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CORTE DEI
CONTI, SEZ. GIUR. REGIONE LOMBARDIA - sentenza 8 aprile 2004 n. 528
- Pres. Nicoletti, Est. Tenore - P.R. (Attanasio) c. Rossi (Avv.
Colombo).
Responsabilità amministrativa – Danno alla Comunità Europea – Per
finanziamenti comunitari non spettanti – Giurisdizione della Corte di conti – Sussiste –
Possibile concorrente azione risarcitoria della Comunità europea innanzi ad
altro giudice - Irrilevanza.
Sussiste la
giurisdizione della Corte dei Conti, in base all’art. 1, comma 4, L. 14 gennaio
1994 n. 20 (danno ad amministrazione diversa da quella di appartenenza) e
all’art. 280 del Trattato della Comunità europea (principio di assimilazione),
in caso di danno asseritamene arrecato da un amministratore di ente locale alla
Comunità Europea per la percezione di finanziamenti comunitari da parte di un
Comune a fronte della mancanza di alcuni requisiti formali per poterne
beneficiare. Tale giurisdizione non è esclusa dalla possibile concorrente
promovibilità, innanzi alla Corte di Bruxelles o presso il giudice ordinario, di
un’azione diretta della Comunità europea nei confronti del Comune volta al
recupero del finanziamento indebitamente erogato (1).
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(1) Sul
danno ad amministrazione diversa da quella di appartenenza cfr., da ultimo,
TENORE, La nuova Corte dei Conti: responsabilità, pensioni, controlli,
Milano, 2004, 138 ss.
Commento di
ADELISA
CORSETTI![]()
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n. 2/2005 - ©
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Danni prodotti all’Unione europea da amministratori locali: giudica la Corte dei conti
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1. Con la sentenza in commento, la Corte dei conti afferma la propria giurisdizione in merito a fatti illeciti commessi da pubblici amministratori in danno dell’Unione Europea, ossia di ente “sovranazionale” rispetto a quello di appartenenza del danneggiante.
La decisione non ha precedenti nel panorama della giurisprudenza amministrativo contabile che, in passato, aveva sì affermato la propria giurisdizione in caso di distrazione e/o cattiva utilizzazione di fondi di provenienza comunitaria ma sempre in relazione alla ipotizzata lesione del patrimonio dell’ente (regione o ente locale) al quale le risorse sono state devolute e, quindi, con esclusivo riferimento a danni subiti da un soggetto interno allo Stato
[1]. Parimenti, la giurisdizione era stata ritenuta con riguardo alla diversa ipotesi di mancata realizzazione di crediti spettanti alle Comunità economiche europee a titolo di “risorse proprie”, che è stata prefigurata come danno allo Stato [2].Il caso in esame concerne un asserito danno arrecato da un amministratore di ente locale all’Unione Europea che aveva erogato, con procedura illegittima, un finanziamento per il gemellaggio amministrativo del Comune italiano con città europee e dell’ex URSS. Scopo del progetto era lo sviluppo di una sorta di partenariato per il miglioramento gestionale, amministrativo e tecnico delle comunità interessate con particolare riferimento al programma “ambiente e qualità della vita”.
La tesi seguita dal Collegio giudicante punta a stabilire una correlazione tra il principio di assimilazione di cui all’art. 280 del Trattato CE - che impone agli Stati membri “l’obbligo di combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari delle Comunità con gli stessi strumenti che vengono adottati per combattere le frodi a livello nazionale” – e la norma nazionale che estende la giurisdizione della Corte dei conti ai danni cagionati “ad ente diverso da quello di appartenenza” (art. 1, co. 4, della legge 19 gennaio 1994, n. 20), assumendo quest’ultima quale interpositio legislatoris nazionale, intesa a dare attuazione al suddetto principio di assimilazione.
Le predette conclusioni, pur condivisibili, meritano qualche riflessione.
2. Il sindacato della Corte dei conti in merito ai danni arrecati all’Unione Europea da parte di amministratori e funzionari pubblici nell’esercizio di attività amministrative, sarebbe incomprensibile se non rapportato alla Carta fondamentale e, in particolare, all’art. 11 Cost., secondo cui l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace tra le Nazioni”.
Pur accettando, nell’ottica del Collegio giudicante, una visione “dualista” e non “monista” dei rapporti tra lo Stato italiano e l’Unione Europea (tale da non infrangere la sovranità degli Stati membri e, quindi, favorevole a riconoscere una autonoma soggettività giuridica all’ente sovranazionale, peraltro testualmente prevista nel Trattato CE), vanno apprezzati gli obblighi che scaturiscono dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità economiche europee; obblighi che sono strettamente collegati alla realizzazione degli interessi particolari dei singoli Stati e preventivamente accettati dagli stessi con l’adesione ai Trattati.
Come noto, l’Unione Europea fondata a Maastricht il 7 febbraio 1992 è una struttura di carattere tripolare: accanto alle politiche affidate al cosiddetto metodo comunitario (I Pilastro), che marginalizza il ruolo dei governi nazionali in favore dell’azione degli organi comunitari, è prevista una collaborazione tra gli Stati di carattere tipicamente intergovernativa, per l’attuazione delle politiche in materia di politica estera e sicurezza comune (II Pilastro) e di cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (III Pilastro).
In questo ultimo settore si colloca l’obiettivo della lotta alle frodi, nel presupposto che l'integrità degli interessi finanziari comunitari sia un bene giuridico appartenente sia agli Stati membri e sia alle istituzioni sovranazionali nate dall'interazione dei rispettivi ordinamenti. Che si tratti di una delle questioni fondamentali nella vita delle istituzioni comunitarie si evince dal costante interesse da esse manifestato per la frode a danno degli interessi finanziari comunitari, entrata nell’agenda politica soltanto nel 1989 ed attualmente definita “un flagello riconosciuto e denunciato da tutti i paesi dell’Unione”
[3].L'art. 209 A del Trattato CE è stato recentemente sostituito dall'art. 280 del Trattato di Amsterdam e, nella sua attuale formulazione ("Gli Stati membri adottano, per combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere le frodi che ledono i loro interessi finanziari" precisando che dette misure debbano essere “dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri”), costituisce il perno fondante l'intero sistema di tutela degli interessi finanziari comunitari
[4].Va anche rilevato che il tema della lotta alle frodi ha ricevuto, in ambito comunitario, un’elaborazione di impianto prevalentemente penalistico, in relazione alla ritenuta necessarietà della sanzione criminale come mezzo di contrasto a tali forme di devianza
[5]. Ma non è sempre così. Il recente provvedimento sulla responsabilità (amministrativa) delle persone giuridiche dimostra che la tutela penale non è la regola assoluta in materia di contrasto alle frodi comunitarie [6].La tecnica legislativa dell'assimilazione non è esente da inconvenienti, suscettibili di tradursi in un freno alla perseguita armonizzazione delle varie legislazioni nazionali: trattasi, però, di un rischio ineluttabile nell’attuale assetto istituzionale – tendenzialmente orientato verso la formazione di uno Stato federale ma ancora lontano dall’obiettivo – e, quindi, in mancanza di un diritto penale sovranazionale
[7].3. Il quadro sopra delineato va a rimarcare che, tra gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, vi è quello di tutelare un bene giuridico - gli interessi finanziari comunitari - di importanza vitale per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’azione comunitaria, con effetti riflessi sulla sfera giuridica degli Stati membri.
Si è già detto della mancata previsione di specifiche sanzioni, trattandosi di materia riservata alla collaborazione tra gli Stati (e non affidata al cosiddetto metodo comunitario)
[8]: è evidente, tuttavia, la sussistenza di un vero e proprio interesse degli Stati aderenti all’Unione Europea alla corretta ed equilibrata gestione delle risorse comunitarie.Tanto premesso, le misure che ogni Stato è invitato ad adottare in tema di contrasto alle frodi a danno degli interessi finanziari delle Comunità consistono, essenzialmente, nell’adeguamento della normativa nazionale alle direttive degli organi comunitari
[9].Ciò non esclude che il singolo Stato sia tenuto ad utilizzare gli strumenti – di carattere sostanziale e processuale – già previsti dall’ordinamento nazionale per contrastare i fenomeni di malagestio relativi ad amministratori e funzionari pubblici.
Lo Stato italiano è dotato, a differenza degli altri Paesi europei
[10], di un giudice specializzato – la Corte dei conti – per l’accertamento della responsabilità amministrativo contabile dei pubblici amministratori e funzionari pubblici, che decide su impulso di un organo requirente pubblico. Tale giudizio è incentrato sulla verifica dei seguenti paradigmi: la sussistenza di un rapporto di impiego o di servizio con la p.a., di una condotta attiva od omissiva dell’autore, del danno e dell’elemento psicologico, nelle forme del dolo o della colpa grave [11].L’art. 103, co. 2, Cost. delimita la sfera di competenza giurisdizionale della Corte dei conti nel concetto di “contabilità pubblica” mentre la normazione primaria ha avuto il compito di specificare i parametri dell’azione giuscontabile
[12].L’evoluzione della giurisprudenza contabile in materia (avallata da quella di legittimità) ha segnato il superamento della rigida concezione del rapporto organico, rivendicando la propria giurisdizione anche nei confronti di soggetti estranei all’amministrazione danneggiata ma legati ad essa da un rapporto di servizio, che è configurabile quando una persona fisica sia partecipe, a qualsiasi titolo, dell’attività amministrativa dell’ente danneggiato
[13].In esito a tale processo, è stata varata la disposizione (art. 1, co. 4, della legge 19 gennaio 1994, n. 20) che estende la giurisdizione della Corte dei conti ai danni cagionati “ad ente diverso da quello di appartenenza”
[14].Ebbene, la sentenza in commento condivide l’interpretazione evolutiva già affermata dalla giurisprudenza (poi recepita dal legislatore del 1994) circa la generalità della competenza giurisdizionale della Corte dei conti nelle materie di “contabilità pubblica”, avuto riguardo alla sufficienza della qualificazione pubblica delle risorse gestite dal soggetto convenuto in giudizio per l’affermazione di detta giurisdizione
[15].Ma vi è di più.
La decisione in esame si segnala per la puntuale esecuzione degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e, in particolare, del precetto di cui dall'art. 280 del Trattato di Amsterdam (cosiddetto principio di assimilazione), coniato allo scopo di coordinare gli sforzi delle comunità nazionali per proteggere gli interessi finanziari delle istituzioni comunitarie, sempre più minacciati da fenomeni di frode di bilancio e fatti di corruzione.
Detto fondamentale principio, si ribadisce, sarebbe stato disatteso qualora la Corte dei conti avesse declinato la giurisdizione nel caso di specie concernente, appunto, un’ipotesi di danno a carico delle Comunità europee e non dello Stato italiano.
In questo senso, deve ammettersi che l’ampliamento della competenza giurisdizionale della Corte dei conti, comporta una rivisitazione della stessa nozione di rapporto di servizio, comprensiva della relazione intercorrente tra istituzioni comunitarie ed amministratori e funzionari pubblici, in conformità ai nuovi compiti ad essi richiesti come membri dell’Unione Europea.
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[1] In particolare, viene precisato il fondamento della giurisdizione contabile che consiste, da un lato nella inclusione nel bilancio regionale dei fondi di provenienza comunitaria e, dall’altro, nella stretta pertinenza regionale degli obiettivi cui è preordinato il finanziamento. Così, C. conti, sez. Lazio, 28 ottobre 2003, n. 2227, in Riv. C. conti, 2003, f. 5, 111; id., sez. Basilicata, 31 dicembre 2002, n. 458, ivi, 2002, f. 6, 250, id., sez. Lombardia, 28 marzo 2001, n. 322, ivi, 2001, f. 2, 167; id., sez. Umbria, 30 novembre 1994, n. 102, ivi, 1995, f. 1, 180; Cass., sez. un., 22 dicembre 1999, n. 926, in Giust. civ. Mass., 1999, 2604, avuto riguardo alla distrazione o cattiva utilizzazione di fondi destinati alla formazione professionale.
Peraltro, in due isolate pronunce, si afferma la giurisdizione contabile anche con riferimento ala danno arrecato all’erario comunitario nel caso in cui, comunque, sussista un danno alle finanze nazionali. Cfr. C. conti, sez. Puglia, 15 febbraio 1995, n. 15, in Riv. C. conti, 1995, f. 2, 144; id., sez. riun., 16 gennaio 1991, n. 696, ivi, 1991, f. 2, 35.
[2] Cfr., C. conti, sez. riun., 4 ottobre 1995, n. 33/A, in Riv. C. conti, 1995, f. 5, 69; id., sez. I, 31 gennaio 1990, n. 13, in Cons. St., 1990, 350, con riferimento alla mancata riscossione di proventi agricoli e i dazi doganali di cui lo Stato deve rispondere patrimonialmente verso le Comunità economiche europee.
[3] Cfr. Risoluzione del parlamento europeo in data 27 marzo 2003 “sul libro verde della commissione sulla tutela degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea”.
La Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (Bruxelles, 26 maggio 1995) definisce frode in materia di spese qualsiasi azione od omissione volontaria inerente l’utilizzazione di documenti falsi o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale. La frode in materia di spese si configura anche in caso di sviamento di fondi per fini diversi da quelli per i quali erano stati accordati. Qualora dai suddetti comportamenti scaturisca una riduzione illegittima del bilancio comunitario si ha, invece, una frode in materia di entrate.
La Convenzione è stata poi integrata da primo Protocollo (Dublino, 27 settembre 1996) concernente la lotta contro gli atti di corruzione lesivi degli interessi finanziari comunitari nel caso in cui sono coinvolti funzionari nazionali e/o comunitari.
La portata del Primo Protocollo è stata ampliata con la firma della Convenzione relativa gli atti di corruzione (Bruxelles, 26 maggio 1997), che va oltre il campo delle frodi finanziarie e si applica a tutti i casi di corruzione che riguardano i suddetti funzionari.
Di importanza strategica per il potenziamento della lotta contro le frodi è l’OLAF (Ufficio per la lotta Antifrodi) istituito presso la Commissione (Regolamento CE 25 maggio 1999, n. 1073/1999) con il compito di svolgere indagini amministrative all’interno delle istituzioni e degli organismi, alla ricerca di fatti gravi commessi con l’esercizio di attività professionali che siano incompatibili con gli obblighi dei funzionari e degli agenti della Comunità.
[4] Osserva FIMIANI, La tutela penale delle finanze comunitarie. Profili sostanziali e processuali, Milano, 1999, 102: "Il Trattato di Amsterdam, nel prevedere che la lotta contro i fenomeni di aggressione alle finanze comunitarie si fonda sull'intervento diretto sia degli Stati membri che della Comunità, non ha fatto altro che enunciare il principio - già implicitamente considerato dal Trattato di Maastricht - della equivalenza degli interessi finanziari comunitari e nazionali, ponendolo a cardine dell'intero sistema antifrode (...) L'affermazione del principio di equivalenza chiude, quindi, un lungo processo evolutivo concernente i poteri di intervento della Commissione e di rapporti con quelli degli Stati membri, per aprire, definitivamente, le porte alla coamministrazione della funzione di tutela degli interessi finanziari".
La Corte di Giustizia ha precisato che “La sanzione prevista deve essere analoga a quella inflitta in caso di violazioni simili per natura e per importanza e avere carattere concreto, proporzionale e dissuasivo. Tali provvedimenti possono includere sanzioni penali anche ove la normativa comunitaria preveda solo una sanzione di carattere civile” (Corte giustizia CE, 8 luglio 1999, n. 186, in Dir. pen. e processo, 1999, 1406).
[5] L’impostazione penalistica è giustificata sotto triplice profilo: a) rango primario del bene (costituito dalle risorse della Comunità necessarie per l'espletamento dei suoi compiti); b) gravità dell'offesa (la cui particolare lesività non può misurarsi solo in termini di danno economico): c) sussidiarietà, attesa la minore efficacia degli altri strumenti di controllo sociale rispetto all'intervento penale. Così, FELICI, La tutela penale indiretta degli interessi finanziari europei, in Giur. Merito, 2000, 4-5, 1062.
In argomento, cfr. SALAZAR, Diritto penale e diritto comunitario: la strana coppia, in Cass.pen., 1992, p. 1658, n. 904; GRASSO, Comunità europee e diritto penale, Milano, 1989.
[6] Cfr., il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 recante la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”. Il provvedimento prevede, per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, sanzioni amministrative ed interdittive da irrogare a cura del giudice penale, in relazione alle fattispecie criminose specificamente previste (Indebita percezione di erogazioni, truffa, corruzione, concussione, reati societari, ecc.).
In dottrina, è molto ampio il dibattito sulla configurabilità di una responsabilità penale delle persone giuridiche. Cfr., ex multis, FONTANELLA, Corruzione e superamento del principio societas delinquere non potestnel quadro internazionale, in Dir. comm. internaz., 2000, 4, 941; DOLCINI, Principi costituzionali e diritto penale alle soglie del nuovo millennio. Riflessioni in tema di fonti, diritto penale minimo, responsabilità degli enti e sanzioni, in Riv. it. dir. proc., pen., 1999, p. 18 ss.; FLORA, Attualità del principio "societas delinquere non potest", in Riv. trim. dir. pen. econ., 1995, p. 11.
[7] FELICI, cit., 1062, osserva che che l'intero settore della tutela degli interessi finanziari comunitari va ad integrare un sistema repressivo costituito da una pluralità di fattispecie penali di rinvio che, interne ai singoli ordinamenti nazionali, possono pure presidiare oggettività giuridiche diverse (sul versante italiano, ad es., il delitto di cui all'art. 640 bis c.p. è contro il patrimonio mentre quello di cui all'art. 316 bis c.p. è contro la pubblica amministrazione). Questo perchè il rinvio alle norme penali interne, ossequiando la sovranità degli Stati membri, conduce all'inevitabile frammentazione della disciplina a livello europeo, in ragione della coesistenza di norme incriminatrici e processuali eterogenee.
Cionondimeno, non si dimentichi che il diritto penale costituisce il ramo del diritto che più di ogni altro esprime le fondamentali scelte di valore "costituenti il nocciolo duro dell'identità nazionale". Così, BERNARDI, I tre volti del "diritto penale comunitario", in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, 2, 334.
[8] Tra queste, vi è il rispetto del Patto di stabilità (limite complessivo di indebitamento delle pubbliche amministrazioni). In presenza di meccanismi sanzionatori, è inevitabile che i governi centrali siano responsabili dell'indebitamento complessivo delle pubbliche amministrazioni, dotandosi di strumenti idonei a far sì che i poteri regionali e locali siano tenuti ad osservare una disciplina di bilancio rigorosa (realizzatasi nel Patto di stabilità interno di cui all’art. 28, l. 23 dicembre 1998, n. 448, successivamente modificato dalle leggi finanziarie per il 2000 e per il 2001). Cfr., DELLA CANANEA, Il patto di stabilità e le finanze pubbliche nazionali, in Riv. dir. fin., 2001, 4, 559.
[9] Cfr., le modifiche al codice penale introdotte dalla legge 29 settembre 2000, n. 300: con l’art. 322 bis c.p. i reati di peculato, corruzione e concussione sono stati estesi nei confronti dei membri, funzionari ed agenti della Comunità europea, con assimilazione ai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio (e superamento dei vincoli derivanti dalle immunità connesse all’appartenenza ad organizzazioni sopranazionali); con l’art. 316 ter c.p. è stata prevista l’ulteriore fattispecie (rispetto al reato di truffa di cui all’art. 640 bis c.p.) della “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” giudicata conforme alla Carta fondamentale da C. cost., 12 marzo 2004, n. 95, in Giur. cost., 2004, f. 2; con la modifica agli artt. 9 e 10 c.p. è stata introdotta la perseguibilità del fatto di reato anche in caso di danno alle Comunità europee (e non solo a carico di uno Stato estero).
In dottrina, cfr. SALAZAR, Recenti sviluppi internazionali nella lotta alla corruzione (...e conseguenti obblighi di recepimento da parte italiana), in Cass. pen., 1998, 5, 1529.
[10] Per i profili di diritto comparato, v. RECCHIA, La responsabilità della pubblica amministrazione in diritto comparato e in diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 2000, 643; SORACE, (a cura di) La responsabilità pubblica nell’esperienza giuridica europea, Bologna, 1994.
[11] In materia la letteratura è copiosa. Tra gli studi più recenti, v. MIELE, La responsabilità dei dipendenti e degli amministratori pubblici, VI ed., Milano 2004; TENORE (a cura di) La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controlli, Milano, 2004; MIRABELLA, La responsabilità nella pubblica amministrazione e la giurisdizione contabile, Milano 2003; SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, 2003; P. SANTORO, Il giusto processo contabile, in Foro amm. CDS, 2002, 2, 554; PASQUALUCCI-SCHLITZER, L’evoluzione della responsabilità amministrativa, Milano, 2002.
[12] Cfr., r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 82 e 83 ; r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 52; d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, artt. 18, 19 e 20; d.l. 15 novembre 1993, n. 453 conv. in l. 14 gennaio 1994, n. 19; l. 14 gennaio 1994, n. 20; d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, conv. in l. 20 dicembre 1996, n. 639.
[13] Cfr., ex multis, Cass., sez. un., 5 aprile 1993, n. 4060, in Giust. civ. Mass., 1993, 616 e in Riv. C. conti 1993, f. 2, 206; C. Conti, sez. I, 15 settembre 1993, n. 127, in Riv. C conti 1993, f. 5, 68; in una prospettiva evolutiva, intesa al superamento del rapporto di servizio quale presupposto per incardinare la giurisdizione della Corte dei conti, C. conti sez. Molise, 7 ottobre 2002, n. 234, in Riv. C. conti, 2002, f. 5, 129.
In dottrina, sul rapporto di servizio nella giurisdizione contabile, cfr. TENORE, La responsabilità amministrativo-contabile: profili sostanziali, in La nuova Corte dei conti, cit., 46 ss; GARRI, I giudizi innanzi alla Corte dei conti, responsabilità, conti, pensioni, Milano, 2000, 192 ss.; MARTUCCI DI SCARFIZZI, Profili evolutivi giurisprudenziali della nozione di rapporto di servizio quale presupposto della giurisdizione contabile, in I TAR, 1993, II, 194; STADERINI-SILVERI, La Responsabilità nella Pubblica amministrazione, Milano, 1998, 122.
[14] L’argomento è esaustivamente trattato da TENORE, cit., 138 ss.
[15] Cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 26 febbraio 2004, n. 3899, in D&G - Dir. e Giust., 2004, f. 17, 54, con nota di BRIGUORI, che ritiene sussistere la giurisdizione contabile su società a partecipazione pubblica legate alla p.a. da rapporto di servizio; id., sez. un., 22 dicembre 2003, n. 19667, in Foro amm. CDS, 2003, 3585, che ha affermato la giurisdizione della Corte dei conti su amministratori e dipendenti di enti pubblici economici.
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N. 21162
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
composta dai Magistrati:
Dott. Giuseppe NICOLETTI Presidente
Dott. Eugenio Francesco SCHLITZER Magistrato
Dott. Vito TENORE Magistrato rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità, ad istanza della Procura Regionale, iscritto al numero 21162 del registro di segreteria, nei confronti di:
ROSSI ROBERTO, rapp.to e difeso dall’avv.Claudio Colombo ed elettivamente domiciliato in Milano, via Adige 12, presso lo studio dell’avv.Marcello Meoli.
letta la citazione in giudizio ed esaminati gli altri atti e documenti fascicolati;
richiamata la determinazione presidenziale con la quale è stata fissata l’udienza per la trattazione del giudizio;
ascoltata, nell’odierna udienza pubblica, la relazione del Magistrato designato prof.Vito Tenore e uditi gli interventi del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale dr.Antonio Attanasio, dell’avv. Colombo per il convenuto;
viste le leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e 20 dicembre 1996, n. 639.
FATTO
Con atto di citazione depositato il 24.11.2003, la Procura Regionale Lombardia conveniva innanzi a questa Sezione giurisdizionale il sig.Roberto Rossi, ex Sindaco (dal 20.4.1995 al giugno 1999) del Comune di Usmate-Velate, deducendo quanto segue: a) che con denuncia 4.4.2000 n.6435, seguita da nota 12.2.2001 n.3662, il Comune di Usmate-Velate aveva segnalato alla Procura erariale un possibile danno correlato alla esecuzione del progetto TACIS, finanziato con fondi dell’Unione Europea; b) che a tale progetto (TACIS CITY TWININ) avevano partecipato il Comune di Usmate-Velate (Milano) e il Comune di Vetka (Bielorussia) e si era tradotto in un programma “ambiente e qualità della vita” (su protezione civile, gestione rifiuti, gestione verde urbano, educazione ambientale nelle scuole) nell’ambito del gemellaggio amministrativo con città del Tacis Twining service and administration, sia europee (paesi c.d. UE) che della disgregata URSS (paesi c.d. NIS), avente come finalità il miglioramento gestionale, amministrativo e tecnico, di enti e Comunità locali interessati a migliorare la propria efficienza attraverso il trasferimento di know-how da parteners UE a parteners NIS e la formazione pratica e continua di dirigenti locali dei paesi NIS; c) che tale progetto, portante il n.179664, era stato finanziato con un contributo a fondo perso dell’UE approvato con atto consiliare 22.7.1996 n.63 del Comune di Usmate-Velate e che il contratto per il progetto era stato sottoscritto in data 20.12.1996, per una durata annuale, dal Sindaco Roberto Rossi e dalla Commissione Europea;
d) che tale progetto, senza costi aggiuntivi per il Comune milanese, ma implicante solo l’impiego di risorse umane (individuate nella delibera comunale n.63 del 1996 cit.) da destinare al training, prevedeva anche lo scambio di funzionari dei due Comuni di Usmate-Velate (Milano) e di Vetka per seguire ed assistere la realizzazione dei progetti di riforma e ristrutturazione; e) che il contributo comunitario era stato incassato dal Comune in data 1.12.1998 con reversale 1513; f) che, a seguito di una inchiesta amministrativa svolta dal Comune di Usmate-Velate, sulla base della delibera consiliare 3.5.2000 n.33, per verificare la regolarità dell’attuazione del progetto TACIS, era emersa una violazione del contratto sottoscritto in data 20.12.1996 dall’ex Sindaco Rossi con la Commissione Europea, in quanto, in luogo del personale interno ivi indicato (e nella delibera consiliare n.63 del 1996) quale partecipante al progetto (sigg.Mandelli, Cereda, Brambilla, Carizzoni), erano stati di fatto utilizzati distinti soggetti, amministratori e, in parte, estranei all’ente (sigg.Rossi, Mariani, Fumagalli, Scarazzato, Fasani, Gasparini, Croccolo, Oldani, Collu, Frioni, Lovisolo, Tornaghi, Rossi); g) che tale circostanza aveva comportato un danno erariale di euro 27.770,00, pari al costo delle spese, missioni e delle trasferte all’estero del personale formalmente preposto alla realizzazione del programma di gemellaggio amministrativo TACIS, costo indicato nei rendiconti e non veritiero e non rimborsabile, in quanto reali esecutori del programma erano stati altri soggetti in spregio degli accordi formalizzati con la Commissione europea; h) che le deduzioni tramesse dall’ex Sindaco Rossi, gestore in prima persona del progetto, in riscontro all’invito notificato dalla Procura, non avevano fornito elementi volti ad escludere la responsabilità amministrativo-contabile dello stesso.
Tutto ciò premesso, la Procura attrice, affermata la giurisdizione di questa Corte e la non intervenuta prescrizione del credito erariale, chiedeva la condanna del convenuto Rossi al pagamento della somma di euro 27.770,00, oltre interessi, rivalutazione e spese di lite.
Si costituiva con memoria depositata il 3.3.2004 il sig. Rossi Roberto, difeso dall’avv. Claudio Colombo, il quale eccepiva: a) il difetto di giurisdizione dell’adita Corte dei Conti sul danno asseritamente arrecato all’Unione Europea, sulla scorta della normativa nazionale in materia di illecito amministrativo-contabile ed anche alla luce della devoluzione pattizia alla Corte di Bruxellese delle controversie afferenti il contratto 20.12.1996 (art.14 del contratto); b) la prescrizione dell’azione giuscontabile alla luce del termine quadriennale della prescrizione del danno alle finanze comunitarie statuito dall’art.3 del regolamento del Consiglio europeo 18.12.1995 n.2988/1995; c) la prescrizione dei danni eventualmente arrecati ad amministrazioni pubbliche italiane, atteso il superamento da parte dell’invito a dedurre (notificato il 28.4.2003) del quinquennio decorrente dagli esborsi sostenuti dal Comune di Usmate nel periodo 1997-marzo 1998; d) nel merito, la difesa del Rossi ribadiva la puntuale osservanza del contratto intervenuto con la Commissione Europea e forniva dettagliati chiarmenti sui soggetti coinvolti nel progetto e i motivi di alcuni avvicendamenti soggettivi. In ogni caso invocava l’applicazione dell’art.1, co.1-bis, l. 14.1.1994 n.20, attesi i vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione asseritamene danneggiata e chiedeva il rigetto della domanda attorea; e) in via gradata, invocava la rimessione della causa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ex art.234 del Trattato UE, stante la possibile pregiudizialità della questione concernente la sussistenza o meno della giurisdizione contabile su danni asseritamene arrecati alle finanze comunitarie e della questione relativa alla possibilità, per la Corte dei conti, di azionare pretese sanzionatorie a tutela delle finanze comunitarie in base al regolamento del Consiglio europeo 18.12.1995 n.2988/1995 osservando il termine prescrizionale quadriennale dell’art.3 del regolamento citato.
All’udienza pubblica di discussione del 25 marzo 2004, udita la relazione del Magistrato designato, la Procura regionale ribadiva la fondatezza della pretesa risarcitoria, mentre l’avv. Colombo, per il convenuto, sviluppava gli argomenti difensivi prospettati nella memoria di costituzione. Quindi la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Va preliminarmente esplicata, ai fini del decidere e per i connessi corollari giuridici di seguito analizzati, quale sia l’esatta causa pretendi azionata dalla Procura erariale, in quanto la formulazione della citazione si caratterizza per alcune lievi incongruenze che potrebbero ingenerare, come avvenuto nel caso di specie (v. memoria di costituzione del Rossi, pp.29-30 che richiamano le pp.7-8 e 14-15 della citazione), incertezze in ordine alla individuazione del soggetto danneggiato (Comune di Usmate o Unione Europea).
Orbene, sulla scorta di una interpretazione testuale e logica della suddetta citazione e dei chiarimenti formulati dalla Procura in occasione della pubblica udienza del 25.3.2004, appare evidente che la pretesa erariale riguarda la refusione del danno di euro 27.770,00 asseritamene arrecato dal Sindaco Rossi alla Comunità Europea, pari al costo delle spese, missioni e delle trasferte all’estero del personale comunale formalmente preposto (in base al contratto 20.12.1996 intervenuto con la Commissione Europea ed alla delibera consiliare comunale n.63 del 1996) alla realizzazione del programma di gemellaggio amministrativo TACIS, costo indicato nei rendiconti e, secondo la Procura, non rimborsabile in quanto non veritiero, essendo stati reali esecutori del programma altri soggetti, in parte estranei al Comune di Usmate-Velate, non previsti nel progetto. In sintesi, tale finanziamento-rimborso, secondo la Procura, non doveva essere effettuato dalla CE in quanto il progetto TACIS doveva essere seguito e sviluppato da soggetti intranei all’ente locale, diversi da quelli realmente utilizzati dal Comune di Usmate-Velate.
Alcuna voce di danno viene invece reclamata dalla Procura istante per eventuali danni arrecati al Comune di Usmate-Velate. L’ipotesi accusatoria non verte pertanto su un danno arrecato all’Ente locale (né direttamente né indirettamente), ma solo e soltanto sul danno asseritamene arrecato all’Unione Europea.
2. Alla luce di tale preliminare chiarimento, occorre farsi carico della prioritaria eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte formulata dal convenuto, a fronte di un danno erariale asseritamene prodotto non ad un ente pubblico nazionale, ma all’Unione Europea.
Sulla complessa questione occorre precisare che a radicare la giurisdizione contabile non giovano i rari, seppur autorevoli, precedenti giurisprudenziali (ex pluribus Cass., sez.un., 22.12.1999 n.926; C.Conti reg. Lombardia, sez. giurisd., 28 marzo 2001, n. 322; C.Conti reg. Veneto, sez. giurisd., 19 gennaio 1999, n. 16) che ebbero ad affermare la giurisdizione della Corte dei Conti a fronte di cattivo utilizzo da parte di enti locali e regionali di fondi di provenienza comunitaria (es. da destinare alla formazione professionale), in quanto, nel caso di specie, non si controverte di un danno patito dall’Ente locale che, introitati finanziamenti comunitari, li abbia mal utilizzati, ma di una ben diversa evenienza, ovvero della asserita indebita erogazione ad un Comune di fondi comunitari che non dovevano essere erogati dal finanziatore per violazioni contrattuali (utilizzo di personale diverso da quello pattiziamente indicato) da parte del beneficiario: pertanto, nel caso sub iudice, il danneggiato non è, come nei precedenti giurisprudenziali cennati, il Comune preposto all’attuazione del progetto finanziato dall’Unione europea, ma l’Unione Europea finanziatrice del progetto.
Ne consegue la sostanziale novità, sul piano giurisprudenziale, della questione di giurisdizione nei termini sovraprospettati, ovvero della sussistenza o meno della potestà decisoria della Corte dei conti su danni provocati da amministratori o funzionari pubblici, nell’esercizio di attività amministrative, alla Comunità europea.
Sul punto ritiene tuttavia questa Sezione sussistere la giurisdizione contabile per i motivi infraprecisati.
Ed invero, nel silenzio di previsioni specifiche di legge sul punto, pur potendosi in base ad una interpretazione lata ipotizzare un danno diretto allo Stato italiano ritenendo, sulla scorta di autorevole dottrina, che, in un’ottica monista, la Comunità europea sia non tanto una organizzazione internazionale, ma un embrione di Stato federale caratterizzato dalla erosione delle sovranità nazionali, con conseguente danno erariale subito da tutti gli Stati membri (che, tra l’altro, contribuiscono ancora in piccola parte, anche dopo la riformulazione dell’art.269 del Trattato CE che ha introdotto il principio tendenziale, ma non assoluto, di finanziamento tramite risorse proprie della CE, al finanziamento del bilancio comunitario e ne patiscono pertanto le indebite locupletazioni) ogni qual volta subisca un danno la C.E., appare più corretto, in una prospettiva dualista (avallata dalla testuale attribuzione di autonoma personalità giuridica alla C.E. da parte del relativo Trattato), ritenere applicabile il generale disposto dell’art.1, co.4, l. 14.1.1994 n.20, secondo il quale “La Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quanto il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza”: orbene, tale norma consente testualmente di annoverare nella nozione di “amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza” anche l’Unione Europea.
Del resto il progressivo ampliamento giurisprudenziale del concetto di amministrazione pubblica suscettibile di giudizio contabile conforta tale conclusione estensiva.
A tale argomento testuale “interno” può aggiungersi, come rimarcato da attenta dottrina, che l’art. 209 (ora 280) del Trattato della Comunità europea, così come modificato dal Trattato di Maastricht, dispone che «gli Stati membri adottano, per combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere le frodi che ledono i loro interessi finanziari».
In conseguenza di tale disposizione, che pone un principio cosiddetto di «assimilazione», sul piano penalistico sono stati estesi alle sovvenzioni comunitarie i reati di malversazione (art. 316 bis del codice penale) e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis del codice penale). Inoltre, una particolare forma di reato è stata prevista dall’art. 73 della legge comunitaria 19 febbraio 1992 n. 142, in base al quale «ove il fatto non configuri il più grave reato previsto dall’art. 640 bis del codice penale, chiunque, mediante esposizione di dati o notizie false, consegue indebitamente per sé o per altri, aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEAOG) è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Quando la somma percepita è pari, o inferiore a lire venti milioni si applica soltanto la sanzione amministrativa di cui agli articoli successivi».
Il richiamato principio di assimilazione recepito dal legislatore sul piano penalistico, ad avviso della Sezione, è estensibile anche alla tutela civile e amministrativo-contabile, con conseguente applicazione delle regole della l. 14.1.1994 n.20 anche ai danni arrecati all’Unione Europea da pubblici amministratori e funzionari, e ciò anche in caso di comportamenti che non configurino vere e proprie “frodi” comunitarie (caratterizzate da intenzionalità nella condotta), ma mere “irregolarità” procedurali, non miranti ad uno scopo illecito, ma pur sempre foriere di un danno economico per la Comunità europea.
In altre parole, anche per la tutela amministrativo-contabile della Comunità europea, così come avvenuto per la tutela penale, l’interpositio legislatoris nazionale, volta a dare attuazione al principio di “assimilazione” dell’art.280 del Trattato C.E., risulta operata dal nostro legislatore attraverso l’art..1, co.4, della l. 14.1.1994 n.20, che consente a questa Corte dei conti di sindacare anche danni arrecati alla Comunità Europea, come ipotizzato dalla attrice Procura nel caso in esame.
3. Tale approdo ermeneutico favorevole alla giurisdizione di questa Corte non appare confutabile ritenendo che: a) in via generale, l’ordinamento comunitario appresti a favore della Comunità Europea un esclusivo strumento di tutela, quale la costituzione di parte civile in eventuali giudizi penali, per il recupero del danno subito o l’azione diretta nei riguardi degli Stati membri; b) nel caso sub iudice, come eccepito dalla difesa del convenuto, il contratto per il progetto TACIS sottoscritto in data 20.12.1996 per una durata annuale dal Sindaco Roberto Rossi e la Commissione Europea, devolveva espressamente alla Corte di Bruxelles le controversie negoziali (art.14 del contratto) inter partes, quindi anche gli eventuali inadempimenti e i connessi risvolti risarcitori.
A tali pervicaci rilievi può replicarsi, secondo il Collegio, richiamando il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale alcun rilievo assume l’intervenuta iniziativa diretta, transattiva, recuperatoria o risarcitoria promossa dall’amministrazione danneggiata in altra sede contro i convenuti in un giudizio innanzi alla Corte dei Conti, non comportando tale iniziativa effetti preclusivi (ma al limite decurtanti) sull’azione obbligatoria per danno erariale davanti al giudice contabile (ex pluribus C.Conti, sez.riun., 2.6.1990 n.670; id., sez.riun.,17.2.1992 n.752/A; id., sez.I, 23.9.1992 n.200; id., sez.riun., 9.12.1992 n.816/A; id., sez.giur.Sardegna 25.5.1994 n.239; id., sez.riun.10.11.1997 n.76; id., sez.Lomb., 13.3.1998 n.436; id., sez.Lombardia, 10 dicembre 2003 n.1478; Cass., sez.un., 18.12.1998 n.12708; id., sez.un., 3.2.1989 n.664; id., sez.un., 21.5.1991 n.369; id., sez.un., 27.5.1993 n.5943; C.cost., 7.7.1988 n.773): un immanente limite a tali conclusioni giurisprudenziali va rinvenuto nel divieto di duplicazione di condanna, in sede ordinaria (civile o penale) e contabile, per il medesimo fatto, circostanza eccepibile in sede di esecuzione e di opposizione all’esecuzione, ove potrà evidenziarsi da parte dei convenuti l’intervenuto parziale saldo, in sede civile, penale o transattiva, degli importi oggetto di condanna definitiva in sede giuscontabile.
Adattando tale condivisibile approdo giurisprudenziale al caso di specie, può concludersi che la presenza di paralleli strumenti civilistici volti al recupero, innanzi ad altro giudice (ordinario o Corte di Bruxelles), del danno arrecato alla Commissione europea, non preclude l’azione giuscontabile, che risulta parallelamente e liberamente esperibile e che incontra solo un possibile limite (decurtante) al proprio potere di condanna dall’eventuale previo giudicato di altro giudice pronunciatosi sulla medesima questione (circostanza non riscontrabile nel caso in esame, caratterizzato dalla mancanza di qualsiasi iniziativa autonoma della Commissione europea).
Né rilievo alcuno assume, per identici motivi, la clausola contenuta nell’art.14 del contratto 20.12.1996 citato, che devolveva il contenzioso contrattuale tra l’UE e il Comune di Usmate –Velate sull’esecuzione del TACIS alla Corte di Bruxelles: tale clausola non esclude, difatti, la proponibilità di altri strumenti di tutela, quali quello giuscontabile, configurandosi la giurisdizione della Corte dei Conti a fronte di qualsiasi danno erariale e prescindendo la stessa, per i suoi connotati pubblicistici, da eventuali deroghe pattizie.
4. Può dunque passarsi alla successiva preliminare eccezione formulata dal convenuto e concernente la asserita prescrizione dell’azione erariale alla luce del termine quadriennale della prescrizione del danno alle finanze comunitarie statuito dall’art.3 del regolamento del Consiglio europeo 18.12.1995 n.2988/199.
E’ agevole osservare, sul punto, che detto termine prescrizionale quadriennale trova testuale applicazione per le “sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario” (art.1, co.1, reg.n.2988/199 del 1995 cit.) e che, comunque, è consentito agli Stati membri di applicare “un termine più lungo di quello (quadriennale, n.d.r.) previsto rispettivamente al paragrafo 1” (art.3, co.3, reg.n.2988/199 del 1995 cit.).
Nel caso in esame, in cui risulta proposta in questa sede la generale azione giuscontabile da parte della Procura erariale e non già l’azione della Commissione volta a comminare “sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario”, il termine prescrizionale è quello quinquennale di cui all’art.1, co.2, l. n.20 del 1994, decorrente, nell’ipotesi in esame, dalla data dell’introito da parte del Comune di Usmate-Velate delle somme asseritamene non dovute dall’Unione europea, ovvero dal 1.12.1998 (reversale 1513 del Comune), e non già, come erroneamente ritenuto dalla difesa del Rossi, dalla data dagli esborsi sostenuti dal Comune di Usmate nel periodo 1997-marzo 1998.
L’eccezione di prescrizione formulata dal Rossi è dunque infondata.
5. Le conclusioni a cui è pervenuto il Collegio ai precedenti punti 3) e 4) dispensa lo stesso dalla rimessione della causa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ex art.234 del Trattato CE, invocata dalla difesa del Rossi, stante la possibile pregiudizialità della questione concernente la sussistenza o meno della giurisdizione contabile su danni asseritamene arrecati alle finanze comunitarie e della questione relativa alla possibilità, per la Corte dei conti, di azionare pretese sanzionatorie a tutela delle finanze comunitarie in base al regolamento del Consiglio europeo 18.12.1995 n.2988/1995 osservando il termine prescrizionale quadriennale dell’art.3 del regolamento citato.
La necessità di tale rimessione appare superata dalla affermata sussistenza della giurisdizione contabile sulla questione in esame e dalla inapplicabilità del termine prescrizionale quadriennale invocato dal convenuto.
6. Venendo dunque al merito della controversia, ritiene il Collegio che la domanda attorea sia infondata e vada rigettata.
Ed invero, la Procura attrice ipotizza, come detto, un danno di euro 27.770,00 asseritamene arrecato dal Sindaco Rossi all’Unione Europea, pari al costo delle spese, missioni e delle trasferte all’estero del personale comunale formalmente preposto (in base al contratto 20.12.1996 intervenuto con la Commissione Europea ed alla delibera consiliare comunale n.63 del 1996) alla realizzazione del programma di gemellaggio amministrativo TACIS, costo indicato nei rendiconti e, secondo la Procura, non rimborsabile in quanto non veritiero, essendo stati reali esecutori del programma altri soggetti, in parte estranei al Comune di Usmate-Velate, non previsti nel progetto. In sintesi, tale finanziamento-rimborso non doveva essere effettuato dall’UE in quanto il progetto TACIS doveva essere seguito e sviluppato da soggetti intranei all’ente locale, diversi da quelli realmente utilizzati dal Comune di Usmate-Velate.
Orbene, tale ipotesi accusatoria, a prescindera dalla discutibile bontà della quantificazione dell’importo reclamato (seriamente messa in dubbio dalla difesa del Rossi in relazione alle voci per rimborsi per alcuni funzionari e soggetti preposti al progetto de quo, per i quali, in realtà, non è stato richiesto alcun rimborso alla C.E., o per i quali i costi sono stati personalmente sopportati dal Rossi, circostanza riconosciuta dalla stessa Procura in occasione dell’udienza pubblica del 25.3.2004), non dubita dell’avvenuta, fattuale, realizzazione degli obiettivi del progetto TACIS, le cui risultanze finali, come documentato dalla copiosa documentazione agli atti depositata dalla difesa del Rossi (v. in particolare dich.ni elogiative dei dirigenti del Comune di Vetka e relazione prof.Marcello Balbo), sono state sottoposte agli organismi comunitari, che non hanno formulato rilievo alcuno, segno inequivoco della incontestata accettazione della bontà della realizzazione.
Ne consegue, come rettamente rilevato dalla difesa del Rossi, che nel caso di specie, anche a voler ritenere che i vizi formali (sostituzione/integrazione dei dipendenti comunali formalmente impegnati nel progetto Tacis con soggetti diversi, in parte estranei al Comune di Usmate-Velate) cui fa riferimento la Procura siano fondati (ma la difesa del Rossi ha fornito idonee giustificazioni sul punto, chiarendo che la figlia e la moglie del convenuto hanno partecipato a viaggi connessi al Tacis con spese a carico del Rossi, che i nominativi diparteners esterni sono stati comunicati senza rilievi all’UE, che alcun rimborso è stato richiesto per parteners esterni, ed ha comprovato che l’Unione europea è stata notiziata di tutte le fasi di esecuzione del progetto senza formulare censure), lo scopo cui tendeva il TACIS è stato perseguito: realizzare tra il Comune di Usmate-Velate (Milano) e il Comune di Vetka (Bielorussia) un programma “ambiente e qualità della vita” (su protezione civile, gestione rifiuti, gestione verde urbano, educazione ambientale nelle scuole) nell’ambito del gemellaggio amministrativo con città del Tacis Twining service and administration, sia europee (paesi c.d. UE) che della disgregata URSS (paesi c.d. NIS), avente come finalità il miglioramento gestionale, amministrativo e tecnico, di enti e Comunità locali interessati a migliorare la propria efficienza attraverso il trasferimento di know-how da parteners UE a parteners NIS e la formazione pratica e continua di dirigenti locali dei paesi NIS.
Non vi è stato dunque alcun utilizzo di fondi pubblici comunali per finalità diverse da quelle relative al progetto finanziato come nei precedenti giurisprudenziali sovrarichiamati e come riconosciuto dalla stessa Procura nell’udienza del 25.3.2004.
Si verte pertanto, nel caso di specie, in una manualistica applicazione del principio dell’art.1, co.1-bis, l. n.20 del 1994, secondo cui “Nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità”. Ed invero, sia l’Unione europea finanziatrice che i Comuni gemellati hanno beneficiato degli obiettivi formativi cui tendeva il TACIS.
Tale conclusione non è smentita dalla Procura contabile, né può il Collegio effettuare un officioso riscontro in ordine al perseguimento di tali obiettivi, trattandosi di valutazioni discrezionali insindacabili, devolute alla cognizione dell’ente comunitario finanziatore, che gode di idonei poteri di verifica e controllo sui finanziamenti erogati, a cui non può sopperirsi con inchieste amministrative svolte dal Comune di Usmate-Velate senza idonea garanzia del contraddittorio e da soggetti privi di terzietà (essendo la commissione comunale preposta all’inchiesta sui fatti oggetto di causa di composizione politica e non tecnica), che non hanno effettuato alcun riscontro investigativo presso il soggetto danneggiato, ovvero l’Unione europea.
La domanda va dunque rigettata. Nulla per le spese di lite.
7. Da ultimo osserva incidentalmente il Collegio che la difesa del Rossi, in memoria di costituzione, ha richiesto la chiamata in causa dell’Assicurazione Lloyd’s a garanzia dell’eventuale condanna del Rossi, beneficiario di garanzia per danni da illecito amministrativo-contabile a seguito di contratto sottoscritto dal contraente Comune di Usmate-Velate a favore di propri amministratori e dipendenti.
Poichè la sottoscrizione di tale polizza, con premio a carico del Comune per danni arrecati, al medesimo Comune, da propri dipendenti, beneficiari della copertura assicurativa, potrebbe, secondo l’univoco indirizzo di questa Corte, configurare un illecito amministrativo-contabile per esborso contra legem attuativo di contratto nullo ex art.1343, 1418 e 1411 (in quanto in contrasto con l’art.28 cost., con la legge 14.1.1994 n.20 e privo di idoneo interesse in capo al contrante ente locale), la Sezione dispone la doverosa trasmissione della presente sentenza alla Procura Regionale Lombardia della Corte dei Conti, affinchè valuti la sussistenza di un danno erariale in quest’ultima scelta negoziale dei vertici del Comune di Usmate-Velate che deliberarono la firma della polizza cennata.
P.Q.M.
La sezione giurisdizionale, definitivamente pronunciando, affermata la propria giurisdizione, rigetta la domanda nei confronti di Rossi Roberto. Nulla per le spese di lite.
Dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura Regionale della Regione Lombardia della Corte dei conti per la valutazione circa la sussistenza del danno erariale di cui al punto 7. della parte motiva della presente sentenza.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 25.3.2004.
Il magistrato estensore Il Presidente
Vito Tenore Giuseppe Nicoletti