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n. 7-8/2007 - © copyright

SALVATORE BIANCA*

La stabilizzazione dei precari in Sicilia

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SOMMARIO: 1. Premessa 2. La stabilizzazione prevista dal Decreto legge 10/11/1978, n. 702 3. La stabilizzazione delle norme sull’occupazione giovanile 4. I lavoratori socialmente utili 5. Misure di fuoriuscita dal bacino dei lavoratori socialmente utili 5.a) Esternalizzazioni di servizi 5. b) Contratti quinquennali di diritto privato 5.c) Contratti di collaborazione coordinata e continuativa e lavori a progetto 5.d) assunzioni ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni. 5.e) assunzioni ai sensi dell'articolo 78, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e successive modifiche ed integrazioni presso la Regione o altri enti locali e gli enti sottoposti a controllo e/o vigilanza dalla stessa. 6. Misure di stabilizzazione definitive 7. La stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296). 8. La coerenza legislativa e la costituzionalità delle misure di stabilizzazione  8.a) la coerenza legislativa 8.b) la costituzionalità delle misure di stabilizzazione.

1. Premessa

La legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), composta di un articolo unico suddiviso in 1365 commi, contiene una serie cospicua di norme volte alla stabilizzazione del precariato.

Non è la prima volta che le leggi finanziarie si occupano di stabilizzazione, ovverosia di sanatoria di posizioni lavorative nella pubblica amministrazione che non hanno la veste di assunzioni a tempo indeterminato, essendo, queste ultime, ritenute la forma normale di occupazione atte a costituire una prospettiva di vita stabile e serena.

Oltre a stabilizzare il precariato proveniente da settori ben determinati ( si pensi alla stabilizzazione operata con l’artico 12 della legge 28 ottobre 1986 n. 730 del personale convenzionato o assunto temporaneamente per fronteggiare le calamità naturali ed istruire le pratiche del terremoto o a quella dei tecnici assunti per istruire le pratiche di sanatoria edilizia, ex articolo 30 della legge regionale n. 37/85) il nostro ordinamento negli anni ha disciplinato casi generali di stabilizzazione in massa del precariato.               

2. La stabilizzazione prevista dal Decreto legge 10/11/1978, n. 702

Già nel 1978 con il Decreto legge 10/11/1978, n. 702, convertito in legge con legge 8/1/1979, n. 3, contenente “Disposizioni in materia di finanza locale”, il legislatore aveva previsto all’articolo 5 la stabilizzazione generalizzata del personale precario assunto negli enti locali, purché in servizio alla data del 30 settembre 1978.

La sistemazione in ruolo era estesa anche nei confronti di personale di società a prevalente partecipazione di enti locali, previa delibera di scioglimento da parte del consiglio comunale e dopo attivate le procedure di liquidazione.

Veniva escluso dalla stabilizzazione soltanto il personale a contratto professionale o assunto per supplenza o per compiti specifici limitati nel tempo (stagionali) o con un rapporto di servizio a tempo parziale e/o di durata limitata nel corso dell’anno.

Il procedimento di stabilizzazione era alquanto semplice, posto che l’immissione in ruolo avveniva mediante concorso interno per soli titoli, riservato ai precari, nei posti di organico di pari qualifica o livello, risultanti dal provvedimento di ristrutturazione degli uffici e dei servizi che gli enti avevano l’obbligo di adottare.

Il personale che non avesse trovato sistemazione in ruolo per non essersi utilmente collocato nella graduatoria per mancanza di posti in organico, sarebbe stato collocato in posizione soprannumeraria, salvo successivo graduale assorbimento nel ruolo ordinario da operare entro il periodo massimo di un quinquennio.

Come è facile arguire le procedure selettive interne erano soltanto formali dovendo, in ogni ipotesi, essere stabilizzati tutti i precari in servizio alla data del 30/9/1978.

Nelle more delle procedure il comma 14 consentiva la conferma del personale non di ruolo alle dipendenze dell’ente.

Il comma 13 conteneva, infine, una dichiarazione di buoni propositi stabilendo che le nuove assunzioni sarebbero dovute avvenire solo per pubblico concorso o per prova pubblica selettiva, consentita per il personale salariato e ausiliario.

Alla luce di tali norme tutti gli enti locali, compresi quelli siciliani, procedevano alla stabilizzazione in massa del personale precario.

3. La stabilizzazione delle norme sull’occupazione giovanile

Nel frattempo veniva emanata la legge 1 giugno 1977, n. 285, contenente “Provvedimenti per l’occupazione giovanile”, emanata allo scopo di incentivare l’impiego straordinario di giovani in attività che presentavano concrete prospettive occupazionali.

La legge finanziava programmi regionali di lavoro produttivo per opere e servizi socialmente utili e promuoveva la costituzione di cooperative di produzione e lavoro, stanziando delle risorse finanziarie per il 1977 e per i tre anni successivi.

Presso le sezioni di collocamento veniva istituita una lista speciale nella quale si potevano iscrivere i giovani non occupati, residenti nel Comune.

L’articolo 26 consentiva alle amministrazioni di predisporre dei programmi di servizi nei settori dei beni culturali e ambientali, patrimonio forestale, difesa del suolo e censimento delle terre incolte, turismo e ricettività, etc.

Le amministrazioni pubbliche e gli enti responsabili dell’attuazione dei progetti dovevano presentare alla sezione di collocamento competente per territorio la richiesta numerica dei giovani iscritti nelle liste speciali di età compresa tra i 18 e i 29 anni per essere utilizzati nell’attuazione dei progetti medesimi, con l’indicazione delle qualifiche richieste.

Potevano, inoltre, essere stipulate convenzioni con cooperative di giovani iscritti nelle suddette liste speciali.

In Sicilia la predetta legge 285/1977, veniva integrata con legge regionale n. 37 del 18/8/1978, che conteneva, fra l’altro, l’ampliamento dei settori di attività nei quali si poteva intervenire con la legge dello Stato.

Venivano costituite numerose cooperative ed avviati numerosi progetti e, naturalmente, i nostri governanti si posero subito il problema della stabilizzazione del nuovo precariato che, si suppone, sia stato creato in buona fede.

La stabilizzazione avveniva con il D. L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito con modificazioni, nella legge 29/2/1980, n. 33.

L’articolo 26 di tale legge, come sostituito dalla legge 6 febbraio 1981, n. 21, previde la proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni ai sensi della legge 285/1977, sino all’espletamento di esami di idoneità da parte delle stesse amministrazioni..

Nel periodo di proroga dei contratti i giovani dovevano essere addetti a tempo pieno ad un’attività lavorativa corrispondente alla qualifica professionale in base alla quale era avvenuta l’assunzione.

I giovani che superavano l’esame erano iscritti in graduatorie istituite per ogni ruolo organico esistente presso ciascuna amministrazione e continuavano a svolgere la propria attività presso la stessa amministrazione con rapporti di lavoro a tempo indeterminato fino all’ammissione nei ruoli.

L’iscrizione nella graduatoria avveniva secondo l’ordine cronologico determinato dalla data in cui aveva avuto inizio il progetto specifico.

Con l’articolo unico della legge 22 dicembre 1984, n. 894, per i giovani che non avevano superato l’esame di idoneità veniva istituita un sessione suppletiva per l’immissione nei ruoli delle rispettive amministrazioni nella qualifica iniziale della carriera immediatamente inferiore a quella per la quale non avevano superato l’esame di idoneità.

La stabilizzazione in Sicilia avveniva con la legge 2 dicembre 1980, n. 125, sempre attraverso un esame di idoneità, ed al pari dello Stato con legge regionale 9/5/1986, n. 21, per coloro che non avevano superato l’esame di idoneità veniva svolta una sessione suppletiva per l’immissione in servizio nella qualifica iniziale della carriera immediatamente inferiore a quella per la quale non avevano superato l’esame di idoneità.

L’esame di idoneità veniva esteso a tutti coloro che erano stati chiamati, per almeno quattro mesi, a sostituire esclusivamente soci assenti per il servizio militare obbligatorio o per gravidanza, per dimissioni volontarie o per decesso.

I giovani che non trovavano posto nei ruoli organici delle amministrazioni dovevano essere inquadrati in soprannumero con l’obbligo di riassorbimento nella pianta organica, essendo nel frattempo stabilito il divieto di nuove assunzioni (articolo 5 comma 10 della legge 16 maggio 1984, n. 138) sino al totale riassorbimento del personale soprannumerario.

Anche detta stabilizzazione che ha riguardato migliaia di giovani si è quindi risolta in pura formalità essendo i precari stati assunti tutti a tempo indeterminato.

4. I lavoratori socialmente utili

Una volta stabilizzati i giovani della legge statale 285/77 e legge regionale n. 37/78 si è presentato nuovamente il problema di come creare ulteriore precariato per poi procedere ad una nuova stabilizzazione.

Sicché con l’articolo 23 della legge 11/3/1988, n. 67, contenente “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato”, il Ministero del lavoro è stato autorizzato per gli anni 1988, 1989 e 1990 a finanziare la realizzazione nei territori del Mezzogiorno di iniziative a livello locale, temporalmente limitate, consistenti nello svolgimento di attività di utilità collettiva mediante l’impiego a tempo parziale, di giovani di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni, privi di occupazione ed iscritti nella prima classe delle liste di collocamento.

Le iniziative, di durata limitata e tendenti a creare occasioni di lavoro, potevano essere proposte anche da amministrazione pubbliche nella forma di progetti che dovevano essere approvate dalla commissione regionale per l’impiego per essere ammesse a finanziamento.

Al comma 7 la norma aveva cura di precisare che l’utilizzazione dei giovani non comportava l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato e che la prestazione doveva svolgersi a tempo determinato per un orario non superiore a ottanta ore mensili.

La durata massima dei progetti era fissata in 12 mesi, prorogabili fino a 24 mesi.

Ai giovani utilizzati dalle amministrazioni veniva riconosciuta un’indennità per ogni ora di prestazione effettuata.

Naturalmente la Regione siciliana interveniva con proprie norme integrative stabilendo, con legge 21/9/1990, n. 36, che la Commissione regionale per l’impiego era facultata ad ammettere a finanziamento progetti di utilità collettiva della durata di dodici mesi, aventi ad oggetto lo svolgimento di attività integrative o di completamento di quelle realizzate in attuazione dei progetti approvati nell’anno 1988 in base all’articolo 23 della legge n. 67/88.

I progetti venivano estesi ai settori dell’informatica e della telematica, dell’agricoltura specializzata, dell’agriturismo, dei servizi sociali, dell’animazione socio-culturale, della tutela dell’ambientale, del turismo, dei beni culturali, della protezione civile, etc.

Con l’articolo 18 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25 venivano previsti ulteriori interventi integrativi con la possibilità di presentare nuovi progetti anche in materia di custodia, tutela e manutenzione di impianti ed uffici pubblici e di beni demaniali, assistenza sociale, informatica, telematica e nuove tecnologie applicate ad uffici e servizi pubblici, etc.

I progetti di utilità collettiva sono stati annualmente prorogati da parte dell’assemblea Regionale siciliana che ha assunto a proprio carico gli oneri finanziari connessi all’utilizzazione dei lavoratori. Ciò ha comportato la creazione di un notevole bacino di precariato composto da diverse decine di migliaia di giovani che nonostante siano trascorsi circa 20 anni dall’emanazione della legge n. 67/88 la Regione non riesce a stabilizzare a causa dell’elevato numero e delle relative necessarie cospicue risorse finanziarie.

Ai lavoratori di cui all’articolo 23 legge 67/88 si sono aggiunti i lavoratori socialmente utili previsti dal decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, che disciplina l’utilizzazione di lavoratori titolari del trattamento straordinario di integrazione salariale, del trattamento di indennità di mobilità e di altro trattamento speciale di disoccupazione, il cui utilizzo diretto da parte delle pubbliche amministrazioni è previsto dall’articolo 7 legge citata.

Si consente agli enti locali di poter utilizzare in lavori socialmente utili i lavoratori provenienti dalle aziende in crisi posti in cassa integrazione guadagni.

Senza dilungarsi sui molteplici interventi normativi di questi ultimi anni si richiama tra le più importanti la legge regionale 26/11/2000, n. 24 che ha dettato disposizioni per l’inserimento lavorativo dei soggetti utilizzati nei lavori socialmente utili.

La legge prevede che gli enti debbono adottare con provvedimento dell’organo esecutivo dell’ente un programma di fuoriuscita dal bacino dei lavoratori socialmente utili di tutti i soggetti utilizzati presso l’ente, compresi i lavoratori in CIGS, con l’esplicita individuazione delle misure di fuoriuscita previste dalla normativa vigente.

5. Misure di fuoriuscita dal bacino dei lavoratori socialmente utili

Le misure di fuoriuscita sono dettate dall’articolo 25 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21 e comprendono:

a) esternalizzazioni di servizi ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, come modificato dall'articolo 21 della legge 31 ottobre 2003, n. 306. Sono fatte salve le procedure dell'affidamento attraverso il rinnovo di convenzioni con cooperative costituite da ex lavoratori LSU - di cui all'articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67, recepita con la legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (LPU) e con cooperative costituite da ex lavoratori fruitori di trattamenti previdenziali - per l'esternalizzazione dei servizi ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, a condizione che siano state stipulate, comunque, prima dell'entrata in vigore della legge 31 ottobre 2003, n. 306;

b) contratti quinquennali di diritto privato;

c) contratti di collaborazione coordinata e continuativa e lavori a progetto;

d) assunzioni ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni;

e) assunzioni ai sensi dell'articolo 78, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e successive modifiche ed integrazioni presso la Regione o altri enti locali e gli enti sottoposti a controllo e/o vigilanza dalla stessa.

Ulteriori misure di stabilizzazione sono state previste dalla legge regionale 14 aprile 2006, n. 16, contenente “Misure per la stabilizzazione del personale precario proveniente dal regime transitorio dei lavori socialmente utili. Disposizioni varie.”

La particolarità di quest’ultima legge sta nell’aver stabilito la predisposizione di un elenco speciale su base provinciale dei soggetti destinatari delle misure di stabilizzazione e nell’avere previsto all’articolo 5 che, limitatamente alle sole quote riservate ai lavoratori socialmente utili, tutti gli enti per la copertura dei posti della propria dotazione organica, provvedono a redigere, ogniqualvolta dovessero rendersi vacanti, una graduatoria per titoli, in relazione ai requisiti posseduti alla data di selezione medesima.

Ciascun lavoratore è inserito, previa domanda, nelle graduatorie di più enti secondo modalità ancora da stabilirsi a cura dall’Assessorato regionale al lavoro.

Il legislatore regionale con l’articolo 6 comma 2, norma a dir poco misteriosa e di dubbia ragionevolezza, in quanto contrasta palesemente con l’autonomia organizzativa degli enti locali, ha riconosciuto ai lsu una facoltà di scelta delle modalità di stabilizzazione che ritengano di maggiore tutela delle loro posizioni, qualora detti piani di stabilizzazione non siano ancora conclusi alla data di entrata in vigore della legge.

Nel corso degli anni, al contrario dei principi di efficienza, economicità e riduzione del costo del lavoro pubblico, stabiliti dall’articolo 1 del testo unico sul pubblico impiego, approvato con Dlgs n. 165/2001, lo scopo principale degli enti è divenuto per volontà legislativa la stabilizzazione dei precari e non l’efficiente erogazione dei servizi.

Prima di soffermarsi sulle singole misure occorre precisare che alcune di esse non sono vere e proprie misure di stabilizzazione, ma più semplicemente misure di fuoriuscita dal bacino dei lavori socialmente utili per entrare paradossalmente nel precariato, tenuto conto che lo status di lsu non determina per legge alcun rapporto di lavoro con l’ente che utilizza il lavoratore a cui è riconosciuto dall’Inps soltanto un sussidio di disoccupazione (Giurisprudenza costante: v. in tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2003, n. 1301-1307; 18 marzo 2003, n. 1424; 17 settembre 2003, n. 5278; 31 agosto 2004 n. 5726; 27 giugno 2007 n. 3664).

5.a) Esternalizzazioni di servizi.

Al fine di favorire la ricollocazione dei lavoratori già impiegati in lavori socialmente utili e la nascita di nuova imprenditorialità è stata prevista la possibilità di costituire società miste aventi ad oggetto attività uguali, analoghe o connesse a quelle oggetto dei progetti di lsu svolti, nonché di affidare a terzi lo svolgimento delle stesse attività, prevedendo come condizione essenziale l'occupazione di un numero di soggetti già impegnati nei progetti.

Alla scadenza sono state fatte salve le procedure di rinnovo delle convenzioni con le cooperative appositamente costituite.

La norma sull’affidamento diretto deve naturalmente conciliarsi con l’obbligo giuridico per le pubbliche amministrazioni di indire procedure di evidenza pubblica, specialmente nel caso di affidamenti sopra soglia, per i quali la normativa comunitaria, che impone il ricorso a tali procedure pubbliche, prevale su quella interna.

5. b) Contratti quinquennali di diritto privato

I contratti quinquennali di diritto privato costituiscono la misura di fuoriuscita preferita dai lavoratori socialmente utili.

Le ragioni di tale preferenza sono facilmente intuibili e si rinvengono nell’aspettativa dei lavoratori di continuare a lavorare negli enti sino alla stabilizzazione definitiva.

Vi sono realtà locali dove il numero dei contrattisti ha superato il contingente di ruolo.

Come noto i contratti a tempo determinato si collocano al di fuori della dotazione organica, tuttavia ai lavoratori a termine si applicano in quanto compatibili gli istituti contrattuali disciplinati dai contratti collettivi nazionali di lavoro (vedi articolo 1 dei CC.CC.NN.LL. del comparto regioni ed enti locali 22/1/2004 e 9/5/2006).

Ciò comporta dei contrasti all’interno degli enti in ordine alla distribuzione del salario accessorio, ovverosia del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività.

Il legislatore regionale si è preoccupato di precisare al comma 2 dell’articolo 77 della legge regionale 28/12/2004, che le disposizioni di cui al decreto legislativo 6/9/2001, n. 368, non si intendono applicabili ai contratti a termine volti alla stabilizzazione dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili.

Quest’ultimo decreto riguarda l’attuazione della direttiva 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, e all’articolo 5 disciplina la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato nel caso di successione di contratti a termine.

In attuazione della direttiva comunitaria il decreto prevede, fra l’altro:

-                      la conversione a tempo indeterminato se alla scadenza del termine il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi;

-                      la conversione a tempo indeterminato nel caso di due assunzioni successive senza soluzione di continuità.

Sulla riferibilità, in via generale, del decreto legislativo n. 368/2001 anche alle pubbliche amministrazioni non sono sorti particolari dubbi, essendo la normativa ritenuta applicabile sin dal suo esordio.

Tuttavia, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato non si verifica oltre che per il disposto della legge regionale anche per effetto dell’art. 36 2° comma del D. lvo n. 165/200, secondo cui “la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave”.

La compatibilità di quest’ultima norma col diritto comunitario è stata di recente riconosciuta dalla Corte di Giustizia della comunità europee con sentenza del 7 settembre 2006.

Nonostante trascorrano parecchi anni dalla prima assunzione ne consegue l’impossibilità di invocare trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.

5.c) Contratti di collaborazione coordinata e continuativa e lavori a progetto

Tali contratti costituivano la forma ordinaria di fuoriuscita dal bacino dei lavori socialmente utili prima del 2003, non essendo allora prevista la possibilità di costituire rapporti di lavoro a tempo determinato.

Dopo la previsione di tale misura i rapporti di collaborazione sono stati trasformati in contratti di lavoro a tempo determinato.

5.d) assunzioni ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni

Tale norma prevede che ai lavoratori socialmente utili viene riservata da parte degli enti che li utilizzano una quota del 30 per cento dei posti da coprire mediante avviamento a selezione di cui all’articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni ed integrazioni.

Si tratta di posti riconducibili alla categoria B1, ex quarta qualifica funzionale.

         5.e) assunzioni ai sensi dell'articolo 78, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e successive modifiche ed integrazioni presso la Regione o altri enti locali e gli enti sottoposti a controllo e/o vigilanza dalla stessa

Il comma 6 dell'art. 78 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)", così dispone:
"6. In deroga a quanto disposto dall'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e limitatamente agli anni 2001, 2002 e 2003, le regioni e gli altri enti locali che hanno vuoti in organico e nell'ambito delle disponibilità finanziarie possono, relativamente alle qualifiche di cui all'articolo 16 della legge
28 febbraio 1987, n. 56, effettuare assunzioni di soggetti collocati in attività socialmente utili”.

La facoltà di ricorso a tale forma di assunzione è stata prorogata nella regione siciliana anche per gli anni successivi ed ancora oggi trova applicazione per effetto dell’articolo 5 della legge regionale 14/4/2006, n. 16, che ha genericamente prorogato sino al 31 dicembre 2007 i termini previste per le riserve, le priorità, le precedenze e preferenze in favore dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili per i concorsi pubblici e per le assunzioni.

Pur di essere assunti nei ruoli organici degli enti alcuni lavoratori, ancor quando in possesso dei relativi requisiti di studio e professionali, hanno rinunciato alla categoria superiore accettando l’inquadramento nella categoria giuridica B1.

In questo modo nel solo Comune di Palermo ne sono stati già definitivamente stabilizzati più di quattrocento.

6. Misure di stabilizzazione definitive

Le ultime due misure riguardano i lavoratori che possono essere inquadrati sino alla categoria B1 e si risolvono in vere e proprie stabilizzazioni a tempo indeterminato.

Un ulteriore definitiva stabilizzazione è rappresentata dal citato articolo 5 della legge regionale n. 16/2006 (non ancora applicata) che prevede, limitatamente alle sole quote riservate ai lavoratori socialmente utili e per la copertura dei posti della propria dotazione organica, la redazione a cura degli enti di una graduatoria per titoli, in relazione ai requisiti posseduti alla data di selezione medesima.

La norma si riferisce ai posti della categoria giuridica B3 a salire sino alla categoria D3.

Per l’applicazione delle misure definitive di stabilizzazione è necessario che i corrispondenti posti siano previsti nella dotazione organica dell’ente e la copertura deve essere preceduta dall’approvazione del programma triennale del fabbisogno del personale ex articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

7. La stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).

A questo punto si pone il problema se la stabilizzazione prevista dal comma 558 della legge finanziaria statale trovi applicazione per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati come misura di fuoriuscita dal bacino dei lavoratori socialmente utili.

Tale norma prevede la stabilizzazione del personale precario, da attuare mediante la trasformazione dei contratti di lavoro subordinato a termine in rapporti lavorativi a tempo indeterminato, con esclusione dei profili dirigenziali.

Tralasciando i problemi di interpretazione che la norma già di per sé pone e per i quali si rinvia alle circolari ministeriali già emanate, si evidenzia che sono interessati i dipendenti che si trovano in una delle seguenti condizioni:

a)                 essere in servizio da almeno tre anni anche non continuativi;

b)                 maturare tale requisito in virtù di contratti stipulati entro la data del 29 settembre 2006;

c)                 essere in possesso del requisito di servizio nell’ultimo triennio.

Se si accede alla tesi che lo scopo della norma è quello di stabilizzare il personale assunto dalle pubbliche amministrazioni per far fronte al blocco delle assunzioni, disposto dalle varie finanziarie succedutesi nel tempo che hanno costretto gli enti a ricorrere a personale precario per soddisfare le relative esigenze di organico, la stabilizzazione della finanziaria statale non trova applicazione per la ragione che i contratti a tempo determinato stipulati per la fuoriuscita dal precariato hanno svolto la funzione di ammortizzatori sociali per fronteggiare la disoccupazione.

Il Dipartimento della funzione pubblica rinviene la finalità delle disposizioni nell’obiettivo di sanare una situazione di fatto creatasi in conseguenza di un utilizzo improprio delle tipologie di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA - DIRETTIVA 30 aprile 2007).

Tuttavia, siccome l’indiscutibile chiarezza del dato letterale prevale sullo spirito della norma non ci sono ragioni per escluderne l’applicazione.

Semmai, essendo la stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria statale demandata al potere discrezionale degli enti e non avendo il legislatore regionale ancora adottato alcuna decisione, gli enti locali della Sicilia non hanno alcun interesse ad applicare tale misura per evitare di perdere i finanziamenti concessi nel caso di applicazione delle misure di stabilizzazione regionale.

 8. Sulla coerenza legislativa e costituzionalità delle misure di stabilizzazione

8.a) la coerenza legislativa

Sono passati oltre 15 anni da quando è stato avviato il processo di riforma della pubblica amministrazione iniziato con l’emanazione della legge n. 241/90 sul procedimento amministrativo.

Il disegno riformatore portato avanti dal Governo riguarda sia l’attività amministrativa che il rapporto della stessa con gli organi politici e burocratici.

La riforma ha comportato un modo diverso di pensare l’organizzazione e il lavoro pubblico, e a tal fine sono stati introdotti strumenti altamente innovativi per gestire le risorse umane in modo flessibile e offrire al personale nuove prospettive di sviluppo e carriera.

Le disposizioni in materia di pubblico impiego emanate negli ultimi anni sono confluite nel Decreto legislativo 30/3/2001 n. 165, contenente “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, adottato “per il riordino delle norme, diverse da quelle del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, che regolano i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, apportando le modifiche necessarie per il migliore coordinamento delle diverse disposizioni” (art. 8 comma 1 legge 8/3/1999 n. 50).

Con l’articolo 1 del testo unico vengono individuati i principi che reggono l’organizzazione e i rapporti di lavoro nel rispetto dell’articolo 97 della costituzione.

La disciplina mira a:

a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell'Unione europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;

b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;

c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quello del lavoro privato.

In base all’articolo 2 dello stesso decreto l’organizzazione deve ispirarsi, fra l’altro a criteri di funzionalità, rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità, e ampia flessibilità, nonché garanzia dell'imparzialità e della trasparenza dell'azione amministrativa.

Infine, l’articolo 36 disciplina le forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale prevedendo che le pubbliche amministrazioni si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo.

Dalla lettura delle norme emerge che la razionalizzazione dell’organizzazione attraverso la riduzione del costo del lavoro e il ricorso a forme contrattuali flessibili costituiscono il cavallo di battaglia della riforma del pubblico impiego e mal si conciliano con procedure di stabilizzazione di massa.

Alle pubbliche amministrazioni non può essere affidato il ruolo di ammortizzatori sociali.

Le assunzioni debbono essere limitate agli effettivi fabbisogni e finalizzate all’erogazione dei servizi e all’efficace ed efficiente funzionamento della macchina amministrativa e non alla stabilizzazione dei precariato.

A dimostrazione del ruolo di ammortizzatori sociali conferito agli enti locali, oltre quanto sopra detto, è sufficiente richiamare il comma 559 dell’attuale legge finanziaria 2007, a mente del quale il personale proveniente dai consorzi agrari può essere inquadrato a domanda presso gli enti locali nei limiti delle dotazioni organiche vigenti alla data di entrata in vigore della legge.

8.b) la costituzionalità delle misure di stabilizzazione

In questi ultimi anni la Corte costituzionale si è occupata in più occasioni di misure di stabilizzazione, ribadendo alcuni fondamentali principi in materia di accesso all’impiego presso le pubbliche amministrazioni.

La consulta ha sempre dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che prevedono concorsi che non sono aperti alla generalità dei cittadini.

Il principio della regola del concorso pubblico è stato di recente ribadito con sentenza 9 novembre 2006 n. 363, avendo la Corte sancito che Il concorso pubblico – quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito – costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. Esso è posto a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa. Le eccezioni a tale regola consentite dall’art. 97 Cost., purché disposte con legge, debbono rispondere a «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» (sentenza n. 81 del 2006). Altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie più o meno ampie di persone (sentenza n. 205 del 2006). Perché sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost., l’area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso”.

Invero dal quadro normativo sopra delineato risulta che la maggior parte dei dipendenti pubblici viene assunta attraverso meccanismi che tendono ad eludere il principio del pubblico concorso, tanto da indurre uno studioso (Eduardo Racca sul numero 16 del 21 aprile 2007 della rivista Enti locali del Sole 24 ORE) a proporre la modifica dell’articolo 97 della costituzione nel seguente modo:

 “Agli impieghi pubblici si accede anche mediante concorso. Vanno privilegiate le assunzioni di massa attraverso la stabilizzazione periodica dei precari e quelle riservate ai partiti politici”.

 

 

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(*) Avvocato capo dell'avvocatura comunale di Siracusa.


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