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n. 6/2007 - ©
copyright
FABIO DANI*
Appalto di
servizi, codice appalti e
trasporto sanitario: spunti di riflessione
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L’entrata in vigore del “Codice degli appalti” [1] induce alcune considerazioni generali a proposito della disciplina dell’appalto di servizi, e talune osservazioni particolari relative allo specifico servizio di trasporto sanitario.
Per quel che concerne l’appalto di servizi, l’innovazione più appariscente sembra essere quella costituita dall’introduzione dell’istituto dell’”avvalimento”, di cui all’art. 49 del già citato D. Lvo n. 163/2006: ma, proprio in questo caso, si tratta di novità tanto appariscente, quanto, in realtà, niente affatto “nuova”.
Grazie all’istituto dell’”avvalimento”, un concorrente singolo, consorziato o raggruppato, può soddisfare la richiesta relativa al possesso di requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico od organizzativo, avvalendosi dei requisiti di altro soggetto.
Non è questa la sede per soffermarsi sugli elementi peculiari introdotti dalla norma di cui si è detto, e sui problemi che essa suscita: quello che qui interessa è rilevare che in realtà il legislatore italiano non ha fatto altro che recepire quanto in sede comunitaria si era da tempo imposto e la giurisprudenza più avvertita aveva già ritenuto essere entrato “de jure” nel nostro ordinamento proprio in relazione agli appalti di servizi per i quali non esiste, e continua a non esistere, un sistema di qualificazione.
Il principio, era stato infatti affermato dalla giurisprudenza comunitaria con specifico riguardo agli appalti di servizi: secondo l’avviso espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea [2] la direttiva n. 50/1992 consente al concorrente di fare riferimento alla capacità di altri soggetti al fine di comprovare il possesso dei requisiti di idoneità tecnica, economica e finanziaria di partecipazione ad una gara, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli con il partecipante e a condizione che egli sia in grado di provare di poter effettivamente disporre dei mezzi di tali soggetti [3].
Nel sistema previgente all’entrata in vigore del D. L.vo n. 163/2006, tali principi erano propri e specifici dei soli appalti di servizi, e non erano, per esempio, estensibili agli appalti di lavori: a questo proposito si escludeva infatti che le regole specificamente dettate per i pubblici appalti di lavori, in base al quale gli enti dotati di personalità giuridica che partecipano a gare di appalto devono comprovare in proprio il possesso dei requisiti da essi posseduti senza potersi avvalere di requisiti posseduti da diversi soggetti giuridici, fossero espressione di un principio generale dell’ordinamento in relazione al più sopra riportato indirizzo espresso dalla Corte di giustizia [4].
Nell’appalto di servizi si riteneva invece sussistente un principio opposto a quello che si desumeva dalla L. n. 109 del 1994, e cioè il principio secondo cui il soggetto che partecipa ad una gara di appalto, abbia o meno personalità giuridica, può avvalersi, al fine di comprovare il possesso dei requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria, dei requisiti di altri soggetti, purché sia in grado di provare di poter disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti.
Siffatto principio, affermato dalla giurisprudenza comunitaria con riguardo agli appalti di servizi, acquista ulteriore forza e risulta ora generalizzato ed esteso a tutti i pubblici appalti, dalla direttiva unificata n. 18/2004 (e dal D. Lvo. N. 163/2006, che ne costituisce recepimento), a tenore della quale, al fine della prova della capacità economica e finanziaria, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti [5].
Solo con il D. Lvo n. 163/2006, come visto, tale principio è stato esteso agli appalti di lavori, peraltro con alcune significative limitazioni, il cui esame esula dai limiti di questo lavoro.
In conclusione, si deve dunque ritenere che in tema di appalto di servizi sin dalla direttiva n. 50/1992 confermata dalle ulteriori norme via via succedutesi e cui abbiamo fatto riferimento, al fine di comprovare il possesso dei requisiti di idoneità tecnica, economica e finanziaria di partecipazione ad una gara, sia consentito al concorrente di fare riferimento alla capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli con il partecipante e a condizione che egli sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti [6].
L’introduzione del principio dell’”avvalimento” impinge direttamente, come è evidente, sulla rilevanza dei requisiti di ammissione alle gare, e sulla correlativa disciplina.
A questo proposito, è opportuno in primo luogo osservare come il D. Lvo n. 157/1995 non si soffermasse ad individuare i soggetti ai quali potevano essere affidati i contratti pubblici, se non per un richiamo (di cui all’art. 11) ai raggruppamenti d’impresa.
Il D. Lvo n. 163/2006, segue un’impostazione diversa, elencando puntualmente i soggetti che possono rendersi affidatari di contratti pubblici (art. 34) e poi specificando i requisiti di cui i soggetti stessi debbano essere titolari (art. 35 e segg.).
È chiaro che l’introduzione della possibilità di far luogo all’”avvalimento” comporta una lettura radicalmente innovativa di tali disposizioni, e la doverosa individuazione dei principi conseguenti alla introduzione di tale nuovo istituto.
In primo luogo, è da ricordare che i requisiti di “ordine generale” non possono essere oggetto di avvalimento, e devono comunque essere posseduti in proprio dai soggetti partecipanti, siano essi associanti (capogruppo o consorzi) o associati (mandanti o consorziati esecutori) [7].
Inoltre, l’”avvalimento” che, come ricordato, è istituto che nasce nell’ottica dei “gruppi” d’imprese e nell’ambito dei rapporti con la “holding”, acquisisce una valenza generale, è “spendibile” anche fra soggetti non collegati né controllati, comporta la necessità di una assoluta attenzione sul piano dei rapporti contrattuali ad esso sottesi, e implica una altrettanto evidente enfatizzazione della funzione di controllo e vigilanza [8].
Dall’altro lato, le nuove disposizioni di cui al D. Lvo n. 163/2006, nell’esplicitamente disciplinare la partecipazione alle gare delle strutture associative tra imprese, chiariscono che per i consorzi forniti di personalità giuridica e per i “consorzi stabili”[9] i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere posseduti e comprovati dagli stessi consorzi, salvo quelli relativi alla disponibilità di attrezzature, mano d’opera e all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.
Tale disposizione (a mio avviso estensibile analogicamente alle società consortili, in quanto anch’esse connotate dalla stabilità della struttura associativa, e dal possesso della personalità giuridica [10]) deve dunque essere integrata con quanto previsto in ordine all’istituto dell’avvalimento, di talchè i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria possono sempre essere acquisiti, dal partecipante alla gara, mediante il ricorso a tale strumento contrattuale e alle condizioni di cui all’art. 49 del D. Lvo n. 163/2006.
Altro elemento di innovazione è costituito, quanto ai requisiti di carattere generale (cosiddetta “idoneità morale”) dalla clausola di esclusione di cui alla lett. c) del primo comma dell’art. 38 del D. Lvo n. 163/2006 (e cioè l’aver subito condanne penali).
A questo proposito, infatti, non si può non rilevare come la formula di cui all’art. 12 del D. Lvo n. 157/1995 sia stata profondamente innovata dall’art. 38 del Codice Appalti.
Se nel sistema previgente la clausola di esclusione operava nei confronti di coloro che avessero subito condanne penali (anche ex art. 444 c.p.) “per qualsiasi reato che incida sulla loro moralità professionale o per delitti finanziari”, ora il riferimento è a “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità”, che incidono sulla moralità professionale.
Non dunque ogni condanna, ma solo quella per “reati gravi” il che, certamente, vale quanto meno ad escludere ogni riferimento ai reati contravvenzionali o a quelli punibili con semplice pena pecuniaria, con l’ulteriore conseguenza che l’amministrazione è sempre tenuta ad esprimersi ed a motivare in ordine alla rilevanza dell’ipotesi delittuosa in ordine allo specifico oggetto dell’appalto, al tipo di condanna e alle modalità di commissione del reato contestato [11].
Inoltre, si tratta di circostanza da accertare con autodichiarazione, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28.12.2000, n. 445 a tenore del quale “sono comprovati con dichiarazione, anche contestuale all’istanza, sottoscritta dall’interessato… a) di non aver riportato condanna penale e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili o di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa”.
Ne consegue che l’accertamento è limitato ai soli reati iscritti nel casellario giudiziale [12], con conseguente illegittimità, per contrasto con norme imperative, di eventuali prescrizioni di bandi di gara che dovessero disporre diversamente.
Da ultimo, e comunque sempre su un piano di considerazioni generali, è da osservare che il Codice Appalti ha puntualmente, e per alcuni versi innovativamente, disciplinato i sistemi di scelta del contraente, che, per quel che riguarda gli appalti di servizi sono significativamente orientati nel senso della valutazione della qualità.
Il principio generale e fondamentale affermato dalla attuale legislazione in tema di contratti pubblici, è che “l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, deve garantire la qualità della prestazione e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”, fermo restando che “il principio di economicità deve essere subordinato, entro i limiti consentiti dalle norme vigenti, ai criteri previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla previsione dello sviluppo sostenibile” [13]: quanto tali fondamentali esigenze richiedano una articolata e complessa valutazione dell’interesse pubblico il cui perseguimento non si identifica tout court con il massimo risparmio per l’amministrazione, e quanto il loro soddisfacimento possa contrastare con la semplice aggiudicazione al prezzo più basso, appare a tutti evidente per comune buon senso, ancor prima che per dettato legislativo.
L’art. 81 del D. Lvo n. 163/2006 precisa che “nei contratti pubblici… la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”: spetta alle amministrazioni la “scelta del criterio più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto”.
E delle caratteristiche dell’oggetto dell’appalto si dovrà a maggior ragione tenere conto in relazione dell’art. 82 del Codice Appalti, a tenore del quale il sistema del prezzo più basso, per contratti da stipulare a corpo, è utilizzabile solo per l’affidamento di lavori, e non dunque anche per l’acquisizione di forniture o la prestazione di servizi [14].
Pare dunque che il legislatore abbia finalmente tenuto conto delle critiche che da più parti venivano sollevate a proposito di un sistema tutto incentrato su sistemi automatici di aggiudicazione, e, in più, al prezzo più basso, con gli evidenti inconvenienti che si sono registrati nel corso degli ultimi anni [15].
L’evoluzione legislativa indica non solo una linea di tendenza, ma anche un canone interpretativo e la linea di guida delle scelte amministrative[16], tanto più se si tiene presente che i principi affermati dalla Corte di Giustizia Europea hanno certamente una valenza generale, in quanto sono diretta applicazione del principio di tutela della concorrenza espresso dal Trattato U:E:, e dunque applicabili anche agli appalti sotto soglia [17].
Naturalmente, a tale “riappropriazione” fa da speculare contraltare l’assunzione di responsabilità, la valutazione delle circostanze specifiche e l’esplicitazione dei motivi che hanno indotto ad operare l’una scelta piuttosto che l’altra, il che peraltro significa, semplicemente, esercitare la funzione amministrativa.
Risulta evidente, dunque, che al criterio del prezzo più basso può oramai farsi riferimento solo per forniture standardizzate, per lavori privi di apporto tecnologico, per servizi elementari e ripetitivi, che non necessitino di apporto organizzativo significativo.
Per quel che attiene, nello specifico, al tema dei trasporti sanitari, sono a mio avviso da svolgere due considerazioni.
La prima, concerne la normativa applicabile.
Se non vi è dubbio che il trasporto sanitario concreti in sé una prestazione di servizio, è altresì evidente che si tratta di una prestazione mista, nella quale concorre, insieme alla tipica prestazione di trasporto, anche una prestazione di tipo tipicamente sanitario, collegata a funzioni organizzative e gestionali nonché ad oneri di assistenza che, per l’appunto, qualificano il trasporto in senso sanitario, con ciò sottraendolo alla generale disciplina del servizio di trasporto [18].
In termini giuridici, quanto precede comporta che il servizio in questione appare ricompreso sia nella categoria 2 dell’allegato IIA al D. Lvo n. 163/2006 (trasporti terrestri), sia nella categoria 25 dell’allegato IIB al medesimo Decreto Legislativo (servizi sanitari e sociali), il che comporta che la stazione appaltante debba necessariamente operare, caso per caso, un apprezzamento circa la prevalenza dell’un servizio rispetto all’altro, e ciò in ottemperanza agli artt. 21 e 22 del D. Lvo n. 163/2006, ai sensi del quale i servizi elencati nell’allegato IIA, sono disciplinati dal Codice Appalti, mentre quelli ricompresi nell’allegato IIB e quelli misti, ove sia prevalente il valore dei servizi di cui all’allegato IIB, sono disciplinati solo dagli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento) e 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).
L’implicazione che discende dall’applicazione di tali disposizioni è evidente, ma troppo spesso tale apprezzamento di discrezionalità tecnica manca, così come manca la motivazione sul punto, pure dovuta, in base ai principi generali.
Un’ulteriore considerazione è relativa alla particolare disciplina dettata per l’immatricolazione degli automezzi da adibirsi al trasporto infermi.
Come noto, il vecchio Codice della Strada (D.P.R. 15.06.1959, n. 393, art. 57) distingueva l’uso a cui potevano essere adibiti gli autoveicoli tra “uso privato” e “uso pubblico”: a quest’ultima categoria era ascrivibile solo il trasporto di cose o di persone “da piazza” o “di linea”.
Il nuovo Codice della Strada (art. 82 del D. Lvo n. 285 del 30.04.1992) introduce distinzioni basate su parametri diversi (destinazione economica, o caratteristiche tecniche del veicolo) definendo come adibito ad “uso di terzi” il veicolo utilizzato dietro corrispettivo nell’interesse di persone diverse dall’intestatario della carta di circolazione”, mentre si ha “uso proprio” negli altri casi.
Tra gli usi “di terzi” è ricompreso il “noleggio con conducente”.
Taluno ha ritenuto di poter sostenere che le ambulanze da adibirsi a trasporto infermi debbano essere immatricolate “a uso di terzi” con ogni conseguenza in proposito, compresa la necessaria titolarità dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di “noleggio con conducente” [19].
Non ritengo di condividere tale opinione.
A mio modo di vedere l’appaltatore che svolge un servizio ad esito di pubblica gara, mantiene del tutto autonoma la propria veste imprenditoriale: svolgendo il servizio appaltato svolge la sua propria attività, nel suo proprio interesse e non certo nell’interesse della stazione appaltante, realizzando gli utili che ha ritenuto di includere nel prezzo dell’appalto. La stazione appaltante persegue il proprio interesse acquisendo il servizio a condizioni vantaggiose, ma il servizio stesso non è svolto nell’interesse della stazione appaltante, bensì nell’interesse dell’utenza, nell’ambito della più generale attività dell’ente committente.
L’autonomia organizzativa e gestionale dell’appaltatore [20] a mio avviso esclude che la circolazione del veicolo avvenga nell’interesse di altri, se non dell’appaltatore medesimo che svolge il sevizio.
Che poi con la prestazione del servizio si consenta anche alla stazione appaltante di perseguire il proprio interesse è vero, ma ciò è conseguenza di mero “fatto” derivante dall’esecuzione del contratto di appalto, che resta mediata dall’interesse dell’appaltatore allo svolgimento della propria attività imprenditoriale: il corrispettivo è versato per il servizio, e non per l’uso del veicolo, è a carico della stazione appaltante e non dei trasportati.
La circolazione del veicolo in sé è estranea tanto alla causa quanto all’oggetto del contratto di appalto e costituisce solo uno degli elementi del servizio, che costituisce il vero oggetto contrattuale.
Diverso, naturalmente, sarebbe se per effetto della gara, si procedesse all’aggiudicazione non già del servizio di trasporto, bensì di contratti di utilizzo degli automezzi, il che certamente concreterebbe la stipula di contratti di trasporto, e, dunque, l’obbligo di immatricolazione degli automezzi “ad uso di terzi”, per lo svolgimento di un’attività di “noleggio con conducente”. In questo caso avremmo la stipula di veri e propri contratti di trasporto, funzionali all’espletamento di un’attività di “noleggio con conducente” e non già contratti di appalto per la prestazione del servizio di soccorso e trasporto infermi. Nel noleggio con conducente, viene infatti stipulato un contratto di trasporto ai sensi dell’art. 1678 c.c., in forza del quale il vettore si obbliga verso corrispettivo a trasferire persone o cose da un luogo all’altro (nell’interesse, evidentemente, di costoro), nell’appalto di servizi invece una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un servizio verso un corrispettivo (art. 1655 c.c.c) nell’ambito del quale l’utilizzo dell’automezzo è solo una delle componenti [21]: la diversità delle due fattispecie è evidente.
In ogni caso, comunque, se anche si volesse convenire sulla necessità dell’immatricolazione “ad uso terzi”, non appare giustificabile trarre da ciò la conseguenza del necessario possesso della autorizzazione allo svolgimento dell’attività di “noleggio con conducente”.
Tale conclusione trova conforto nella considerazione che l’art. 82 del Codice della Strada, nel definire l’uso di terzi, fa riferimento al servizio di noleggio con conducente, che integra appunto il diverso contratto di trasporto, e ciò in coerenza con l’art. 244 del Regolamento di Attuazione del Codice della Strada, che definisce come “possibile” (e non come “tassativa”) la destinazione di ambulanze a noleggio con conducente, e che dunque, solo in tale ultimo caso, ritiene essenziale il possesso della relativa licenza comunale.
A questo proposito, non appare fuor di luogo riferirsi alla normativa specifica riguardante la materia (richiamata dall’art. 85 del Codice della Strada), che si rinviene nella L. 15.01.1992, n. 21 (legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), la quale all’art. 1 annovera il servizio di noleggio con conducente tra gli autoservizi pubblici non di linea; questi ultimi sono definiti come “quelli che provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta”.
In particolare, il successivo art. 3 dispone: “il servizio di noleggio con conducente si rivolge all’utenza specifica che avanza, presso la sede del vettore, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio. Lo stazionamento dei mezzi avviene all’interno delle rimesse o presso i pontili di attracco”.
Gli artt. 4 e 5 definiscono le competenze regionali e comunali nella materia che si esprimono attraverso appositi regolamenti; e l’art. 8 disciplina le modalità per il rilascio, da parte dei Comuni, dell’autorizzazione per l’esercizio del servizio in questione attraverso un bando di pubblico concorso.
Dall’insieme delle disposizioni della legge in esame emerge chiaro l’intento di assicurare la migliore integrazione tra autoservizi pubblici non di linea e trasporti pubblici di linea, sulla base di una articolata programmazione a livello regionale e locale, finalizzata a garantire l’equilibrio tra domanda e offerta dei servizi in questione nei delimitati ambiti territoriali di cui sopra. Si tratta dunque di un settore di attività ancora soggetto ad un penetrante controllo dell’autorità amministrativa, l’accesso al quale consegue allo svolgimento di una procedura concorsuale, la cui indizione è a sua volta subordinata ad una puntuale valutazione del fabbisogno esistente nell’ambito comunale.
Le caratteristiche del servizio di noleggio con conducente, per il cui esercizio è necessaria l’autorizzazione prevista dall’art. 8 della L. n. 21/1992, non sono riscontrabili nel servizio oggetto di una gara d’appalto. In particolare, il servizio di soccorso e trasporto infermi per le necessità di una Azienda Sanitaria non presenta gli elementi caratterizzanti le prestazioni degli autoservizi pubblici non di linea e di noleggio con conducente (quali precisati, rispettivamente, dagli artt. 1 e 3 della legge citata), connessi all’esistenza di un rapporto contrattuale tra vettore ed utente, né è “complementare” o “integrativo” di essi. Nulla del genere si verifica in occasione dello svolgimento del servizio sanitario, posto che il rapporto contrattuale riguarda esclusivamente l’affidatario del servizio e l’Azienda U.S.L. appaltante, senza che il soggetto trasportato instauri diretti rapporti con il vettore.
Quanto sopra appare sufficiente per escludere che il servizio di cui si controverte sia configurabile come servizio di noleggio con conducente e che dunque il suo svolgimento presupponga il possesso dell’autorizzazione relativa a tale ultima attività.
La conclusione appena raggiunta trova conforto in ulteriori considerazioni.
Si è già evidenziato che l’autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente è rilasciata dalle amministrazioni comunali in esito ad una procedura concorsuale indetta sulla base di disponibilità valutate con riferimento al fabbisogno locale; è dunque evidente che la necessità del possesso del titolo in questione trova la sua ragione d’essere nella circostanza che l’attività da esercitarsi in base al predetto titolo venga effettivamente svolta nell’ambito territoriale il cui fabbisogno è stato preso in considerazione ed ha costituito il presupposto per il rilascio dello stesso. Ciò è quanto tipicamente si verifica nel servizio di noleggio con conducente: non è invece affatto detto che una simile circostanza si riscontri nel caso in cui l’attività da svolgere riguardi il servizio di soccorso e trasporto infermi affidato in appalto, per le proprie necessità, da un’azienda sanitaria pubblica. Ben può accadere, in tale ultima ipotesi, che la sede di prestazione del servizio sia diversa da quella dell’impresa affidataria dello stesso. In tali circostanze è evidente l’assoluta irrilevanza del possesso, da parte dell’impresa in questione, dell’autorizzazione di cui all’art. 8 della L. 21/1992 rilasciata per un ambito territoriale diverso da quello ove si svolge il menzionato servizio di soccorso e di trasporto infermi; né è ragionevolmente pensabile che possa farsi carico all’impresa di ottenere tale titolo dall’amministrazione comunale interessata dal servizio in questione dopo l’aggiudicazione della gara, posto che dovrebbe a tal fine svolgersi una procedura concorsuale, che a sua volta presuppone una valutazione di carenza rispetto al fabbisogno locale e che comunque non necessariamente sortirebbe un esito favorevole all’impresa di cui si tratta. A ciò si aggiungano le obiettive difficoltà che un così macchinoso ed improbabile sistema incontrerebbe ove l’impresa interessata non fosse italiana, bensì comunitaria [22].
In conclusione, dunque, si deve escludere che il possesso dell’autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente possa costituire requisito necessario per partecipare alla gara d’appalto [23].
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(*) Avvocato.
[1] “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, approvato con D. L.vo 12.4.2006 n. 163 e succ. mod. con D.L. 12.5.2006 n. 173, conv. con mod. in legge 12.7.2006 n. 228, e con D.L.vo n. 6 del 26.1.2007.
[2] Corte di giustizia delle comunità europee 2 dicembre 1999 in causa C - 176/1998 in tema di appalto di servizi.
[3] Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2003, n. 645; Cons. Stato, sez. V, 18 ottobre 2001, n. 5517.
[4] V. Cons. Stato, sez. VI, n. 8145 del 20.12.2004; in precedenza, si era invece espresso per un’applicazione analogica delle norme di cui alla L. n. 109/1994 anche agli appalti di servizi, tra gli altri, Cons. Stato, Sez. V, 14.5.2001 n. 2641.
[5] Art. 47, par. 2 della Direttiva, art. 49 cit. del D. Lvo n. 163/2006
[6] Cons. Stato, sez. VI, 20.12.2004 n. 8145.
[7] Cons. Stato, sez.V, n. 507 del 30.1.2002; T.A.R. Veneto, sez. I, n. 467 del 3.3.2004; Cons. Stato, sez. V, n. 3185 del 6.6.2002. I requisiti di partecipazione non possono essere confusi con i requisiti di qualità dell’offerta: tale confusione è già costata, all’Italia, una segnalazione da parte della Comunità, v. Circolare Presidenza del Consiglio dei Ministri 1.3.2007, in G.U. 15.5.2007.
[8] Si pensi, ad esempio, al sistema delle garanzie o alla verifica della insussistenza di artificiose duplicazioni.
[9] La cui partecipazione agli appalti di servizi è sancita dall’art. 34 del D. Lvo n. 163/2006
[10] Secondo Cass., sez. II, n. 77 del 4.1.2001, “la società consortile opera in forma fortemente aggregata, delibera con il criterio e le regole propri degli organismi associativi (e cioè con le maggioranze stabilite in relazione all’oggetto) ed è gestita attraverso organi che hanno poteri rappresentativi ed amministrativi ed assumono responsabilità nei confronti dei consorziati, secondo la generale disciplina dell’art. 2392 c.c.. D’altra parte l’adozione, all’interno del fenomeno consortile del modello organizzativo societario comporta necessariamente una scelta sul piano strutturale tra gli istituti di riferimento. Conseguentemente se anche al consorzio – nella sua forma più semplice – è possibile applicare il modello giuridico del mandato, nel momento in cui contratta con i terzi, considerato l’esplicito riferimento ad esso dell’art. 2609 cpv c.c., sia pure con gli adattamenti in tema di responsabilità previsti dall’art. 2615 c.c., quel modello si palesa inapplicabile allorchè si sia di fronte alla formula societaria, che con il mandato non ha alcuna affinità”.
[11] Cons. Stato, sez. V, 18.10.2001 n. 5517; Cons. Stato, sez. V, 25.11.2002 n. 6482; Cons. Stato, sez. V, 1.3.2003 n. 1145; da ultimo, e con più che significativa motivazione: Cons. Stato, sez. V. 27.4.2006, n. 2373.
[12] Sulla necessaria corrispondenza giuridica tra dichiarazione e certificato, nel caso che ci occupa: T.A.R. Umbria, n. 200 del 5.4.2001.
[13] Art. 2 del D. L.vo n. 163 del 2006
[14] La lett. b) del secondo comma dell’art. 82 del d. L.vo 163/06 precisa che il bando di gara stabilisce “se il prezzo più basso, per i contratti da stipulare a corpo, è determinato mediante ribasso sull’importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari”.
[15] Per una puntuale critica sul punto: D. Tassan Mazzocco - C. Angeletti - M. Zoppolato, Commento alla l. 18.11.1998 n. 415, Varese 1999, pag 320 e seg.; v. anche M. Steccanella – E. Robaldo, La legge quadro in materia di lavori pubblici, Milano 1999; M. Sanino, La corte di giustizia definisce i criteri per l’affidamento della realizzazione delle infrastrutture pubbliche, in Foro Amm. C. d. S., 2004, 3360. Che la legislazione italiana fosse diretta derivazione delle vicende giudiziarie del periodo, è esplicita affermazione delle deduzioni del Governo italiano avanti la Corte di Giustizia europea nell’ambito del procedimento C. 247/02, deciso con sentenza 7.10.2002.
[16] Contro l’ “eccessivo garantismo solo formale” si è schierata persino la Corte dei Conti, con la Relazione annuale sul rendiconto dello Stato 1982; v. anche la Relazione al settore del restauro dei Beni Culturali, ed il parere del Consiglio Superiore dei LL. PP. del 26.10.2001 sullo schema del Capitolato speciale per i Lavori di realizzo dei dipinti su tela e su tavola.
[17] Più estesamente, sia consentito rinviare a: F. Dani, Massimo ribasso, risparmio, economicità e valutazione della qualità nel nuovo Codice degli appalti, in www.Lexitalia.it, n. 7–8 del 2006.
[18] T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, sent. del 9.3.2006 n. 2805; T.A.R. Liguria, sez. II, 25.10.2004 n. 1467.
[19] In tal senso taluni pronunciamenti ministeriali( ad es. prot. 2301 del 28.4.2006) o di uffici periferici (Ufficio Motorizzazione di Viterbo, 9.3.2004 prot. 1575). V. anche Cons. Stato, sez. VI, Ord. n. 5219 del 29.10.2004.
[20] Tra le tante: Cass. Civ., sez. III, n. 13131 del 1.6.2006. L’autonomia dell’appaltatore non viene meno per effetto della funzione direttiva dell’amministrazione: Cass. Civ., sez. III. N. 13934 del 26.6.2005.
[21] Sul punto: T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 2805 cit; per la prevalenza delle prestazioni sanitarie sul trasporto, v. T.A.R. Trentino Alto-Adige, Bolzano, 20.11.2006 n. 416.
[22] Considerazioni svolte da T.A:R Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, n. 623 del 22.2.2002.
[23] In questo senso, e con esplicito riferimento alla circostanza che si tratta di servizio svolto in via esclusiva a favore di un unico soggetto e non rivolto alla pubblica utenza: Cons. Stato, sez. V, n. 3063 del 3.6.2002, che conferma T.A.R. Veneto, sez. II, n. 1457 del 24.9.1999.