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Articoli e note

n. 5/2006 - © copyright

LUIGI D’ANGELO

Nullità provvedimentali e determinazione della giurisdizione:

verifica del potere autoritativo in astratto o in concreto?

In un recente lavoro monografico [1] dedicato all’individuazione dei principi di governo del riparto di giurisdizione in presenza di provvedimenti amministrativi affetti da nullità, si è posto l’accento sulla imprescindibile necessità di valutare la situazione giuridica soggettiva in concreto sussistente ed azionata dal privato [2].

Partendosi dal presupposto di teoria generale del diritto secondo cui un atto nullo è privo di effetti, si è esclusa l’incidenza degradatoria del provvedimento nullo/inefficace sulla situazione giuridica soggettiva del privato avente natura e grado di diritto, con l’ulteriore conseguenza della tutelabilità della medesima dinanzi al giudice ordinario; aggiungendosi, tra l’altro, che, con riferimento al rapporto fra privato e amministrazione, oltre ai diritti soggettivi originari vanno valutati in tali termini generali anche i cc.dd. interessi legittimi oppositivi: l’atto nullo privo di effetti fa sì che la situazione del privato ritorni (o piuttosto resti) di diritto [3], con giurisdizione ancora del giudice ordinario.

Diversamente - secondo la tesi de qua - l’interesse legittimo di carattere pretensivo resterebbe tale anche a fronte di un provvedimento nullo, con l’ulteriore conseguenza che la tutela giurisdizionale spetterà al giudice amministrativo; ciò (la preesistenza e la persistenza dell’interesse pretensivo) prevale sull’eventuale assenza nel caso de quo di una concreta potestà autoritativa, nel senso che la permanente natura di interesse legittimo prevale sul fatto che nel caso de quo la potestà autoritativa sia stata esercita con un atto privo di effetti [4].

Si cita, a tal proposito, l’esempio di un soggetto che chiede il rilascio di una concessione demaniale: la nullità dell’eventuale diniego, si osserva, non comporterebbe che il privato sia titolare di un diritto soggettivo verso il rilascio di tale concessione, ma solo di un interesse legittimo al corretto esercizio del potere amministrativo.

Dunque, secondo tale dottrina, l’art. 21 septies, nel codificare la nullità, avrebbe implicitamente attribuito al giudice amministrativo la cognizione di un’azione dichiarativa di accertamento qual è l’azione di accertamento della nullità in tema di interessi pretensivi, ove la giurisdizione è del giudice amministrativo [5].

La teorica in questione si pone a metà strada tra la tesi che sostiene, nel caso di nullità provvedimentali, la giurisdizione del giudice ordinario [6], e quella che, al contrario, opta per una devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo [7].

Tra le tre opzioni interpretative, tuttavia, sembra maggiormente condivisibile quella che attribuisce alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione delle controversie aventi ad oggetto le nullità provvedimentali.

In effetti, la tesi mediana, che addiviene a diverse conclusioni partendo dalla natura della situazione giuridica fatta valere in giudizio (interesse oppositivo-giudice ordinario, interesse pretensivo-giudice amminsitrativo) appare, ad una più attenta considerazione, palesemente contraddittoria.

In primo luogo, detta impostazione pare procedere ad una diversificata e curiosa verifica della sussistenza del potere amministrativo: mentre nel caso di interessi legittimi oppositivi viene effettuata una verifica della sussistenza di un potere amministrativo “in concreto” - concludendosi che non avendo l’atto nullo prodotto effetti, in concreto, “la situazione del privato ritorni (o piuttosto resti) di diritto” con conseguente giurisdizione dl GO - nel caso di interessi pretensivi viene invece operata una analisi della sussistenza del potere amministrativo in astratto; la circostanza che l’atto di diniego della concessione demaniale non produca effetti in concreto poiché affetto da nullità, in tal caso non determina l’attribuzione della giurisdizione al GO, ciò poiché rimane comunque individuabile una potestà autoritativa in astratto, correlabile - ipoteticamente - alla preesistente situazione giuridica di interesse pretensivo.

Dunque, in un caso si assiste ad una verifica del potere in concreto per determinare la giurisdizione (se non vi è esercizio del potere in concreto stante la nullità del provvedimento, la giurisdizione è del giudice ordinario) nell’altro caso si analizza, invece, l’esistenza o meno di un potere in astratto (se non vi è esercizio del potere in concreto stante la nullità del provvedimento, la giurisdizione è del giudice amministrativo se quel potere esisteva in astratto).

Già tale diversificata ed immotivata analisi del potere (in un caso in concreto, nell’altro in astratto) in relazione alle situazioni giuridiche in concreto azionate, ai fini della corretta individuazione della giurisdizione, dovrebbe indurre l’interprete a sospettare della bontà della tesi.

In secondo luogo la teorica in commento sembra non considerare la circostanza che parrebbe possibile non solo l’ipotesi di coesistenza di atti nulli ed interessi pretensivi preesistenti, ma anche l’ipotesi di coesistenza di atti nulli ed interessi legittimi oppositivi “preesistenti”.

Se è vero che l’interesse legittimo nasce con il procedimento amministrativo, tant’è che nell’ambito di quest’ultimo è possibile esercitare tutta una serie di facoltà inerenti alla situazione giuridica soggettiva anche di natura oppositiva, ne consegue che nel caso in cui il procedimento si concluda con un provvedimento affetto ad esempio da nullità strutturale, non per questo potrà dirsi che nella specie non possa essere ravvisato un interesse legittimo oppositivo - che nel procedimento ha conosciuto consistenza - stante l’improduttività di effetti del provvedimento adottato.

Coerenza imporrebbe, volendo seguire la tesi in argomento, che anche in tal caso debba essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché, se si guardano (solo) le situazioni giuridiche soggettive, sussisterebbe anche in tale ipotesi un interesse legittimo di natura oppositiva che quindi preesiste e si “fronteggia” con un provvedimento affetto da nullità strutturale.

In terzo luogo, la tesi in parola tradisce le conclusioni cui essa stessa giunge allorquando nell’affermare la giurisdizione del GA a fronte di preesistenti interessi pretensivi, giustifica l’assunto sostenendo che in tal caso “la permanente natura di interesse legittimo (pretensivo) prevale sul fatto che nel caso de quo la potestà autoritativa sia stata esercita con un atto privo di effetti”.

Il riferimento ad una potestà amministrativa “esercitata” seppure con un atto nullo - tralasciando l’erroneità dell’espressione che parrebbe ammettere l’esplicarsi di un potere amministrativo anche a mezzo di un atto improduttivo di effetti - costituisce, a ben vedere, la spia della necessità di una concretizzazione (verifica in concreto) dell’esercizio di quel potere amministrativo in astratto sussistente.

D’altronde, anche nella recentissima decisione della Corte Costituzionale n. 191/2006, con la quale si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, D.Lgs n. 325/2001 (trasfuso nell’art. 53, comma 1, DPR n. 327/2001 - Testo A), nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a “i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, si è chiarito che non è sufficiente l’esistenza di un potere in astratto per l’attribuzione della controversia al giudice amministrativo. Il comportamento dell’amministrazione non agganciato ad un concreto esplicarsi di potere autoritativo, in astratto sussistente, è devoluto al sindacato del giudice ordinario.

Afferma in particolare la Consulta che nelle ipotesi in cui i “comportamenti” causativi di danno ingiusto (nella specie, la realizzazione dell’opera) costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e sono quindi “riconducibili all’esercizio del pubblico potere dell’amministrazione”, la norma si sottrae alla censura di illegittimità costituzionale, costituendo “anche tali comportamenti esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della pubblica amministrazione”.

Ancor più chiaramente e con riferimento alla tutela risarcitoria del privato a fronte di comportamenti della PA, la decisione n. 191/2006 soggiunge che l’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo “non si giustifica quando la pubblica amministrazione non abbia in concreto esercitato, nemmeno mediatamente, il potere che la legge le attribuisce per la cura dell’interesse pubblico”; ciò poiché l’attrazione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria, si fonda sull’esigenza, coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica”.

Tirando le fila del discorso, sembra che ai fini della determinazione della giurisdizione nei casi di nullità provvedimentali, debba essere effettuata una analisi vertente sulla sussistenza o meno di un potere amministrativo in concreto esercitato e sulla correlazione di siffatto potere autoritativo con una situazione giuridica di interesse legittimo (pretensivo o oppositivo).

Come già altrove sostenuto, del resto, la delibazione della sussistenza della giurisdizione all’indomani della pronunzia della Corte Costituzionale n. 204/2004, richiede il necessario riscontro di una correlazione, un dialogo, tra un potere amministrativo concretamente espresso (non astrattamente esercitabile) ed un interesse legittimo. La mancanza di uno dei due elementi in cui si sostanzia il “rapporto amministrativo”, deve allora condurre alla devoluzione della controversia al giudice ordinario.

Non pare possibile accontentarsi dell’esistenza di un potere in astratto poiché il suo mancato esercizio in concreto - circostanza che si verifica nel caso di un provvedimento nullo - non rende possibile alcun dialogo con la posizione soggettiva ad esso contrapposta.

Occorre a tal punto farsi carico di una possibile obiezione.

E’ stato infatti osservato dalla dottrina - quanto alla valutazione della sussitenza del potere in astratto o in concreto ai fini della individuazione della giurisdizione relativamente al sindacato nei confronti di provvedimenti nulli - che dalla stessa decisione della Consulta n. 204/2004 emergerebbe, in realtà, la fondatezza della prima opzione ermeneutica (verifica della sussistenza dl potere amministrativo in astratto e non anche in concreto).

In particolare, viene richiamato il passaggio di detta decisione con il quale si è fatta salva la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di accordi ex art. 11, L. n. 241/1990; più nel dettaglio la Consulta, nella sentenza n. 204/2004, ha affermato che “la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà (la quale, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990)”.

Si è così evidenziato in dottrina che in caso di scelta di strumenti negoziali a monte c’è un potere autoritativo a cui poi in sede applicativa eventualmente si rinuncia o si deroga in parte[8].

Come dire: nel caso degli accordi vi è l’esistenza di un potere amministrativo in astratto che tuttavia non viene esercitato in concreto e, ciò nonostante, la giurisdizione, per espressa previsione legislativa, è del giudice amministrativo, a conferma, in sostanza, della verifica della sussistenza del potere soltanto in astratto, non anche in concreto, anche nel diverso caso della determinazione della giurisdizione relativamente al sindacato concernente i provvedimenti nulli.

L’argomento, tuttavia, parte da un presupposto del tutto destituito di fondamento ovvero quello per cui nel caso di stipula di accordi ex art. 11, l. n. 241/1990 si avrebbe rinuncia da parte della PA o comunque deroga all’esercizio di un potere funzionalizzato.

Per vero, la Consulta, nella decisione n. 204/2004, ha affermato che allorquando la PA conclude accordi, esercita, seppure mediatamente, un potere amministrativo.

Nel punto 3.4.3 del “Considerato in diritto”, infatti, la Corte Costituzionale ha affermato che la formulazione dell'art. 34 del D.lgs. n. 80/1998, quale recata dall'art. 7, comma 1, lett. b), L. n. 205/2000, si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in cui, comprendendo nella giurisdizione esclusiva oltre gli atti e i provvedimenti anche i comportamenti, la estende a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere”.

Dunque, agire della PA con strumenti negoziali, quale forma di esercizio (concreto) mediato di potere funzionalizzato; dunque, a ben vedere, anche nel caso di accordi, l’individuazione del giudice avente giurisdizione non può svincolarsi da una verifica in concreto della sussistenza di un potere autoritativo, pur se esercitato in forma “mediata”.

Davvero significative, d’altronde, quanto alla verifica del potere in concreto ai fini dell’individuazione della giurisdizione, appaiono le parole della Consulta che, lo si ripete, nella decisione n. 191/2006, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, D.Lgs n. 325/2001 (trasfuso nell’art. 53, comma 1, DPR n. 327/2001 –Testo A), proprio nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a “i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, “non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere”.

Di qui la conferma della tesi altrove sostenuta che, partendo dal presupposto secondo il quale il provvedimento amministrativo nullo costituisce negazione dell’esercizio in concreto di un potere autoritativo, la coesistenza/correlazione, su di un pano meramente descrittivo, di tale provvedimento con situazioni di interesse legittimo preesistenti, non è per se sola sufficiente, alla luce della giurisprudenza costituzionale, a ritenere integrati i presupposti giustificativi per l’operatività della giurisdizione del giudice amministrativo, individuabili, come dovrebbe essere chiaro, nella cumulativa presenza di una potestà amministrativa in concreto esercitata ed una situazione soggettiva di interesse legittimo, poli, tra di loro, necessariamente comunicanti.

L’assenza in concreto di un potere autoritativo chiama in causa la giurisdizione del giudice ordinario.

 

[1] D. PONTE, Invalidità del provvedimento e riparto di giurisdizione alla luce della legge n. 15/2005, in Il Nuovo Processo Amministrativo, collana diretta da F. CARINGELLA e R. GIOVAGNOLI, Milano, 2006.

[2] Sulla stessa esigenza, cfr. S. DE FELICE, Della nullità del provvedimento amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it - Studi e contributi.

[3] D. PONTE, Invalidità del provvedimento e riparto di giurisdizione alla luce della legge n. 15/2005, cit., 132.

[4] D. PONTE, Invalidità del provvedimento e riparto di giurisdizione alla luce della legge n. 15/2005, cit., 132.

[5] D. PONTE, Invalidità del provvedimento e riparto di giurisdizione alla luce della legge n. 15/2005, cit., 133.

[6] M. SANDULLI, in Riforma della L. 241 e processo amministrativo, Foro amm. TAR supplemento al n. 6, 14. Sia consentito rinviare a L. D’ANGELO, Nullità del provvedimento amministrativo, situazioni giuridiche soggettive e giurisdizione alla luce della  decisione della Consulta n. 204/2004, in www.giustamm.it, n. 8/2005; L. D’ANGELO, Nullità provvedimentale e giurisdizione del giudice amministrativo: una problematica convivenza (nota a TAR Puglia, Bari – Sez. III, 26 ottobre 2005), in www.lexitalia, n. 11/2005.

[7] M. BALLORIANI, Appunti sul rapporto giuridico di diritto pubblico e tutela dell’interesse legittimo, in www. lexitalia n. 12/2005; V. DI LELLO, Nullità del provvedimento e giudizio sul rapporto, (nota a TAR Puglia, Bari – Sez. III, 26 ottobre 2005), in www.lexitalia, n. 11/2005.

[8] D. PONTE, Invalidità del provvedimento e riparto di giurisdizione alla luce della legge n. 15/2005, cit., 128.


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