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FRANCESCA
DE SANTIS
(Avvocato
Ufficio Legale di Prato)
Risvolti
processuali e profili applicativi della sentenza SS.UU. 500/99
[1]
![]()
Con
il presente intervento si intendono affrontare alcuni dei problemi che sul piano
processuale e applicativo la sentenza
delle SS.UU. n. 500/99 pone.
Gli
aspetti più problematici, in particolare, sembrano essere l’abbandono della
pregiudiziale amministrativa in punto di giurisdizione, l’individuazione del
bene della vita e, conseguentemente, del danno in relazione agli interessi
legittimi pretensivi, la prova del danno, la reintegrazione in forma specifica e
la colpa della p.a. e del funzionario.
A)
Osservazioni in punto di giurisdizione.
Sul
piano della giurisdizione, le novità sono essenzialmente due: a) in tutte le
materie di giurisdizione esclusiva
del G.A., l’estensione del potere risarcitorio anche per lesione di interessi
legittimi,; b) mentre, nelle materie rientranti nella giurisdizione di
legittimità del G.A., l’abbandono della pregiudiziale amministrativa, e
quindi, la possibilità di richiedere immediatamente al G.O. il risarcimento del
danno derivante da atti e comportamenti illegittimi della P.A., senza dover
impugnare preventivamente l’atto davanti al G.A. per ottenerne
l’annullamento.
1)
E’ evidente che la Cassazione ha recepito la scelta compiuta dal Legislatore
del D.Lgv. 80/98 di superare il tradizionale sistema di riparto della
giurisdizione (potere caducatorio del G.A./potere risarcitorio del G.O.) basato
sulla dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo e quindi sul petitum sostanziale[2]
(che era frutto del concordato giurisprudenziale avvenuto nel 1929 tra
l’allora Presidente della Cassazione D’Amelio e l’allora Presidente del
Consiglio di Stato Santi Romano) per accogliere il principio, desunto dal D. 80,
della “pienezza” della giurisdizione del G.A., riferendolo anche al G.O..
Infatti,
nelle materie di giurisdizione esclusiva, il G.A. conosce l’intero rapporto e
può disporre, previo annullamento dell’atto, anche del conseguenziale
risarcimento in relazione ai diritti soggettivi e adesso anche agli interessi
legittimi. E’ evidente quindi che perde rilievo e si sfuma la distinzione tra
queste due situazioni giuridiche soggettive.
(Recentemente
l’Adunanza Plenaria del CdS con l’ordinanza
n. 1/2000 ha chiarito che all’interno della giurisdizione esclusiva la
distinzione tra diritti e interessi conserva un rilievo al fine di individuare
se la tutela della posizione posta a base del ricorso debba essere richiesta
entro il termine di prescrizione o decadenza).
Nelle
altre materie invece (per le quali sussiste la giurisdizione di legittimità del
g.a.) in linea teorica la distinzione rimane, ma i profili risarcitori
dell’interesse legittimo sono attratti nella cognizione del G.O. che diviene
“piena”, nel senso che non è più subordinata al preventivo annullamento
dell’atto.
Chiarito
ciò, un primo problema, che si pone all’interno della giurisdizione
esclusiva, è la mancata estensione o applicazione delle novità processuali e
probatorie introdotte dal D. 80 a tutte le materie rientranti in questa
giurisdizione.
Per
effetto del D. 80, veniva attribuito al G.A. il potere di condannare la P.A. al
risarcimento del danno ingiusto per lesione di diritti, anche mediante
reintegrazione in forma specifica, ma solo nelle materie dell’urbanistica,
edilizia e servizi pubblici, venivano attribuiti al G.A. i poteri istruttori e
gli strumenti processuali propri del giudizio civile, escluso l’interrogatorio
e il giuramento, al fine di compiere un’indagine approfondita del fatto.
Ora,
la sentenza 500, in omaggio al principio di pienezza della giurisdizione e
all’esigenza di concentrazione di tutela in capo allo stesso giudice, ha
esteso il potere risarcitorio anche alla lesione di interessi, senza tuttavia
estendere le novità processuali e probatorie previste dal D. 80.
Conseguentemente,
nella situazione attuale ci troviamo di fronte ad una giurisdizione esclusiva
piena dove il G.A. conosce indistintamente diritti soggettivi e interessi
legittimi e in relazione a entrambi può annullare l’atto e condannare al
risarcimento del danno, ma solo in alcune materie (quelle di cui al D. 80) ha i
mezzi processuali e quindi la capacità di accertare in concreto e compiutamente
i fatti da cui origina la pretesa risarcitoria.
A
questa incongruenza, parte della dottrina, da più non condivisa [3],
sta cercando di rispondere sostenendo l’estensione in via analogica a tutta la
giurisdizione esclusiva dell’armamentario processuale e istruttorio del G.A.
previsto dal D. 80. Ciò anche in vista della previsione contenuta nello stesso
progetto di riforma del processo amministrativo, già approvato dal Senato, che
contempla questa estensione degli strumenti processuali.
Resta,
comunque, il fatto che, nella situazione attuale, permane questa dicotomia
all’interno della giurisdizione esclusiva.
2)
La seconda novità in punto di giurisdizione è l’abbandono della
pregiudiziale amministrativa, che ha sollevato ancora più dubbi da ogni
parte.
Abbiamo
già detto che la sentenza 500, nell’ambito della giurisdizione di legittimità
del G.A., ha riconosciuto in capo al G.O. il potere di condannare la P.A. al
risarcimento del danno ingiusto per lesione di diritti soggettivi e interessi
legittimi.
La
giurisprudenza precedente alla sent. 500 era tutta basata sulla necessaria
ricerca di un diritto soggettivo da tutelare nell’azione risarcitoria. Si era,
infatti, arrivati a riconoscere il potere del G.O. di risarcire il danno
derivante dalla lesione di un interesse legittimo oppositivo sul presupposto però
che il previo annullamento da parte del G.A. dell’atto lesivo dell’int. leg.
oppositivo comportava la riespansione del diritto soggettivo e quindi la
cognizione, trattandosi di diritto, tornava ad essere quella del G.O. [4]
L’esempio
tipico era quello dell’annullamento da parte del G.A. del provvedimento
illegittimo di revoca della concessione edilizia, nel qual caso l’int. leg.
oppositivo alla revoca, per effetto dell’annullamento dell’atto di revoca,
riassumeva la consistenza del diritto, originato dal rilascio della concessione,
e fondava la giurisdizione del G.O. per la pretesa risarcitoria.
Ora,
la Cassazione ritiene, invece, che non essendo più necessario fondare
l’azione di risarcimento su un diritto soggettivo, non ha più ragion
d’essere la pregiudizialità del giudizio amministrativo di annullamento per
esperire l’azione risarcitoria.
Da
più parti [5]
si è sostenuto, perciò, che questa sentenza segna il ritorno alla teoria del petitum
formale quale criterio di discrimine della giurisdizione.
Ciò
che rileva non è quindi il tipo di situazione giuridica vantata, bensì il tipo
di pronuncia che si chiede al giudice, cosicchè, a fronte di un medesimo atto e
di un medesimo vizio, il giudice sarà quello ordinario o quello amministrativo
a seconda che si chieda il risarcimento del danno o l’annullamento
dell’atto.
Questa
soluzione pone in realtà dei problemi.
In
primis, appare evidente il rischio di un conflitto di giudicati [6],
cioè la possibilità che il G.O. e il G.A. valutino diversamente la legittimità
dell’atto, cosicchè il primo condanna al risarcimento del danno sul
presupposto di un atto che egli ritiene illegittimo e che invece il G.A. aveva
in precedenza giudicato pienamente legittimo.
E’
vero che non c’è coincidenza tra la cognizione del G.A. e quella del G.O., in
quanto il primo è vincolato ai motivi dedotti, il secondo no; il G.A. conosce
solo dell’atto, mentre il G.O. conosce l’intero rapporto.
Tuttavia,
è tutt’altro che raro che vi sia tra
i due giudizi identità di parti e che vengano dedotti gli stessi profili di
illegittimità, sia pure a fini diversi.
(Basti
pensare quanto è accaduto nel caso concreto della sentenza 500 dove sono stati
dedotti gli stessi profili di illegittimità prima davanti al G.A. e poi davanti
a quello ordinario chiedendo ovviamente un diverso tipo di pronuncia).
In
tal caso entrambi i giudici sono chiamati ad accertare con efficacia di
giudicato la legittimità dell’atto ed il rischio di un contrasto è evidente.
Il
problema che si pone dunque è quale sia la valenza del giudicato amministrativo
che si sia formato sugli stessi profili di legittimità all’interno del
giudizio di risarcimento davanti al G.O., posto che quest’ultimo non è certo
vincolato.
Proseguendo
poi sulla strada dell’autonomia del giudizio risarcitorio rispetto a quello
caducatorio, c’è anche chi ritiene[7],
tra i numerosi commentatori della sentenza, che l’interessato anche nelle
materie di giurisdizione esclusiva possa esperire l’azione risarcitoria
davanti al G.A. anche disgiuntamente da quella di annullamento.
Questa
rimane comunque un’interpretazione generalmente non condivisa.
Seconda
osservazione sulla pregiudizialità (circa il tipo di potere del G.O.).
Le
SS.UU. affermano che il G.O. svolgerà un accertamento dell’illegittimità
dell’atto al fine di ritenere o meno sussistente l’illecito, poichè
l’illegittimità dell’azione amministrativa costituisce uno degli elementi
costitutivi della fattispecie dell’art. 2043 c.c..
Si
crea cioè una forma analoga, ma a ben vedere diversa, di “disapplicazione”
prevista dalla L.A.C. del 1865.
Secondo
alcuni[8],
si tratterebbe di una vera e propria disapplicazione, non potendo il G.O. fare
altrimenti, con le conseguenze di cui all’art. 2 della L.A.C.: cioè obbligo
della P.A. di conformarsi alla pronuncia del G.O. e quindi annullare l’atto;
se l’Amministrazione non provvede, l’interessato può rivolgersi con il
ricorso in ottemperanza al G.A. in sede di giurisdizione di merito. La
conseguenza paradossale, cui si perviene seguendo questa interpretazione è che
il G.A., che in sede di legittimità ha ritenuto legittimo l’atto, possa poi
trovarsi in sede di ottemperanza ad obbligare la P.A. ad annullare l’atto,
sulla base di una sentenza del G.O. che ha ritenuto l’atto illegittimo.
A
ben vedere, invece, secondo altri commentatori[9],
le SS.UU. riconoscano al G.O. qualcosa di più del semplice potere di
disapplicare l’atto.
Infatti,
quando il giudice ordinario disapplica l’atto ritenuto illegittimo decide in
realtà una questione pregiudiziale incidenter tantum e senza valore di
giudicato.
Viceversa
nella sent. 500 le SS.UU. affermano che il giudizio di illegittimità
costituisce un elemento essenziale della fattispecie aquiliana su cui si forma
il giudicato.
Il
punto allora è: come può il G.O. accertare con efficacia di giudicato una
questione di legittimità amministrativa che pacificamente rientra nella
giurisdizione del G.A.?
E
se è vero che ha questo potere, perchè è limitato ai soli casi in cui il G.A.
non si sia già pronunciato?
Come
è stato giustamente osservato[10], infatti, delle due
l’una: o questo potere di accertare l’illegittimità ce l’ha, anche ai
soli fini risarcitori, e allora deve prescindere dalla valutazione di altri
giudici, oppure non ce l’ha affatto.
Ultima
osservazione sulla pregiudizialità (in merito all’esigenza di certezza
dell’azione amministrativa).
Sicuramente
il sistema introdotto della doppia tutela giurisdizionale risponde ad una
esigenza di celerità di tutela del privato, in quanto la lunghezza di un doppio
grado di tutela (prima G.A. per l’annullamento e poi G.O. per il risarcimento)
può andare a scapito del privato e rappresentare invece un privilegio per
l’amministrazione.
Non
si può però non rilevare che la soluzione prospettata dalla Cassazione
sicuramente lede l’esigenza di certezza dell’azione amministrativa, posta
anche questa a tutela dei privati [11].
Infatti,
mentre l’impugnazione dell’atto amministrativo è sottoposta al termine
breve di decadenza, l’azione risarcitoria è sottoposta al più lungo termine
di prescrizione. Ciò significa che nella maggior parte dei casi l’interessato
proporrà l’azione di risarcimento quando esiste già un atto amministrativo
inoppugnabile per avvenuta decadenza. Ora, imporre in questo caso alla P.A. il
risarcimento equivale nella realtà dei fatti a sottoporla ad una notevole
pressione verso l’annullamento d’ufficio del provvedimento (in sede di
autotutela), motivato dall’interesse pubblico di contenere il risarcimento.
Ovviamente, questo va a scapito dei controinteressati, i quali peraltro nel
giudizio risarcitorio non hanno la possibilità di difesa che avrebbero in
quello di annullamento davanti al Tar [12].
Si
rischia quindi di ledere l’affidamento dei terzi nella certezza giuridica
degli atti amministrativi.
Ci
si chiede che cosa accade poi se l’interessato preferisce esperire l’azione
risarcitoria e i controinteressati propongono invece l’azione di annullamento?
Probabilmente il giudice civile sospenderà il processo per una pregiudizialità
creata dalle stesse parti. In pratica può accadere che si estenda l’ambito
della necessaria pregiudizialità tra i due giudizi.
Ma
questo è proprio ciò che il sistema della doppia tutela vuole evitare.
Sono
dunque molti gli interrogativi che lascia dietro di sè la scelta di abbandonare
la pregiudiziale amministrativa.
B)
Il secondo nodo centrale della sentenza è l’individuazione del bene della
vita, cioè l’interesse sostanziale sotteso all’interesse legittimo, la cui
lesione è indispensabile per aversi danno ingiusto, non essendo di per sè
sufficiente l’attività illegittima della P.A..
Le
SS.UU. in particolare distinguono a seconda che l’individuazione del bene
della vita avvenga in riferimento ad un interesse legittimo oppositivo oppure
pretensivo.
Nel
caso di interessi legittimi oppositivi, viene confermato il precedente
orientamento della giurisprudenza, cui si faceva cenno prima in relazione alla
illegittima revoca della concessione edilizia.
In
questo caso, il danno ingiusto derivante dalla attività provvedimentale
illegittima sarebbe in re ipsa, in quanto la preesistenza del bene della vita al
provvedimento amministrativo illegittimo dimostra da solo la consolidazione di
un danno ingiusto per effetto della accertata illegittimità (vedi Tribunale di
Firenze Sez.II, 28.02.2000,n. 473 Vitali / Comune di Fiesole, il privato era già
titolare del bene della vita, ovvero della possibilità di compiere opere di
lottizzazione, per effetto della convenzione. Quindi era titolare di un
interesse leg. oppositivo al mancato recepimento della convenzione nel prg.
L’illegittimità sta infatti nella omissione assoluta di motivazione del prg
in ordine al mancato recepimento, non nel solo mancato recepimento in quanto il
potere pianificatorio è ampiamente discrezionale e la P.A. deve solo motivare
adeguatamente).
Tuttavia,
anche per gli interessi legittimi oppositivi, la dottrina[13]
aveva rilevato che non si verifica danno ingiusto laddove l’illegittimità
dell’atto derivi solamente da vizi attinenti alla forma o al procedimento
(omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, difetto di competenza,
difetto di motivazione, non omissione assoluta, anche se comunque non è
pacifico).
In
tali casi, infatti, si avrà la violazione dell’interesse procedimentale, ma
non dell’interesse legittimo sostanziale, in quanto l’illegittimità formale
non incide sul bene della vita, tant’è che in ogni momento la P.A. in sede di
autotutela può emanare un provvedimento di contenuto identico, depurato del
vizio formale, e quindi pienamente legittimo nella sostanza.
E’
il caso di un’ordinanza di demolizione di manufatti abusivi sostanzialmente
legittima, perchè l’abuso c’è, ma non preceduta da comunicazione di avvio
del procedimento oppure senza indicare il responsabile del procedimento. La
P.A., rilevato il vizio, anche a prescindere dal ricorso al Tar, emana la stessa
ordinanza depurata dai vizi formali e poi demolisce.
Come
si vede non c’è una diversa incisione sul bene della vita per effetto della
illegittimità formale, quindi difficilmente si potrà dimostrare il danno
ingiusto.
Quanto
agli interessi pretensivi, per i quali si ha lesione sia per illegittimo
diniego che per illegittimo ritardo del provvedimento ampliativo, il problema
dell’individuazione del bene della vita è più complesso, innanzitutto per la
stessa ambiguità di espressioni contenute nella sentenza.
Le
SS.UU. infatti affermano che occorre vagliare la consistenza della protezione
che l’ordinamento riserva alle istanze di ampliamento. Detta valutazione
consiste in un giudizio prognostico
sulla fondatezza o meno dell’istanza, al fine di stabilire se il pretendente
sia titolare di una situazione giuridica soggettiva suscettibile di
determinare un oggettivo affidamento
circa la sua conclusione positiva, cioè una situazione destinata, secondo un criterio
di normalità ad un esito favorevole.
E’
evidente innanzitutto l’ambiguità dei termini giudizio prognostico, oggettivo
affidamento e criterio di normalità, nel senso che sono in grado di portare a
risultati opposti a seconda di quale sia il giudice che in quel momento li
interpreta.
In
secondo luogo, la difficoltà di un giudizio prognostico risulta attenuata
davanti alla attività vincolata dell’Amministrazione o comunque dove
non c’è un alto tasso di discrezionalità, dovendosi accertare solo
l’esistenza di requisiti previsti.
E’
il caso dell’illegittimo diniego o ritardo nel rilascio della concessione
edilizia, per i quali sono già intervenute pronunce di condanna al risarcimento
del danno (Tribunale di Crema, n. 28/2000) oppure per illegittimo diniego di
autorizzazione all’installazione di macchinari da parte di una Casa di cura (Tar
Toscana, n. 317/2000), oppure per comportamenti omissivi, quindi inerzia, della
P.A. (Cass., Sez. I, n. 1369/2000).
Il
giudizio prognostico diventa invece particolarmente difficile nei procedimenti
concorsuali, quali gare d’appalto e pubblici concorsi, dove c’è una
pluralità di soggetti che concorrono per lo stesso bene della vita.
In
questi casi, dove c’è un alto tasso di discrezionalità amministrativa, la
dottrina [14]
e la giurisprudenza avevano già rilevato che difficilmente si potrà
riconoscere la spettanza del bene della vita in capo ad un determinato soggetto.
Infatti,
in questo caso il giudizio prognostico dovrà individuare il soggetto che
sarebbe stato vincitore oppure limitarsi a ricercare i soggetti che avevano
serie chances di successo?
Si
rileva che, anche in questa seconda ipotesi, si sono già formati dei contrasti
nella giurisprudenza amministrativa successiva alla sentenza 500.
Infatti,
in tema di gare d’appalto, il Tar Puglia-Bari-Sez. II, n. 1248/2000 e il Tar
Lombardia Brescia, n. 8/2000 ritengono non risarcibile il danno da perdita di
chance in quanto la chance viene considerata una mera aspettativa di fatto,
mentre il Tar Lombardia Milano, Sez. I, n. 5049/2000 considera risarcibile la
ipotetica chance di vittoria nel caso di partecipazione a nuova gara
d’appalto, ormai preclusa per effetto della intervenuta stipula del contratto.
Il
problema quindi è che difronte a interessi legittimi pretensivi la difficoltà
del giudizio prognostico sull’esito del procedimento sta nel fatto che si
chiede al giudice di avventurarsi, sia pure in un’ottica di probabilità, su
un terreno che è quello dell’esercizio della discrezionalità amministrativa,
che da sempre è riserva dell’Amministrazione.
In
linea generale, si può pensare quindi che con più probabilità il risarcimento
del danno da lesione di interessi legittimi pretensivi si verificherà nei casi
di procedimenti che si concludono con un provvedimento di autorizzazione,
rientrandovi tra questi ormai pacificamente anche la concessione edilizia [15].
C)
A margine di quanto esposto sugli interessi legittimi pretensivi, vorrei
svolgere poi una breve considerazione su quella particolare forma di
risarcimento che è la reintegrazione in forma specifica, prevista dal D.
80, ma di cui nella sent. 500 non si fa cenno.
Innanzitutto,
solo la tutela risarcitoria davanti al G.A. ha questa arma in più della
condanna in forma specifica, che il G.O. ovviamente non ha, perché rimangono
fermi i limiti posti dagli artt. 2 e 4 della L.A.C. del 1865, per cui il G.O.
non può condannare l’Amministrazione ad un facere specifico di carattere
pubblicistico.
Ora,
davanti ad interessi legittimi pretensivi, la condanna ad un facere da parte del
G.A. si potrà spingere fino all’adozione di atti amministrativi, a patto che
si tratti di attività vincolata e non di attività ad alto tasso di
discrezionalità.
Il
G.A., quindi, una volta accertata l’inerzia o l’illegittimità del
provvedimento di diniego, può accertare se in concreto spetti o meno al
ricorrente il bene della vita che chiede e, in caso di esito positivo,
dichiarare l’obbligo dell’Amministrazione a emanare l’atto. Può essere il
caso della concessione edilizia.
Viceversa
nel caso di procedimento concorsuale, è evidente che il G.A. può ordinare una
nuova valutazione, ma non può certo sostituirsi alla commissione giudicatrice
nella determinazione dell’esito della procedura selettiva.[16]
D)
Quanto alla prova del danno.
Abbiamo
già detto della mancata estensione del sistema probatorio introdotto
dall’art. 35, 3 co., del D. 80 a tutte le materie della giurisdizione
esclusiva.
Quindi
le considerazioni che seguono rimangono limitate alle materie
dell’urbanistica, edilizia e servizi pubblici.[17]
In
queste materie il G.A. potrà stabilire la fondatezza della pretesa dedotta in
giudizio attraverso un’adeguata istruttoria processuale, che è quella propria
del processo civile.
Rimangono
esclusi infatti dai poteri istruttori del G.A. soltanto il giuramento,
l’interrogatorio formale, e quindi la confessione, mentre sicuramente
ammissibile è l’interrogatorio libero e la prova testimoniale.
Se
ne deduce che nel nuovo rito di giurisdizione esclusiva l’unica prova legale
esistente è l’atto pubblico.
Un’importanza
fondamentale avrà sicuramente la c.t.u., che risulta spesso decisiva nelle
materie dell’urbanistica, edilizia e appalti pubblici.
E’
chiaro che nelle materie del D. 80 questa disciplina probatoria deve trovare
applicazione indipendentemente dal fatto che la singola controversia riguardi
diritti soggettivi o interessi legittimi.
Recentemente,
poi, il Tar Friuli, con la sent. n. 314 del 2000, ha chiarito in virtù di
questa trasposizione del sistema probatorio civilistico all’interno di alcune
materie di giurisdizione esclusiva, devono applicarsi compiutamente anche il
principio dell’onere della prova e il principio dispositivo.
Quindi,
il ricorrente dovrà provare di aver subito un danno e provarlo nel suo preciso
ammontare, non essendo sufficiente un principio di prova come nel giudizio di
legittimità.
Dall’altro
lato, il G.A. può disporre l’assunzione di quasi tutti i mezzi di prova
previsti dal c.p.c., purchè siano espressamente richiesti dal ricorrente,
conformemente al principio dispositivo.
Quanto
agli elementi da provare, oltre al danno, sono ovviamente tutti quelli della
responsabilità aquiliana del 2043 c.c..
D)
Colpa del funzionario
Un’ultima
breve osservazione circa la colpevolezza.
La
sentenza 500 chiarisce espressamente che la colpa deve essere riferita alla P.A.
come apparato.
Ciò
non significa escludere tout court la colpa del funzionario. Questa resta sempre
possibile.
Occorre
chiarire però che si tratta di due responsabilità autonome e distinte.
Infatti, la P.A. risponde anche per colpa lieve e risponde per lesione sia di
diritti soggettivi che di interessi legittimi.
Viceversa
il singolo funzionario risponde solo per dolo o colpa grave e soprattutto, qui
sta la differenza sottolineata dalla sentenza 500, risponde solo per lesione di
diritti.
Infatti,
all’interpretazione che vuole la responsabilità del funzionario anche per
lesione di interessi legittimi osta in primis l’art. 28 della Costituzione
(che parla di lesione di diritti) e poi l’art. 23 del T.U. n. 3/1957 degli
Impiegati civili dello Stato, secondo cui è danno ingiusto quello derivante
dalla violazione dei diritti dei terzi che l’impiegato abbia commesso per dolo
o colpa grave.
Pertanto,
alla luce di queste disposizioni legislative e costituzionali, è quantomeno
inutile chiamare in giudizio, per esempio, il dirigente o funzionario, insieme
al Comune, per il risarcimento dei danni derivanti da ritardo nel rilascio della
concessione edilizia, trattandosi di un interesse legittimo pretensivo.
Concludendo,
l’affermazione della risarcibilità degli interessi legittimi è sicuramente
positiva e costituisce un passo avanti, soprattutto in termini di giustizia
sostanziale, in quanto elimina un’area di intangibilità della P.A.[18]
Si
tratta di un passo, tra l’altro, ormai inevitabile vista l’evoluzione
legislativa e giurisprudenziale cui si era arrivati.
E’
molto probabile, peraltro, che il legislatore intervenga, limitando
quantitativamente in misura percentuale l’ammontare del danno risarcibile, così
come è avvenuto per il comma 7 bis dell’art. 5 bis per il risarcimento da
accessione invertita.
Preme
rilevare tuttavia che la svolta compiuta dalle SS.UU. lascia aperti molti
interrogativi e margini di ambiguità interpretativa già evidenziati.
L’auspicio
è quindi è che il legislatore nazionale intervenga in maniera organica, anche
in occasione della riforma del processo amministrativo[19],
in quanto una giurisprudenza “pretoria” del giudice amministrativo[20]
non pare, anche da un punto di vista costituzionale, la strada più adeguata per
introdurre riforme di tale portata.
Ciò
anche alla luce dei contrasti giurisprudenziali, già in atto, fonte di notevoli
disparità di trattamento nel risarcimento di casi analoghi.
![]()
[1] Testo dell’intervento svolto al Convegno di studi tenutosi a Macerata il 27.04.2000 organizzato da A.S.A.M. (Associazione Studi Amministrativi di Macerata e delle Marche) su “La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione alla luce della sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, n. 500/99”.
[2] Delfino B., La
fine del dogma della irrisarcibilità dei danni per lesione di interessi
legittimi: luci e ombre di una svolta storica, in www.lostatoingiudizio.com
[3]
A favore dell’interpretazione estensiva, Caringella F. e Garofoli R., Riparto
di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in
www.lexitalia.it , per i quali i nuovi strumenti processuali devono ritenersi
estesi anche alle vecchie materie di giurisdizione esclusiva; contra
Virga G., Un guscio mezzo vuoto (a
proposito dell’ampliamento
della giurisdizione esclusiva del G.A.), in www.lexitalia.it ;
Di Modugno N., La nuova giurisdizione esclusiva e la prova nel processo
amministrativo:prime riflessioni sulla recente riforma, in Dir. proc.
amm. n. 1/2000.
[4]
Eccettuato R., Sulla risarcibilità
del danno derivante da interessi legittimi, in
www.lexitalia.it
; Delfino B., La fine del dogma della irrisarcibilità dei danni per lesione di
interessi legittimi: luci e ombre di una svolta storica, in
www.lostatoingiudizio.com
[5]
Caringella F. e Garofoli R., Riparto
di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in
www.lexitalia.it;
Delfino B., La fine del dogma della
irrisarcibilità dei danni per lesione di interessi legittimi: luci e ombre
di una svolta storica, in www.lostatoingiudizio.com
[6]
Caringella F. e Garofoli R., Riparto
di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in
www.lexitalia.it
; Di Modugno N., La nuova
giurisdizione esclusiva e la prova nel processo amministrativo:prime
riflessioni sulla recente riforma, in Dir. proc. amm. n. 1/2000;
Eccettuato R., Sulla risarcibilità
del danno derivante da interessi legittimi, in
www.lexitalia.it; Duni G., Interessi legittimi,
risarcimento del danno e doppia tutela. La Cassazione ha compiuto la
rivoluzione, in
www.lexitalia.it; Cugurra G., Risarcimento
dell’interesse legittimo e riparto di giurisdizione, in Dir. proc.
amm. n. 1/2000
[7]
Caringella F. e Garofoli R., Riparto
di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in
www.lexitalia.it
[8]
Caianiello V., Postilla in tema di
riparto fra le giurisdizioni, in www.lostatoingiudizio.com
[9]
Giacchetti S., La risarcibilità degli
interessi legittimi è “in coltivazione”?, in www.lexitalia.it; Cugurra
G., Risarcimento dell’interesse
legittimo e riparto di giurisdizione, in Dir. proc. amm. n. 1/2000;
[10]
Giacchetti S., La risarcibilità degli
interessi legittimi è “in coltivazione”?, in
www.lexitalia.it
[11]
Tarullo S., Le prospettive
risarcitorie del danno “ingiusto” cagionato dalla P.A. trail d. lgs.
80/98 e la sentenza delle Sezioni Unite
n. 500/99, in Riv. Amm. n. 6,7/2000.
[12]
Duni G., Interessi legittimi,
risarcimento del danno e doppia tutela. La Cassazione ha compiuto la
rivoluzione, in www.lexitalia.it
[13]
Tarullo S., Le prospettive
risarcitorie del danno “ingiusto” cagionato dalla P.A. tra il d. lgs.
80/98 e la sentenza delle Sezioni Unite
n. 500/99, in Riv. Amm. n.
6,7 /2000; Caringella F. e Garofoli R., Riparto
di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in
www.lexitalia.it
; Caranta R., La pubblica
amministrazione nell’età della responsabilità, nota a sent. 500/99, in Foro It. 1999.
[14]
Varrone C., Nuovi scenari (e nuovi
compiti) per il giudice amministrativo in tema di tutela risarcitoria e di
pubblici servizi, in www.lostatoingiudizio.com; Caranta R., La
pubblica amministrazione nell’età della responsabilità, nota a sent.
500/99, in Foro It. 1999.
[15]
Caringella F. e Garofoli R., Riparto
di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in
www.lexitalia.it
[16]
Cfr. De Palma M., Reintegrazione in forma specifica ex art. 35 del d. lgs. n. 80/98 e
annullamento della aggiudicazione (nota a Tar Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23 dicembre 1999, n. 5049, in www.lexitalia.it.; Virga G., La
reintegrazione in forma specifica, in
www.lexitalia.it
; Caringella F. e Garofoli R., Riparto
di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, in
www.lexitalia.it; Varrone C., Nuovi
scenari (e nuovi compiti) per il giudice amministrativo in tema di tutela
risarcitoria e di pubblici servizi, in www.lostatoingiudizio.com;
Tarullo S., Le prospettive
risarcitorie del danno “ingiusto” cagionato dalla P.A. tra il d. lgs.
80/98 e la sentenza delle Sezioni Unite
n. 500/99, in Riv. Amm. n. 6,7/2000.
[17]
Di Modugno N., La nuova giurisdizione
esclusiva e la prova nel processo amministrativo:prime riflessioni sulla
recente riforma, in Dir. proc. amm. n. 1/2000.
[18]
Caianiello V., Postilla in tema di
riparto fra le giurisdizioni, in www.lostatoingiudizio.com
[19]
Caramazza I. F., L’informe creatura
cambia ancora volto, in www.lostatoingiudizio.com
[20] De Carolis D., Prime esperienze giurisprudenziali nelle materie di giurisdizione esclusiva previste dal D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80, in www.lexitalia.it