieduta dal Sindaco o dal Vicesindaco e si riunisce secondo le modalità di cui agli artt. 14 e 15; procede alla formazione degli elenchi per la revisione semestrale delle liste secondo criteri precisati dalla norma (art. 16); delle operazioni compiute si redige apposito verbale (art.17); modifica ed approva, in conformità agli elenchi approvati dalla Commissione mandamentale, eventuali modifiche alle liste generali secondo le formalità di cui agli artt. 30, 31 e 32; compila gli elenchi degli elettori che non avranno compiuto nel primo giorno fissato per le elezioni, il diciottesimo anno di età secondo le modalità ed i criteri di cui all'art. 33; ripartisce le sezioni elettorali (artt. 35 - 38); compila le liste di sezione (art. 37).
I lavori della Commissione elettorale sono verbalizzati da un Segretario (come anche quelli della Commissione edilizia comunale) e le relative decisioni sono collegiali. Possono cioè aversi casi di dissenso, anche se, com'è evidente, essendo modalità e criteri rigidamente stabiliti per legge, nel caso della Commissione elettorale è eventualità affatto remota.
In buona sostanza le funzioni della Commissione elettorale, così come previste
e disciplinate dalla legge, sono funzioni meramente ricognitive. Esse si esplicano con
operazioni di approntamento tecnico; revisioni e variazioni periodiche delle liste
dell'elettorato attivo, conformemente ai criteri ed alle modalità già stabilite dalla
legge.
Mentre nella Commissione edilizia comunale si verificano sovente casi di dissenso sul
parere da fornire al soggetto competente per il rilascio della concessione edilizia - pur
se in un'attività non discrezionale, ma di mera verifica della conformità dei progetti
alle previsioni di legge, di regolamento e degli strumenti urbanistici ciò non
trova fondamento alcuno - ancor meno tale circostanza è configurabile nella Commissione
elettorale comunale.
5 - Se tutto ciò è vero, una prima considerazione è che la Commissione elettorale e quella edilizia, pur se organi meramente consultivi e tecnici che non sono riconducibili nell'ambito di quella che si definisce Amministrazione attiva, decisionale e politica, erano però organi necessari in quanto espressamente previsti dalla legge e da questa disciplinati.
Nel caso della Commissione elettorale, la specialità delle norme elettorali,
peraltro, ne configurava persino una necessità, per così dire, "rinforzata",
ove sia posta mente ancor più alla dettagliata posizione delle norme di funzionamento
della Commissione stessa.
In secondo luogo, per via delle funzioni ad esse riservate ed attribuite, si evidenziava
sempre più una contraddizione con le disposizioni di leggi di principio successive nelle
quali - nello spirito della separazione fra funzioni amministrative volitive e di
indirizzo (dunque politiche) e funzioni gestionali, tecniche ed ausiliarie - si
conferivano tali funzioni ai responsabili delle strutture operative comunali (13).
Peraltro, le esigenze dettate dai principi di efficienza, semplificazione ed economicità
che pervadono tutto lo spirito della riforma amministrativa, hanno indotto il legislatore
ad intervenire su gran parte dell'attività consultiva e di controllo (14), cercando di
responsabilizzare il più possibile la struttura tecnico-burocratica degli enti.
Con l'articolo 41 comma 1 della legge 449/97, il legislatore, con la legge finanziaria, dunque con una fonte sostanziale e di natura speciale, nonché successiva, come si rammentava in premessa, non ha avuto riferimento solo agli organi amministrativi non attivi previsti dalle fonti secondarie, bensì a tutti gli organi amministrativi di tale specie ancorché previste dalla legge e da questa dettagliatamente disciplinati. Ha operato cioè una delegificazione generalizzata, attribuendo agli organi di Amministrazione attiva il compito di scegliere annualmente quelli di Amministrazione non attiva ritenuti indispensabili per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto e nella valorizzazione dei principi di semplificazione ed economicità dell'azione amministrativa. Ciò anche derogando (lex posterior derogat priori) alla precedente disposizione di cui all'articolo 1 comma 3 lett. g) della legge 15 marzo 1997, n. 59, che escludeva dalla delega agli enti locali, le funzioni ed i compiti riconducibili alla materia elettorale, dell'elettorato attivo e passivo e consultazioni referendarie.
Non sembra che vi siano altre considerazioni a far dubitare della chiara voluntas del legislatore.
In tale spirito, l'innovazione qui trattata, deve essere salutata positivamente,
anche se, ancorati a vecchie forme e modi dell'amministazione, spesso, amministratori ed
operatori del diritto, faticano persino a comprendere la portata delle stesse norme
innovative. Specie quando vanno ad intaccare forme obsolete di controllo e di
appesantimento dell'azione amministrativa, come nel caso della commissione edilizia e di
quella elettorale nei comuni.
![]()
NOTE
(*) Articolo pubblicato nel numero 4/1999 della Rivista "Nuova Rassegna".
(1) "Disposizioni in materia.........di attività delle amministrazioni pubbliche". Così posta la norma è riferita a tutti gli organi dell'Amministrazione attiva (inscriptio legis est lex).
(2) Non sembra vi siano più dubbi sulla politicità - non meno dello Stato - degli enti esponenziali. Cfr. per la dottrina meno recente, AMATO, commento all'articolo 11 del DPR 616/77, in I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, Bologna 1978, 149 e ss.; BARBERA, La Regione come ente di governo, in Pol. Del dir., 1973,6,744; se ci si consente, DI MARCO, I rapporti Stato-regioni e le più recenti tendenze legislative in materia finanziaria, in Il Diritto dell'economia, Giuffrè, 1991,2,413 e ss.. Pur se tale concetto ( quello della politicità) potrebbe oggi ridondare in un potenziale "...fattore distorsivo di un corretto processo decisionale..", come si è fatto recentemente rilevare da autorevole dottrina: Cfr. FALCON, Lo Stato autonomista, Il Mulino, 1998, Introduzione, XXIII.
(3) SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1974, 399 e ss.; P. VIRGA, Diritto amministrativo, Milano, 1998, I, 6 e ss.; GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano 1988, 473 e ss. Quest'ultimo distingue più direttamente fra attività amministrative c. d. finali ed attività strumentali. La tripartizione delle tipologie delle funzioni indicate dai precedenti due autori, è arricchita, com'è noto, da un'altra distinzione fra Amministrazione esterna ed Amministrazione interna. Cfr. SILVESTRI, L'attività interna della pubblica Amministrazione, Milano, 1950; BARONE, Aspetti dell'attività interna della pubblica Amministrazione, Milano, 1980; VERBARI, L'attività amministrativa interna nello Stato liberale, in Nuova Rass. 1970, 1344.
(4) SANDULLI, op. cit.
(5) ZACCARIA, Il Bilancio e la sua gestione dopo la riforma del 1978, Roma, 1979,56 e ss.; ANELLI-IZZI-TALICE, Contabilità pubblica, Milano, 1988, 287 e ss.; BRANCASI, Legge finanziaria e legge di bilancio, Milano, 1985, 475 e ss.
(6) Cfr. artt. 32 e 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e succ. modifiche ed integrazioni
(7) Ad esempio, ove un Comune abbia istituito il Difensore Civico comunale, atteso che a questo la legge 15 maggio 1997, n. 127 ha conferito funzioni di controllo preventivo di legittimità (sui generis) sugli atti del Comune, non potrebbe il Consiglio comunale rinunciarvi non individuandolo come organo amministrativo necessario, non avendo tale organo configurazione collegiale.
(8) GIANNINI, Diritto amministrativo, Giuffrè, Milano,1970, II, 870 e ss.
(9)GIUNTA, Scatta la cancellazione automatica per un organismo non necessario, Guida agli enti locali de Il Sole XXIV ore, 7, 1999, 94 e ss.
(10) Si cita testualmente dalle considerazioni in diritto della sentenza in argomento: "......La concessione edilizia viene, infatti, rilasciata a seguito della verifica di conformità del progetto al piano regolatore generale o agli altri strumenti urbanistici, e, cioè, a seguito di un accertamento della legalità della concessione che ha la sola finalità di verificare la conformità dell'opera progettata alle norme vigenti, e non già di apprezzare l'opportunità della stessa o il grado di interesse pubblico alla sua realizzazione..."
(11) Cfr. art. 6 comma 2, lett. f), f-bis), g), legge 15 maggio 1997, n. 127, e succ. modd. ed integrazioni.
(12) Art. 220, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265; art. 33 lett. 1), L. 17 agosto 1942, n. 1150 ed ancora, L. 5 agosto 1978, n. 457.
(13) Cfr. nota n. 11.
(14) Si pensi alla marginalizzazione del controllo preventivo di legittimità sugli atti dei comuni effettuato con le disposizioni di cui all'articolo 17 commi 31-44 della legge 127/97