LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

Articoli e note

 

TAR PIEMONTE, SEZ. II - Sentenza  22 gennaio 2000 n. 69.

Con l’atto della richiesta di invio della documentazione necessaria a comprovare il possesso dei requisiti di incapacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, ai sensi dell’art. 10, comma 1 quater, della legge n. 109 del 1994, l’impresa viene formalmente informata dell’avvio della relativa procedura e quindi degli effetti che conseguono all’eventuale esito negativo nella verifica, sicchè non è necessaria una seconda comunicazione relativa alla determinazione di esclusione dalla gara e di incameramento della cauzione. L’impresa è a conoscenza della procedura in corso, e può intervenire rappresentando le proprie ragioni, secondo lo modalità di cui alla legge 241 del 1990.

L’insufficienza degli atti prodotti non è di per se causa di esclusione dalla gara, se l’inidoneità della documentazione risulta oggettivamente imputabile ad un mero errore materiale o formale, che deve però risultare già tale al solo esame degli atti.

La possibilità di concedere di rimediare ad errori formali verificatisi nel corso degli accertamenti della verifica a campione, stabilendo un breve termine per integrare la documentazione o, quanto meno, per richiedere i necessari chiarimenti, non viola la par condicio delle imprese concorrenti. La verifica campione prevista dall’art. 10, comma 1 quater, della legge n. 109 del 1994 non può assumere caratteri ingiustificatamente formalistici, sottraendo alle gare le imprese che, in possesso dei requisiti di partecipazione, sono incorse in errori formali o materiali in occasione della tempestiva produzione dei documenti, sempre che gli stessi siano agevolmente rilevabili dall'Ente appaltante al solo esame degli atti (1).

(1) V. sul punto la nota di commento dell’Avv. MASSIMILIANO ALESIO, Una prima pronuncia in materia di verifiche a campione, riportata dopo il testo della sentenza.

horizontal rule

(Omissis)

DIRITTO

Nel merito, la controversia concerne la “verifica a campione” regolata dall’art. 3 comma 1 della legge 415 del 1998, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 10 della legge n. 109 del 1994. In tal modo, nell’ambito delle gare soggette alla cosiddetta legge Merloni, viene imposto alle stazioni appaltanti di provvedere all’accertamento della veridicità delle dichiarazioni rese dai concorrenti in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione, verifica da effettuare in un momento immediatamente anteriore alla lettura delle offerte e da limitare solo ad alcune (individuate per sorteggio) delle imprese partecipanti. Il tutto, nelle intenzioni del legislatore, per ridurre il rischio di offerte fittizie, finalizzate esclusivamente ad alterare il regolare andamento della procedura concorsuale, e quindi espressione di comportamenti collusivi.

Le conseguenze dell’esito negativo della verifica sono stabilite dalla legge nell’esclusione dell’offerente dalla gara, nell’escussione della cauzione provvisoria, nella segnalazione del fatto all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ai fini dell’applicazione di ulteriori misure sanzionatorie. Ma le stesse conseguenze sfavorevoli sono previste anche nel caso in cui la prova non sia fornita, ovvero l’impresa interpellata ometta in tutto o in parte di produrre la documentazione necessaria allo scopo; in tale caso, evidentemente, il legislatore equipara il concorrente inerte al concorrente privo dei requisiti, prefigurando per il primo una presunzione assoluta di carenza dei presupposti di partecipazione alla gara.

Venendo ora alla controversia oggetto del presente giudizio, va innanzitutto esclusa la violazione dell’art. 7 della legge 241 del 1990, in relazione ad una presunta omissione della comunicazione di avvio del procedimento.

A prescindere dalla natura dell’ente appaltante, e dalla sua eventuale soggezione alla normativa invocata, appare sufficiente al Collegio rilevare che, all’atto della richiesta di invio della documentazione necessaria a comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria tecnico-organizzativa,   ai sensi dell’art. 10, comma 1 quater della legge n. 109 del 1994, l’impresa viene formalmente informata dell’avvio della relativa procedura e quindi degli effetti che conseguono all’eventuale esito negativo della verifica, sicchè non è necessaria una seconda comunicazione relativa alla determinazione di esclusione dalla gara e di incameramento della cauzione.

 L’impresa è a conoscenza della procedura in corso, e può intervenire rappresentando le proprie ragioni, secondo le modalità di cui alla legge n. 241 del 1990.

E’ fondata, invece, la censura incentrata sull’errata applicazione dell’art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109, seppur nei limiti che si preciseranno.

Come si è detto, l’insufficienza degli atti prodotti non è di per sé causa di esclusione dalla gara, se l’inidoneità della documentazione risulta oggettivamente imputabile ad un mero errore materiale o formale, che deve però risultare già tale al solo esame degli atti.

Nella circostanza, allora, essendo stato addebitato alla ricorrente di non aver prodotto i bilanci degli anni 1993 e 1994 per la Cai S.r.l. (v. nota prot. n. 424 del 9 agosto 1999), si sarebbe dovuto al contempo considerare che erano stati presentati i documenti contabili inerenti una società omonima rispetto a quella di cui la Cai S.r.l. aveva acquisito un ramo d’azienda (Soreco S.r.l. con sede in Rivoli), e che tale situazione rivelava obiettivamente un errore materiale nella trasmissione degli atti (errore indotto peraltro dalla Camera di Commercio di Torino, che aveva rilasciato atti concernenti altra ditta).

Già dalla nota del 28 giugno 1999, recante la comunicazione dell’esclusione dalla gara, risultava evidente che l’incompletezza della documentazione riguardava l’incoerenza tra bilanci degli esercizi 1993/1994, relativi alla Soreco S.r.l. con sede in Torino, e bilanci degli anni 1995/1996/1997, relativi alla Soreco S.r.l. con sede in Rivoli; sicché avrebbe dovuto l’ente appaltante ammettere la ricorrente a rimediare all’errore materiale, oggettivamente evidente, stabilendo un breve termine per integrare la documentazione, o quanto meno avrebbe dovuto richiedere i necessari chiarimenti (ad es., a proposito dell’attinenza alla Cai S.r.l. della documentazione inerente la Soreco S.r.l.).

Né si sarebbe in tal modo violata la par condicio delle imprese concorrenti, in quanto la verifica a campione prevista dall’art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109 del 1994 non può assumere caratteri ingiustificatamente formalistici, sottraendo alle gare le imprese che, in possesso dei requisiti di partecipazione, sono incorse in errori formali o materiali in occasione della tempestiva produzione dei documenti, sempre che gli stessi siano agevolmente rilevabili dall’ente appaltante al solo esame degli atti. Ciò anche in relazione al favor per la massima partecipazione alle gare, che costituisce un principio generale nel settore dei pubblici appalti.

 

horizontal rule

MASSIMILIANO ALESIO
(Avvocato)

Una prima pronuncia in materia di verifiche
a campione

horizontal rule

La sentenza che si commenta costituisce la prima pronuncia giurisprudenziale in materia di verifiche a campione, previste dall’art. 10, 1° comma quater, della legge 109/1994 (legge quadro in materia di lavori pubblici), così come modificata ed integrata dalla legge 415/1998 [1].

L’istituto della verifica a campione costituisce, senza alcun dubbio, una novità rilevante e, per taluni aspetti, pure in controtendenza rispetto al panorama normativo dei pubblico appalti, che si è affermato negli ultimi anni.

Lo scopo dell’istituto è quello di scoraggiare le dichiarazioni mendaci dei partecipanti alle gare, le quali potrebbero influire sul calcolo della anomalia e, quindi,  sull’aggiudicazione, ponendo in essere condotte collusive, potenzialmente ricollegabili al reato di turbata libertà degli incanti, di cui all’art. 353 c.p. [2]

Viene espresso, in tal modo, un chiaro senso di sfiducia verso le dichiarazioni effettuate dalla ditte partecipanti ed in ultima analisi, verso la piena funzionalità ed efficacia delle misure di semplificazione amministrativa. 

Queste, secondo il fine dell’istituto ora evidenziato, debbono essere sottoposte ad un attento controllo, pure a campione, al fine di tutelare l’interesse pubblico ad ottenere veritiere dichiarazioni dei privati, soprattutto in un settore, quale quello dei pubblici appalti, di indubbia delicatezza [3]. Tale scopo viene contestato da diversi studiosi, i quali ritengono che del tutto priva di ragione appare la preventiva verifica sui requisiti di un campione di concorrenti [4].

La contestazione, seppur legata a talune ragionevoli argomentazioni, di cui fra breve si dirà, sembra non pienamente condivisibile, perché trascura il punto saliente della questione : non è possibile recepire, acriticamente e senza alcun controllo, le dichiarazioni sostitutive dei privati, in un settore, quale quello dei pubblici appalti, ove l’affidabilità delle dichiarazioni medesime costituisce un imprescindibile valore. 

I comportamenti collusivi, che la giurisprudenza penale più volte ha portato alla luce, hanno evidenziato l’insufficienza di un controllo effettuato solo a monte, cioè al termine della procedura, nei riguardi dell’aggiudicatario, seppur provvisorio. 

Occorre, invece, introdurre strumenti di verifica preventiva, al fine di selezionare imprese corrette ed affidabili, in primis sotto il profilo della veridicità di ciò che si dichiara, espellendo, in maniera pure indiretta, quelle inaffidabili e non trasparenti nel loro agire. L’istituto della verifica a campione sembra rispondere pienamente a questa esigenza.

Nondimeno, tuttavia, occorre onestamente rilevare che l’istituto crea diversi problemi.

In primo luogo, vi è da rilevare che il termine dei dieci giorni, per presentare tutta la documentazione richiesta, sembra troppo esiguo, e tale da porre in sicura difficoltà l’impresa sorteggiata.

A tal proposito, contrariamente a quanto sostenuto da taluno [5], la decorrenza del termine va collegata al ricevimento della richiesta, e non certo dalla data di invio, altrimenti il termine da esiguo diventerebbe addirittura impossibile da rispettare, con esiti applicativi al limite del paradosso. 

In secondo luogo, la verifica a campione produce un rallentamento della procedura di gara. Rallentamento sotto due precisi profili. Sotto un profilo meramente temporale e materiale, in quanto la commissione di gara non può non seguire, dopo aver esaminato la documentazione generale, la seguente procedura, la quale sposta in avanti, anche in modo rilevante, il momento dell’aggiudicazione: - sorteggio delle offerte; - verbalizzazione del sorteggio; - sospensione della gara; - comunicazione alle ditte sorteggiate; - invio della documentazione richiesta; - esame della documentazione; - comunicazione esito della valutazione della documentazione; - nuova seduta di gara, con apertura delle buste ed aggiudicazione provvisoria. 

Anche sotto un profilo di qualità tecnica delle operazioni di gara, si produce un rallentamento, in quanto è indubbio che l’esame della documentazione, a seguito pure del D.P.R.  25.01.2000 n. 34 (Regolamento recante l’istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’art. 8 della L. 109/1994, e successive modificazioni; cosiddetto Decreto Bargone), richiede precise e specialistiche conoscenze tecniche, in possesso, in realtà, solo di esperti consulenti finanziari. In terzo luogo, non bisogna sottovalutare il fatto che la verifica potrà dar luogo ad un diffuso contenzioso, in quanto l’ammissione o l’esclusione di un concorrente non rileva solo fra il sorteggiato e la stazione appaltante. Infatti, la decisione presa a seguito della verifica può incidere pure sul calcolo della soglia di offerta anomala, per cui le altre imprese potrebbero dimostrare la sussistenza di un loro eventuale interesse a ricorrere, in quanto pregiudicate dalla decisione medesima.

Val la pena di ricordare che una posizione di totale contrarietà all’istituto della verifica, è stata palesata in dottrina, seppur isolata sotto il profilo della globalità della critica, giungendo addirittura ad affermare che il meccanismo è incostituzionale per manifesto eccesso di potere legislativo, in quanto riguardante norme che sono in piena contraddizione con i recenti mutamenti legislativi in tema di autocertificazione (Leggi 127/97 e 191/98, oltrechè dal D.P.R. 403/98) ed in contrasto con i più elementari principi di buona amministrazione [6]. La critica appare troppo radicale. 

Tuttavia, occorre rilevare che la verifica a campione, come si affermava prima, è un istituto che sembra andare in controtendenza rispetto alle recenti semplificazioni amministrative. In realtà, a ben vedere, l’istituto costituisce un interessante, seppur pesante, strumento di controllo, rivolto ad aumentare il tasso di affidabilità e di trasparenza nel delicato settore dei pubblici appalti. I valori dell’affidabilità e della trasparenza, seppur a costo di un certo rallentamento delle procedure, sembrano meritare una degna attenzione e conseguente attuazione!

L’istituto è, dunque, innovativo e pieno di problematiche applicative, per cui sono attese, con vivo interesse, le prime pronunce giurisprudenziali in materia [7].

La pronuncia in esame enuncia due interessanti principi.

Viene chiaramente affermato che la richiesta di invio della documentazione, idonea a comprovare il possesso dei requisiti dichiarati, di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, equivale ad una formale comunicazione di avvio del “procedimento di verifica e di valutazione”. L’impresa, nel rispetto degli artt. 7 e seguenti L. 241/1990, può e deve, non solo inviare la documentazione richiesta, ma chiedere copie  di eventuali atti rilevanti e presentare memorie scritte ed altri documenti.

La comunicazione di avvio di procedimento costituisce, insieme al diritto di accesso ai documenti amministrativi, uno dei principali strumenti, diretti a realizzare trasparenza e partecipazione nel procedimento amministrativo. La dottrina [8] ha lungamente esaminato i diversi profili della comunicazione di avvio, e la giurisprudenza non è stata certo da meno, contribuendo in misura rilevante all’elaborazione di fondamentali principi applicativi.

Nella fattispecie in esame, cioè nell’ambito dell’istituto della verifica a campione, la giurisprudenza chiarisce che la comunicazione di richiesta della documentazione equivale a comunicazione di avvio procedimentale. 

A tal proposito, occorre evidenziare che le stazioni appaltanti, al fine non solo di pervenire ad una formale applicazione della normativa, ma pure per fornire all’impresa sorteggiata tutte le opportune informazioni, debbono indicare, nella medesima lettera di richiesta documenti, i seguenti dati, previsti dall’art. 8 L. 241/1990: a) Amministrazione competente; b) Oggetto del procedimento promosso; c) Ufficio e persona responsabile del procedimento; d) Ufficio in cui si può prendere visione degli atti.

Dunque, non occorre una nuova e distinta comunicazione di avvio, essendo sufficiente la richiesta di invio della documentazione. Ciò comporta, senza dubbio, una semplificazione procedurale, certo benvenuta, per la concreta applicazione di un istituto, il quale, pur se per fondate ed inequivocabili esigenze di affidabilità e trasparenza, comporta un rallentamento dei tempi di aggiudicazione.

Tuttavia, occorre rilevare che la sentenza in esame presenta un’espressione non propriamente corretta, laddove afferma che ….non è necessaria una seconda comunicazione relativa alla determinazione di esclusione dalla gara e di incameramento della cauzione. Invero, la comunicazione di esclusione, in quanto comunicazione di conclusione del procedimento e del suo relativo esito, deve essere necessariamente effettuata, come prima si è rilevato. 

La ditta sorteggiata deve, ovviamente, essere informata dell’esito del procedimento, al fine di poter far valere le sue ragioni nel caso in cui si ritenesse lesa. Forse, si è trattato di un semplice errore di esternazione di pensiero, il quale andava espresso in maniera più lineare, onde non dar luogo a pericolosi equivoci.

Il secondo principio enunciato, seppur ricollegabile a precedente giurisprudenza in materia di appalti pubblici [9], è importante perché ribadisce un giusto assunto di base: non può escludersi dalla gara l’impresa che ha inviato una documentazione inidonea, in diretta conseguenza di un mero errore materiale o formale.

Nel caso di specie, l’impresa aveva inviato taluni documenti contabili, relativi a un’altra impresa omonima, per cui la documentazione era risultata incompleta. Giustamente e legittimamente, il T.A.R. Piemonte ha considerato tale errore come materiale, stante la circostanza giustificatrice dell’omonimia, per cui ha statuito che l’ammissione non violava in alcun modo la par condicio delle imprese ricorrenti.

Il Tribunale Amministrativo ha dato applicazione, nel caso di specie, al fondamentale principio della “massima partecipazione alle pubbliche gare”, in virtù del quale meri errori formali o materiali, non incidenti sulla par condicio dei partecipanti, non devono condurre all’esclusione di imprese, in quanto costituisce primario interesse pubblico la più ampia partecipazione alle gare [10]. Solo un’ampia partecipazione consente di tutelare due precisi valori guida, riconosciuti pure in sede comunitaria: - Il valore della concorrenza, da non alterare per questioni puramente formali; - Il valore della ricerca dell’offerta più conveniente, tutelabile solo per la più ampia partecipazione alle gare.

L’Istituto della verifica a campione è, indubbiamente, interessante, seppur di non facile applicazione. Per tale ragione, oltre che per le esigenze di tutela dei diversi interessi pubblici prima evidenziati, talora in potenziale conflitto fra di loro, si resta in attesa di nuovi pronunciamenti nella speranza di ottenere preziosi chiarimenti, per l’agire di una Pubblica  Amministrazione sempre più trasparente e democratica.

horizontal rule

Bibliografia:

1)    AA. VV., Commento alla legge quadro sui lavori pubblici sino alla Merloni Ter, a cura di L. Giampaolino, M.A. Sandulli e G. Stancanelli, Milano 1999.

2)   B. Bosetti, La nuova legge sui lavori pubblici, Trento 1999.

3)   F. Caringella, C. Barbarossa, S. Carra, A. Pagano, Il nuovo volto degli appalti pubblici, Napoli 1999.

4)    A. Mascolini, La Merloni/Ter, Il primo commento alla nuova legge Merloni, Carocci Editori 1999.

5)   M. Miguidi, I lavori pubblici dopo la Merloni Ter, Milano 1999.

6)   F. Petullà, Le nuove regole per gli appalti, La legge Merloni Ter, EPC Libri 1999.

7)    A. Tabarrini e L. Tabarrini, Le nuove norme in materia di lavori pubblici, commento alla Merloni Ter, Rimini 1999.

8)   D. Tassan Mazzocco , C. Angeletti, M. Zoppolato, Legge quadro sui lavori pubblici (Merloni Ter), Milano 1999.

 

horizontal rule

[1] Art. 10 I comma quater della legge 109/1994: I soggetti di cui all’art. 2 comma 2, prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono al numero di offerenti non inferiore al 10% delle offerte presentate, arrotondato all’unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il posseso dei requisiti di capacità economico- finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, i soggetti aggiudicatori procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per i provvedimenti  di cui all’art. 4, comma 7, nonché  per l’applicazione delle misure sanzionatorie di cui all’art. 8, comma 7. La suddetta richiesta è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario ed al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni, si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell’offerta ed alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione.  

[2] Art. 353 c.p.: 1 - Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di Pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da £ 200.000 a £ 2.000.000. 2 – Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dalla autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da 1 a 5 anni e la multa da £ 1.000.000 a £ 4.000.000. 3 – Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà. Per quanto riguarda la condotta incriminabile, si vedano le seguenti interessanti sentenze:- Il reato di turbata libertà degli incanti sussiste non solo quando, con l’uso di uno dei mezzi previsti dall’art. 353 c.p., la gara non può essere effettuata rimanendo deserta, ma anche quando non si impedisce lo svolgimento della gara ma se ne disturba la regolarità, influenzandone o alterandone il risultato che, senza l’intervento perturbatore, avrebbe potuto essere diverso (Cassazione Penale, sez. VI, n. 9845 del 20.09.91); - Il reato di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 c.p., può commettersi, oltre che nei modi specificamente tipizzati in detta norma (violenza, minaccia, doni, promesse, collusioni), anche con mezzi fraudolenti diversi dalla collusione e non individuati nominativamente dal legislatore. Anche il mendacio può costituire mezzo fraudolento quando provenga dagli organi addetti ai pubblici incanti o preposti a una fase qualsiasi dall’iter formativo del relativo procedimento concorsuale (Cassazione Penale, sez. VI n. 8259 del 30.08.1993).  Per un esame più approfondito: L. Ferrajoli I reati in materia di appalti, ediz. Sole 24 Ore 1997.

[3] Non bisogna dimenticare che l’art. 11 I comma del D.P.R. 403/1998 prevede espressamente la possibilità di controlli a campione sulla veridicità delle dichiarazioni.

[4] D. Tassan Mazzocco, C. Angeletti, M. Zoppolato, Legge quadro sui lavori pubblici (Merloni Ter), Milano, 1999, pag. 108.

[5] B. Bosetti, La nuova legge sui lavori pubblici, ed. ICA, 1999, pag. 86.

[6] M. Miguidi, I lavori pubblici dopo la Merloni ter, Giuffrè 1999, pag. 211.

[7] L’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha emanato, in data 30/03/2000, l’atto di regolazione n. 15/2000, con il quale ha chiarito talune questioni relative alla verifica a campione, affermando che: - Il procedimento di verifica è obbligatorio per tutte le gare con almeno due concorrenti; - Il procedimento di verifica non ha luogo nel caso di trattativa privata, pur se la medesima sia preceduta da una gara informale; - La determinazione del numero delle imprese, da assoggettare a verifica, deve avvenire con riferimento alle domande di partecipazione che siano state previamente considerate ammissibili; - Il termine dei 10 giorni, entro il quale occorre documentare i requisiti indicati, è da considerare come perentorio ed improrogabile; - E’ possibile comprovare i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi mediante autocertificazione, con riferimento a quei soli dati e fatti risultanti da certificati che in alternativa potrebbero essere rilevati da uffici pubblici; - Non è possibile l'ammissione con riserva alla gara  di partecipanti sorteggiati, che non abbiano comprovato il possesso dei requisiti.

[8] La comunicazione di avvio del procedimento è stata oggetto di un vasto interesse da parte della dottrina; in particolare: G. Virga La partecipazione al procedimento amministrativo, Milano, 1998; R. Caravita e L. Ferraris, La partecipazione al procedimento amministrativo, Milano, 2000.

[9] Non può dichiararsi l’esclusione di un concorrente da una gara per l’aggiudicazione di un contratto di appalto per irregolarità documentali di ordine puramente formale, non determinanti sostanziali alterazioni del procedimento, purché l’irrituale presentazione di documenti non contrasti con le espresse prescrizioni del bando di gara o della lettera di invito “a pena di esclusione”  (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 600 del 28.04.1994). Il principio, in virtù del quale l’esclusione da una gara per inosservanza delle formalità delle offerte può essere comminata solo se le relative prescrizioni rispondano ad un particolare interesse della P.A. e garantiscono la parità dei concorrenti, ha un mero carattere suppletivo, perché opera soltanto laddove una formalità non sia espressamente prevista a pena di esclusione dalla gara. In tal caso, vige il diverso principio della imperatività dell’atto amministrativo ed il criterio teleologico recede di fronte al criterio formale (Consiglio di Stato, sez. V, n. 1277 del 07.09.1995).

[10] Da ultimo : L’invito a regolarizzare la documentazione prodotta nella gara per l’aggiudicazione di un contratto della P.A., ancorchè codificato in una normativa avente un oggetto ben definito (art. 21 D.Lgs. 406/1991), costituisce istituto di carattere generale, che nella sua concreta applicazione incontra il solo limite del rispetto della “par condicio” delle imprese partecipanti, atteso che la sua ratio va individuata nell’esigenza di pubblico interesse di assicurare la massima partecipazione alla gara e di evitare che l a detta esigenza possa essere compromessa da carenze di ordine veramente formale nella documentazione comprovante il possesso dei prescritti requisiti di partecipazione (Consiglio di stato, sez. V, n. 177 del 17/02/1999).


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico