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Articoli e note

 

MARIO BESSONE
(Ordinario di Istituzioni di diritto privato nell’Università
degli studi di Roma «La Sapienza»)

Norme di costituzione economica e previdenza privata. Le attività di mercato finanziario dei fondi pensione (*)

horizontal rule

1. Il discorso normativo che riguarda fondi pensione e previdenza privata presenta caratteri di grande complessità. E un intervento di prima approssimazione alla disciplina della materia necessariamente comporta rappresentazioni dello scenario di insieme che possono soltanto indicare argomenti per una analisi di sistema da svolgere con ben altra completezza.

Fonti del diritto della nuova previdenza pensionistica sono infatti volta a volta norme costituzionali e norme di legislazione ordinaria, provvedimenti governativi e <deliberazioni di indirizzo>, disposizioni regolamentari e atti amministrativi generali delle autorità di vigilanza,dovendosi poi tener presente che al numero delle fonti di normazione secondaria del settore appartengono infine rilevanti poteri di autonomia privata nel segno di una ampia self regulation di soggetti e di iniziative previdenziali.

Anche a non considerare (come invece ormai sempre più si deve) quanto è ordinamento della materia in corso di elaborazione nelle sedi comunitarie, la disciplina di fondi pensione e previdenza privata impegna perciò ad una ampia ricognizione di campo. Ma in queste pagine si guarderà soltanto ad alcune norme al vertice del sistema. E più precisamente a basic rules di costituzione economica che se naturalmente si ritrovano nelle disposizioni dell'art. 38 allo stesso modo derivano i loro contenuti dal primo comma dell'art. 47, dove imperativamente si domanda <tutela del risparmio> e <in tutte le sue forme> essendo chiaro in qual misura garanzie di tutela si devono al risparmio investito per finalità previdenziali.

Se il discorso normativo è complesso caratteri di grande complessità presenta anche il fenomeno regolato. Per ciò che serve ad una esposizione di genere elementare è tuttavia possibile fare chiarezza in termini molto lineari. Al fondo pensione si versano contributi previdenziali (e nel caso del lavoro dipendente molto spesso anche importi o parte degli importi dei <trattamenti> di <fine rapporto>) che diventano massa monetaria contestualmente investita in attività finanziarie. Dalla gestione di questo portafoglio di attività finanziarie è atteso il rendimento necessario per erogare prestazioni di genere pensionistico in forma di rendita periodica o in limitata quantità nella forma di una corresponsione di capitale.

Nell'originario disegno delle norme del decreto legislativo 124 dell'aprile 1993, questo programma previdenziale è pensato come complementare al sistema pensionistico pubblico di primo pilastro. E come iniziativa che in considerazione delle necessità dell'età anziana può attivarsi per tutti (ma soltanto per) gli appartenenti al mondo del lavoro. Si prefigurano perciò fondi pensione per il lavoro dipendente del settore privato e per i comparti del pubblico impiego, per lavoratori autonomi e professionisti liberi,per <soci lavoratori> e lavoratori dipendenti delle imprese cooperative così come per ogni altra possibile categoria (e ne esistono ) di appartenenti al mondo del lavoro.

E naturalmente apprestare norme di regime a misura della particolare identità e delle mutevoli necessità dei diversi settori del mondo del lavoro significava avviare una complessa riforma di sistema in continua evoluzione. In questo senso il diritto della nuova previdenza privata presenta necessariamente tutti i caratteri di un progetto che si realizza per approssimazioni successive. E per stati di avanzamento che in più di un caso dovevano comportare rilevanti variazioni del progetto originario.

All’origine il progetto di nuova previdenza complementare assegnava infatti una posizione di assoluta centralità alla forma pensionistica <fondo pensione chiuso> dell'art. 2 del decreto legislativo 124. E perciò ad una particolare organizzazione di soggetti, attività e mezzi pensata a misura dell’interesse collettivo oggettivamente condiviso dagli appartenenti ad una medesima comunità di lavoro. Erano invece puramente residuali gli spazi di operatività consentiti ai fondi pensione <aperti> dell'art. 9 del decreto legislativo attivati da imprese di intermediazione finanziaria che offrono una gestione di risparmio previdenziale secondo tutt’altra modalità di organizzazione e tutt’altra disciplina di accesso.

Per l’evolvere del sistema normativo l’ambito di operatività dei fondi pensione aperti si è tuttavia progressivamente esteso. E una autentica svolta di sistema dovevano poi operare le recenti disposizioni di riforma del decreto legislativo 124, che ne hanno integrato la disciplina con la previsione di forme pensionistiche <individuali> organizzate secondo il regime del nuovo art. 9 bis e del nuovo art. 9 ter, aggiunti al decreto legislativo 124 dalla norma dell’art. 2 del decreto legislativo 47 del febbraio 2000.

Come si sa in passato passato prevaleva una policy di preferenza per il fondo pensione <chiuso>, esistendo norme di limite all'adesione a fondi pensione aperti quando fosse possibile l'adesione ad un fondo pensione <chiuso>. Norme a valere per gli appartenenti a qualsiasi settore del mondo del lavoro dipendente.

Con una nuova formulazione del secondo comma dell'art. 9 del decreto legislativo 124 ogni previsione di limite si è invece rimossa, essendo perciò consentita a tutti libertà di scelta tra fondo pensione chiuso e fondi <aperti>, così come è consentita l'alternativa offerta dal piano pensionistico individuale dell'impresa assicurativa. E le nuove disposizioni comportano innovazioni di sistema che non riguardano soltanto gli appartenenti al mondo del lavoro.

Configurano infatti <forme pensionistiche individuali> che per disposizione dell’art. 9 bis i fondi pensione aperti possono proporre anche a quanti non sono <titolari di redditi di lavoro> né titolari di un reddito <di impresa>. Si azzera così il vincolo di obbligata connessione tra attività lavorativa e previdenza pensionistica. Le prestazioni del fondo pensione aperto cessano perciò di essere necessariamente <complementari> a prestazioni del sistema pensionistico pubblico. E per disposizione dell’art. 9 ter forme pensionistiche individuali possono essere proposte anche da imprese di assicurazione mediante speciali contratti di assicurazione <sulla vita>. In questo modo il sistema privato della previdenza per l’età anziana diventa fenomeno sociale di dimensioni ancora maggiori.

Al tempo stesso diventa tuttavia fenomeno di più complessa e incerta definizione. Ma a veder bene queste innovazione di regime semplicemente integrano una disciplina di settore che per l’essenziale conserva una sua ben riconoscibile identità A delineare i suoi elementi distintivi provvedono già le norme del decreto legislativo 124 che valgono per i fondi pensione <chiusi> di fonte negoziale.

I fondi pensione di questo genere sono organizzazioni di diritto privato a statuto speciale ma pur sempre congegnate sul modello delle norme del libro primo del codice civile. Si tratta perciò di associazioni <persona giuridica> o di associazioni non personificate o ancora di <fondazioni>, costituite in forza di un contratto collettivo di lavoro o altro genere di accordo collettivo che valga da <fonte istitutiva> del nuovo soggetto di diritto <fondo pensione>. In questo senso <negoziali> i fondi pensione chiusi rivolgono la loro proposta previdenziale alla collettività dei lavoratori appartenenti ad un <categoria> o a un <comparto> del pubblico impiego o ancora a un <raggruppamento> di lavoratori,che può anche essere delimitato <su base territoriale> o riferito a singole imprese o a <<gruppi> di imprese. Da ciò fondi pensione <negoziali> quanto alle modalità istitutive,e al tempo stesso rigorosamente <chiusi> quanto all’ambito dei loro destinatari nelle possibili varianti del fondo <a contribuzione definita> e del fondo <a prestazione definita>.

Varianti che sarà il caso di indicare almeno per quanto è loro fondamentale differenza. Sono necessariamente <a contribuzione definita> i fondi pensione che si rivolgono al mondo del lavoro subordinato. <A contribuzione definita> perché definita è la entità delle contribuzioni domandate agli aderenti al fondo pensione. Il loro rendimento finale costituisce invece una variabile dipendente dai risultati della gestione finanziaria del patrimonio del fondo.

Altro invece il regime che vale per lavoratori autonomi e professionisti liberi. Per essi (e per essi soltanto) le norme del decreto legislativo 124 prefigurano infatti la possibile alternativa offerta dal fondo <a prestazione definita>. E sono tali i fondi pensione che garantiscono appunto certezza quanto al valore economico della prestazione pensionistica già all’origine <definita>. Ma va considerato che l’adesione ad una forma pensionistica di questo genere comporta l‘assunzione di un impegno che può essere notevolmente oneroso. Quando la gestione finanziaria del fondo pensione di per sè non ha rendimenti tali da assicurare la prestazione a suo tempo definita occorrerà infatti provvedere ad una maggior contribuzione.

Si tratti di fondo <a contribuzione definita> o invece di fondo <a prestazione definita> la amministrazione delle risorse del fondo pensione sarà comunque attività di mercato finanziario. Per la massima parte attività svolta da imprese di intermediazione finanziaria per l’appunto abilitate alla gestione del portafoglio di fondi pensione. Nel caso del fondo pensione a prestazione definita operano imprese assicurative (e esse soltanto).

Nel caso del fondo a contribuzione definita ad operare saranno invece volta a volta imprese bancarie,imprese assicurative o altre ancora tra le imprese di intermediazione finanziaria indicate dalle norme dell'art. 6 del decreto legislativo 124. Sono le stesse categorie di imprese di intermediazione finanziaria che l’art. 9 del decreto legislativo indica poi come i possibili <promotori> di fondi pensione aperti. E anche questi saranno talvolta fondi <a contribuzione definita> e altra volta invece fondi <a prestazione definita>.

In tutti i casi si tratterà di fondi pensione che non configurano un nuovo soggetto di diritto. Il fondo pensione aperto è infatti semplicemente un nuovo strumento di attività per imprese di intermediazione finanziaria che alle loro ordinarie attività aggiungono una ulteriore forma di gestione del risparmio sul tradizionale modello delle gestioni finanziarie <di massa>,anche se naturalmente qualificata da una finalità previdenziale che porta con sè numerose specialità di regime.

2. Già le disposizioni che si sono in via breve segnalate restituiscono con ogni evidenza l’immagine di un sistema normativo che è davvero complesso ordinamento del settore. Lo compongono norme che a seguire le tradizionali partizioni di materia oltre a essere naturalmente diritto della previdenza sociale sono volta a volta diritto delle associazioni e delle fondazioni, diritto dei contratti e delle obbligazioni sul modello delle disposizioni del codice civile, diritto del lavoro e diritto delle relazioni sindacali, diritto delle società e dei mercati finanziari e ancora diritto amministrativo e diritto tributario. Sono parte del sistema anche disposizioni di prevenzione e sanzione dell’ illecito con gli strumenti del diritto penale.

Ne risulta formato un contesto di norme che sfugge a qualsiasi possibilità di classificazione secondo il metodo semplificante delle partizioni di materia. E si sa bene che in linea generale i sistemi normativi molto complessi non consentono rappresentazioni di sintesi. Nel caso della previdenza complementare esistono tuttavia pur sempre principi e regole d’ordine che in sufficiente misura finiscono per organizzare singole prescrizioni e interi apparati di norme secondo una obbligata logica di insieme.

Ogni forma pensionistica <complementare> e comunque ogni e qualsiasi fondo pensione sono infatti iniziativa che origina da atti di autonomia di soggetti privati, volta a volta contratti collettivi o <accordi> di altro genere o atti regolamentari ma pur sempre atti di autonomia a carattere negoziale. In più di un caso le espressioni di self regulation dell'iniziativa previdenziale presentano forti caratteri di specialità, ampiamente esemplificati dalle fonti istitutive dei fondi pensione per lavoratori autonomi e liberi professionisti. Ancor più particolare è il caso dei fondi pensione per <soci lavoratori> e lavoratori dipendenti delle imprese e dei consorzi di imprese della cooperazione. Ma comunque e sempre si tratta di atti di autonomia di fonte negoziale. E come si sa tali ormai sono anche i contratti collettivi <fonte> dei fondi pensione chiusi del pubblico impiego. Per essi dovranno operare apposite discipline di comparto ma sono discipline pur sempre ricomprese nel genere degli atti di self regulation.

La forma pensionistica complementare è perciò invariabilmente fattispecie sul tradizionale modello del <negozio giuridico>. E’ in ogni caso iniziativa economica che operativamente si avvale degli strumenti e dei materiali normativi più congeniali alla sua finalità istituzionale di privato sostegno alle necessità dell'età anziana

. Elementi distintivi del sistema sono quindi i modelli di tecnica giuridica maggiormente capaci di valorizzazione di un patrimonio di soggetti privati nel loro privato interesse. E i mezzi a tal fine utili sono i congegni normativi da sempre regolati a misura delle necessità operative dell’autonomia privata. Perciò appunto la organizzazione delle iniziative nella forma della <associazione> con precisa comunione di scopo o la <fondazione>, il <contratto> e l’ <obbligazione> (e talvolta la obbligazione di natura extracontrattuale ), la attività di impresa e più precisamente la attività di impresa delle società di capitali della financial industry che professionalmente svolgono funzioni di intermediazione mobiliare.Ne consegue un ordinamento del settore a veder bene molto diverso dalle rappresentazioni che molto spesso ancora se ne offrono per mancata percezione della sua reale identità ( o per resistenza ideologica alle novità di regime della materia previdenziale). Questi elementi distintivi del sistema tuttavia di per sé non significano sua esclusiva appartenenza all’universo del diritto privato.

Agiscono infatti anche apparati normativi di tutt’altro genere che integrano in misura consistente la disciplina del settore perseguendo finalità proprie della norma di diritto pubblico. E anche a non considerare le norme di diritto penale si pensi alla strumentazione e alle policies delle disposizioni di regime fiscale di fondi pensione e piani pensionistici. Autonomia di soggetti privati e congegni normativi del diritto privato sono tuttavia pur sempre la nota dominante del sistema, che alla grande parte delle disposizioni di regolazione pubblica della materia se non sono disposizioni sanzionatorie assegna semplicemente funzione ausiliare. E in modo particolare una funzione di garanzia essendo invece esclusa qualsiasi forma di direzione pubblica del settore o anche soltanto di interferenza dei pubblici poteri nello spazio di autonomia che compete ai soggetti privati di volta in volta attivi entro il sistema della previdenza privata. Operando nel particolare contesto delle forme di previdenza pensionistica <associazione>, <contratto> e <obbligazione>, <<attività di impresa> dell’intermediazione finanziaria ne derivano tuttavia notevoli varianti che diventano altrettante specialità di regime.

Specialità di regime talvolta dovute all’oggetto e ai peculiari contenuti della materia pensionistica. Altra volta e più spesso dovute invece ai continui punti di incontro tra autonomia negoziale dei soggetti attivati da iniziative di previdenza privata e regolazione pubblica in funzione di garanzia. E se in questa materia devono considerarsi assolutamente esclusi interventi di genere dirigista ( o di governo politico) funzione pubblica di <garanzia> significa con grande estensione di campo attivazione di misure e provvedimenti di vigilanza in senso forte. Perciò elementi distintivi di un ordinamento di settore a disciplina speciale tutta nel segno di soggetti e attività di diritto privato finiscono per essere al tempo stesso atti amministrativi generali e provvedimenti amministrativi di genere puntuale, regole formali di procedimento e regole di trasparenza dei contenuti delle attività private, iniziative di moral suasion e deliberazioni di sanzione insieme a molto altro ancora. Un punto forte del disegno di insieme sono infatti anche le <intese> e ulteriori forme di <collaborazione> tra <le autorità preposte> alla funzione di pubblica vigilanza.

Da tutto questo la complessità di uno scenario istituzionale che a prima vista inevitabilmente disorienta. Ma a veder bene la disciplina della nuova previdenza privata semplicemente applica al settore gli strumenti di intervento amministrativo sempre operanti quando occorre fare vigilanza in materia di economia finanziaria.

Nel caso della materia previdenziale il regime delle forme e delle modalità della vigilanza risulta tuttavia integrato in considerazione della particolare identità dei soggetti <fondi pensione> attivi sul lato dell’offerta di prestazioni per l’età anziana. E più ancora in considerazione delle misure di protezione dovute a quanti aderiscano a fondi pensione già per la norma di grande principio dell’art. 47 Cost.., che (sarà bene ripetere) se imperativamente domanda <tutela del risparmio> e <in tutte le sue forme> tanto più comporta neecessità di tutela del risparmio investito con finalità previdenziali. Si configura così un nuovo ordinamento di settore dell’economia finanziaria caratterizzato dalla attivazione di una nuova authority che è per l’appunto una Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Nella denominazione corrente la Covip.

La Commissione di vigilanza sui fondi pensione opera con le attribuzioni e con gli strumenti della speciale disciplina stabilita dalle norme degli artt. 16 e 17 del decreto legislativo 124.E si tratta di norme completate da altre e numerose disposizioni che nel loro insieme configurano una amministrazione pubblica <reggente> di settore al difficile punto di raccordo tra autonomia istituzionale e vincolo di dipendenza dal Ministro del lavoro,dovendosi segnalare per il loro rilievo le <direttive generali> di vigilanza deliberate <di concerto con il Ministro del tesoro> mediante il provvedimento del 7 marzo 1996. Da ciò la complessità di un regime comprensivo di norme che assegnano alla Covip funzioni di controllo sulla attività dei fondi pensione ma strettamente correlate a norme di securities law che riservano alle tradizionali autorità di regolazione dell’economia finanziaria le funzioni di controllo delle attività svolte da imprese bancarie,imprese assicurative e altre imprese di intermediazione mobiliare.

. Valgono le regole di ripartizione di competenze per oggetto e per finalità del controllo ordinariamente disposte dalla loro generale disciplina di materia. A fare vigilanza su imprese di intermediazione e attività di mercato finanziario saranno quindi volta a volta Banca d’Italia, Consob e Isvap.Per quanto possa occorrere si provvederà poi ad <accordi di collaborazione> con la Covip. Sono gli <accordi> in linea generale e con significativa disposizione di principio prefigurati dal sesto comma dell’art. 17 del decreto legislativo. Loro finalità <favorire lo scambio di informazioni> e <accrescere l’efficacia dell’azione di controllo>,nelle forme e con le prospettive di risultato già indicate dalle <direttive generali> del marzo 1996. Funzioni di vigilanza competono anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. E del decreto legislativo 124 si leggano allora il primo comma bis dell’art. 6 e il quinto comma dell’art. 8. Per disposizione del settimo comma dell'art. 17 del decreto <entro il 31 marzo di ciascun anno> la Covip <trasmette> poi al Ministro del Lavoro una <relazione> sullo stato e i problemi del settore,che a sua volta l'autorità di governo consegna al Parlamento <con le proprie eventuali osservazioni>.

3. L'attenzione politica all'andamento del settore è ben motivata. E non soltanto per le sue finalità istituzionali di cura dei bisogni dell'età anziana.. Concorrendo con grandezze significative all'incremento delle masse monetarie che diventano previdenza privata,l' avvio ad operatività di un consistente insieme di fondi pensione al tempo stesso porta infatti con sé anche altri fattori di segno positivo,e per così dire di plusvalore sociale che se sono cosa diversa dalle finalità della normativa previdenziale tuttavia presentano caratteri di grande rilievo in più direzioni. Essendo interamente investite in attività di mercato mobiliare secondo il regime indicato dell'art. 6 del decreto legislativo ( e precisato dal decreto del ministro del Tesoro 703 del novembre 1996 ),le consistenze patrimoniali dei fondi pensione assicurano maggior spessore e una migliore dinamica all'intero sistema dell'economia finanziaria.

Al tempo stesso accrescono il suo grado di stabilità con uno stock e un continuativo flusso di investimenti che per naturale <effetto di trasmissione> portano risorse ai diversi comparti dell'economia <reale>. E considerato che anche il portafoglio dei fondi pensione in quantità notevoli può essere portafoglio di partecipazioni azionarie sarà chiaro in che misura la loro presenza di azionisti (necessariamente <di minoranza> ma ) particolarmente qualificati da una forte rappresentatività sociale possa rilevare quanto a corporate governance nella prospettiva di nuove e più evolute forme di governo delle società di capitali.

E tutto questo offre ampia materia per valutazioni di politica del diritto ( e di politica economica ) che in queste pagine tuttavia non si svolgeranno, perché ad esse è soltanto richiesto di segnalare le grandi linee di un ordinamento giuridico di settore che ha necessariamente al suo vertice le indicazioni di principio delle norme di costituzione economica. E se come si preciserà più avanti in questa materia si devono considerare <costituzione economica> anche fonti normative e basic rules che pure non sono norme costituzionali in senso formale, le disposizioni di primo e obbligato riferimento naturalmente si devono a quanto si legge nella lineare formulazione dell’art. 38 Cost...Per disposizione del suo secondo comma<i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di (…) vecchiaia>.Il terzo comma della norma stabilisce che <provvedono organismi e istituti predisposti o integrati dallo Stato>. Per disposizione del suo quinto comma <l’assistenza privata è libera>. E la Corte Costituzionale ha ormai delineato con grande chiarezza il quadro di insieme dei principi a valere per il sistema pensionistico obbligatorio e pubblico.

La norma dell’art. 38 è norma di scopo che non disegna un puro e semplice programma. E' infatti norma con <carattere precettivo> che impegna <lo Stato (..) ad operare> e il suo secondo comma regola la materia pensionistica di <primo pilastro> in modo tale da indicare la erogazione di trattamenti pensionistici come oggetto di una aspettativa che è <diritto> di ricevere un sostegno finanziario a misura delle necessità dell’età anziana con tutta la consistenza dei diritti soggettivi costituzionalmente protetti. Da ciò precisa ancora la Corte costituzionale (e già con la sentenza 160 del 6 giugno 1974) derivano <veri e propri> diritti <di prestazione>. E sono diritti che in punto di complessivo disegno di costituzione economica si devono considerare nel contesto delle norme che con il secondo comma dell’art. 38 fanno sistema, si tratti del principio di <tutela> che per l’art. 35 <la Repubblica> deve al <lavoro in tutte le sue forme> o ancora del diritto ad <assicurare a sé e alla famiglia> la <esistenza libera e dignitosa> prefigurata dall’art. 36 o infine della considerazione dei bisogni dell’età anziana come uno degli <ostacoli> che per il secondo comma dell’art. 3 occorre <rimuovere> quando <di fatto (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana>.

Se queste sono le norme di costituzione economica al vertice del sistema delle fonti dell’ordinamento pensionistico pubblico a regime obbligatorio, decisamente più complesso e più problematico nei suoi esiti è il discorso da fare sul sistema delle fonti costituzionali dell’ordinamento pensionistico <complementare> e comunque privato. Già con la sentenza 392 del 28 luglio 2000 la Corte Costituzionale ha segnalato <finalità di raccordo delle varie forme di previdenza complementare con il trattamento pensionistico di base>. E ancora questa importante pronuncia della Corte avverte che <non può essere messa in dubbio la scelta del legislatore> di <istituire> un <collegamento funzionale>tra <previdenza obbligatoria e previdenza complementare> per chiari segni inteso ad inscrivere <quest'ultima nel sistema dell'art. 38,secondo comma, della Costituzione>. L’intenzione legislativa di inscrivere anche fondi pensione e previdenza privata nel contesto delle garanzie di protezione del secondo comma dell’art. 38 non sembra tuttavia trovare riscontro nelle disposizioni di puntuale disciplina della materia.

Le disposizioni del decreto legislativo 124 configurano infatti un regime dove attivazione di forme pensione e adesione al loro programma previdenziale sono iniziativa interamente rimessa alla autonomia e alla discrezionalità di valutazioni di soggetti privati. In ogni caso mancano disposizioni che con riguardo al principio di <adeguatezza> del secondo comma dell’art. 38 stabiliscano regole di commisurazione delle prestazioni previdenziali del fondo pensione alla entità della prestazione pensionistica <di primo pilastro>.E ne sembra confermato l’assunto di quanti riferiscono invece fondi pensione e previdenza privata alla ratio legis del quinto comma dell’art. 38 là dove si prefigurano appunto forme di <assistenza> previdenziale <privata> e <libera>. Si devono tuttavia considerare con la necessaria attenzione le opinioni di consistente parte degli studiosi che sono di diverso avviso, ritenendo che le norme del decreto legislativo 124 (e le altre che concorrono a qualificare il loro regime) non consentano di assegnare le forme pensionistiche in esame alla previsione del quinto comma dell’art. 38 in considerazione dei limiti che tali norme segnano pur sempre alla autonomia e alla discrezionalità dei privati.

Sono i limiti segnati dalle disposizioni che volta a volta prescrivono necessari requisiti di accesso al fondo pensione, ne stabiliscono gli assetti organizzativi e le regole di gestione delle risorse finanziarie, vincolano le prestazioni offerte agli aderenti sia quanto alla natura degli eventi protetti sia quanto agli stessi contenuti della prestazione pensionistica.

Se è vero che tutto questo sembra (e in certa misura è) apparato normativo lontano dalla ratio legis del quinto comma dell’art. 38, al tempo stesso va tuttavia considerato che in nessuna materia la presenza di un regime di limiti alla autonomia dei privati di per sé significa appartenenza delle loro attività all’universo delle <funzioni> o del <servizio> di diritto pubblico. Non lo significa se le posizioni di limite ai poteri di autonomia privata si circoscrivono entro una soglia di incidenza che le norme di regime della previdenza complementare non sembrano superare. E per ciò che riguarda le intenzioni del legislatore anche in questo senso sarà il caso di segnalare ancora una volta tutto il rilievo delle disposizioni dei nuovi artt. 9 bis e ter del decreto legislativo.

Disposizioni intese a prefigurare forme pensionistiche <individuali> aperte anche a quanti non sono <i lavoratori> del secondo comma dell’art. 38 indicano infatti con ogni evidenza che davvero non è ( o comunque non è più interamente ) questa la norma costituzionale al vertice del sistema delle fonti del nuovo diritto della previdenza privata e <a capitalizzazione>. Sistema delle fonti che se ha al suo vertice la disposizione e la ratio legis del quinto comma dell'art. 38 allo stesso modo trova poi in posizione di vertice ancora una volta la norma di principio del primo comma dell'art. 47, dove imperativamente si domanda quella <tutela del risparmio> in <tutte le sue forme> che particolarmente rigorosa deve essere quando si tratti del risparmio investito con finalità previdenziale.

In questa prospettiva di analisi va poi ricordato che guardare allo scenario sovranazionale ormai è cosa indispensabile anche per gli studiosi della materia pensionistica. E sia pure per semplice rinvio a più approfondite riflessioni si devono almeno segnalare gli svolgimenti del diritto comunitario. Se nelle sue disposizioni di principio non si rinvengono disposizioni espressamente riferite alla materia dei fondi pensione, uno sguardo di insieme alle <fonti> normative con il rilievo dei grandi principi di costituzione economica deve infatti pur sempre considerare che in un futuro ormai prossimo significativamente operative non saranno più soltanto fonti di diritto interno.

Indicazioni di tendenza di segno molto forte si devono a documenti di programma intesi a progettare un politica comunitaria della previdenza complementare già con grande chiarezza a suo tempo prefigurata dal <Libro verde sui regimi pensionistici integrativi nel mercato unico> del giugno 1997. E altre (importanti ) indicazioni di tendenza si devono alle decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee ( essendo da leggere con la maggior attenzione le sentenze del 21 settembre 1999, rese nel caso Albany che ha costituito occasione di assai rilevanti enunciazioni di principio). Complessivamente considerata la giurisprudenza della Corte è ancora lontana dal configurare orientamenti sufficientemente univoci e circostanziati. Ma natura giuridica delle forme pensionistiche,attività svolta dai fondi pensione e prestazioni erogate, così come i possibili punti di interferenza e di <raccordo> tra regole di diritto comunitario e prerogative del legislatore nazionale sono ormai con ogni evidenza al centro di un lawmaking power della Corte di giustizia che verosimilmente svolgerà un ruolo determinante nella elaborazione di una disciplina sovranazionale

Ancor più va poi considerato il significativo rilievo dei poteri di normazione che con il Trattato di Amsterdam,e sia pure secondo principio di <sussidiarietà> il legislatore comunitario ha ricevuto in materia di <sicurezza sociale>. E va considerato in che misura la previdenza privata e <a capitalizzazione oggi è ormai sicuramente parte della materia. Ma in questo senso precise indicazioni erano offerte già dalla direttiva 98/49 del 29 giugno 1998 <relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea>. Da tutto questo una linea di percorso adesso operativamente attivata dal <progetto di proposta> di una <direttiva del parlamento europeo e del consiglio> in tema di <vigilanza sugli enti pensionistici>di genere complementare. Si tratta di un <progetto> ancora aperto a possibili variazioni ma pur sempre inteso ad identificare su scala comunitaria <un giusto punto di equilibrio> tra <una normativa prudenziale efficace> e un adeguato <rendimento finanziario dei regimi pensionistici> complementari,secondo una policy di intervento normativo che guarda anche ai possibili <vantaggi offerti dal mercato unico e dall'euro>.

Indicazioni di decisivo rilievo si devono poi alla proposta di direttiva comunitaria <relativa alle attività di enti pensionistici per lavoratori autonomi o subordinati> elaborata nel contesto del <piani di azione per i servizi comunitari>,che la Commissione ha reso nota ad ottobre del 2000 ( e già ampiamente discussa ed emendata dal parlamento europeo con sua risoluzione del luglio 2001). Se in osservanza del principio di sussidiarietà rimane stabilito che la materia previdenziale appartiene alle competenze nazionali,guardando alla possibile armonizzazione di sistemi pensionistici pur molto diversi tra loro la proposta comunitaria prefigura infatti regole generali di diritto uniforme.

Si muove dal riscontro del valore primario da riconoscere a disposizioni di forte garanzia della trasparenza di forme pensionistiche e attività di loro gestione, e si conferma una volta di più che <i diritti dei futuri pensionati devono essere protetti da rigorose norme prudenziali> ma al tempo stesso norme assai circostanziate organizzano in sistema le prescrizioni da osservare per garantire che all'investimento di risparmio pensionistico possano nel lungo periodo corrispondere sufficienti risultati di <rendimento finanziario>.

Da ciò tutti i contenuti di una proposta di direttiva intesa a stabilire regole di <protezione degli aderenti> alla forma pensionistica,disposizioni che interessano l'asset allocation delle risorse del portafoglio previdenziale,norme di regime della gestione di portafoglio e insieme con esse le altre basic rules dii un ordinamento comunitario dell'intera materia. E se è vero che si tratta di un assetto regolamentare per molta parte ancora lontano da una sua definitiva formulazione sarà comunque chiaro che dalla proposta di direttiva si ricevono indicazioni di politica del diritto che già prefigurano principi al vertice del sistema con tutta la evidente rilevanza delle policies comunitarie.In questo senso le crescenti interrelazioni tra evolvere dell'ordinamento comunitario e costituzione <nazionale> ormai assegnano perciò ai discorsi in tema di costituzione economica caratteri di complessità molto lontani dalla sommaria ricognizione di campo da svolgere in queste pagine. Caratteri di complessità (e insieme con essi importanti indicazioni di politica del diritto) che connotano il sistema delle fonti normative della previdenza privata anche quando poi ai principi di costituzione economica si guarda nella prospettiva indicata dagli studiosi che insegnano a pensare anche in termini di costituzione materiale.

4. <Costituzione economica> è formula di sintesi che nel lessico dei giuristi riceve una varietà di significati talvolta molto lontani tra loro. Pur nella sua maggior estensione di significato (per l'orientamento dottrinale che sembra di dover condividere ) l'espressione comunque rinvia pur sempre a dati normativi. In queste pagine perciò si guarda appunto soltanto a dati normativi tuttavia considerandosi <costituzione economica> in senso materiale anche disposizioni che pure in senso formale non configurano norme costituzionali. E se è vero che occorre considerare una serie di riferimenti ancora più ampia di quanto non sia l’ambito delle norme che sono <costituzione> nell'accezione formale del termine, sarà chiaro che (sia pure con il dovuto senso delle proporzioni) si possono ascrivere al numero dei principi di costituzione economica anche basic rules derivanti da numerose altre fonti di diritto.<<Fonti> che già in materie diverse dalla materia previdenziale sono volta a volta norme di legge ordinaria o di genere regolamentare, <diritto vivente> di pubbliche amministrazioni e di formazioni sociali o ancora <istituti>, regole e prassi che variamente riguardano <rapporti economici> e attività di organizzazioni e di imprese. Una così estesa nozione di costituzione economica sconcerta il giurista di formazione tradizionale e legittima non lievi perplessità.

Ancor più di altri l' ordinamento previdenziale sembra tuttavia confermare la necessità di una riflessione in termini di costituzione economica che non si circoscriva entro i limiti del suo tradizionale orizzonte. Nel caso della previdenza pensionistica al tempo stesso interessano poi riferimenti di ordine più generale che non sono in senso tecnico riferimenti a <norme> ma invece a fattori di costituzione economica in una ancora diversa accezione del termine.

Si pensi al generale consenso sul carattere di assoluta <centralità> del problema <previdenza pensionistica>, considerato nella prospettiva della <necessaria> compresenza di un sistema pubblico <a ripartizione> e un sistema di previdenza privata e <a capitalizzazione>. Una <centralità> sociale e centralità politica del problema <pensioni> in grande evidenza se soltanto si considera che su quel fronte si misurano per intero interessi fondamentali delle generazioni presenti e delle generazioni future, essendo <in discussione> i termini stessi del <patto sociale> che come sempre si dice <tra di esse> occorre comunque <stringere> ricercando un possibile punto di equilibrio tra tra divergenti e spesso contrapposte aspettative di protezione previdenziale.

Perciò è ricorrente l'asssunto che la regolazione di questo ordine di problemi appartiene al numero dei fattori dominanti nella <costituzione materiale> del sistema <paese>. E il processo di transizione ad un regime pensionistico di genere misto inteso a coniugare sistema pubblico a ripartizione e sistema privatistico a capitalizzazione a suo tempo (e da più parti ) e' stato infatti indicato non soltanto come il risultato di una importante decisione di politica economica ma anche e ancor prima come un nuovo <patto costituzionale> che <coinvolge più generazioni>. Nel linguaggio del legislatore la riforma del sistema pensionistico operata con la legge 335 dell'agosto 1995 in ogni caso era normativa di <principi di riforma economico-sociale della Repubblica>. E per una riflessione intesa a reperire regole e policies di costituzione economica in norme di legge ordinaria offrono importanti indicazioni (già le disposizioni del primo comma dell'art. 3 della legge 421 del 1992 e poi ) appunto le norme della legge 335 che per il regime obbligatorio pubblico sostituiscono il criterio contributivo al criterio retributivo di calcolo delle pensioni e vincolano il loro tasso di rendimento alle variazioni del <prodotto interno lordo>.

A queste grandi disposizioni di principio che in senso materiale sono con ogni evidenza norme di <costituzione economica>, per il regime pensionistico complementare le disposizioni della legge dell' agosto 1995 dovevano aggiungere significative correzioni e integrazioni della disciplina del decreto legislativo 124 altrove diffusamente segnalate. Ma dovendo segnalare le basic rules a rilevanza costituzionale che più caratterizzano l'ordinamento della previdenza privata in queste pagine sembra utile segnalare in via breve altre prospettive di analisi che presentano motivi di particolare interesse. Anche gli atti di autonomia privata (e tanto più nelle sue espressioni collettive ) possono infatti essere con grande estensione di campo fonte di diritto. E questo è il caso dei fondi pensione negoziali e chiusi, per essi operando poteri di self regulation del mondo del lavoro che a veder bene configurano poteri di autentica normazione della forma previdenziale,secondo una logica di sistema che guardando al disegno delle norme costituzionali immediatamente consegue alla ratio legis del quinto comma dell'art. 38.

Naturalmente valgono ancora una volta tutte le regole generali che sono struttura portante del sistema. E al vertice dell' ordinamento della forma previdenziale sono pur sempre prescrizioni di legge con carattere di imperatività, essendo poi attivate tutte le necessarie funzioni di pubblica vigilanza così da assicurare che le attività dei fondi pensione e la gestione finanziaria delle loro risorse si svolgano seguendo le regole di trasparenza e di correttezza a garanzia di tutela del risparmio investito con finalità previdenziale. In questo senso i poteri di autonomia privata incontrano limiti talvolta stringenti nelle norme di fonte legale. Per fare un primo esempio si pensi al quarto comma dell’art. 4 del decreto legislativo 124, dove si stabilisce che i fondi pensione costituiti <nell’ambito di categorie,comparti o raggruppamenti> devono obbligatoriamente <assumere forma di soggetto riconosciuto> come persona giuridica <ai sensi dell’art. 12 del codice civile> (e l’art. 2 del decreto ministeriale del lavoro stabilisce che in ogni caso <i fondi pensione devono essere istituiti con atto pubblico>. O ancora si pensi a quanto per disposizione dell'art. 17 del decreto legislativo è regola della complessa trama dei rapporti tra fondi pensione e Commissione di vigilanza.

E per fare un esempio assolutamente emblematico con riguardo ad un intero ambito di materia si pensi infine al complessivo regime delle disposizioni del decreto che imperativamente limitano i poteri degli amministratori della forma pensionistica quanto a gestione in via diretta delle risorse patrimoniali del fondo. Disposizioni che come si sa al tempo stesso regolano con norme inderogabili i requisiti dei soggetti, la forma giuridica e i contenuti delle convenzioni che con imprese di intermediazione mobiliare gli amministratori dovranno stipulare per garantire al fondo pensione una gestione professionale delle attività di asset allocation e di movimentazione del suo portafoglio finanziario,dovendosi considerare anche le disposizione del decreto ministeriale del novembre 1996 che poi precisano oggetto, criteri e regime di ognuna di queste attività. Occorre perciò assegnare ai discorsi in termini di poteri normativi dell'autonomia privata le loro giuste proporzioni. Ma principio costitutivo dell'ordinamento è pur sempre anche la posizione di assoluto rilievo delle attribuzioni di self regulation che caratterizzano la disciplina di fonti istitutive e fonti costitutive della forma pensionistica complementare. E in questo senso servono a fare chiarezza le disposizioni del decreto legislativo che per i fondi pensione del mondo del lavoro stabiliscono un preciso ordinamento di materia appunto distinguendo tra fonti istitutive e fonti costitutive della forma pensionistica complementare.

Per le norme del decreto legislativo 124 fonti istitutive sono gli atti negoziali dell'art. 3 che configurano in modi giuridicamente impegnativi la maturata volontà di attivare una forma pensionistica complementare,e perciò volta a volta<contratti> o altri <accordi> di genere collettivo che definiscono identità e programma del fondo pensione, ambito dei soggetti legittimati alla adesione e sue modalità, regime delle contribuzioni e quant'altro costituisce prima regolazione della iniziativa previdenziale che per loro tramite appunto si istituisce. Fonti costitutive sono invece gli atti anch'essi negoziali dell'art. 4 del decreto legislativo che organizzano la forma pensionistica con una puntuale disciplina di statuto e la configurano come soggetto di diritto, e più precisamente come associazione ( o fondazione ) del libro primo del codice civile tuttavia caratterizzata da specialità di regime che si devono alla specialità del soggetto <fondo pensione>. In questo senso anche gli atti di costituzione e di statuto della forma previdenziale sono in ogni loro parte deliberazioni a forte contenuto normativo. Operano tuttavia pur sempre in una obbligata posizione di dipendenza funzionale dall'atto <fonte istitutiva>. E a precisare la natura del rapporto che intercorre tra fonte istitutiva e fonte costitutiva del fondo pensione provvede l’art. 2 del decreto ministeriale 211 del gennaio 1997.

La norma del decreto ministeriale stabilisce infatti che <nel regolamentare l’ordinamento> del fondo pensione <atti costitutivi> e <statuti> devono <salvaguardare le competenze> delle <fonti istitutive>. Una norma di questo genere conferma quanto era già univoca ratio legis delle disposizioni del decreto legislativo 124 perché assegna alle <competenze> della fonte istitutiva una posizione primaria nel sistema dei poteri normativi di autonomia privata.

Provvedimenti di costituzione e statuto del fondo pensione ne preciseranno una identità, assetti istituzionali e caratteri distintivi tuttavia già all'origine stabiliti dalla fonte istitutiva del fondo pensione. Anch'essi sono una fonte normativa della forma previdenziale che tuttavia si attiva in funzione per così dire <ausiliare> di quanto inderogabilmente stabiliscono i contratti o uno degli altri atti di self regulation del mondo del lavoro con forza di fonti istitutive del fondo pensione. E per esse si tratti di comparti del pubblico impiego oppure invece dei diversi settori del lavoro dipendente del settore privato opera una medesima logica di politica del diritto che occorre valutare in tutto il suo rilievo.

La funzione normativa della contrattazione collettiva e i suoi risultati di <diritto vivente> infatti presentano infatti caratteri e hanno una incidenza tali da motivare ampiamente la loro qualificazione come fattori rilevanti nella prospettiva di ciò che con riguardo al regime dei fondi pensione negoziali e <chiusi> è sembrato di dover rappresentare in termini di <costituzione economica>, come si ricorderà avvertendo che sono da considerare espressione di costituzione economica di un sistema non soltanto <norme> in senso formale ma anche fattori istituzionali, regole negoziali e prassi di conformazione dei rapporti sociali In questo senso la previdenza complementare del mondo del lavoro è luogo di formazione di basic rules che meritano davvero la maggior attenzione invece a tutt'oggi non ancora ricevuta da quanti pure sono così attenti a quanto sia diritto vivente e costituzione economica anche soltanto nel senso materiale che si è precisato. E più dei discorsi in astratto o dei modelli della teoria generale valgono i riscontri in modo così significativo ( e così univoco ) ancora una volta offerti dalle norme del decreto legislativo.

5. L’attivazione di forme di previdenza complementare comporta iniziative e confronti tra parti sociali,modalità di relazioni industriali e prassi negoziali che naturalmente influiscono in misura determinate sulla complessa dinamica dei rapporti tra mondo del lavoro, sue rappresentanze sindacali e imprese dei diversi settori di industria. E sia norme di principio che norme <di dettaglio> del decreto legislativo assicurano la maggior estensione che fosse pensabile per i poteri normativi delle organizzazioni imprenditoriali e delle organizzazioni rappresentative del mondo del lavoro. A veder bene si tratta infatti di norme che in ampia misura sono disposizioni di delega che a quelle organizzazioni assegnano competenze istituzionali e responsabilità di amministrazione di un contenzioso pensionistico (e di problemi di economia complessiva dei rapporti di lavoro ) certamente alla soglia dei grandi temi di costituzione economica. Tutto questo secondo una ratio legis e una intenzione politica già dichiarata dalle disposizioni del primo e secondo comma dell’art. 3 del decreto legislativo,dove si indica con chiarezza in che senso (e con quale estensione di campo) si è provveduto ad una così forte integrazione di di ruolo per quanto i giuristi con ormai consolidate formule di estrema sintesi definiscono <autonomia collettiva> e <ordinamento intersindacale>.

In una seconda (e conclusiva ) parte di questo intervento di apertura della discussione,anche se soltanto con rilievi di estrema sintesi si proverà ad indicare altri e più puntuali riferimenti normativi che complessivamente considerati consentono di precisare in che misura questa integrazione di ruolo è molto più di ciò che pure sempre caratterizza l'<ordinamento intersindacale>quanto a libertà negoziali e appunto quanto a poteri normativi delle diverse espressioni di<autonomia collettiva>. Ma ancor prima sarà forse il caso di precisare una volta di più la logica di sistema che in ogni suo settore caratterizza la disciplina della nuova previdenza pensionistica. Per l'intero universo dei fondi pensione self regulation e poteri di autonomia privata, normative tuttavia derogabili e norme di legge che presentano invece carattere di inderogabilità nel loro complessivo insieme configurano un ordinamento di materia dove come già si diceva a libertà negoziale e prescrizioni di vincolo occorre assegnare una posizione di ragionevole equilibrio.

Al suo interno il sistema delle fonti della disciplina allinea poi le numerose fonti <primarie> con forza di legge e fonti <secondarie> quali sono i decreti ministeriali e le numerose discipline regolamentari della Covip.

Ma in questo più ampio contesto le <fonti> di autonomia privata operano pur sempre in misura tale da assicurare al mondo dei fondi pensione chiusi uno spazio di self regulation a grandi dimensioni che è davvero punto forte dell'ordinamento del settore, perchè se certamente servono rigorose discipline di pubblico controllo con funzioni di garanzia sarà chiaro che al tempo stesso occorre assicurare al sistema tutte le libertà di regime che sono congeniali ( e dovute ) ad ogni forma di previdenza privata. E se, naturalmente è di tutt'altro genere il discorso che sarebbe necessario fare per la financial industry dei fondi pensione aperti variamente attivati da imprese di intermediazione mobiliare, anche per essi la disciplina del decreto legislativo è comunque pur sempre regime al necessario punto di equilibrio tra autonomia di iniziative e disposizioni di vincolo con finalità di tutela del risparmio previdenziale. Finalità che un serio discorso sulla nuova previdenza privata deve considerare in una prospettiva di analisi dove il riferimento al principio costituzionale dell'art. 47 non sia puro e semplice rituale di formule a contenuto indeterminato.

<Tutela del risparmio> a misura della garanzia prefigurata dalla norma costituzionale per la materia previdenziale significa trasparenza di quanto riguarda l'investimento di risparmio consegnato in gestione per finalità pensionistica, <stabilità> dei soggetti che lo ricevono e insieme con tutto questo <correttezza> nello svolgimento di una attività di amministrazione di portafoglio che deve essere al tempo stesso amministrazione <efficiente> (e perciò nella misura del possibile capace di assicurare gli attesi rendimenti economici ). Naturalmente tutto questo non è cosa che si possa garantire per intero soltanto in forza di norme. Ma l’organizzazione dei congegni normativi è una variabile <condizionante> per qualsiasi settore dell’economia e tanto più presenta tale carattere quando materia ne sono consistenti comparti dell’economia finanziaria, che coinvolgono su scala di massa interessi individuali e collettivi ad alta valenza sociale. E questo è il caso di fondi pensione e previdenza privata che all'economia finanziaria appartengono nella decisiva misura già segnalata quando si è osservato che operatività di fondi pensione e del sistema di previdenza privata invariabilmente significa flusso di risparmio orientato in direzione di strumenti e mercati di genere finanziario.

Nella generalità dei casi,e anche nel caso dei fondi pensione <preesistenti> al regime del decreto legislativo 124 le decisione di investimento possono scegliere sia l’ acquisizione di valori e strumenti finanziari sia la acquisizione di altri valori, quali ad esempio sono le proprietà immobiliari o come scrivono gli specialisti della materia altre <attività reali>. Ma già si diceva che invece non è così per i fondi pensione di nuova generazione. La disciplina del decreto legislativo stabilisce infatti che il loro portafoglio può essere investito soltanto in attività <finanziarie>, con l’oggetto e le varianti di regime e le opzioni quantitative che si indicano nelle sue disposizioni. Ne consegue il quadro di insieme della disciplina di settore stabilita dalla circostanziata normativa dell’art. 6 del decreto legislativo. E a sua integrazione operano le regole che in materia di <criteri>, <limiti di investimento> ma anche quanto a <sana e prudente gestione> delle risorse dei fondi pensione si sono stabilite con il già segnalato decreto ministeriale del marzo 1996,molto rilevando anche numerose deliberazioni e interventi di moral suasion della Covip..

Le consistenze patrimoniali del fondo pensione in ogni caso di volta in volta saranno <titoli di capitale> o <titoli di debito>, <quote> di partecipazione ad una gestione collettiva di risparmio o <contratti derivati> o altro ancora. Ma sarà in ogni caso esclusa la allocazione del risparmio previdenziale amministrato dal fondo in <attività> diverse dalle attività <finanziarie>.E le prestazioni pensionistiche attese dalla adesione ad un fondo ( ogni e qualsiasi <fondo pensione>) costituiscono il risultato economico derivante appunto dalla gestione di un portafoglio di valori mobiliari, interamente o comunque in misura del tutto prevalente amministrato da imprese dell’intermediazione finanziaria. Interamente nel caso del fondo pensione aperto che altro non è se non amministrazione di un portafoglio finanziario con finalità previdenziale da parte di imprese dell’intermediazione finanziaria. E in misura comunque del tutto prevalente nel caso del fondo pensione chiuso di nuova generazione,che come si ricorderà se può provvedere in via diretta alla gestione di una certa parte del suo patrimonio deve invece consegnare la grande parte delle sue risorse alla gestione professionale di banche, imprese assicurative,società di risparmio o altre imprese dell’intermediazione finanziaria. Si possono configurare numerose varianti di regime ma al vertice del sistema sono pur sempre basic rules da interpretare nella prospettiva segnata dalla norma costituzionale.

Agli operatori della previdenza privata la speciale disciplina del settore domanda invariabilmente domanda infatti garanzie di <trasparenza> e di <efficiente gestione> di portafoglio finanziario secondo precise <linee di indirizzo>, <diversificazione> degli investimenti e dei <rischi> anche <di controparte>, ricerca della possibile <massimizzazione dei rendimenti netti> e l' amministrazione <sana e prudente> delle disponibilità patrimoniali del fondo pensione. E già di per sé tutto questo indica quanto sono numerosi i punti di interferenza tra il diritto della previdenza privata e le regole di diritto,gli strumenti e i sistemi di mercato dell’economia finanziaria. Soltanto un passo più avanti dei puri e semplici discorsi di superficie, l’analisi del fenomeno <previdenza privata> impegna perciò ad una complessa ricognizione di campo normativo, che ha significativi esiti di estensione del materiale giuridico da considerare con grande attenzione perché è securities law. ma al tempo stesso e in senso tecnico diritto della materia previdenziale. Cosa evidente e tuttavia non sempre rappresentata con la dovuta chiarezza di riferimenti.

Talvolta sembra quasi che distinzione accademica di materie finisca separare ciò che invece non può essere in alcun modo separato. Sarà allora bene ripetere che si tratti dell'investitore istituzionale fondo pensione chiuso> o dell' <impresa di intermediazione mobiliare> che attiva un fondo pensione aperto, la forma previdenziale del settore privato (e qualsiasi forma previdenziale di quel genere) opera con strumenti di investimento che ne determinano l’appartenza all’universo dell’economia finanziaria in misura tale che parte integrante del suo regime normativo sono numerosi prescrizioni del Tuf, il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria del decreto legislativo 58 del febbraio 1998.

E una esauriente ricognizione di materia dovrebbe considerare altre norme ancora che volta svolta stabiliscono regole di regime dei soggetti abilitati alla prestazione di servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio, degli strumenti finanziari e delle attività di intermediazione che li movimentano, dei mercati finanziari dove essi abitualmente si commerciano. Naturalmente posizione e operatività dei fondi pensione nell’universo dell’economia finanziaria sono poi caratterizzate in modo distinto dalla particolare natura degli investimenti di risparmio con finalità previdenziale.

6. Ogni genere di investimento finanziario del risparmio esige una disciplina giuridica di particolare protezione degli investitori. Ma s era già osservato quanto questa esigenza è più forte se sul mercato degli strumenti finanziari sono investite e su scala di massa risorse istituzionalmente caratterizzate da una finalità di genere pensionistico. In tal caso occorre visibilmente incrementare (e occorre comunque adeguare alla specialità di materia ) le garanzie di trasparenza delle attività di mercato e di informazione dell’investitore di risparmio previdenziale, le garanzie di vigilanza in punto di stabilità e correttezza degli operatori della intermediazione,le garanzie di consistenza e di osservanza delle regole di indirizzo delle allocazioni finanziarie. Ne consegue una speciale disciplina di settore che in vario modo integra la disciplina generale di strumenti, attività e mercati finanziari. In questo senso è molto indicativa la serie delle prescrizioni più strettamente correlate al principio di trasparenza, inteso come tale il principio regolatore dell’intero contesto dei rapporti che intercorrono tra il fondo pensione,le imprese di gestione finanziaria delle sue risorse e gli aderenti alla forma pensionistica complementare. E sarà il caso di leggere ancora una volta il secondo comma dell'art. 16 del decreto legislativo 124.

Il principio di trasparenza non è valore che appartenga in modo esclusivo al diritto della previdenza complementare. E’ principio dominante in ogni parte della securities law dove gli interessi da tutelare sono interessi di investitori non professionali. Si pensi alle particolari norme di garanzia che nella disciplina del Tuf conformano a quel principio la disciplina generale delle diverse forme di <sollecitazione all’investimento> così come la regolamentazione delle sollecitazioni al disinvestimento che si avviano con l’<offerta pubblica di acquisto o di scambio>. O ancora si pensi alla disciplina di trasparenza delle proprietà azionarie e alle regole di ammissione a quotazione e di informazione continuativa che gravano sulle società di capitali intese ad operare sul mercato finanziario con mezzi di raccolta del pubblico risparmio. E tuttavia anche in questo senso la previdenza privata ha una sua specialità di materia che si deve alla speciale natura e alle particolari necessità di protezione del risparmio investito con finalità pensionistica.

Questo spiega perché quanto alle garanzie di trasparenza in materia previdenziale talvolta opera semplicemente la normativa generale, come nel caso dell’offerta di mercato dei fondi pensione aperti che per disposizione dell’art. 9 del decreto legislativo 124 è regolata dalle disposizioni del Tuf che valgono per ogni iniziativa sollecitazione all’investimento e stabiliscono obbligo di <prospetto informativo>, altra volta operando invece i regimi particolari che per disposizione regolamentare della Covip caratterizzano i contenuti della <scheda informativa> imperativamente richiesta ai fondi pensione chiusi ( e sarà cosa utile leggere la sua deliberazione del febbraio 2000 ).

Si tratti di fondi aperti o di fondi pensione <chiusi> del mondo del lavoro sono poi ancora le disposizioni del decreto legislativo 124 a precisare in che misura una continuativa informazione agli iscritti per tutta la durata del rapporto contrattuale e la informazione obbligatoriamente dovuta alla Covip sono regole di struttura del sistema (da praticare con tutta la forza ancora una voltaindicata dalla ratio legis del principio costituzionale dell'art. 47).

E le norme in materia di <trasparenza> sono soltanto uno dei punti di emersione di un insieme di prescrizioni con una loro distinta identità che si preciserà più avanti. Già oggi (e verosimilmente più ancora in futuro) all'interno del complessivo ordinamento della secuties law le disposizioni di regime dei fondi pensione configurano infatti uno speciale ordinamento di settore che integra con significative particolarità le normative che da maggior tempo operano in altri comparti dell’economia finanziaria. E caratteri di specialità certamente presentano le forme di pubblica vigilanza stabilite dalle disposizioni del secondo,terzo e quarto comma dell'art. 17 del decreto legislativo,nella prospettiva di politica del diritto indicata dalla norma dell'art. 47 Cost. essendo poi molto importante <valorizzare> le forme di miglior controllo di volta in volta rese possibili dalle <intese> istituzionali e dagli accordi di <cooperazione> previsti dal sesto comma della norma del decreto (in un senso a suo tempo utilmente precisato con le direttive ministeriali di vigilanza del marzo 1996).

Nello scenario di insieme dell’ economia finanziaria di evoluti sistemi a capitalismo maturo, fondi pensione e previdenza privata sono chiamati ad occupare una posizione di rilievo ormai infinite volte documentata. Posizione di rilievo che contestualmente interessa lo <spessore> dei mercati di financial products e le loro condizioni di <<stabilità>,la particolare dinamica dei mercati di investimento azionario e i temi di corporate governance, la struttura e la crescita dell’industria dei servizi finanziari e del risparmio gestito in un contesto che considerato normativo dell'Unione Europea ormai deve essere molto realisticamente pensato come obbligata competizione alla scala internazionale. Fare chiarezza su tutto questo è cosa da studiosi di economia. E comunque occorrono riferimenti più circostanziati di quanto è possibile scrivere in pagine di prima approssimazione all’argomento. Ma se soltanto si considerano le esperienze di previdenza privata già oggi avviate ad operatività,e più ancora se si guarda alle prospettive di sviluppo del settore sarà chiaro perché ai fondi pensione si guarda come ad nuovo e determinante comparto dell’economia finanziaria del sistema <paese>.

Con l’impulso di una adeguata disciplina fiscale di sostegno, e con il sostegno che per il mondo del lavoro dipendente fosse assicurato da un consistente impiego dei flussi di accantonamento del t.f.r. le risorse trasferite dai fondi pensione possono davvero costituire una grandezza monetaria come già si diceva capace assicurare forti incrementi della dimensione e perciò dello <spessore> dei mercati azionari e degli altri valori mobiliari. E quanto alle condizioni di <stabilità> dei mercati si deve segnalare ancora una volta la peculiare identità dell'‘investitore <fondo pensione>, istituzionalmente interessato non ad operazioni finanziarie secondo logica di short termism ma alla miglior configurazione di un portafoglio con finalità previdenziali. Ne consegue la strutturale e per così dire obbligata identità del fondo pensione quale investitore del lungo e lunghissimo periodo,di modo che dalla crescita del sistema della previdenza complementare è ragionevole attendersi significativi risultati di maggior stabilità del complessivo sistema dell’economia finanziaria. In modo particolare va infine considerato in che misura la normativa del decreto legislativo 124 offre spazio all’investimento di consistenti quote del portafoglio dei fondi pensione in partecipazioni azionarie.

Per espressa e inderogabile disposizione delle sue norme la securities law della previdenza privata assegna al fondo pensione <azionista> la posizione obbligata dell’azionista di minoranza. Ma si tratta pur sempre di un azionista legittimato alla titolarità di partecipazioni azionarie di notevole consistenza,e comunque qualificato in modo particolare dalla forte rappresentatività sociale del fondo pensione,che esercita diritti di voto nell’interesse di lavoratori investitori di risparmio con finalità previdenziale. L’esperienza dei paesi dove previdenza previdenza privata e fondi pensione sono fenomeni ormai entrati in fase matura insegna che tutto questo è fattore di grande rilievo in punto di corporate governance, perché pur senza concorrere al comando della società partecipata con una loro presenza negli organi di amministrazione, già con l’ esercizio del diritto di voto i fondi pensione influiscono fortemente sul <governo> delle imprese. E scegliendo la via dell’exit qualora non condividano più la strategia di gestione della società partecipata i fondi pensione inviano al mercato finanziario segnali che non sono di minor rilievo.

Si deve infine considerare che cosa l’avvio ad operatività del sistema della previdenza privata,e perciò l’operare su scala di massa di un consistente numero di fondi pensione chiusi e di fondi pensione aperti significa quanto a struttura,necessità di innovazione e opportunità di crescita dell’industria dei servizi finanziari e del risparmio gestito. In punto di assetti assetti organizzativi apprestarsi alla gestione del risparmio previdenziale dei fondi pensione per le imprese di intermediazione mobiliare significa adeguare le loro strutture alla prestazione di financial services dove sono prevalenti i caratteri di novità. E se già in questo senso la materia previdenziale comporta innovazioni altre ne comporta (e ben maggiori) in punto di qualità e di definizione del <prodotto> finanziario che si offre al mercato del risparmio pensionistico. Dovendo prendere in considerazione le diverse classi di età, le posizioni di reddito e ogni altro possibile connotato personale degli aderenti a fondi pensione, le imprese di intermediazione finanziaria sono infatti chiamate a progettare una offerta di mercato così articolata e innovativa da identificare profili di rischio / rendimento a misura delle esigenze di investitori che segnalano aspettative previdenziali molto diverse tra loro.

A queste condizioni previdenza privata e fondi pensione possono essere fattore di notevole crescita della industria dei servizi finanziari e del risparmio gestito. E questo in una prospettiva che se soltanto si guarda alla disciplina e agli assetti dei mercati finanziari dell’Unione europea già oggi prefigura uno scenario di obbligata competizione alla scala internazionale. Sarà competizione tra imprese di intermediazione e competizione di <prodotto> finanziario. Sarà in ogni caso una competizione internazionale dove occorre vincere almeno quel tanto che è necessario per scongiurare il rischio di un pesante deflusso all’estero di risorse finanziarie alla ricerca di un utile investimento con finalità previdenziale.

Sempre più spesso gli economisti avvertono che anche in questo senso il futuro dei fondi pensione è tema importante nel numero dei grandi temi che interessano la dinamica di rapporto tra economia finanziaria e economia produttiva, allocazioni del risparmio delle famiglie e andamenti del prodotto interno lordo, altri ancora tra i grandi temi che sono parte essenziale della costituzione economica di qualsiasi sistema <paese>. E tutto questo è davvero una volta di più materia di costituzione economica in un preciso senso del termine (continua).

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(*) Queste pagine costituiscono una sintesi dell'intervento di apertura di un <seminario di esercitazione didattica> organizzato nell'ambito del corso di Diritto dei mercati finanziari che si svolge presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma <La Sapienza>.

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V. in argomento:

Decreto Legislativo 18 febbraio 2000 n. 47 (link a Parlamento.it)

M. BESSONE, Fondi pensione aperti, piani pensionistici individuali. Le grandi linee di una svolta di sistema, in Italian Law Labour Journal, vol. III, n. 5, ottobre 2001.


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