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Michele De Palma
Sulla competenza all'approvazione dei contratti degli enti locali
(nota a Cons. Stato, Sez.V, 26 gennaio 1999, n. 64)
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Con la decisione in epigrafe il Consiglio di Stato afferma che l'approvazione del contratto concluso da un ente locale non compete alla Giunta, bensì ai dirigenti. Ciò sulla base della considerazione che l'art. 6, comma 2, lett. b) della l. n. 127/1997 rimette ai dirigenti la responsabilità delle procedure d'appalto, con la conseguenza che va attribuito ai medesimi anche il correlativo potere di approvazione in quanto con questa si verifica il perfezionamento dell'iter procedimentale al quale solo può collegarsi la responsabilità piena del funzionario.
La soluzione proposta dal Supremo Consesso della giustizia amministrativa, che conferma la pronuncia del giudice di primo grado, non convince, dal momento che la lett. c) del citato articolo attribuisce al dirigente la competenza a stipulare i contratti dell'ente locale.
Infatti, è principio pressoché pacifico in dottrina ed in giurisprudenza quello secondo cui, essendo l'approvazione del contratto della pubblica amministrazione un atto di controllo, per di più, di merito, è necessaria una netta separazione tra l'organo competente alla stipulazione e l'organo competente all'approvazione dei contratti, altrimenti il primo si troverebbe a dover esprimere valutazioni sul proprio operato, rendendo del tutto superflua la funzione di controllo (cfr., ex ceteris, Cass., sez. I, 23 maggio 1979, n. 2987; Corte dei Conti, sez. contr., 8 marzo 1996, n. 52; Corte dei Conti, sez. contr., 10 marzo 1993, n. 30; Corte dei Conti, sez. contr., 29 settembre 1994, n. 79 secondo cui anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 39/1993 sussiste ancora la necessità che i contratti dello Stato dopo la stipula siano formalmente approvati da un funzionario diverso da quello che ha preso parte all'attività negoziale).
La regola della terzietà dell'organo preposto all'approvazione affonda le proprie radici innanzitutto nei principi di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa ed in secondo luogo nelle specifiche previsioni normative di cui agli artt. 103 del R.D. n. 827/1924 e 19, comma 5 del R.D. n. 2440/1923.
E', dunque, evidente che, se si ritiene ancora necessaria, nonostante i recenti interventi legislativi, l'approvazione dei contratti degli enti locali (la questione è, infatti, controversa v. sul punto F. Romano, Appalti pubblici: il nuovo assetto delle competenze negli enti locali, in Urbanistica e appalti, 1999, 130), l'organo competente all'espletamento della relativa funzione non può essere il dirigente che ha stipulato il contratto. Sembra, invece, preferibile la tesi per la quale l'atto di approvazione deve essere adottato dalla Giunta, in virtù della competenza residuale riconosciutale dall'art. 35, comma 2 della l. n. 142/1990 (cfr. F. Gaudieri, Spetta alla Giunta comunale l'approvazione degli atti di gara, in Urbanistica e appalti, 1998, 360).
Diversamente, il Consiglio di Stato, mosso evidentemente dall'esigenza di rendere operativo il principio della separazione tra attività di governo e attività di gestione, sostiene che l'emanazione dell'atto di approvazione spetti al dirigente, poiché egli è responsabile dell'intero procedimento contrattuale, di guisa che in tanto può rispondere degli effetti dei relativi atti, compreso quello di approvazione, in quanto sono stati da lui adottati.
Siffatto argomentare non persuade. L'art. 6, comma 2, lett. b) fa riferimento alla procedura d'appalto che, com'è noto, inizia col bando di gara e termina con l'aggiudicazione, di talché il dirigente è responsabile solo per gli atti di gara posti in essere in questo arco temporale. Il legislatore, invero, si è preoccupato di indicare, sia pur esemplificativamente, alcuni dei più importanti compiti inerenti alla gara affidati al dirigente, quale quello di presiedere le commissioni (lett. a), quello di stipulare contratti (lett. c), quello di assumere i relativi impegni di spesa (lett. d), senza fare alcun cenno all'approvazione alla quale, considerate le sue peculiarità e la sua importanza, sarebbe stato più opportuno fare riferimento alla stessa stregua degli atti appena elencati. L'approvazione, quindi, si pone al di fuori della procedura di cui parla la lett. b).
Sembra anzi che il legislatore non abbia menzionato l'approvazione tra gli atti di competenza dirigenziale, proprio in ossequio al principio della terzietà dell'organo tutorio. Sarebbe, difatti, incorso in una palese discrasia se avesse sottoposto all'organo contraente il controllo del contratto.
In dottrina, la decisione in rassegna è stata favorevolmente commentata. Si è rimarcato come la stessa possa costituire il giusto stimolo per attuare in concreto il disegno legislativo che tende ad assicurare una netta demarcazione tra il ruolo dell'attività di indirizzo politico-amministrativo e quello della gestione. In merito, si è anche invocato l'art. 45 del d.lgs. n. 80/1998 che al primo comma statuisce che <<a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 3.02.1993 n. 29, si intendono che la relativa competenza spetta ai dirigenti>> (R. Napoletani, Le nuove competenze dei dirigenti degli enti locali, in questa Rivista).
A ben vedere, l'esigenza di salvaguardare la distinzione tra il ruolo della politica e quello della amministrazione in questa materia, a parere di chi scrive, non assume particolare rilievo, poiché la funzione di controllo, posta a garanzia obiettiva dell'ordinamento, volta cioè ad accertare la legalità degli atti, esaurendosi, come si preciserà nel prosieguo, l'approvazione dei contratti degli enti locali in un controllo di legittimità, non può essere ricondotta alla attività di gestione stricto sensu intesa.
Pur se non si condivide quanto appena riferito, e si ritiene che comunque l'attività di approvazione debba essere ricondotta alla sfera gestionale, non bisogna trascurare, come desumibile dall'art. 27-bis del d.lgs. n. 29/1993, introdotto dall'art. 17 del d.lgs. n. 80/1998, le peculiarità degli ordinamenti delle autonomie locali. A tale proposito, occorre ricordare che nell'ordinamento degli enti locali, così come delineato dalle leggi n. 142/1992 e n. 127/1997, la Giunta, pur rimanendo organo di governo, si contrappone al Consiglio, a cui spettano i poteri di indirizzo, quale organo esecutivo dotato di poteri gestionali. D'altra parte, l'adozione della delibera a contrarre, provvedimento attuativo dell'elenco annuale dei lavori pubblici di competenza consiliare, spetta proprio alla Giunta (F. Romano, op. cit., 133). Anche sotto questo profilo, pertanto, non sembrano sussistere ostacoli che impediscano di considerare il provvedimento di approvazione di pertinenza della Giunta.
Infine, sembra opportuno farsi carico di una possibile obiezione. La spettanza giuntale del potere di approvazione potrebbe essere foriera di dubbi relativamente alla possibilità che mediante siffatta forma di controllo l'organo politico si riappropri surrettiziamente della gestione.
Tuttavia, val la pena di sottolineare che il controllo in questione consiste esclusivamente nella verifica del rispetto delle prescrizioni dettate dalla Giunta con la deliberazione a contrarre, senza che l'organo tutorio possa spingersi fino ad effettuare valutazioni di merito. Invero, se normalmente in sede di approvazione il controllore è chiamato a pronunciarsi sulla convenienza del contratto, cioè sulla idoneità del suo contenuto a soddisfare l'interesse pubblico, in caso di approvazione del contratto da parte della Giunta un siffatto sindacato le è precluso, atteso che essa già in sede di adozione della delibera a contrarre è tenuta ai sensi dell'art. 56 l. 142/1990 ad indicare il fine che con il contratto si intende perseguire, il suo oggetto ivi comprese le clausole ritenute essenziali, oltre che le modalità di scelta del contraente in conformità alla normativa comunitaria ed interna.
Dunque, un controllo di merito, volto ad accertare la rispondenza della stipulazione all'interesse pubblico generale, si concreterebbe in un inutile doppione. Del resto, il Consiglio di Stato con la pronuncia che qui si annota circoscrive l'approvazione alla verifica tecnica e di legittimità degli atti di gara (di qui l'interrogativo, a cui si è accennato in apertura, relativo all'opportunità di mantenere in vita l'approvazione dei contratti degli enti locali, originariamente concepita per consentire all'organo di vertice di vagliare non solo la legittimità, ma anche la convenienza del contratto, soprattutto alla luce del recente trend normativo di drastica riduzione dei controlli sugli atti a tutto vantaggio dei controlli di gestione).
Da quanto poc'anzi riferito discende che un diniego di approvazione fondato sulla inopportunità del contratto farebbe emergere una contraddittorietà tra atti, dando luogo ad una delle figure sintomatiche di eccesso di potere.