LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

LegislazioneClicca qui per segnalare la pagina ad un amicoStampa il documento

 n. 7-8/2008

COMUNICATO DELL’ANCE 8 luglio 2008 n. 1555 - Oggetto: Schema di decreto legislativo recante ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163

 

Il 27 giugno u.s. il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, lo schema di terzo decreto correttivo del codice appalti.

Si tratta del terzo provvedimento correttivo adottato in attuazione della delega, attribuita al Governo con la legge comunitaria 2004, ad adottare entro due anni dall’entrata in vigore del nuovo codice (e perciò entro il 1° luglio 2008) disposizioni correttive ed integrative al codice stesso.

Lo schema di decreto verrà ora inviato alla Conferenza Unificata Stato Regioni, alle competenti Commissioni delle Camere ed al Consiglio di Stato, per l’acquisizione dei relativi pareri. Se non verranno sollevate contestazioni circa il mancato rispetto del termine di scadenza per l’esercizio della delega, lo schema di decreto tornerà poi al Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva. Si passa di seguito ad esaminare le principali disposizioni contenute nello schema di decreto correttivo.

1. Opere a scomputo (art. 1, comma 1, lettera f e lettera v.1)

Viene modificato l’art. 32, comma 1 lettera g) del codice degli appalti, che disciplina la realizzazione di opere pubbliche, primarie e secondarie di importo superiore alla soglia comunitaria e secondarie di importo inferiore alla medesima soglia, a scomputo totale o parziale degli oneri di urbanizzazione gravanti sul titolare del permesso a costruire.

Le modifiche apportate intervengono su quella particolare modalità di affidamento che può scegliere l’amministrazione, consistente in una procedura disciplinata sulla falsariga del project financing, con il riconoscimento del diritto di prelazione in capo al titolare del permesso ‘‘promotore’, in virtù del quale questi può eseguire direttamente le opere.

Nello schema di decreto, invece, il titolare del permesso a costruire non assume di per sè il ruolo di promotore, ma presenta soltanto lo studio di fattibilità dell’opera, sulla base del quale viene indetta una gara; all’esito di questa il titolare del permesso a costruire non può vantare alcun diritto di prelazione nei confronti del soggetto aggiudicatario della gara stessa.

La nuova impostazione della disciplina, dovuta in parte alle censure sollevate dalla Commissione europea rispetto al diritto di prelazione e in parte alla nuova disciplina del project financing contenuta nel decreto stesso (vedi successivo par. 5), ha il sostanziale effetto di vanificare l’utilità di tale particolare procedura per le opere a scomputo, utilità che consiste nel consentirne l’esecuzione diretta da parte del titolare del permesso in veste di promotore. Ciò di conseguenza limita fortemente l’interesse concreto verso l’istituto da parte degli operatori dell’edilizia privata.

All’art. 122, comma 8 del codice, con riguardo alle opere di urbanizzazione primaria sotto soglia, per le quali non trova applicazione la disciplina sopra descritta dell’art. 32, comma 1 lettera g), è prevista l’eliminazione del riferimento all’art. 16, comma 2 del D.P.R. n. 380/2001, che disciplina la realizzazione diretta delle opere da parte del titolare del permesso a costruire, a scomputo degli oneri di urbanizzazione. Nonostante l’eliminazione di tale periodo si ritiene non sussistano dubbi sul fatto che le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia comunitaria possano essere eseguite dal titolare del permesso a costruire, e ciò sia perchè il comma 8 dell’art. 122 mantiene l’esplicita previsione della non applicabilità dell’art. 32, comma 1 lettera g), sia perchè l’art. 16, comma 2 del D.P.R. n. 380/2001 continua ad essere pienamente vigente.

2. Disciplina delle c.d opere superspecializzate (art. 1, comma 1, lettera h).

A seguito delle osservazioni formulate dalla Commissione europea (procedura di infrazione n. 2007/2309) circa il divieto di subappalto per le opere superspecializzate di importo superiore al 15% dei lavori (art. 37, comma 11 del codice dei contratti), il nuovo testo del decreto correttivo precisa che tali tipologie di opere, qualunque sia il relativo importo, possono essere affidate in subappalto, a condizione che l’appaltatore applichi al subappaltatore gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore all’8% rispetto a questi ultimi (in generale, nel subappalto il ribasso non può superare il 20%). Inoltre, si prevede che il subappalto relativo a tali opere specialistiche non possa essere frazionato, a meno che non sussistano ragioni obiettive che giustifichino tale frazionamento. È, altresì, previsto l’obbligo del pagamento diretto del subappaltatore da parte della stazione appaltante.

La soluzione individuata dal Ministero modifica totalmente la preesistente disciplina, consentendo, da un lato, per le imprese generali il ricorso al subappalto per categorie che in precedenza imponevano l’utilizzo dell’associazione temporanea di imprese, e prevedendo dall’altro una forma di tutela, tramite il limite al ribasso, delle imprese subappaltatrici che eseguono lavori altamente specialistici di importo consistente. Va valutata attentamente la correttezza di imporre legislativamente un limite al ribasso, peraltro eccessivamente basso, che potrebbe risultare eccessivamente penalizzante per le imprese che si avvalgono del subappalto, nonché la previsione relativa all’obbligo di pagamento diretto del subappaltatore stabilita a priori per questa tipologia di categoria. Sul piano strettamente giuridico, la disposizione sembra prestare il fianco ad alcune possibili censure di costituzionalità e di violazione dei principi comunitari.

Occorre, infatti, ricordare che l’articolo 118 comma 4 del codice stabilisce, con disposizione generale ed onnicomprensiva, che nel subappalto l’appaltatore deve praticare al subappaltatore gli stessi prezzi unitari dell’aggiudicazione con un ribasso non superiore al 20%. Tale disposizione ha l’evidente finalità di evitare che il subappaltatore sia obbligato contrattualmente ad eseguire in subappalto lavori a prezzi eccessivamente bassi, sia a tutela della sua specifica posizione, sia a tutela dell’interesse generale a che l’esecuzione avvenga comunque a prezzi ragionevoli.

La norma, pur comprimendo la sfera della libera autonomia negoziale privata dell’appaltatore, sul piano pragmatico risulta accettabile per il fatto che il limite di ribasso del 20% è ragionevole ed all’interno dello stesso può avere luogo tutta una gamma di ribassi che costituiscono l’effetto della libera contrattazione tra appaltatore e subappaltatore. Relativamente alle opere specialistiche, in totale difformità alla prescrizione di carattere generale, viene invece stabilito un ribasso massimo dell’8%, senza alcuna particolare giustificazione considerato che:

1) a seconda dei casi, i prezzi unitari delle opere specialistiche possono essere più remunerativi dei prezzi unitari delle opere ordinarie e pertanto possono giustificare un ribasso più elevato o quantomeno equivalente a queste ultime;

2) sul piano economico non sussiste alcuna sostanziale differenza tra opere specialistiche ed opere ordinarie che giustifichi un diverso trattamento. Su tali presupposti la disposizione derogatoria per le opere specialistiche sembra porsi in contrasto con i principi costituzionali che tutelano la parità sostanziale di trattamento a situazioni analoghe, l’autonomia privata e l’imparzialità dell’azione amministrativa.

Quanto ai principi comunitari, la disposizione sembra porsi in contrasto con varie norme del Trattato mirate a garantire la libera concorrenza e l’autonomia imprenditoriale. Infatti, il limite di ribasso dell’8% ha la potenzialità di falsare la reale concorrenza di mercato, in quanto preclude ai concorrenti la possibilità di ottenere dai subappaltatori condizioni più favorevoli ed in linea con i prezzi liberamente praticati relativamente alle lavorazioni specialistiche. Il che si traduce in un sostanziale appiattimento delle offerte e d’altra parte in una ingiustificabile limitazione dell’autonomia imprenditoriale in ordine alla scelta delle modalità migliori per garantire il risultato promesso.

3. Criteri motivazionali nell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 1, comma 1, lettera r)

La norma, relativamente al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, elimina la previsione dell’art. 83, comma 4 del codice, nella parte in cui consente la definizione dei criteri motivazionali per l’attribuzione dei punteggi tra i minimi e i massimi indicati nel bando da parte della commissione prima dell’apertura delle offerte. Da tale eliminazione, sulla scorta dei principi generali, dovrebbe discendere la conseguenza che tali criteri debbano essere predeterminati a monte, nel bando di gara, come più volte sollecitato dall’Ance e come indicato di recente dalla Commissione europea nel primo atto di apertura di una procedura di infrazione. Sarebbe peraltro opportuno che in sede di conversione venisse specificato che tali criteri devono essere predeterminati in modo puntuale nel bando di gara.

4. Esclusione automatica delle offerte anormalmente basse (art. 1, comma 1, lettera v.2)

Lo schema di decreto sopprime la facoltà per le amministrazioni, prevista dall’art. 122, comma 9 del codice, di prevedere nel bando, per gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria, l’esclusione automatica delle offerte anomale. Tale modifica desta perplessità, in quanto l’introduzione generalizzata della valutazione dell’anomalia anche per appalti di importo contenuto potrebbe risultare di difficile applicazione concreta, considerato che le amministrazioni, soprattutto se di piccole dimensioni, potrebbero non essere sufficientemente strutturate per l’espletamento di tale valutazione.

L’Ance, infatti, ritiene che sia necessaria la previsione di un periodo transitorio, durante il quale mantenere la possibilità dell’esclusione automatica quantomeno per gli appalti fino ad un certo importo, introducendo eventualmente una revisione del meccanismo di individuazione della soglia di anomalia che, attraverso l’introduzione di elementi di casualità, possa costituire un deterrente a forme di condizionamento delle procedure di gara.

5. Procedura di interpello (art. 1, comma 1 lettera x) Lo schema di decreto precisa che, qualora in caso di fallimento o grave inadempimento dell’appaltatore la stazione appaltante decida di interpellare i concorrenti successivi in graduatoria a quello aggiudicatario sino al 5° classificato, l’affidamento al soggetto che accetti tale richiesta andrà effettuato alle medesime condizioni economiche proposte dal soggetto originariamente aggiudicatario e non, come previsto dalla norma vigente, alle condizioni proposte da ciascun concorrente interpellato. In tal modo, il legislatore ha inteso dare attuazione alle osservazioni mosse dalla Commissione europea, secondo la quale l’istituto, come disciplinato dal codice vigente, consentendo una sostanziale rinegoziazione dell’appalto, potrebbe costituire una violazione ai principi di concorrenza, essendo tale negoziazione posta in essere senza una nuova procedura di gara e in assenza dei presupposti per accedere alla procedura negoziata.

6. Project financing (art. 1, comma 1, lettera y)

Lo schema di decreto sostanzialmente si pone nell’ottica di una semplificazione delle norme del codice, anche a seguito dell’eliminazione del diritto di prelazione.

Pertanto, si sintetizza di seguito la disciplina dell’istituto, evidenziando i passaggi fondamentali della procedura: a) opere inserite nella programmazione: l’amministrazione pubblica un avviso indicativo, entro 90 giorni dall’approvazione del programma triennale, con il quale rende noto l’inserimento in programma di opere realizzabili con capitali privati.

A seguito di questo, l’amministrazione pubblica, relativamente alla singola opera, un bando di gara sulla base del proprio studio di fattibilità dell’opera, al fine di individuare un soggetto promotore. I concorrenti presentano le proprie proposte contenenti il progetto preliminare, il piano economico finanziario asseverato e la bozza di convenzione.

Tali proposte sono valutate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il progetto preliminare del promotore deve essere sottoposto ad approvazione secondo la normativa vigente. In tale fase il promotore ha l’onere di apportare le modifiche progettuali necessarie per l’approvazione del progetto. Se in sede di approvazione il progetto non ha subito modifiche, si procede all’aggiudicazione della concessione al promotore. Se invece sono state richieste delle modifiche, la concessione viene aggiudicata successivamente all’eventuale accettazione da parte del promotore di far proprio il progetto modificato e di adeguarvi le condizioni economiche proposte. Ove il promotore non accetti di modificare il progetto, l’amministrazione ha la facoltà di richiedere ai concorrenti successivi in graduatoria di accettare tali modifiche da apportare al progetto del promotore alle stesse condizioni proposte a quest’ultimo. Se il promotore non risulta aggiudicatario della concessione, lo stesso ha diritto al pagamento delle spese sostenute per la predisposizione della progettazione.

Tale impostazione appare sostanzialmente in linea con la proposta dell’Ance per questa tipologia di opere, che prevede un’unica fase di gara da chiudersi con l’aggiudicazione della concessione. b) opere non inserite nella programmazione: si prevede la possibilità per i soggetti privati di presentare all’amministrazione in qualsiasi momento, anche al di fuori della fase di programmazione, proposte consistenti in uno studio di fattibilità per la realizzazione e la gestione di opere in concessione.

Qualora l’amministrazione reputi l’opera di interesse pubblico la inserisce nel programma ed avvia la procedura di gara secondo le modalità sopra indicate. Anche questa seconda ipotesi risponde in gran parte alla proposta dell’Ance, sia per quanto concerne la possibilità per i privati di assumere iniziative anche al di fuori della programmazione, sia per quanto concerne la presentazione del solo studio di fattibilità, mentre il progetto preliminare viene presentato a seguito della pubblicazione del bando.

Deve, tuttavia, rilevarsi che tale ipotesi di procedura, che vede realmente protagonista l’iniziativa e la creatività del privato, potrebbe essere migliorata, prevedendo una qualche forma di riconoscimento dell’apporto d’opera intellettuale del promotore, nell’ipotesi in cui questi, all’esito della gara, non risulti aggiudicatario. In assenza di tale previsione, infatti, tale procedura per le opere non in programma rischia di non costituire una valida opportunità per i privati, che dovrebbero incorrere in uno sforzo creativo ed economico, senza alcun riconoscimento aggiuntivo.

7. Esclusione dalle gare per false dichiarazioni del subappaltatore (art. 2, comma 1, lettera f.1)

La disposizione modifica l’art. 38, comma 1 lettera h) del codice, prevedendo l’esclusione fino ad un anno dalle procedure di gara per falsità nelle dichiarazioni relative ai requisiti ed alle condizioni rilevanti per eseguire lavori pubblici, non soltante rese in sede di gara, ma anche ‘‘per l’affidamento dei subappaltì’. Si ritiene che la previsione vada intesa nel senso che le dichiarazioni rilevanti siano quelle rese dal subappaltatore ai fini dell’autorizzazione al subappalto e che, pertanto, a quest’ultimo possa essere preclusa la partecipazione alle gare in caso di falsità delle stesse.

Ciò sembra confermato dall’art. 118, comma 2, punto 3, che rinvia espressamente alle dichiarazioni del subappaltatore circa il possesso dei requisiti di qualificazione ed attribuisce all’appaltatore il mero compito di trasmetterle all’amministrazione. Non sembra, invece, possibile interpretare la norma nel senso che la preclusione alle gare si applichi anche all’appaltatore che si avvalga di un subappaltatore che abbia reso false dichiarazioni ai fini dell’autorizzazione. Ove, infatti, si prevedesse la responsabilità per le dichiarazioni rese dal subappaltatore in capo all’appaltatore, si finirebbe per attribuire a questi l’onere di accertarne la veridicità, onere questo in concreto difficilmente attuabile, e per configurare in capo allo stesso una sorta di responsabilità oggettiva.

8. Commissione consultiva presso Autorità di vigilanza (art. 2, comma 1, lettera g.1)

È soppressa la Commissione consultiva istituita presso l’Autorità di vigilanza. Come noto, tale Commissione ha il compito di fornire pareri in tema di qualificazione e SOA.

9. Contratti a corpo e a misura (art. 2, comma 1, lettera i.2)

In tema di appalti a corpo e a misura, la norma in esame desta perplessità in quanto elimina sostanzialmente il fatto che sia rimesso all’apprezzamento generale dell’amministrazione se stipulare il contratto di appalto con la modalità a corpo o a misura, in relazione alle caratteristiche del singolo appalto.

Infatti, la modifica esclude la possibilità dei contratti a misura nei casi di appalto integrato, di cui all’articolo 53, comma 1, lett. b) e c) del codice, e nel caso degli appalti di sola esecuzione, ad eccezione degli appalti di importo inferiore a 500.000 euro, nonchè degli appalti riguardanti i lavori di manutenzione, restauro, scavo archeologico, opere in sotterraneo e di consolidamento dei terreni, ripristinando di fatto la disciplina vigente anteriormente al codice degli appalti. In sostanza, dunque, la previsione in esame vanifica l’importante innovazione, introdotta dal codice nella versione vigente rispetto al sistema normativo precedente, di effettiva liberalizzazione dell’appalto a misura.

Tale modifica desta notevoli perplessità, considerato che l’appalto a misura costituisce la forma di contabilizzazione dei lavori più seria e trasparente, in quanto rapporta il corrispettivo spettante all’appaltatore alle quantità realmente eseguite ed oggetto di rigorose misurazioni, e pertanto non andrebbe limitata in maniera così significativa. Peraltro, poichè la disposizione, relativamente agli appalti di sola esecuzione, consente che essi siano stipulati in parte a corpo ed in parte a misura, la limitazione dell’appalto a misura potrebbe essere in qualche modo superata ricorrendo alla forma mista (in parte a misura ed in parte a corpo) nella quale prevedere a misura la parte più sostanziale dell’appalto ed a corpo soltanto poche (eventualmente anche poco significative) categorie di lavoro.

10. Divieto di sequestro del prezzo di appalto (art. 2, comma 1, lettera q)

Lo schema di decreto contiene la reintroduzione nel codice dei contratti delle disposizioni, già previste nella legge 2248/1865, allegato F, in tema di divieto di sequestro sul prezzo d’appalto, prevedendo l’inserimento di una disposizione nuova nel codice. Si tratta, in estrema sintesi, di una norma che impedisce ai creditori dell’appaltatore di poter richiedere un provvedimento di sequestro conservativo a tutela dei propri diritti creditori sul corrispettivo di appalto durante l’esecuzione dei lavori, a meno che la stazione appaltante non esprima il proprio consenso, riconoscendo che il sequestro non pregiudica la buona e regolare esecuzione dei lavori.

11. Congruità della manodopera (art. 2, comma 1, lettera r.4)

La nuova disposizione stabilisce che, mentre per i servizi e forniture la verifica di congruità dell’incidenza della manodopera avvengano in base a percentuali stabilite con decreto ministeriale, per i lavori avvenga in base a percentuali stabilite con accordo assunto tra le parti sociali a livello nazionale. Tale particolare statuizione per i lavori appare condivisibile e rispondente agli interessi della categoria per la maggiore flessibilità della determinazione mediante accordo sindacale. Tra l’altro, allo stato, le quote di incidenza risultano già individuate in un atto unico firmato dalle parti sociali e sembrano presentare quel carattere di ragionevolezza più volte auspicato dall’Ance.

12. Licitazione privata semplificata (art. 2, comma 1, lettera t)

Lo schema di decreto innalza la soglia di importo per il ricorso alla licitazione privata semplificata, portandola dagli attuali 750.000 euro ad 1 milione di euro. Si tratta di una previsione del tutto in linea con quanto da tempo richiesto dall’Ance, che vede nell’istituto della licitazione privata semplificata uno strumento che, per appalti di modesto importo, può favorire l’imprenditoria locale e più in generale la piccola imprenditoria.

13. Adeguamento del corrispettivo di appalto (art. 2, comma 1, lettera x)

Si prevede l’obbligo per l’appaltatore di formulare apposita istanza entro un termine di decadenza, sia per l’ipotesi della richiesta di applicazione del c.d. prezzo chiuso, sia per quella di adeguamento del corrispettivo per l’aumento del costo dei materiali; i termini di decadenza, per entrambi previsti in 60 giorni, decorrono dalla pubblicazione in Gazzetta dei relativi decreti ministeriali. La previsione, soprattutto per quanto riguarda la variazione di prezzo dei materiali che trova applicazione più frequente, rende l’esercizio del diritto maggiorme nte oneroso per l’appaltatore, incorrendo questi nella perdita dello stesso, laddove non si attivi tempestivamente.

14. Leasing in costruendo (art. 2, comma 1 lettera aa)

Si introduce la definizione del contratto di locazione finanziaria all’art. 160 bis del codice, quale appalto pubblico di lavori, a meno questi non abbiano carattere accessorio (ipotesi quest’ultima pressochè irrealizzabile).

La norma regolamentare prevede che, in una gara per l’affidamento della realizzazione di un’opera pubblica con lo strumento del leasing in costruendo, il soggetto finanziatore debba dimostrare alla stazione appaltante la disponibilità dei mezzi necessari ad eseguire l’appalto ‘‘se del caso avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore".

La disposizione desta perplessità sotto vari profili. Innanzitutto, la norma sembra configurare l’ipotesi che il soggetto finanziatore possa partecipare anche da solo alla gara, purché disponga in qualche modo dei mezzi per eseguire l’opera. Questa impostazione già di per sè contrasta con l’ormai consolidata qualificazione del leasing come appalto misto di lavori e servizi con prevalenza dei lavori, confermata come si è visto dalle norme in esame, poichè dà rilevanza primaria al prestatore del servizio (leasing) che invece è meramente strumentale all’esecuzione dell’opera. In merito poi alle modalità con le quali il soggetto finanziatore dovrebbe assicurare la disponibilità dei mezzi necessari a realizzare l’opera, la norma ne individua sostanzialmente due: una sorta di avvalimento delle risorse di un soggetto costruttore e l’associazione temporanea con quest’ultimo. Con riferimento alla prima ipotesi, risulta evidente che l’utilizzo del meccanismo di avvalimento, anche se in senso atecnico, implica comunque che l’impresa costruttrice che fornisce i mezzi rimane estranea alla procedura di gara ed al contratto avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori.

Ciò, ad avviso dell’Ance, si pone in contrasto con la finalità sostanziale dell’operazione, che è quella della realizzazione di un’opera pubblica, in funzione della quale dovrebbe essere garantito un ruolo quantomeno paritario all’impresa costruttrice rispetto al soggetto finanziatore. In aggiunta a quanto ora detto, deve poi evidenziarsi l’ambiguità del riferimento all’istituto dell’avvalimento, poichè quest’ultimo, per come disciplinato nel codice (art. 49), può essere attuato soltanto tra imprese di costruzione.

Nel caso in esame, invece, il soggetto finanziatore è del tutto estraneo alla prestazione relativa ai lavori, non disponendo neppure di quell’organizzazione d’impresa, tipica delle imprese di costruzioni, che nell’avvalimento è assicurata dall’impresa avvalente. In altri termini, l’avvalimento cui accenna la norma in esame finirebbe per essere, nella sostanza, una mera ed integrale delega, a valle dell’aggiudicazione, dell’esecuzione dell’opera ad un soggetto che non ha partecipato alla gara, ma che di fatto è l’unico vero esecutore. In ultima analisi, sembra delinearsi un quadro analogo a quello emerso con i primi bandi di leasing in costruendo, fortemente contestati e superati dalla prassi successiva, in cui il soggetto finanziatore era il dominus dell’operazione e indicava a propria scelta il soggetto realizzatore.

A ciò si aggiungono perplessità circa il regime delle responsabilità.

Infatti, secondo l’art. 160 bis, comma 3 del codice, il finanziatore e l’esecutore, che si associano tra loro, non sono responsabili solidalmente, ma ciascuno in rapporto alla specifica obbligazione assunta. Nel caso dell’avvalimento, invece, (ex art. 49, comma 4 del codice), dovrebbe ritenersi sussistere la responsabilità solidale dell’impresa costruttrice ausiliaria con il soggetto finanziatore ausiliato; tuttavia, in questo caso specifico di avvalimento, tale responsabilità dovrebbe riguardare la prestazione del finanziatore che consiste nella corresponsione dei SAL al costruttore, con l’evidente incongruenza logica che quest’ultimo finirebbe per doversi sostituire al finanziatore proprio nei pagamenti verso se stesso.

Con riferimento all’ipotesi dell’associazione temporanea, lascia perplessi ancora una volta la scelta del legislatore di indicarla come una mera possibilità, laddove al contrario questa sembra essere l’unica soluzione idonea a garantire il rapporto paritario tra il finanziatore ed il costruttore. Infine, ulteriore elemento di perplessità è rappresentato dalla previsione secondo cui il contraente generale può partecipare a gare relative al leasing in costruendo, finalizzate alla realizzazione non soltanto di opere strategiche, ma anche di opere ordinarie.

Si pone, perciò, un profilo di illogicità della norma che amplia l’ambito di operatività della figura del contraente generale, contrastando con la disciplina generale che all’evidenza limita tale figura agli appalti inseriti nei programmi della legge obiettivo. In tal modo la figura del contraente generale, relativamente al leasing, acquista carattere di ordinarietà, in contrasto con la ratio della legge obiettivo che invece la circoscriveva alle ipotesi del tutto particolari oggetto della stessa legge obiettivo.

15. Ampliamento del periodo di attività documentabile in sede di qualificazione(art. 2, comma 1 lettera ii.3)

Nello schema di decreto è contenuta una disposizione, fortemente richiesta dall’Ance, che consente alle imprese, seppure in via transitoria fino al 31 dicembre 2010, di dimostrare in sede di qualificazione il possesso dei requisiti della cifra di affari in lavori, delle attrezzature tecniche e dell’organico medio attraverso l’estensione del periodo di attività documentabile ai migliori cinque anni dell’ultimo decennio anteriore alla qualificazione. Per la dimostrazione del requisito dei lavori in categoria, nonchè dei c.d. lavori di punta il periodo documentabile è quello del decennio antecedente la qualificazione stessa.

Si tratta evidentemente di una rilevante apertura sul piano della qualificazione, da lungo tempo auspicata dalle imprese, al fine di consentire il mantenimento della qualificazione in un mercato caratterizzato da eccessiva scarsità di lavori.


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico