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n. 2/2009 - ©
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VALERIA DE LISA
Il concorso per l’accesso alla magistratura amministrativa al vaglio dei giudici.
(note a margine di
T.A.R. LAZIO - ROMA, sez. III, sentenza 15 dicembre 2008, n. 11358
e di CONSIGLIO di STATO, sez. IV, sentenza 2 dicembre 2008, n. 6190)
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Premessa.
Le due sentenze in commento, l’una relativa al diniego di accedere agli atti del concorso e l’altra relativa ai criteri di ammissione alla procedura di concorso per magistrato amministrativo, hanno destato l’interesse dell’opinione pubblica, dopo che i mass media hanno sollevato la questione ribattezzandola “Consigliopoli di Stato” (1).
Il fatto (sentenza TAR Lazio n. 11358/2008)
La sentenza in commento trae origine dal diniego di accesso agli atti dei vincitori del concorso a Consigliere di Stato banditi negli anni 2006 e 2007, opposto al ricorrente, magistrato amministrativo presso il Tar Toscana e concorrente egli stesso ai concorsi in discussione, nonché dall’esigenza di accertare il diritto all’accesso del ricorrente ai documenti in questione.
L’istanza di accesso del ricorrente è stata rigettata con la motivazione che non era supportata da interessi meritevoli di tutela e che era decorso il termine per impugnare la graduatoria dei citati concorsi.
Entrambe le motivazioni addotte a supporto del diniego all’accesso sono del tutto prive di fondamento come si evince in maniera lapalissiana dalla lettura della legge 241/90 e come più volte è stato ribadito dalla giurisprudenza amministrativa.
Il ricorrente ben rientra nella categoria degli interessati, ovvero di tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso (art.22, comma 1 lett. b) L.241/90).
L’articolo sopra citato è stato novellato dalla L.11.2.2005 n.15 che, recependo gli indirizzi della magistratura, ha finalmente disancorato l’accesso dalla esigenza di tutela di situazioni giuridicamente rilevanti accesso (vedi formulazione originaria del citato art.15 della L.241/90) chiarendo che l’accesso è un autonomo diritto del tutto indipendente dal diritto d’agire in giudizio.
Ne consegue, dunque, che qualsiasi amministrazione destinataria di una istanza di accesso ai documenti amministrativi ha solo ed esclusivamente l’obbligo ed il diritto di verificare la fondatezza della motivazione addotta dall’istante ovvero di verificare che l’interessato abbia un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso senza tuttavia poter scendere nella valutazione del merito della proponibilità di un ricorso.
L’interessato, infatti, ben potrebbe, all’esito dell’accesso, rilevare di non esser stato affatto leso nei suoi interessi o diritti e decidere di non agire in giudizio.
I problemi sottostanti alla decisione del TAR Lazio e il collegamento con le problematiche della decisione del Consiglio di Stato.
Per una migliore comprensione dell’intera vicenda, che si sta trattando unitamente a quella relativa alla pronuncia del Consiglio di Stato, è opportuno sottolineare come il giudizio sull’accesso si innesti nei giudizi di impugnazione relativi al concorso per Consigliere di Stato banditi negli anni 2006 e 2007.
Sinteticamente, a seguito dello uno studio intitolato La valutazione delle prove concorsuali a firma di Alessio Liberati, e pubblicato su questa rivista www.lexitalia.it, numero di aprile 2008, alcuni Consiglieri di Stato, tra i vincitori degli ultimi due concorsi hanno segnalato il comportamento dell’autore dello studio all’organo di autogoverno della Giustizia Amministrativa, ritenendo che alcune considerazioni de quibus si riferissero alle loro persone, per la potenziale violazione della riservatezza (sono stati infatti indicati nell’articolo parte degli elaborati, ma in forma anonima, e previa regolare istanza di accesso a fini di studio) e la lesività delle affermazioni.
La 2° commissione del CPGA, competente per gli esposti, proponeva l’archiviazione per manifesta infondatezza/irricevibilità. Successivamente, in data 30 aprile 2008, la questione veniva trattata dal Plenum del C.P.G.A. che investiva della questione il Presidente del Consiglio di Stato ed il Presidente del Consiglio dei Ministri, che, comunque, non esercitavano l’azione disciplinare.
Sulla questione, in generale, interveniva anche la stessa Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi, rappresentando sia ai componenti del CPGA che al Presidente del Consiglio di Stato che “su una questione riguardante il referendario … per un articolo scritto dal medesimo magistrato e pubblicato su Lexitalia, non può non manifestare la sua preoccupazione per iniziative che possano apparire come forma di compressione della libera manifestazione del pensiero in ordine a questioni interpretative sul piano giurisprudenziale e dottrinario, auspicando, naturalmente, che qualunque critica rimanga nei limiti di una civile dialettica costruttiva. L’episodio – di per sé irrilevante – appare infatti emblematico delle crescenti tensioni che stanno formandosi attorno ad una delle modalità di accesso (quella appunto del concorso) alla Magistratura amministrativa di ultima istanza”.
Il ricorrente del presente ricorso ha quindi chiesto, al fine di apprestare adeguata difesa, accesso agli atti relativi alla questione, ricevendone solo una parte.
Sempre ai fini difensivi, ha chiesto accesso ai titoli di legittimazione alla partecipazione al concorso da parte dei vincitori, ricevendo però diniego.
In attesa di avere riscontro alle istanze di accesso sono stati formulati i ricorsi per l’annullamento/declaratoria di nullità dei rispettivi concorsi, ed in particolare è stata contestato il mancato possesso dei titoli legittimanti alla partecipazione, considerandoli non cumulabili.
Il ricorso oggetto della presente decisione verte dunque sul diniego di accesso, ma è strettamente correlato ai ricorsi con cui si è contestata l’annullabilità, prima, e la nullità poi, delle suddette procedure concorsuali (ancora pendenti, con i nn. 8166/2008 e 8167/2008 presso la sezione III del Tar Lazio), e del tutto analoghe alla questione trattata dal Consiglio di Stato nell’altra decisione in commento (n. 6190/2008).
Il fatto (CONSIGLIO di STATO, sez. IV, sentenza 2 dicembre 2008, n. 6190).
La decisione del Consiglio di Stato n. 6190/2008, analogamente, attiene alla modalità di valutazione dei titoli presentati da un candidato per l’accesso alla magistratura amministrativa.
Si tratta, in particolare, di funzionario pubblico che, avendo svolto anche attività di avvocato per conto dell’ente, ha chiesto il riconoscimento di entrambi i titoli inerenti l’attività svolta, ai fini del raggiungimento del punteggio utile per la partecipazione al concorso.
Il TAR Lombardia (sez. I, n. 4746/2008) ha accolto, con sentenza semplificata in sede cautelare (essendo consentito in tale sede, pur non essendo competente territorialmente ex art. 34 l. 1034/1971) la tesi del ricorrente, sostenendo l’ammissibilità del cumulo dei titoli ai fini del computo del punteggio per l’ammissione al concorso.
Il Consiglio di Stato, viceversa, considerando la modalità di computo dei titoli come un “artifizio” del ricorrente, “che pretende tre diversi titoli di valutazione per un medesimo periodo”, ha censurato il ragionamento del TAR Lombardia, annullando senza rinvio la decisione.
Le questioni giuridiche definite dalla decisione del Consiglio di Stato e sottostanti entrambe le fattispecie.
Con il predetto decisum, il Consiglio di Stato ha affermato che per la partecipazione ai concorsi di accesso alla magistratura amministrativa sono previsti requisiti distinti, che devono essere posseduti autonomamente dai candidati.
In particolare, per partecipare al concorso sono ammessi o magistrati ordinari con una determinata anzianità, o procuratori dello Stato (Avvocati dello Stato per il Concorso per il Consiglio di Stato) con una determinata anzianità di servizio, o funzionari nella carriera direttiva con cinque anni di funzioni, o, infine, professori universitari (D.P.R. 17.01.1983 n.68)
Orbene, il Consiglio di Stato ha affermato che ai fini della partecipazione ai concorsi per l’accesso alla magistratura amministrativa, non è possibile cumulare i diversi periodi lavorativi maturati, a diverso titolo, al fine del raggiungimento dei requisiti minimi per la partecipazione, in quanto i singoli titoli legittimanti sono espressamente previsti dalla legge, anche nella loro durata, che deve essere autonomamente considerata.
Sulla base di tale assunto ermeneutico, ha dunque annullato la decisione di primo grado, che si era espressa in termini opposti.
Ha precisato altresì il Consiglio di Stato che sussiste l’interesse pubblico all’annullamento del provvedimento anche nel caso in cui i posti assegnati ai vincitori siano in numero inferiore a quelli messi a concorso (come nella fattispecie).
Invero, il rispetto delle regole “non patisce condizionamenti di alcun genere, e meno che mai obbedisce alla logica del fatto compiuto”. Il ripristino della legalità, è invece subordinato alla presenza di un interesse pubblico concreto ed attuale.
Ne deriva che un candidato non utilmente collocato in graduatoria, così come l’Amministrazione, hanno interesse a lamentare la violazione delle procedure innanzi all’autorità giudiziaria .
Infatti, precisa il collegio decidente, non si può anteporre l’utilità personale del candidato vincitore (che si assume coincidente con quella della Amministrazione alla copertura dei posti messi a concorso con soggetti meritevoli) alla correttezza della procedura selettiva, la quale deve essere espletata in completa conformità alle regole poste dal bando di concorso. Ciò anche in considerazione del fatto che la legittimazione del “fatto compiuto”, verrebbe a pregiudicare gravemente altri soggetti parimenti meritevoli, ma privi dei requisiti di ammissione, i quali, accettando la conclusione della Commissione giudicatrice, verrebbero a subire una autentica discriminazione a motivo di una pronuncia giurisdizionale, che, all’evidenza, non sembra abbia alcun sostrato normativo che possa consentire di accedere alla contestata statuizione.
Le specifiche questioni relative al diritto di accesso.
1. Accesso – Documenti prodotti per ammissione al concorso –Riservatezza – Non sussiste
Ciascun partecipante ad un concorso pubblico è qualificabile, già solo per il fatto stesso che abbia partecipato a quel dato concorso, quale portatore di un interesse qualificato e differenziato alla conoscenza dei documenti relativi al concorso stesso.(Consiglio di Stato, SEZ. IV - sentenza 2 ottobre 2006 n. 5752 in questa rivista)
Questa posizione è stata confermata dal TAR LAZIO - ROMA, SEZ. III - sentenza 8 luglio 2008 n. 6450 (in questa rivista) che, espressamente ha chiarito che “Infatti, le domande ed i documenti prodotti dai candidati, i verbali, le schede di valutazione e gli stessi elaborati costituiscono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa in radice l'esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l'essenza”omissis….
La sentenza in commento, inoltre, qualifica erroneamente, come controinteressato il soggetto i cui documenti erano stati oggetto di istanza di accesso.
Anche in questo caso, la legge soccorre in maniera inequivocabile.
L’art.15, comma 1, lett.c) qualifica come “controinteressati tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”.
È del tutto evidente che, sebbene la riservatezza non sia definita in alcun testo di legge, essendo un concetto strettamente collegato a variabili sociali, culturali, morali e religiose, oltre che giuridiche, darne una lettura ampia, anzi, del tutto priva di limiti, cozzerebbe con la natura stessa della L.241/90 che rappresenta, all’interno dell’ordinamento italiano, il faro e la garanzia della correttezza dell’azione amministrativa.
La posizione di controinteressato, infatti, in una materia quale quella del diritto di accesso, richiede di essere adeguatamente calibrata in modo da non divenire, se riguardata in chiave troppo formalistica, una causa di restrizione eccessiva dell’esercizio di questa posizione soggettiva, considerata dal legislatore con assoluto favore.(T.A.R.Campania – Napoli Sezione V Sentenza 4 gennaio 2007, n. 39, su altalex , http://www.altalex.com/index.php?idnot=36745)
Per comprendere la portata attuale del concetto di controinteressato, soccorrono il D.lgs.196/03 Testo unico privacy e il D.P.R. 184/2006 (art.3) che può essere qualificato come elemento di cerniera tra la normativa sulla privacy (art.59) e quella sull’accesso.
Il controinteressato, dunque, è il soggetto che vedrebbe leso un suo diritto alla riservatezza inteso questo come la sfera personalissima concernente la tutela dei suoi dati sensibili (art.4, comma 1 lett.d) dlgs.196/03)
Nello specifico, i partecipanti ad un concorso pubblico, non si qualificano come “controinteressati” come emerge chiaramente dalla già citata pronuncia del TAR LAZIO - ROMA, SEZ. III - sentenza 8 luglio 2008 n. 6450 secondo cui …i loro documenti (i.e. i documenti dei partecipanti al concorso), una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti che, pertanto, non assumono la veste di controinteressati in senso tecnico nel giudizio avverso il diniego di accesso.
(Conformi Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 giugno 2007 , n. 3601; in Comuni d’Italia, 2007, 9, 1; TAR VENETO, SEZ. III - sentenza 12 dicembre 2008 n. 3840, in questa rivista)
Le posizioni espresse dalla giurisprudenza amministrativa sono in linea con quanto già in precedenza espresso dal C.S.M. con circolari e delibere (Circolare n. 14047 del 21 luglio 1999 - Deliberazione del 14 luglio 1999 e allegate delibere del 23 febbraio 1995 e del 29 ottobre 1997)
(Si veda altresì Cons. Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2005 n. 693, Foro amm. CDS 2005, 2 393; Cons. Stato, Sez. V, 16 dicembre 2004 n. 8079, Foro amm. CDS 2004, 12 3571; Cons Stato, sez. V. 9 dicembre 2004 n. 7893; in Rivista Cancellerie, 2006, 325; Cons. Stato Sez. VI, 3 giugno 1999 n. 752; Foro Amm., 1999, 1254; Cons. Stato Sez. V,18 marzo 1998 n. 310; Cons. Stato, 1998, I, 394; T.A.R. Lazio, Sez. II, 23 giugno 1998 n. 1094; Foro Amm., 1999, 1074.
2. Accesso – Pretesa sostanziale sottostante – Valutazione della amministrazione – Ai fini dell’accesso - Inammissibilità
E’inammissibilità la valutazione della fondatezza della pretesa in sede ostensiva da parte dell’amministrazione della istanza di accesso.
Il nucleo centrale del decisum attiene alla inammissibilità della valutazione della fondatezza della pretesa sostanziale, e cioè il motivo a fondamento della istanza di accesso, da parte dell’amministrazione destinataria dell’istanza.
La giurisprudenza è granitica nella medesima direzione ermeneutica, ed ha sempre affermato che la P.A. non può formulare alcun giudizio sulla fondatezza/ammissibilità della pretesa sottostante alla istanza di accesso: “In sede di esame della domanda di accesso (e nel corso del giudizio concernente il relativo diniego), non va effettuato alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o alla ammissibilità della domanda che si intenda proporre o si sia già proposta, la cui valutazione spetta solo al giudice - o al Presidente della Repubblica in sede straordinaria - chiamato a decidere. (Cons. St., sez. VI, 31 luglio 2003, n. 4436, FA CDS, 2003, 2321), e La circostanza che la richiesta di accesso sia rivolta all'acquisizione di informazioni da far valere in un'eventuale causa di lavoro costituisce elemento sufficiente ai fini dell'accoglimento dell'istanza, senza che possa assumere rilievo il fatto che l'acquisizione degli atti potrebbe avvenire nell'ambito del processo del lavoro e senza che sia richiesto alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda o della censura che sia stata proposta o si intenda proporre, la cui valutazione spetta solo al giudice del lavoro chiamato a decidere (Cons. St., sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7624, Foro amm. CDS 2005, 12 3732).
Trattasi quindi di una ovvia ripetizione di un principio già costantemente affermato dalla giurisprudenza.
3. Accesso – Trattazione in pubblica udienza – Richiesta della parte – Applicazione in via analogica dell’art. 27 L. 1034/1971 - Ammissibilità
Il T.A.R, accogliendo la richiesta dell’istante, ha stabilito che la trattazione in pubblica udienza di contenziosi inerenti il rito camerale - ove richiesta dalla parte - è ammissibile anche per il rito dell’accesso, in applicazione analogica dell’art. 27 l.1034/71
Ciò rappresenta una novità di assoluto rilievo, in quanto la norma (art. 27 l. 1034/1971) si riferiva ai casi di trattazione in Camera di Consiglio previsti al momento dell’emanazione della legge e l’estensione analogica al rito dell’accesso è un riconoscimento, condivisibile ed opportuno, del carattere generalizzato della disciplina nonché della rilevanza che la pubblicità e la trasparenza assumono tanto nel procedimento quanto nel processo amministrativo.
4. La condanna aggravata ex art. 96 c.p.c. deve essere giustificata da adeguata motivazione.
Il mancato accoglimento della richiesta di condanna ai sensi dell’art.96 c.p.c. risulta in questa sede incomprensibile specie in considerazione delle parti in causa: la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, il Presidente del Consiglio di Stato pro-tempore, il Segretario Generale della Giustizia Amministrativa pro-tempore nonché del controinteressato processuale.
Tutte le parti in causa, infatti, a vario titolo sono soggetti altamente qualificati e, astrattamente ed apoditticamente, profondi conoscitori della materia oggetto del ricorso per cui, ictu oculi, sarebbe apparsa evidente la presenza dei presupposti richiesti dall’art.96 c.p.c. per riconoscere la sussistenza degli elementi di mala fede o colpa grave (Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza).
Considerata la sede in cui la causa è stata discussa, non sembra fosse necessaria una “prova provata” per procedere alla condanna alle spese che, come di norma, dovrebbero seguite la soccombenza. (vedi in un caso analogo TAR VENETO, SEZ. III - sentenza 12 dicembre 2008 n. 3840, www.lexitalia.it; ed inoltre TAR LAZIO - ROMA, SEZ. II TER - sentenza 8 marzo 2004 n. 2206 , Giornale Dir. Amm. 2004, 5, 554, TAR CALABRIA, REGGIO CALABRIA - Sentenza 17 marzo 2003 n. 198, Foro amm. TAR 2003, 1086 TAR SICILIA CATANIA SEZ. II - sentenza 12 gennaio 1998, n. 48, G. amm. sic., fasc. 2/98, p. 521;; TAR SICILIA CATANIA SEZ. II - sentenza 29 novembre 1997, n. 2408; G. amm. sic., fasc. 1/98, p. 266; TAR SICILIA CATANIA SEZ. III - sentenza 12 febbraio 1994, n. 80, Giur. Amm. Sic., 1994,189; TAR SICILIA CATANIA SEZ. III - sentenza 1 dicembre 1993, n. 842, Giur. Amm. Sic. 1994,179).
Nel caso di specie il ricorrente si è difeso autonomamente ma non vi è dubbio che anche in caso di autodifesa si debbano sostenere delle spese vive (notifiche, fotocopie, ecc.).
La generica dizione, utilizzata dal della sussistenza di ragioni per compensare le spese, traducendosi in una clausola di stile, appare invece in violazione delle norme che dispongono, e non da oggi, di motivare (espressamente, deve ritenersi) la compensazione delle spese di lite.
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(1) Valerio Ceva Grimaldi, “Consigliopoli di Stato”, sul settimanale Left del 31 ottobre 2008 e Vincenzo Mulè, “Nel dubbio faccio carriera”, sul settimanale Left del 7 novembre 2008, che titolava “Ombre sugli ultimi due concorsi al Consiglio di Stato. Un ricorso al Tar denuncia: i vincitori non avevano i requisiti. E l’alta Corte amministrativa impedisce l’accesso agli atti della prova, alimentando i sospetti).
Vincenzo Mulè, Consiglio di Stato, ora è scandalo, Left, 16 gennaio 2009
G. Stella, "Gli arbitri ed il giudice da 800 euro l'ora", Corriere della sera l 7 agosto 2008, pagina 1 e 27 Francesco Caringella, Corso di Diritto Amministrativo, Giuffrè editore, 2004, 1835 ss
Roberto Giovagnoli, Le nuove regole dell’azione amministrativa al vaglio della giurisprudenza, Giuffrè, 2007, p. 680)