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DIEGO DE CAROLIS
(Ricercatore di diritto amministrativo
nell'Università di Teramo)
Tutela cautelare ed atti negativi (*)
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SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. La tutela cautelare degli interessi pretesivi: 2.1 le posizioni della dottrina… 2.2. … e della giurisprudenza. 3. I risultati dell’analisi. 4. Conclusioni.
1. Introduzione.
L’art. 3 della
La norma, con i necessari adattamenti e attraverso la verifica della loro compatibilità rispetto alla specialità delle relative disposizioni, è altresì applicabile a quei giudizi riguardanti le materie determinate dall’art. 23 bis della L. n. 1034 del 1971 [3] ovvero nella tutela avverso il silenzio dell’amministrazione [4], limitandoci, per evidenti ragioni, a considerare le materie indicate dalla legge sulla giustizia amministrativa [5].
Al momento, si può ritenere che la nuova disciplina rappresenti una “summa” dei principi già da tempo affermati dalla giurisprudenza anche se non sempre pienamente condivisi dal Consiglio di Stato, come ad esempio il previsto potere presidenziale [6].
Una delle finalità è quella di recepire legislativamente le aperture della giurisprudenza [7] e di adeguare, in ogni settore, il nostro sistema di tutela cautelare agli standard europei [8].
Era stata fino ad ora la giurisprudenza “pretoria” del giudice amministrativo, ed in particolare dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato [9], confortata anche da alcune decisive pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ha creato le regole dell’istituto cautelare nel processo amministrativo, cercando di colmare la lacuna legislativa attraverso principi “normativi” che potessero riguardare ogni aspetto procedurale e, per così dire, sostanziale, per quanto attiene i poteri cognitori e decisori e per garantire l’effettività della tutela, seppure in via interinale e provvisoria.
Peraltro, questo sistema di tutela cautelare, basato esclusivamente sulla sensibilità della dottrina e dei giudici, non appariva più in grado di risolvere da solo le questioni di non poco momento, sotto diversi profili, relative alla tutela cautelare nel processo amministrativo.
La spinta finale è stata fornita dalla necessità
di colmare le evidenti lacune che si erano accentuate ed attentamente poste in
rilevo a seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni degli artt.33,
Infatti, da un lato, a fronte di coloro che hanno intravisto la possibilità di ampliamento della tutela cautelare già attraverso l’interpretazione estensiva delle disposizioni appena riferite, non sono mancate autorevoli opinioni che hanno criticato tale impostazione, auspicando un decisivo intervento del legislatore, non ritenendo più attuabile, a Costituzione immutata [10], il ricorso al (ed il ruolo supplente del) diritto vivente.
Dall’altro, e d’altro canto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ancora una volta si era data carico di ridisegnare, in via immediata, un giudizio cautelare nelle materie di giurisdizione esclusiva, affermando e ribadendo principi che potessero avere valenza generale anche nel processo amministrativo di legittimità [11].
A fronte di tale astringente situazione è stata introdotta la novella che, come accennato all’inizio, ha finalmente previsto una disciplina generale “sul” processo cautelare, lasciando la possibilità di ritenere che la disposizione introdotta, più che una compiuta disciplina “del” processo cautelare, rappresenta comunque un buon momento di partenza questa volta positivamente previsto, momento che, peraltro, accoglie e recepisce molte delle indicazioni emerse nel tempo e molti principi che erano ormai jus receptum nel nostro ordinamento e in quello comunitario.
Ad ogni buon conto, pur essendosi limitata ad ampliare notevolmente lo specifico settimo comma dell’art.21 della L. n. 1034 del 1971 a fronte di una ben più ampia articolazione delle corrispondenti norme del codice di procedura civile, la norma in questione pare fornire sicuramente maggiori certezze rispetto alla situazione preesistente sia per quanto riguarda la previsione della “atipicità” delle misure cautelari, non più limitata alla mera sospensione degli effetti, e sia, conseguentemente, alla tipologia delle situazioni giuridiche soggettive, degli “interessi” efficacemente tutelabili anche in questa sede, attraverso la verifica della legittimità non solo degli atti ma anche dei comportamenti.
Con ciò prefiggendosi lo scopo di soddisfare la necessità di pervenire in tempi ragionevoli [12] alla pronuncia del provvedimento giurisdizionale da parte dell’autorità adita che ha sin ora determinato il sempre crescente ricorso alla tutela cautelare.
Utilizzata per superare i tempi “ biblici” di durata del processo di merito che, attraverso norme di rango costituzionale [13], si sta tentando di ricondurre ad una “ragionevole durata” [14], la sempre maggiore richiesta di tutela in sede cautelare ha reso quindi necessaria una puntuale riflessione su una rivisitazione dell’istituto cautelare che consenta di utilizzare la procedura, sulla scorta di presupposti anche ulteriori e diversi rispetto a quelli attualmente previsti e di offrire, quindi, una tutela rapida nell’ipotesi in cui all’evidenza del diritto faccia riscontro un pregiudizio grave ed irreparabile.
Quest’ultimo profilo, pur rilevante, viene sempre più assorbito nel primo e nella più generale esigenza di garantire la tutela effettiva attraverso la sollecita definizione delle controversie che, in molti casi, può ragionevolmente importare il superamento della domanda cautelare, atteso che si può realizzare un’effettiva e completa tutela giurisdizionale [15].
Queste ultime considerazioni, ad esempio, sono state prese alla base dei giudizi di conformità al dettato costituzionale, dei cd. riti speciali previsti per determinate materie ed estesi dalla nuova disciplina anche ai casi in cui è possibile la definizione in forma semplificata, purché evidentemente siano comunque garantiti l’integrità del contraddittorio, la completezza delle prove e gli adempimenti processuali per la tutela del diritto di difesa di tutte le parti necessarie del processo [16].
Conseguenza di questo nuova impostazione, rafforzata anche dall’influenza dei principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria, è il tendenziale superamento del pur “rigoroso” collegamento di strumentalità tra fase cautelare e giudizio di merito, nel senso che la strumentalità assume sempre più connotati anticipatori rispetto alla decisione finale [17], come del resto avviene per il processo civile, fermo restando evidentemente l’obbligo di non esorbitare dai poteri cognitori e decisori stabiliti per la sentenza di merito.
A garanzia di questo tendenzialmente nuovo modo di concepire il processo cautelare viene legislativamente imposto al giudice di valutare l’effettiva rilevanza del “pregiudizio allegato” e soprattutto di indicare i profili che, in un giudizio prognostico, possano ragionevolmente evidenziare l’esito del ricorso e, nelle materie indicate dall’art. 23 bis della L. n. 1034/71, introdotto dall’art.4 della L. n. 205 del 2000, spingersi addirittura fino ad accertare la sussistenza di ragionevoli probabilità del “buon esito” del ricorso.
Del resto, la conformità al sistema di tale nuova impostazione pare emergere sia dalla ricordata riformulazione dell’art.111 della nostra Carta Costituzionale e sia dai principi affermati dalla Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dei cd. giudizi abbreviati.
In buona sostanza, l’indagine del giudice dovrà essere più penetrante e non limitarsi a valutare la “minima attendibilità del ricorso”.
Tale scelta del legislatore, le cui finalità sono note, non pare possa comportare i paventati rischi di trasformare il giudizio cautelare, e quello amministrativo in genere, in un giudizio sommario; si pensi che nel nostro ordinamento vi sono numerosi esempi di giudizi sommari, senza che siano verificati particolari questioni, laddove sia comunque garantita la tutela del contraddittorio e del diritto di difesa.
Non solo, ma a tale pericolo è contrapposto altresì l’onere di accertare, anche nella fase cautelare, la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e la possibilità, in ogni caso, di adottare misure cautelari interinali e l’espressa previsione dell’appello avverso le ordinanze che consente al giudice di riesaminare la questione sottopostagli.
A tal proposito, va rammentata l’esperienza francese del referè la quale si caratterizza per l’emissione di un provvedimento finale munito di un’efficacia esecutiva particolarmente incisiva e per l’assenza di strumentalità rispetto al processo di cognizione piena, quantunque il provvedimento emesso non pregiudichi il merito.
E ciò in perfetta sintonia con la disposizione dell’art.86, comma 4, del regolamento di procedura innanzi alla Corte di Giustizia, in base al quale l’ordinanza ha carattere provvisorio e non pregiudica la pronuncia nel merito.
Questa logica pare pervadere anche il legislatore italiano che pone anch’esso particolare attenzione al momento cautelare, tanto da consentire al giudice di adottare anche decisioni in forma semplificata, ai sensi dell’art.26 della L. n 1034 del 1971, nel testo novellato, purché ne ricorrano i presupposti indicati dalla norma e vengano rispettati i menzionati principi.
Qualche perplessità va espressa in ordine al particolare profilo del carattere strumentale del giudizio cautelare relativo ai rapporti tra ordinanza cautelare e decisione di merito.
Sembra infatti emergere l’ipotesi che, una volta indicati i profili di accoglimento o di rigetto della richiesta misura cautelare, possa apparire più difficile che il giudizio espresso in quella sede possa essere disatteso nella fase di decisione di merito, nonostante la norma nulla dica a tal proposito e quanto espressamente prevede il ricordato regolamento di procedura innanzi al Giudici dell’Unione Europea.
Tuttavia, a ben vedere, sin ora la giurisprudenza e la dottrina [18] hanno pacificamente ritenuto l’ininfluenza del giudizio espresso in sede cautelare rispetto a quello finale ed ora sono stati espressamente previsti idonei rimedi, ulteriori rispetto all’appello, per stemperare la questione quali la possibilità di richiedere la revoca, la modificazione ovvero di riproporre la domanda cautelare sulla scorta di fatti sopravvenuti ovvero preesistenti ma non considerati perché ignorati ovvero non allegati.
Infine, ma non per questo meno importante, a fronte di una prevista maggiore incisività delle decisioni e della correlata possibilità di dare ad esse attuazione attraverso il ricorso agli stessi “poteri inerenti al giudizio di ottemperanza”, le nuove disposizioni sul processo cautelare (e sul processo in generale) nulla di (sostanzialmente) nuovo chiariscono espressamente in ordine ai limiti dei poteri decisori del giudice sia per quanto attiene il problema del rapporto tra la funzione giurisdizionale e quella di amministrazione attiva, problema che è (giustamente) ritenuto quello essenziale della giustizia amministrativa [19] e sia sulla attualissima questione della cd. pregiudizialità amministrativa che sembra legare il rimedio risarcitorio e quello cassatorio [20] e quindi destinato ad influenzare il momento cautelare qualora, evidentemente, nel ricorso si avanzino specifiche domande di tutela “tutto tondo”.
Ad ogni buon conto, non essendo essi stati precisati (ed è estremamente difficile farlo), è la stessa giurisprudenza che deve (e dovrà) individuare i limiti che, nel sistema attuale, il giudice deve fissare a se stesso per l’esercizio della sua funzione nei confronti dell’amministrazione [21].
La questione si ripropone in tutta la sua rilevante attualità oggi che nel nostro ordinamento è stata prevista per il giudice amministrativo la possibilità di reintegrazione in forma specifica della posizione del ricorrente, che potrebbe avvenire, ricorrendone i presupposti, anche attraverso l’attribuzione diretta ad opera del giudice del bene della vita illegittimamente negato, mutuando così l’azione di adempimento previsto nell’ordinamento tedesco [22] nei confronti del pubblico potere.
Insomma, il cammino verso una nuova giustizia amministrativa [23] non può non tenere nella dovuta considerazione il profondo mutamento dell’istituto in esame sancito dal legislatore, che ha confermato come la tutela cautelare sia indefettibile [24] e che in questo momento abbia assunto uno spessore ed un’incisività prima non pienamente percepita.
Questo impone un nuovo modo di atteggiarsi nell’affrontare le varie questioni che sono sorte e stanno sorgendo nella concreta applicazione [25], tenendo presente che, in disparte i delicati problemi che si possono porre, è stata generalizzata la possibilità, ricorrendone i presupposti, di adottare una decisione in forma semplificata della controversia in sede di esame della domanda cautelare [26].
2. La tutela cautelare degli interessi pretesivi:
Ciò posto in via generale, volendo affrontare lo specifico tema più da vicino, occorre subito precisare che, probabilmente, alla luce della nuova formulazione legislativa e delle evoluzioni dottrinarie e giurisprudenziali sul tema della tutela cautelare degli atti negativi, pare possa essere superata la necessità di rivisitare la nozione di atto negativo e di individuare una tipologia di atti negativi.
Una conferma indiretta di tale impostazione si può trovare nella ormai riconosciuta trasformazione del giudizio amministrativo in giudizio sul rapporto che può toccare anche i comportamenti della pubblica amministrazione.
A tali esigenze può benissimo sopperire la definizione di interessi pretesivi, intesi in senso lato, cioè si può avere riguardo a tutte quelle situazioni giuridiche soggettive che si atteggiano in posizione di legittima aspirazione di fronte all’esercizio del potere, in qualunque forma esso si possa presentare, e che si vedono negare la propria pretesa.
Una volta chiarito questo, l’oggetto dell’indagine sarà rivolto essenzialmente a verificare se e quale strumentario sia utilizzabile per tutelare in via cautelare tale tipo di interessi.
In primo luogo, e per superare immediatamente la questione, va posta l’attenzione sulla possibilità prevista dalla riformulazione dell’art 21 della L. TAR che consente, in sede si trattazione della domanda cautelare, di definire nel merito la controversia laddove ricorrano i presupposti e sia tutelato il contraddittorio.
Possibilità che, com’è noto, è stata ritenuta conforme al nostro sistema ed alla Carta Costituzionale dalla sentenza del giudice delle leggi n. 427 del 1999 [27].
E ovvio che, in questi casi, non si potrà parlare di tutela cautelare: l’istanza cautelare è solo il ( o meglio uno dei necessari) presupposto processuale perché il giudice possa decidere nel merito la controversia.
Per cui, ci si troverà immediatamente di fronte alle relative questioni che sorgono o che possono sorgere in sede di ottemperanza, spontanea o coattiva attraverso lo specifico giudizio, a sentenze che hanno ravvisato l’illegittimità dell’atto di diniego.
Le rilevanti questioni appena accennate esulano, peraltro, dalla presente trattazione.
In secondo luogo, invece, particolare attenzione va posta alla tutela cautelare degli interessi pretesivi le quante volte non si possa giungere e non sussistano i presupposti per addivenire ad una decisione del merito con immediatezza ovvero in tempi ragionevoli e tali da non pregiudicare le posizioni delle parti del processo, massimamente quella del ricorrente.
Restano allora da esaminare le opzioni possibili per la tutela degli interessi pretesivi intesi nel senso appena prospettato.
2.1 Le posizioni della dottrina …
Come in più occasioni rilevato dalla dottrina, l’art. 3 della L. n. 205/2000, abbandonando definitivamente l’identificazione della misura cautelare invocabile nel processo amministrativo con la sola sospensiva dell’esecuzione dell’atto impugnato ed utilizzando una definizione decisamente ampia del contenuto del provvedimento interinale, ispirata al principio di atipicità ed elasticità della cautela, consente di superare in modo definitivo le perplessità, peraltro già superate da un consolidato indirizzo pretorio, avanzate in merito all’astratta ammissibilità di tecniche di intervento cautelare a protezione di interessi pretesivi [28].
Nel richiamato art. 3, infatti, manca il riferimento a specifiche tipologie di interessi e di provvedimenti cautelari atteso il generale riconoscimento in capo al giudice amministrativo dell’ampio potere di adottare tutte le misure che ”appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”.
La riferita disposizione, seppure rappresenti una svolta radicale, se certo consente di ritenere radicalmente fugate le perplessità precedentemente nutrite in ordine all’astratta possibilità di approntare una tutela cautelare degli interessi pretensivi mediante il necessario superamento in via giurisprudenziale dei limiti precedentemente derivanti dalla previsione della sola sospensiva, non è di per se sola idonea a chiarire l’ambito effettivo della protezione interinale accordabile alla pretesa dinamica tesa al conseguimento del bene della vita negato in prima battuta dall’amministrazione.
Restano sostanzialmente irrisolti legislativamente le questioni, già oggetto di ampio dibattito dottrinale e di non poche dispute ed oscillazioni giurisprudenziali, relativi all’esatta individuazione dei limiti interni ed esterni frapposti al contenuto ed al grado di possibile incisività della misura cautelare: limiti tradizionalmente individuati, da un lato, nel carattere di strumentalità dello stesso provvedimento cautelare rispetto alla decisione definitiva, dall’altro, nell’esigenza di evitare che il giudice della cautela sconfini in ambiti normalmente ritenuti di esclusiva pertinenza della pubblica amministrazione cui compete la riedizione del potere all’esito delle statuizioni sul provvedimento negativo impugnato.
I limiti ristretti della presente sede, non consentono tuttavia di ampliare ed affrontare in maniera compiuta tali aspetti.
In estrema sintesi del dibattito sviluppatosi sul punto, si può ricordare la posizione intermedia di chi ritiene che, rispetto a tali profili, la nuova disciplina abbia inciso solo in via indiretta sull’oggetto e sul grado di incisività di quella stessa decisione di merito destinata a costituire il parametro che il giudice amministrativo deve tenere presente in sede di esercizio e di perimetrazione del proprio intervento cautelare.
In questa ottica, e nell’ampia gamma dei provvedimenti cautelari ipotizzabili, si possono ritenere definitivamente ammesse e conformi al sistema sia il cd. remand, cioè dell’invito all’amministrazione a riesaminare i propri atti, anche eventualmente alla luce delle doglianze avanzate nel ricorso, che la possibilità di adottare misure cautelari sostitutive e positive.
Riguardo al primo strumento, si può affermare la piena compatibilità e naturale armonizzabilità della tecnica del remand con l’esigenza che il giudice non sconfini in area riservata alla discrezionalità dell’amministrazione stessa, alla quale si rimette il compito di far luogo alla riedizione del potere.
E ciò sia in sede monocratica che collegiale, anche se rispetto ai provvedimenti presidenziali appaiono meno frequenti i casi che presentino gli estremi gravità ed urgenza e che richiedano “l’immediatezza” dell’intervento del giudice, anche se in più occasioni ci sono state pronunce presidenziali: di pensi al diniego di dispensa dal servizio di leva ed all’impugnazione della cartolina precetto.
Al contempo, si è al cospetto del recepimento e della consacrazione sul piano normativo l’idea del procedimento amministrativo come un continuum nel quale “l’atto terminale o finale non costituisce sbarramento all’introduzione delle garanzie non attuate”, in termini, quindi, di procedimento “aperto” in seno al quale il provvedimento finale non preclude l’apertura “ad interessi successivamente introdotti (perché non considerati o inadeguatamente considerati) sia attraverso l’intervento del giudice, sia in sede di autotutela [29].
In merito ai secondi, la questione della compatibilità della tutela cautelare degli interessi pretensivi con il limite esterno della discrezionalità amministrativa, se può porsi, quanto al remand, con esclusivo riguardo al caso in cui, attesa l’inerzia dell’amministrazione, debba farsi ricorso al giudice dell’esecuzione, si pone invece, in via ordinaria, con riguardo alle misure cautelari sostitutive e positive, con le quali, cioè, il giudice, senza interfacciarsi con l’amministrazione, anticipa, seppure in via provvisoria, la produzione degli effetti del provvedimento richiesto dall'interessato e negato dall'amministrazione.
Secondo la dottrina che si richiama al necessario rispetto del principio costituzionale di separazione dei poteri, le misure positive possono essere adottate dal giudice della cautela solo quando, venuto meno sia pure provvisoriamente l’impugnato provvedimento di diniego, l’amministrazione possa ritenersi vincolata in sede di riedizione del potere, per essere il contenuto dell’atto da adottare predeterminato dalla legge o da altro atto endoprocedimentale: viceversa, allorché residuino in capo all’amministrazione margini di discrezionalità valutativa, sarebbe precluso l’intervento cautelare e sostitutivo del giudice.
La questione può essere affrontata e risolta tenendo conto della recenti innovazioni di rango legislativo in merito ai nuovi poteri decisori riconosciuti al giudice amministrativo, nonché accedendo ad una impostazione che vede appunto in tali nuovi parametri i limiti cui avere riguardo in sede di verifica dei limiti ascrivibili alle misure cautelari.
In estrema sintesi, al riguardo, si può rilevare come l’esigenza di salvaguardare il principio della riserva delle valutazioni discrezionali proprie dell’amministrazione induca a ritenere condivisibile l’orientamento intermedio che distingue a secondo della natura vincolata o discrezionale dell’attività sulla quale finisce per incidere la pronuncia del giudice amministrativo.
Con la conseguenza che mentre per le attività vincolate il giudice può spingersi fino ad ordinare l’adozione di un atto avente un certo contenuto, nel caso, invece, in cui residui uno spazio di discrezionalità in capo all’amministrazione, si ritiene che l’ordine del giudice possa assumere carattere esclusivamente procedimentale, in quanto destinato ad imporre la riattivazione del procedimento, senza, tuttavia, alcuna previsione circa l’esito finale, che è dipendente da concreto esercizio che l’amministrazione riterrà di fare del proprio potere discrezionale.
2.2. … e della giurisprudenza.
Le riferite opinioni dottrinarie sono state alle volte alimento della (altre volte alimentate dalla) giurisprudenza.
Infatti, la stessa ha coniato alcune fattispecie su provvedimenti di diniego ormai tipizzate.
A queste importanti evoluzioni , ha dato la stura quella pronuncia [30] che, ammettendo la possibilità di sospendere in via cautelare anche provvedimenti c.d. negativi [31], ha consentito la definitiva estensione dei risultati raggiunti per gli interessi oppositivi anche alle ordinanze di sospensione a tutela di interessi pretesivi, e di qui a tutte le tipologie di situazioni giuridiche soggettive tutelate dal giudice amministrativo.
Questo consente altresì di poter condividere l’idea [32] che il processo, in realtà, si inserisce perfettamente nel divenire dell’azione amministrativa, concorrendo a stabilire la regola del concreto esercizio del potere che, nella valutazione comparativa degli interessi, si conformi all’interesse curato dall’amministrazione salvaguardando, per quanto possibile, l’interesse sostanziale del ricorrente.
Di talché, dal punto di vista dei poteri cautelari del giudice, si giustificano appieno, oggi con il conforto della nuova disciplina, quelle (ed altre) “tipiche” misure cautelari “atipiche” ed innominate sin ora create dalla giurisprudenza [33] che vanno dall'ammissione con riserva a concorsi e a gare [34], al remand [35] che consiste nel fatto che il giudice non si limita a sospendere l'atto impugnato ma ordina all'Amministrazione di riesaminare la situazione tenendo presente i motivi di ricorso ovvero imponga una completa considerazione e valutazione della posizione del ricorrente [36], nonché all'intervento penetrante dello stesso giudice [37] in cui l'ordinanza di sospensione ha per così dire una funzione sostitutiva, seppure dei limiti ricordati, del provvedimento invocato dal ricorrente e negato dall'Amministrazione [38].
3. I risultati dell’analisi.
Per concludere al riguardo, si può ritenere, allora, che il potenziamento dei poteri decisori del giudice amministrativo del merito e, pertanto, della connessa possibilità di adottare serventi misure cautelari, sia stato attuato dal legislatore della riforma senza intaccare il principio che esclude uno sconfinamento della giurisdizione in area di esclusiva pertinenza dell’amministrazione.
Una forma di presidio di tale principio, pur ritenendo possibile e consentita l’atipicità e l’ampiezza delle misure cautelari, seppure entro certi limiti, è stata individuata nella possibilità di ricorrere a tali strumenti e di garantire la tutela cautelare solo allorché vengano in rilievo quelle situazioni soggettive di pretesa che assumono la consistenza di vere e proprie pretese di provvedimento favorevole, protette dall’ordinamento in modo pieno [39].
Di poi, secondo alcuni, allorché si sia al cospetto di attività amministrativa ad alto tasso di discrezionalità, la misura cautelare sostitutiva pare ancora di dubbia coniugabilità con quel principio, oltre che con il canone interno di strumentalità della cautela rispetto alla decisione di merito, parendo, invece, preferibile il ricorso alla tecnica processuale del remand che sempre assicura il rispetto delle attribuzioni proprie dell’amministrazione: l’intervento sostitutivo del giudice, in questo caso, si prospetterebbe solo in caso si inerzia dell’amministrazione e a seguito, quindi, dell’instaurazione del procedimento di esecuzione ora espressamente previsto e disciplinato dal riscritto art. 21. L. T.A.R.-
4. Conclusioni.
Al di là delle diversità di opinioni e di impostazioni [40], sia i giudici di primo grado che ( seppure con maggiori resistenze) il Consiglio di Stato ritengono pacificamente che il rapporto tra giudice della cautela e p.a. possa prevedere la facoltà per il giudice di sostituirsi alla seconda e compiere, entro certi limiti, in astratto, attività istituzionalmente riservate a quest’ultima.
In buona sostanza, la scelta dell’amministrazione su situazioni di pretesa non è sindacabile laddove risulta effettuata tra soluzioni tutte ragionevoli [41], che rappresentano i limiti entro i quali non è possibile al giudice interferire sull’amministrazione e di compiere in sua vece determinate attività, seppure animato ed in parte giustificato dalla esigenza di assicurare l’effettività della tutela costituzionalmente garantita a tutte le situazioni giuridiche soggettive, indipendentemente dal loro substrato sostanziale, di conservazione o di pretesa [42].
Diventa, così, improcrastinabile tentare di stabilire parametri certi di giudizio atteso che, come sembra indiscusso, oggi nel processo cautelare l’attenzione viene posta sull’interesse dedotto in giudizio [43].
Questo nel ponderato tentativo di garantire comunque l’effettività della tutela degli interessi legittimi (oppositivi e pretensivi ) senza privare l’amministrazione della sua essenziale funzione discrezionale [44].
Infatti, per quanto qui rileva, il principio di legalità dell'azione amministrativa[45],unitamente al principio di effettività della tutela giurisdizionale, affermano, da un lato l'indipendenza dell'Amministrazione; dall'altro comportano esplicitamente l'assoggettamento della P.A. a tutti i vincoli posti dagli organi legittimati a creare diritto, fra i quali sono evidentemente ricompresi gli organi giurisdizionali, ed in particolare il giudice amministrativo [46].
Oggi appare chiarito, anche positivamente, che il giudice della cautela ha gli stessi poteri riservati al giudice in sede di merito e passi avanti si stanno compiendo riguardo alla cognizione del fatto posto alla base dell’esercizio del potere [47]; si stanno affermando importanti nuovi principi per delineare, ad esempio, le differenze tra il “merito” dell’azione amministrativa e la discrezionalità tecnica per aprire nuovi orizzonti all’effettività della tutela attraverso l’accesso a campi di indagine prima ritenuti preclusi al giudice amministrativo [48].
E ciò in ossequio al consolidato principio in base al quale, a tutela degli interessi legittimi anche pretensivi, il giudice amministrativo può emanare una pronuncia cautelare che ecceda la mera sospensione degli effetti dell’atto impugnato, senza effettuare la scelta discrezionale che la legge riserva all’amministrazione [49], bensì adottando misure cautelari atipiche sulla base degli elementi di diritto e di carattere tecnico che emergono dalla concreta fattispecie in cui viene in essere il concreto esercizio del potere.
Se così è, in disparte i casi nei quali sia possibile una ( ovviamente utile) sollecita decisione di merito in luogo di quella cautelare, la regola che si ricava dal diritto vivente è quella di consentire l’adozione, sia sede di giurisdizione di legittimità che in quella esclusiva [50], di misure cautelari che lascino all’Amministrazione il compito di verificare la sussistenza di ulteriori ragioni ostative, ma precisando che, soprattutto quando non vi siano profili non vincolati, la non emersione di tali ulteriori ragioni [51], potrà necessariamente portare alla soddisfazione concreta dell’interesse sostanziale vantato dal ricorrente [52].
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(*) Il presente scritto riproduce il testo, riveduto e aggiornato con le note, dell'intervento programmato al seminario di approfondimento svoltosi il 25 ottobre 2002 sul tema "La tutela cautelare nel processo amministrativo", organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Siena.
[1] Sul nuovo processo amministrativo cfr. ABBAMONTE- LASCHENA, Giustizia Amministrativa, Vol. XX del Trattato di Diritto Amministrativo, diretto da SANTANIELLO, Padova, 2001. Secondo l’opinione di VIRGA G., Verso un nuovo processo amministrativo, in http://www.lexitalia.it, il “nuovo” processo amministrativo, da processo originariamente monoverifica (incentrato, in altre parole, su un'unica udienza centrale e conclusiva) e divenuto successivamente bifasico - strutturato cioè con una camera di consiglio per la decisione sulla domanda di sospensione ed un’udienza per la definizione del merito - si avvia a divenire così un processo "a doppia verifica eventuale", nel senso che la camera di consiglio fissata per la domanda di sospensione potrà essere utilizzata anche per la definizione del merito, evitando quelle inutili ripetizioni alle quali in atto si assiste e che costringono il collegio a studiare la causa per due volte, con grave spreco di tempo e risorse. L’A. rammenta che già in una precedente occasione (Attività istruttoria primaria e processo amministrativo, Milano 1991) auspicava una riforma in tal senso, e ritiene che la riforma stessa avrà effetti positivi anche per conseguenza della necessaria instaurazione immediata del contraddittorio, costringendo le parti resistenti ad esternare tutte le loro difese già in limine litis.
[2]
Sull’argomento si registra una copiosissima produzione scientifica.
Limitando le citazioni : TRAVI, La tutela cautelare, in ROMANO A.,
Commentario breve alla Leggi sulla giustizia amministrativa, Padova
2001,
[3] Su tali
problematiche cfr. LIPARI, I riti abbreviati, in CARIGELLA- PROTTO,
Il nuovo processo amministrativo dopo due anni di giurisprudenza,
Milano 2002,
[4]Al riguardo TARANTINO, Giudizio amministrativo e silenzio della pubblica amministrazione, in CARIGELLA- PROTTO, Il nuovo processo amministrativo dopo etc., cit, 177, ha sottolineato come, nel silenzio della legge, il carattere accelerato di tale giudizio non esclude la possibilità di una tutela cautelare anche nel giudizio in questione, se si tiene presente il potenziamento dei poteri del giudice della cautela. Nello stesso senso, GIACCHETTI, Il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione e le macchine di Munari, in Cons. Stato 2001, II, 471, il quale ha sottolineato come la tutela cautelare andrebbe ammessa anche nello speciale giudizio avverso il silenzio. Di recente PELILLO, Il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ha affermato che: “Rileva la conciliabilità con il rito speciale, riservato al silenzio, atteso che la domanda ex art. 3 l. 205, che ha sostituito il settimo comma dell'art. 21 l. 1034/1071, è, di necessità, contestuale (non è ipotizzabile che possa accadere separatamente e successivamente) al ricorso finalizzato alla condanna dell'Amministrazione al facere, attesa altresì la riduzione dei tempi di fissazione della Camera di Consiglio”, con l’ulteriore conseguenza che “ Non possono essere escluse la fruibilità dei poteri monocratici, presidenziali, collegabili alla istanza di tutela interinale e la conseguibilità di elementi utili per la decisione definitiva sul ricorso avverso il silenzio che rendano i due istituti processuali compatibili e compresenti nello stesso giudizio.”. Una posizione più moderata è assunta da CINTIOLI, op.cit., 252, il quale ritiene che “ciò sarà possibile solo quando la tempestività del rito speciale si rivela, in concreto, inadeguata a salvaguardare la posizione del ricorrente e vi sia il rischio che si verifichi un pregiudizio irreparabile durante il breve tempo occorrente per la decisione a norma dell’art. 21- bis”.
[5]
Il legislatore interviene sull’istituto cautelare dopo oltre un secolo di
assoluto immobilismo ed a distanza di dieci anni dalla riforma del processo
civile dove era stata avvertita e concretizzata prima l’esigenza di
disciplinare i procedimenti cautelari in generale introducendo un’intera
sezione al Capo III del Libro IV del Codice di procedura civile Sul giudizio
cautelare civile cfr. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, vol.III,
Torino, 2000,
[6] Come verrà ricordato infra, i precedenti tentativi di introdurre in via giurisprudenziale poteri monocratici riservati al presidente del T.A.R., siccome previsti dal codice civile, erano stati fortemente sconfessati dal Consiglio di Stato.
[7] Nella relazione del Sen. Pellegrino si legge che si sono voluti disciplinare “ contenuti del provvedimento cautelare, non più limitato alla mera sospensione degli effetti dell'atto impugnato in una prospettiva di adeguamento normativo al cosiddetto diritto vivente, che già offre sul punto una casistica variegata: così ad esempio la sospensiva di provvedimenti di esclusione da procedure selettive, affidata all'ordine di ammissione con riserva; ovvero ogni altra misura cautelare a contenuto sostanzialmente additivo, con cui il provvedimento amministrativo viene sospeso nella parte in cui "non prevede", con conseguente obbligo per l'amministrazione di "prevedere", ovvero, ancora, nelle varie tipologie, altre forme di cosiddette sospensive d'impulso”.
[8] Invero, non poteva più reggere un sistema fondato su una scarna disciplina legislativa originaria e quasi immutata anche dopo l’istituzione dei Tribunali amministrativi regionali; basti pensare che esisteva solo la disposizione dell’art.21, u.c., della L. n. 1034 del 1971 che assegnava espressamente un (limitato) potere cautelare al giudice di prime cure, rinviando per il resto alle norme del giudizio innanzi al Consiglio di Stato. Al riguardo, in generale, DE PRETIS, Il processo amministrativo in Europa, Trento 2000, 99 e ss.
[9] Si tratta della nota Ordinanza dell’Adunanza Plenaria del 30 marzo 2000, n. 1, in Foro It. 2000,III, 365 con nota di FRACCHIA, Giurisdizione esclusiva, servizio pubblico e specialità del diritto amministrativo, ivi, 368 e ss.
[10] Peraltro, tale impostazione critica appare recessiva a fronte nella nuova formulazione dell’art. 117 della Costituzione introdotta dalla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, pubblicata nella G.U. n. 248 del 24 ottobre 2001 ed entrata in vigore dall'8 novembre 2001. Infatti, l’art. 117, comma secondo, ha stabilito che lo Stato ha legislazione esclusiva nelle materie ivi previste ed in particolare alla lett. l) quella in materia di “giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa”. Per un primo commento sull’incidenza di tali nuove disposizioni costituzionali MIELE T., La riforma costituzionale del titolo V della seconda parte della Costituzione: effetti sull’ordinamento.
[11] Non solo, ma la Corte Costituzionale, quasi contemporaneamente alla discussione per l’approvazione definitiva della legge, ha espunto dall’ordinamento l’art.33 del D.lvo 80 del 1998 per eccesso di delega. Infatti, la Corte Costituzionale, con sentenza del 17 luglio 2000 n. 292, in http://www.lexitalia.it, con nota di VIRGA G., Un guscio sempre più vuoto (ma che potrebbe essere presto riempito), ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 33, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, nella parte in cui con esso il legislatore delegato, eccedendo i limiti della delega conferita con l’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutta la materia dei pubblici servizi, e non si è limitato ad estendere la giurisdizione amministrativa – nei limiti in cui essa, in base alla disciplina vigente, già conosceva di quella materia, sia a titolo di legittimità che in via esclusiva - alle controversie concernenti i diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno. La dichiarazione di illegittimità costituzionale coinvolge anche il comma 2 dell’art. 33, che ha specificato, in via esemplificativa, il contenuto dell’ampliato ambito della giurisdizione esclusiva. Su tale pronuncia cfr. altresì TRAVI, Giurisdizione esclusiva e legittimità costituzionale, in Foro It. 2000, III, 2399-
[12] DOMENICHELLI, La parità delle parti nel processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm. 2001, 859, sottolinea come la costituzionalizzazione, nel nuovo testo dell’art. 111 Cost., del valore della ragionevole durata del processo identifichi le caratteristiche fondamentali anche del processo amministrativo.
[13] Si pensi alla nuova formulazione dell’art. 111, comma 2, della Costituzione che espressamente prevede che “Ogni processo ( e quindi anche quello amministrativo) si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”.
[14] PICOZZA, Il “giusto processo amministrativo”, in Cons. St. 2000, II, 1061; SPADEA, Il giusto processo amministrativo secondo l'art. 6 della CEDU e con cenni al caso italiano, in Riv. it. dir. pubbl. comunit. 2000, 367.
[15] Principio che trova un preciso riscontro nell'art. 113 della nostra Costituzione che garantisce il sindacato giurisdizionale dell'attività della pubblica amministrazione, sia positiva che negativa, quando agisce come autorità ( e quindi garantisce la tutela degli interessi legittimi ). L'importanza del principio di effettività della tutela giurisdizionale é stata sottolineata anche dalla Corte Costituzionale, da ultimo, nelle sentenze 8 settembre 1995, n. 419, Foro amm. 1996, 19, con nota di MONTEDORO; 15 settembre 1995, n. 435, in Giur. it. 1997,I, 104, e 16 luglio 1996, n. 249, in Giust. civ. 1997,I, 3; in dottrina, di recente, G. PASTORI, Per l'unità e l'effettività della giustizia amministrativa, in Riv. dir. proc., 1996, 989 e ss., Il diritto all'effettività della tutela giurisdizionale é definito dalla Corte di giustizia come principio generale di diritto comunitari che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, cfr. sentenza 15 maggio 1986, in causa 222/84, Johnston , in Raccolta 1986, 1651. Un compiuto studio sull’effettività della tutela, in relazione all’influenza del diritto comunitario, è fornito da PROTTO, L’effettività della tutela giurisdizionale, Milano 1997. Per un precedente approfondimento cfr. GRECO, L’effettività della giustizia amministrativa italiana nel quadro del diritto europeo, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com. 1996, 797 e ss.
[16] Le affermazioni di principio, proprio con riferimento ai rapporti con la tutela cautelare, derivano dalla tendenza di introdurre processi accelerati ( i cd. riti speciali) spesso dovuta al fatto che si è riscontrata una durata eccessiva dei provvedimenti cautelari, mentre il processo poteva essere tempestivamente definito nel merito. In tal senso da Corte Cost. 10 novembre 1999, n. 427, in Foro Amm. 2000, 740, con osservazioni di IANNOTTA R., 746.
[17] Come recentissimamente ricorda VAIANO D., Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano 2002, 720, in nota ( 157), già CORSO G., La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Foro amm. 1987, 1658, si era espresso nel senso che , una volta presi in considerazione gli effetti della decisione del ricorso , “ questa prospettiva non può non essere anticipata in sede di cautela ove a quest’ultima si riconosca la pienezza che è richiesta anche dalle norme costituzionali”.
[18] Cfr. da ultimo VIRGA P., Atti e ricorsi cit., 325-26.
[19] ABBAMONTE- LASCHENA, op. cit., XVIII..
[20]
La questione è esaminata d VAIANO D., op. ult. cit.,
[21]
In tal senso anche CINTIOLI, Osservazioni etc., cit., 248. La
rilevante questione era già stata posta in evidenza da ABBAMONTE- LASCHENA,
Pubblica amministrazione e giudice amministrativo, in Scritti in
memoria di Aldo Piras, Milano 1996,
[22] Dello stesso avviso SAITTA F, Le condanne risarcitorie del giudice amministrativo, in Giust. civ. 2000, II, 109, spec. 114.I rapporti tra tutela cautelare e azione di adempimento nel processo tedesco e in generale nel diversi sistemi processuali europei è stato oggetto di un recente convegno svoltosi in Germania.
[23]
Sottolinea autorevolmente i vari profili di detto percorso CLARICH,
Introduzione, in Trattato di Diritto Amministrativo a cura di
CASSESE, App. Tomo IV, La Riforma del processo amministrativo, Milano
2001,
[24] Come affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale del 16 luglio 1996, n. 249, in Cons. St. 1996,II, 1197. Invero, è jus receptum nel nostro ordinamento (di recente Corte Costituzionale, Ord. n. 359 - 14/21 ottobre 1998, in Rass. Cons. St. 1998,II, 1444) che i provvedimenti cautelari adottati dal giudice civile e da quello amministrativo costituiscono espressione del principio secondo il quale ogni situazione giuridica deve poter trovare un suo momento cautelare, che è una componente essenziale della stessa tutela giurisdizionale. Inoltre, una soluzione possibile è quella che, seppure ai fini processuali, trova il suo fondamento nell’art. 111 della Costituzione che impone espressamente che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbano essere motivati. Infatti, attraverso l’esternazione, seppure mediante una succinta motivazione, delle ragioni che giustificano l’accoglimento della domanda cautelare, si può consentire di ricavare delle regole alle quali deve necessariamente attenersi l’amministrazione che, se inadempiente, verrebbe sostituta dal giudice in sede di esecuzione della ordinanza cautelare. In realtà, in questi ultimi tempi, soprattutto per le questioni nuove che vengono poste all’attenzione dei giudici amministrativi in sede cautelare, si può dire assai diffusa la “prassi” di motivare le ordinanze cautelari, soprattutto per la tutela avverso dinieghi ed inerzia della P.A. con il duplice scopo di spingere l’amministrazione a riesaminare la questione , magari in senso favorevole al ricorrente, e conseguentemente di risolvere, seppure maniera limitata, in tal modo il problema della durata dei processi e dell’eccessiva proliferazione degli stessi.
[25]
Una di queste, che ha portato ad indicazioni e prese di posizione non
convergenti da parte della dottrina, nasce dalle conseguenze che possano
derivare dalla riconosciuta atipicità delle misure cautelari alla loro
strumentalità con il giudizio di merito ed alla indubbia dipendenza con i
limiti oggettivi del giudicato. In altra precedente occasione si è avuto
modo di sottolineare come la novella legislativa possa mettere in crisi un
approccio “classico” che prenda le mosse da una nozione di strumentalità
rigidamente ancorata alla emananda sentenza di merito. Sia consentito, al
riguardo, rinviare a DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del
giudice amministrativo nel nuovo assetto della tutela dettato dall’art. 3
della
[26]
Sulla definizione semplificata dei giudizi cfr. IARIA, Il ricorso e la
tutela contro il silenzio, in Trattato di Diritto Amministrativo
a cura di CASSESE, App. Tomo IV, La Riforma del processo amministrativo,
Milano 2001, 18; FOLLIERI, Il nuovo giudizio cautelare: cit., 494;
PANZAROLA, Il processo cautelare, cit ,
[27] in Foro amm. 2000, 740. Sulle problematiche sottese ai principi affermati dalla ricordata sentenza della Corte Costituzionale, cfr. LIPARI, I riti abbreviati: l’ambito della disciplina e il concreto funzionamento del giudizio accelerato, in CARINGELLA- PROTTO, op. cit., 2002, 923 e ss..
[28] Come ricorda GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell’ordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in www.giustizia-amminitrativa.it, tali perplessità in passato erano dovute alla evidenziata povertà dello strumentario cautelare riconosciuto al giudice amministrativo, per l’appunto coincidente con la mera sospensiva, in quanto tale diretta -prima della poderosa metamorfosi dalla stessa subita per effetto dell’evolutiva giurisprudenza amministrativa- ad assicurare lo status quo attraverso l'inibizione dell'attuazione degli effetti sostanziali ed innovativi dell'atto impugnato, così sortendo un mero effetto conservativo e anticipatorio rispetto alla sentenza di accoglimento del ricorso.
[29]
Così PUGLIESE, Le ragioni del controinteressato nell’evoluzione della
tutela cautelare, in Dir. Proc. Amm., 1988,
[30] Si tratta della n. 17 del 1982, in Cons. Stato, 1982, I, 1197 e ss., che ha dato altresì occasione alle Sezioni unite delle Corte di Cassazione di pronunciarsi sull’argomento della sospendibilità dei provvedimenti negativi: Cass. SS.UU., 22 luglio 1983 n. 5063 in Dir. proc. amm., 1984, 413 e ss., con nota di STICCHI DAMIANI.
[31] Sul punto BAGAROTTO L., Sospensione di atti negativi e sospensive c.d. propulsive: frontiere della tutela cautelare innanzi al g.a., in Studium Juris 2000, I, 583; NOBILE R.,Riflessioni sulla sospensione cautelare dei cosiddetti provvedimenti negativi, in Foro amm. 1995, II, 2476; CURATO, Nuove prospettive in tema di sospensive di atti negativi, in Riv. amm. R.I. 1995,II, 102.
[32] Sostenuta da CLARICH, La giustizia amministrativa,, in Trattato di diritto amministrativo, cit., 1774, che ritiene che la nuova visione del processo tende a coincidere la fase processuale come una sorta di parentesi tra il procedimento che si è concluso con il provvedimento impugnato e il nuovo procedimento che riprende il suo corso, una volta esaurita la fase del controllo giurisdizionale.
[33] La ricordata limitazione di tutela ha portato, in un primo momento, al tentativo di trovare rimedio attraverso il ricorso ex art. 700 cp.c alla figura pretorile, ormai estinta dalle disposizioni sul Giudice unico. Peraltro, il tentativo di rimediare a questa "anomalia" dell'istituto proviene dall'esterno della giurisdizione amministrativa del provvedimento ex art. 700 c.p.c.. Soprattutto negli anni 1982-1985 fa ingresso sulla scena riservata al Giudice amministrativo quel noto fenomeno usurpatore che vede l'A.G.O. ingerirsi in tema di interessi legittimi e di giurisdizione esclusiva, grazie al passe par tout che sembra permettere l'art. 700 c.p.c.. Ricorda tale fenomeno SCOCA, Modello tradizionale e trasformazione del processo amministrativo, in Diritto amministrativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio di giurisprudenza, 1987, 210 e ss. - Il pretore legittimava il suo potere invasivo con il postulato del carattere generale dell'istituto della tutela cautelare, la cui effettività non poteva essere condizionata o subordinata al riparto della giurisdizione. La dottrina all’epoca ha supportato o favorito questa concezione: NIGRO, Linee di una riforma necessaria e possibile del processo amministrativo, in Riv. dir. proc.,1978, 288 ss.; Id., Trasformazioni dell'amministrazione e tutela giurisdizionale differenziata, in Riv. Trim. dir. civ.,1980, 19 ss.; PROTO PISANI, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 369 ss.; MONTESANO, Proposte di un modello di misura cautelare generale, in Le nuove frontiere del diritto e il problema dell'unificazione, 1979, II, 752. Ma la Corte di Cassazione frena ben presto l'ingerenza pretorile affermando il principio, semplice ma ineluttabile, che il Giudice della cautela e il Giudice di merito devono appartenere allo stesso plesso giurisdizionale: non si può avere giurisdizione cautelare se non si ha giurisdizione nel merito. Il principio già affermato da Cass. S.U. 25 novembre 1977, n. 5132, in Giust. civ.,1978, 960, è stato definitivamente ribadito con Cass. S.U. 4 agosto 1989, n. 3599, in Foro it., 1990, I, 552 ed in Dir. proc. amm. 1990, 464 e ss. con nota di DE CAROLIS, Il sequestro giudiziario, misura per l’esecuzione dell’ordinanza cautelare. La battuta d'arresto operata dalla Cassazione ha però effetti limitati perché il Giudice delle leggi dà l'avvio ad una svolta determinante nei confronti dell'istituto della cautela amministrativa con la sentenza 20 giugno 1985, n. 190. ROMANO A., Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, cit.; TRAVI, Recenti orientamenti in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 293.
[34] Infatti la sospensione di provvedimenti di esclusione di candidati da concorsi e di ditte da gare di appalto rappresenta una forma pacificamente ammessa di tutela cautelare accordata al ricorrente che sia titolare di un interesse pretensivo e quindi di un interesse che non trova soddisfazione con la mera sospensione dell'atto impugnato, occorrendo che l'Amministrazione si uniformi all'ordine del giudice e ammetta il candidato o la ditta rispettivamente alle prove concorsuali o alla gara. E' utile ricordare Cons. di Stato, Sez. VI, 19 aprile 1996, n. 589, in Foro amm., 1996,1286 ss., relativa all'ammissione con riserva a procedimenti concorsuali, che ha affermato che, in pendenza del ricorso avverso il provvedimento amministrativo, la circostanza che l'amministrazione adotti con riserva, in esecuzione di ordinanza cautelare del giudice amministrativo, provvedimenti interinalmente rivolti a costituire le posizioni utili cui il ricorrente aspiri, o ad essi giuridicamente conseguenti, implica che nessuna posizione consolidata può riconoscersi a vantaggio dell'interessato, una volta che, esauritosi negativamente il giudizio di merito e venute, pertanto, meno, le ragioni del provvedimento con riserva, l'amministrazione rimuove ogni ulteriore atto adottato sul presupposto degli effetti dell'ordinanza cautelare, senza che occorra al riguardo una specifica valutazione del pubblico interesse all'annullamento d'ufficio".
Ancora in Cons. di Stato, Sez. IV, 19 marzo 1996, n. 341, in Foro amm. 1996, 848 e ss., si statuisce che l'ammissione con riserva ad un concorso, disposta con ordinanza cautelare dal giudica amministrativo, se consente la partecipazione del candidato al concorso, onde evitare i pregiudizi irrimediabili che deriverebbero dalla mancata partecipazione, “non comporta tuttavia anche la successiva nomina con riserva, laddove il candidato risulti vincitore". Tale decisione conferma la precedente sentenza della stessa Sezione del 6 marzo 1996, n. 273, ivi, 811 e ss, in base alla quale il giudice amministrativo, nella fase cautelare attinente ad un ricorso giurisdizionale avverso il diniego di ammissione ad un concorso, può emettere provvedimenti di ammissione con riserva alle prove del concorso stesso, i quali, tuttavia, non consentono all'amministrazione di svolgere alcuna attività ulteriore rispetto alla fase concorsuale, con divieto, specificamente, di procedere alla nomina in ruolo del soggetto ammesso con riserva al concorso, ancorché vincitore". In sede di gara non sono poche le volte in cui la ditta ammessa con riserva, risultata aggiudicataria, abbia poi stipulato un contratto e dato ad esso esecuzione senza attendere la pronuncia di merito sul provvedimento di esclusione.
[35] Com’è noto il remand è una tecnica processuale che ha trovato consenso soprattutto nei tribunali amministrativi seppure con qualche isolata pronuncia negativa ( TAR Piemonte, sez. I, Ord. 24 luglio 1997, n. 926, in Foro It. 1998, III, 307, “ attesa la natura di atto negativo dell’impugnato provvedimento, nessun concreto vantaggio deriverebbe alla società ricorrente dall’accoglimento della domanda di sospensione”) e di recente anche da parte del Consiglio di Stato, sez. IV, 27 ottobre 1998, Ord. n. 1770, in Foro it. 1998,III, 597, che ha affermato che va ordinato, in accoglimento dell'istanza cautelare proposta da un'associazione di protezione ambientale, il riesame della situazione, onde valutare nuovamente la capacità dell'affidatario, nonché l'andamento del servizio, i risultati ottenuti e i costi effettivi del contratto durante il periodo di attuazione, qualora l'amministrazione, in sede di trattativa privata, abbia proceduto ad affidare il servizio di spegnimento di aree boschive, colpite da incendi, ad un soggetto che alcuni atti interni dell'amministrazione medesima indicavano tecnicamente non idoneo. Tali tendenze sono riassunte negli interventi raccolti in Quaderni del consiglio di stato, La sospensione nel giudizio amministrativo, Torino 1999.
Anche in queste ipotesi, peraltro, l'intervento del giudice ha una qualche portata innovativa e sostitutiva. La pronuncia cautelare, infatti, pur lasciando impregiudicato il contenuto del provvedimento, impone all’Amministrazione di riprendere in esame l'interesse del ricorrente.
A tal proposito va segnalata Consiglio Stato sez. IV, 21 ottobre 1997,Ord. n. 2056, in Foro it. 1998,III, 306 con nota di FRACCHIA, Osservazioni in tema di misure cautelari di carattere dispositivo nel giudizio amministrativo. Nella Ordinanza si afferma che il giudice amministrativo, adito con ricorso tendente all'annullamento di diniego di licenza per gestire un istituto di vigilanza privata, può accogliere la domanda di sospensione dell'esecuzione di tale diniego, disponendo il riesame del provvedimento sul presupposto di attenta valutazione dei dati raccolti nell'istruttoria sulla domanda originaria. Peraltro, per l’affermazione di un diverso avviso si rinvia alla giurisprudenza citata nella successiva nota (…). Di recente, il TAR Abruzzo, sez, Pescara, 16 dicembre 1999, n. 476, in tema di diniego di autorizzazione edilizia all’installazione di un’antenna per telefonia cellulare basato su ragioni di tutela della salute, ha accolto la domanda cautelare “nel senso di invitare il Comune al riesame della richiesta della Soc. ricorrente, tenendo presente che l’esame va effettuato solo nell’ambito delle competenze del Comune”.
[36] Una interessante recente applicazione del principio si rinviene in Cons. Stato, Sez. V, ord. 10 ottobre 2000 n. 5114, in www.lexitalia.it, nella quale si afferma che nel caso in cui non si sia formato il silenzio-assenso, ma l’amministrazione abbia comunque l’obbligo di proseguire l’iter della richiesta di concessione edilizia, acquisendo, anche d’ufficio, il parere paesaggistico dell’autorità competente (la quale potrà indicare, eventualmente, le opportune variazioni progettuali), va accolta la domanda cautelare e va ordinato all’amministrazione di rinnovare l’esame della richiesta, avviando il relativo iter entro il termine di trenta giorni. Per SCOCA, Interessi protetti, cit., il substrato dell’interesse legittimo non sempre coincide con un bene della vita. Sulla natura sostanziale dell'interesse legittimo e sulla sua rilevanza nel procedimento: GIANNINI-PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica Amministrazione, in Enc. dir.,vol. XIX, 253 e ss.;
[37] Peraltro, in caso di diniego di concessione di benefici finanziari, è stato ritenuto che, a seguito dell’ordinanza cautelare, le finalità proprie della tutela cautelare sono correttamente attuate mediante l’adozione di un provvedimento che riconosce all’impresa privata il titolo alle agevolazioni finanziarie ed accantona le relative somme, riservando la materiale erogazione di esse alla definizione del giudizio di merito, nel caso di riconosciuta illegittimità dell’atto di diniego. In tal senso TAR Campania, Salerno, 9 novembre 1998, n. 654, in Foro Amm. 1999, 1614.
[38] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, ord. 28 settembre 2000 n. 4774, in http://www.lexitalia.it., che ha accolto la domanda cautelare ed autorizzato il trasferimento di un esercizio commerciale fino alla sentenza di merito. In motivazione viene precisato che “ Ritenuto che l’appello cautelare è fondato perché, ad un sommario esame, induce ad una ragionevole previsione di accoglimento del ricorso originario la misura incentrata sull’avvenuta formazione del silenzio-assenso (D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, tabella C, come integrata dal punto 49 dell’allegato 1 al D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407).” Per cui “ Accoglie l’appello cautelare e, per l’effetto, in riforma della ordinanza appellata, sospende l’efficacia del provvedimento impugnato in primo grado. Autorizza, dunque, il trasferimento dell’esercizio commerciale fino alla pubblicazione della sentenza di primo grado
[39] Un ipotesi in tal senso è avanzata da VAIANO, Pretese… cit., 730.
[40] Riassume tale diversità di impostazione Cons. Stato, Sez. V, ord. 21 giugno 1996, n. 1210, in Dir. proc. amm. 1997, con nota di TRAVI, Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti fra giudice amministrativo e pubblica amministrazione.
[41] CASETTA, Manuale cit., 325.
[42] Un calzante esempio che pare sintetizzare tutte le questioni affrontate e quello che era lo “stato dell’arte” sull’argomento viene dal citato TAR Abruzzo, Sez. Pescara, ord. 23 settembre 1999, n. 342, in www.lexitalia.it , che ha affermato il principio in base al quale “Rilevata dal giudice l’insussistenza dell’unico motivo addotto a sostegno del diniego di trasferimento, ove manchino ulteriori ragioni ostative, l’esatta esecuzione della misura cautelare consiste nel rilascio dell’autorizzazione negata. Come si diceva , l’ordinanza in esame rappresenta un esempio dell’orientamento che si sta consolidando in materia di tutela cautelare degli interessi legittimi pretensivi in sede di giurisdizione di legittimità. L’ordinanza dunque sembra rappresentare appieno tutte quelle che sono le lacune attualmente presenti nel processo cautelare amministrativo che non consentono di tutelare pienamente le posizioni di pretesa. Inoltre, evidenzia lo sforzo al quale è chiamata la giurisprudenza per delineare i confini tra processo e procedimento e per tentare di definire quelli che sono i limiti di azione riservati rispettivamente al giudice ed alla amministrazione, senza rischiare che il primo sconfini in ambiti riservati in via esclusiva alla seconda. Questa impostazione pare confermare che si tende sempre più a consolidare il rapporto di compenetrazione tra processo e procedimento e che, forse, una corretta applicazione delle regole procedimentali da parte dell’amministrazione, attraverso l’uso adeguato degli strumenti partecipativi del privato ed una (finalmente) corretta ponderazione degli interessi già in sede procedimentale, potrebbe aiutare di molto ad evitare innumerevoli controversie ed a limitare i casi in cui il giudice deve sopperire alle carenze dell’amministrazione.
[43] Un tentativo in tal senso si rinviene in Cons. Stato, Sez. V, ord. 20 febbraio 2001 n. 1195 , in www.lexitalia.it, le cui statuizioni hanno precisato i limiti della scelta consentiti alla p.a., a seguito dell’accoglimento della domanda cautelare in un procedura di gara per l’affidamento di un servizio. Nella motivazione viene affermato:” Ritenuto che con l’ordinanza n. 6577/2000 la Sezione ha accolto "l’istanza cautelare in primo grado", concernente l’aggiudicazione del servizio di refezione scolastica presso le Scuole Elementari S. Giovanni Bosco di Fiorenzuola; Ritenuto che, in tal modo, la Sezione ha adottato una pronuncia di accoglimento della specifica domanda proposta, diretta ad ottenere la sospensione dell’efficacia (e dell’esecuzione) dell’impugnata aggiudicazione; Ritenuto che l’ordinanza ha ravvisato l’illegittimità dell’ammissione dell’offerta dell’aggiudicataria, CIR scarl, per essere i sigilli sulla busta esterna "non integri"; Ritenuto che l’effetto sospensivo dell’ordinanza cautelare di cui si chiede l’esecuzione non può essere eliso o ridotto in relazione all’asserita indifferibilità del servizio (afferente alla refezione scolastica);Ritenuto che l’effetto meramente sospensivo dell’ordinanza non comporta specifiche conseguenze confermative e ordinatorie (diverse dall’incidenza sul servizio illegittimamente affidato alla CIR); Ritenuto che, pertanto, in seguito alla pronuncia cautelare, l’amministrazione ha l’obbligo di non assumere alcuna determinazione e di non svolgere attività diretta a consentire la prosecuzione del servizio da parte dell’aggiudicatario; Ritenuto che, pertanto, considerando la portata del vizio ed il contenuto del dispositivo, la pronuncia cautelare impedisce l’affidamento del servizio all’aggiudicataria CIR, anche in via meramente provvisoria, pena l’elusione del precetto espresso nell’ordinanza; Ritenuto che, pertanto, l’amministrazione ha la facoltà di scegliere una delle seguenti opzioni: a) non attuare il servizio (qualora esso non abbia carattere di necessità, secondo le valutazioni responsabilmente assunte dal Comune); b) proseguire temporaneamente il servizio affidandone la gestione all’impresa titolare prima della gara in contestazione; c) affidare il servizio al secondo classificato nella graduatoria; d) affidare il servizio a trattativa privata, per un periodo limitato temporalmente, a soggetto comunque diverso dall’aggiudicatario; e) annullare gli atti viziati, rinnovando la gara; Considerando che, pertanto, le determinazioni adottate dal Comune si pongono in contrasto con la pronuncia cautelare di cui si chiede l’esecuzione; Considerato che il Comune dovrà provvedere ad adottare nuove determinazioni conformi alla pronuncia cautelare, secondo i criteri indicati ai punti precedenti, entro il termine di quindi giorni decorrente dalla comunicazione o notificazione della presente ordinanza; Ritenuto che, in difetto, la necessaria attività esecutiva verrà svolta dal competente assessore regionale in materia di servizi scolastici, o da un suo delegato, sulla base di richiesta della parte interessata; Ritenuto che gli effetti della presente ordinanza restano temporalmente limitati alla sentenza di merito del tribunale “.
[44] Del resto
non può non riconoscersi che la nostra Carta Costituzionale stabilisca il
principio in base al quale il potere dell'Amministrazione merita tutela solo
sul presupposto della legittimità del suo esercizio, demandando agli organi
di giustizia il potere di sindacato - pieno, ai sensi del secondo comma
dell'art. 113 della Costituzione - sull'esistenza di tale presupposto. A tal
proposito SCHINAIA, Il controllo del giudice amministrativo
sull’esercizio della discrezionalità della pubblica amministrazione, in
Dir. proc. amm. 1999,
[45] Sul principio di legalità dell’azione amministrativa SANDULLI, A.M., Manuale cit., 583; FOIS, Legalità ( pricipio, di), in Enc. Dir., vol. XXIII, 659.
[46] Una soluzione possibile per indicare tali limiti e per verificare il rispetto delle regole che presiedono allo svolgimento della discrezionalità , anche in sede cautelare, come in sede di merito, può ravvisarsi nella possibilità che ha il giudice, attraverso l’accertamento e l’accesso diretto al “fatto”, di verificare la legittimità dell’atto (negativo), senza spingersi fino a sindacare la scelta tecnica o quella di mera opportunità, ma attraverso il controllo di entrambe (non solo) sotto il profilo della intrinseca logicità e della loro congruenza rispetto al fine concreto che l’amministrazione ha inteso perseguire. L’affermazione di principio che può essere generalizzata è contenuta nella nota sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 601 del 1999, cit., alla quale ha fatto seguito la recente Ordinanza della Sezione Quinta del 17 aprile 2000, cit., che mira proprio ad affermare definitivamente e con chiarezza la possibilità di accesso diretto al fatto che deve essere riconosciuta al giudice amministrativo anche in sede di giurisdizione di legittimità.
[47] CLARICH, op. cit., 6.
[48]
Su tali problematiche di carattere generale cfr. le affermazioni in termini
preclari di PROTTO, La discrezionalità tecnica sotto la lente del G.A.,
in Urb. e App. 2001,
[49] TAR Lazio, Sez. I, ord. 12 luglio 2000, n. 5877, www.lexitalia.it, rileva come il giudice amministravo, attraverso poteri (anche istruttori) sempre più affinati, può sindacare elementi apparentemente di merito dell’operato della p.a.: in realtà il giudice verifica la logica e la legittimità del comportamento pubblico, applicando parametri che gli appartengono come verificatore della ragionevolezza dell’operato dell’amministrazione. Per l’A. istruttoria, potere cautelare e valutazioni sulla logica delle scelte amministrative convergono quindi nel meglio definire i poteri del giudice in settori apparentemente riservati o alla discrezionalità tecnica o al merito, al fine di tutto con un rafforzamento della tutela del cittadino.
[50] Infatti, secondo la sentenza n. 419 del 1995 della Corte Costituzionale cit., “se quindi l'esercizio di poteri autoritativi al fine della effettiva realizzazione della tutela garantita dalla Costituzione è una fase (pur se eventuale) intrinsecamente complementare e necessaria all'esercizio della giurisdizione, ne deriva,quale logico corollario, l'impossibilità di operare distinzioni di sorta tra funzioni giurisdizionali di natura diversa (ordinaria, amministrativa, di legittimità, di merito, esclusiva) per inferirne (come sostiene il ricorrente) che solo in alcune, e non in altre, detti poteri sarebbero legittimamente esercitabili". Perciò, prosegue la Corte “in linea di principio non sono configurabili giurisdizioni passibili di esecuzione ed altre in cui il dovere di attuare la decisione si arresti di fronte alle particolari competenze attribuite al soggetto il cui operato è sottoposto a sindacato. Al contrario, la garanzia della competenza cede a fronte della contrapposta garanzia di ogni cittadino alla tutela giurisdizionale, la quale rappresenta e dà contenuto concreto, in definitiva, alla garanzia della pari osservanza della legge: da parte di tutti ed in egual misura”.
[51] Su rapporti tra attività amministrativa e discrezionalità sono ancora attuali le affermazioni di LEDDA, Potere, tecnica, sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. proc. Amm. 1983, 371. Al riguardo cfr. altresì CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, in Dir. proc. Amm. 1984, 463. Con particolare riferimento alla cd. discrezionalità tecnica SALVIA F., Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Dir.proc. amm. 1992, 687; DE PRETIS,Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Padova , 1995.
[52] Peraltro, prima della riforma, il Consiglio di Stato, Sez. V, ord. 30 maggio 2000 n. 2586, in http://www.lexitalia.it, si è mostrato assai scettico al riguardo ed ha usati quasi un tono di .. rimprovero nei confronti del giudice di primo grado.Infatti, nella motivazione si legge che: “Considerato che nell’esame di istanze cautelari contro diniego di autorizzazione, i TAR, come più volte ritenuto dal Consiglio di Stato, non possono ordinare all’amministrazione resistente di concedere le autorizzazioni da questa negate; l’annullamento del diniego può esser fatto solo con sentenza e non ordinato all’amministrazione; se i TAR ritengono di concedere l’autorizzazione provvisoria, e salvo vanificazione in caso di esito non favorevole al ricorrente del grado di giudizio cognitorio, devono farlo essi stessi. Ritenuto che nella specie non sembra congruo concedere alcuna misura cautelare".